#biobanca
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newsnoshonline · 6 months ago
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Gli estoni hanno donato il loro DNA alla scienza: ora stanno imparando i loro segreti genetici Gli estoni e il loro DNA: la nuova frontiera della scienza Nel pieno dei Campionati Europei di calcio, molti estoni si dedicano allo studio del proprio genoma, partecipando attivamente alla ricerca scientifica. Recentemente, oltre 210.000 estoni hanno avuto accesso alle informazioni sul proprio patrimonio genetico, scoprendo dettagli come il rischio di malattie, l’ascendenza e la reazione alla caffeina. Il successo del progetto estone Il portale online della biobanca estone ha registrato un’enorme partecipazione, tanto da subire blocchi temporanei poco dopo il lancio. L’interesse e la partecipazione della popolazione estone sono stati sorprendentemente elevati. La restituzione dei risultati genetici La Biobanca
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Far visita a parenti o amici soli allunga la vita
AGI – Visitare amici e parenti che vivono in solitudine una volta al mese può contribuire ad allungare loro la vita. È quanto emerge da uno studio pubblicato su BMC Medicine a guida di Hamish Foster dell’Università di Glasgow, GB. Foster e colleghi hanno utilizzato i dati di 458.146 adulti reclutati nella Biobanca del Regno Unito per studiare l’associazione tra mortalità e cinque tipi di…
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enkeynetwork · 1 year ago
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assowebtv · 2 years ago
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NOVARA: INAUGURATA LA BIOBANCA PER LA RICERCA BIOMEDICA
NOVARA: INAUGURATA LA BIOBANCA PER LA RICERCA BIOMEDICA
inaugurata a Novara, a Ipazia, la nuova sede di Upo BioBank, la Biobanca dell’Università del Piemonte orientale, infrastruttura che si occupa della raccolta e della conservazione dei campioni biologici e dei dati clinici associati la cui finalità è quella della ricerca biomedica. «Si tratta di un’infrastruttura importantissima che servirà per il futuro – ha commentato l’assessore regionale alla…
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quotidianolanotte · 8 years ago
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Portici,De Luca inaugura la biobanca: garanzia e sicurezza per il 96% dei terreni
Portici,De Luca inaugura la biobanca: garanzia e sicurezza per il 96% dei terreni
Portici (Napoli) – Vincenzo De Luca,Presidente Regione Campania,ha inaugurato la biobanca, luogo di conservazione delle diversità biologiche, situata all’interno dell’istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, una delle più importanti d’Italia. L’iniziativa rientra nella rassegma ‘Fattorie Didattiche Aperte’. Insieme a De Luca il direttore dell’istituto di Portici, Antonio Limone, il…
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telodogratis · 2 years ago
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Malattie rare, Selex al fianco di Aisla per la Biobanca SLA
Malattie rare, Selex al fianco di Aisla per la Biobanca SLA
Read More(Adnkronos) – Nella Giornata internazionale della solidarietà umana la donazione del gruppo supera quota 450mila eurocronaca(Adnkronos) – Nella Giornata internazionale della solidarietà umana la donazione del gruppo supera quota 450mila euroAdnkronos – ultimora
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pietroguerravideo · 2 years ago
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I centri dove si conserva la fertilità delle donne, quali sono i requisiti per accedervi e come funziona
I centri dove si conserva la fertilità delle donne, quali sono i requisiti per accedervi e come funziona
Le pazienti oncologiche (e non solo) possono rivolgersi a una biobanca autorizzata, per congelare gli ovociti prima delle cure e usarli successivamente dopo la guarigione source
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siciliatv · 2 years ago
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Primo trapianto di utero in Italia, è nata una bambina a Catania
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È nata, all'ospedale Cannizzaro di Catania, Alessandra, figlia della donna che ha ricevuto il primo trapianto di utero realizzato in Italia. E' il primo parto di questo tipo nel nostro Paese e il sesto caso al mondo di gravidanza portata a termine con successo dopo un trapianto da donatrice deceduta. La paziente è stata sottoposta a parto cesareo per attacchi febbrili da positività al Covid. La piccola è nata prematura alla 34esima settimana di gravidanza e pesa 1,7 kg. La mamma ha potuto vedere la piccola soltanto in foto, perché è ancora ricoverata nel reparto di Terapia intensiva, ma quando il marito le ha mostrato lo scatto della piccolissima bambina si è commossa per la felicità. E' stata una gioia immensa quella della mamma. La paziente sta bene, riferiscono fonti mediche, e probabilmente domani potrebbe essere trasferita in un altro reparto Covid, perché ancora positiva anche perché sottoposta a terapia immunodepressiva per evitare il rigetto dell'organo ricevuto. La bambina è nella Neonatologia dell'ospedale Cannizzaro di Catania, non è intubata, ma respira in maniera assistita e non ha problemi con la coagulazione del sangue né al fegato. Al tampone Covid, alla nascita, è risultata negativa. La madre, oggi 31enne, era nata priva di utero a causa di una rata patologia congenita, la sindrome di Rokitansky. La donatrice è una 37enne, già madre, deceduta per un improvviso arresto cardiaco e che aveva espresso in vita il 'consenso' al momento del rinnovo della carta d'identità. I genitori della piccola Alessandra hanno deciso di dare alla neonata il nome della donna. Il trapianto era stato effettuato nell'agosto 2020, in piena pandemia, al centro Trapianti dell'Azienda ospedaliero universitaria Policlinico di Catania da un'equipe multidisciplinare composta dai professori Pierfrancesco e Massimiliano Veroux, Paolo Scollo e Giuseppe Scibilia, nell'ambito di un programma sperimentale coordinato dal Centro nazionale trapianti. Successivamente la donna è stata seguita dall'equipe del prof. Paolo Scollo al reparto da lui diretto di Ostetricia e ginecologia dell'azienda ospedaliera Cannizzaro, Unità operativa complessa clinicizzata dell'università Kore di Enna. Al Cannizzaro la paziente e il marito hanno poi iniziato il percorso di fecondazione assistita omologa, grazie agli ovociti prelevati e conservati, prima dell'intervento, nella biobanca per la preservazione della fertilità dello stesso ospedale. "La vita ha trionfato grazie alla scienza. Complimenti ai professionisti, alle loro equipe e tanta felicità per un evento così lieto. La Sicilia è anche questo. E ne siamo orgogliosi". Così il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, su Facebook. "La nascita di questa bambina è un risultato straordinario. Questa sperimentazione è ancora agli inizi, soprattutto per quanto riguarda gli interventi a partire da donatrici decedute, che sono solo il 20% dei già pochi trapianti di utero finora realizzati nel mondo". Così Massimo Cardillo, direttore del Centro nazionale trapianti (Cnt). (ANSA) Read the full article
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awesomecloudcity · 3 years ago
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Cessione di una biobanca, obblighi informativi e nuovo consenso: i paletti della Cassazione - Agenda Digitale
Cessione di una biobanca, obblighi informativi e nuovo consenso: i paletti della Cassazione – Agenda Digitale
#Cloudcity | #ITNews | @SilvioTorre https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/privacy/cessione-di-una-biobanca-obblighi-informativi-e-nuovo-consenso-i-paletti-della-cassazione/ Cessione di una biobanca, obblighi informativi e nuovo consenso: i paletti della Cassazione  Agenda Digitale
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lucasmasala86 · 3 years ago
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Una biobanca del Dna dei sardi per studiarne la longevità
Una biobanca del Dna dei sardi per studiarne la longevità
Leggi la notizia su Ansa Una biobanca del Dna dei sardi per studiarne la longevità
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medicomunicare · 3 years ago
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Genetica e abitudini alimentari: cosa porta a scegliere zuccheri, grassi o proteine?
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Il cervello è soggetto a vari segnali che influenzano i comportamenti alimentari e regolano l'equilibrio energetico corporeo, ad esempio modificando l'appetito e il dispendio energetico in risposta ai livelli ematici di ormoni e nutrienti. Pertanto, la variazione genetica in questi segnali può portare a fame e obesità estreme. Le persone con obesità e diabete sono spesso stigmatizzate per aver fatto scelte alimentari non salutari. Mentre l'assunzione di cibo è modellata da molti fattori, come quelli sociali, demografici, religiosi o politici, studi precedenti hanno dimostrato che le differenze individuali ereditate contribuiscono a cosa, quando, perché o quanto mangiamo. Questi primi studi stanno iniziando a identificare le regioni del cervello e i processi molecolari che influenzano l'assunzione di cibo, ma c'è stata una ricerca limitata negli esseri umani per identificare le firme molecolari alla base della suscettibilità variabile al comportamento di scelta del cibo. Un team di ricercatori della Boston University School of Public Health e di altre istituzioni ha ora identificato più di due dozzine di regioni genetiche che possono influenzare l'assunzione di cibo. Per fornire approfondimenti, il caporicerca Dr. Merino e i suoi colleghi hanno condotto un'analisi genetica ed esaminato il consumo di cibo di 282.271 partecipanti di origine europea della Biobanca britannica e del Consorzio Cohorts for Heart and Aging Research in Genomic Epidemiology (CHARGE). Lo studio è il più grande fino ad oggi che ha esaminato i fattori genetici legati all'assunzione di cibo. Il team ha identificato 26 regioni genetiche (loci) associate a una maggiore preferenza per cibi contenenti più grassi, proteine ​​o carboidrati e queste regioni sono state arricchite per i geni espressi nel cervello. Le analisi computazionali a valle hanno evidenziato sottotipi specifici di neuroni specializzati distribuiti nel sistema nervoso centrale che rispondono a proteine, grassi o carboidrati e, quando attivati, possono spiegare perché le persone hanno maggiori probabilità di preferire cibi o pasti con una maggiore quantità di grassi o proteine ​​o carboidrati. I ricercatori hanno anche scoperto che due gruppi principali di varianti genetiche erano associati in modo diverso all'obesità e alla malattia coronarica. L'analisi congiunta dell'assunzione di grassi, proteine ​​e carboidrati, abbinata ad analisi di clustering, ha aiutato a definire sottoinsiemi più omogenei di varianti genetiche caratterizzate da profili nutrizionali specifici e con diverse firme metaboliche. La scoperta di queste varianti genetiche può essere utilizzata in analisi future, come la randomizzazione mendeliana, un approccio di inferenza causale, per determinare se la composizione della dieta è correlata causalmente a malattie metaboliche e di altro tipo. Mentre gli scienziati sanno che la composizione della dieta è correlata alle malattie, il nesso causale è più difficile da dimostrare. Molto probabilmente questi loci consentiranno future analisi di randomizzazione mendeliana per determinare l'impatto causale della dieta sul diabete di tipo 2, sull'obesità e su altre malattie metaboliche. I risultati probabilmente porteranno anche a una migliore comprensione biologica del perché il comportamento di consumo di cibo differisce tra gli individui e potrebbero fornire nuove strade per prevenire e curare l'obesità e altre malattie metaboliche. I ricercatori sperano che la scoperta indicherà nuove strategie di trattamento per frenare la pandemia di obesità, attraverso raccomandazioni dietetiche specifiche per la prevenzione del sovrappeso o del diabete. Ad esempio, se qualcuno ha una maggiore predisposizione genetica a preferire cibi grassi, queste informazioni possono essere utilizzate per aiutare questo individuo a scegliere cibi con una maggiore quantità di grassi sani, piuttosto che raccomandare altri approcci dietetici che potrebbero compromettere l'aderenza a questi interventi. Questa possibilità si integra con un altro studio che ha condotto proprio una randomizzazione mendeliana, che ha indagato possibili relazioni causali fra composizione di principi macro-nutritivi nella dieta (carboidrati, proteine, grassi) e misure antropometriche (come il famoso indice di massa corporea o BMI). Tutte le analisi si basavano su studi di associazione sull'intero genoma inclusi 268.922 europei con dati dietetici (Consorzio SSGAC) e almeno 232.100 con misure antropometriche (Consorzio GIANT). I ricercatori hanno scoperto che l'assunzione relativa di carboidrati (E%) prevista geneticamente riduce il BMI e la circonferenza del girovita. Entrambi gli effetti sono stati supportati anche dall'approccio multivariabile: p=0.009 per il BMI e p=0.002 per il girovita, entrambi altamente significativi. L'assunzione dietetica di grassi prevista geneticamente (E%) era più debole e correlata positivamente a entrambe le misure antropometriche. Hanno poi ottenuto prove che un BMI e un girovita più elevati aumentavano l'assunzione alimentare relativa di grassi e proteine (E%). Questi dati indicano che una bassa proporzione relativa di carboidrati (E%) e un'alta percentuale di grassi (E%) nella dieta, sono causalmente correlate a un BMI e girovita più elevati. Questo vuol dire che quello e come mangiamo è colpa della genetica e che quindi dobbiamo sganciarci dalle nostre responsabilità? Assolutamente no, la genetica dà solamente il terreno biologico, l’ambiente ci mette a disposizione le possibilità, ma le scelte delle varie possibilità con le loro conseguenze sono direttamente sotto il nostro arbitrio. A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica. Pubblicazioni scientifiche Merino J et al. Nature Hum Behav 2021 Aug 23. Freuer D et al. Clin Nutr 2021; 40(6):4120-4131. Xu H, Jin C, Guan Q. Front Genet. 2020; 11:603. Bayer S et al. Nutrients 2020 Sep 22; 12(9):2891. Read the full article
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Tumori, la vitamina D potrebbe ridurre la mortalità del 15%
La vitamina D potrebbe ridurre del 15% la mortalità totale per 18 tra i tumori più comuni. Lo rivela uno studio pubblicato sull’European Journal of Cancer.     I ricercatori hanno verificato l’esistenza di relazioni tra i livelli ematici di 25-idrossivitamina D e l’uso dell’integrazione di vitamina D con la mortalità dovuta a 18 tipi di cancro frequenti nella coorte della Biobanca del…
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luca-ercolani · 4 years ago
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Chi cammina a passo spedito vive 10 anni in più: lo dice la scienza
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A stabilire per la prima volta una correlazione fra la velocità della camminata e l'aspettativa di vita è stato uno studio condotto dai ricercatori dell’ Istituto Nazionale per la Ricerca sulla Salute (NIHR) del Leicester Biomedical Research Center e pubblicato sulla rivista Mayo Clinic Proceedings.
Analizzando i dati di 474.919 persone con un'età media di 52 anni contenuti nella Biobanca britannica fra il 2006 e il 2016, è emerso che :
Le donne che camminano a passo veloce hanno un'aspettativa di vita di 86,7-87,8 anni,
Gli uomini di 85,2-86,8 anni.
Da leggere:
Valori che scendono - rispettivamente - a :
72,4 anni per le donne
64,8 anni per gli uomini
... se l'andatura rallenta.
I risultati valgono anche nel caso in cui...
Continua a leggere:
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giancarlonicoli · 5 years ago
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6 giu 2020 08:55 ''PORTARE LA MASCHERINA ALL'APERTO, IN QUESTA STAGIONE, FA SOLO MALE. IL VIRUS IN AUTUNNO POTREBBE ANCHE NON TORNARE'' - FATE UN RESPIRONE DI SOLLIEVO CON IL PROF. CLEMENTI, AUTORE DELLO STUDIO CHE DIMOSTRA L'AFFIEVOLIRSI DEL CORONAVIRUS, CITATO DA ZANGRILLO. ''C'È UNA DIFFERENZA STRATOSFERICA TRA I PAZIENTI DI MARZO E DI MAGGIO. I PRIMI AVEVANO CENTO VOLTE LA QUANTITÀ DI VIRUS. VI SPIEGO CHE FINE FARA' IL COVID SECONDO ME''
Luca Telese per www.tpi.it
Professor Clementi, lei e Zangrillo vi siete ritrovati nella bufera.
(Imperturbabile). Perché nella bufera?
Per lo studio che lei ha fatto, e su cui Zangrillo ha fondato la sua affermazione-shock: “Il virus è clinicamente scomparso”.
Sì, capisco. Perché Alberto Zangrillo dice che il virus è “clinicamente finito”, e usa come parallela leva il mio studio. Qualcuno pensa di metterlo in discussione? Non credo proprio.
E lei si sente sicuro?
Sulla ricerca siamo inattaccabili.
Partiamo quindi da quel lavoro. È vero che dimostra un abbattimento della forza del Coronavirus?
Ripeto, è difficilmente contestabile. Ci sono i dati, i numeri, è tutto scritto, tutto dimostrato. Chi vuole metterlo in discussione deve sobbarcarsi l’onere di trovare un errore nel mio lavoro. E non lo troverà.
Leggi Zangrillo, e dietro trovi Clementi. Ovvero Massimo Clementi, ordinario di Microbiologia e Virologia all’università San Raffaele di Milano, virologo jesino, approdato a Milano dopo tanti anni all’estero. Clementi è molto amico di Galli, ma spesso ha idee opposte (sul Covid). Tra i virologi è – per scelta – uno dei meno  mediatici, nei toni è pacato, quasi britannico, ma anche lui alla fine di questa intervista non rinuncia alla zampata: “Bisognerà rivedere le norme sulla mascherina. All’aperto, in questa stagione, è controproducente”.
Professor Clementi, ricostruiamo il pezzo che manca, il retroscena della “campagna di Zangrillo”. Come è nato il suo studio comparativo?
In primo luogo ritengo che Alberto Zangrillo abbia basato le sue convinzioni sulla valutazione clinica che aveva fatto e che mi ha successivamente trasferito insieme ad altri clinici del San Raffaele. Quindi tutto è partito da un’evidenza clinica di cui avevo parlato anche con lei.
Ricordiamola.
Da iniziò maggio nei nostri reparti non arrivavano più malati con sintomi gravi.
E poi?
I clinici mi chiedevano anche: “Clementi, quali sono i correlati virologici?”.
Ovvero?
Che cosa è cambiato nel Coronavirus da febbraio a marzo?
E lei cosa ha fatto?
In primo luogo ho ipotizzato che ci fosse stata una mutazione del Coronavirus. Sono frequenti. Poi ho pensato di rivolgermi altrove. Anche confrontandomi con colleghi stranieri. Di cercare una chiave per dimostrare con dei dati frutto della ricerca questo cambiamento che registravamo in modo empirico.
E cosa è accaduto?
Ho detto una cosa che non so se sia stata colta. Di tutto il bailamme di virologi pseudovirologi e paravirologi che si stanno esercitando in questo periodo in dotte analisi, il professor Palù di Padova – bravo quanto me – sosteneva l’importanza di studiare la virulenza.
E come si misura il tasso di aggressività di un virus?
Bella domanda. Questo è un aspetto abbastanza complesso del Covid19, e di ogni virus, che in sé accomuna caratteristiche diversissime. Provo a tradurlo così: quanto danno fa e quanto il virus si deve replicare per poter fare questo danno? Questo era ed è il tema.
Bisognava trovare un modo – dunque – per misurare qualità e quantità del virus?
Esattamente. Mi ha aiutato un precedente. Trent’anni fa io avevo fatto questo stesso tipo di studi sull’Aids. Ricordo un congresso in cui un collega americano mi chiedeva: “Ma a noi cosa importa quanto virus c’è,  se sappiamo che c’��”.
Non capiva il punto.
Esatto. Proprio come non lo capiscono molti colleghi oggi, quando si impuntano sul tema: “Ma non è mutato”.
Perché dicono: se non è mutata la sequenza non è cambiato.
Invece è assolutamente decisivo, perché questi due parametri ci dicono quanto può essere pericoloso – o meno pericoloso – a parità di diffusione il Covid 19.
E quindi come ha scelto di procedere?
Ho fatto esattamente la stessa cosa che avevo fatto con l’Hiv.
Cioè?
Ho preso cento pazienti della prima fase di epidemia e li ho paragonati a cento pazienti della seconda fase.
Li ha “presi” in modo virtuale, ovviamente: “In vitro”.
Certo. Li ho estratti dai campioni della nostra biobanca del San Raffaele.
Chi esattamente?
Cento contagiati della prima metà marzo e cento della seconda di maggio: casi di cui fra l’altro sapevo tutto, perché conoscevo la loro storia clinica. Dopo aver costituito questi due insiemi di campioni omogenei li ho confrontanti.
E cosa è emerso?
Beh, una differenza stratosferica.
Su quale unità di misura professore?
Sull’unica che potevo adottare, ovvero il computo relativo alla quantità del virus in ogni singolo tampone.
E di che ordine di grandezza parliamo?
Vuole le proporzioni? Se un tampone del primo gruppo si rileva un indice di 70mila, nel secondo si aggirava intorno a 700!
Molti dicono: sì, d’accordo, ma questo è l’effetto del lockdown.
Attenzione. Io sono molto convinto dell’utilità del lockdown, non solo non lo metto in discussione, ma ritengo che sia stata decisivo nel contenimento della pandemia.
Tuttavia?
Tuttavia questi casi erano riferiti a tamponi raccolti almeno dieci giorni dopo, rispetto a quelli in cui il paziente aveva contratto l’infezione. Questo significa che il virus si era replicato e amplificato nel soggetto infettato a prescindere dalla quantità iniziale che aveva prodotto l’infezione.
Vuol dire che quella densità per lei è l’indice della forza del virus?
Senza dubbio. Solo i negazionismi più acerrimi oggi minimizzano l’impatto della stagionalità.
Quindi per lei, come aveva previsto, questo studio conferma anche l’effetto di abbattimento prodotto dall’estate?
Ipotizziamolo come uno dei  motivi che producono l’indebolimento del Covid.
E poi cos’altro c’è?
Il terzo motivo che immagino, ma forse è il più importante, è questo: a me sembra che questo virus si stia adattando all’ospite. Il virus per sopravvivere non deve uccidere il suo ospite.
Ma perché la sequenza non cambia?
Il cambiamento per ora è nell’intensità, ma non è ancora avvenuto sul piano genetico. Il virus tuttavia diminuisce la carica virale per adattarsi all’ospite.
Ma quindi il suo studio è una rivoluzione copernicana!
Non esageriamo. Questo studiettino, nel suo piccolo, è solo un primo passo.
Perché usa il diminutivo?
Ci sono ancora pochi pazienti. Ha fatto un botto notevole – se mi consente il termine prosaico – a livello intenzionale.
Non mi ha ancora detto esplicitamente se condivide la frase-shock  di Zangrillo.
Sì, giusto dire che il virus è clinicamente finito. Lo diciamo noi che abbiamo visto morire. Perché adesso questi malati gravi non ci sono più, ed è un fatto.
E cosa serve allora per confermare lo studio?
Dovrebbe accadere che questo fenomeno si ripetesse negli altri Stati europei e anche anche negli Stati Uniti.
Dove ci sono almeno tre settimane di ritardo.
Esatto: ma dal dialogo con i colleghi risulta che in Florida, dove hanno fatto un lockdown soft, si stanno osservando le stesse cose. In Spagna idem. In Francia anche.
Si dovrebbe ripetere il test Clementi in questi paesi.
Proprio così. Dobbiamo mettere insieme cinque studi da mille pazienti ciascuno e allora avremmo una prova inattaccabile che il principio viene verificato. Questo è quanto sto programmando.
Ottimo. Passiamo alle conseguenze che lei ipotizza.
In fondo è semplice. Più dimostri che il virus si attenua più dimostri che ci puoi convivere.
Lei ha in mente un precedente?
Sì, ad esempio il caso dell’epidemia del 2009, con il H1N1 in Messico.
Riassumiamo per i profani.
Esplode in maniera rapida e devastante. Fu dichiarato subito pandemia dall’Oms. Aveva alti tassi di mortalità…
E oggi?
Oggi ce lo ritroviamo buono-buono insieme agli altri virus influenzali. Ma non uccide più.
Lei lo ha definito un “virus Frankenstein”. In che senso?
È un virus che pare prodotto da un collage: un pezzo umano, un pezzo suino.
Tutto è avvenuto in tempi rapidissimi.
Esatto. Lo vorrei ricordare a chi dice: “Ci vorranno sessant’anni prima di poter convivere con il Covid”.
Lei usa l’impersonale, ma si riferisce al suo grande amico, il professor Galli.
Sì, ma non solo a lui. Perché quello si è adattato in tre mesi.
E poi dove è finito?
Bella domanda. Sembra che si sia è dissolto.
Quindi non è scontata nemmeno la celebratissima “seconda ondata”.
Mettiamola così. Secondo me nessuno può dire che torna. O che non torna. E potrebbe anche non tornare.
Altro esempio?
La Sars. Esplose, fino  a giugno infettò e poi anche questa infezione scomparve.
Dove è finito il virus della Sars?
(Ride di gusto). Ah ah ah Bella domanda. Quando me la fanno i miei studenti io indico loro il mio laboratorio con il livello P3.
Perché si può trovare lì?
Esatto. In frigorifero, però.
Perché lei ai suoi studenti dice anche che i virus non sono palline da ping pong.
Proprio così: un virus lo devi capire. Se pensi che per prevedere le sue mosse basti un algoritmo non riesci a spiegare nulla di quello che abbiamo appena ricordato.
Quando potremo togliere – se è così – le misure di distanziamento sociale?
Questo è un tema cruciale. Noi abbiamo numeri “normali” in tutta Italia. Tutto il resto – invece – deriva dall’epidemia lombarda, che come è noto ha una storia a sé.
Ad esempio?
Un numero di contagiati enorme, questo ormai non lo contesta più nessuno, con una grande distribuzione  “regionalizzata”.
Cioè?
Dal punto di vista della diffusione: ci sono differenze enormi, anche tra una provincia e l’altra.
Cremona, Bergamo, Brescia…
Esatto. Tuttavia anche il professor Remuzzi, da Bergamo, ci dice: “La nostra terapia intensiva è vuota”.
Anche lì la virulenza si è abbattuta.
Senza dubbio.
Quindi si possono accorciare le distanze?
Se continua così sarà possibile a breve, ma ancora è presto. Devo raccomandare ancora delle misure di distanziamento sociale. A parte quelle insensate.
Cioè?
Io davvero non capisco il senso della mascherina in ambiente esterno. Perché devo portare la mascherina se rispetto le distanze interpersonali all’aperto?
Perché molti esperti dicono che impedisce la trasmissione aerosol.
Ma questo è un assurdo per chiunque abbia dimestichezza con la materia.
Lo spieghi.
L’altro giorno ero sul marciapiede di fronte al mio palazzo: ho visto un signore che correva in pantaloncini , quasi cianotico con una mascherina filtrante.
E che cosa ha fatto?
Ho dovuto qualificarmi come medico specialista e chiedergli di togliersela.
Perché?
È folle uccidersi con la propria anidride carbonica.
Quindi lei non la ritiene necessaria, ad esempio per il suo vicino di quartiere che correva?
All’aperto, lontano dagli altri, non ne vedo il motivo.
Sicuro?
Non esiste motivo, perché il rischio di trasmissione aerea, in questa stagione,  è davvero limitato alla estrema vicinanza o agli spazi chiusi.
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purpleavenuecupcake · 5 years ago
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I pazienti con tumori del sangue fanno rete: insieme medici ed istituzioni novecentomila italiani vivono guariti dal cancro
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(di Nicola Simonetti) Sulla base anche del sondaggio “Le voci contano” che ha messo in evidenza importanti lacune informative riferite dai malati in merito alla malattia, al percorso di cura e alle conseguenze causate da un tumore del sangue sulla qualità di vita e per rispondere in modo più incisivo ai bisogni dei pazienti è stata costituito e presentato a Rona,  F.A.V.O. Neoplasie Ematologiche, il primo network nazionale, nato all’interno della storica Federazione di Associazioni Pazienti di Volontariato in Oncologia (F.A.V.O.), che riunisce le Associazioni Pazienti con tumori del sangue (presidente Davide Petruzzelli): una nuova ed importante realtà associativa che vuole rispondere ai bisogni delle persone che hanno ricevuto o che riceveranno diagnosi di neoplasia ematologica. Sono oltre 30.000 ogni anno in Italia le persone che ricevono una diagnosi di neoplasia ematologica: è in costante aumento l’incidenza, ma anche il numero di chi guarisce o cronicizza la malattia. Dal sondaggio, emerge un dato significativo: due terzi degli intervistati (65%), al momento della diagnosi, non sono a conoscenza della esistenza al momento della diagnosi, e poco meno della metà (41%) è stato invitato a contattarle, perlopiù da altri pazienti. Per contro, circa l’80% di chi vi si è rivolto ha trovato molto utile il supporto ricevuto. La metà dei pazienti la malattia ha causato problemi nella sfera lavorativa propria e dei familiari, mentre più del 30% ha incontrato difficoltà nell’accesso al credito e ai prodotti assicurativi. La nascita di F.A.V.O. Neoplasie Ematologiche si inserisce in un contesto epidemiologico caratterizzato da una crescita costante dell’incidenza delle malattie onco-ematologiche: negli ultimi 13 anni, infatti, le diagnosi di Linfoma Non Hodgkin sono aumentate del 45% e quelle delle leucemie del 26% Oggi, la sopravvivenza a cinque anni per tutte le forme di leucemia si aggira intorno al 43% negli adulti, al 50% nel mieloma e raggiunge per il Linfoma di Hodgkin il 75%, grazie soprattutto alla ricerca e a terapie innovative che hanno radicalmente modificato la storia clinica di queste malattie. «Oggi in Italia – dice  Francesco De Lorenzo, presidente F.A.V.O, vivono circa 900.000 persone guarite dal cancro, e questo è un dato nuovo ed  estremamente importante poiché impone alle Associazioni Pazienti un nuovo obiettivo: lavorare coese per eliminare le barriere che ostacolano il ritorno alla vita normale. «Dato che oggi grazie alla ricerca si può guarire, una diagnosi in giovane età non può costituire un ostacolo insormontabile all’inclusione sociale e lavorativa e, di conseguenza, alla piena realizzazione della propria vita». Molte le carenze informative lamentate dai pazienti: infatti solo il 35%degli intervistati aveva sentito parlare della sua patologia prima della diagnosi, e prevalentemente attraverso la televisione e la radio o da parenti e amici, mentre più di due terzi degli intervistati (73%) non sa cosa sia un campione biologico, uno strumento fondamentale per una diagnosi corretta e per la ricerca di nuovi trattamenti, nel momento in cui il paziente decide di affidarlo ad una biobanca. «Quando questo accade, il paziente ha diritto non solo ad una informazione accurata, ma anche a dare un consenso informato alla ricerca, diverso e molto più dettagliato di quello che si firma per l’accesso alle cure» –spiega Elena Bravo, Senior Researcher dell’Istituto Superiore di Sanità.«Un paziente informato, consapevole delle potenzialità del proprio campione, oltre a vigilare su un uso corretto del proprio materiale biologico, può fornire un contributo essenziale nella definizione dei principi di gestione etici, sociali e scientifici». Altro rilevante deficit informativo emerso dal sondaggio riguarda il Consenso Informato. L’80% degli intervistati dichiara di aver firmato un Consenso Informato, ma solo il 66% ritiene di aver ricevuto un’informazione chiara e completa sulle cure.«Il Consenso Informato non è un atto istantaneo»–DICE Francesco Angrilli, Responsabile Centro Diagnosi e Terapia Linfomi dell’Ospedale Civile Spirito Santo, Pescara –«bensì è una vera e propria procedura nell’ambito della quale il paziente deve essere anche messo nelle condizioni di porre domande e ricevere risposte dal medico, del tempo necessario, se lo ritiene, per discutere della proposta con i propri familiari, medici e/o persone di fiducia, prima di comunicare la propria decisione». Troppo spesso invece l’adesione si limita a una firma su un documento non compreso appieno e sottoscritto in un momento di grande fragilità emotiva. In merito infine al supporto psicologico, più della metà dei pazienti intervistati (64%) ha dichiarato di non avere ricevuto alcuna proposta di assistenza specialistica: tutti coloro che, al contrario, hanno usufruito di uno psicologo attraverso i servizi offerti dalle Associazioni Pazienti, ne hanno tratto grandi benefici, a livello personale e di nucleo familiare. Un’informazione negata o poco esaustiva si traduce in minori opportunità di opzioni di cura, come l’accesso a studi clinici sperimentali: meno del 20% vi ha partecipato e solo l’11% ha ricevuto spiegazioni di cosa si trattasse: il fatto che la stragrande maggioranza non abbia risposto alla domanda è chiaro segno di una mancanza di condivisione tra medici e pazienti delle informazioni sulle opzioni terapeutiche. I percorsi terapeutici oggi si snodano attraverso tempi sempre meno trascorsi nelle strutture ospedaliere e sempre più sul territorio e i pazienti, diversamente da un tempo, a volte riescono a condurre una vita vicina alla normalità, prevalentemente vissuta lontano dal proprio specialista di riferimento: per questo il ruolo del MMG è determinante. «Al fine di evitare ulteriori disagi al paziente, già provato dal carico della malattia» –sottolinea infatti Paolo Spriano, Vice Presidente SNAMID –«è auspicabile che si migliori la comunicazione tra specialista ematologo e MMG e tra queste due figure mediche e il paziente, creando quella triangolazione necessaria a trasferire in modo corretto le informazioni che riguardano l’evoluzione della patologia e della cura. In uno scenario di crescita di consapevolezza sul ruolo della comunicazione tra medico e paziente, le Associazioni, grazie anche al loro capitale di speranza e di esperienza, possono svolgere un ruolo di grande supporto». 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tmnotizie · 5 years ago
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ANCONA – Il Roadshow Smau, circuito di riferimento dell’ecosistema dell’innovazione nazionale e internazionale, giovedì 14 novembre farà tappa ad Ancona, cuore della costa adriatica, per la prima edizione di Smau Marche. Realizzato in collaborazione con la Regione Marche, Camera di Commercio delle Marche e il contributo del Comune di Ancona, l’evento sarà l’occasione per mettere in connessione, in modo inedito, imprese, startup, grandi player, abilitatori e istituzioni, per condividere esperienze di innovazione e favorire la nascita di nuove partnership.
“La presenza di Smau nelle Marche è il riconoscimento a un territorio che, da tempo, si è aperto e con successo alle sfide dell’innovazione – dichiara Manuela Bora, Assessora alle Attività produttive della Regione Marche – Abbiamo giovani competenti, università e centri di ricerca qualificati, imprenditori illuminati ai quali si aggiunge il sostegno convinto della Regione Marche, che in questi anni ha messo in campo diversi strumenti utili per sostenere la nascita e la crescita di nuove iniziative imprenditoriali. Del resto, sono fortemente convinta delle potenzialità che le startup ad alto tasso di innovazione possono esprimere non solo a beneficio dell’iniziativa privata, ma di tutto il territorio. Quello che si sta sviluppando nella nostra regione è un ecosistema territoriale dell’innovazione, un patrimonio di conoscenze ed esperienze a disposizione soprattutto del sistema imprenditoriale marchigiano”.
 “Anche nell’innovazione si può parlare di opportunità: ogni territorio, infatti, può esprimere una specificità, ed è quello che approfondiremo a Smau Marche – afferma Pierantonio Macola, Presidente di Smau – l’evento sarà l’occasione per mettere in connessione, in modo nuovo, attori dell’ecosistema innovativo in settori come l’Industria 4.0 ed economia circolare, Benessere della persona e qualità negli ambienti di vita. L’augurio che ci facciamo è che imprese, istituzioni e startup trovino a Smau un luogo ideale per intessere proficue collaborazioni”. 
Momenti pubblici di rilascio e tavoli di lavoro sono la formula consolidata del Roadshow Smau per riunire tutti i potenziali attori dell’innovazione presenti nel territorio e favorire occasioni di collaborazione in ottica Open Innovation. Da un lato gli Smau Live Show sono eventi aperti al pubblico dove imprese e istituzioni illustrano le proprie esperienze di innovazione – le migliori riceveranno il Premio Innovazione Smau – e dove una selezione di startup ha la possibilità di presentarsi con uno speed pitching di 90 secondi.
Dall’altro, i tavoli di lavoro sono eventi a numero chiuso in cui imprese, istituzioni e startup si confrontano su un tema specifico, rappresentando così un’occasione importante di incontro e scambio di esperienze in corso. I temi cardine di Smau Marche avranno come focus Industria 4.0 ed economia circolare da un lato, e dall’altro, Benessere della persona e qualità negli ambienti di vita: si condivideranno esperienze in corso e si discuterà delle strategie di innovazione e sviluppo territoriale, al fine di avviare nuove collaborazioni.
Inoltre, contestualmente alle attività in programma nel corso della giornata, verrà realizzato un hackathon sul tema Impresa 4.0: si tratta della tappa marchigiana del Campionato Universitario Makers, realizzato da Math2B in collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche. Focus l’Internet of Things, e che prevede il coinvolgimento di studenti, laureandi e neolaureati delle facoltà scientifiche nelle università locali.
L’evento offre un’opportunità in ottica integrata e place-based, per lo sviluppo industriale del territorio regionale, tenendo conto delle risorse e delle competenze locali, del potenziale innovativo e delle opportunità tecnologiche e di mercato. Una strategia per la ricerca e l’innovazione che si traduce, da parte della Regione Marche, in una serie di importanti iniziative: stanno partendo quattro piattaforme tecnologiche di ricerca collaborativa sulle aree di Specializzazione Intelligente (S3) regionali di portata strategica per la crescita economica e la competitività del Sistema Marche.
La prima, già avviata, sarà una piattaforma di progettazione integrata e user-centered in ambito Meccatronico, con la realizzazione di un laboratorio nella città di Jesi, dove saranno messi a disposizione dei robot collaborativi per imprese e startup del territorio. 19 le imprese coinvolte, il tutto in collaborazione con l’Università di Camerino, l’Università Politecnica delle Marche, il Centro di ricerca e di trasferimento tecnologico Meccano e la Fondazione Cluster Marche.
La seconda, il cui progetto è in corso di approvazione, riguarderà l’ambito Salute e Benessere e avrà come focus la medicina personalizzata e i biofarmaci, 15 le aziende del territorio coinvolte, in collaborazione con Angelini. Il laboratorio di Ricerca e la Biobanca Associata consentiranno di conservare, valorizzare e trattare i campioni biologici provenienti dalle strutture cliniche della Regione e dalla diagnostica neonatale a fini di ricerca scientifica e sviluppo industriale.
Una terza invece riguarderà la Domotica: comfort e sicurezza in ambienti di vita sia fissi che mobili (anche yatch) con particolare riguardo alle aree della sensoristica, dell’integrazione e dell’interoperabilità. La finalità sarà quella di dare vita ad un dimostratore che verrà messo a disposizione di imprese e startup marchigiane.
Ultima ma non meno importante, la creazione di una piattaforma in ambito ecosostenibile riguardante Materiali Innovativi, Ecosostenibilità e Demanufacturing, con realizzazione di un laboratorio di ricerca nell’area del cratere.
Piattaforme innovative sulle quali proprio a Smau Marche, imprese innovative, startup e soggetti intermedi si confronteranno, per favorire l’incontro e la condivisione di esperienze tra i diversi protagonisti dell’ecosistema dell’innovazione. Obiettivo comune di Regione Marche e Smau è creare aggregazione: per rispondere alla sempre più importante richiesta di incremento innovativo del contesto marchigiano, di apertura verso le altre regioni e in coerenza con gli obiettivi stabiliti dall’Unione Europea.
Un’occasione per condividere necessità ed esperienze, in dialogo aperto con le istituzioni, per confrontarsi, crescere ed essere coesi. Esperienze di innovazione che diventano casi di successo come quello dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centrale che ha sviluppato in collaborazione con Hyperion Software, un sistema IoT basato sull’intelligenza artificiale per il controllo e la rilevazione di comportamenti anomali nell’area del Porto.
Ma gli esempi virtuosi di altre regioni non mancano, pensiamo al programma Bic Open Challenge iniziativa di Trentino Sviluppo e TechnoAlpin, azienda che progetta e realizza impianti di innevamento: supportare le imprese insediate nei Business Innovation Center, nella ricerca di soluzioni tecnologiche in risposta ad esigenze concrete legate all’innovazione.
La call richiede la strutturazione di un data lake come estensione della piattaforma cloud aziendale per innevare in modo tecnico e programmato le discese. O al progetto EMPATIA@Lecco, proposto da Cluster TAV: è il terzo capitolo di una mirata azione nel territorio lecchese sul tema della riabilitazione, con una specifica attenzione alle disabilità da lesioni congenite od acquisite del sistema nervoso.
Il progetto ha l’obiettivo di consegnare al paziente e alla sua famiglia nuovi strumenti per fronteggiare la patologia cronica. E, nel caso delle smart communities, il Cluster Smart Communities Tech, un’associazione nazionale con oltre 150 partner territoriali, industriali e di ricerca, che collaborano allo sviluppo di progetti di innovazione per la gestione di aree urbane e metropolitane.
Per favorire la promozione e lo sviluppo di innovazione del territorio marchigiano, un altro prezioso strumento di attuazione della Smart Specialisation Strategy sono i bandi in corso di attuazione. Tre quelli in uscita: economia circolare, internazionalizzazione e ricerca e sviluppo con una linea dedicata a startup e PMI innovative e una seconda, dedicata alle aggregazioni, alle quali possono partecipare anche le startup.
Nel programma degli accordi per l’innovazione, promosso dal Ministero dello Sviluppo Economico troviamo inserite tre realtà territoriali: il Gruppo Loccioni, sistemi automatici di misura e controllo, che ha siglato un accordo per lo sviluppo di un prototipo prova da banco dotato di motori ibridi; Sigma, business unit information technology, ha creato, grazie ad un algoritmo, una piattaforma per la manutenzione predittiva; Vega, eccellenza italiana nel mondo applicata agli accessori per elevatori, che ha ideato una piattaforma per l’assistenza delle persone fragili o anziane.
L’appuntamento con Smau Marche sarà l’occasione per confrontarsi con questi importanti player dell’innovazione, in un programma articolato di incontri, matching, momenti di presentazione e networking, per dare avvio a nuove collaborazioni e partnership tra gli attori più innovativi del territorio.
L’ingresso all’evento è gratuito, previa registrazione obbligatoria su Eventbrite. Tutte le informazioni sono disponibili su https://www.smau.it/marche19/
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