Tumgik
#bianca is SO annie coded
makarovni · 1 year
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OCs as Characters!!
Tagged by @corvosattano to do this thing where they tell you what characters your character is like!! Thank you!! I only included the results from media I know bc some of it I've never seen fkfkdkslk but enjoy!!
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1. Mercutio (Romeo and Juliet)
2. Flaca Gonzales (OITNB)
3. Mia Wallace (Pulp Fiction)
4. Jane Margolis (Breaking Bad)
5. Cheryl Tunt (Archer)
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1. Peter Quill (MCU)
2. Stitch (Lilo and Stitch)
3. Lorelai Gilmore (Gilmore Girls)
4. Jesse Pinkman (Breaking Bad)
5. Jane Margolis (Breaking Bad)
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1. Willow Rosenberg (BTVS)
2. Rose Tico (Star Wars)
3. Neo (The Matrix)
4. Glenn Rhee (TWD)
5. Bruce Banner (MCU)
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1. Mia Toretto (Fast and Furious)
2. Belle (Beauty and the Beast)
3. Glenn Rhee (TWD)
4. Pam Beesly (The Office)
5. Annie January (The Boys)
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1. Julia (Cowboy Bebop)
2. Rose DeWitt Bukater (Titanic)
3. Jean Grey (X-Men)
4. Jasmine (Aladdin)
5. Kim Wexler (BCS)
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filorunsultra · 3 years
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Cortina 72
Questo reportage è apparso sul numero 137 di Skialper. È stato pubblicato con delle foto di Klaus Dell’Orto che non c’entravano nulla col pezzo, ma erano state commissionate dallo sponsor dell’evento. Ricordo solo che c’era tanto giallo.
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Vado in Cadore da dodici anni, e ogni anno, quando torno a casa, la sensazione dell’aria calda quando apro la portiera della macchina mi coglie impreparato. È l’afa soffocante del Mississippi italiano, dei campi irrigati a fine giornata, delle lucciole e delle zanzare, che ti schiaccia il petto come un tuffo di pancia da un trampolino di cinque metri. È così ogni anno. Apro la portiera della macchina, e sbam!
Sono a casa da mezz’ora, non ho ancora aperto la tenda per farla asciugare, e crollo sul divano, davanti ai supplementari di un’Italia-Nonsoché finita a favore di non so chi. Viaggiare durante una partita della Nazionale è sempre cosa buona, soprattutto se bisogna passare per Ponte nelle Alpi – snodo principale della viabilità europea sudoccidentale, nonché irrisolvibile rompicapo ingegneristico della Regione Veneto in vista delle Olimpiadi Invernali 2026. Insieme al caldo, la coda a Ponte è la seconda costante dei miei pellegrinaggi in Cadore. Ma non questa sera. Questa sera i chilometri scorrono rapidi sotto le ruote del Doblò di Paco. E passano rapidi anche i cartelli di San Vito, Calalzo, Longarone, Belluno, Feltre, Valstagna, Bassano; e insieme ai paesi i ricordi. A Calalzo le montagne sono già diverse. La bianca dolomia del Pelmo fa spazio a quella scura e marcia del Centro Cadore, i profili si ingoffano e diventano anonimi, così come l’architettura dei paesi. Siamo a trenta chilometri da Cortina e qui un evento non lo organizzerà mai nessuno. Tagliando ai cento all’ora l’umidità della sera veneta io e Paco riusciamo ancora a scambiarci qualche parola, con la voce roca di chi ha parlato per quattro giorni e ha urlato tutta la notte durante un rave in mezzo a un bosco, ha poi dormito tre ore nel bagagliaio di un’auto e si è rimesso a urlare per tutto il giorno successivo. Il rave era una gara di corsa di 120 chilometri, le luci erano le frontali di un migliaio di persone, gli stupefacenti tutte le meravigliose sostanze che è in grado di produrre il cervello in debito di liquidi, zuccheri, sonno e ossigeno. Non dovendo correre ci siamo piazzati lungo il percorso con la scusa di fare assistenza (in una gara in cui l’assistenza è vietata), per incitare persone presenti e assenti, amici lontani, atleti defunti.
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(Santa Colomba: dopo una notte in tenda, io studio Etnomusicologia e Paco lavora all’intervista di Paola Pezzo per Alvento bevendo orzo alla liquirizia. Il giorno prima abbiamo corso una ventina di km intorno al lago di Levico e siamo stati a cena del Franz ad Albiano)
Settantadue ore prima, dopo una notte di campeggio in bici attorno a Trento, sto appena ricominciando ad abituarmi al nomadismo estivo, all’assenza di rete, alla posta elettronica una volta al giorno. Così, senza pensarci troppo, carico la tenda sulla macchina di Paco, assieme a un paio di scarpe da corsa e a una spesa raffazzonata in una catena sottomarca, e ci mettiamo in viaggio. Fra Trento e Cortina ci stanno cinque valli e due passi: Adige, Cembra, Fiemme e Fassa le prime; Pordoi e Falzarego i secondi. Duecento chilometri di marker turistici, di paesaggi da cartolina, e di code di macchine tedesche targate Milano. Sul Pordoi c’è un mucchio di gente, come al solito, tanto che non si riesce a pisciare senza trovarsi un bambino o un prete che sbucano da una pietra. Cortina invece è un po’ meno la Cortina di sempre. Nei giorni della LUT i flagstore Moncler e le boutique di Corso Italia sembrano per un momento scomparire, e i Moon Boot lasciano temporaneamente posto alle Birkenstock e alle ciabatte da riposo. Le unghie dei piedi dei passanti sono comunque smaltate, ma non con lo smalto glitterato delle romane in villeggiatura: quello che si vede nei giorni della LUT è uno smaltaccio scrostato, dato sopra a delle unghie rotte e nere a causa di un sasso o di una radice, o di un numero sbagliato. Il parcheggio del palaghiaccio si riempie di furgoni aziendali di marchi di scarpe da corsa, e di monovolume con targhe polacche con dentro gente che riposa per qualche ora col pettorale già attaccato alla maglietta. Tra i saluti, le chiacchiere e le strette di mano ci ritagliamo un angolino in cui lavorare, ma è un via vai di amici, conoscenti, editori. Il paese freme, i ristoranti, i bar. Dopo un pranzo a base di Coca Cola e grissini, a guardare gli altri mangiare sul serio, ci ritroviamo con la crew di Destination Unknown per una corsa tutti insieme. Ci incontriamo davanti al baretto di un minigolf semideserto, ad eccezione di un uomo in tenuta da gara, che guarda distrattamente il figlio giocare. Non so se sia preoccupato per la gara o si stenta in colpa per averci trascinato la famiglia, forse tutte e due. Comunque sembra un sentimento diffuso. Facciamo una easy run sulla ciclabile per Dobbiaco. È un’ampia strada sterrata che taglia dritta una pineta di alberi giovani, chiari e alti uguali. Oltre gli alberi, si staglia la lunga parete del Pomagagnon, che copre il Cristallo, e sulla sinistra la Tofana di Dentro chiude la valle in un largo imbuto di pini.
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(L’accampamento mio, di Paco e del Tarlo a bordo strada, vista Sorapis)
Passiamo la prima notte su un terrazzino a metà del Falzarego: il tramonto brucia il cielo e satura l’Antelao e il Sorapis dall’altro lato della valle. A parte un sasso che punta sull’ottava costola sinistra dormo bene.
Il venerdì sera l’entusiasmo collettivo si trasforma in terrore e il paese inizia a popolarsi di sguardi assenti. La partenza è alle 23:00 ma a metà pomeriggio molti sono già in piazza in tenuta da gara: iniziano gli assurdi riti pre-gara, lo stretching sui marciapiedi, lo yoga nelle aiuole. Verso le sei i ristoranti diventano teatro di carb loading improvvisati, e i tavolini si riempiono di paste in bianco, pizze marinare. Dopo aver visto la partenza decidiamo che è troppo presto per dormire, così ci spostiamo verso Ospitale. Si respira l’aria febbricitante della partenza, quella che ti ricorda che stai andando in contro alla notte e al silenzio. È quella scarica che arriva cinquecento metri dopo la partenza, quando le grida del pubblico si allontanano, e restano solo il respiro di quello che ti corre a fianco e il rumore dei passi di altre mille persone. Lasciamo la macchina a bordo strada, a fianco al percorso di gara. È un punto come un altro, in falsopiano, appena dopo un sottopassaggio e troppo prima del ristoro. Ci sono un fotografo e una coppia di francesi che fanno assistenza a Xavier Thevenard – che fino a quel momento diamo come favorito numero uno, per poi scoprire che si sarebbe ritirato due ore più tardi, senza essere davvero mai stato in gara. Finché ci pensiamo fa un freddo cane e non arriva nessuno.
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(Col Gallina: Andrea Tarlao sulla grande bandiera di URMA, dietro Coach Grazielli aspetta l’arrivo di qualche atleta)
In effetti non è un granché, fare assistenza a una gara italiana dico. Da vedere è anche divertente, ma non si può fare molto. Il giorno dopo, a Col Gallina, l’organizzazione ha allestito un’area assistenza appena fuori dal ristoro: l’atleta arriva, qualcuno gli corre in contro, gli riempie le borracce, gli chiede come sta, e poi quello riparte. Noi ce ne stiamo all’uscita del sentiero, seduti a bere caffè su due seggioline da campeggio e a urlare a chiunque passi. C’è gente che tallona male, che corre troppo forte per la posizione in cui si trova. E poi c’è chi arriva zoppicando, chi è bollito perché è partito troppo forte la sera prima, chi scambia i bagni per il ristoro, chi elemosina del Brufen. Sono cose che a un certo punto, se fai questo sport, inizi a considerare normali (a parte il Brufen, s’intende), ma a vederle da fuori fanno un certo effetto. Normalmente in una gara americana a questo punto entrerebbe in azione un pacer, vale a dire uno che vi accompagna per l’ultima parte di gara. In Italia no. Per cui, se non possiamo vietare il Brufen, perché almeno non lasciamo i pacer? Sarebbe preferibile a mandare zombie tossici in giro per le montagne, e quanto meno anche noi avremmo qualcosa da fare. Davide, Paco e Tommy invece sembrano sapere esattamente cosa fare. Li ascolto mentre lavorano coi loro atleti, si confrontano, prendono per loro la scelta giusta.
Non so bene quando ho deciso di venire a Cortina. Forse quando Paco mi ha ingannato dicendomi che ci andavamo in camper. O sulla porta di casa, quando Ale mi ci ha lasciato a maggio e con la sua voce da crooner mi ha buttato lì un «…altrimenti ci vediamo a Cortina». Alla fine, abbiamo passato una notte a dormire sulle pietre e una nel bagagliaio di una macchina con una pompa da bici sotto ai piedi. Abbiamo preso un freddo cane, abbiamo perso la voce, ci siamo nutriti per tre giorni con dieci euro ricaricando il computer al bar, soltanto per incitare amici e sconosciuti ad arrivare in fondo a quella che per molti di loro era la gara della vita. Sono andato a Cortina perché in fin dei conti è sempre un bel circo, perché avevo voglia di vedere gli altri correre, e perché mi piace da morire l’ultrarunning. Ma alla fine mi sono anche portato a casa qualcosa. Non direi che il nostro ruolo sia stato utile, tantomeno determinante, non mi sembra insomma che ci sia molto su cui ricamare. Ma è sempre bello essere presenti quando gli altri realizzano i propri propositi, e credo che l’ultrarunning sia anche questo.
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(Eccoci col socio Filippo in una foto rappresentativa di un aspetto del nostro sport: l’ultrarunning. Abbiamo passato la notte in giro a urlare e abbiamo perso la voce per gridare incitamenti a persone presenti fisicamente o meno (ogni tanto partiva un “vai Riki Tortini”, o un “Alè Roberto”). Il mattino dopo, con poche ore di sonno, poca voce e poco cibo abbiamo continuato ad onorare il nostro compito per tutto il giorno. Così eccoci come due vecchietti al bar a giocare a briscola, solo con una tazza di the in mano in mezzo al sentiero e una copertina per tenere calde le gambe a incitare ogni singolo corridore che passava, a decidere chi sarebbe morto o risorto da lì a qualche ora, a puntualizzare “se non volevi soffrire non correvi ma giocavi a pallone” ai corridori che si lamentavano, a giudicare chi aveva un bel gesto e chi ciabattava male, a disquisire di top runner, a vedere impassibili gente vomitare, correre troppo forte, fermarsi ai ristori, a discutere di percentuali di arrivo dei survivor, a indignarci degli anti estetici accrocchi di colore degli outfit, a rifarci gli occhi con le gambe muscolose delle corridrici, a lamentarci se qualcuno correva troppo forte in paragone all’estetica brutta del gesto, a perderci in percentuali e aneddoti riguardanti la corsa, ad aspettare per ore che qualcuno passasse, a sperare di vedere in diretta un pezzo di storia, una scavigliata epica o un evento clamoroso e a sperare venisse il diluvio universale, visto che non correvamo (no questo lo speravo io). Fa tutto parte di un processo e queste sono esperienze formative per un corridore, tanto quanto le gare corse. Un grazie a tutti quelli che ci hanno fatto divertire. Anche se il livello di gara non era altissimo quest’anno, è bello esaltarsi per gli amici di qualsiasi livello e vedere il mondo dalla prospettiva esterna. E comunque, tutti bravi a correre LUT, a Translagorai Classic sarebbe arrivato il 10% dei presenti, garantito. — Paco)
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mysticalhearth · 4 years
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K
The King and I - Brazil - 2010 (Pro-Shot's master) FORMAT:  MP4 (HD) CAST: Tuca Andrada (Rei), Cláudia Netto (Anna Leonowens), Luciana Bueno (Lady Thiang), Bianca Tadini (Tumptim) The King and I - North Shore Music Theatre - September-October, 2011 (Pro-Shot's master) FORMAT:  VOB (with smalls) (SD) CAST: Kate Fisher (Anna Leonowens), Lorenzo Lamas (King of Siam), Lisa Yuen (Lady Thiang), Manna Nichols (Tuptim), Joshua Dela Cruz (Lun Tha), Ron Wisniski (Sir Edward Ramsey) NOTES: Proshot. Performed in the round, one camera on a tripod and sound patched in from the soundboard. The King and I - West End Revival - November 29, 2018 (Pro-Shot's master) FORMAT:  MP4 (HD) CAST: Kelli O’Hara (Anna Leonowens), Ken Watanabe (King of Siam), Ruthie Ann Miles (Lady Thiang), Na-Young Jeon (Tuptim), Dean John-Wilson (Lun Tha), Edward Baker-Duly (Sir Edward Ramsey), Jon Chew (Prince Chulalongkorn), Edward Baker-Duly (Captain Orton), Billy Marlow (Louis Leonowens), Takao Osawa (Kralahome), William Michael Lee (Phra Alack) NOTES: Ruthie uses a walking stick throughout to aid her recovery from a previous car accident and loss of her two children. She gives an amazing performance. King Kong - Broadway - August 10, 2019 FORMAT:  MP4 (HD) CAST: Christiani Pitts (Ann Darrow), Eric William Morris (Carl Denham), Erik Lochtefeld (Lumpy) NOTES: The full show, recorded from the rear orchestra on a phone. Most of the video is the August 10th recording but occasionally some promotional footage and the February 9th video are edited in to provide other views. The recording starts off with a lot of wandering, shakiness, and washout but gets better somewhat better as it goes on. Still not as good as an actual video filmed with a camera, but it exists. 1920x1080p, 4.29 GB. King Kong - Broadway - October, 2018 (Preview) (House-Cam's master) FORMAT:  MP4 (SD) CAST: Christiani Pitts (Ann Darrow), Eric William Morris (Carl Denham), Erik Lochtefeld (Lumpy), Harley Jay (Barman), Rory Donovan (Captain Engelhorn/Chief of Police), Jon Hoche (Voice of Kong) NOTES: Full stage shot with clear audio direct from soundboard. Kinky Boots - Broadway - March 15, 2013 (Preview) (Lanelle's master) FORMAT:  VOB (with smalls) (SD) CAST: Stark Sands (Charlie Price), Billy Porter (Lola), Annaleigh Ashford (Lauren), Celina Carvajal (Nicola), Daniel Stewart Sherman (Don), Marcus Neville (George), Jonah Halperin (s/b Young Charlie), Marquise Neal (Young Lola) NOTES: Fun show with a pertinent (but not obtrusive) message, Billy Porter is just amazing. This is somewhat more obstructed than other shows because the person in front was leaning forward and moving a lot, so there's a head in some of the scenes. Some shakiness and wandering in between, particularly at the beginning, but otherwise a good video with nice closeups. Complete show including curtain call. A- Kinky Boots - Broadway - July 17, 2018 (NYCG8R's master) FORMAT:  VOB (with smalls) (SD) CAST: David Cook (Charlie Price), Stephane Duret (s/b Lola), Carrie St Louis (Lauren), Caroline Bowman (Nicola), Daniel Stewart Sherman (Don), Marcus Neville (George), Corey Mach (Harry), Eugene Barry-Hill (Simon Sr.), Stephen Berger (Mr. Price), Adinah Alexander (Milan Stage Manager), Cooper Lantz (Young Charlie), Jesús Del Orden (Young Lola) NOTES: Quite a few latecomers that walk in front but nothing too distracting; otherwise very well filmed HD video with clear picture and sound throughout; great video A Kinky Boots - Broadway - May-August, 2017 FORMAT:  MP4 (HD) CAST: Brendon Urie (Charlie Price), J Harrison Ghee (Lola), Taylor Louderman (Lauren) NOTES: Starts at Sex is in the Heel Kinky Boots - First National Tour - April 17, 2016 (SJ Bernly's master) FORMAT:  VOB (with smalls) (SD) CAST: Adam Kaplan (Charlie Price), J Harrison Ghee (Lola), Tiffany Engen (Lauren), Charissa Hogeland (Nicola), Aaron Walpole (Don), Jim J Bullock (George), Josh Tolle (Harry), Shawna M Hamic (Trish), Horace V Rogers (Simon Sr.), Tom Souhrada (Mr. Price), Zach Adkins (Richard Bailey), Patty Lohr (Pat), Annie Edgerton (Milan Stage Manager), Aidan Passaro (Young Charlie), Jomil Elijah Robinson (Young Lola) Kinky Boots - Netherlands Tour - October 27, 2019 FORMAT:  MOV (HD) CAST: Jonathan Demoor (Charlie Price), Naidjim Severina (Lola), Vajèn van den Bosch (Lauren), Linda Verstraten (Nicola), Dennis Willekens (Don), Paul Donkers (George), Jeroen Phaff (Mr. Price) Kinky Boots - Pre-Broadway/Chicago - November 4, 2012 (Closing Night) (SunsetBlvd79's master) FORMAT:  MP4 (HD) CAST: Stark Sands (Charlie Price), Billy Porter (Lola), Annaleigh Ashford (Lauren), Celina Carvajal (Nicola), Daniel Stewart Sherman (Don), Marcus Neville (George), Andy Kelso (Harry), Jennifer Perry (Trish), Tory Ross (Pat) NOTES: Another beautiful HD capture of the last performance in Chicago before Broadway, where it would go on to win the 2013 Tony. This performance has many changes from the other Chicago Dvd of the first performance. Includes the new song written towards the end of the Chicago run and many line changes. Also includes curtain speech by Stark! A+   Kinky Boots - UK Tour - December 26, 2018 (Matinee) (shoeroom's master) FORMAT:  MOV (HD) CAST: Joshua St Clair (u/s Charlie Price), Kayi Ushe (Lola), Paula Lane (Lauren), Helen Ternent (Nicola), Demitri Lampra (Don), Adam Price (George), Daniel Conway (u/s Harry), Niki Evans (Trish), Fred Smiley (Simon Sr.), Andy Watkins (Mr. Price), George Grayson (u/s Richard Bailey), Lizzie Bea (Pat), Mary Fox (Maggie), Shaun Dalton (Hooch), Alfie Parker (Mutt), Portia Harry (Gemma Louise), Scarlet Gabriel (Milan Stage Manager), John Dempsey (Referee), Connor Collins (Angel #1), Toyan Thomas-Brown (Angel #2), John Dempsey (Angel #3), Chileshé Mondelle (Angel #4), Joshua Lovell (Angel #5), Damon Gould (Angel #6) Kinky Boots - UK Tour - September, 2018 (hitmewithyourbethshot's master) FORMAT:  MP4 (HD) CAST: Joel Harper-Jackson (Charlie Price), Callum Francis (Lola), Paula Lane (Lauren), Helen Ternent (Nicola), Demitri Lampra (Don), Adam Price (George), Joshua St Clair (Harry), Niki Evans (Trish), Fred Smiley (Simon Sr.), Andy Watkins (Mr. Price), Daniel Conway (Richard Bailey), Lizzie Bea (Pat), Scarlet Gabriel (Milan Stage Manager), Connor Collins (Angel #1), John Dempsey (Angel #2), Damon Gould (Angel #3), Joshua Lovell (Angel #4), Chileshé Mondelle (Angel #5), Toyan Thomas-Brown (Angel #6) Kinky Boots - West End - November 27, 2018 (Pro-Shot's master) FORMAT:  MP4 (HD) CAST: Killian Donnelly (Charlie Price), Matt Henry (Lola), Natalie McQueen (Lauren), Cordelia Farnworth (Nicola), Sean Needham (Don), Antony Reed (George), Jordan Fox (Harry), Anna Stolli (Trish), Robert Grose (Simon Sr.), Graham Kent (Mr. Price), Jonathan Carlton (Richard Bailey), Rosie Glossop (Pat), Emma Odell (Milan Stage Manager), Charlie Underhill (Young Charlie), Temba Mliswa (Young Lola), Jak Allen-Anderson (Angel #1), Jed Berry (Angel #2), Louis Clarke-Clare (Angel #3), Daniel Downing (Angel #4), Jemal Felix (Angel #5), Jon Reynolds (Angel #6), Abbey Addams, Ben Jennings, Ben Larcombe, Christopher Parkinson, David Haydn, Fred Wilcox, Hannah Price, Jude Muir, Kayleb Rene-gray, Keith Higham, Momar Diagne, Olivia Winterflood, Rio Lewis, Robert Jones, Samson Wakayu, Suzie McAdam, Tom Scanlon NOTES: Pro-shot. Filmed live on stage at the Adelphi Theatre (London, England) and distributed commercially. Kiss Me, Kate - British Television Production - April 21, 1964 FORMAT:  VOB (with smalls) (SD) CAST: Patricia Morison (Lilli Vanessi / Katharine), Howard Keel (Fred Graham / Petruchio), Isabelle Lucas (Hattie), Millicent Martin (Lois Lane / Bianca), Irving Davies (Bill Calhoun / Lucentio), Eric Barker (Harrison Howell), Danny Green (Gangster / First Man), Bill Owen (Gangster / Second Man) NOTES: This version was rewritten and abbreviated to fit within its 95-minute time slot. A little on the dark side, in black and white with a slight blue tinge, has producer’s counter numbers hard-coded on the screen in the upper third. This version of the show was produced for the launch of a new station in the UK. After months of preparing the launch of the new television station—with it’s brand-new 625 line resolution (until then UK TV’s had a resolution of 405 lines)—the night turned out to be a disaster. 50 minutes before the launch, a fire broke out at a local power station, cutting power to most of London but not the television station. They started the evening’s news show which was to be followed by this broadcast, but it soon became clear that there was no audience, and after a few minutes, the schedule was abandoned. The production was instead shown the next day. The date that’s superimposed on the video is April 20, 1964—the originally scheduled night. It is unclear if this is a fi Kiss Me, Kate - Third Broadway Revival - March, 2019 (NYCG8R's master) FORMAT:  VOB (with smalls) (SD) CAST: Kelli O’Hara (Lilli Vanessi / Katharine), Will Chase (Fred Graham / Petruchio), Adrienne Walker (Hattie), James T Lane (Paul), Stephanie Styles (Lois Lane / Bianca), Corbin Bleu (Bill Calhoun / Lucentio), Mel Johnson Jr (Harry Trevor / Baptista), Terence Archie (Harrison Howell), John Pankow (Gangster / First Man), Lance Coadie Williams (Gangster / Second Man) Kruimeltje de musical - The Netherlands - 2012 (Pro-Shot's master) FORMAT:  MP4 (HD) CAST: Joes Brauers (Kruimeltje)
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pangeanews · 5 years
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Un po’ arrogante, alto, soldi, belle donne: dove sei finito Panatta? Io sono ancora lì, nel 1976, il tuo anno di grazia
Adriano Panatta, latin lovers?
Per mio padre una pippa inguardabile, un sorcio, lo stesso aggettivo che Panatta affibbiava ai suoi colleghi per prenderli in giro.
Per me il numero 1.
Il suo fisico tendente all’obeso, ma più tonico del suo inseparabile amico, di doppio e di vita, Paolo Bertolucci, più grassoccio di Adriano, il suo incedere placido, strascicato, ebbene tutto ciò potrebbe far intendere che lui abbia vinto meno di quel che poteva. Ha paura delle malattie, è calmo, ha battuto due volte l’orso Borg che, come il suo lontano predecessore Thor il vichingo, armeggiava con il martello ed era invincibile.
Panatta nel suo anno di gloria ha inserito nel palmares gli internazionali d’Italia e il torneo del Grande Slam più famoso, il Roland Garros, ovvero gli Internazionali di Francia.
Lo stesso anno trionfò, portacolori dell’Italia in Cile, in Coppa Davis, dove i nostri moschettieri sconfissero, appunto, i padroni di casa cileni.
*
Adriano, un fisico che faceva morire le ragazzine di allora, burroso, con gambe come querce (un po’ come ero io in quegli anni adolescenziali), sembrava distante dallo spettatore medio. Un po’ arrogante, alto, soldi, belle donne, e in più quel fantastico gioco: battuta vincente e discesa a rete, era famoso per la sua “veronica”, ovvero uno smash meno potente ma di rovescio, non con il dritto. Quasi una vita segnata, regolata dal destino, da prendere solo se la vuoi veramente percorrere.
Il dritto Pietrangeli, un’altra leggenda del tennis, capitano non giocatore di Coppa Davis, fece giocare i suoi quattro discepoli: Barazzutti, Zugarelli, Bertolucci e Panatta, in un luogo tabù per quel tempo, il Cile, a Santiago, città del dittatore Pinochet. I quattro vinsero per la prima e unica volta la Coppa Davis, anche se la inseguivano da anni come obiettivo primario.
Panatta come Miguel Bosé, idolo delle ragazzine, con i jeans azzurri e la maglietta bianca. Se la memoria non mi oltraggia, mi sembrava lontano, a contatto con il mondo che conta. La sua maglietta, dopo le partite da lui disputate, era sempre profumata di sciampagna o di Armani code, infatti Adriano per me, per noi italiani e per il mondo intero, era il mitico cavallo bianco che non suda. Mai.
Ma ora, nel terzo millennio, Adriano che fa?
*
L’ho visto qualche anno fa, impacciato e perso, premiare al Roland Garros il vincitore dei prestigiosi Internazionali di Francia, l’unica tappa dello slam in terra rossa. Panatta non sembrava lui.
Tracotanti e immarcescibili, ma in fondo simpatici anche se un po’ spocchiosi, sono Pietrangeli e Pericoli, che assistono ai tornei che contano sempre vicini, quasi fossero marito e moglie; la statua vincente Pietrangeli e l’ancella, e che ancella, Lea Pericoli.
Invece vedo Adriano Panatta come un cognato; leale, tranquillo, quieto e posato. Ti rasserenano le sue parole a fil di voce e a volte senza senso compiuto. Sembra che abbia molti amici, non so che faccia, è defilato, ha sempre i capelli a mo’ di Beatles, con la stessa riga e sempre castani.
Poi sai nel mondo come accade, vinci un Wimbledon e sei ricordato per sempre, così come succede negli altri tornei. Invece lui si fa modesto, quasi ad attutire i lampi del suo carisma e la sua gloria nel tennis, come se pensasse di aver usurpato un ruolo che non era suo.
Ma io ricorderò a lungo il ragazzo possente e italiano con la maglia bianca e le scarpe Superga che, forse se non avesse giocato a tennis, sarebbe diventato un bancario, solo un pochino ribelle verso il direttore.
*
Partecipa a trasmissioni televisive, spesso con i suoi amici attori, cantanti, comici, ed è amato un po’ da tutti, ma è, perlomeno per me, tanto ritroso quanto abbagliante.
“Smash con il rovescio, Panatta fa ancora punto con la sua veronica, dopo essere sceso a rete grazie al servizio”. Ed io sono ancora lì, con la testa nel ’76 il suo anno di grazia e lo omaggio, perché ho timore che, se il romano si defilasse sempre di più, non avrebbe occasione di leggere quello che so e sapevo su di lui.
Grazie Adriano e, ogni tanto, esci dal tuo guscio e deliziaci con le tue battute, stavolta non di tennis, ma aneddoti che tu conosci scaturiti dal mondo quasi fagocitante della racchetta, un mondo lontano che tu rendi umano solo con un semplice sorriso tranquillo.
“Ho sposato Veronica, vedi che abbiamo qualcosa in comune, eh Adriano?”.
Ettore Bonato
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Amicizia
Un racconto di Goffredo Parise
Un giorno di fine inverno in montagna un gruppo di persone che si conoscevano poco e si erano trovati per caso su una vetta gelida e piena di vento decisero di fare con gli sci una pista molto lunga e solitaria che portava a una valle lontana. Erano dieci, per una coincidenza felice nessuno di loro era veramente "adulto", anzi, erano tutti più o meno timidi e questo li rese subito fiduciosi uno dell'altro.
Le dieci persone erano: Gioia, una donna con dolci occhi ebraici, pieni di qualcosa di antico e religioso che era il senso della famiglia. Carlo, il marito di Gioia, alto e biondo con lineamenti quadrati e occhi quasi bianchi un poco fantascientifici. Adriana, alta e buona, un pochino ansiosa di essere sempre buona, ma non in anticipo né in ritardo. Mario, marito di Adriana, con molte fragilità vaganti negli arti e nel volto, ma con una testa rotonda piena di bisogno di affetto che riscattava tutto. Guido, il meno "adulto", che sciava senza "stile" dicendo ai dirupi: "Io ti batto", e li batteva; perché lì vicino c'era Silvia, una ragazza-donna dai tratti mongoli, la erre moscia che egli amava (e contemplava) da molti anni, di una bellezza così grande che ogni persona guardata da lei sorridente si sentiva caduca e mortale. Silvia però (senza la presenza di Silvia i dieci non si sarebbero mai trovati insieme per caso) amava: Filippo, un uomo che somigliava ad Achille ma anche a Patroclo, perché "umano", avendo dedicato la sua vita a Silvia. L'ottavo era: Dabcevich (basta così). Poi Pupa, la più sconosciuta di tutti, che abitava molti mesi in montagna, aveva occhi gialli con piccole e grandi macchie nere come il sole e sciava in modo volante e pieno di silenzio, due cose forse sviluppate in quei luoghi durante la sua infanzia per vivere e difendersi nella neve come gli scoiattoli e le lepri. E infine un altro uomo che sapeva fare una cosa sola nella vita, cioè osservare nei particolari (sempre mutevoli) gli altri nove e il tempo; sperando e studiando il modo, senza che nessuno se ne accorgesse, che tutte queste cose fossero in armonia tra di loro.
Partirono uno dopo l'altro dalla vetta,tra spinte di vento e neve, tutti, salvo Pupa e forse Guido che era "incosciente", con un po'di paura perché il primo tratto che dovevano percorrere in quel freddo era cosparso di sassi che affioravano e la neve così sottile aumentava la velocità proprio vicino al punto in cui c'era un burrone e si dovevano fermare. Si ritrovarono in quel punto senza quasi vedersi ma Silvia aveva visto che l'uomo n. 10, l'ultimo, era senza berretto: sfilò dal collo il suo yachting club (grande foulard di seta blu con bandierine di tutti i paesi) e glielo diede. Questi avvolse la testa nel foulard come i pirati e si avviò per primo (tale era stato il benvolere della dea) nella immensa valle bianca in lieve declivio tra gli altissimi monti, che era la seconda parte della discesa. Qui il vento cessò di colpo, e anche il freddo, la velocità divenne alta perché gli sci affondavano nella neve fresca dando sicurezza e il sole illuminava tutti in viso in modo così forte che ognuno provò il sentimento di questa bellezza. Pupa si bilanciava sulle braccia aperte in lunghi Cristiania di una traccia sola (e unica per sempre) che il destino impedì agli altri di seguire: Gioia disse sottovoce a Mario che scendeva al suo fianco: "Come è bello, vero Mario?" e Mario provò per questa frase a lui diretta un attimo di riconoscenza che lei aveva previsto; Silvia si rannicchiò "a uovo" per acquistare velocità (questioni di resistenza all'aria) e così facendo sorrise a se stessa con molto affetto e ironia, Filippo tracciò una sua personale e velocissima scia senza voler competere con Pupa, tutti stavano zitti o parlavano piano, solo Dabcevich, altissimo e stralunato commise un eccesso slavo, o austriaco, o russo, gridò: "Sublime, sublime", con cui si conquistò per sempre la simpatia di tutti, poi "sublime" si perdette nelle grandi arie dei monti e non si udì più nulla. Insomma erano tutti molto felici, in modo così bello da attribuire la ragione di questo sentimento non soltanto alle montagne color rosa, alla neve e al sole ma soprattutto ai propri simili che in quel momento (un momento molto importante della loro vita) erano i dieci puntini colorati nella valle.
La terza parte della discesa presentò "notevoli difficoltà": c'era un passaggio obbligato che dava su un'apparente voragine, in ombra, perciò gelato, che finiva in una vasta conca di nuovo al sole, con una piccola baita. Avendo coraggio si sarebbe potuto scendere senza paura dritti sul ghiaccio, curvare al sole dove la neve è molle ma a forte velocità, e poi ancora dritti nella neve fresca fino alla porta della baita. Le donne, salvo Pupa, non l'ebbero, gli uomini, pochi (Guido, non si sa come, era già arrivato in fondo), Silvia si fermò chiamando aiuto, accorse Filippo ma lei pianse, batté i piedi (con gli sci) e non volle scendere; l'uomo con foulard scivolò in una piccola valle ignota tra neve vergine, capitombolò due volte senza riuscire a fermarsi e pensando al destino, infatti si fermò contro un cespuglio, vide due scoiattoli neri tutti raspanti e pieni di paura e rimase un po' solo a riposare e a pensare. Ma tutto andò bene e quando arrivò alla baita dove Filippo voleva organizzare una spedizione di soccorso, Silvia sorrideva con gli occhi ancora pieni di lacrime.
Il quarto tratto era una stradina sulla costa dei monte, facile, con angoli in cui si scompariva alla vista e dove l'uomo con foulard si fece trovare da Guido, per scherzo, abbracciato a Silvia. Guido passò e disse: "Spiritosi!". Adriana perdette uno sci, e parve una cosa molto seria all'inizio, poi fu ritrovato da Filippo, Pupa, sempre prima, aspettava appoggiata ai bastoncini, ravviandosi i capelli con una forcina in bocca.
Il quinto tratto era una discesa ripida, un po' in ombra, anche semplice ma le caviglie di tutti erano ormai un po'stanche e ci fu qualche caduta, niente di grave. Carlo però disse a Guido e all'uomo con foulard: "seguimi, segui le mie code" oppure: "ecco,gira qui dove giro io" ma con pochissima vanità, cioè con più affetto che vanità e intanto gli altri erano già in fondo alla valle dentro un bosco di giovani larici. Qui dovettero camminare, spingere con le racchette, accaldarsi, svestirsi un poco alla volta. Silvia sfilò il suo berretto bianco di lana di pecora con grande pon-pon, i capelli caddero sulle sue spalle e in quell'istante entrarono in rifugio dove mangiarono uova, prosciutto, pane con granelli di kummel, bevvero vino di una cantina di frati, spedirono cartoline, fumarono, uscirono, presero due tassì e il sole calò. Sorse la luna bianca come la neve nel cielo che diventò subito nero come la pece e tornarono a casa, stanchi.
L'anno dopo i dieci amici (erano diventati amici) si ritrovarono sulla stessa vetta, non per caso, e discesero lungo la stessa pista. A dire il vero non erano tutti e dieci, mancava Dabcevich, e questo dispiacque un po'a tutti, qualcuno dubitò dentro di sé che la sua assenza avrebbe provocato un vuoto non grandissimo ma che avrebbe potuto diventare tale se altri anche piccoli vuoti si fossero formati nella imprevedibile armonia dell'insieme: ma questo non avvenne perché giunti al secondo tratto della discesa qualcuno gridò: "Sublime". Altri ancora dubitavano, perché le cose felici non si ripetono (e invece si ripetono e non si ripetono, non c'è una regola); è vero, c'era qualche differenza, non ci fu bufera all'inizio, il terzo tratto della pista non era più così pericoloso, l'uomo in foulard aveva un berretto (d'altra parte non c'era più il foulard), però si fermarono nella prima baita a bere un vin brulé che l'anno prima non avevano bevuto, si scaldarono al sole che era molto più forte, si scambiarono una crema che sapeva odore ma non sapore, purtroppo, di zucchero orzo e soprattutto uno disse a Silvia, in disparte: "Silvia, prima ti ho guardato, hai qualcosa di diverso, cioè sei più bella ma diversa dall'anno scorso".
" Che cosa ho?"
"Mah!"
"Dimmelo subito. Che cosa?"
"Hai qualcosa, è vero o no?"
"E che cosa?"
"Non lo so, ma è vero".
Due anni dopo Pupa e l'uomo che chiameremo "in foulard" discesero la stessa pista in una bufera di vento. I sassi spuntavano dappertutto, la pista era sepolta dalla neve, dovettero scendere "a gradini" una parte del primo tratto (non Pupa, l'altro, e Pupa lo guardava con apprensione) coprendosi la faccia con le mani per le lamelle di ghiaccio che soffiavano a molti chilometri all'ora, poi tutto si placò come la prima volta, nel secondo tratto all'apparire della valle serena: il vento scomparve e le nubi, mutevoli come Silvia, si dispersero chissà dove lasciando il cielo azzurro. Anni dopo si ritrovarono ancora in quel tratto di monte e di valle che li aveva resi così felici la prima volta. Poi smisero di ritrovarsi in quei luoghi, passarono anni restando sempre amici e lasciando che altri prendessero il loro posto.
(Da 1 sillabari, Mondadori)
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