#aulaindisuso
Explore tagged Tumblr posts
Text
Lezioni extra
« E poi, devo insegnarti il Codice Morse o no? »
« Mh–mh. »
______________________________________________________________
« Dovresti davvero memorizzare prima i suoni corrispondenti ad ogni lettera, solo che su carta… » [ … ] « Un modo per unire le due cose… e farti memorizzare sia come scriverlo che come “suonarlo” ci sarebbe » si alza con calma, puntando entrambi i palmi sul banco, dandosi la spinta. O coraggio, quello che normalmente servirebbe per avvicinarsi ad una persona ed allungarsi verso di lei. Una gamba che andrebbe ad occupare idealmente lo spazio tra le ginocchia altrui, mentre la mano destra si dirige sicura verso il mento del quintino. Il busto allungato verso la sua figura, gli occhi che saettano brevemente tra le labbra del Serpeverde e gli occhi. E se ancora non si fosse allontanato, sarebbero proprio le sue a schiudersi in un quasi sussurro « Ma dipende da quanto te la senti di imparare »
Si rivede spettatore dei profili in movimento dell'altra, mentre si tira all'inpiedi e si avvicina, incastrandosi con una gamba tra le proprie, il busto sporto, ma senza alcun contatto diretto, ad eccezione dei polpastrelli appigliati sul mento, dai quali non si sottrae. Non fugge, non tenta nemmeno di rinchiudersi in un guscio, tutt'altro: Il capo infatti si inclina di qualche grado all'indietro, in modo tale da riuscire ad incatenare lo sguardo al suo, privo di sogghigni o altri accenni malandrini. « Secondo te? » È limpido, o almeno lo è in una maniera in cui può riuscire a dimostrarlo lui, finché inspira leggermente dalle narici, muovendo con cautela la destra per provare a farla scivolare dietro il collo della Quinn, delicatamente. Movimenti lenti, misurati, sono quelli con cui avanza il tentativo, forse per costruire in quel modo una risposta.
Di sicuro non quanto agire in conseguenza alla propria decisione, trovandosi a godere della pelle altrui sotto la presa delle proprie dita e, poco dopo, della reazione che si snoda sotto i suoi occhi con una prontezza che la porta a sgranare leggermente gli occhi. E a provocarle un saltello nel petto, ad altezza del cuore, accompagnando il brividino che le attraversa la schiena nel sentire la mano altrui dietro il proprio collo. Come può non sorridere felice davanti ad un’accettazione così palese, dietro il mordicchiarsi ora il labbro inferiore nel contemplare i lineamenti del verde-argento? [ … ] « Nel gergo ufficiale del codice, i punti sono chiamati “dits” » sussurra, gli occhi già sulle labbra altrui « Le linee invece sono chiamate “dahs” » e qui, senza alcun apparente filo logico, la mano sinistra salirebbe per andare a posarsi contro lo schienale della sedia alle spalle del Serpeverde. Permettendole così di avvicinarsi ancora di più con il proprio corpo ed approfittare dell’inclinazione del viso altrui, impostata dallo stesso. A quella distanza, ormai la destra non ha più motivo di tenere la presa sul mento del ragazzo, trovandosi invece a scendere contro la sua mascella proprio mentre il viso della più piccola si fa vicino, fino a posare le labbra contro quelle del francese in un contatto lieve. Un bacio fugace della durata di appena un secondo, prima che si stacchi di giusto qualche millimetro. La giusta distanza per sussurrare un « Dit » e chissà se Lionel avrà tempo di capire la “lezione”, considerando come la Tassorosso torna subito dopo sulle sue labbra. Stavolta si soffermerebbe su di esse, imprimendovi un bacio che ha tutto l’intento di rivelarsi fin da subito più intenso del primo. Più lungo, più lento. Per imprimere la reale differenza tra dits e dahs ma soprattutto, a giudicare dal sospiro mozzato che il Serpeverde potrà sentir provenire dalla Quinn assieme al suo corpo che si rilassa grazie a quel contatto, per permetterle di godersi quel bacio per tutta la sua durata.
È piuttosto un invito ciò che arriva, un modo per restituirle il contatto sotto forma della mano che viene fatta arrancare fino alla pelle altrui, trattenendola nel limbo di quella vicinanza attraverso la presa delicata che le deposita sul retro della gola, risalendo poi pian piano, fin quando con la punta delle dita non arriva a distinguere il formicolio provocato dai capelli, là dove ne incontra l’attaccatura, lasciando che questi gli sfiorino indisturbati persino le nocche. Nel contempo, neanche le pupille scure si lasciano intimorire dal riflesso immediato che spinge il cuore ad accelerare la sua maratona e a frullargli nel petto come le ali di un uccellino in gabbia, impigliandosi sul volto di lei, per leggerne l’allegria e un labiale che, così come le informazioni offerte ad alta voce, purtroppo vengono carpite soltanto in parte. Parla chiaro il respiro tremante catturato a tradimento attraverso i denti, finché la lascia avanzare ancora, giocare con i polpastrelli sul proprio volto e infine azzerare lo spazio rimasto per accaparrarsi un bacio così effimero, che nel sentir venire meno il tepore delle labbra della Quinn, gli viene spontaneo scattare poco in avanti col collo, quasi a doverla seguire ad occhi chiusi, sebbene si arresti prima di far accadere alcunché di concreto, sollevando un filo le palpebre, giusto per intravederla tra la ragnatela scura e sfocata delle ciglia. Anzi, ne approfitta per scrutarla ancora una volta, memorizzare tutti i dettagli che con l’accostamento dei loro visi divengono visibili e infine accogliere l’infrangersi di quella nuova effusione lenta con anche il braccio sinistro che va a cingerle morbido un fianco e la mancina a palmo aperto pronta a posarsi sulla schiena della più giovane, offrendole una sorta di sostegno per tutto il tempo che snocciola nel mentre. Perché è lì che resta, a godersi la sensazione, la prossimità e la carezza del respiro di lei contro le gote. Ed è solo quando sente il fiato accorciarsi che va a staccarsi a rilento, pungolato dagli strascichi del tepore altrui che sembrano essergli rimasti addosso, certamente più blandi di pochi secondi prima, forse il motivo per cui si ritrova a contrarre la bocca col solo effetto collaterale di trasformarla in una linea sottile, fintantoché riacquista ossigeno a sufficienza per buttar fuori un « Dah, giusto? »
Complice il bacio che va a prolungarsi e la voglia che si percepisce sulla pelle della Quinn di stargli ancora più vicino, il fiato si accorcia ed è con la stessa esitazione mostrata poco prima dal quintino che si stacca dalle sue labbra con un mugolio spezzato. Ci vorranno più dei soliti due secondi scarsi a farla rispondere, una volta riaperti gli occhi quanto basta per poterlo osservare da sotto le ciglia. « Sì » è infatti l’unica parola che riesce a dire, abbassando lo sguardo sulle labbra di lui mentre si lecca velocemente le proprie come a voler raccogliere le ultime tracce del sapore altrui. [ … ] « La A… » inizia, andando a raddrizzare la schiena senza però mollare la presa sulla spalla di lui. Anzi, la userebbe come lieve appiglio nel suo andare a sollevare prima la gamba destra e poi la sinistra per sistemarle ai lati di quelle di Lionel – con il chiaro obiettivo di volerglisi sedere in grembo. E chissà, magari se le fosse concesso sarebbe proprio quello che farebbe nel suo ignorare la problematica della gonna, d’altronde non c’è malizia nel suo desiderio di stargli più vicino. « è un dit e una dah » gli comunica in un sussurro mentre si sistema, andando a riappoggiare la mano destra stavolta contro la guancia altrui se le fosse permesso. « Quindi…? » è un sorriso lieve, quasi insinuante, quello che sale a curvarle le labbra mentre avvicina il proprio viso al suo fino a quasi togliere ad un altro contatto un soffio. E a lui la prossima mossa.
Non c’è niente di tutto ciò, se non l’impazienza di aggrapparsi alla sensazione di quel bacio, a lei, tenendola vicina a sé, la risposta inconscia del corpo che si tende e si rilassa di nuovo al tocco estraneo sulla spalla e, nel momento in cui ristabilisce giusto quel pugno di centimetri per riprender fiato, conservare a filo delle labbra il tepore che gli è appena stato tolto, premendole l’una contro l’altra, in una linea ritta e sottile. Non osa nemmeno forzare il dialogo, limitandosi a guardarla attraverso le palpebre semi sollevate e, sciolto l’incastro delle loro ginocchia, accostare le cosce per offrirle una seduta di fortuna confortevole, perché è esattamente così che lascia trasparire il proprio benestare, oltre che affievolendo la presa sul suo corpo. Le concede infatti piena libertà di movimento, affinché possa sistemarglisi sulle gambe come meglio crede, prima di ricercare la curva del fianco di lei con le falangi della destra, affidandosi alla texture della stoffa che riconosce al tatto. E si presta pure al trattamento inverso, ritrovandosi ad abbassare le palpebre per la durata di una frazione di secondo quando la pelle della tassorosso incontra la propria, casta, all’altezza di una guancia. « E quindi pensavo » [ … ] « dovresti farmi ripetere l’esercizio, o no? » L’attenzione volubile riprende possesso dei profili della bocca della Quinn, una tappa breve, considerato che dopo il battito di ciglia con cui inumidisce le pupille proverebbe a ristabilire il contatto visivo diretto. « Giusto per essere sicuri che io abbia capito. » L’epilogo potrebbe essere dei più elementari, dopotutto non ha avuto riguardi nel rivelare la mano di carte, ora che riprovando ad azzerare le distanze ricerca già la replica di un’effusione, nonostante questa incominci dapprima con un semplicissimo sfiorarsi, lieve e delicato, per saggiarla pianissimo e sentirsi prudere la pelle da un sorriso velato, prima di provare a dischiudere appena le labbra per approfondire il bacio.
14 notes
·
View notes
Text
«Se te ne vai, ti trovo e ti schianto mille volte.»
S: Pare voler tendere una specie di agguato (?) ad Heaven, che quando uscirà dalla porta si ritroverà lì di fianco il Grifondoro, appoggiato lì al muro che semplicemente sputa fuori un « mi vuoi dire che gramo hai? » non perde tempo in tanti giri di parole, vuole arrivare subito al punto. Braccia incrociate, sopracciglia leggermente aggrottate con lo sguardo fisso su di lei.
H: Volta il capo verso di lui, lo guarda bene ed un rapido sollevarsi di sopracciglia in coppia ad un « Sebastian » le sembrano un saluto sufficiente, ed è anche, molto probabilmente, la prima volta in più di ventiquattro ore che fa il suo nome, per esteso come a voler rendere il tutto più formale. Gli passerebbe davanti, continuando ad ignorarlo come ha fatto fin ora, se non fosse per la domanda che il Grifondoro le fa e che la porta a girarsi di scatto « CHE COS’HO IO? » esasperato, urlato a pieni polmoni.
S: « ma che bolide.. » confuso più che altro, perché non pare capire minimamente cos`abbia lei da essere così nervosa, squadrandola dall`alto al basso, attento ad ogni suo movimento. « sì, che ca*** hai. Perché fai...così » e per un attimo stacca anche la mano da quell`incrocio creato dalle braccia, accennando a lei in un gesto veloce, per poi tornare nella sua posizione.
H: Si guarda intorno, come per ritrovare la calma, ma basta ogni minimo movimento del suo corpo a farla risultare palesemente nervosa, porta poi nuovamente i propri occhi in quelli dell’altro « mi spieghi che bisogno c’era di fare così ieri? » e seppur sembri un rimprovero, detto con rabbia se vogliamo, vuole realmente capire, tant’è che anche il suo sguardo si ammorbidisce come se fosse in cerca di risposte che possano farla calmare « se è uno show che vuoi, basta iscriversi all’Accendio »
S: Arriva quella domanda e semplicemente alza un sopracciglio « cioè, tutto questo solo per un pugno. Che si meritava » non pare pentirsene minimamente nemmeno ora davanti alla compagna. Ma è quando arriva quella provocazione che si accende « ma che ca*** dici. » e ora si stacca pure dal muro per un « sei come gli altri. Vaffanculo. » semplice e diretto, seppur rimanga ancora lì impalato, probabilmente consapevole di sapere che le deve una spiegazione alla quale però non accenna minimamente.
H: « forse se lo meritava » con un “forse” più marcato delle altre parole per non dargli ragione troppo in fretta « ma non era quello il luogo, né il momento » e più parla, più il suo tono si va calmando e, soprattutto, abbassando, considerando il posto in cui si trovano « avrei potuto aiutarti io, lo sai » quando mai non le interessa una vendetta. Fa schioccare la lingua sul palato e volta lo sguardo verso la via d’uscita, contemplando di prenderla per un momento, nel sentirlo dire proprio quell’ultima parola, con un le labbra piegate in un mezzo sorriso che potrebbe voler dire qualsiasi cosa stampato sul viso. Ma no, lui resta lì, immobile, e lei fa lo stesso, e visto che la conversazione sarà lunga incrocia pure le braccia al petto, via il sorriso e le iridi cristalline sono di nuovo puntate in quelle dell’altro, scuote la testa e « no, non sono come gli altri » si stringe nelle spalle come a dire un silenzioso “lo sai” « non voglio solo ti succeda niente » che sia questo il vero motivo dietro tanto trambusto?
S: [...] Un piccolo sbuffo al "non sono come gli altri" quanto più scettico che ci sia, con i suoi occhi fissi su quelli di lei che però alla successiva affermazione si abbassano, come se non avesse colto a pieno il suo dire e ci dovesse ragionare sopra un po` più del dovuto. « non mi è successo nulla » molto più calmo e di quella timidità che in lui non si è mai vista, mordendosi un poco il labbro inferiore in quel suo fare un`alzatina di spalle.
H: « fin ora » non ti è successo nulla « ma guarda, non è neanche Ottobre ed abbiamo già due punizioni » solo? Ma comunque mantiene un tono serio, nonostante attraverso le sue parole si possa cogliere una certa nota d’insofferenza proprio a quelle punizioni « non è come l’anno scorso. Avrebbero potuto sospenderti, lo sai? » e sebbene cerchi in un primo momento d’infierire con lo sguardo, la prima a distoglierlo sarebbe proprio lei e, mentre è impegnata a guardare da tutt’altra parte, chissà perché poi eh « mi sono preoccupata » [...]
« non voglio stare senza di te »
e se fino a questo momento ha parlato con calma, scandendo bene le parole e persino le sillabe, questa frase la dice tutta d’un fiato, come se le stessero togliendo l’aria d’attorno.
S: A quelle sue ultime parole rimane lì per un po`, impalato, con la bocca socchiusa e le sopracciglia alzate in un`espressione stupita che Heaven nemmeno potrà vedere. E` chiaro non si aspettava così tanto affetto (?) dalla Serpeverde, e tutto ciò lo fa rimanere senza parole per un poco fino a quando « mica me ne vado da qualche parte » sempre se non lo espellono, sicuro. E andrebbe pure a compiere quei passi che li dividono alla ricerca di un contatto, una specie di rassicurazione per l`altra che se glielo permettesse si ritroverebbe le braccia del Grifondoro sulle spalle, il quale proverebbe a stringerla a sè brevemente, in un abbraccio impacciato che farà durare il meno possibile.
H: Il tutto culmina in quell’abbraccio in cui lei si rivela meno impacciata del Grifondoro, cingendogli la schiena con le braccia mentre porta le labbra in prossimità del suo orecchio « anche perché se te ne vai, ti trovo e ti schianto mille volte » un sussurro che dal tono convinto e sicuro con cui le esce dalla boccuccia non sembrerebbe affatto scherzare, quando si allontana poi, come a voler mostrare la sua innocenza ancor prima che l’altro abbia l’opportunità di dire qualcosa a riguardo, fa spallucce ed un piccolo sorriso a marcare quell’aria angelica che però, evidentemente, si limita all’apparenza.
11 notes
·
View notes
Text
24 gennaio ‘78
( la sera di mercoledì 12 a lionel sarà stato consegnato un biglietto per mezzo di un primino che serve la causa (...). la grafia è disordinata, incapace di proseguir dritta su una linea che possa esser chiamata tale - un po' scarabocchiata. )
caro sir gigio. sì, ho proprio scritto SIR GIGIO perché sono così sicuro della mia scelta che puoi anche togliermi un altro tentativo! la tua fastidiosina che si concia male è BI. la ragazza dell'altra sera, così non puoi dire che "bi" non basta. per il mio incantesimo ci accordiamo!!!!!
theo
Ed è con una certa sicurezza che si fionda all’interno dell’aula, mani aggrappate allo stipite della porta e busto tutto sbilanciato in avanti, a dare una prima rapida occhiata. Occhiata che si conclude nel momento esatto in cui inquadra Lio. « ma che fai. » s’annuncia, sbrigativo e cornish-centrico. « studi? sei impazzito? » leggere per diletto non è nelle sue corde, temiamo.
« E tu? » Piccola pausa, il giusto per eseguire uno scanner della sagoma altrui e andare a concludere con una minima contrazione dell`arco di Cupido. « Sei appena stato vomitato fuori dal baule del prof Thingread? » Dai, a parte il docente di erbologia e la tassorosso peggio vestita chi altro indossa più le salopette nel `78. « Su dai » mantenendo salda la presa sulla bacchetta con anulare e mignolo che la premono contro il palmo, muove la stessa mano, indice in particolare, per compiere un gesto che invita il secondino a rompere gli indugi e avvicinarsi « Vieni qua. » Non che ritenga ce ne sia davvero bisogno, di aiuto a cancellare esitazioni del caso si intende.
« guardaaa, meglio che non mi fai parlare però eh. » staccandosi dall’appiglio trovato sullo stipite e ritornando dritto, ridistribuendo il peso in modo da non avere l’impiccio della tracolla a sbilanciarlo in avanti. [ ... ] Però l’invito lo accoglie con un ghignetto piccolo e sghembo dei suoi, quelli fatti sotto i baffi e di chi non è troppo abituato a sorridere come si deve; annulla le distanze in poco tempo, allungandosi alla ricerca di un banco non accatastato da poter trascinare davanti a quello occupato da Lio.
Le correzioni in fatto di moda sono per la prossima puntata. E mentre il secondino si adopera per preparare il luogo di lavoro, il LaLaurie dal canto proprio non muove un dito, seguendo con lo sguardo il fare e il brigare altrui, silente, finché quest`altro non riesce finalmente ad appallottolarsi lì affianco. Sogghigna sibillino, scollando il piede dalla sedia, così da potersi voltare interamente — viso, torace e spalle — in direzione del Payne. « Comunque » eh « Ho già pensato a qualcosa per te. » Un tremolio all`altezza di uno degli angoli delle labbra anticipa la genesi di un nuovissimo sorrisino storto, uno di quelli che non promettono bontà per il prossimo, sebbene quest`ultimo non riesca a trasmettere granché al resto del viso, e infatti più di assottigliarsi vagamente agli estremi esterni, persino il taglio degli occhi rimane pressoché immutato. « Però prima vorrei sapere se tu hai delle esigenze particolari » inclina il capo da un lato, interessato « Per esempio se conosci qualcuna delle paure dei tuoi amici, qualcosa che potrebbe dar loro fastidio, o cose così » … « Sennò ti faccio la mia proposta. » Scrolla le spalle in un`alzata superficiale, standosene a sentire, mansueto e con un`aria di finta pazienza, perché in fondo sappiamo tutti quanti che quella qualità non esiste nell`elenco dei pregi.
« allora pensavi che la tua amica » sempre lei, ha sostituito l’abusatissimo “ammioccugino” « non la scovavo? e invece. » indovina il mago se lo porta a casa lui, con una botta di culo stratosferica. « però va bene, okay, ci sta. sei proprio saggio– » si vede, nel modo in cui si blocca, che l’appellativo con cui concludere la frase ce l’ha appeso sulla punta della lingua. Lo lascia lì in sospeso, in una pausa piuttosto lunghina nella quale lo fissa dritto dritto negli occhi, e poi si perde a stiracchiare le labbra in un altro ghignettino formato mini. « ..Lio. » e diremmo che si è corretto. Anche perché, ad occhio e croce, tirare la corda proprio quando gli viene qualcosa non è la più furba delle decisioni. E a tal proposito.. « in realtà no, a parte il classicone del suicidio sociale. o tipo perdere un braccio, ma non voglio che mi insegni a staccar le braccia. » non si sa mai. « caccia la proposta! » quei palmi già poggiati alle gambe finisce a batterli contro il jeans della salopette, fino poi a ritirarsi per tornare a sostenersi sui gomiti, appena ingobbito in avanti e tutto attento.
Un super striminzito « Mh » è tutto ciò che l`altro potrà ottenere riguardo il topic del gioco, o su chi mai abbia collezionato la vittoria — anche il linguaggio del corpo si dimostra scarno, fermo ad un secondo fare spallucce. [ ... ] e no, non è un caso se il focus delle iridi scure si impiglia proprio nella capigliatura altrui — potrebbe essere per mero giudizio, scaturito dall`aria da pulcino spennacchiato del serpeverde junior, e magari è proprio ciò che vuole far credere, soprattutto dopo esser reduce di critiche aspre in fatto di outfit, quando invece non è niente del genere: è concentrazione. Quella che gli serve per figurarsi in testa l`esito che desidera ottenere, una pelata lucida e bella pulita, che culmina nella pronuncia netta di un « Caput Polito. » Deciso, sicuro, così come lo è il movimento con cui va a puntare l`apice del catalizzatore — o ci prova, almeno —, ora meglio impugnato nella destra, verso il cuoio capelluto della povera vittima, cercando di privarla del prezioso groviglio di riccioli. « Allora, che te ne pare? » Carezzevole, fintantoché osserva l`opera d`arte, ritraendo il braccio armato verso di sé, calmo e pacioso come un felino. « Ti offrirei uno specchio, ma mi pare che tu ce l`abbia già. » La capoccia glabra, sì, proprio quella. « Mi sono scordato di dirti una cosa, poi » quindici anni e una memoria che fa cilecca, prossimamente a radio Hogwarts « Non era Blythe la risposta giusta. » Sorpresa?
Lo lascia fare, bello comodo nella sua seduta e con questo sguardo carico di attesa e aspettative che si traduce in un unico e modesto ghignino abbastanza neutro. Lo stesso, immobile, che gli si pietrifica sul faccino lentigginoso non appena l’incantesimo viene articolato e la bacchetta finisce a puntargli la capoccia. Salato in questo limbo tra il sorriso morto cadaverico sulle labbra e il vago terrore negli occhi, ha ridotto la reattività a: zero. « … » sta ancora fissando Lio e gli ci vorrà un pochino per inquadrare come si deve la mancanza dei riccioli che gli solleticano il viso, ed immaginare con estrema chiarezza cosa stia colonizzando in questo momento la sua testolina, al posto della zazzera disordinata: il nulla cosmico. Quando esplode, lo fa praticamente di punto in bianco. « CHE COSA HAI FAAATTOOOH– » in un boato disperato che, finalmente, lo sblocca. Entrambe le mani salgono verso il capo in uno smanacciare goffo e confusionario, che però si ferma un attimo prima dell’impatto contro la nuova pelata che s’è guadagnato. « NO— non ce la faccio a toccarla, non ci riesco. TI SEI VENDUTO A MIA NONNA SEI ‘N’INFAMEEE » [ ... ] « DIMMI CHE TORNANO– dimmi che sono comunque più bello di te! » le priorità e il terrore. « come non era– COME NON ERA BLYTHE. mo’ pure bugiardo, ma incredibile. scusa eh, ce le aveva tutte. » il dramma nel dramma non può mica ignorarlo così. « MI VIENE DA PIANGERE. » non è molto credibile, è evidentemente incapace di versare una lacrima che sia una - ma, abbiamo detto, a lagnarsi ci riesce benissimo.
e aspetta, attende con insolita pazienza la reazione altrui, mantenendo la capoccia lustra sotto il peso di un`osservazione insistente e a dir poco soddisfatta, perché non esiste altro termine adatto a descrivere la piega presa dalle labbra. Candida, ma di un candore artefatto, insincero. « A chi? » Come se potesse anche solo averla sentita nominare, nonna Payne. Niente da fare, ad un certo punto non riesce nemmeno più a soffocare l`ilarità, che si esprime nel suono flebile e rauco di una risata di gola, sottofondo dell`improvvisa drammaticità dell`accaduto, che rende meno tragico l`appigliarsi disperato di Theo al proprio braccio, sebbene il quintino cerchi in qualche modo di sottrarsi alla sua presa, mancando di dimenarsi granché, come se non ci tenesse sul serio. « Per tornare, dovrebbero » dovrebbero « Tornare » inizia, nel suo perverso modo di divertirsi che comprende addirittura una scelta ben congegnata di termini « Ma no. » Sicuramente non è più bello del sottoscritto. « Non metterla come fosse una perdita » che tanto non lo è mai stato. Sorry not sorry. La calma placida con cui si esprime cozza con l`angoscia che arriva dall`altra parte, vittima ancora sottoposta all`interesse degli occhi d`ossidiana, il cui taglio risulta ristretto a causa del divertimento che ha bellamente piazzato in viso. « Non ho mai detto che avessi indovinato » e, per una volta, su qualcosa è onesto « Eri tu ad esserne convinto, tanto da giocarti tutte e due le possibilità che ti rimanevano. » Insomma, più che un dispetto — anche se non dubitiamo sia tale — la mette come fosse una lezione di vita. [ ... ] « È questo ciò che avevo in mente, comunque » nel caso alla dimostrazione fossero sopravvissuti grossi dubbi — per esplicitare ulteriormente, va ad indicare con la destra, tutt`ora armata di bacchetta, la bellissima pelata ottenuta.
5 notes
·
View notes