#attilio manca
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Il massacro di Attilio Manca: un omicidio di Stato-mafia. 23^ PARTE/Continuiamo a pubblicare integralmente la nuova relazione sull'urologo siciliano ucciso da pezzi dello Stato, in collaborazione con Cosa nostra.
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Fumetti fascisti: Il Balilla
I Fumetti fascisti ebbero una grande fortuna durante il regime. Amati dai più piccoli, erano uno strumento di propaganda privilegiato. Tra questi, uno dei più famosi fu "Il Balilla" che fu pubblicato per tutto il ventennio. Fumetti fascisti come strumento di propaganda del regime Come diffusamente ci riportano i libri di storia, la propaganda fu l'anima del regime fascista. I vertici del regime sapevano che era assolutamente necessario far percepire alla popolazione che quanto stabilito e ordinato dal Duce Benito Mussolini fosse giusto. Questa necessità era espressa in ogni momento e attraverso qualunque strumento. La propaganda era diretta a tutti, uomini, donne, adulti, bambini con messaggi personalizzati. Da ex maestro elementare, Benito Mussolini sapeva quanto potesse essere utile alla causa educare i più piccoli per ritrovarsi adulti già inquadrati. Così decise di arrivare a questa tenera età, oltre che con lo sport, anche con un'altra attività molto amata: la lettura dei fumetti. Il fumetto tra i più famosi del periodo fu senza ombra di dubbio "Il Balilla" Il Balilla Nato come "Giornale dei Balilla", iniziò le sue pubblicazioni il 18 febbraio 1923 come organo ufficiale dei gruppi Balilla. Il direttore responsabile era Defendente De Amici che si avvalse della collaborazione di Filiberto Scarpelli e Filiberto Mateldi. L'editore fu la Casa Editrice Imperia di Milano. A partire dal giugno 1925, il periodico uscì come supplemento del quotidiano Il Popolo d'Italia, organo del Partito nazionale fascista. Dal 5 giugno 1931, invece, divenne organo dell'Opera Nazionale Balilla. Il periodico era dedicato ai bambini mentre per le bambine fu pubblicata la rivista "La Piccola Italiana". La rivista cambiò impostazione grafica diverse volte e poté contare sulla collaborazione di nomi quali: Antonio Rubino, Attilio Mussino, Edina Altara, Piero Bernardini, Enrico Novelli alias Yambo, Guido Moroni Celsi e Giovanni Manca. Adelmo e Trippardello furono alcuni dei personaggi che trovarono posto sulle pagine della rivista insieme a Tiradritto e Gambalesta. Immancabili i bravi Balilla sempre pronti a riportare l'ordine dopo il caos, ad allontanare da Pinocchio, a suon di bastonate, il gatto e la volpe per poi far indossare anche al burattino l'uniforme e trasformarlo in un fascista perfetto. Durante la guerra, De Seta disegnò diverse filastrocche con caricature del presidente americano Franklin Delano Roosevelt, detto "Rusveltaccio", del re Giorgio VI d'Inghilterra, ribattezzato "Giorgetto" e del suo primo ministro Winston Churchill, detto "Ciurcillone". La rivista uscì tutte le settimane dal 1923 al 1943 con oltre mille numeri. L'opera nazionale Balilla L'Opera Nazionale Balilla (ONB) era un'organizzazione giovanile istituita durante il regime fascista in Italia. Fondata nel 1926, l'ONB prendeva il nome da Balilla, un ragazzo genovese leggendario per aver scagliato una pietra contro le truppe austriache nel 1746 durante l'assedio di Genova. L'ONB era concepita come un'organizzazione paramilitare per ragazzi e ragazze di età compresa tra gli 8 e i 18 anni, con lo scopo di addestrarli fisicamente e mentalmente secondo i principi fascisti. I giovani membri dell'ONB venivano sottoposti a un rigido addestramento militare, che includeva esercizi di marcia, ginnastica, tiro al bersaglio e altre attività simili. Oltre all'addestramento militare, l'ONB promuoveva anche l'ideologia fascista tra i giovani, insegnando loro valori come disciplina, obbedienza, lealtà al regime e senso di appartenenza alla comunità nazionale italiana. La propaganda fascista veniva diffusa attraverso le attività dell'ONB, che includevano adunanze, discorsi politici, eventi culturali e attività ricreative. L'ONB era strettamente controllata dal Partito Nazionale Fascista (PNF) e svolgeva un ruolo importante nel controllo sociale e nell'indottrinamento dei giovani italiani secondo l'ideologia fascista. Dopo la caduta del regime fascista alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1945, l'Opera Nazionale Balilla fu sciolta e dichiarata fuorilegge, insieme al Partito Fascista e alle sue organizzazioni affiliate. In copertina foto di tunechick83 da Pixabay Read the full article
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Caso camici: tra due mesi la decisione in appello su Fontana
(ANSA) – MILANO, 05 MAG – Non è stata “occultata la comunicazione” del passaggio da fornitura a donazione “ma era perfettamente evidente” e manca qualsiasi prova sull’accusa di frode in pubbliche forniture. Lo ha spiegato l’avvocato Pietro Gabriele Roveda, uno dei legali del vicesegretario generale di Regione Lombardia, Pier Attilio Superti, uno dei cinque indagati, assieme al governatore Attilio…
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The death of Attilio Manca and the fugitive of Provenzano: "It's time to reopen this case"
Attilio Manca died on February 12, 2004. Officially it was an overdose suicide, his family has always maintained that it was a mafia murder. And not only. Dr. Manca is one of the few urologists in Italy specialized in laparoscopic procedures for prostate cancer. For this Attilio would have been involved in the care given to Bernardo Provenzano, who was ill with prostate cancer during his…
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“Come va?”
1. Icaro: “Uno schianto”
2. Proserpina: “Mi sento giù”
3. Prometeo: “Mi rode”
4. Teseo: “Finché mi danno corda”
5. Edipo: “La mamma è contenta”
6. Damocle: “Potrebbe andar peggio”
7. Priapo: “Cazzi miei”
8. Ulisse: “Siamo a cavallo”
9. Omero: “Me la vedo nera”
10. Eraclito: “Va, va”
11. Parmenide: “Non va”
12. Talete: “Ho l’acqua alla gola”
13. Epimenide: “Mentirei se glielo dicessi”
14. Gorgia: “Mah!”
15. Demostene: “Difficile a dirsi”
16. Pitagora: “Tutto quadra”
17. Ippocrate: “Finché c’è la salute”
18. Socrate: “Non so”
19. Diogene: “Da cani”
20. Platone: “Idealmente”
21. Aristotele: “Mi sento in forma”
22. Plotino: “Da Dio”
23. Catilina: “Finché dura”
24. Epicuro: “Di traverso”
25. Muzio Scevola: “Se solo mi dessero una mano”
26. Attilio Regolo: “Sono in una botte di ferro”
27. Fabio Massimo: “Un momento”
28. Giulio Cesare: “Sa, si vive per i figli, e poi marzo è il mio mese preferito”
29. Lucifero: “Come Dio comanda”
30. Giobbe: “Non mi lamento, basta aver pazienza”
31. Geremia: “Sapesse, ora le dico”
32. Noè: “Guardi che mare”
33. Onan: “Mi accontento”
34. Mosè: “Facendo le corna”
35. Cheope: “A me basta un posticino al sole”
36. Sheherazade: “In breve, ora le dico”
37. Boezio: “Mi consolo”
38. Carlo Magno: “Francamente bene”
39. Dante: “Sono al settimo cielo”
40. Giovanna d’Arco: “Si suda”
41. San Tommaso: “Tutto sommato bene”
42. Erasmo: “Bene da matti”
43. Colombo: “Si tira avanti”
44. Lucrezia Borgia: “Prima beve qualcosa?”
45. Giordano Bruno: “Infinitamente bene”
46. Lorenzo de’ Medici: “Magnificamente”
47. Cartesio: “Bene, penso”
48. Berkeley: “Bene, mi sembra”
49. Hume: “Credo bene”
50. Pascal: “Sa, ho tanti pensieri…”
51. Enrico VIII: “Io bene, è mia moglie che”
52. Galileo: “Gira bene”
53. Torricelli: “Tra alti e bassi”
54. Pontormo: “In una bella maniera”
55. Desdemona: “Dormo tra due guanciali”
56. Newton: “Regolarmente”
57. Leibniz: “Non potrebbe andar meglio”
58. Spinoza: “In sostanza, bene”
59. Hobbes: “Tempo da lupi”
60. Vico: “Va e viene”
61. Papin: “Ho la pressione alta”
62. Montgolfier: “Ho la pressione bassa”
63. Franklin: “Mi sento elettrizzato”
64. Robespierre: “Cè da perderci la testa”
65. Marat: “Un bagno”
66. Casanova: “Vengo”
67. Goethe: “C’è poca luce”
68. Beethoven: “Non mi sento bene”
69. Shubert: “Non mi interrompa, per Dio”
70. Novalis: “Un sogno”
71. Leopardi: “Sfotte?”
72. Foscolo: “Dopo morto, meglio”
73. Manzoni: “Grazie a Dio, bene”
74. Sacher-Masoch: “Grazie a Dio, male”
75. Sade: “A me bene”
76. D’Alambert e Diderot: “Non si può dire in due parole”
77. Kant: “Situazione critica”
78. Hegel: “In sintesi, bene”
79. Schopenhauer: “La volontà non manca”
80. Cambronne: “Boccaccia mia”
81. Marx: “Andrà meglio”
82. Carlo Alberto: “A carte 48”
83. Paganini: “L’ho già detto”
84. Darwin: “Ci si adatta”
85. Livingstone: “Mi sento un po’ perso”
86. Nievo: “Le dirò, da piccolo”
87. Nietzsche: “Al di là del bene, grazie”
88. Mallarme’: “Sono andato in bianco”
89. Proust: “Diamo tempo al tempo”
90. Henry James: “Secondo i punti di vista”
91. Kafka: “Mi sento un verme”
92. Musil: “Così così”
93. Joyce: “Fine yes yes yes”
94. Nobel: “Sono in pieno boom”
95. Larousse: “In poche parole, male”
96. Curie: “Sono raggiante”
97. Dracula: “Sono in vena”
98. Croce: “Non possiamo non dirci in buone condizioni di spirito”
99. Picasso: “Va a periodi”
100. Lenin: “Cosa vuole che faccia?”
101. Hitler: “Forse ho trovato la soluzione”
102. Heisemberg: “Dipende”
103. Pirandello: “Secondo chi?”
104. Sotheby: “D’incanto”
105. Bloch: “Spero bene”
106. Freud: “Dica lei”
107. D’Annunzio: “Va che è un piacere”
108. Popper: “Provi che vado male”
109. Ungaretti: “Bene (a capo) grazie”
110. Fermi: “O la va o la spacca”
111. Camus: “Di peste”
112. Matusalemme: “Tiro a campare”
113. Lazzaro: “Mi sento rivivere”
114. Giuda: “Al bacio”
115. Ponzio Pilato: “Fate voi”
116. San Pietro: “Mi sento un cerchio alla testa”
117. Nerone: “Guardi che luce”
118. Maometto: “Male, vado in montagna”
119. Savonarola: “E’ il fumo che mi fa male”
120. Orlando “Scusi, vado di furia”
121. Cyrano: “A naso, bene”
122. Volta: “Più o meno”
123. Pietro Micca: “Non ha letto che è vietato fumare”
124. Jacquard: “Faccio la spola”
125. Malthus: “Cè una ressa”
126. Bellini: “Secondo la norma”
127. Lumiere: “Attento al treno!”
128. Gandhi: “L’appetito non manca”
129. Agatha Christie: “Indovini”
130. Einstein: “Rispetto a chi?”
131. Stakanov: “Non vedo l’ora che arrivi ferragosto”
132. Rubbia: “Come fisico, bene”
133. Sig.ra Riello: “Sono stufa!”
134. La Palisse: “Va esattamente nella maniera in cui va”
135. Shakespeare: “Ho un problema: va bene o non va bene?”
136. Alice: “Una meraviglia”
137. Dr. Zap: “Bene, la sai l’ultima?”
138. Verga: “Di malavoglia”
139: Heidegger: “Quante chiacchiere!”
140. Grimm: “Una favola!”
Umberto Eco
da “Il secondo diario minimo”
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“Come va?”
1. Icaro: “Uno schianto”
2. Proserpina: “Mi sento giù”
3. Prometeo: “Mi rode”
4. Teseo: “Finché mi danno corda”
5. Edipo: “La mamma è contenta”
6. Damocle: “Potrebbe andar peggio”
7. Priapo: “Cazzi miei”
8. Ulisse: “Siamo a cavallo”
9. Omero: “Me la vedo nera”
10. Eraclito: “Va, va”
11. Parmenide: “Non va”
12. Talete: “Ho l’acqua alla gola”
13. Epimenide: “Mentirei se glielo dicessi”
14. Gorgia: “Mah!”
15. Demostene: “Difficile a dirsi”
16. Pitagora: “Tutto quadra”
17. Ippocrate: “Finché c’è la salute”
18. Socrate: “Non so”
19. Diogene: “Da cani”
20. Platone: “Idealmente”
21. Aristotele: “Mi sento in forma”
22. Plotino: “Da Dio”
23. Catilina: “Finché dura”
24. Epicuro: “Di traverso”
25. Muzio Scevola: “Se solo mi dessero una mano”
26. Attilio Regolo: “Sono in una botte di ferro”
27. Fabio Massimo: “Un momento”
28. Giulio Cesare: “Sa, si vive per i figli, e poi marzo è il mio mese preferito”
29. Lucifero: “Come Dio comanda”
30. Giobbe: “Non mi lamento, basta aver pazienza”
31. Geremia: “Sapesse, ora le dico”
32. Noè: “Guardi che mare”
33. Onan: “Mi accontento”
34. Mosè: “Facendo le corna”
35. Cheope: “A me basta un posticino al sole”
36. Sheherazade: “In breve, ora le dico”
37. Boezio: “Mi consolo”
38. Carlo Magno: “Francamente bene”
39. Dante: “Sono al settimo cielo”
40. Giovanna d’Arco: “Si suda”
41. San Tommaso: “Tutto sommato bene”
42. Erasmo: “Bene da matti”
43. Colombo: “Si tira avanti”
44. Lucrezia Borgia: “Prima beve qualcosa?”
45. Giordano Bruno: “Infinitamente bene”
46. Lorenzo de’ Medici: “Magnificamente”
47. Cartesio: “Bene, penso”
48. Berkeley: “Bene, mi sembra”
49. Hume: “Credo bene”
50. Pascal: “Sa, ho tanti pensieri…”
51. Enrico VIII: “Io bene, è mia moglie che”
52. Galileo: “Gira bene”
53. Torricelli: “Tra alti e bassi”
54. Pontormo: “In una bella maniera”
55. Desdemona: “Dormo tra due guanciali”
56. Newton: “Regolarmente”
57. Leibniz: “Non potrebbe andar meglio”
58. Spinoza: “In sostanza, bene”
59. Hobbes: “Tempo da lupi”
60. Vico: “Va e viene”
61. Papin: “Ho la pressione alta”
62. Montgolfier: “Ho la pressione bassa”
63. Franklin: “Mi sento elettrizzato”
64. Robespierre: “Cè da perderci la testa”
65. Marat: “Un bagno”
66. Casanova: “Vengo”
67. Goethe: “C’è poca luce”
68. Beethoven: “Non mi sento bene”
69. Shubert: “Non mi interrompa, per Dio”
70. Novalis: “Un sogno”
71. Leopardi: “Sfotte?”
72. Foscolo: “Dopo morto, meglio”
73. Manzoni: “Grazie a Dio, bene”
74. Sacher-Masoch: “Grazie a Dio, male”
75. Sade: “A me bene”
76. D’Alambert e Diderot: “Non si può dire in due parole”
77. Kant: “Situazione critica”
78. Hegel: “In sintesi, bene”
79. Schopenhauer: “La volontà non manca”
80. Cambronne: “Boccaccia mia”
81. Marx: “Andrà meglio”
82. Carlo Alberto: “A carte 48”
83. Paganini: “L’ho già detto”
84. Darwin: “Ci si adatta”
85. Livingstone: “Mi sento un po’ perso”
86. Nievo: “Le dirò, da piccolo”
87. Nietzsche: “Al di là del bene, grazie”
88. Mallarme’: “Sono andato in bianco”
89. Proust: “Diamo tempo al tempo”
90. Henry James: “Secondo i punti di vista”
91. Kafka: “Mi sento un verme”
92. Musil: “Così così”
93. Joyce: “Fine yes yes yes”
94. Nobel: “Sono in pieno boom”
95. Larousse: “In poche parole, male”
96. Curie: “Sono raggiante”
97. Dracula: “Sono in vena”
98. Croce: “Non possiamo non dirci in buone condizioni di spirito”
99. Picasso: “Va a periodi”
100. Lenin: “Cosa vuole che faccia?”
101. Hitler: “Forse ho trovato la soluzione”
102. Heisemberg: “Dipende”
103. Pirandello: “Secondo chi?”
104. Sotheby: “D’incanto”
105. Bloch: “Spero bene”
106. Freud: “Dica lei”
107. D’Annunzio: “Va che è un piacere”
108. Popper: “Provi che vado male”
109. Ungaretti: “Bene (a capo) grazie”
110. Fermi: “O la va o la spacca”
111. Camus: “Di peste”
112. Matusalemme: “Tiro a campare”
113. Lazzaro: “Mi sento rivivere”
114. Giuda: “Al bacio”
115. Ponzio Pilato: “Fate voi”
116. San Pietro: “Mi sento un cerchio alla testa”
117. Nerone: “Guardi che luce”
118. Maometto: “Male, vado in montagna”
119. Savonarola: “E’ il fumo che mi fa male”
120. Orlando “Scusi, vado di furia”
121. Cyrano: “A naso, bene”
122. Volta: “Più o meno”
123. Pietro Micca: “Non ha letto che è vietato fumare”
124. Jacquard: “Faccio la spola”
125. Malthus: “Cè una ressa”
126. Bellini: “Secondo la norma”
127. Lumiere: “Attento al treno!”
128. Gandhi: “L’appetito non manca”
129. Agatha Christie: “Indovini”
130. Einstein: “Rispetto a chi?”
131. Stakanov: “Non vedo l’ora che arrivi ferragosto”
132. Rubbia: “Come fisico, bene”
133. Sig.ra Riello: “Sono stufa!”
134. La Palisse: “Va esattamente nella maniera in cui va”
135. Shakespeare: “Ho un problema: va bene o non va bene?”
136. Alice: “Una meraviglia”
137. Dr. Zap: “Bene, la sai l’ultima?”
138. Verga: “Di malavoglia”
139: Heidegger: “Quante chiacchiere!”
140. Grimm: “Una favola!”
Umberto Eco
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PRIMA O POI... LA MEMORIA NON SI DOVRÀ SPEGNERE
Mai avrei pensato che a Bergamo, città quasi al centro geografico della Lombardia, un giorno ci sarebbe passato uno tsunami.
Uno tsunami invisibile non fatto di acqua ma virus, chiamato in modo semplificato covid-19.
Un’onda invisibile e silenziosa, che faceva capire la sua presenza dal rumore dei colpi di tosse, dai respiri in affanno di molta gente. Di urla disperate di parenti che capivano lo star male di un padre, una madre, un figlio o una sorella.
Il susseguirsi delle sirene delle ambulanze che come fulmini a ciel sereno squarciavano il silenzio tombale del lockdown, come lame trafiggevano i nostri corpi ogni volta che si sentivano le urla delle sirene. Urla soffocate di disperazione di chi era il paziente, dei suoi cari che non potevano seguirlo e confortarlo, degli operatori sanitari tutti che spesso non comprendevano se erano gli attori di un film catastrofico, tanto era irreale quello che stavano subendo anche loro.
Oggi ricorre la commemorazione della prima giornata dedicata alle vittime di Covid-19, allora posso dire ciao Antonio, ciao Enzo, ciao Marilisa, ciao Elena, ciao Giovanni, ciao Gianfranco. Come potrò dimenticarvi?
Chiuso in casa rispettando il confinamento imposto per l’emergenza che si stava vivendo, leggevo e venivo informato che anche Luigi, Sergio, Maria, Alessandra, Giuseppe e Attilio se ne erano andati per sempre, senza un saluto, un bacio o una lacrima da parte di un familiare. E io mi ricordo di voi, vi conoscevo.
Ci sono storie raccapriccianti, di mariti e mogli morti a poche ora di distanze, di genitori passati a miglior vita e seguiti di li a poco dai loro stessi figli, di miei coetanei genitori come me che lasciavano le loro famiglie nella disperazione più profonda. Quella inattesa, improvvisa e silenziosa che ha portato via una grande parte di una generazione. Una parte di storia ed esperienze svanite dall’oggi al domani.
Ciao Marco, ciao Francesco e ciao Luisella vi ricorderò sempre.
Sono sincero, in quei giorni mi chiedevo se sarebbe toccato anche a me, non hai miei familiari ristretti quello no, la mia mente lo rifiutava. Ma a me, non volevo assolutamente lasciare sola la mia famiglia, non me lo potevo permettere.
Un anno fa, ma sembra passata un’eternità tanto è stato faticoso vivere tutti questi mesi con uno stile di vita diverso. Oggi nulla è sostanzialmente cambiato, siamo ancora in balia di numeri, cifre, zone delimitate, presidi, coprifuoco e confinamenti.
Manca la socializzazione, i rapporti umani, gli abbracci fisici, vedere i sorrisi della gente alla luce del sole e non coperti da mascherine. Mancano queste cose.
Ma soprattutto manca la gente con cui farlo.
Siamo tutti più social, connessi, visto che la condivisione attraverso i social è stato di gran lunga il metodo più usato e sicuro per vedersi, per conoscersi e discutere.
Video conferenze per lavoro, DAD per la scuola, video chiamate per salutare amici e parenti.
Non vedrò più i sorrisi del Maestro Gaetano, non sentirò più le battute Ferdinando detto “Doro”, o i racconti del signor Clemente e il meraviglioso sorriso della moglie Angela. Di Sergio che con me condivideva da genitore l’impegno a una scuola più partecipata.
Eppure quando tutto finirà non so più chi troverò. Leggo e ascolto quello che accade.
Una società confusa, impreparata ed egoista.
C’è un vaccino, un vaccino che dovrebbe permetterci di convivere con questo virus senza avere conseguenze letali per la sua presenza.
Ma l’uomo n’è uscito incattivito, irriverente, sospettoso, corrotto, affarista, incapace di gestire, sprecone, opportunista, ipocrita e spesso incosciente.
Il Covid-19 ha ucciso e in molti casi aiutato a morire più velocemente tantissime persone, un’ecatombe, ma un altro danno collaterale è quello che ha lasciato nella nostra società tra noi esseri umani. Che in molti casi abbiamo perso l’ennesima occasione per dimostraci davvero uniti e onesti, nei confronti del prossimo ma soprattutto in moltissimi casi nei propri confronti.
Conosco persone come Patrizia, che erano e sono ancora oggi in prima fila a lottare nei reparti infettivi per aiutare e soccorrere la gente, dispiacendomi di leggerli oggi sui social in discussioni con anonimi saccenti, in cui quasi si devono giustificare per non essere riusciti a salvare più persone di quello che fecero.
Io andrò avanti anche e soprattutto per i miei figli, cercando di mantenere quel sorriso di speranza nel futuro che aveva Gian Franco quando si metteva alla testa della sezione locale degli Alpini, o della signora Franca che sapeva sempre qual era il miglior pane, appena sfornato da suo marito, da darmi per me e per i miei “bimbi belli” come li chiamava.
Un anno, è passato un anno e se per sconfiggere il Covid-19 vedo finalmente qualche speranza, barcollo ancora nel buio più profondo per la speranza di vedere finalmente la gente più tollerante e comprensiva.
Si va comunque avanti, forse un giorno si troverà una cura o un vaccino anche contro l’egoismo e il cinismo umano.
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GNE GNE GNE........ "Il giorno di Natale rischiamo un disastro sociale e umano" (Attilio Fontana - Governatore della Lombardia) Ci mancava la sua opinione. E Lui ha provveduto. Si fosse per lo meno fermato li'. Invece continua : " tante persone anziane non potranno incontrare i propri figli" . Amabile Fontana, Da Marzo in Italia si vive in una situazione drammatica. Sono mesi in cui la Libertà e l'Amore sono stati messi in un angolo. Per necessità e non per vezzo. Migliaia di malati, lasciati soli negli ospedali, Migliaia di morti sepolti senza un congiunto vicino. Migliaia di famiglie che non si son potute riunire intorno ad un tavolo. Migliaia di lavoratori senza lavoro, Scuole senza insegnanti ed alunni, Giardini senza bambini e naturalmente..... Migliaia di Persone senza cervello, senza mascherina, senza Covid che non c'é. E Lei, amabile, si preoccupa del 25 dicembre ? Fa il gne gne gne sul Natale ? Si rende conto di quanto é sciocca e patetica la sua esternazione ?Ovviamente condita con quella retorica populista che non le manca mai. Le rivelo un segreto. C'é una pandemia in atto che se ne sbatte le palle del Natale e della Pasqua. C'é una situazione drammatica che dura da tempo e che durerà ancora a lungo. C'é una crisi sanitaria grazie alla politica dissennata del suo partitino e di gente amabile come Lei. C'é una rabbia, figlia della paura, causata da personaggi come Lei. La smetta di fare l'Otelma della situazione e si dia da fare. Controlli gli Ospedali, i Centri per Anziani, le Carceri, i Centri di Prima Accoglienza, i Campi Rom, e i Dormitori Pubblici. Levi il culo dalla sedia e vada a vedere come stanno. Le preme il Natale "disastrato" ? Bene, vada a servire i pasti caldi alla Caritas, a distribuire indumenti a chi ha freddo, tolga le Persone dai vagoni della Centrale...... Ha milioni di cose da fare anziché gne gne gne ..... Oppure,taccia. Che é meglio. Claudio Khaled Ser
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Non archiviate l'inchiesta sull'omicidio di Attilio Manca
(la potete firmare qui)
Appello della famiglia Manca al Procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, al Procuratore aggiunto Michele Prestipino e al sostituto procuratore Maria Cristina Palaia
Non archiviate l’inchiesta sulla morte di Attilio Manca! E’ questo l’appello al Procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, al Procuratore aggiunto Michele Prestipino e al sostituto procuratore Maria Cristina Palaia
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Per la morte di Stefano Cucchi condannati a 12 anni di reclusione i due carabinieri picchiatori. Punito per falso il militare testimone delle torture e il maresciallo che ha coperto i depistaggi. La verità dieci anni dopo. Ma Salvini non chiede scusa
Dodici anni ai due carabinieri, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, che pestarono Stefano Cucchi la notte del 16 ottobre di dieci anni fa dando inizio a un calvario che si concluse con la morte sei giorni dopo, all’alba del 22 ottobre in letto d’ospedale, “repartino” penitenziario. Tre anni e otto mesi al maresciallo che organizzò i depistaggi e gestì «la linea dell’Arma» (parole sue, di Roberto Mandolini, condannato anche a 5 anni di interdizione.
Stefano Cucchi fu pestato da due carabinieri. Ad ucciderlo sono stati loro. E’ la verità processuale di primo grado sancita dalla Corte d’assise di Roma pronunciata attraverso una sentenza di tre pagine lette nell’aula bunker del carcere capitolino di Rebibbia, dal presidente della Corte d’Assise. Tra 90 giorni le motivazioni. Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo, i carabinieri della stazione Appia che durante il fotosegnalamento picchiarono Stefano, arrestato per droga, tanto violentemente da portarlo una settimana dopo alla morte. Sono stati condannati ciascuno a 12 anni di carcere per omicidio preterintenzionale. La stessa accusa cade invece per Francesco Tedesco, l’imputato che nel 2018 decise di parlare e di raccontare quanto aveva visto nella caserma Casilina, dove ci fu il pestaggio. Tedesco è stato comunque condannato a due anni e mezzo per l’accusa di falso. Restano le responsabilità del maresciallo Roberto Mandolini per la falsificazione del verbale di arresto, condannato a tre anni e otto mesi di reclusione. Per Tedesco, Mandolini e Vincenzo Nicolardi, il quinto militare imputato, la contestazione di calunnia è stata riqualificata in falsa testimonianza. Una verità oggi più forte perché in pochi minuti è diventata doppia. Quasi in contemporanea, è stato definito in Appello, per la terza volta, il processo che vedeva imputati cinque medici: per quattro è stato dichiarata la prescrizione del reato di omicidio colposo e il quinto è stato invece assolto.
In una bolgia di telecamere, di fronte ai giudici dopo la lettura della sentenza, Ilaria Cucchi si è stretta commossa in un abbraccio ai suoi genitori, Rita e Giovanni, e al legale Fabio Anselmo. Con loro, fin dal 2009, la sorella di Stefano ha percorso la lunga strada processuale che li ha portati al verdetto. «Mio fratello è stato ucciso, questo lo sapevamo e lo ripetiamo da dieci anni. Forse ora potrà risposare in pace», ha detto con gli occhi lucidi. Per la mamma sono stati «anni di dolore e di processi non veri». Anche per Francesco Tedesco, unico imputato in aula, rimasto impassibile di fronte alla lettura della sentenza nonostante la tensione si leggesse sul suo volto, «è finito un incubo». Dopo qualche minuto è arrivata anche la voce ufficiale dell’Arma. «Abbiamo manifestato in più occasioni il nostro dolore e la nostra vicinanza alla famiglia – ha detto il comandante generale Giovanni Nistri – un dolore che oggi è ancora più intenso dopo la sentenza di primo grado della Corte d’Assise di Roma che definisce le responsabilità di alcuni carabinieri venuti meno al loro dovere, con ciò disattendendo i valori fondanti dell’Istituzione». Una frattura che forse proprio oggi, nel giorno della dura sentenza per alcuni esponenti dell’Arma, viene ricucita con un gesto semplice in pochi istanti. Un carabiniere si avvicina a Ilaria per baciarle la mano – un episodio molto enfatizzato dai giornali “normali” – quasi per chiederle scusa, viene scritto, a nome di un’intera istituzione. «Chi sbaglia paga e doppiamente se porti la divisa – ha detto – quei due colleghi hanno infangato 200 anni di storia». Ma da 200 anni sono troppi gli episodi di malapolizia al punto che un’associazione, Acad, sempre presente nelle udienze e nelle campagna per verità e giustizia, ha istituito da quasi sei anni un numero verde per la loro segnalazione in tempo reale. Sarebbe sbagliato pensare che, senza una vera legge contro la tortura, senza codici alfanumerici sulle giubbe di chi agisce travisato, senza una formazione del personale ai valori costituzionali e al rispetto dei diritti umani, senza diritti sindacali spendibili, si possa ristabilire l’armonia tra società e lavoratori in divisa. Uno dei supertestimoni di questa storia, Riccardo Casamassima, lamenta da mesi il mobbing da parte dell’Arma e su fb, dopo la sentenza scrive così: La giustizia è arrivata .. Siamo arrivati a questo risultato tutti insieme con tutta la gente che ci ha sostenuto …con i nostri avvocati Serena Gasperini Daniele Fabrizi Fabio Anselmo. Oggi il mio pensiero va a tutte quelle famiglie che cercano la verità per i loro cari…. Va al poliziotto Antonino Agostino ammazzato dalla mafia.
Ad Attilio Manca, A Marco Vannini Serena Mollicone. Giuseppe Uva . Marcello Lonzi.
Al marinaio Nasta a tutti e sono tanti . Spero di ritornare a fare il mio lavoro e sono fiducioso nelle decisioni del Comandante Nistri. Riposa Stefano …riposa in pace frate..».
Probabilmente mastica amaro Giovanardi Carlo, ex carabiniere, poi ex ministro, girovago nella diaspora democristiano ma sempre nell’ambito del centrodestra. Il suo nome è legato alla legge proibizionista in gran parte anticostituzionale che ha riempito le galere ed è uno degli ingredienti del mix che ha ucciso, tra gli altri, Stefano Cucchi contro il quale lo statista s’è più volte scagliato provando a costruire una narrazione alternativa su una morte dovuta alla sua presunta sieropositività o alla sua magrezza dovuta sempre allo stile di vita. E’ convinto di avere «sempre detto la verità, ha fatto riferimento ad atti giudiziari, ha sempre usato un linguaggio temperato, moderato, senza mai offendere nessuno». La verità «emergerà solo col verdetto definitivo». E niente scuse. «Per cosa?».
«Dieci anni sono tanti per avere una piccola giustizia, anche se questa ora è al I° grado di giudizio – scrive su fb Lino Aldrovandi, il papà di Federico – E tu Ilaria insieme ai tuoi genitori siete stati forti e grandi. Quel che succede dice la canzone, è nelle mani del destino, ma non sempre è così. Sono gli uomini, ognuno nel proprio ruolo, che fanno e che faranno sempre la differenza, e che magari non accetteranno mai l’orrore criminale di altri. Ma c’è ancora tanto per crescere in questo sistema malato, per garantire quella piccola giustizia a tutti, anche agli ultimi. Buona notte Federico. Buona notte Stefano… Buona notte… con un abbraccio tutto particolare, intriso di dolcezza, a Rita, a Giovanni e a Ilaria, con un pensiero fisso di amore, rivolto al cielo, ai nostri ragazzi uccisi, colpevoli di niente. Nient’altro».
«È finito un incubo», dice Francesco Tedesco, il carabiniere assolto dall’accusa di omicidio preterintenzionale. «Spero che questa sentenza cominci a far togliere la divisa a chi non la merita – fa sapere il padre di Riccardo Magherini, morto mentre subiva un violento fermo da parte di carabinieri – via subito la divisa per i condannati. I capi inizino subito a dare l’esempio». «Le mele marce vanno cacciate subito- continua Guido Magherini – noi siamo delusi, ma il fatto che hanno accolto l’ammissibilità del nostro ricorso è già tanto. Sappiamo che i tempi sono lunghi e siamo fiduciosi». I suoi legali hanno infatti presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo dopo che i giudici della quarta sezione penale della Corte di Cassazione, nel novembre del 2018, avevano assolto i tre carabinieri accusati di omicidio colposo e condannati nei primi due gradi di giudizio a 7 e 8 mesi, disponendo l’annullamento della sentenza d’appello perché «il fatto non costituisce reato». «Noi abbiamo trovato un muro di gomma – conclude il papà di Magherini – ma la IV sezione della Cassazione ce l’ho sempre negli occhi».
Qui il muro di gomma è caduto ma ci sono voluti anni dieci anni, 23 giorni e nove ore, per arrivare di nuovo in aula bunker a Rebibbia, la stessa location del primo processo, quello farlocco che escluse a priori ogni responsabilità dei militari dell’Arma, assolta a priori dal governo Berlusconi, di cui facevano parte Giovanardi e La Russa. Ma il teorema cucito addosso a tre uomini della penitenziaria aveva le gambe corte e ora quegli agenti sono tra le parti civili assieme alla famiglia Cucchi.
A dicembre 2017 l’avvio di questo Cucchi-bis con i carabinieri finalmente nell’occhio del ciclone grazie ad alcuni carabinieri supertestimoni a cui, nell’ottobre 2018, si aggiunse uno dei tre colleghi imputati per il pestaggio. Si tratta di Francesco Tedesco che raccontò sia la scena del pestaggio da teppisti, come lo definirà il pm Musarò, sia le pressioni del suo maresciallo a seguire «la linea dell’Arma», regista dei primi pestaggi e artefice del clima da far west di quel periodo nel quartiere in cui si verificò l’arresto di Stefano Cucchi. Mandolini, s’è detto nel processo, premeva per realizzare il massimo degli arresti per mettersi in buona luce con i suoi superiori. Dalle rivelazioni di Tedesco è partita una indagine parallela che ha portato all’apertura di un processo specifico per i depistaggi con 8 tra carabinieri e alti ufficiali fra gli imputati.
Con la statura morale per cui è noto nel mondo nemmeno Salvini chiederà scusa: «Scuse? Perchè, io ho ucciso qualcuno? Ho invitato la sorella al Viminale, in Italia chi sbaglia, paga. Però non posso chiedere scusa per eventuali errori altrui». «Ma io devo chiedere scusa anche per il buco dell’ozono?». Per quello no ma per le offese a Ilaria un essere umano ci farebbe un pensiero. Salvini è lo stesso che, quando finalmente fu chiaro che i carabinieri c’entravano, eccome, con la morte di Stefano, si permise di dire a Ilaria che si sarebbe dovuta vergognare, che certi suoi post gli facevano schifo. No, non chiederà scusa. E probabilmente non è così importante. Sarebbe meglio se pezzi di società riescano a disintossicarsi dalla fantomatica emergenza sicurezza, se la solidarietà riuscisse a prendere il posto del razzismo e della paura, se il superamento del proibizionismo tagliasse il Pil delle narcomafie e smorzasse le ambizioni di far west in certi ambienti di politica e forze armate.
In questi anni c’è stata la fila di politici che si sono messi in fila per un selfie con Ilaria Cucchi, senza comportamenti conseguenti, altri si sono fatti i selfie con i vertici di polizia e carabinieri sotto la dettatura dei quali sembra essere scritta la pessima legge sulla tortura (governava il pd, ricordiamolo quando mai lo dovessimo credere un “porto sicuro”) stigmatizzata dalla stessa Corte europea per i diritti umani.
Sette processi, tre inchieste, due pronunciamenti della Cassazione. Cucchi è una delle tante vittime di abusi di polizia come Giuseppe Uva, Michele Ferrulli, Dino Budroni, Carlo Giuliano, Massimo Casalnuovo e Federico Aldrovandi. La complessità della sua vicenda lo rende anche simbolo della battaglia per i diritti umani dei carcerati e contro ogni sopruso del potere sugli ultimi. Una battaglia che non si può sdraiare sugli allori di una sentenza di primo grado.
Le tappe della vicenda
– 15 ottobre 2009: Stefano Cucchi viene fermato dai carabinieri al Parco degli Acquedotti a Roma perchè trovato in possesso alcuni grammi di droga. Cucchi viene portato nelle celle di sicurezza di una caserma dei carabinieri. – 16 ottobre 2009: Stefano appare all’udienza di convalida del fermo con ematomi e difficoltà a camminare. Parla a stento: una registrazione diffusa successivamente testimonierà dello stato di Cucchi all’udienza. L’arresto è convalidato e Cucchi viene portato a Regina Coeli. – 22 ottobre 2009: Cucchi, dopo una settimana di detenzione, muore nel reparto protetto dell’ospedale Sandro Pertini. Inizia la battaglia giudiziaria della famiglia che una settimana dopo diffonde alcune foto choc del cadavere in obitorio che mostrano ematomi e segni ‘sospettì. – 25 gennaio 2011: vanno a processo sei medici e tre infermieri del Sandro Pertini e tre guardie carcerarie. – 5 giugno 2013: Vengono condannati quattro medici del Pertini. Assolti gli infermieri e le guardie carcerarie. – 31 ottobre 2014: In appello tutti i medici vengono assolti. – gennaio 2015: viene aperta l’inchiesta bis dopo che la Corte d’appello trasmette gli atti in procura per nuove indagini. – settembre 2015: i carabinieri entrano per la prima volta nell’inchiesta: 5 vengono indagati. – dicembre 2015 La Cassazione annulla con rinvio l’assoluzione dei 5 medici del Pertini. Vengono nuovamente assolti nel 2016 ma la Procura ricorre in Cassazione che dispone un nuovo processo d’Appello. – gennaio 2017: la Procura di Roma chiude l’inchiesta bis quella per la quale sono ora a processo 5 carabinieri. Nel luglio 2017 vengono rinviati a giudizio: Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco, accusati di omicidio preterintenzionale e di abuso di autorità. Tedesco è accusato anche di falso e calunnia insieme con il maresciallo Roberto Mandolini, mentre della sola calunnia risponde il militare Vincenzo Nicolardi. – 11 ottobre 2018: il pm Giovanni Musarò rivela che l’imputato Francesco Tedesco per la prima volta parla di un pestaggio subito da Cucchi da parte dei colleghi Di Berardo e D’Alessandro. Le indagini sul pestaggio erano state riaperte grazie alle parole di un altro carabiniere, Riccardo Casamassima. Nel corso del processo emergono anche presunti depistaggi con la sparizione o l’alterazione di documenti di servizio. Si apre l’inchiesta. – 16 luglio 2019: Nell’ambito dell’inchiesta sui depistaggi vengono rinviati a giudizio il generale Alessandro Casarsa e altri 7 carabinieri tra cui Lorenzo Sabatino, all’epoca dei fatti comandante del reparto operativo di Roma. Il processo inizierà a novembre. – 3 ottobre 2019: il pm chiede la condanna a 18 anni per i due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro accusati del pestaggio che viene, per la prima volta, associato alla morte di Cucchi.
Checchino Antonini
da Popoff
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Stefano Cucchi è stato ucciso. Condannati i due carabinieri
Dodici anni di reclusione per omicidio preterintenzionale. Pene per falso agli altri due militari. Sentenza anche per i medici: reato in prescrizione, responsabili solo civilmente.
Quando il presidente della prima Corte d’Assise di Roma, Vincenzo Capozza, finisce di leggere la sentenza che condanna per omicidio preterintenzionale Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, i due carabinieri che la notte del 15 ottobre 2009 pestarono Stefano Cucchi spezzandogli la schiena, ci si sarebbe potuto aspettare di sentire, nell’aula bunker di Rebibbia, un qualche suono di giubilo. E invece no: com’è nello stile di Rita Calore, di Giovanni e Ilaria Cucchi, e dell’avvocato Fabio Anselmo, non una parola, non un gesto, e neppure un sorriso. Solo lacrime, a sciogliere la tensione di questi lunghissimi anni. E il pensiero di Stefano nei loro occhi.
IL PM GIOVANNI MUSARÒ – stesso rigore, stesso comportamento – aveva chiesto 18 anni di carcere per i due militari che non erano presenti in aula. Il collegio giudicante, composto anche di giudici popolari, li ha invece condannati a 12 anni, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e al risarcimento pecuniario della famiglia Cucchi da stabilirsi in sede civile. Assolto dall’omicidio preterintenzionale, «per non aver commesso il fatto», il carabiniere Francesco Tedesco (presente in aula), l’imputato che nel corso del processo bis è diventato il testimone chiave del pestaggio e l’accusatore dei suoi due colleghi, condannato però per falso a due anni e sei mesi di reclusione. Secondo questo primo grado di giudizio, anche se ha compilato un falso verbale, non è lui ad aver orchestrato il depistaggio.
Diversa la posizione del maresciallo Roberto Mandolini, all’epoca dei fatti comandante della stazione Appia, condannato per falso a 3 anni e 8 mesi di reclusione e interdetto dai pubblici uffici per 5 anni. Entrambi, Tedesco e Mandolini, sono stati invece assolti dall’accusa di calunnia, reato andato in prescrizione e perciò riqualificato in falsa testimonianza. Entrambi però dovranno risarcire i tre agenti penitenziari che hanno subito il primo processo e che ieri erano seduti nei banchi in attesa della sentenza. Infine assolto il carabiniere Vincenzo Nicolardi, accusato di calunnia, perché «il fatto non costituisce reato».
ENTRO 90 GIORNI si avranno le motivazioni della sentenza. E forse allora capiremo se è vero quanto sostenuto da uno dei legali di parte civile, l’avvocato Stefano Maccioni, che ha accolto con sollievo la sentenza arrivata da piazzale Clodio pochi minuti prima della condanna per omicidio preterintenzionale dei due carabinieri. A qualche chilometro di distanza, infatti, la Corte d’assise d’Appello presieduta da Tommaso Picazio ha giudicato i cinque medici dell’ospedale Pertini, dove Stefano Cucchi morì una settimana dopo il pestaggio, assolvendo «per non aver commesso il fatto» solo la dottoressa Stefania Corbi (era in ferie nei due giorni precedenti la morte del ragazzo) mentre ha stabilito per il primario del Reparto di medicina protetta, Aldo Fierro, e per gli altri tre medici, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo, il non doversi procedere per intervenuta prescrizione. Erano accusati di omicidio colposo e i giudici hanno comunque confermato la responsabilità civile dei quattro sanitari, da stabilirsi in separata sede, nei confronti dell’unica parte civile rimasta in quel processo, il Comune di Roma. Secondo l’avvocato Maccioni, questa sentenza dimostra una volta di più «che sussiste ed è evidente il nesso causale tra le percosse e la morte».
Evidentemente se ne è convinta anche la Corte. E ora, quando la selva di fotografi si fa intorno alla famiglia Cucchi, Ilaria si rivolge al suo avvocato e compagno, Fabio Anselmo: «Forse ora Stefano potrà risposare in pace», dice. «Ci sono voluti dieci anni e chi è stato al nostro fianco ogni giorno sa benissimo quanta strada abbiamo dovuto fare». Anche il padre Giovanni e la madre Rita ricambiano gli abbracci, e asciugano le lacrime. «Ringraziamo tutti quelli che non ci hanno abbandonato». Il loro pensiero va in particolare ai magistrati Pignatone e Musarò, al carabiniere Riccardo Casamassima, che era in aula, e alla moglie Maria Rosati (tra i primi a rompere il muro di omertà), «per tutto quello che stanno passando». «Grazie anche a Tedesco che, seppur in ritardo – puntualizza Giovanni Cucchi – ha permesso il corso della giustizia».
È a questo punto che un carabiniere in servizio nell’aula bunker di Rebibbia, un volto conosciuto a chi ha seguito tutte le udienze, si avvicina a Ilaria e le bacia la mano: «Finalmente dopo tutti questi anni è stata fatta giustizia», dice accompagnando i genitori Cucchi fuori, lontano dai microfoni.
E, COME HANNO FATTO in aula in tanti, a cominciare dal Garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma, anche a chilometri di distanza c’è chi si stringe idealmente a loro. «Questa sentenza rende giustizia anche per quelli che non sono riusciti ad ottenerla», commenta Patrizia Moretti, mamma di Federico Aldrovandi. Il mondo della politica invece come al solito si spacca: si congratulano tra gli altri il presidente della Camera Roberto Fico, il ministro Luigi Di Maio e molti esponenti della sinistra, mentre Matteo Salvini, che più volte ha attaccato Ilaria, si è rifiutato di chiedere scusa: «Se qualcuno ha usato violenza, ha sbagliato e pagherà ma questo dimostra che la droga fa male. Io combatto la droga sempre e comunque». Polemiche che Giovanni Cucchi rifiuta di commentare: «Nessuno ci restituisce Stefano ma questa sentenza farà luce su tutto il resto».
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UN CONVEGNO NAZIONALE SU SCOUTISMO E ANTIFASCISMO
Roma
9 marzo 2019, centro Boncompagni 22, via Boncompagni 22, ore 20.30
10 marzo 2019, cinema Caravaggio, via Paisiello 24, ore 10
Dopo le settimane di preparazione e i due giorni passati insieme a Roma siamo tornati alle nostre vite quotidiane, agli studi e al lavoro con una nuova esperienza nello zaino. È stato un weekend intenso e bello.
Ecco i portali dove nei prossimi giorni pubblicheremo progressivamente i materiali del convegno: foto, atti, registrazioni.
Le registrazioni su Soundcloud
Documenti e slide in una cartella condivisa
Le foto su Flickr
I partecipanti al convegno hanno scelto di lasciarsi con una serie di impegni condivisi per continuare insieme, li trovi a questo link.
L’appello che ha lanciato un convegno nazionale su scoutismo e antifascismo rimane aperto alle firme di capi in servizio e di ex capi scout delle associazioni italiane. L’indirizzo è sempre quello: [email protected]
L’appello
Siamo educatori scout, Capi e soci adulti delle associazioni italiane, antifascisti per storia e visione del mondo. Vogliamo piantare la nostra tenda anche in questa fase storica così delicata, in questo mondo che muta così velocemente in una direzione che ci pare spesso sbagliata, preoccupante e contraria ai nostri valori.
Troppo spesso dai quattro angoli del paese e del continente ci arrivano storie strazianti. Personaggi violenti picchiano donne e uomini colpevoli solo di essere diversi per idee, per colore della pelle, per opinioni sulla vita e sul mondo. Intolleranza e sopraffazione si diffondono mentre esseri umani muoiono in mare. Nella politica e nella società, il livello di discussione si limita spesso a slogan che nascondono lacune culturali e una evidente mancanza di consapevolezza rispetto alla realtà. Nonostante i dati parlino di un numero di reati in costante diminuzione, gli imprenditori della paura speculano sul senso di insicurezza e precarietà della gente, per alimentare sui territori insensate guerre tra poveri.
Ogni settimana, ogni giorno, in giro per gli stessi territori bambine, bambini, ragazze e ragazzi, giovani e Capi continuano allo stesso tempo a giocare un gioco che ha ormai più di cent'anni e che si basa su principi completamente opposti: fratellanza, vita all'aria aperta, educazione fra pari sono il cardine di ciò che noi chiamiamo educazione alla libertà. Per questo sappiamo che l’antifascismo per un Capo scout è una scelta di metodo, oltre che un valore: è un modo di fare, uno stile dell’educare, un’attenzione da tenere costantemente presente quando si organizzano giochi, attività, proposte.
Le associazioni scout italiane da sempre hanno tenuto fermo questo patrimonio di idee e di valori. Il CNGEI nella propria carta di identità associativa pone la democrazia, all’interno dei propri processi decisionali e come fulcro della propria azione educativa, tra le proprie scelte fondanti e caratterizzanti e, quanto all'educazione dei giovani, evidenzia il concetto di coeducazione, ovvero di educazione per tutti e con tutti, accettando e rispettando ogni diversità. L’AGESCI pone l’antifascismo tra i riferimenti fondamentali della Scelta Politica contenuta nel Patto Associativo, il documento fondativo dell’unificazione di ASCI e AGI avvenuta nell’aprile 1974: da allora lo ha sempre mantenuto come irrinunciabile, rilanciandolo e facendolo vivere negli eventi per capi e ragazzi, oltre che nella propria quotidiana democrazia associativa.
Questo è un coraggio che viene da lontano. Le Aquile Randagie in Lombardia, gli scout clandestini dello Stretto e della Calabria, le guide e gli scout antifascisti a Roma: durante gli anni della Giungla Silente, quando la dittatura nazifascista soppresse tutte le associazioni educative diverse dall’Opera Nazionale Balilla e dall’Azione Cattolica, gruppi di Capi e ragazzi scelsero la clandestinità perché alla base del loro agire avevano una scelta di mondo, un'idea di ciò che l'uomo e la donna possono diventare, quella che oggi alcune associazioni scout chiamano Partenza.
Da tempo noi ci troviamo invece ad assistere, oltre a momenti positivi e a prese di posizioni auspicabili, anche a contraddizioni e compromessi all'interno delle nostre associazioni. A timidezze e a volte a errori: ad attività da migliorare, a episodi non affrontati, a Capi non abbastanza preparati e non abbastanza consapevoli e attivi sui temi dell'antifascismo; allo stesso tempo conosciamo quanto i Capi giovani - e non solo - oggi chiedano formazione di qualità e posizioni rigorose su antifascismo, antirazzismo, nonviolenza e critica radicale al potere come dominio. Vediamo anche che i nostri ragazzi, molto più adulti oggi delle generazioni che li hanno preceduti, sono fortunatamente meno disposti ad accettare risposte preconfezionate e ordini che vengono da adulti, a volte Capi, spesso pronti ad ostentare un’autorità che non hanno, anziché esprimere una più auspicabile autorevolezza: sono così proprio le future donne e i futuri uomini che ci sono affidati a chiedere sui grandi temi dei nostri tempi proposte chiare, contenuti forti, qualità educativa elevata.
Sappiamo bene quanto sia difficile essere associazione al giorno d’oggi. È per questo allora che vogliamo essere fedeli alla nostra Promessa e renderci utili anche in tempi che troviamo cupi, trasformandoli in giorni promettenti. Vogliamo ritrovarci per discutere e pensare, per condividere ciò che ci sta a cuore, migliorare la nostra azione educativa e confermarla ancorata a quei riferimenti che per noi sono irrinunciabili. Vogliamo costruire un pensiero che sia di servizio alle associazioni che operano sul territorio e ai singoli Capi che si impegnano ai quattro angoli del paese.
Ci convochiamo allora, come Capi scout, educatori liberi, in un Convegno nazionale su scoutismo e antifascismo, che vivremo il 9 e il 10 marzo 2019 a Roma, presso il cinema Caravaggio. Un incontro di studio, di riflessione, di dibattito, di approfondimento e meditazione. Un incontro di formazione. Un altro passo nella giusta direzione.
Siamo Capi scout,
Siamo antifascisti.
Coordinamento Capi Scout Antifascisti
Per aderire scrivi a [email protected]
I capi firmatari dell’appello
Tommaso Caldarelli, Lazio, Agesci
Maria Chiara Porretta, Lazio, Agesci
Margherita Posta, Lazio, Agesci
Paolo Nunziante, Liguria, Agesci
Valentino Scordino, Calabria, Agesci
Giovanni Gaiera, Lombardia, Agesci
Emanuele Luigi Colazzo, Lazio, Agesci
Daniela Ferrara, Sicilia, Agesci
Nicola Selim Babaoglu, Bologna, Cngei
Luca Montanari, Bologna, Cngei
Laura Pattuzzi, Emilia-Romagna, Agesci
Mattia Pesci, Emilia-Romagna, Agesci
Silvia Sturani, Veneto, Agesci
Padre Giuseppe Trotta Sj, Campania, Agesci
Mariarosaria Zamboi, Lazio, Agesci
Giorgio Manca, Lazio, Agesci
Saverio Sciao Pazzano, Calabria, Agesci
Ciro Facciolla, Portici, Cngei
Antonello Praticó, Calabria, Agesci
Luca Scarpiello, Bari, Cngei
Riccardo Camedda, Roma, Cngei
Gregorio Lombardi, Fermignano, Cngei
Giada Jacqueline Todisco Grande, Fermignano, Cngei
Mirta Cimmino, Napoli, Cngei
Matteo Morara, Emilia Romagna, Agesci
Margherita Milone, Liguria, Agesci
Chiara Zotti, Piemonte, Agesci
Gianluca Scacco, Emilia Romagna, Agesci
Lia Zornetta, Emilia Romagna, Agesci
Federico Scarpelli, Toscana, Agesci
Attilio Valentini, Ariccia, Cngei
Paolo Biella, Lombardia, Agesci
Francesca Galletti, Ariccia, Cngei
Azzurra Chiaramonti, Lazio, Agesci
Silvia d’Auria, Lazio, Agesci
Simone Barbieri, Liguria, Agesci
Giovanni Raffa, Calabria, Agesci
Antongiulio Cavaliere Converti, Calabria, Agesci
Giulia Addazi, Lazio, Agesci
Dina Tufano, Lombardia, Agesci
Lorenzo Morandi, Lombardia, Agesci
Alessandro Cogorno, Liguria, Agesci
Caterina Bondi, Emilia Romagna, Agesci
Andrea Biglietti, Bologna, Agesci
Francesco Mancioppi, Liguria, Agesci
Marco Fumagalli, Lombardia, Agesci
Pietro Acrami, Lombardia, Agesci
Pierpaolo Rapicano, Campania, Agesci
Francesca Saccomandi, Emilia Romagna, Agesci
Lorenzo Gilli, Lazio, Agesci
Benedetta Rubino, Lombardia, Agesci
Luca Pirolo, Lombardia, Agesci
Teresa Ballerini, Pesaro, Cngei
Matteo Zornetta, Emilia Romagna, Agesci
Matilde Marzorati, Lombardia, Agesci
Giulia Ventimiglia, Lombardia, Agesci
Anna Cerati, Lombardia, Agesci
Jacopo Mascheroni, Lombardia, Agesci
Carolina Vitale, Lombardia, Agesci
Jacopo Cerati, Lombardia, Agesci
Laura Maialetti, Lombardia, Agesci
Giovanni Romano, Lecce, Cngei
Pietro Feltri, Lombardia, Agesci
Bianca Ferrari, Milano, Cngei
Daniele Caldarelli, Ariccia, Cngei
Francesca Fumagalli, Lombardia, Agesci
Jacopo Pesiri, Padova, Gruppo Scout Pablo Neruda
Claudio Ielmini, Piemonte, Agesci
Marta Abbate, Lombardia, Agesci
Chiara Abbate, Lombardia, Agesci
Sarah Longo, Lombardia, Agesci
Francesca Gorla, Lombardia, Agesci
Giovanni Terribile, Lombardia, Agesci
Alessandro Colombo, Lombardia, Agesci
Camilla Tambani, Lombardia, Agesci
Gabriele Riva, Lombardia, Agesci
Davide Scopece, Lombardia, Agesci
Cristina Pilichi, Lombardia, Agesci
Giulia Galliani, Lombardia, Agesci
Flavio Zecchinello, Lombardia, Agesci
Marco Piazzoni, Lombardia, Agesci
Carlo Bidoia, Lombardia, Agesci
Luciano Squillaci, Calabria, Agesci
Antonino Nunnari, Calabria, Agesci
Anna Colombo, Lombardia, Agesci
Samuele Pirronello, Lombardia, Agesci
Maddalena Cavadini, Lombardia, Agesci
Maria Fera, Liguria, Agesci
Anna Colombo, Lombardia, Agesci
Cecilia Barberis, Lombardia, Agesci
Sofia Ronchetti, Lombardia, Agesci
Giuggi Palmenta, Calabria, Agesci
Andrea Bosio, Liguria, Agesci
Elisa Galli, Lazio, Agesci
Andrea Bogino, Sardegna, Agesci
Jessica Marino, Calabria, Agesci
Fabio Tassone, Lazio, Agesci
Davide Palluzzi, Lazio, Agesci
Matteo Spallacci, Marche, Agesci
Sara Lonato, Lombardia, Agesci
Marino Marinelli, Toscana, Agesci
Medea Zanon, Bologna, Cngei
Valentina d'Alessio, Abruzzo, Agesci
Lucia Romeo, Calabria, Agesci
Angela Pesce, Umbria, Agesci
Manlio Majorani, Umbria, Agesci
Giulia Ghini, Emilia Romagna, Agesci
Cristian Calzolari, Bologna, Agesci
Pierpaolo Giordano, Ariccia, Cngei
Salvo Ranno, Messina, Cngei
Tiziano Carbone, Velletri, Cngei
Sara Moon Villa, Milano, Cngei
Susanna Chiulli, Lazio, Agesci
Emanuele Falcolini, Lazio, Agesci
Marialuisa Mortara, Lazio, Agesci
Domenico Alghiri, Lazio, Agesci
Antonio Coccia, Lazio, Agesci
adesioni in continuo aggiornamento...
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Sostenitori - Ex capi scout
Gian Domenico Ricaldone, Liguria; Annarita Leobruni, Lazio; Elisabetta Fonti, Lazio; Matteo Fontana, Lazio; Giulia d’Auria, Lazio; Romolo Corradi, Marche; Amaniele Teke, Lazio; Valentina Marra, Lazio; Vittorio Agnoletto, Lombardia; Fabio Siclari, Calabria; Alessandro Cartisano, Calabria; Cosimo Magnelli, Toscana; Alice Vergani, Lombardia; Fulvia Fadda, Toscana; Michela Brambilla, Lombardia; Alessandro Colleoni, Lombardia; Adriano Palagi, Toscana; Giovanni Cresci, Toscana; Marta Cristianini, Lazio; Giulio Lattanzi, Toscana; Christina Tanca, Marche; Michela Laurenzo, Sardegna
Raccogliamo adesioni di capi ed educatori scout, di assistenti ecclesiastici, di ex capi scout.
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Dissero che si era suicidato andando in overdose. Lo ritrovarono in una stanza a Viterbo, il volto tumefatto, morto a 35 anni. Attilio Manca era considerato una promessa della medicina. Era un ragazzo sveglio, bravo, con grandi capacità. Dato il suo esser brillante, lo avevano “caldamente sollecitato” ad andare a Marsiglia operare il boss Provenzano, all’epoca latitante. Non si sa chi, non si sa come e con quali “sollecitazioni”, ma evidentemente Manca dovette andare. Forse anche con il coinvolgimento di alcuni pezzi deviati dello Stato. Morì poco dopo, “suicidato” a Viterbo l’11 febbraio del 2004. Dopo averlo usato per salvare la vita a un mostro, lo ammazzarono così e vollero far credere che si fosse trattato di un suicidio. Ad oggi, si cerca ancora la verità per Attilio Manca. La famiglia non ha ancora avuto il diritto a sapere che cosa è successo e chi sono stati i colpevoli. Nel suo ricordo, va tutto il sostegno alla famiglia che non ha mai smesso di lottare per la verità. Testo di Leonardo Cecchi https://www.instagram.com/p/CZ6O9DTNSoC/?utm_medium=tumblr
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Un volume in memoria del dottore Attilio Manca (1969-2004)
Un volume in memoria del dottore Attilio Manca (1969-2004)
Il Cenacolo Italiano “Via XX Settembre” di Cefalù (PA) ha indetto una selezione di testi poetici dedicati alla figura del medico Attilio Manca. L’iniziativa, voluta dal Presidente Antonio Barracato e dal poeta e scrittore Francesco Billeci, s’iscrive nel clima di grande fermento ideativo e organizzativo che caratterizza questo importante centro di cultura profondamente attivo nell’hinterland…
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25 set 2020 11:34
FONTANA DI GUAI - NON È VERO CHE ATTILIO FONTANA HA SCOPERTO SOLO L’11 MAGGIO CHE LA REGIONE AVEVA AFFIDATO IL 16 APRILE E SENZA GARA LA FORNITURA DI CAMICI AL COGNATO. CHE IL 16 APRILE STESSO INFORMA LA SORELLA ROBERTA CON UN SMS: “ORDINE CAMICI ARRIVATO”. È PLAUSIBILE CHE LEI NON NE ABBIA PARLATO CON IL MARITO ATTILIO? – A POCHE ORE DALLA COPIA FORENSE ORDINATA DALLA PROCURA DI PAVIA, LA GUARDIA DI FINANZA HA BUSSATO DI NUOVO ALLA PORTA DEL GOVERNATORE…
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1 – SEQUESTRATI ALTRI UNDICI CELLULARI UNO È DELLA MOGLIE DI FONTANA
Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”
A non sapere che le Procure di Pavia e Milano non si erano coordinate, e anzi forse nemmeno parlate, nessuno crederebbe a un caso. E invece, 24 ore dopo che i pm pavesi Venditti e Mazza (nell'inchiesta sull'accordo tra Fondazione Policlinico San Matteo e la multinazionale Diasorin per i test diagnostici Covid) avevano portato via l'intero contenuto del telefono del non indagato presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, nonché dell'assessore alla sanità Giulio Gallera e di altre 7 persone, ieri la Procura di Milano (nell'inchiesta sulla fornitura/donazione di camici alla Regione da parte della società Dama spa del cognato del governatore) manda la GdF a bussare di nuovo a casa Fontana: stavolta non per il telefono del governatore, pur indagato a Milano per l'ipotesi di concorso con il cognato nella «frode in pubbliche forniture», ma per il telefono della non indagata moglie Roberta Dini, e - contemporaneamente - di 10 persone, tra cui 2 assessori regionali (Raffaele Cattaneo all'Ambiente e Davide Caparini al Bilancio) e 5 dirigenti tutti non indagati.
Per Pavia i sequestri erano motivati dal recuperare, sui telefoni di interlocutori del presidente dell'ospedale Angelo Venturi, le chat che avrebbe cancellato poco prima di essere indagato; per Milano servono a colmare i segmenti mancanti nella storia dei camici quale ricostruita sui messaggi sequestrati in estate sul telefonino dell'indagato cognato di Fontana, Andrea Dini.
Diverso l'approccio dell'acquisizione milanese: parimenti aggressiva (perché non sono uno scherzo 11 telefoni di persone per lo più non indagate), ma più garantita perché selettiva: in una ottica di pertinenza e proporzionalità, infatti, i pm Furno-Scalas-Filippini hanno fissato oggi una ricerca con 50 parole-chiave nei telefoni solo sulla vicenda-camici, e per di più in contraddittorio con i legali e i periti degli indagati.
Ai professionisti che curarono la voluntary disclosure e le dichiarazioni dei redditi di Fontana è stato invece chiesto di esibire i documenti (in parte già noti all'Agenzia delle Entrate) sul suo scudo fiscale nel 2015 di 5,3 milioni illecitamente detenuti nel 2009-2013 in una banca svizzera da due trust delle Bahamas, nei quali la madre dentista (morta a 92 anni) figurava «intestataria», mentre il figlio era «soggetto delegato». Accertamenti analoghi sono stati svolti per avere certezza che, dietro un trust di controllo, la società del cognato (90%) e della moglie (10%) di Fontana sia appunto solo di fratello e sorella.
2 – Il cognato già il 6 aprile al fornitore di tessuti: «È stato il governatore a dirmi di contattarti»
Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”
Non è vero - come sinora ha sempre detto - che il presidente Attilio Fontana abbia scoperto soltanto l'11 maggio (dal proprio staff per caso) e poi in giugno (dalle interviste di Report) che la centrale acquisti della sua Regione Lombardia, Aria spa, aveva affidato il 16 aprile senza gara alla società Dama spa di suo cognato Andrea Dini (al 90%) e di sua moglie Roberta Dini (al 10%) una fornitura di 75.000 camici e 7.000 set da 513.000 euro.
Il telefonino di Dini, infatti, mostra che già quel 16 aprile alle 15.22 l'imprenditore informa subito via sms la sorella Roberta (moglie di Fontana) che «ordine camici arrivato», ma «ho preferito non scriverlo ad Atti», e la moglie di Fontana concorda: «Giusto, bene così».
Se ne ricava appunto che il presidente della Regione, salvo ora intenda dire che la moglie quella sera a casa non gli parlò di quanto il cognato aveva fatto attenzione a non scrivergli, seppe subito del conflitto di interessi innescatosi.
E per i pm è anche indice della «volontà di evitare di lasciare traccia del suo diffuso coinvolgimento mediante messaggi scritti». Ma un altro sms di Dini sembra retrodatare la consapevolezza di Fontana addirittura a prima del contratto (non 16 ma 6 aprile), e persino rivelarne un aiuto diretto a favore del cognato.
I pm, infatti, nello spiegare che l'assessore Raffaele Cattaneo (responsabile della task force regionale) ebbe «un ruolo decisivo per consentire a Dama spa di riconvertirsi e poter formulare una offerta», additano gli sms da cui traspare la sua «intermediazione nel trovare nell'interesse di Dini i tessuti da utilizzare per confezionare i camici» da proporre poi alla Regione, «anche intervenendo sui fornitori». Uno di essi, Paolo Maria Rossin di Indutex spa, il 6 aprile alle 9.50 si scusa con Dini perché ha già venduto ad altri tutti i tessuti che Dini cercava.
«Non capisco - reagisce male Dini -. È stato Cattaneo e mio cognato il governatore Fontana a dirmi di contattarLa. Dirò che si sono sbagliati». Dini avvisa Cattaneo. Cattaneo chiama Rossin. Che alle 13.32, «facendo seguito al colloquio odierno con l'assessore Cattaneo», comunica a Dini che si sono liberati 50mila mq di tessuto.
Fontana avrebbe dunque finto meraviglia ancora l'11 o 12 maggio (secondo le versioni contrastanti tra il direttore di Aria spa, Filippo Bongiovanni, e il capo segreteria di presidenza Giulia Martinelli): cioè il giorno in cui, stando alla versione ufficiale riportata da Martinelli alle indagini difensive del legale di Fontana, il presidente apprese dal proprio staff l'incresciosa scoperta. «Fontana mi chiese: "Ma non è una donazione?". Io risposi: "No".
Fontana ebbe una reazione attonita. Rimase in silenzio per un paio di minuti, poi mi disse: "Mia moglie ha il 10% di questa società". Prese le sue cose e se ne andò». Moglie e cognato appaiono talmente consapevoli del conflitto di interessi che Dini il 21 aprile (5 giorni dopo il contratto regionale) giunge a prospettare a Paolo Zanetta, procuratore della sua Dama spa, di precostituirsi una sorta di alibi (donazioni di mascherine anti Covid a vari ospedali) da opporre a chi in futuro avesse arricciato il naso sulla fornitura di camici: «Dobbiamo donare molte più mascherine ed averne però prova certa. Se ci rompono per le forniture di camici causa cognato, noi rispondiamo così».
La molla dei Dini fratello e sorella è per i pm la «grave tensione patrimoniale» della società di abbigliamento (con in pancia il marchio Paul & Shark) causata dalla cancellazione per il Covid di tutti gli ordini, tanto che il 29 febbraio lui profetizza cosa rischierà: «Che per la prima volta in tre generazioni parlerò con i sindacati per ridurre il personale, minimo 50 ma anche 100. Poi si chiudono se possibile (i negozi di, ndr ) New York e Montenapoleone».
Dopo due giorni è la moglie di Fontana a suggerire il salvagente: «Bisogna cercare di riconvertirsi in mascherine». Ed è sempre lei a dare a Dini il 25 maggio (5 giorni dopo la rinuncia del fratello al pagamento dei primi 49.000 camici consegnati alla Regione) la notizia che Fontana, per ristorare il cognato della perdita, ha bonificato alla Dama spa 250.000 euro, poi respinti dalla fiduciaria come operazione sospetta: «Mi chiama Attilio (già ti dice il cervello) per chiedermi numero fattura perché ti ha fatto bonifico ma manca il numero della fattura».
Notizia che, per la sua improponibilità, getta nello sconforto il pur teorico beneficiario cognato: «Non va bene un bonifico tra privati. Digli di non farlo. Fa più danni». «Spero non l'abbia già fatto», risponde la moglie, «aspetto stasera cerco di capire», e Dini concorda: «Importante è che almeno a casa abbia degli amici», altrimenti «così è anche peggio, mica posso fatturarglieli. Mette l'azienda nei casini». Come è accaduto.
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