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27 ott 2023 12:46
“ERO ‘IL PRINCIPE’ ADESSO PER STRADA NESSUNO MI RICONOSCE PIÙ” – PARLA GIUSEPPE GIANNINI: “FACCIO FATICA A RIVEDERE VECCHIE IMMAGINI. SONO CAMBIATO TANTISSIMO E MI ‘RODE’ ADESSO CHE SONO SENZA CAPELLI” - “FACCIO IL NONNO, NON RIMPIANGO IL CALCIO, SENTO LA MANCANZA DEI MIEI GENITORI, DI VIALLI E MIHAJLOVIC” – LA ROMA, LA DELUSIONE MONDIALE, TOTTI E DI BARTOLOMEI, L’ESPERIENZA DA CT DEL LIBANO – “NON RIFLETTO SU QUANTO AVREI POTUTO OTTENERE IN PIÙ... IO ERO QUELLO, LA ROMA ERA QUELLA E..."
Guendalina Galdi per il “Corriere della Sera” - Estratti
Chi è Giuseppe Giannini ora? «Un aspirante intenditore di calcio». Così si autodefinisce oggi il «Principe» del calcio italiano degli anni ’80 e ’90, romano e romanista con il numero 10 sulle spalle, elegante in campo e genuino fuori. Un «Principe» che con la Nazionale avrebbe potuto ottenere di più e che, una volta chiuso con il calcio giocato, ha voluto provare ruoli ed esperienze diverse. Come chiamare Giannini adesso? Direttore? Mister? «Facciamo Beppe e basta. Sono “direttore” sì, ma è una parola che non mi fa proprio impazzire...».
Si sente ancora «Principe»?
«A volte questo soprannome ha condizionato chi mi giudicava, ma se si pensa ai miei 22 anni di carriera è stato positivo. Non ce ne erano altri in giro. Mi piaceva. All’epoca davanti a me c’era Falcao che era “Il Divino”, io essendo arrivato dopo sono diventato “Principe”. Scelta azzeccata. Certo a guardarmi oggi...».
Come si vede?
«Faccio fatica a rivedere vecchie immagini. Sono cambiato tantissimo e mi “rode” adesso che sono senza capelli. Mi dà un po’ fastidio sinceramente, quindi evito di guardarmi. La gente neanche mi riconosce per strada».
Quanto le manca il calcio?
«Ormai ho smesso da talmente tanti anni che non ho più quel desiderio di tornare dove ero. Lo penso da qualche anno. Io se tronco qualcosa non torno indietro».
(...)
Lei è stato un giovane che ce l’ha fatta. Poi la carriera con la maglia numero 10, la più difficile da assegnare...
«Alla Roma l’hanno indossata da Di Bartolomei a Totti, oltre me. Giocatori che hanno lasciato qualcosa al calcio italiano. Ancora la “10” non si rivede in campo ma ritornerà perché ha un fascino senza paragoni. È un peccato che in questo momento non ci sia».
Cosa le ha tolto il calcio?
«Non rifletto su quanto avrei potuto ottenere in più. Se fai così non vivi. O vivi male. In quel momento io ero quello, la Roma era quella, ho dato ciò che potevo dare».
Da giocatore avrebbe ceduto a un’offerta dall’Arabia Saudita?
«Ho sempre detto che avrei voluto chiudere la carriera a Roma ma non è potuto accadere per tanti motivi. Allora ho voluto iniziare a conoscere altre realtà e culture. Se avessi ricevuto una richiesta così l’avrei presa in considerazione come mi capitò con il Marsiglia, il Siviglia, con la Fiorentina l'ultimo anno ma che non accettai. Ora guardando le cifre e le età in cui Ronaldo e altri si sono spostati...».
Un suo «grande rifiuto»?
«Io e Viola rifiutavamo qualsiasi offerta. In Nazionale ricevevo sempre i complimenti di Boniperti. Si avvicinava (era capo delegazione allora), faceva qualche battuta, diceva “Ti voglio alla Juve”. Per me finiva lì. Alla fine andai allo Sturm Graz pur di non restare in Italia. La situazione è cambiata quando è arrivato Sensi. Poi sono tornato al Napoli, ma solo perché mi chiamò Mazzone».
È stato Ct del Libano per due anni: rifarebbe quell’esperienza?
«Sì e la consiglierei. Sono stato bene a livello lavorativo, ne è valsa la pena. È stato un peccato non aver partecipato alla Coppa d’Asia per un gol. Mi avrebbero fatto una statua in piazza a Beirut se ci fossimo qualificati... è una città splendida anche se quando c’ero io era pericolosa, c’era un attentato dietro l’altro. Qualche volta ho temuto».
Ci racconti.
«A volte quando passeggiavamo sul lungomare avevamo il timore che qualche macchina fosse piena di ordigni. Era normale pensarci visto quello che accadeva. Ma feci quella scelta in maniera consapevole. Volevo far vedere le mie competenze, farmi conoscere per poi magari andare in nazionali più importanti».
La delusione più grande?
«La semifinale del Mondiale del ‘90 a Napoli non è paragonabile ad altro per importanza».
Ha avuto poca fortuna con la maglia azzurra?
«Se penso a quella sera...basta una svista per segnare una carriera. Un conto è se arrivi in finale, un altro conto se perdi prima...».
E con la Roma?
«I “se”, i “ma”... quanto contano nel calcio? Tornare indietro e pensare a cosa avrei potuto vincere non mi piace.Ho dato quello che potevo dare, ho ricevuto quello che potevo ricevere».
Aspettava una chiamata?
«Il primo pensiero, una volta smesso col calcio, è stato quello di tornare nell’ambiente in cui ho sempre vissuto per 15 anni. Da casa mia sarei arrivato sempre a Trigoria, anche bendato. Sono dodici minuti. Conosco ogni curva e ogni buca del tragitto. Il desiderio era di iniziare un percorso da dirigente o allenatore nella Roma. Non è stato possibile e ho guardato avanti. Ora sono contento qui al Monterosi».
L’anno prossimo compirà 60 anni, con chi le mancherà festeggiare?
«Mi mancheranno gli auguri dei miei genitori. E quelli di altre persone con cui ho condiviso esperienze, penso a Vialli e a Mihajlovic che sono scomparsi da poco. E poi di qualche capo della tifoseria giallorossa che non c’è più e con cui ho condiviso trasferte, momenti belli e meno belli».
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L’uomo, un nordafricano sui 25-30 anni, è stato poi ucciso dalla polizia: l’aggressione nello scalo di Saint-Charles. Secondo i testimoni l'assalitore gridava «Allah u Akbar». Macron: «Indignato da questo attacco barbaro». Si indaga per terrorismo
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Francesco Hayez - Milano - Brera - Verdi - 1841
Ecco la cronologia dei fatti che, soprattutto in Francia e in Italia, hanno condotto dalla Rivoluzione francese alla Prima guerra mondiale.
1774: Luigi XVI re di Francia; 1786: insolvenza delle casse statali in Francia; 1789: convocazione degli Stati Generali e presa della Bastiglia; 1791: la famiglia reale arrestata a Varennes; 1792: proclamazione della Repubblica; 1793: Luigi XVI ghigliottinato. Terrore. Decapitazione di Maria Antonietta; 1794: Robespierre ghigliottinato.
1796 - 1797: Prima campagna d’Italia sotto la guida di Napoleone (Lodi, Arcole, Rivoli e Trattato di Campoformio con la conquista del Piemonte e della Lombardia); 1799: Napoleone Primo Console; 1800: Seconda campagna d’Italia (Marengo, Trattato di Luneville con la conferma dei territori italiani); 1804: Napoleone imperatore; 1805: Battaglie di Ulm, Trafalgar, Austerlitz e Trattato di Pressburg con la conquista del Veneto; 1806: Battaglie di Jena e Auerstadt con la presa di Berlino e della Prussia; 1806: Battaglie di Eylau, Heilsberg, Friedland e Trattato di Tilsit fra Napoleone e Alessandro I; 1809: Vittoria di La Coruna e ristabilimento dell’ordine in Spagna; 1809: Wagram e pace di Schonbrunn con pesanti concessioni austriache; 1812: Campagna di Russia (Smolensk, Borodino e ritirata dopo la conquista di Mosca); 1813: Battaglie di Lutzen, Bautzen, Dresda e sconfitta di Lipsia; 1814: esilio dell’Elba; 1815: sconfitta di Waterloo; 1820: arresto di Silvio Pellico a Milano; 1821: morte di Napoleone in esilio a Sant’Elena. Moto carbonaro a Torino di Santorre di Santarosa.
1825: a Roma condanna a morte di Angelo Targhini e Leonida Montanari;
1831: a Modena moto di Ciro Menotti, Giuseppe Mazzini a Marsiglia fonda la Giovine Italia;
1832: pubblicata a Torino l'autobiografia di Silvio Pellico, Le mie prigioni; 1846: elezione di papa Pio IX; 1848: Cinque giornate di Milano. Vittorie di Pastrengo e Goito, sconfitte a Custoza e Novara di Carlo Alberto contro Radetsky (Prima Guerra d'Indipendenza): abdicazione del re e salita al trono di Vittorio Emanuele II in Piemonte e di Francesco Giuseppe in Austria; 1849: Repubblica Romana e Repubblica di San Marco. Ascesa in Francia di Napoleone III; 1852: Cavour Primo Ministro in Piemonte
1856: guerra di Crimea
1858 accordi di Plombières fra Cavour e Napoleone III; 1859 attentato di Felice Orsini contro Napoleone III. Seconda guerra d'indipendenza (Battaglie di Montebello, Palestro, Magenta, Solferino e San Martino) e pace di Villafranca. Dimissioni di Cavour, Lamarmora Primo Ministro. 1860 Cavour ritorna al potere. Spedizione “dei Mille”; 1861 Vittorio Emanuele II re d'Italia. Morte di Cavour. Ricasoli Primo Ministro
1862 Rattazzi Primo Ministro. Incidente dell’Aspromonte. Farini Primo Ministro
1863 - 1864 Marco Minghetti Primo Ministro. Questione Romana
1866 Guerra franco-prussiana fra Napoleone III e Bismark. Terza guerra d'indipendenza (Garibaldi vince a Bezzecca, sconfitte di Custoza e Lissa. Annessione del Veneto
1869 - 1873 Giovanni Lanza con Quintino Sella ministro delle Finanze riducono le spese militari e completano la conquista di Roma nel 1870
1877 Morte di Vittorio Emanuele II. Umberto I re
1876-1887 governi della Sinistra storica (Depretis);
1887 - 1893 Governo Crispi. Triplice Alleanza. Sconfitta di Dogali, conquista di Asmara e dell’Eritrea; 1892-1893 Governo Giolitti. Scandalo della Banca Romana
1893 - 1896 Francesco Crispi fallisce l’avventura coloniale con le sconfitte di Ambra Alagi e Adua 1900 Antonio Di Rudinì Primo Ministro. Bava Beccaris cannoneggia i rivoltosi a Milano. Umberto I assassinato a Monza. Vittorio Emanuele III re 1903 - 1914 Governi Giolitti. Terremoto di Messina. Conquista della Libia 1914-1917 Il liberale Giolitti soccombe all’avvento dei partiti di massa. Governo Salandra. Settimana rossa. Attentato di Sarajevo. Prima guerra mondiale. Paolo Boselli Primo Ministro 1917-1919 Ministero Vittorio Emanuele Orlando e Sidney Sonnino Ministro degli Esteri negoziano malamente a Parigi ottenenendo Trieste, Trento, l’Alto Adige, ma non Fiume 1919-1920 Ministero Francesco Saverio Nitti. Ascesa dei partiti di massa, popolari e socialisti 1920-1921 Giovanni Giolitti non riesce a coinvolgere i socialisti di Turati e deve fronteggiare l’avventura di Fiume di Gabriele D’Annunzio. Ivanoe Bonomi non ferma lo squadrismo fascista 1922 Governo Facta. Marcia su Roma. Mussolini al governo.
1943 - 1944 Graziano Badoglio Primo Ministro. Umberto II re.
1944 - 1945 Ivanoe Bonomi
1945 Ferruccio Parri
1945 - 1953 Alcide De Gasperi
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Attentato a Marsiglia, parla l'ex moglie di Hanachi
Attentato a Marsiglia, parla l’ex moglie di Hanachi
“Ma quale jihadista, Ahmed era solo uno con molti problemi. Della religione non gli è mai importato niente”. A parlare è Ramona Cargnelutti, la donna di Aprilia ex moglie di Ahmed Hanachi, il killer di Marsiglia che il primo ottobre scorso ha ucciso due donne. A riportare le sue parole è il Corriere della Sera. Ramona, 40 anni, ha lasciato Aprilia qualche tempo fa per vivere in Tunisiae nei…
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3 mar 2021 17:50
L’UOMO DELLE STRAGI DI STATO - UN FORMIDABILE E AGGHIACCIANTE LIBRO DELLO STORICO GIACOMO PACINI RICOSTRUISCE L'IDENTIKIT DI FEDERICO UMBERTO D'AMATO, LO SPIONE DELL’UFFICIO AFFARI RISERVATI DEL VIMINALE CHE DETTE VITA ALLA “STRATEGIA DELLA TENSIONE” CON LA BOMBA DI PIAZZA FONTANA E L'ECCIDIO ALLA STAZIONE DI BOLOGNA - RICATTAVA POLITICI, COMPRAVA GIORNALISTI, SI INTRATTENEVA CON LICIO GELLI, STEFANO DELLE CHIAIE, ADRIANO SOFRI – FU LUI A CONSEGNARE IL “PIANO SOLO” DEL SUO NEMICO DE LORENZO A SCALFARI E JANNUZZI E DIVENNE IL CRITICO GASTRONOMICO DELL’”ESPRESSO”…
-
Roberto Faben per "la Verità"
Agli italiani che ricordano il periodo storico, tra il 1969 e il 1980, quando l'atto di sostare in una stazione ferroviaria o di salire su un treno paventava immagini di ordigni esplosi e carni dilaniate, e che ancora si pongono domande sui mandanti ed esecutori delle stragi perpetrate nel Paese nel corso dei truci anni della «strategia della tensione», il nome di Federico Umberto D'Amato risulta poco noto.
Eppure con questa figura schiva che, attraverso una progressione di carriera, iniziata il 1° agosto 1943, quando entrò in polizia e fu assegnato al commissariato di Trastevere a Roma, divenne il più potente e ascoltato dirigente di quell'Ufficio affari riservati (Uar) del ministero dell'Interno, cellula istituzionale con ruolo di polizia politica e di intelligence al più alto livello, di fatto un super-servizio segreto, s' intrecciano gli enigmi tuttora scarsamente chiariti della Prima Repubblica durante la Guerra Fredda.
Come quelli che ancora sussistono sull'eccidio alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, che ebbe un bilancio di 85 morti e centinaia di feriti. L'11 febbraio 2020, la Procura generale di Bologna ha formalizzato avvisi di conclusione delle indagini con ipotesi di reato quale presunto mandante e finanziatore della strage nei confronti di D'Amato, in concorso con l'ex-capo della loggia massonica segreta P2, Licio Gelli, con il banchiere Umberto Ortolani e con l'ex-direttore della rivista Il Borghese, Mario Tedeschi.
Gli indiziati sono tutti deceduti. Le imputazioni della Procura petroniana si basano su un appunto manoscritto in possesso di Gelli al momento del suo arresto a Ginevra il 13 settembre 1982, nel quale, sotto l'indicazione del numero di conto corrente del «Venerabile» all'Unione Banche Svizzere (525779-.Xs) e la dizione «Bologna», sono riassunte varie operazioni finanziarie avvenute tra il 1979 e il 1980 a favore di riceventi con nome in codice.
Una di esse, è destinata a un fantomatico «Relaz. Zaff.», personaggio oppure organizzazione che, nell'ottobre 1980, avrebbe ricevuto 850.000 dollari attraverso 5 bonifici. Non è la prima volta che questo documento finisce al centro di un'inchiesta giudiziaria, ma stavolta, la Procura di Bologna suppone che lo «Zaff» del manoscritto sia il criptonimo di D'Amato, dominus dell'Uar.
La tesi è che egli, appassionato di gastronomia - tanto da essere stato incaricato, nel 1977, dal settimanale di sinistra L'Espresso, di curare una rubrica di cucina, firmata con pseudonimi, e di dirigere la Guida dei ristoranti italiani - sia stato il destinatario degli emolumenti. L'identificazione di «Zaff.» in D'Amato si legherebbe al fatto che colui che amava essere soprannominato «lo Sbirro», avesse esaltato le proprietà dello zafferano in due righe di un suo libro del 1984, Menu e dossier.
Un altro indizio da decifrare è il versamento di 506.000 dollari, somma che corrisponde a quella del quarto bonifico a favore di «Zaff.», su un conto Ubs di Ginevra chiamato «Federico», forse provenienti dalla filiale peruviana del Banco Ambrosiano, eseguito da tale avvocato Michel De Gorsky, amministratore della società «Oggicane», che sarebbe riconducibile a D'Amato.
Questi fondi furono utilizzati nel novembre 1979 per l'acquisto di un appartamento a Parigi che fu in effetti, prima di essere venduto, di proprietà dello stesso ex capo dell'Uar. In attesa di conoscere maggiori dettagli sull'inchiesta dei pm bolognesi, lo storico Giacomo Pacini, che nel libro uscito per Einaudi La spia intoccabile.
Federico Umberto D'Amato e l'Ufficio affari riservati, parte da questi elementi per ricostruire cupi retroscena degli anni degli opposti estremismi. Tuttavia sostiene che la tesi accusatoria che vorrebbe D'Amato - nel 1980 direttore della polizia di frontiera - complice di Gelli nel finanziamento di cellule eversive neofasciste mediante fonti distratti dal Banco Ambrosiano e confluiti nelle banche di Ortolani, appare «estrema», «fino ai limiti della credibilità».
D'altra parte, un altro nodo, archiviato dalla Procura di Bologna, resta insoluto. È quello riconducibile alla «pista palestinese», in base al quale l'attentato del 2 agosto sarebbe stato un atto di rappresaglia del Fronte nazionale di liberazione della Palestina (Fnlp), per violazione da parte delle autorità italiane del «lodo Moro», accordo di non belligeranza con i palestinesi accettato dallo statista Dc, venuto meno con l'arresto novembre 1979 a Ortona (Chieti) di alcuni militanti di Autonomia operaia che trasportavano missili terra-aria Strela sovietici destinati ai palestinesi e, a Bologna, di Abu Anzeh Saleh, garante del Fnlp.
Ma, riguardo l'incriminazione di D'Amato, che rapporti intratteneva con Gelli? E qual era la sua storia? Pacini, paziente esploratore d'archivi, ne ricostruisce, con dovizia di riferimenti documentali, biografia e attività. Quando, nel luglio 1981, il ministro dell'Interno Virginio Rognoni chiese all'alto funzionario spiegazioni sul perché il suo nome apparisse tra gli iscritti alla P2, egli rispose di non aver avuto nulla a che fare con le attività della loggia.
E «che era entrato a farne parte solo per svolgere quei compiti di tipo informativo da sempre chiestigli dal ministero», gli stessi rapporti «di quelli che aveva avuto con militanti dell'estrema sinistra, dell'estrema destra, del Pci, del Msi, del terrorismo palestinese o con agenti dei servizi sovietici».
In un'intervista, definì Gelli «un cretino» che diceva «tremende banalità», pur sapendo essere «persuasivo, rassicurante», tanto che potenti, si trattasse di «un presidente del Consiglio pericolante () o un direttore di giornale» che temevano di essere sostituiti, si rivolgevano a lui nella suite all'hotel Excelsior di Roma, ma il suo scopo «non era politico, ma economico. Perché mai avrebbe dovuto sovvertire le istituzioni? Ideare un golpe? () Lui stava benissimo così, intrallazzando, facendo soldi a palate».
Federico Umberto D'Amato nacque solo per una coincidenza a Marsiglia il 4 giugno 1919. Era figlio di un commissario di polizia napoletano di origini aristocratiche e di un'operaia piemontese, attivista nel sindacalismo cattolico.
Si laureò in giurisprudenza a Roma nel 1942 e i suoi primi legami con l'intelligence si ebbero dopo l'8 settembre 1943 quando, schieratosi con gli alleati, dopo essere stato iscritto al Partito fascista, l'agente segreto statunitense James Jesus Angleton lo reclutò per recuperare per l'«Offices of secret services», antesignano della Cia, nel territorio della Repubblica di Salò, gli archivi dell'Ovra, la polizia politica di Mussolini.
Agli Affari riservati entrò nel 1960 e qui rimase, pur con qualche ostacolo, negli anni successivi, sempre in stretta collaborazione con la Cia, fino a diventarne direttore dal 1971 all'anno in cui esso fu sciolto, il 1974. In quel periodo l'Uar era una struttura piramidale che raccoglieva, attraverso infiltrati e collaboratori, informazioni si uomini politici (tra i quali Andreotti, Fanfani, Donat Cattin, Cossiga), sindacalisti, giornalisti (come Biagi e Bocca) e movimenti extra-parlamentari.
Alla base della piramide operavano squadre periferiche di ufficiali di pubblica sicurezza svincolati dalle questure e attivi in anonimi uffici privati. A discrezione di D'Amato era la «valutazione politica» dei rapporti pervenuti e la decisione di quali elementi trasferire alla magistratura e al ministro e quali no.
Per questo egli, almeno fino al 1984, quando andò in pensione, «detenne un potere così vasto», si sottolinea nel saggio di Pacini, «da condizionare perfino le scelte dei vari ministri dell'Interno in carica».
Anche Tina Anselmi, implacabile accusatrice della P2, in una puntata del dicembre 1989 di La notte della Repubblica di Zavoli, lo elogiò, sostenendo che «negli apparati di sicurezza ci sarebbero voluti più uomini della sua capacità e intelligenza».
D'altra parte, l'ex-capitano del Sid Antonio La Bruna, dichiarò ai giudici Mastelloni e Salvini che l'organizzazione di estrema destra Avanguardia nazionale, «era pilotata dall'Uar retto dal D'Amato» e altri verbali riferiscono che il suo leader, Stefano Delle Chiaie, implicato nelle indagini su piazza Fontana (1969), frequentava con familiarità gli ambienti dell'Uar e l'ufficio di D'Amato.
Tra rififi nei servizi segreti e catene di figure messe a tacere per sempre, in una sciarada di specchi e rimbalzi di responsabilità, di Federico Umberto D'Amato resta una sibillina intervista nella quale, mentre esibiva i manichini meccanici che collezionava e di cui amava definirsi il jongleur, il manovratore, sosteneva che «una strage, il più vile attentato che si possa fare, è anche il più facile, non lascia tracce» e, con tono tenebroso, «che le stragi possono essere fatte un po' da tutti».
Parti del suo archivio segreto ancora non si sa dove siano. Nel suo testamento, «somme di denaro di scarsa entità», rivela l'autore del libro, «compaiono, insieme alla titolarità di due appartamenti a Roma, come lascito ad Antonella Gallo, deceduta, compagna di D'Amato dopo la morte della prima moglie Ida Melani (il funzionario non aveva figli, ndr)».
Negli anni Sessanta fondò il club di Berna, reunion dei servizi di sicurezza europei, talvolta con partecipazione della Cia, ancor oggi esistente. In vita non fu mai processato. Dopo la sua morte, nel quartier generale Nato a Bruxelles, gli fu intitolata una delle sale più prestigiose, riconoscimento mai ottenuto da alcun agente dell'intelligence italiana.
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Attentato Marsiglia, arrestato a Ferrara un fratello di Ahmed Hanachi L'arrestato si chiama Anis Hanachi, 25 anni, ed è stato bloccato ieri sera dagli uomini della Digos di Bologna e Ferrara, che hanno eseguito un mandato di arresto europeo emesso dalle autorità francesi…
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Terrorismo, riunito il comitato per l'ordine e la sicurezza in Prefettura
Terrorismo, riunito il comitato per l’ordine e la sicurezza in Prefettura
Sono stati arrestati in Tunisia, entrambi a Zarzouna, il fratello minore e la sorella di Ahmed Hanachi, autore dell’attentato del 1 ottobre a Marsiglia, in cui sono state uccise due giovani ragazze alla stazione di Saint Charles. Risulta invece ancora ricercato in Europa l’altro fratello, Anouar Hanachi, condannato per atti terroristici in Tunisia e poi fuggito.
L’unità antiterrorimo della…
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