#ascoltare romanzi
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pier-carlo-universe · 22 days ago
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Uscito in audiolibro “Passi di morte” di Maria Masella, il 26° capitolo della serie “Le indagini del commissario Antonio Mariani”
In uscita dall’1 aprile in audiolibro per il Narratore il ventiseiesimo capitolo della serie sul commissario Antonio Mariani nata dalla penna di Maria Masella, candidata al Premio Strega nel 2024, dal titolo Passi di Morte.  Con la voce narrante di Riccardo Ricobello, il commissario Mariani riceve una telefonata dalla commissaria Nicoli che gli chiede informazioni sul suicidio di Biagio Ferrero,…
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raccontidialiantis · 4 months ago
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Dialoghi tra donne che si amano
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Si, sto per mandare all’aria la vita regolare e “ragionevolmente” serena fatta sinora. Per amore. Per l’attrazione irresistibile che ormai io, arrivata a ben oltre quarant'anni, provo per te: la mia più cara amica intima da tempo. Adoro i messaggi roventi che rinneghi e minimizzi di giorno ma che invece mi mandi di nascosto alle due di notte. Perché ti urgo, lo so.
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Doppi sensi e frasi che devo giustificare con lui, arrampicandomi sugli specchi. Piccoli romanzi di passione condensati in cinque o sei righe. Che si fanno ogni volta più intrisi dei dubbi di mio marito, pover'uomo, umidi delle sue lacrime nascoste di coniuge che ormai è ben cosciente di essere tradito. Parole che sono anche fonte di una passione torrida e inconfessabile per te che mi cresce tra le cosce.
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Mandala preziosi e impalpabili, gioiellini di parole che vanno rigorosamente cancellati subito dopo letti, appena abbiano assolto al loro compito di far battere forte il cuore a cui erano destinati. E che hanno pian piano sgretolato le mie difese di moglie  e madre. 
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Ora fai il sacrificio e cerca di stare zitta per un po’. Chiudi quelle labbra di meravigliosa fresca divorziata assetata d'amore che io adoro divorare: in segreto e nel peccato. Prova ad ascoltare la gente attorno a noi. Proprio adesso, in questo bar: in ciascuno dei presenti puoi percepire chiaramente e quasi toccare il bisogno di essere amato e compreso.
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Accarezzato e perdonato. Guarda nei loro occhi. Anche in quelli di chi ha i capelli bianchi. Soprattutto in quelli di chi ha i capelli bianchi. Penso sia proprio arrivato il momento della verità, tra noi. Perché il tempo vola letteralmente.
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Perché nel mio letto ormai voglio che regni sovrano solo il profumo della tua pelle, accanto a me: costi quel che costi. Fanculo le ragioni economiche, le altre cazzate e l'unione con mio marito di fatto finita. Siamo pronte? Soprattutto: tu sei pronta? 
-Non stiamo parlando solo della felicità di due persone, qui.
-E allora dimmi: di che cos'è che stiamo parlando?
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RDA
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libero-de-mente · 1 year ago
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Donne, uomini e libri
Credo che la situazione sentimentale di molte persone sia lo specchio dell'attuale società.
Si cerca tutto e subito, leggerezza e piacere senza impegno. Avere quello che si vuole solo quando necessita.
Le App insegnano. Hai fame *click*, hai voglia di un week end fuori porta *click*, vuoi andare al cinema *click*, vuoi ascoltare una canzone *click* e in fine vuoi degli incontri con partner senza impegno? Anche qui *click* *click*.
Secondo me le persone meriterebbero più importanza. Spesso si giudica con troppa fretta, in maniera approssimativa.
Io reputo le persone come dei libri, non ci si deve fermare alla copertina e neanche della prefazione. Ci sono vari libri come i romanzi per esempio che vanno da quelli sentimentali a quelli d'avventura, da quelli noir a quelli filosofici oppure anche libertini. Credo che nelle persone, come se fossero libri, ci siano più generi che vanno scoperti leggendoli e sfogliandoli.
Le donne.
Sono da leggere, fino all'ultimo capitolo. E se dopo un primo appuntamento ci rimane qualche dubbio, cosa che a noi uomini spesso capita, restando con quell'espressione di chi ha letto Nietzsche o Kant senza averci capito nulla, basta impegnarsi e ricominciare a leggerle.
Perché in quanto libri, le donne, non saranno mai uguali alla prima lettura, ma magicamente appariranno altri capitoli come se inavvertitamente nella fretta fossero stati saltati.
In un momento che stiamo vivendo di scarso impegno intellettuale, dove a molti risulta difficile leggere post oltre le dieci righe sui social, come si può pensare di impegnarsi per leggere una vita, fatta di esperienze ed emozioni, racchiuse in una persona solo con un rapido giudizio?
Faccio un esempio, si ha la possibilità di scegliere un libro. Uno solo, non di più. Se ci si accontenta di impegnarsi poco si sceglierà un libro pieno di illustrazioni. Guardare è meno impegnativo che leggere.
Chi avrà fatto questa scelta si perderà la possibilità, invece, di scegliere un libro pieno di pensieri, parole, racconti e consigli. Quanti inconsciamente non s'immaginano minimamente a cosa hanno rinunciato. Quello che si sono persi.
Gli uomini.
Non sono da giudicare dalla copertina.
Immaginiamo una donna in una libreria, davanti a sé ha dei libri in esposizione. Vede un libro sconosciuto in libreria. Lei è attratta dalla copertina di uno di essi. Non conosce l'autore.
Così sbircia l'occhiello, ma essendo curiosa passa al frontespizio... uhm, non si è ancora decisa. Sfogliando ecco che le appare l'esergo, "caspita che citazione" sussurra mentre il libro è sempre più saldo nelle sue mani.
A seguire sfogliando trova una dedica, che la fa sciogliere un po'... ed ecco che arriva al punto chiave. Come dopo alcuni appuntamenti interlocutori con un uomo, gira la pagina e trova la prefazione. Finalmente scopre il suo contenuto, l'ambientazione, i personaggi e un sunto della trama del libro.
A questo punto ha solo due opzioni: richiudere il libro e riposizionarlo sullo scaffale, oppure ammirarlo un attimo e con un sorriso avviarsi alla cassa con esso.
Donne e uomini.
Solo leggendo i libri, come metafora delle persone, alla fine della lettura si può essere perdutamente innamorati di quel libro. Come invece si può, alla fine della lettura, rimanerne delusi, nonostante quella prefazione che sembrava promettere bene.
Prendere a caso un libro da uno scaffale solo dalla copertina, senza valutarlo né guardarlo più di tanto, trovandosi poi tra le mani un libro che ci faccia innamorare, può accadere solo con un colpo di fortuna.
Bisogna sapersi leggere, senza fretta o pregiudizi. Solo alla fine trarre le conclusioni.
Ognuno di noi è un libro. Buona lettura a tutti.
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lunamarish · 10 months ago
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Vorrei che tu venissi da me in una sera d’inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo.
Per gli stessi sentieri fatati passammo infatti tu ed io, con passi timidi, insieme andammo attraverso le foreste piene di lupi, e i medesimi geni ci spiavano dai ciuffi di muschio sospesi alle torri, tra svolazzare di corvi.
Insieme, senza saperlo, di là forse guardammo entrambi verso la vita misteriosa, che ci aspettava. Ivi palpitarono in noi per la prima volta pazzi e teneri desideri. “Ti ricordi?” ci diremo l’un l’altro, stringendoci dolcemente, nella calda stanza, e tu mi sorriderai fiduciosa mentre fuori daran tetro suono le lamiere scosse dal vento.
Ma tu – ora mi ricordo – non conosci le favole antiche dei re senza nome, degli orchi e dei giardini stregati. Mai passasti, rapita, sotto gli alberi magici che parlano con voce umana, né battesti mai alla porta del castello deserto, né camminasti nella notte verso il lume lontano lontano, né ti addormentasti sotto le stelle d’Oriente, cullata da piroga sacra. Dietro i vetri, nella sera d’inverno, probabilmente noi rimarremo muti, io perdendomi nelle favole morte, tu in altre cure a me ignote. Io chiederei “Ti ricordi?”, ma tu non ricorderesti.
Vorrei con te passeggiare, un giorno di primavera, col cielo di color grigio e ancora qualche vecchia foglia dell’anno prima trascinata per le strade dal vento, nei quartieri della periferia; e che fosse domenica. In tali contrade sorgono spesso pensieri malinconici e grandi, e in date ore vaga la poesia congiungendo i cuori di quelli che si vogliono bene.
Nascono inoltre speranze che non si sanno dire, favorite dagli orizzonti sterminati dietro le case, dai treni fuggenti, dalle nuvole del settentrione. Ci terremo semplicemente per mano e andremo con passo leggero, dicendo cose insensate, stupide e care. Fino a che si accenderanno i lampioni e dai casamenti squallidi usciranno le storie sinistre delle città, le avventure, i vagheggiati romanzi. E allora noi taceremo, sempre tenendoci per mano, poiché le anime si parleranno senza parola.
Ma tu – adesso mi ricordo – mai mi dicesti cose insensate, stupide e care. Né puoi quindi amare quelle domeniche che dico, né l’anima tua sa parlare alla mia in silenzio, né riconosci all’ora giusta l’incantesimo delle città, né le speranze che scendono dal settentrione. Tu preferisci le luci, la folla, gli uomini che ti guardano, le vie dove dicono si possa incontrar la fortuna. Tu sei diversa da me e se venissi quel giorno a passeggiare, ti lamenteresti di essere stanca; solo questo e nient’altro.
Vorrei anche andare con te d’estate in una valle solitaria, continuamente ridendo per le cose più semplici, ad esplorare i segreti dei boschi, delle strade bianche, di certe case abbandonate. Fermarci sul ponte di legno a guardare l’acqua che passa, ascoltare nei pali del telegrafo quella lunga storia senza fine che viene da un capo del mondo e chissà dove andrà mai. E strappare i fiori dei prati e qui, distesi sull’erba, nel silenzio del sole, contemplare gli abissi del cielo e le bianche nuvolette che passano e le cime delle montagne.
Tu diresti “Che bello!”. Niente altro diresti perché noi saremmo felici; avendo il nostro corpo perduto il peso degli anni, le anime divenute fresche, come se fossero nate allora. Ma tu – ora che ci penso – tu ti guarderesti attorno senza capire, ho paura, e ti fermeresti preoccupata a esaminare una calza, mi chiederesti un’altra sigaretta, impaziente di fare ritorno.
E non diresti “Che bello! “, ma altre povere cose che a me non importano. Perché purtroppo sei fatta così. E non saremmo neppure per un istante felici. Vorrei pure – lasciami dire – vorrei con te sottobraccio attraversare le grandi vie della città in un tramonto di novembre, quando il cielo è di puro cristallo. Quando i fantasmi della vita corrono sopra le cupole e sfiorano la gente nera, in fondo alla fossa delle strade, già colme di inquietudini. Quando memorie di età beate e nuovi presagi passano sopra la terra, lasciando dietro di sé una specie di musica.
Con la candida superbia dei bambini guarderemo le facce degli altri, migliaia e migliaia, che a fiumi ci trascorrono accanto. Noi manderemo senza saperlo luce di gioia e tutti saran costretti a guardarci, non per invidia e malanimo; bensì sorridendo un poco, con sentimento di bontà, per via della sera che guarisce le debolezze dell’uomo. Ma tu – lo capisco bene – invece di guardare il cielo di cristallo e gli aerei colonnati battuti dall’estremo sole, vorrai fermarti a guardare le vetrine, gli ori, le ricchezze, le sete, quelle cose meschine. E non ti accorgerai quindi dei fantasmi, né dei presentimenti che passano, né ti sentirai, come me, chiamata a sorte orgogliosa. Né udresti quella specie di musica, né capiresti perché la gente ci guardi con occhi buoni.
Tu penseresti al tuo povero domani e inutilmente sopra di te le statue d’oro sulle guglie alzeranno le spade agli ultimi raggi. Ed io sarei solo. È inutile. Forse tutte queste sono sciocchezze, e tu migliore di me, non presumendo tanto dalla vita. Forse hai ragione tu e sarebbe stupido tentare. Ma almeno, questo sì almeno, vorrei rivederti. Sia quel che sia, noi staremo insieme in qualche modo, e troveremo la gioia. Non importa se di giorno o di notte, d’estate o d’autunno, in un paese sconosciuto, in una casa disadorna, in una squallida locanda.
Mi basterà averti vicina. Io non starò qui ad ascoltare – ti prometto – gli scricchiolii misteriosi del tetto, né guarderò le nubi, né darò retta alle musiche o al vento. Rinuncerò a queste cose inutili, che pure io amo. Avrò pazienza se non capirai ciò che ti dico, se parlerai di fatti a me strani, se ti lamenterai dei vestiti vecchi e dei soldi. Non ci saranno la cosiddetta poesia, le comuni speranze, le mestizie così amiche all’amore. Ma io ti avrò vicina.
E riusciremo, vedrai, a essere abbastanza felici, con molta semplicità, uomo con donna solamente, come suole accadere in ogni parte del mondo. Ma tu – adesso ci penso – sei troppo lontana, centinaia e centinaia di chilometri difficili a valicare. Tu sei dentro a una vita che ignoro, e gli altri uomini ti sono accanto, a cui probabilmente sorridi, come a me nei tempi passati. Ed è bastato poco tempo perché ti dimenticassi di me. Probabilmente non riesci più a ricordare il mio nome. Io sono ormai uscito da te, confuso fra le innumerevoli ombre. Eppure non so pensare che a te, e mi piace dirti queste cose.
Dino Buzzati
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stregh · 8 months ago
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La lupa, #incipit
"Era alta, magra, aveva soltanto un seno fermo e vigoroso da bruna e pure non era più giovane; era pallida come se avesse sempre addosso la malaria, e su quel pallore due occhi grandi così, e delle labbra fresche e rosse, che vi mangiavano.
Al villaggio la chiamavano la Lupa perchè non era sazia giammai — di nulla. Le donne si facevano la croce quando la vedevano passare, sola come una cagnaccia, con quell’andare randagio e sospettoso della lupa affamata; ella si spolpava i loro figliuoli e i loro mariti in un batter d’occhio, con le sue labbra rosse, e se li tirava dietro alla gonnella solamente a guardarli con quegli occhi da satanasso, fossero stati davanti all’altare di Santa Agrippina. Per fortuna la Lupa non veniva mai in chiesa, nè a Pasqua, nè a Natale, nè per ascoltar messa, nè per confessarsi. — Padre Angiolino di Santa Maria di Gesù, un vero servo di Dio, aveva persa l’anima per lei.
Maricchia, poveretta, buona e brava ragazza, piangeva di nascosto, perchè era figlia della Lupa, e nessuno l’avrebbe tolta in moglie, sebbene ci avesse la sua bella roba nel cassettone, e la sua buona terra al sole, come ogni altra ragazza del villaggio."
Giovanni Verga ✍// Anna Magnani è in teatro "La lupa" , Franco Zeffirelli, 1965
#AccadeOggi: Il 2 settembre 1840 nasce Giovanni #Verga, noto per essere il principale esponente del verismo. Tra le sue opere più famose ricordiamo "I #Malavoglia" e "Mastro-don Gesualdo", che fanno parte del ciclo dei Vinti, sottolineando la realtà nuda e cruda. Appunto per questo si chiama "verismo", perché rappresenta il vero, dai rovesciamenti di fortuna ai vizi e peccati dell'umanità.
A proposito di peccati, non possiamo dimenticare "La Lupa", una novella che evidenzia la natura umana: la passione, la gelosia, l'esasperazione, l'ipocrisia, i pregiudizi, ecc. Quando leggo che vogliono abolire Verga o che è uno #scrittore di cui si può fare a meno, mi salgono i nervi.
Perché Verga ti sbatte in faccia la realtà, anche quella poco piacevole. Ti mostra la natura umana, anche negli aspetti più nascosti. Molte volte ti fa ragionare sui comportamenti e sui simboli, forse proprio per questo qualcuno lo vorrebbe "far fuori".
Il Magnifico Press
Ph.web
#accadevaoggi #Giovanniverga #novelle #romanzi #letteratura #letteraturaitaliana
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sereads · 7 days ago
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Dopo aver terminato 2001: Odissea nello spazio, Stanley Kubrick si dedicò ad altri progetti, il primo dei quali, Napoleon, lo ossessionò per molti anni. Doveva essere prodotto – come 2001 – dalla MGM, ma fu abbandonato perché non arrivarono i consistenti finanziamenti necessari alla realizzazione; inoltre, i cambiamenti nella dirigenza della MGM resero il progetto ancora più problematico. Kubrick prese anche in considerazione un romanzo breve di Arthur Schnitzler, Doppio sogno (Traumnovelle), il cui potenziale era stato individuato da sua moglie Christiane, e che avrebbe portato sullo schermo circa trent’anni dopo con Eyes Wide Shut. Tuttavia, non riuscì a sviluppare una sceneggiatura soddisfacente per l’opera di Schnitzler e ben presto la accantonò a favore di un romanzo di Anthony Burgess, consigliatogli dal suo sceneggiatore di Il dottor Stranamore, Terry Southern. Si trattava di Arancia meccanica, di cui Southern aveva acquistato un’opzione, lavorando a un adattamento cinematografico insieme al fotografo Michael Cooper. In seguito, Southern vendette i diritti al suo avvocato Litvinoff e al socio di questi, Max Raab. Kubrick firmò un contratto di produzione con la Warner Bros., con la quale avrebbe collaborato per tutti i suoi film successivi, e acquistò i diritti per 200.000 dollari più una quota del 50% su tutti i profitti. “Ero entusiasta di ogni aspetto dell’opera,” disse all’epoca, “la trama, le idee, i personaggi e, naturalmente, il linguaggio.”
Nessun grande clamore critico accolse la pubblicazione di Arancia meccanica nel 1962. Fu un’opera difficile da scrivere per Burgess, con una terribile base autobiografica: sua moglie era stata violentata da disertori americani a Londra durante la Seconda guerra mondiale. Il libro faceva parte di una serie di cinque romanzi scritti da Burgess in rapida successione, durante un periodo di frenesia creativa scatenata dalla scoperta di avere un tumore al cervello in fase terminale e meno di un anno di vita; in realtà, visse altri venticinque anni.
Questo fu il primo film per il quale Kubrick scrisse la sceneggiatura interamente da solo (Barry Lyndon, il suo film successivo, fu l’unico altro caso). Di tutti i film che realizzò in Gran Bretagna, questi due sono, paradossalmente, gli unici il cui contesto culturale è veramente inglese. Tutti gli altri, da Lolita a Eyes Wide Shut, sono completamente americani sia per ambientazione sia per la nazionalità della maggior parte degli attori. Le sceneggiature di Arancia meccanica e Barry Lyndon furono inoltre adattamenti fedeli di narrazioni attentamente strutturate, alle quali Kubrick apportò modifiche importanti, ma non radicali. Dopo quattro mesi di lavoro – durante i quali utilizzò per la prima volta un computer, che gli permise di riorganizzare digitalmente le scene – completò una prima bozza della sceneggiatura il 15 maggio 1970, usando un formato inusuale: l’azione era descritta al centro della pagina, con i dialoghi disposti ai lati. Durante le riprese, da ottobre 1970 a marzo 1971, Kubrick riscrisse ampiamente i dialoghi durante lunghe sessioni di prove con gli attori, in particolare con Malcolm McDowell.
Arancia meccanica è ambientato in un’Inghilterra di un futuro prossimo. La prima scena si svolge nel Korova Milkbar, dove Alex (Malcolm McDowell) e i suoi tre droogs, Dim, Pete e Georgie, bevono cocktail allucinogeni per stimolare le loro tendenze violente. In seguito, aggrediscono un mendicante e si scontrano con i loro rivali, Billy-Boy e la sua banda.
«L’idea centrale del film riguarda la questione del libero arbitrio. Perdiamo la nostra umanità se ci viene tolta la possibilità di scegliere tra il bene e il male?» — S.K., 1972 (a Michel Clément)
Alla fine, Alex e la sua banda assaltano la casa isolata di uno scrittore e politico, il signor Alexander (Patrick Magee), e violentano sua moglie. Alex poi torna a casa per ascoltare la sua musica preferita: la Nona Sinfonia di Beethoven. La mattina seguente, mentre i suoi genitori sono al lavoro, ha un rapporto sessuale con due giovani donne conosciute in un negozio di dischi. Alex e la sua banda, di cui è il leader, invadono la casa della Signora dei Gatti (Catlady), che riesce ad avvertire la polizia prima che Alex la uccida. Viene arrestato e condannato a quattordici anni di prigione, ma dopo due anni accetta di sottoporsi al trattamento “Ludovico”, una forma di terapia d’urto promossa dal governo nel tentativo di ridurre la criminalità. Il trattamento consiste nel mostrargli immagini violente, come crimini di guerra nazisti, con l’intento di condizionarlo a provare nausea di fronte ai propri impulsi violenti o sessuali. Sviluppa anche una repulsione verso Beethoven, la cui musica viene suonata durante la visione di tali immagini. Reso incapace di violenza da questo lavaggio del cervello, viene rilasciato dal carcere. Scopre che un inquilino ha preso il suo posto nella casa dei genitori, viene aggredito da dei mendicanti e picchiato dai suoi ex droogs (ora diventati poliziotti), ma è incapace di reagire. Per caso trova rifugio proprio a casa del signor Alexander, che aveva letto di lui sul giornale. Per vendicarsi e mettere in imbarazzo il governo, Alexander lo spinge al suicidio facendogli ascoltare la Nona di Beethoven. Ma Alex sopravvive e, dopo le cure in ospedale, viene dichiarato “guarito” dal condizionamento subito. Il Ministro degli Interni (Anthony Sharp) gli offre un lavoro ben pagato, permettendogli di dare libero sfogo alla sua violenza ormai rinata. L’ultima immagine del film mostra Alex che fantastica di fare l’amore con una donna nuda sulla neve, davanti a un gruppo di spettatori. Esclama trionfante: «Ero guarito, eccome!»
Nell’edizione originale inglese del romanzo, l’ultimo capitolo mostra Alex pienamente reintegrato nella società e dedito a una tranquilla vita familiare. Kubrick, che venne a conoscenza di questo capitolo extra solo dopo aver lavorato all’adattamento, scelse comunque di usare il finale dell’edizione americana, che si adattava meglio al suo profondo pessimismo e alla sua tagliente ironia.
The Stanley Kubrick Archives
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susieporta · 4 months ago
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DINO BUZZATI
"Gli inviti superflui"
Tratto dalla raccolta "60 Racconti".
Vorrei che tu venissi da me in una sera d’inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo.
Per gli stessi sentieri fatati passammo infatti tu ed io, con passi timidi, insieme andammo attraverso le foreste piene di lupi, e i medesimi genii ci spiavano dai ciuffi di muschio sospesi alle torri, tra svolazzare di corvi.
Insieme, senza saperlo, di là forse guardammo entrambi verso la vita misteriosa, che ci aspettava.Ivi palpitarono in noi per la prima volta pazzi e teneri desideri. “Ti ricordi?” ci diremo l’un l’altro, stringendoci dolcemente, nella calda stanza, e tu mi sorriderai fiduciosa mentre fuori daran tetro suono le lamiere scosse dal vento.
Ma tu – ora mi ricordo – non conosci le favole antiche dei re senza nome, degli orchi e dei giardini stregati. Mai passasti, rapita, sotto gli alberi magici che parlano con voce umana, né battesti mai alla porta del castello deserto, né camminasti nella notte verso il lume lontano lontano, né ti addormentasti sotto le stelle d’Oriente, cullata da piroga sacra. Dietro i vetri, nella sera d’inverno, probabilmente noi rimarremo muti, io perdendomi nelle favole morte, tu in altre cure a me ignote. Io chiederei “Ti ricordi?”, ma tu non ricorderesti.
Vorrei con te passeggiare, un giorno di primavera, col cielo di color grigio e ancora qualche vecchia foglia dell’anno prima trascinata per le strade dal vento, nei quartieri della periferia; e che fosse domenica. In tali contrade sorgono spesso pensieri malinconici e grandi, e in date ore vaga la poesia congiungendo i cuori di quelli che si vogliono bene
Nascono inoltre speranze che non si sanno dire, favorite dagli orizzonti sterminati dietro le case, dai treni fuggenti, dalle nuvole del settentrione. Ci terremo semplicemente per mano e andremo con passo leggero, dicendo cose insensate, stupide e care. Fino a che si accenderanno i lampioni e dai casamenti squallidi usciranno le storie sinistre delle città, le avventure, i vagheggiati romanzi. E allora noi taceremo, sempre tenendoci per mano, poiché le anime si parleranno senza parola.
Ma tu – adesso mi ricordo – mai mi dicesti cose insensate, stupide e care. Né puoi quindi amare quelle domeniche che dico, né l’anima tua sa parlare alla mia in silenzio, né riconosci all’ora giusta l’incantesimo delle città, né le speranze che scendono dal settentrione. Tu preferisci le luci, la folla, gli uomini che ti guardano, le vie dove dicono si possa incontrar la fortuna. Tu sei diversa da me e se venissi quel giorno a passeggiare, ti lamenteresti di essere stanca; solo questo e nient’altro.
Vorrei anche andare con te d’estate in una valle solitaria, continuamente ridendo per le cose più semplici, ad esplorare i segreti dei boschi, delle strade bianche, di certe case abbandonate. Fermarci sul ponte di legno a guardare l’acqua che passa, ascoltare nei pali del telegrafo quella lunga storia senza fine che viene da un capo del mondo e chissà dove andrà mai. E strappare i fiori dei prati e qui, distesi sull’erba, nel silenzio del sole, contemplare gli abissi del cielo e le bianche nuvolette che passano e le cime delle montagne.
Tu diresti “Che bello!”. Niente altro diresti perché noi saremmo felici; avendo il nostro corpo perduto il peso degli anni, le anime divenute fresche, come se fossero nate allora. Ma tu – ora che ci penso – tu ti guarderesti attorno senza capire, ho paura, e ti fermeresti preoccupata a esaminare una calza, mi chiederesti un’altra sigaretta, impaziente di fare ritorno.
E non diresti “Che bello! “, ma altre povere cose che a me non importano. Perché purtroppo sei fatta così. E non saremmo neppure per un istante felici. Vorrei pure – lasciami dire – vorrei con te sottobraccio attraversare le grandi vie della città in un tramonto di novembre, quando il cielo è di puro cristallo. Quando i fantasmi della vita corrono sopra le cupole e sfiorano la gente nera, in fondo alla fossa delle strade, già colme di inquietudini. Quando memorie di età beate e nuovi presagi passano sopra la terra, lasciando dietro di sé una specie di musica.
Con la candida superbia dei bambini guarderemo le facce degli altri, migliaia e migliaia, che a fiumi ci trascorrono accanto. Noi manderemo senza saperlo luce di gioia e tutti saran costretti a guardarci, non per invidia e malanimo; bensì sorridendo un poco, con sentimento di bontà, per via della sera che guarisce le debolezze dell’uomo. Ma tu – lo capisco bene – invece di guardare il cielo di cristallo e gli aerei colonnati battuti dall’estremo sole, vorrai fermarti a guardare le vetrine, gli ori, le ricchezze, le sete, quelle cose meschine. E non ti accorgerai quindi dei fantasmi, né dei presentimenti che passano, né ti sentirai, come me, chiamata a sorte orgogliosa. Né udresti quella specie di musica, né capiresti perché la gente ci guardi con occhi buoni.
Tu penseresti al tuo povero domani e inutilmente sopra di te le statue d’oro sulle guglie alzeranno le spade agli ultimi raggi. Ed io sarei solo. È inutile. Forse tutte queste sono sciocchezze, e tu migliore di me, non presumendo tanto dalla vita. Forse hai ragione tu e sarebbe stupido tentare. Ma almeno, questo sì almeno, vorrei rivederti. Sia quel che sia, noi staremo insieme in qualche modo, e troveremo la gioia. Non importa se di giorno o di notte, d’estate o d’autunno, in un paese sconosciuto, in una casa disadorna, in una squallida locanda.
Mi basterà averti vicina. Io non starò qui ad ascoltare – ti prometto – gli scricchiolii misteriosi del tetto, né guarderò le nubi, né darò retta alle musiche o al vento. Rinuncerò a queste cose inutili, che pure io amo. Avrò pazienza se non capirai ciò che ti dico, se parlerai di fatti a me strani, se ti lamenterai dei vestiti vecchi e dei soldi. Non ci saranno la cosiddetta poesia, le comuni speranze, le mestizie così amiche all’amore. Ma io ti avrò vicina.
E riusciremo, vedrai, a essere abbastanza felici, con molta semplicità, uomo con donna solamente, come suole accadere in ogni parte del mondo. Ma tu – adesso ci penso – sei troppo lontana, centinaia e centinaia di chilometri difficili a valicare. Tu sei dentro a una vita che ignoro, e gli altri uomini ti sono accanto, a cui probabilmente sorridi, come a me nei tempi passati. Ed è bastato poco tempo perché ti dimenticassi di me. Probabilmente non riesci più a ricordare il mio nome. Io sono ormai uscito da te, confuso fra le innumerevoli ombre. Eppure non so pensare che a te, e mi piace dirti queste cose."
DINO BUZZATI, "Gli inviti superflui" da "60 Racconti".
Illustrazione di Barbara Baldi.
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swingtoscano · 1 year ago
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Vorrei che tu venissi da me una sera d’inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo. Per gli stessi sentieri fatati passammo infatti tu ed io, con passi timidi, insieme andammo attraverso le foreste piene di lupi, e i medesimi genii ci spiavano dai ciuffi di muschio sospesi alle torri, tra svolazzare di corvi. Insieme, senza saperlo, di là forse guardammo entrambi verso la vita misteriosa, che ci aspettava. Ivi palpitarono in noi, per la prima volta pazzi e teneri desideri. “Ti ricordi?” ci diremo l’un l’altro, stringendoci dolcemente, nella calda stanza, e tu mi sorriderai fiduciosa mentre fuori daran tetro suono le lamiere scosse dal vento. Ma tu – ora mi ricordo – non conosci le favole antiche dei re senza nome, degli orchi e dei giardini stregati. Mai passasti, rapita, sotto gli alberi magici che parlano con voce umana, né battesti mai alla porta del castello deserto, né camminasti nella notte verso il lume lontano lontano, né ti addormentasti sotto le stelle d’Oriente, cullata da piroga sacra. Dietro i vetri, nella sera d’inverno, probabilmente noi rimarremo muti, io perdendomi nelle favole morte, tu in altre cure a me ignote. Io chiederei “Ti ricordi?”, ma tu non ricorderesti.
Vorrei con te passeggiare, un giorno di primavera, col cielo di color grigio e ancora qualche vecchia foglia dell’anno prima trascinata per le strade dal vento, nei quartieri della periferia; e che fosse domenica. In tali contrade sorgono spesso pensieri malinconici e grandi; e in date ore vaga la poesia, congiungendo i cuori di quelli che si vogliono bene. Nascono inoltre speranze che non si sanno dire, favorite dagli orizzonti sterminati dietro le case, dai treni fuggenti, dalle nuvole del settentrione. Ci terremo semplicemente per mano e andremo con passo leggero, dicendo cose insensate, stupide e care. Fino a che si accenderanno i lampioni e dai casamenti squallidi usciranno le storie sinistre della città, le avventure, i vagheggiati romanzi. E allora noi taceremo sempre tenendoci per mano, poiché le anime si parleranno senza parola. Ma tu – adesso mi ricordo – mai mi dicesti cose insensate, stupide e care. Né puoi quindi amare quelle domeniche che dico, né l’anima tua sa parlare alla mia in silenzio, né riconosci all’ora giusta l’incantesimo delle città, né le speranze che scendono dal settentrione. Tu preferisci le luci, la folla, gli uomini che ti guardano, le vie dove dicono si possa incontrare la fortuna. Tu sei diversa da me e se venissi quel giorno a passeggiare, ti lamenteresti d’essere stanca; solo questo e nient’altro.
Vorrei anche andare con te d’estate in una valle solitaria, continuamente ridendo per le cose più semplici, ad esplorare i segreti dei boschi, delle strade bianche, di certe case abbandonate. Fermarci sul ponte di legno a guardare l’acqua che passa, ascoltare nei pali del telegrafo quella lunga storia senza fine che viene da un capo del mondo e chissà dove andrà mai. E strappare i fiori dai prati e qui, distesi sull’erba, nel silenzio del sole, contemplare gli abissi del cielo e le bianche nuvolette che passano e le cime delle montagne. Tu diresti “Che bello!” Niente altro diresti perché noi saremmo felici; avendo il nostro corpo perduto il peso degli anni, le anime divenute fresche, come se fossero nate allora.
Ma tu – ora che ci penso – tu ti guarderesti intorno senza capire, ho paura, e ti fermeresti preoccupata ad esaminare una calza, mi chiederesti un’altra sigaretta, impaziente di fare ritorno. E non diresti “Che bello!”, ma altre povere cose che a me non importano. Perché purtroppo sei fatta così. E non saremmo neppure per un istante felici.
Vorrei pure – lasciami dire – vorrei con te sottobraccio attraversare le grandi vie della città in un tramonto di novembre, quando il cielo è di puro cristallo. Quando i fantasmi della vita corrono sopra le cupole e sfiorano la gente nera, in fondo alla fossa delle strade, già colme di inquietudini. Quando memorie di età beate e nuovi presagi passano sopra la terra, lasciando dietro di se una specie di musica. Con la candida superbia dei bambini guarderemo le facce degli altri, migliaia e migliaia, che a fiumi ci trascorrono accanto. Noi manderemo senza saperlo luce di gioia e tutti saran costretti a guardarci, non per invidia e malanimo; bensì sorridendo un poco, con sentimento di bontà, per via della sera che guarisce le debolezze dell’uomo. Ma tu – lo capisco bene – invece di guardare il cielo di cristallo e gli aerei colonnati battuti dall’estremo sole, vorrai fermarti a guardare le vetrine, gli ori, le ricchezze, le sete, quelle cose meschine. E non ti accorgerai quindi dei fantasmi, né dei presentimenti che passano, né ti sentirai, come me, chiamata a sorte orgogliosa. Né udresti quella specie di musica, né capiresti perché la gente ci guardi con occhi buoni. Tu penseresti al tuo povero domani e inutilmente sopra di te le statue d’oro sulle guglie alzeranno le spade agli ultimi raggi. Ed io sarei solo. E’ inutile. Forse tutte queste sono sciocchezze, e tu migliore di me, non presumendo tanto dalla vita. Forse hai ragione tu e sarebbe stupido tentare. Ma almeno, questo sì almeno, vorrei rivederti. Sia quel che sia, noi staremo insieme in qualche modo, e troveremo la gioia. Non importa se di giorno o di notte, d’estate o d’autunno, in un paese sconosciuto, in una casa disadorna, in una squallida locanda. Mi basterà averti vicina. Io non starò qui ad ascoltare – ti prometto – gli scricchiolii misteriosi del tetto, né guarderò le nubi, né darò retta alle musiche o al vento. Rinuncerò a queste cose inutili, che pure io amo. Avrò pazienza se non capirai ciò che ti dico, se parlerai di fatti a me strani, se ti lamenterai dei vestiti vecchi e dei soldi. Non ci saranno la cosiddetta poesia, le comuni speranze, le mestizie così amiche all’amore. Ma io ti avrò vicina. E riusciremo, vedrai, a essere abbastanza felici, con molta semplicità, uomo e donna solamente, come suole accadere in ogni parte del mondo.
Ma tu – adesso ci penso – sei troppo lontana, centinaia e centinaia di chilometri difficili a valicare. Tu sei dentro a una vita che ignoro, e gli altri uomini ti sono accanto, a cui probabilmente sorridi, come a me nei tempi passati. Ed è bastato poco tempo perché ti dimenticassi di me. Probabilmente non riesci più a ricordare il mio nome. Io sono ormai uscito da te, confuso tra le innumerevoli ombre. Eppure non so pensare che a te, e mi piace dirti queste cose.
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moonyvali · 2 years ago
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"Leopardi? Una noia mortale. Perché continuare a studiarlo a scuola? E obietta sempre qualcuno, Leopardi era un pessimista, è deprimente leggerlo!
Ecco, quando mi dicono che Leopardi era un pessimista, io non posso fare a meno di arrabbiarmi! Perché non è vero, non è assolutamente vero! Vi ricordate di quel giovane che osserva la luna e si domanda: «che fa l’aria infinita, e quel profondo infinito seren? » E ditemi, che emozioni vi suscitano questi versi: «Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare.» E cosa provate quando Leopardi vi parla di Silvia, dei suoi «occhi ridenti e fuggitivi?»
Una soave, irresistibile dolcezza che spezza il cuore. Pensate che questi versi furono scritti dieci anni dopo la morte di Teresa. Oggi invece c’è gente che dopo qualche minuto dimentica di averti conosciuto. Ecco, io ogni volta che leggo Leopardi provo un senso di commozione e mi paralizzo davanti all’intensità che traspare dai suoi versi.
Leopardi è il poeta che ha lottato tutta la vita per tenere assieme verità e bellezza. Parla con sincerità e la sua sincerità viene scambiata per tristezza perché da sempre la gente preferisce ascoltare chi la seduce, chi la lusinga, chi la illude. Eppure questo poeta che vi hanno descritto come brutto, gobbo, triste e depresso non si è mai lasciato spezzare, né dalla malattia, né dalla solitudine, né dalla cecità. Perfino quando era diventato quasi cieco, continuava a creare bellezza attraverso le sue poesie.
Già, la bellezza salverà il mondo. Ma dove sta la bellezza? Non nell’avere, non nel consumare, non in quella vita che mira all’interesse, a sopraffarsi l’un l’altro, non nella società fatta di chiacchiere meschine e apparenze, ma nell’immaginazione. Pensate, immaginate, ecco cosa vi sta dicendo Leopardi, anche a costo di sembrare strani. Alimentate in voi l’immaginazione, perché l’immaginazione vi renderà vivi. A questo serve la letteratura: perché senza bellezza, senza immaginazione la vita muore."
Guendalina Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X (Carissimi amici, è appena uscito «Intervista con un matto», il mio nuovo romanzo. Lo consiglio a chi ama le letture scabrose e le atmosfere introspettive dei romanzi russi. Potete leggerne un estratto gratuito e ordinarlo qui: https://www.amazon.it/Intervista-matto-Guendalina-Middei/dp/883205597X/
#letteratura #leopardi #giacomoleopardi #cultura #istruzione
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nusta · 2 years ago
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Stamattina ho scoperto che Michela Murgia ha letto gli audiobook dei propri libri e questa è una clip del backstage del primo che ha fatto, di Accabadora.
Ad un certo punto commenta il fatto che ascoltare una storia è un'esperienza diversa dal leggerla, specialmente per chi ha vissuto nell'infanzia la magia di avere qualcuno che raccontava le storie, magari prima di dormire. Per me è vero, anche se è da un po' che non ascolto romanzi, ma solo podcast. Uno dei suoi libri potrebbe essere un buon punto di ripartenza.
Con un'amica stamattina ci siamo scambiate le impressioni su Accabadora e abbiamo scoperto di aver interpretato in modo diametralmente opposto una situazione. Forse l'ambiguità è voluta, forse siamo noi a non aver capito, ma il bello di questa storia per me sta anche nelle prospettive speculari che presenta, nelle sfumature di giudizio che concede di esplorare. La morale forse è proprio che la morale si scontra con la forza della vita e ne viene smussata fino a perdere i suoi spigoli e a diventare tondeggiante, e se cammini abbastanza arrivi a vedere anche il lato opposto a quello che pensavi fosse quello indiscutibilmente corretto.
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inconsutile · 2 years ago
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la me del passato avrebbe dovuto ascoltare la me del passato ancora più passato che sosteneva di iniziare a leggere le Metamorfosi dopo la laurea, perché sapeva già che avrei interrotto la lettura per dedicarmi alla tesi (la quale prevedeva di analizzare due romanzi) e avrei perso il ritmo. Consapevole del fatto che io non so leggere due libri contemporaneamente, la me del passato meno passato ha detto nOOooO cE lA pOsSo fARe SikURamEnTE sTavOlTa!!!11!1!
Come avrete capito, sicuramente stavolta non ce l'ho fatta.
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puff-blog · 11 months ago
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I DIRITTI INALIENABILI DEL LETTORE* 1. NON LEGGERE Il diritto di non leggere è fondamentale perché rende la lettura una scelta, accrescendo ancor di più il valore del gesto. 2. SALTARE LE PAGINE Tanti libri – specie in alcune descrizioni – si rivelano a tratti noiosi. Il diritto di saltare le pagine ci sgrava del senso di colpa che abbiamo provato più e più volte nel saltare più e più righe, ansiosi di andare avanti senza leggere alcune parti a nostro parere inutili. 3. NON FINIRE IL LIBRO Non è obbligatorio finire un libro che si è iniziato, eppure abbiamo provato tutti quel senso di inadeguatezza che si prova nell’abbandonare la lettura di un libro definito un classico, un capolavoro. Abbiamo vissuto questo abbandono come una sconfitta. In realtà, lasciare un libro a metà è un nostro inalienabile diritto. 4. RILEGGERE Tanti si chiedono perché stai leggendo ancora quel libro, “Ma non l’hai letto già tre volte?”. E allora? Qual è il problema? 5. LEGGERE QUALSIASI COSA Abbiamo il diritto di leggere ciò che vogliamo, dal rosa al giallo, dal thriller allo storico, dai romanzi definibili con un genere ai romanzi non definibili. Nessuno ha il diritto, invece, di criticare le scelte di lettura delle altre persone. 6. IL BOVARISMO (MALATTIA TESTUALMENTE CONTAGIOSA) È uno dei diritti più belli: il diritto a emozionarsi, a lasciarsi prendere dalla storia. Il diritto a piangere, se è il caso. I libri possono salvarci la vita e nella vita abbiamo tutti bisogno di momenti di evasione e di puro godimento. 7. LEGGERE OVUNQUE Ad Amantea non ci sono luoghi dedicati alla lettura, quindi questo, nel nostro caso, è un diritto forzato. 8. SPIZZICARE Abbiamo il diritto di leggere un paio di pagine, una pagina o anche solo qualche riga. 9. LEGGERE AD ALTA VOCE Leggere ad alta voce è magico, c’è poco da fare. Ognuno di noi dovrebbe sempre avere al suo fianco qualcuno disposto ad ascoltare. Trasforma completamente la lettura. 10. TACERE "L’uomo costruisce case perché è vivo ma scrive libri perché si sa mortale. Vive in gruppo perché è gregario, ma legge perché si sa solo. La lettura è per lui una compagnia che non prende il posto di nessun’altra, ma che nessun’altra potrebbe sostituire. Non gli offre alcuna spiegazione definitiva sul suo destino ma intreccia una fitta rete di connivenze tra la vita e lui". *ispirato da "Come Un Romanzo" di Daniel Pennac
Il Club di Letture Femministe - La Guarimba Film Festival
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chiamami-daisy · 1 year ago
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mi manca audible....non me lo aspettavo ma mi manca ascoltare romanzi mentre faccio i servizi
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weirdesplinder · 1 year ago
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SERIE DI LIBRI DI FANTASCIENZA HALO
Siamo qui oggi per un'impresa epica, tenterò di riassumervi semplificando ampiamente, la struttura e la trama della serie di libri di fantascienza Halo, legata all'omonima serie di videogiochi.
Perchè credo che tra le serie di romanzi dedicate all'universo fantascientifico di u videogame sia tra le più valide, sottovalutate e ben studiate. E tenterò di ridarle una dignità in quanto serie letteraria e non come semplice corollario a un videogame.
Posto che l'universo di Halo conta 11 videogiochi, 40 libri, 4 Enciclopedie, 59 Fumetti, 3 film, Una serie TV su Paramount+, e 7 anime, capirete anche voi che stiamo parlando di un ambientazione veramente ben studita e ricca di particolari, contenuti e personaggi, e sopratutto ricca di storia.
Il videogioco Halo fu il primo a venire creato e sulla sua scarna e semplice idea di partenza, fu poi lo scrittore Eric Nylud a ideare un intero universo e a iniziare e poi portare avanti un'intera serie di libri, a cui però collaborarono molti altri autori nel corso degli anni.
La serie di libri è ancora in corso e tutt'ora si intreccia e incastra con le trame dei videogiochi, ma è leggibilissima e godibilissima anche se non avete mai giocato ad Halo e non sapete neppure cosa sia.
SAGA DEI PERCURSORI - Antefatto
Ambientata dopo la scoperta dei Flood da parte dei Precursori e la fine della prima battaglia tra Precursori, Umani e Flood, racconta il ritorno dei Flood e l'attivazione degli Halo. Sempre in questi libri si dedurrà anche il passato più lontano e le cause che portarono alla trasformazione dei Predecessori in Flood, proprio a causa delle azioni dei Precursori
E' formata da tre libri:
Halo Cryptum, di Greg Bear
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Trama: Il protagonista è Bornstellar Makes Eternal Lasting, un giovane facente parte del popolo dei Precursori. La sua passione per le civiltà e i tesori del passato e la sua accanita ricerca degli artefatti lasciati dai Predecessori lo porteranno ad esplorare un’antica stazione di ricerca su un pianeta vicino anche grazie all’aiuto di un essere umano, Chakas, di un hamanue, Riser e di un grande leader militare, il Didatta,. Imbarcato insieme a loro su una nave per rifornimenti in direzione del pianeta sconosciuto, da quel momento le loro vite s’intrecciano ed ha inizio la storia che porterà, in futuro, al ritorno dei Flood.
2. Halo Primordium, di Greg Bear
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Trama: In seguito all'apparente autodistruzione dell'impero dei Precursori, i due umani Chakas e Riser vengono catturati dal Costruttore Supremo e diventano sia oggetto di ricerche che pedine strategiche in un gioco cosmico la cui follia non conosce limiti: il gioco dettato dall'antica vendetta tra i poteri che hanno disseminato la vita nella galassia e i Precursori, che si aspettavano di ereditare il Manto della responsabilità. Il viaggio li condurrà nel Palazzo del Dolore, dominio di un’intelligenza potente e mostruosa che si autoproclama Ultimo dei Predecessori e che ora controlla sia l'Halo che il fato di Precursori e umani e che rivelerà l'origine dei Flood e predirrà il loro ritorno.
3. Halo Silentium, di Greg Bear
Link: https://amzn.to/3VhGHWm
Trama: I Flood sono tornati in forze e le lotte interne hanno indebolito le difese dei Precursori. Ormai la casta dei Giuridici sta cercando di investigare sui crimini del Primo Costruttore e di altri personaggi. Agenti preposti a raccogliere prove, i Catalog, sono stati inviati ad ascoltare le testimonianze del Bibliotecario e dei due Didatti: l'Ur-Didatta e il Didatta Bornstellar, che accompagna la Bibliotecaria. Di fronte all'imminente collasso, la Bibliotecaria e l'Ur-Didatta rivelano ciò che sanno riguardo alla relazione esistente tra i Predecessori da molto tempo scomparsi e i Flood. I Predecessori hanno creato molte specie tecnologiche. Ma le radici dei Flood potrebbero affondare in un atto di spaventosa barbarie, perpetrato nella galassia dieci milioni di anni primi. Per questo gesto, adesso un male più grande incombe. Soltanto l'Ur-Didatta e la Bibliotecaria, potrebbero avere la soluzione. Di fronte alle conseguenze di una tragedia mitologica, uno di loro sarà costretto a commettere la più grande atrocità di sempre, creare e accendere gli anelli Halo, per evitare che un male del tutto folle domini l'intero universo.
LIBRI PREQUEL ALLA SAGA PRINCIPALE
Ambientati dopo la distruzione della vita nella galassia ad opera degli Halo nell'antefatto. Umani, Precursori e tutte la altre razze sono rinati grazie ai semi della Bibliotecaria conservati nell'arca progettata per ricreare la vita dopo l'attivazione degli Halo e non sanno nulla del loro passato e dei Flood, ma piano piano ricostruiranno almeno in parte quanto è accaduto, visto che riscopriranno l'antica tecnologia e gli Halo.
Halo: Broken circle, di John Shirley
Trama: Secoli prima che la guerra tra umani e Covenant infuriasse nella galassia, era esploso un conflitto molto simile tra i Profeti e gli Elite, due razze aliene che avevano cercato di impadronirsi dei sacri manufatti lasciati dai Precursori molti eoni prima. Benché alla fine si formò un’alleanza chiamata Covenant, nelle due fazioni non tutti avevano accettato di buon occhio quell’accordo. Dal gruppo di Elite deciso a ribellarsi contro il Covenant all’epoca della sua fondazione… passando per un coraggioso Profeta invischiato nelle macchinazioni dei nuovi capi… e le radici del tradimento che, anni dopo, avrebbero distrutto il Covenant, questo romanzo racconta la storia mai narrata di imprevedibili eroi che emersero in un mondo fatto di inganni scioccanti e incredibili meraviglie.
2. Halo: contatto su Harvest, di Josepg Staten
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Trama: Il libro racconta del primo incontro tra Covenant e Umani (rinati dopo la distruzione della vita nella galassia ad opera degli Halo nell'antefatto grazie ai semi della Bibliotecaria conservati nell'arca progettata per ricreare la vita dopo l'attivazione degli Halo) Nell'anno 2524 Harvest è un prospero, pacifico insediamento di agricoltori al confine estremo dello spazio conosciuto. Senza saperlo, però, i coloni hanno violato il territorio sacro e attirato l'ira dell'aggressivo impero dei Covenant. L'incontro casuale tra un pirata alieno e una nave da trasporto catapulta l'umanità, già impegnata in una dura guerra civile, all'interno di un secondo conflitto capace di mettere in gioco la sua stessa esistenza... La sopravvivenza dei cittadini di Harvest è affidata a una squadra di veterani dell'UNSC e alle inesperti reclute della milizia coloniale. In questo improbabile gruppo di eroi, un giovane si distingue dagli altri... il sergente maggiore della Marina Avery Johnson.
3. Halo: Il protocollo Cole, di Tobias S. Buckell
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Trama: Tratta la vicenda del capitano Jacob Keyes e del Grey Team di Spartan che si recano in un complesso di asteroidi chiamato Rubble, abitato da umani che sono venuti a contatto con i Covenant eppure sono sopravvissuti. Lo scopo degli alieni è procurarsi i dati della Terra e delle altre colonie. I problemi arrivano quando sale al comando un Elite spietato.Nei primi, disperati giorni della guerra tra umani e Covenant, l'UNSC adotta il Protocollo Cole per impedire che la Terra e le colonie interne vengano scoperte da un nemico tanto spietato. Molte persone hanno il compito di eliminare dall'universo i dati che potrebbero rivelare l'esatta posizione della Terra; tra di loro c'è il tenente della Marina Jacob Keyes. Dopo essere stato messo da parte, Keyes viene ricontattato dall'ONI: la sua missione segretissima lo spingerà in profondità oltre le linee nemiche, in un angolo di universo dove nulla è come sembra...
SAGA PRINCIPALE - Cuore e inizio della serie e dei videogiochi
Halo: La caduta di Reach, di Eric Nylund
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Trama: L’umanità si è espansa oltre il Sistema Solare. Esistono centinaia di pianeti che ora chiamiamo “casa”. Il Comando Spaziale delle Nazioni Unite ora fatica a controllare un così vasto impero.Dopo aver esaurito tutte le strategie utili a evitare che le insurrezioni nei vari mondi si tramutino in una guerra civile interplanetaria, l’UNSC ha un’ultima speranza: la dottoressa Catherine Halsey, dell’ONI, ha lavorato duramente a un programma top secret che potrebbe mettere fine a questo conflitto… un programma che inizia con settantacinque bambini, tra cui un ragazzino di sei anni di nome John. La Halsey non avrebbe mai potuto immaginare che quel bambino sarebbe diventato la sola chance dell’umanità contro una potente forza aliena decisa a spazzarla via. Gli Spartan riscuotono successo nelle lotte, ma subiscono un cambiamento di priorità dopo che un'alleanza di razze aliene conosciute come Covenant iniziano a devastare le colonie umane, proclamando una guerra santa contro l'umanità. Mendez lascia il gruppo per addestrare la prossima generazione di Spartan, mentre John e i suoi compagni affrontano per la prima volta i Covenant. Nel 2552, il conflitto contro gli alieni sembra assumere un andamento sfavorevole per l'umanità, in virtù della superiorità tecnologica e numerica dell'avversario. Per impedire la scoperta della Terra o di altre colonie umane, il vice ammiraglio Cole dà vita a un protocollo che porta il suo nome, imponendo il divieto di viaggi iperspaziali in direzione della Terra o di qualsiasi altra colonia, oltre che l'ordine di distruggere l'astronave di riferimento qualora stia per essere catturata dai Covenant.
2. Halo: Flood, di William C. Dietz
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Trama: Dopo che il mondo-fortezza di Reach è stato distrutto, insieme ai suoi coraggiosi difensori, un solo incrociatore è riuscito a fuggire a quel massacro, con a bordo gli unici umani superstiti: il capitano Keyes e il suo equipaggio composto da poche centinaia di marine, più l'ultimo super-soldato del progetto SPARTAN rimasto - Master Chief. Master Chief si schianta su un enorme pianeta artificiale a forma di anello noto come Halo, nel bel mezzo di una massiccia occupazione Covenant; con lui c'è Cortana, l'intelligenza artificiale dell'incrociatore. Stranamente, i soldati alieni sembrano alla ricerca di qualcosa nascosto sulla superficie dell'anello. Costruito da una razza estintasi da tempo, Halo custodisce molti segreti mortali, ma uno in particolare getta delle ombre inquietanti su tutto. Ora Master Chief deve guidare i soldati rimasti in una corsa contro il tempo... l'umanità si trova costretta ad affrontare un'unione di razze aliene conosciute come Covenant e una seconda terrificante fazione, i Flood, nel disperato tentativo di scoprire i segreti dell'anello e rimanere vivi.
3. Halo: Il primo attacco, di Eric Nylund
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Trama: I Covenant non mostrano pietà e continuano ad assalire ogni mondo umano che incontrano - ma adesso ai loro piani si oppone Master Chief, il più grande campione dell'umanità. Grazie all'aiuto dell'intelligenza artificiale Cortana e a quello degli ultimi Spartan sopravvissuti, la battaglia continua! Un fronte vede protagonisti i soldati scesi sulla superficie vetrificata di Reach: nelle sue profondità, la dottoressa Halsey porterà alla luce un antico segreto che potrebbe cambiare le sorti della guerra. Nello stesso tempo, Master Chief e Cortana si dirigono dove si sta radunando un'immensa flotta Covenant, perché il peggior incubo dell'umanità sta prendendo corpo: i Covenant hanno scoperto le coordinate della Terra e stanno progettando di distruggerla, insieme a tutti coloro che si opporranno alla volontà dei Profeti..
LIBRI SEQUEL
4. Halo: i fantasmi di Onyx, di Eric Nylud
Trama: E' il 2545 e il programma Spartan-II è ormai di pubblico dominio. I super-soldati che si oppongono da soli all'attacco delle forze Covenant sono già diventati una leggenda. Mentre Master Chief difende la Terra assediata e le mille fazioni dei Covenant continuano la loro crociata per spazzare via l'umanità, la "Sezione Tre", una cellula segreta dell'Office of Naval Intelligence, dà il via a un progetto che permetterà all'UNSC di guadagnare tempo prezioso. Per portarlo a termine, però, servono centinaia di volontari... e uno Spartan. Il pianeta su cui si addestrano gli Spartan, ovvero Onyx, è assalito da aggressori robotici creati da un'antica civiltà ormai estinta. Gli Spartan e i loro istruttori devono combattere i robot e i Covenant, lavorando al contempo per scoprire i segreti del mondo su cui si trovano.
TRILOGIA SEQUEL KILO-FIVE
5. Halo: Glasslands, di Karen Traviss
Trama: La trilogia Kilo-5 narra il post Guerra Umani–Covenant, al centro degli eventi, una missione diplomatica di un gruppo di soldati dell’UNSC inviato dall’Office of Naval Intelligence (ONI) a Sanghelios. Il team, accompagnato da un civile – Evan Philips, uno dei pochi umani a conoscere la lingua Sangheili, è guidato dal capitano Serin Osman, e composto da un candidato fallito degli Spartan II, da Margaret O. Parangosky direttore dell’ONI, da Vaz e Mal del corpo speciale ODST e da BlackBox (la più avanzata IA creata dall’umanità dopo Cortana).
6. Halo: The Thursday War, di Karen Traviss
Trama: Sebbene una fragile pace sia stata stabilita tra umani e Covenant, le forze di entrambe le coalizioni stanno rendendo pericolosamente precario tale equilibrio. Tra i Sangheili è sempre più evidente una scissione interna, con un gruppo di guerrieri che sta cercando di destabilizzare il leader che ha accettato la tregua; alcune colonie umane, d’altra parte, si stanno ribellando all’autorità terrestre e la politica dell’ONI è in cambiamento, man mano che la situazione nello spazio è in via di sviluppo. Dopo aver scoperto un centro di tecnologia dei Precursori su Onyx, la Terra adesso tenta di usarla per avere la meglio nel conflitto. Perché la guerra è ben lontana dall’essersi conclusa…
7. Halo: Mortal Dictata, di Karen Traviss
Trama: Finita la Grande Guerra, l’ufficio d’intelligence navale deve affrontare i vecchi risentimenti che minacciano di nuovo la Terra. Le colonie, adirate e amareggiate, hanno ancora dei conti in sospeso che risalgono all’insurrezione di trent’anni prima, e adesso vogliono giustizia… e così anche un uomo la cui vita è stata distrutta dall’ONI quando sua figlia fu rapita per il programma SPARTAN-II. La lealtà della squadra speciale Kilo-Five sarà messa a dura prova quando il padre della loro compagna Spartan, ancora in cerca della verità sulla sua scomparsa, deciderà di vetrificare le città della Terra in cerca di risposte. Sarà in grado di accettare la verità, dopo averle trovate? Fin dove si spingerà la squadra Kilo-Five, pur di fermarlo? La dolorosa risposta giace insieme a qualcuno morto da molto tempo, mentre una coscienza esiste ancora dove nessuno avrebbe mai potuto immaginare.
SERIE SPIN OFF BATTLE BORN (YOUNG ADULT)
Dedicata ai giovani cadetti del programma Spartan
Halo: meridian divide, di Cassandra Rose Clark
Halo: battleborn, di Cassandra Rose Clark
Altri libri inediti in italiano:
Halo: Last Light
Halo: Retribution
Halo: Shadow of Intent
Halo: New Blood
Halo: Hunters in the Dark
Halo: Smoke and Shadow
Halo: Renegades
Halo: Saint’s Testimony
Halo: Point of Light
Halo: Envoy
Halo: Legacy of Onyx
Halo: Bad Blood
Halo: Sacrifice
Halo: Shadows of Reach
Halo: Divine Wind
Halo: Outcasts
Halo: The Rubicon Protocol
Halo: Epitaph
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lucianopagano · 1 year ago
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Il partigiano e il suo doppio per “Il sentiero dei nidi di ragno” di Italo Calvino
Il partigiano e il suo doppio per “Il sentiero dei nidi di ragno” di Italo Calvino.
Il partigiano e il suo doppio. Il “doppio” perché Italo Calvino, quando ha scritto Il sentiero dei nidi di ragno, il suo primo romanzo, non era ancora Calvino. Il romanzo è stato ripubblicato nel 1964, in questa edizione l’autore scriverà una prefazione in cui ne racconterà la genesi, si tratta di un testo reticente, come stile, non nel contenuto, somiglia a una confessione. Calvino in quel momento è un altro autore.
Italo Calvino si sentì spinto a scrivere Il sentiero dei nidi di ragno al termine di una guerra in cui gli attori si percepivano vincitori, non sconfitti, né delusi. È un testo che nasce su macerie ancora fumanti, per raccontare un episodio di recente contemporaneità. 
«Un senso della vita come qualcosa che può ricominciare da zero», scrive l’autore. 
La lezione che dovremmo essere capaci di apprendere da qualsiasi testo del passato, che in quanto passato è un documento di storia, in questo caso è quella di una ripartenza da zero. Italo Calvino contrappone qui l'immediatezza del rapporto tra lettore e scrittore all’anonimato dell’epoca contemporanea, che schiaccia le voci individuali. 
È importante sottolineare per questo che è un primo romanzo, le riflessioni dell’autore sulla storia e storicità di un testo, sulla classicità e contemporaneità di una storia, esse accompagneranno l'autore anche in altre opere successive.
Viviamo un’epoca in cui sembriamo al centro di un mondo variopinto e interattivo, in cui la persona viene scambiata con l’account, che è al centro dell’elaborazione di tutti i dati che ci riguardano, dati che sommati e dissolti in altri dati dileguano le nostra peculiarità trasformandoci in numeri, eliminando l’individuo. Quello che per un social oggi è un universo di dati in apparenza anonimi, ma molto circostanziati, per Italo Calvino era un «multicolore universo di storie», da ascoltare e raccontare. 
Tutti, finita la guerra, nei negozi, sui treni, per strada, raccontavano ciò che avevano vissuto, era la loro versione dei fatti. Calvino parla di avere assistito, in parte contribuito, proprio alla trasformazione di questa tradizione orale negli episodi del romanzo. Sembra strano che anche nel secolo scorso, in un’età attuale, si potesse pensare al passaggio da storie raccontate oralmente alla creazione di un’epopea romanzata. 
«Le storie appena vissute si trasformavano e trasfiguravano in storie raccontate la notte attorno al fuoco».
Il termine ‘trasfigurazione’ è legato a qualcosa dalle modalità non immediatamente esprimibili, magiche. Dalla Guerra al Dopoguerra, di questo romanzo conserveremo la primogenitura, il suo essere legato all’attualità, così tanto da non sentirsi obbligati ad approfondire i pochi elementi salienti della vicenda raccontata, intrisi di poesia per i luoghi e paesaggi dell’infanzia («Il mare è una grande spada luccicante nel fondo della notte») e essenziali per quanto riguarda il racconto di ciò che accade.
Nella sua prefazione Calvino ripercorre il romanzo evidenziando criticamente alcuni punti come il rapporto con la lingua e il dialetto, e il modo di «figurare la persona umana». Il sentiero dei nidi di ragno è un romanzo sulla Resistenza nato in un periodo nel quale si stava ancora creando l’idea stessa di romanzo della Resistenza.
Vivere un’epoca storica particolare ci chiama a essere partecipi in modo responsabile, non è detto che un’epoca trovi il romanzo che la descrive, al di là della cronaca; eppure un’epoca è sempre descritta dai romanzi che in essa vengono pubblicati o scritti. Il momento storico è sempre importante. Questo romanzo è stato pubblicato nel 1947, terminato nel dicembre del 1946. L’Italia è una Repubblica da circa sei mesi. Calvino, nel momento storico in cui si stanno formando idee come “letteratura d’impegno”, “eroe socialista”, decide di raccontare gli sghangherati, i lumpen-proletariat, gli straccioni, nella sua bella e autocritica prefazione restituisce così al lettore la versione definitiva di questo romanzo in cui si forma il suo esordio. Qui il lettore si accorge per davvero che chi scrive non è il Calvino esordiente, ma il suo “doppio”, il metanarratore.
«Devo ancora ricominciare da capo la prefazione. Non ci siamo. Da quel che ho detto, parrebbe che scrivendo questo libro avessi tutto ben chiaro in testa [...] In realtà il libro veniva fuori come per caso, m’ero messo a scrivere senza avere in mente una trama precisa».
Quando Calvino a proposito di Fenoglio cita Ariosto compie una traiettoria? Ci sarebbero due linee, nella scrittura e poesia italiane, due linee tradizionali che poi sono proseguite fino ai giorni nostri, una linea potremmo definirla lirica, un sentiero che da Petrarca ci porta fino a Tasso, fino a Carducci, Pascoli, e un’altra linea storica, di invenzione narrativa, versa al racconto, da Dante, passando per Ariosto, arriva ai nostri giorni. Lirico (accademico?) e storico (anarchico?) sono caratteristiche pertinenti lo stile perché dal punto di vista politico la realtà è stata sempre tutt'altra.
Bastano pochi tratti per descrivere Pin, un bimbo irrequieto, piccolo fanfarone, che fa da garzone per un calzolaio che trascorre diversi mesi della sua vita in carcere prima di uscire e trovare puntuale ad attenderlo un monte di scarpe da sistemare. Pin abita con la sorella, che si prostituisce e che ha un giovane soldato tedesco tra i suoi clienti abituali. Le giornate di Pin si svolgono tra scherzi e sfottimenti, il piccolo cerca di farsela con quelli più grandi di lui perché coi grandi si annullano i particolari e le distanze. Visto dal mondo degli adulti è una meteora, che un po’ fa ridere e un poco dà noia. I suoi coetanei che invece lo vedono da vicino, lo vedono quale è, povero e disperato, non istruito, senza arte né parte.
Pin è un pesce fuor d’acqua in entrambi i mondi, in osteria trangugia il vino dei grandi, che gli fa schifo e gli fa dire cose strane. I corpi che fanno visita alla sorella, fra quei corpi c’è un soldato. Tuttavia c’è qualcosa che i grandi sanno, un segreto che lui non conosce, perché è troppo piccolo per capire. C’è un punto di contatto tra il suo mondo di bambino e il suo aspirare a essere davvero un adulto. È la pistola del marinaio tedesco che se la intende con la sorella. I grandi all’osteria dopo aver confabulato con uno che sembra il loro capo, gli dicono di rubare quella pistola, non si tratta di uno scherzo, non è un favore di cui può fingere che non gli sia stato chiesto.
C’è poesia in questo spaesamento improvviso che mina le certezze da smargiasso che si dà delle arie, tipiche di Pin, lasciato solo con i suoi pensieri: «Solo e sperduto in quella storia di sangue e corpi nudi che è la vita degli uomini».
Pin ruba la pistola. Va in carcere, scappa con Lupo Rosso. Trascorre la notte da solo. Ha nascosto la pistola. Incontra un uomo che gli dà un tozzo di pane.
Poi Pin e Lupo Rosso, che lo lascerà solo, scappano dal carcere. Pin incontra Cugino e si unisce ai partigiani del Dritto, che fa la Resistenza ma vorrebbe essere altrove. Kim e Ferriera vengono a dare ordini su come condurre l’azione, processeranno poi il Dritto per negligenza. Pin è irrequieto, la profondità si raggiunge nel conflitto, quando si unisce a una brigata di partigiani, un Gap, comandata dal Dritto, è il gruppo in cui sono stati messi tutti quelli senza un gruppo. Anche qui il fatto si essere un bambino lo esclude, lo conduce su una soglia che non attraverserà mai.
La pistola è il simbolo di questa sua crescita, la P38 che nasconde dove fanno nido i ragni, e che Pin non troverà più quando andrà a cercarla. Sua sorella è passata al nemico, collabora coi tedeschi, quando andrà a trovarla lei lo accoglierà istruendolo su come potrà guadagnarsi da vivere, ma lui le ruba proprio la P38 e se ne scappa per tornare da Cugino.
Non è più il ruolo di Pin a spiccare, né il suo eroismo, Pin è uno che se ne fotte sempre, che non è abituato alla calma, alla tranquillità, quando per mangiare in fuga dal Gap trova rifugio momentaneo presso una coppia di anziani, non resiste in casa il tempo di un rosario.
Quello che ci interessa è la dinamica della lotta di classe e della speranza di rivoluzione che anima i partigiani, consapevoli che potranno farcela contro i tedeschi. Le ragioni che sottendono la lotta sono spiegate in un dialogo definitivo tra Kim e Ferriera, contenuto nel nono capitolo, poco prima di una fine che lascia il lettore con un po’ di amaro in bocca e languore nello stomaco. Resta il racconto della Resistenza visto da un bambino, così come è accaduto a tanti ragazzi di allora, rimasti senza parole scritte e senza memoria. In una foto di archivio compaiono i veri Kim e Ferriera, amici reali ai quali si è ispirato Italo Calvino. Kim nella foto ha i calzoni corti, arrotolati, quando ho veduto la foto non ci ho fatto subito caso, poi ci ho ripensato: erano ragazzi che avevano paura.
(Questi sono gli appunti per l’incontro tenutosi il 27 ottobre 2023, presso la Biblioteca OgniBene di Lecce, per la rassegna «Viva Calvino!» organizzata per il centenario della nascita di Italo Calvino, l’incontro si è concluso con una lettura di un estratto del capitolo IX, dal punto: «Kim ha difficoltà a esprimersi» fino al punto: «méta ultima dell’uomo»).
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(in foto Giuseppe Vittorio Guglielmo e Ivan Oddone, gli amici di Italo Calvino ai quali si è ispirato per i personaggi di Ferriera e Kim. La foto è in “Album Calvino”, a cura di Luca Baranelli ed Ernesto Ferrero, Milano, Mondadori, Meridiani, 1995; Oscar Grandi Classici 2003).
[Luciano Pagano]
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Il partigiano e il suo doppio. Su «Il sentiero dei nidi di ragno» di Italo Calvino
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misslovettinwonderland · 2 years ago
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It's me !
 Hi everyone ! Ho creato questo blog per condividere, probabilmente solo con me stessa, le mie idee, le mie passioni e i miei interessi. Sono una ragazza di 24 anni, lavoro come cameriera e non ho ancora la più pallida idea di cosa voglio fare nella vita. Amo il cinema, la musica e mi definisco una divoratrice di libri. Fin da piccola sognavo di scrivere, volevo fare la giornalista, anni fa ho perfino iniziato a scrivere la mia storia senza mai portare a termine la cosa. Magari un giorno, chissà! 
Mi sono avvicinata e poi innamorata del mondo cinematografico quando ho conosciuto Tim Burton, mio più grande idolo e fonte di ispirazione, non a caso ho scelto come nome di questo blog un connubio di sue due grandi opere che amo: Sweeny Todd e Alice in Wonderlad, oltretutto mio cartone Disney preferito. 
Per quanto riguarda il mondo della musica sono amante di generi ed artisti differenti, ed ascolto davvero di tutto, dal metal alla trap, eh si lo ammetto, ascolto a tratti anche quella. Ma non concludo mai una giornata senza ascoltare almeno una canzone del mio cantautore preferito : Mannarino! Lui a mio avviso non scrive canzoni, narra poesie !
Per concludere con la lettura, ovviamente il mio habitat naturale sono i Thriller. Più un libro è macabro, cupo, psicologico e tragico, più mi piace. Non datemi romanzi da leggere o fantasy perché mi addormento dopo i primi due righi. Autore preferito: Dennis Lehan , scoperto tramite Mystic River, di cui avevo già visto il film, e innamoratami con Shutter Island, record personale, divorato in due giorni. E per concludere con suo libro, mio preferito Live by Night quello è l'emblema di ciò che mi piace leggere. Una storia accattivante, cruda a tratti , personaggi da scoprire man mano e un pizzico di amore folle. 
Questa è giusto una linea guida per capire chi sono, se ti ritrovi in almeno di una delle mie passioni potremmo diventare anche amici ! 
Non sono solita a portare a termine questo genere di cose una volta che inizio, ma ho deciso che utilizzerò questo blog come valvola di sfogo, come diario di bordo e raccoglitore di idee. Vedremo quanto dura hahah 
Byby !
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