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#amor analogo
mardeamooor · 8 months
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Leonel tomó estas bonitas dobles exposiciones el día que nos dieron un rollo para probar en Foto Hércules
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1qualsiasi · 24 days
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La cosa che mi ha rattristato questi giorni è stato rendermi conto che, davanti a una condizione vissuta 20 anni fa, mi sono trovato a vivere le stesse emozioni distorte. In me pensavo di essere maturato col tempo.. invece mi rendo conto di non aver cambiato nulla! :( E lo dico con il dispiacere nel cuore.
20 anni fa venni lasciato da una ragazza. Giustamente direi.. Obeso, infelice, intento in studi che non mi piacevano, impegnato in un lavoro che disprezzavo. Mi sfogavo mangiando. Mangiando tanto. Ma veramente tanto. Non ricordo di aver ragionato anche in funzione della mia compagna di allora. Questi problemi li vivevo e li tenevo per me, senza renderla partecipe. La mia fidanzata a quell'epoca era utile solo per uno sfogo sessuale. Ovviamente quanto poteva durare una storia priva di dignità, di visioni comuni, priva di Amore. Lei prese il toro per le corna e se ne andò. Io, emotivamente cieco, non vedevo nulla che non andasse e avevo anche il coraggio di chiedermi il perchè la storia fosse finita. Ero distrutto. Cieco e distrutto. Allora diedi la colpa al grasso.. E iniziò un periodo di abbuffate e vomito.. tutto pur di mostrarmi cambiato alla mia ex ragazza. E così fu, senza ottenere però il risultato sperato..
Dopo 20 anni ho vissuto qualcosa di analogo ma anche totalmente diverso. Vivo una storia d'amore ricca, felice, matura e gioiosa. Niente a che vedere con la mia prima fidanzata. Eppure.. appena si è palesata la possibilità che la mia compagna vada a lavorare lontano da casa, così lontano da poterla vedere solo il fine settimana, ho risentito in me la sensazione di abbandono. La stessa di 20 anni fa. Grasso quasi come allora, si intravede all'orizzonte la possibilità di rimanere solo. E all'improvviso mi sento di nuovo rifiutato, scartato.. Sono cosciente che la mia compagna non stia scappando e non vada via per mollarmi. Ma alcuni ingredienti di questa storia somigliano molto a ciò che ho vissuto da ragazzo. E ho notato immediatamente che il primo pensiero è stato quello di rivalutarmi con una dieta agli occhi della mia fidanzata che si allontana da casa..
Commetto l'errore di immaginare un me magro e tonico come un me più interessante, intrigante. Se non c'è magrezza, allora c'è disprezzo. Ecco qual'è il mio primo pensiero. Quello istintivo. Quello da estirpare contro cui - credo proprio - combatterò per tutta la mia vita.
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gioacchi · 9 months
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Io vuoto di quegli anni era un piccolo contenitore quello che stringiamo tra le mani e riempiamo di cose nel corso del tempo un vuoto destinato a prendere forma a seconda di chi sei e di chi scegli di essere un giovane, un avvocato, con una carriera fiorente un architetto che in età infantile mostrava una certa predisposizione per i calcoli il disegno oppure puoi essere una persona persa dicono che quando soffri per una qualsiasi ragione il male che scivola dentro ti porta a guardarti spesso allo specchio quel abitudine mattutina diventa una richiesta di introspezione e nelle fasi di debolezza vulnerabilità oppure crisi passeggera l’incontro con te stesso non culmina affatto in una risata vivace bensì in nemesi paura non sai più se sia tu a giudicare te stesso oppure quella figura a tratti allineata che ti incolpa per la nullità che sei e per come stai vivendo ci guardiamo perché siamo curiosi del nostro altro io latra versione che incontriamo nei gesti di quella figura che replica la nostra zona d’ombra ed abita dentro di noi discorso analogo in amore non scegliamo nessuno che sia soltanto complimentare con qui andare d’accordo e stare comodi nella quotidianità non scegliamo soltanto farfalle nello stomaco e gli insetticida in un secondo momento non scegliamo ciò che apparentemente è desiderabile bensì siamo alla ricerca del nostro “altro io” con quei entrare in contatto concretamente ci innamoriamo delle persone che senza esserne al corrente sono la nostra versione completa su un livello ulteriore cerchiamo noi stessi sempre in un corpo diverso una mente che possa comprendere ciò che non diciamo quando restiamo in silenzio e quest’ultimo in realtà non manca di verità che sai ma non vuoi ammettere come i sintomi da cui scappiamo e in amore tendiamo ad evadere fuggire idealizzare la mente diventa un campo minato di ipotesi dove opportuno camminare attentamente ma un motivo per cui ci avviciniamo esiste lo facciamo lentamente cogliamo quel ipotesi e lannafiamo tutte le sere prima di andare a dormire come se fosse una misera piantina che deve essere coltivata
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amicidomenicani · 1 year
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Quesito Carissimo Padre Angelo mi sono ritrovato per caso la sua risposta con la sua Benedizione. Vi ringrazio; una benedizione “regalata” fa sempre piacere. Colgo il piacere non a caso e Vi invito a leggere su quanto detto da me a mia figlia Lina Maria sul mito di Ulisse, che in sostanza supera gli Dei, perché la “sete di conoscenza di sapere cosa c’è dopo la morte” gli consente di rifiutare l’immortalità di proposta da Calipso, cosa che appunto agli Dei gli è negata in quanto condannati ad “essere sopra gli uomini”, ma nel contempo di interessarsi sempre delle cose terrene. (seguono alcuni passaggi della questione). Risposta del sacerdote Carissimo, 1. qualcosa di analogo al mito di Ulisse che rifiuta la proposta della ninfa Calipso di diventare immortale e che con questo mostra di saperne più degli dei perché conosce quello che non è loro ammesso di conoscere, e cioè la morte, e che pertanto la sua sorte è migliore della loro che sono condannati a essere immortali vivendo una vita monotona, ripetitiva e alla fine insopportabile, lo troviamo anche in una pagina molto bella di papa Benedetto XVI nell'enciclica Spes salvi (30 novembre 2007). 2. Benedetto XVI non prende lo spuntino dall’Odissea da Sant'Ambrogio, il grande vescovo di Milano e dottore della Chiesa. Ecco che cosa scrive Papa Ratzinger: “Continuare a vivere in eterno – senza fine – appare più una condanna che un dono. La morte, certamente, si vorrebbe rimandare il più possibile. Ma vivere sempre, senza un termine – questo, tutto sommato, può essere solo noioso e alla fine insopportabile. È precisamente questo che, per esempio, dice il Padre della Chiesa Ambrogio nel discorso funebre per il fratello defunto Satiro: «È vero che la morte non faceva parte della natura, ma fu resa realtà di natura; infatti Dio da principio non stabilì la morte, ma la diede quale rimedio [...] A causa della trasgressione, la vita degli uomini cominciò ad essere miserevole nella fatica quotidiana e nel pianto insopportabile. Doveva essere posto un termine al male, affinché la morte restituisse ciò che la vita aveva perduto. L'immortalità è un peso piuttosto che un vantaggio, se non la illumina la grazia» (De excessu fratris sui Satyri, II, 47). Già prima Ambrogio aveva detto: «Non dev'essere pianta la morte, perché è causa di salvezza...» (Ibid, II, 46)” (SS 10). 3. Prosegue Benedetto XVI: “Qualunque cosa sant'Ambrogio intendesse dire precisamente con queste parole – è vero che l'eliminazione della morte o anche il suo rimando quasi illimitato metterebbe la terra e l'umanità in una condizione impossibile e non renderebbe neanche al singolo stesso un beneficio. Ovviamente c'è una contraddizione nel nostro atteggiamento, che rimanda ad una contraddittorietà interiore della nostra stessa esistenza. Da una parte, non vogliamo morire; soprattutto chi ci ama non vuole che moriamo. Dall'altra, tuttavia, non desideriamo neppure di continuare ad esistere illimitatamente e anche la terra non è stata creata con questa prospettiva. Allora, che cosa vogliamo veramente? Questo paradosso del nostro stesso atteggiamento suscita una domanda più profonda: che cosa è, in realtà, la «vita»? E che cosa significa veramente «eternità»?” (SS 11). 4. A chi ha proposto la speranza dell'uomo nel progresso scientifico e nelle risorse della tecnica, come a suo tempo aveva detto Ernst Bloch, Benedetto XVI risponde: “Non è la scienza che redime l’uomo. L'uomo viene redento mediante l'amore. Ciò vale già nell'ambito puramente intramondano. Quando uno nella sua vita fa l'esperienza di un grande amore, quello è un momento di «redenzione» che dà un senso nuovo alla sua vita. Ma ben presto egli si renderà anche conto che l'amore a lui donato non risolve, da solo, il problema della sua vita. È un amore che resta fragile. Può essere distrutto dalla morte.  L'essere umano ha bisogno dell'amore incondizionato. Ha bisogno di quella certezza che gli fa dire: «Né morte né vita, né angeli n
é principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezze né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore»  (Rm 8,38-39). Se esiste questo amore assoluto con la sua certezza assoluta, allora – soltanto allora – l'uomo è «redento», qualunque cosa gli accada nel caso particolare. È questo che si intende, quando diciamo: Gesù Cristo ci ha «redenti». Per mezzo di Lui siamo diventati certi di Dio – di un Dio che non costituisce una lontana «causa prima» del mondo, perché il suo Figlio unigenito si è fatto uomo e di Lui ciascuno può dire: «Vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2,20)” (SS 26). 5. E conclude: “La vita nel senso vero non la si ha in sé da soli e neppure solo da sé: essa è una relazione.  E la vita nella sua totalità è relazione con Colui che è la sorgente della vita. Se siamo in relazione con Colui che non muore, che è la Vita stessa e lo stesso Amore, allora siamo nella vita. Allora «viviamo» (SS 27). 6. Ecco ciò che Ulisse non conosceva ed ecco anche quanto molti uomini del nostro tempo non conoscono. Solo la comunione con Dio, solo la comunione con Gesù Cristo sazia il cuore dell’uomo. Non è una comunione solipsistica tra noi e Dio, tra noi e Gesù Cristo, ma tra noi e Cristo “che ha dato se stesso in riscatto per tutti noi” (cfr 1 Tm 2,6). In lui pertanto troviamo la comunione con tutti. Con l'augurio che questa pienezza di vita sia incoativamente di qua e nella sua pienezza nella vita eterna, ti benedico e ti ricordo nella preghiera. Padre Angelo
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lamilanomagazine · 1 year
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Milano, a Teatro Carcano Fabio Troiano con “il dio bambino”
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Milano, a Teatro Carcano Fabio Troiano con “il dio bambino”. Presso il Teatro Carcano di Milano da giovedì 13 a domenica 16 aprile 2023 andrà in scena lo spettacolo Il dio bambino con protagonista l’attore di teatro, cinema e tv Fabio Troiano, che, diretto da Giorgio Gallione, accompagnerà gli spettatori nel teatro d’evocazione, negli indimenticabili testi e musiche di Giorgio Gaber e Sandro Luporini. Il dio bambino è un testo di tragicomica e potente contemporaneità sulla crisi di un uomo di mezza età, in bilico fra responsabilità ed eterna adolescenza. Uno spettacolo disturbante, nel suo stimolo a ripensare a noi stessi, ma di grandissima empatia. Scritto nel 1993 da Giorgio Gaber e Sandro Luporini, il monologo prosegue e approfondisce, dopo Parlami d’amore Mariù e Il Grigio, il particolarissimo percorso teatrale del Gaber di quegli anni. Esempio emblematico del suo “teatro di evocazione”, Il dio bambino racconta una normale storia d’amore che si sviluppa nell’arco di alcuni anni e dà agli autori l’occasione di indagare su l’Uomo, per cercare di capire se ce l’ha fatta a diventare adulto o è rimasto irrimediabilmente bambino, un bambino che si vanta della sua affascinante spontaneità invece di vergognarsi di un’eterna fanciullezza. Un uomo a confronto con una donna, il migliore testimone per mettere in dubbio la sua consistenza, la sua presunta virilità. Come d’abitudine, Gaber e Luporini conducono un’indagine lucidissima, mai autoassolutoria, spietata e affettuosa al contempo, che cerca di radiografare le differenze tra questi due esseri, così simili e così diversi, con la consapevolezza che se queste differenze si annullassero, la vita cesserebbe di esistere. Così tra le righe affiora la speranza, il ponte verso un futuro meno imperfetto. Nel Dio bambino è la nascita di un figlio a far ritrovare al protagonista il senso del proprio agire, tra lampi di autoironia e umorismo. A trent’anni di distanza, Il dio bambino rimane un testo di incredibile forza e attualità, cinico ma commovente.   LO SPETTACOLO Ambientato in un metaforico locale in disfacimento, tra bottiglie semivuote e fiori calpestati, a raccontare allusivamente una sorta di festa finita male, lo spettacolo è contrappuntato da frammenti di canzoni di Giorgio Gaber, che guidano lo spettatore nell’interpretazione di un racconto di tragicomica, potente contemporaneità. La regia di Giorgio Gallione, prezioso motore di una rinnovata vita scenica del teatro di Gaber (recente il suo applauditissimo Il Grigio con Elio), valorizza l’attualità e l’empatia di questo testo, trovando un perfetto connubio con l’interpretazione di Fabio Troiano, talentuoso e versatile attore di teatro, cinema e tv, abile nell’attraversare con analogo successo testi comici e intimisti, qui atteso a una funambolica prova d’attore. Fabio Troiano Dopo il diploma in recitazione al Teatro Stabile di Torino nel 2000, Fabio Troiano è diretto da registi quali Giancarlo Cobelli e Mauro Avogadro e si distingue in alcuni grandi classici, tra cui Didone abbandonata e L'impresario delle Smirne, aggiudicandosi nel 2003 il Premio “Salvo Randone” come Migliore attore. Nel 2000 esordisce in televisione con La squadra, cui seguono molte altre serie di successo: Le stagioni del cuore (2004), Caterina e le sue figlie (2005), RIS – Delitti imperfetti (2008), Benvenuti a tavola (2013), Squadra Antimafia (2015), Amore pensaci tu (2017). Al cinema la svolta arriva con il film Dopo mezzanotte (2004) di Davide Ferrario, per il quale riceve il Premio “Magna Grecia” e la candidatura ai David di Donatello. Seguono molte interpretazioni per il migliore cinema d’autore italiano: Se devo essere sincera (2004) e Tutta colpa di Giuda (2008) di Ferrario, Giorni e nuvole (2007) di Silvio Soldini, Il giorno più bello (2006) e Non c'è 2 senza te (2015) di Massimo Cappelli, La classe dell'asino (2016) di Andrea Porporati, Stato di ebbrezza (2018) di Luca Biglione. Nel 2013 si avventura con successo nel ruolo di conduttore nella prima edizione del talent show The Voice of Italia (Rai 2). Torna sul palcoscenico nel 2011, al Teatro Sistina, chiamato dal regista Massimo Romeo Piparo a interpretare il ruolo rivestito da Domenico Modugno e poi da Massimo Ranieri nella commedia di Garinei e Giovannini Rinaldo in campo. Nel 2017 è il protagonista di Lampedusa, del drammaturgo inglese Anders Lustgarten, e nel 2019 è al fianco di Irene Ferri nell’adattamento teatrale de La camera azzurra di Georges Simenon, per la regia di Serena Sinigaglia. Giorgio Gallione Diplomato nel 1980 alla Scuola del Teatro Stabile di Genova, Giorgio Gallione inizia la sua attività di regista l’anno successivo e nel 1986, divenuto direttore artistico del Teatro dell’Archivolto, inaugura l’esperienza con i Broncoviz (ovvero Maurizio Cesena, Maurizio Crozza, Ugo Dighero, Mauro Pirovano, Carla Signoris), esperienza che darà vita a numerosi spettacoli di successo. Ha diretto Claudio Bisio, Neri Marcorè, Angela Finocchiaro, Fabio De Luigi, Marina Massironi, Claudio Gioè, Lella Costa, Luca e Paolo, Sabina Guzzanti, Giuseppe Battiston, Eugenio Allegri, Alessandro Haber, Elisabetta Pozzi, Valentina Lodovini, Elio. In campo lirico ha firmato spettacoli per il Teatro alla Scala di Milano, il Regio di Torino, l’Arena di Verona, il Teatro dell’Opera di Metz, il Regio di Parma, il Teatro dell’Opera di Roma, il Teatro Carlo Felice di Genova, il Teatro Massimo di Palermo e altri ancora. Ha collaborato con scrittori del calibro di Stefano Benni, Daniel Pennac, Francesco Tullio Altan, Michele Serra e Niccolò Ammaniti e curato le elaborazioni drammaturgiche e gli adattamenti da opere di Ian McEwan, Roddy Doyle, Luis Sepúlveda, José Saramago, Charles Bukowski, Italo Calvino, Paul Auster, Etgar Keret. Attivo come autore anche in campo televisivo, è stato capoprogetto nelle prime due edizioni dello spettacolo Crozza Italia in onda su La7. Già insegnante di Recitazione della Scuola del Teatro Stabile di Genova dal 1982 al 1993, è tornato a ricoprire questo ruolo nel 2018. SCHEDA SPETTACOLO IL DIO BAMBINO con Fabio Troiano regia Giorgio Gallione scene e costumi Lorenza Gioberti disegno luci Aldo Mantovani produzione Nidodiragno/CMC con il contributo di Comune di Barletta/Teatro Curci in collaborazione con Fondazione Giorgio Gaber e Teatro Pubblico Pugliese DATE E ORARI Giovedì 13, ore 19.30 Venerdì 14 e sabato 15, ore 20.30 Domenica 16, ore 16.30 PREZZI posto unico numerato giovedì € 27,00 posto unico numerato venerdì, sabato e domenica € 38,00 VENDITE ONLINE teatrocarcano... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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eldoyarzun · 5 years
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En el papel queda nuestro sello En el papel definimos identidad No somos nada sin el boceto . #art #diseño #design #eldo #freelance #digital #boceto #analogo #papel #ilustration #cartoon #caricatura #ilustrado #chile #encargo #regalo #gift #amor https://www.instagram.com/p/B4ngUkBpgtK/?igshid=yqc4rap04nnr
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gladysserrano · 7 years
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¿de qué sirve una ventana que no se abre?
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Quando inizierai ad amarti, sceglierai di amare chi ti piace.
Prima ancora di imparare a leggere e a scrivere, il bambino apprende l’attaccamento e l’amore; l’amore che cerchiamo nella nostra vita da adulti è spesso la testimonianza di ciò che abbiamo vissuto da bambini.
Alcuni di noi sono rimasti bloccati in un modello relazionale sbagliato o addirittura autodistruttivo, così, nella ricerca del partner, ripropongono uno schema pre-modellato durante l’infanzia.
Lo schema distorce il concetto d’amore e a farne le spese è la vita di coppia.
L’Amore è la ciliegina, non la torta
Mi piace pensare alle relazioni romantiche come alla ciliegina sulla torta. La Torta è già bella e deliziosa da sola e la ciliegina aggiunge dolcezza e divertimento. In modo analogo, siamo belli e meravigliosi da soli e una relazione sana aggiungerà dolcezza e divertimento alla nostra vita.
Non tutti amano le mie analogie ma è così: quando ti senti solo, insoddisfatto o incompleto, cercherai un partner in grado di riempire i tuoi vuoti emotivi, un partner in grado di farti sentire amabile. Purtroppo, se pensi che il tuo partner potrà guarire le tue ferite emotive o colmare i tuoi vuoti interiori, non fai altro che predisporti a una dose maggiore di dolore.
A guarire le ferite emotive inflitte durante l’infanzia dovrai pensarci da sola grazie a un compagno prezioso, l’amor proprio. Certo, quando la situazione è più ingarbugliata l’amor proprio non arriva da solo o comunque non basta: in questi casi è meglio lasciarsi guidare da uno psicoanalista o psicoterapeuta.
Amiamo come siamo stati amati
L’amore che abbiamo appreso in tenera età condiziona ogni nostra relazione, amorosa, amicale o lavorativa. Le relazioni che intrecciamo sono la testimonianza del nostro vissuto infantile.
Spesso sono le sovracompensazioni a spingerci tra le braccia della persona sbagliata, tendiamo a ricercare il partner con una ferita interiore compatibile alla nostra, partner che non sono in grado di donarci amore in modo sano e così inciampiamo in storie sbagliate, una dopo l’altra.
Per esempio, se durante l’infanzia avete appreso un modello codipendente, probabilmente, finirete con un partner con problemi di dipendenza affettiva, problemi di salute (mentale ma anche fisica, dove dovete elargire le vostre cure)… la relazione dovrà farvi sentire utile, perché avete perso il concetto di amore come coronamento di una base già solida.
Come rompere gli schemi
I modelli appresi durante l’infanzia possono essere modellati o addirittura modificati profondamente. Tutti noi abbiamo tendiamo a ripetere determinati modelli comportamentali, non solo in ambito sentimentale. E’ difficile rompere uno schema una volta che si è radicato ma ciò non significa che non possiamo provarci e riuscirci. Imparare ad accettare se stessi e sentirsi una “persona degna d’amore” vi metterà sulla strada giusta per incontrare il partner con il quale istaurare un rapporto d’amore sano.
Per iniziare il vostro cammino dovreste vivere quella che gli psicoterapeuti chiamano esperienza emotiva correttiva. Per mettervi sulla buona strada, seguite questi piccoli consigli:
Introspezione:
Mettersi in contatto con se stessi
Molte persone, prima di cercare un partner, dovrebbero imparare ad amarsi e conoscersi più profondamente.
Riflettete sui vostri sentimenti, sulle emozioni che provate e che cosa ve le fa provare. Non basta dire “sono risentita” o “mi sento sola”… analizzate queste sensazioni. Un diario può essere uno strumento utile per iniziare a comprendersi e accettarsi.
Non crediate che sia facile riconosce i propri stati emotivi: in genere quando chiedo a qualcuno “come ti senti?” piuttosto che rispondermi con il nome di sensazioni, parte la similitudine “è come se…”. Imparate a dare un nome alle vostre emozioni, vi farà bene.
Analizzate le decisioni:
Attirate ciò che il vostro inconscio desidera
Vi farà capire che non siete vittima del destino, anzi: siete padroni della vostra vita e avete voce in capito! Riflettere sulle proprie decisioni vi aprirà gli occhi su quelli che sono i vostri reali desideri e bisogni.
Riflettete sulle esperienze che avete avuto, le decisioni che avete preso fino a questo momento…. aumentate la consapevolezza sul motore che muove il vostro comportamento.
La consapevolezza vi aiuterà a fare scelte diverse in futuro. Scelte più sane circa i rapporti da intrecciare.
Self compassion:
Non giudicatevi, non condannatevi
Perdonatevi gli errori commessi in passato, giudicarvi non servirà a nulla.
Autogiudicarsi severamente non solo è crudele ma innescherà nella vostra mente convinzioni negative sulla vostra persona.
La self compassion vi permettere di riconoscere i vostri bisogni e amarvi anche in tempi difficili come la fine di un rapporto, la solitudine e la paura. Quando vi parlate, fatelo con affetto, immaginate di star parlando a una vostra cara amica…. la giudichereste condannandola o provereste a consolarla?
Lavorate sui confini:
Tenete fuori abusi emotivi e verbali
Tracciate dei confini ben precisi oltre i quali, il partner o un amico, non dovranno mai spingersi. Il vostro confine dovrà tagliare fuori qualsiasi inizio di manipolazione, abuso emotivo o verbale. Aumentate le vostre aspettative e fissate nuovi standard. Quando iniziate una relazione, i confini sono indispensabili per tenere lontane le storie sbagliate.
Aver cura di sé:
Custodite il vostro bambino interiore
Pensate alla genitorialità, un tempo si pensava che essere genitori severi e intransigenti, impartire punizioni e un’educazione severa, potesse servire a tirare su figli sicuri e forti. Per fortuna quello che si pensava decenni fa oggi è stato del tutto sfatato: i metodi educativi più efficaci sono quelli che si basano sull’incoraggiamento e sull’accrescimento delle risorse personali.
Quando cessate di darvi le dovute cure, vi comportate con voi stessi proprio come farebbe un genitore di qualche generazione più vecchio. Volete essere davvero così retrogradi e severi?
Iniziate a tranquillizzare il vostro bambino interiore sulle paure che da anni si porta dentro. Siate buoni e gentili con lui, curatelo e accuditelo. Premiatelo e incoraggiatelo. Desiderate il meglio per lui!
Sostenetevi e regalatevi amore sano e incondizionato. Anche se sbagliate: accettate il fallimento e siate solidali con voi stessi.
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elizabethbrownrp · 3 years
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Le origini, l’esperienza con il primo marito e altri amori:
Aisha Hosny nasce il giorno 7 novembre 1985 a Luxor in Egitto in una famiglia egiziana di religione cristianesimo copto da Hakim Hosny che è un discedente del faraone Ramses II il grande e Malak Rami, discedente di Cleopatra.
All’età di 16 anni nel 2001 si trasferisce in Iraq sposandosi con Ibrahim al-Badri, il quale nell’anno seguente ebbe un figlio di nome Khalid, al seguito dell’arresto di suo marito nel 2004, Aisha tornò in Egitto e iniziò a lavorare come cuoca e crescendo da sola Khalid. Durante la vita da sola in Giza con il figlio Khalid al-Badri conquistò con il suo fascino diversi uomini tra cui Hassan al-Mokki, Osama al-Masri e Mohammed el-Akkad ma nessuno di questi uomini è riuscito a soddisfarla infatti in brevi mesi li ha abbandonati immediatamente lei continuò a sedurre gli uomini per anni ma nessuno di loro è riuscito a conquistare il suo carattere forte e fragile allo stesso tempo quando mancava il suo ex marito, soltanto verso il 2019, smise di sedurre gli uomini, comprendendo che nessuno di loro l’avrebbe resa felice. Il giorno 21 settembre 2020 le cose cambiarono e venne a sapere che il suo ex marito si è trasferito in Giza Egitto e decide di recuperare la relazione persa con lui. Il giorno 3 ottobre 2020, Aisha lasciò il lavoro presso il ristorante Chez Ma Cousine perchè riteneva che il lavoro di cuoca è diventato troppo mediocre perchè vuole un lavoro più rischioso e di avventure. Nello stesso giorno, Aisha decide di fare entrare a far parte della Central Intelligence Agency (CIA) decidendò di seguire il suo ex marito sia nell’amore che nel lavoro.
Il 5 ottobre 2020, Aisha ebbe un diverbio con il suo ex marito perchè troppo egoista e arrogante,questo portò ad Aisha a terminare il recupero delle relazioni con l’ex marito e il suo cuore ad indurirsi di più.
Il rapimento del figlio e la relazione con Carl Foster:
Nello stesso giorno Aisha tornò a Giza e scoprì che suo figlio Khalid al-Badri era scomparso e si rese conto che questo atto meschino fu fatto dal suo stesso ex marito, disperata non seppe cosa fare ed era molto disperata.
In seguito conobbe Carl Foster che la invitò a trasfersì a New York, lei accettò e con il tempo iniziarono una relazione amorosa.
L’incontro con Hazim al-Hashem, l’innamoramento e vendetta contro l’ex marito:
Un giorno Aisha andò in una stazione di polizia e disse quello che era accaduto al detective Ahmed al-Hashem ma Ahmed non potè aiutarla perchè non aveva indizi di dove fosse nascosto ma all’improvviso apparse il padre di quest’ultimo che rimase affascinato e innamorato della bellissima ragazza e si offrì così di aiutarla contro il suo ex marito.
Hazim e Aisha si avvicinarono sempre di più ed iniziarono ad avere una relazione,Aisha era molto affascinata,attratta e innamorata dell’iraniano dagli occhi marroni Hazim al-Hashem.
Un giorno Hazim al-Hashem ottene le informazioni dai servizi segreti iraniani VAJA così allora Aisha lo seguì a Falluja in Iraq, il giorno della vendetta era finalmente arrivato.
L’inganno contro il suo ex marito e fuga in Brasile:
Una volta scoperta la villa in cui era nascosto il califfo nero, Hazim e Aisha entrarono segretamente, Aisha entrò nella stanza del califfo nero fingendo di essere dispiaciuta di averlo ferito e di aver rifiutato di tornare con lui poi iniziò a raccontargli diverse storie dicendo anche il finale di ognuna di loro, la bellissima e intelligente ragazza riuscì a far piangere il califfo nero e placcare la sua ira verso il genere femminile.
Ma all’improvviso apparse l’agente segreto iraniano della VAJA, Hazim al-Hashem che puntò la pistola contro di lui e gli disse di arrendersi, il califfo nero urlò che questo è un inganno e tentò di fuggire fuori dalla villa ma davanti alla porta apparsero uomini armati delle forze speciali iraniane e anche gli uomini di Mahdi Army fedeli a Muqtada al-Sadr.
Il califfo nero sempre più irritato prese una spada araba nel tentativo di ferire Hazim al-Hashem ma Hazim riuscì a schivare il colpo e sparò al braccio destro del califfo nero che urlò di dolore e si arrese ai nemici.
In seguito accade che Ryan Adham (agente della CIA) rivelò tutto quello che aveva visto in Iraq e avvisò il governo statunitense che Hazim al-Hashem è in realtà una spia Iraniana, questo portò all’espulsione della famiglia al-Hashem e Aisha Hosny, Hazim decise che non può rischiare di entrare nuovamente negli USA e decide di fuggire in Brasile precisamente a Rio de Janeiro insieme ai suoi figli Ahmed al-Hashem e Zayn al-Hashem ma anche la donna di cui è innamorato, Aisha Hosny ma questo non significa che i piani si fermano, egli ha sete di vendetta nei confronti di Ryan Adham, quel uomo che non si è fatto gli affari suoi.
Oltre questo, Hazim che è molto innamorato di Aisha Hosny e viceversa entrambi fecero amore a letto per la prima volta.
Arrivo in Italia e Messico:
Dopo l'esperienza in Brasile, Aisha seguì il suo amato prima a Firenze e poi Palermo lavorando come designer per il Design Italia per un certo periodo ma quando Hazim scoprì che suo figlio Awad era vivo e salvo in Messico,Aisha dovette abbandonare il suo lavoro e lo seguì in Messico.
Aisha rimase in Messico con Awad e Ahmed (figli di Hazim) perché Hazim non ha voluto che lo seguisse a Los Angeles per scoprire che Ibrahim al-Hashem è effettivamente uno dei suoi 4 figli.
Rottura della relazione con Hazim al-Hashem e arrivo a Los Angeles:
Un giorno Aisha Hosny stanca di essere presa in giro da Hazim che l'aveva lasciata in Messico e di non aver dimostrato che ci teneva a lei decide di chiudere tutte le relazioni con lui.
Aisha lasciò il Messico e si trasferisce a Los Angeles una volta che Hazim ha lasciato Los Angeles per andare ad Austin.
Matrimonio a New York:
Il 26 marzo 2021, Aisha si sposa ufficialmente con Carl Foster a New York e si trasferisce a Genoa city in Wisconsin.
Il divorzio e ritorno a Giza:
Il 7 aprile, Aisha e Carl Foster divorziano questo perché Aisha a causa del passato non si fida degli uomini, Carl Foster ha rispettato la sua decisione.
Nello stesso giorno, Aisha abbandona Genoa city e torna a Giza in Egitto.
Significato del nome
Aisha Riprende un vocabolo arabo che vuol dire "viva", "vivente", "prospera", ed è quindi analogo per significato ai nomi Vivo, Viviana, Živa e Zhivko. ʿĀʾisha fu la figlia di Abu Bakr che divenne la terza moglie di Maometto, e che dopo la sua morte andò in guerra contro il califfo Ali, venendo sconfitta.
La personalità e caratteristiche
E’ una lupa, una donna misteriosa ed attraente. La sua bellezza toglie il respiro oppure, al contrario, fa parte di quelle brutte che, grazie alla loro personalità, eclissano completamente il faccino più grazioso! È sensuale, sexy, seducente! E’ una donna tenace e sa essere tanto vendicativa, quanto affettuosa. Non si può che restarne colpiti!
Per cosa è fatta?
La donna Scorpione è fatta per la ricerca e la scoperta; ancora più di lui è tentata da discipline come la parapsicologia e le scienze dette irrazionali. Si occuperà egregiamente dei propri affari, guadagnando molto e lavorando in proprio più che in equipe. Gli altri sono troppo fiacchi, troppo lenti, troppo mediocri per lei!
Come ama?
Con passione, con rigore, con entusiasmo ed esaltazione e questo fa paura a molti uomini, spesso poco propensi agli scossoni! Da giovani, gli uomini la trovano sublime e vivono con lei delle folli storie d’amore, che ricorderanno poi, con nostalgia, in compagnia di un’altra donna, la propria, molto più calma! In poche parole, la donna Scorpione lascia ricordi indimenticabili, ma è la protagonista di pochi matrimoni o unioni riuscite! Ma se incontra un uomo degno della sua ammirazione, si dedicherà completamente alla sua causa e diventerà una compagna eccezionale.
Prestavolti:
-Rachele Brooke Smith
-Phoebe Tonkin
-Nina Dobrev
-Camila Coelho
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tonaley · 3 years
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No te obligó a que me ames pero ¿me puedes querer un poquito? quizás estoy pidiendo mucho pido una disculpa soy un avaricioso quien me creo para decidir si merezco amor mi corazón está roto pero eso no significa que te deje de amar pero si la palabra con a te llego a espantar no te preocupes la puedo cambiar que tal un te quiero no es una declaración de amor ni te compromete a una relación es solo un decir que se resuelve con un también yo entonces¿te gusta? a mí me da lo mismo hasta suena más bonito ¿no? así que ¿puedes decirme un te quiero? por favor dame la oportunidad de que mis te quiero se vuelvan una bella rutina rayando en la monotonía. - Tona Ley #poetic #poeticshit #converse #tenis #fotografia #photography #streetphotography #color #analogo #35mm #cinema #cineensayo #cinepoema #poetasidiotas #poetas #ilustration #camara #vintage https://www.instagram.com/p/CUspo3QBjML/?utm_medium=tumblr
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mardeamooor · 8 months
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Los floripondios de tu casa me gustaban mucho
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forgottenbones · 4 years
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Rebus
1. Definizione
Il rebus è un gioco enigmistico (➔ enigmistica) che propone un insieme di lettere e figure in una successione ordinata oppure nel contesto di un’illustrazione. Se sono correttamente combinate e interpretate secondo le regole di genere del gioco, lettere e figure si risolvono in un’espressione linguistica preordinata dall’autore.
2. Tecnica del rebus
Il rebus italiano contemporaneo si presenta come una vignetta in cui alcuni soggetti sono contrassegnati da una, due o tre lettere. Il solutore ha anche a disposizione (nell’intestazione del gioco) un diagramma numerico che riporta il numero delle lettere che compongono le parole della cosiddetta frase risolutiva (o seconda lettura). A volte il rebus viene corredato da un doppio diagramma, in cui è indicato il numero delle lettere che compongono le parole della chiave (o prima lettura). Dalla prima alla seconda lettura si passa con il procedimento di risegmentazione tipico delle ➔ sciarade e delle frasi doppie.
Un’illustrazione che riporti, da destra verso sinistra, un palmipede contrassegnato dalle lettere GI e un’insenatura contrassegnata dalle lettere MA (Rebus, 6, 1, 4) può essere risolta come segue:
(1) (prima lettura) GI oca, rada MA = (seconda lettura) Giocar a dama
Ogni elemento contrassegnato dalla vignetta deve comparire nella prima lettura del rebus, o per quel che è (un’oca, una rada) o per quello che fa. In un rebus che si risolvesse come segue:
(2) (prima lettura) G alle sei RL a N dà = (seconda lettura) Galles e Irlanda
è indifferente chi sia G, chi sia N e cosa sia RL: G può essere un postino che consegna alla casalinga N il plico RL; G può essere uno staffettista che passa al suo compagno N il testimone RL; G può essere Dio che consegna a Mosè N le Tavole della Legge RL. In ognuna di queste realizzazioni, o delle innumerevoli alternative possibili, il rebus è valido.
Fino agli anni Cinquanta del Novecento alcune oscillazioni terminologiche assegnavano a volte al rebus detto di relazione il nome di rebus crittografico o crittografia (ingenerando ambiguità con un’omonima famiglia di giochi enigmistici non illustrati). Oggi la tendenza dominante denomina come rebus ogni gioco enigmistico illustrato, in cui cioè una sequenza linguistica interpreta una scena rappresentata figurativamente (per denominazione, per relazione o nelle due modalità combinate).
3. Archeologia del rebus
Il gioco del rebus ha radici nelle antiche forme di scrittura pittografica e ideografica in cui la notazione di un concetto prevedeva la sua rappresentazione figurativa: forme che a volte sono state designate dagli storici della materia come scritture-rebus (cfr. Diringer 1969). Già in epoca antica era possibile che elementi linguistici privi di una propria raffigurazione univoca, come per es. i nomi propri, venissero scomposti in segmenti invece raffigurabili. Così la tavoletta che raffigura il faraone Narmer (III millennio a.C.) lo nomina attraverso i disegni di un pesce (nar) e di uno scalpello (mer).
Il passaggio alla scrittura alfabetica decretò l’abbandono dell’iconismo diretto della rappresentazione, ma d’altro lato rese ancora più evidenti le possibilità di scomposizione delle sequenze alfabetiche; quando Cicerone saluta un corrispondente in questo modo:
(3) Mitto tibi navem prora puppique carentem («Ti mando una nave priva di prua e di poppa»: n-ave-m)
costruisce una sorta di rebus tutto linguistico, in cui il lato figurativo è lasciato all’evocazione del tropo analogico (la prima e l’ultima lettera di navem come la prua e la poppa di una nave).
L’aspetto linguistico e l’aspetto figurativo si congiungono sulla scena del sogno. Il primo trattato sull’interpretazione dei sogni, l’Onirocritica di Artemidoro di Daldi (II sec.) riferisce il responso che Aristandro diede a un sogno di Alessandro Magno. Impegnato nell’assedio della città persiana di Tiro, Alessandro aveva sognato un satiro danzante sopra uno scudo. Aristandro ne aveva tratto un auspicio favorevole: Satyros = sa Tyros «Tiro è tua»: una perfetta sciarada, o frase doppia. L’Interpretazione dei sogni (1901) di Sigmund Freud riprenderà e approfondirà questo tema, distinguendo fra contenuto manifesto e contenuto latente, e definendo il sogno come un «indovinello figurato» (Freud 1899). Come ha poi dimostrato François Lyotard (1971), Freud stava facendo diretto riferimento al gioco delle rätselhafte Inschriften («iscrizioni enigmatiche»), una sorta di rebus epigrafico che all’epoca di Freud compariva sulla pubblicazione viennese «Fliegende Blätter». Un analogo raccostamento è stato poi operato da Jacques Lacan, che ha assimilato il sogno al gioco salottiero della sciarada, chiamata charade en action.
Il principio linguistico della sciarada (scomposizione di un’espressione in sillabe o altre unità che si scoprono dotate di senso proprio) e il principio verbo-visivo del rebus (rappresentazione iconica di unità linguistiche) si trovano combinati anche nell’immediato antecedente del rebus: l’impresa rinascimentale (per la quale si rinvia a Praz 1946). Del rebus l’impresa ha innanzitutto l’intento criptico: a differenza degli emblemi manieristi e barocchi, rivolti a un pubblico anche analfabeta (e per questo intento ripresi anche dalla catechesi gesuitica), le imprese realizzavano una comunicazione criptica. Il loro carattere non era universale, ma particolare: intendevano rappresentare in modo incomprensibile ai non adepti l’intenzione segreta, il movente intimo delle azioni di un cavaliere, il suo motto personale o familiare. Vicino al ritratto dell’amata, Orazio Capete Galeota conservava un’impresa in cui una tigre si specchia in una sfera di vetro, con il motto fallimur imagine «siamo ingannati dall’immagine»: l’impresa si spiega grazie a un racconto di sant’Ambrogio in cui i cacciatori ghermiscono un cucciolo di tigre e gettano una sfera di vetro alla madre, che scambierà la propria immagine riflessa e rimpicciolita con quella del figlio, consentendo ai cacciatori di allontanarsi. Solo l’erudizione e la conoscenza diretta dell’interessato consentiva di cogliere il contenuto criptico dell’impresa.
Oltre al meccanismo perfettamente concettuale dell’impresa era disponibile una rappresentazione per segmenti linguistici. Una prima forma, moderata, segmentava le sequenze conservando l’omofonia: è il caso dello stemma della famiglia Anguissola, realizzato con l’immagine di «un solo serpente» (anguis sola). Trattatisti come Paolo Giovio non consideravano questo caso diverso da quello della colonna che campeggia nello stemma della famiglia romana Colonna: la semplice scomposizione che mantiene l’omofonia veniva avvertita come una variante dell’omonimia. Diverso invece, e spesso censurato dai trattatisti, il genere dell’impresa-rebus o impresa cifrata, in cui la sequenza viene scomposta in segmenti che comprendono lettere isolate e in cui l’omofonia è perduta, o faticosa (una perla, una lettera T, una suola di cuoio o coramo: «Margherita, Te, sôla di coramo = Margherita, te sola di cor amo»). È questo il caso dei cosiddetti rebus di cui ➔ Leonardo da Vinci costellò il codice Windsor: la figura di due quaglie e quella di due ossa erano intervallate dalle lettere C, H, I, P. Soluzione: «qua gli è chi possa» (quaglie, C,H,I,P, ossa). È anche il caso dei Rébus de Picardie (fine XV - inizio XVI sec.), ove la figura di una monaca che sculaccia un abate (nonne abbé bat au cul), seguita dalla figura di un osso (os), va risegmentata e reinterpretata come motto latino: Nonne habebat oculos? «ma non aveva occhi?». È questa la prima apparizione del nome rebus, la cui etimologia viene comunemente ricondotta al plurale dell’ablativo strumentale di res «cosa», dunque «con le cose».
4. Il rebus enigmistico
Già dal Rinascimento la produzione italiana di rebus si è differenziata da quella in altre lingue, pur fiorente, per il fatto di accogliere solo esempi rigorosamente omografici. Nella tradizione anglosassone (come nella francese), il soggetto raffigurato può stare per una parola o per un segmento di parola anche solo in virtù dell’omofonia; così in una famosa lettera-rebus di Lewis Carroll il pronome I è rappresentato dal disegno di un occhio (eye).
Nel corso dell’Ottocento il genere del rebus era impreziosito ma anche limitato nelle sue possibilità di sviluppo dal costo della riproduzione tipografica. Rispetto alle sciarade, ai logogrifi, agli acrostici, agli anagrammi, agli enigmi e agli altri generi puramente linguistici dell’incipiente enigmistica, il rebus richiedeva procedimenti di stampa peculiari, che ne limitavano la presenza sulle riviste.
Il rebus enigmistico ottocentesco e del primo Novecento si rivolgeva a estese frasi di tipo proverbiale e gnomico, come sopravvivenza delle radici concettistiche ed emblematiche: «è vano ad amor ardente opporsi», «latte sopra vino è veleno», «senza danari non si àn rosari». Lo sviluppo decisivo del rebus italiano si è prodotto nella seconda metà del Novecento, sulle pagine della «Settimana enigmistica», dove si sono assestati i canoni di accettabilità della frase risolutiva, di chiarezza espositiva della vignetta, di innovazione e correttezza sintattica della prima lettura.
La frase risolutiva si è liberata dai vincoli della proverbialità, adottando come criterio la maggiore prossimità possibile alla dimensione semantica del paralessema e del modo di dire (famosi rebus hanno avuto frasi risolutive come: «bagarre tra vari spettatori»; «fare sberleffi giocosi»; «Sodoma e Gomorra»; «leghe superleggere»; «audace scenetta»; «melodia d’amore medioevale»; Bosio 1993).
L’illustrazione, la cui tecnica è stata codificata da Maria Ghezzi Brighenti, si è caratterizzata per nitore e neutralità del tratto e per l’estensione delle peculiari tecniche di composizione che sottolineano la pertinenza degli elementi utili per la risoluzione.
La prima lettura si è giovata innanzitutto dell’invenzione del «rebus stereoscopico», da parte di Gian Carlo Brighenti (1924-2001): distribuendo la rappresentazione del rebus su più di una vignetta è possibile raffigurare sequenze temporali o meramente logiche (un’aquila C che discende a più riprese dalle stesse montagne: «C a valle rialeggerà = Cavalleria leggera»).
Più recentemente il relativo esaurimento delle chiavi utili alla composizione di rebus si è combinato con l’elevato virtuosismo degli autori e degli illustratori, portando alla pubblicazione di difficili rebus in cui la prima lettura consiste in un’interpretazione particolarmente raffinata (e a volte al limite dell’aleatorio) della vignetta. Per es., un rebus in cui gli sposi G sembrano quasi tardare a scambiarsi gli anelli F si risolve tramite un congiuntivo esortativo e una postilla esplicativa: «G abbiano F: è rito! = Gabbiano ferito».
fonte: Treccani
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ipsilonmaiuscola · 3 years
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La proprietà fondamentale del mondo è la molteplicità delle varianti in cui la realtà può manifestarsi. Esistono, in uno stato di possibilità, un numero virtualmente infinito di varianti di realtà: c’è quella in cui noi non esistiamo neppure, quella in cui siamo ricchi, quella in cui siamo poveri, quella in cui abbiamo scelto una vita monastica e quella in cui abbiamo scelto di diventare un manager d’azienda, e così via.
Possiamo chiamare “Spazio delle Varianti” quel campo informativo che contiene le informazioni di TUTTO ciò che è stato, è e sarà. Nella realtà fisica può manifestarsi una sola delle varianti possibili, tutte le altre restano in una dimensione potenziale, ma possiamo indurle a manifestarsi. Poiché ogni variante già esiste, è sempre esistita e sempre esisterà, il tempo che scorre come noi lo concepiamo non esiste, è piuttosto la coscienza dell’osservatore che si muove lungo una linea o l’altra dello spazio delle varianti.
Ognuno vive la propria variante, che si interseca con quelle degli altri. Si definisce “strato di realtà” tutto ciò che abbiamo portato a manifestarsi nella nostra vita. Ogni variante ha una sua struttura di base (lo “scenario”) e degli attributi (le “decorazioni”); una lieve modificazione della variante cambia solo le decorazioni (ad es. cambio la mia occupazione nell’azienda in cui lavoro), una modificazione importante può cambiare proprio lo scenario (ad es. cambio radicalmente lavoro).
L’energia di emozioni e pensieri permette di sintonizzarci con una variante specifica. In pratica l’energia che emettiamo ci allinea esattamente sulla variante che risuona con quelle precise frequenze e la porta a manifestarsi. Ecco perché ciascuno ottiene SEMPRE ciò che sceglie, il problema è che le scelte avvengono per lo più inconsciamente e sono spesso sintonizzate su vibrazioni di paura, conflitto, mancanza, determinando una vita che si muove su quei parametri di insoddisfazione.
Le varianti non possono essere modificate, però noi possiamo scegliere su quali vibrazioni sintonizzarci e, quindi, quale variante manifestare (“Ciò che scegliete si realizza sempre!”). E’ come quando ascoltiamo la musica alla radio; non possiamo cambiare la programmazione delle varie stazioni ma, se una musica non ci piace, possiamo cambiare stazione. L’unica, importante, differenza è che le stazioni radio sono limitate e potremmo non trovare la nostra musica preferita, mentre le varianti sono infinite e quindi contengono sicuramente la nostra variante ideale.
Secondo quanto appena espresso il destino attuale non si può cambiare. Possiamo però sempre scegliere una nuova linea di vita e, quindi, un nuovo destino. Il destino possiamo considerarlo effettivamente predeterminato, solo che di varianti di ogni destino ne esistono infinite.
Secondo Zeland il problema principale nella realizzazione dei propri desideri più autentici sta nella manipolazione che i “pendoli” attuano sugli esseri umani. I pendoli sono delle strutture energetiche (il concetto è analogo a quello di egregora) che prendono vita quando i pensieri di un gruppo di persone vanno nella stessa direzione, creando un flusso coerente che inizia a vivere di vita propria e ad assoggettare le persone ai propri scopi, al fine di autoperpetuarsi. Zeland li definisce pendoli perché oscillano su determinate frequenze ed hanno bisogno di continuare a vibrare su quelle frequenze per restare in vita … se nessuno li alimentasse si estinguerebbero.
Secondo Zeland ogni pendolo (un’ideologia, un partito politico, un movimento religioso, un club, una credenza di moda, ecc…) è distruttivo per sua stessa natura, perché sottrae energia a chi vi aderisce, cercando sempre di sottometterlo al proprio potere ed ai propri fini; fini che le persone scambiano per propri, al punto di arrivare a morire per una determinata ideologia. Il mondo come lo conosciamo è strutturato sui pendoli e non ne possiamo, quindi, fare a meno, è necessario però trovare quello che più ci corrisponde (altrimenti vivremmo in uno “stato di sospensione” dalla realtà).
Gli strumenti che i pendoli usano per assoggettare sono: paura, ansia, angoscia, diffidenza verso chi appartiene ad un altro gruppo, senso di colpa, senso del dovere. Mettendo il dito sulla giusta piaga il pendolo attinge all’energia degli individui. E’ essenziale comprendere che i pendoli attingono energia anche da chi li combatte! Pensateci bene: per far oscillare un’altalena non importa che la si spinga da un verso o dal verso opposto. Per non stare al gioco del pendolo dobbiamo quindi ignorarlo o reagire in un modo che non si aspetterebbe, “non adeguato” (reagendo, ad esempio, con entusiasmo invece che con sconforto, con gioia invece che con irritazione).
E’ molto importante comprendere che il lottare contro qualcosa è in realtà un alimentare quel qualcosa. Le frequenze di “amore per quel politico” o di “odio per quel politico” producono lo stesso risultato, cioè vanno tutte a nutrire quel determinato politico (come è citato nel film “The Secret” non è forse vero che spesso vincono le campagne elettorali le persone più controverse? Questo perché hanno concentrato tutta l’attenzione su di loro). E’ lo stesso principio per cui se dicessimo ad una scolaresca: “Adesso pensate agli elefanti” oppure: “Adesso non pensate agli elefanti” otterremmo il medesimo risultato e cioè che tutti i ragazzi avrebbero gli elefanti nella testa.
Tutto ciò che non vogliamo l’otterremo inevitabilmente, per questo è necessario fin da subito rinunciare alla lotta e al contrasto, accettando che esistono altre realtà e che ciascuno è libero di sceglierle e di viverle … noi semplicemente sceglieremo la nostra. Opporsi o giudicare ciò che non ci piace ha come unico risultato l’ottenerlo. E’ indispensabile imparare ad ignorare le provocazioni dei pendoli (che si prefiggono sempre di prendere energia da noi) ricordandoci, appunto, che sono solo delle provocazioni. Sviluppando l’attitudine di ricordare diventerà sempre più facile esserne immuni. Se una persona ci aggredisce o ci ostacola possiamo estinguere quel pendolo specifico visualizzando la persona in questione in uno stato di soddisfazione, immaginandolo immerso nella situazione che riteniamo possa esser la migliore per lui (estinzione del pendolo).
Per non farsi coinvolgere dai giochi dei pendoli è buona pratica imparare ad osservarsi dall’esterno, con distacco (Zeland lo definisce “darsi in affitto”). Ricordiamoci che qualunque situazione esiste già, dagli scenari peggiori ai migliori, noi dobbiamo solo scivolare su ciò che riteniamo più favorevole, senza giudicare niente, sintonizzando adeguatamente le nostre frequenze mentali. Non abbiamo il potere di creare o distruggere nulla, ma solo di portare qualcosa alla manifestazione o meno, per questo non abbiamo neppure il diritto di criticare il mondo per come è o di criticare le scelte degli altri; il farlo ci farebbe subito agganciare da qualche pendolo! E’ importante imparare a restare il più possibile neutri rispetto a ciò che non approviamo.
Dare eccessiva attenzione ad una situazione significa attribuirvi troppa importanza (nulla è importante di per sé, ma solo nella misura in cui noi lo vogliamo, ognuno – infatti – reagisce soggettivamente agli eventi e alle persone). Poiché nell’Universo tutto tende all’equilibrio, dare importanza ad una situazione significa creare un cosiddetto “potenziale superfluo”. Le forze equilibratrici interverranno inevitabilmente per abbatterlo! Ad es. elogiarsi troppo finirà per farci prendere una bella botta sul naso.
Lo scivolare in una linea delle varianti per noi positiva richiede allineare le nostre frequenze su ciò che ci piace e che ci procura benessere. Le persone, al contrario, solitamente amano esprimere la loro insoddisfazione per ciò che non va, amano lamentarsi, ed è così che costruiscono, mattone dopo mattone, il proprio inferno personale. Se cediamo alle provocazioni esterne indotti dai pendoli rischiamo anche di finire in un “passaggio indotto”, ovvero in una corrente che funziona da vortice aspirante, dove tutti coloro che vi si sintonizzano finiscono per avere il medesimo destino (cosa che accade, ad esempio, nelle catastrofi o nelle epidemie).
La corrente delle varianti, il flusso della Vita, contiene già la soluzione a tutti i problemi. La mente razionale, in costante agitazione, non può che ostacolare la risoluzione di un problema, mentre se impariamo ad affidarci al flusso e a non remare controcorrente le soluzioni arriveranno da sole (concetto espresso nel detto cinese: “Se hai un nemico siediti sulla sponda di un fiume ed aspetta. Prima o poi vedrai passare il suo cadavere!”). Spesso ci guidano nella linea delle varianti che contiene la soluzione ai nostri problemi dei segni conduttori (o segni premonitori o sincronicità) che possiamo cogliere nell’ambiente circostante. Sono dei segnali che ci lasciano l’impressione di un si o di un no rispetto a delle scelte che stiamo per fare, ascoltandoli sempre di più diventerà semplice fluire nella corrente delle varianti. Per discriminare se una scelta sia un segnale intuitivo inviato dall’Anima o un ragionamento più razionale è sufficiente ricordarsi questo: se abbiamo bisogno di convincerci che una data cosa è buona, significa che per l’Anima non è buona! Ciò che percepiamo intimamente buono non ha bisogno di alcun autoconvincimento. Il “Fruscio delle Stelle del Mattino” è una metafora della Voce dell’Anima ed è ciò che abbiamo bisogno di reimparare ad ascoltare!
Per ottenere una corretta gestione della nostra vita dobbiamo necessariamente rinunciare al bisogno razionale di controllare gli eventi. Rinunciando al controllo otterremo, paradossalmente, un controllo sulle situazioni maggiore di prima! Possiamo “mollare la presa” nella consapevolezza che esiste il flusso delle varianti che opera per noi e che ci porta ciò che abbiamo scelto!
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javierjones · 4 years
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Quizás creas que este escrito es acerca de ti
Me decías con mente afiebrada que jamás habías escuchado algo así. Me contabas tu experiencia de haberte sumergido en la canción todos los días por una semana. Todas las horas de tu sábado y tu domingo. Escribiste sobre ella y estuve involucrada en esa historia en varios párrafos. Y aunque en ese momento me sentía precariamente exclusivo al estar en tus líneas, si advertía lo pasajero del momento y simplemente lo quise disfrutar sin pretensión de seguir dando pasos hacia tu camino. Te marchaste o al menos se marchó la idea de tí con igual ímpetu con el que llegaste. Cuando hace poco tuve un reencuentro curioso contigo, lo utilicé solamente para revalidar lo que mi recuerdo me había mostrado acerca de ti. Fue refrescante saber que ya realmente nos habíamos olvidado.
Me contabas como habías aprendido tantas cosas de tu carrera conmigo y cuantas ideas de las que habíamos discutido te habían permitido crecer. Tu intelecto se dio una buena refrescada conmigo acompañados por lo general de esos cafés que tu humlldad forzada le llamaba de los cafés caros. Sabía también que una vez lo hicieras, vendría el momento avinagrado, el del puñal de aparente madurez y de ansiedad corporativa. Llegó más rápido y con más arrogancia académica del que pensé pero también intuia que si mis cálculos no habían sido tan certeros, quizás tuvo que ver con el hecho de que invertí más energía contigo de la que debí. Deseo con vehemencia no volverte a ver ni por supuesto que ninguno de tus clones vuelva a aparecer.
Una vez la confianza fue suficiente, lograste expresarme lo mucho que significaba para ti. Tanto amor repentino me puso en alerta. Todas esas muestras de cariño abundante en aparencia no calculadas revelaban que quizás había tenido suerte con un humano esta vez y que segun el protocolo social, debía pensar en tomar decisiones. Y aunque también con sigilo era testigo pasivo de tus desbalances con los demás, decidí jugar el juego y dejarme llevar. Capturar tu mente vigorosa en ese momento sonaba entretenido. Al final, me alegra no haber alineado mi camino contigo. Tu amor estaba inundado de astutas frivolidades disfrazadas de personalidad. Qué descanso fue el momento en que me salí de tu círculo enfermo de posesión.
Como cualquier indigente que no tiene mucho que perder, decidí voluntariamente olvidarme de todo y olvidarme de ti, y de nunca más intentar contarte mi versión más honesta. Querias mi compromiso a pesar de que tu no lo mostrabas. Logro conciliar el sueño sin problema pensando en que al final nunca sentí que pudieras mantener la autenticidad de tus emociones.
Quizás sea acerca de tí o quizás seas simplemente la inspiración. Quizás sea solo la idea de que eres tú o quizás sean muchas personas que hablen como tú me hablabas. O quizás todos estos pasajes sean un extraño compendio encapsulado de gente que decidió tomar tu mismo camino. O quizás ya todos suenan como tú. Los virtuales y los digitales. Los analogos y los curtidos. Solo sé que la amalgama resultante en perspectiva resultó más divertida que perder el tiempo contigo.
// Javier Jones
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cbnclub · 7 years
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DALCAHUE, CHILOÉ
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