Tumgik
#ammalato dal posto di lavoro
realnews20 · 4 days
Text
L’esordio alla regia di Michele Riondino piace anche fuori dai confini italiani. Si chiama Palazzina Laf ed è stato proiettato al Mediterrane Film Festival di Malta e all’Italian Film Festival a Boston e Detroit. Come raccontiamo qui, per il suo esordio dietro la macchina da presa Riondino ha scelto un film di denuncia ambientato all’ex Ilva di Taranto e ha deciso di giocare in casa, continuando anche a recitare. E l’attore si è raccontato al Corriere della Sera: “Questo risultato me la sognavo di notte, accadeva solo in campo onirico. Sono io il primo a esserne meravigliato e sorpreso. Sono molto contento di come questa storia possa aver incuriosito diverse categorie di pubblico, con le sale stracolme, ma anche il comparto degli addetti ai lavori. Produttori e distributori erano preoccupati del tema, non essendo più abituati a vedere al cinema questo tipo di storie“. Riondino conferma che suo papà, suo fratello e i suoi zii hanno lavorato all’Ilva e che suo fratello si è ammalato: “Adesso è sotto controllo costante e sta bene(…). La nascita del male è imputabile, nel suo caso come in quello di tanti altri operai, al lavoro a stretto contatto con il carbone bruciato; respiravano, mangiavano e bevevano lì. Secondo i medici, il tumore al colon è una diretta conseguenza. Conosco diverse persone che non ce l’hanno fatta, è un bollettino di guerra. Le nostre telefonate, a Taranto, non iniziano con un ‘Ciao, come stai?’, ma con un ‘Come sta…? Ha fatto il ciclo? Come sta reagendo?'”. Un commento anche sull’incontro di pochi giorni fa a Taranto tra Carlo Rienzi, presidente del Condacons e Fedez che ha annunciato la volontà di fare una donazione per l’oncoematologia pediatrica. La domanda fatta dal Corriere è chiara, “vera beneficenza o pubblicità?”, la risposta di Riondino anche: “Le domanda ce la siamo posta pure noi. Non vogliamo togliere attenzione a Taranto, è bene che se ne parli. Non so però cosa sia venuto Fedez a fare e come la farà. Fa strano che sia arrivato senza avvisarci, senza rivolgersi a chi si occupa del problema da decenni, come noi che organizziamo l’Uno Maggio Taranto. In passato abbiamo chiamato diverse volte Fedez a esibirsi sul palco e non abbiamo mai ricevuto considerazione. Sono contento che ora si esponga con una donazione laddove ci sono medici e infermieri che andrebbero santificati perché combattono in prima linea una guerra. Invito tutti a fare un giro nei reparti oncologici, un posto di morte dove si respira un’umanità che fa bene al cuore. Quanto all’alleanza con il Codacons, avremmo potuto organizzare un incontro di wrestling in piazza a Taranto e avremmo potuto raccogliere molto di più“. L'articolo “La donazione di Fedez a Taranto? Strano che sia arrivato senza rivolgersi a chi si occupa del problema da decenni. Sono contento che ora si esponga”: parla Michele Riondino proviene da Il Fatto Quotidiano. [ad_2] Sorgente ↣ :
0 notes
giancarlonicoli · 1 year
Text
27 giu 2023 10:16
“LUI DICE CHE NON MI HA MAI TRADITO, HA DIVERSIFICATO? CHE FASTIDIO, LE SUE DIVERSIFICAZIONI NON MI SONO MAI PIACIUTE” – LA PRIMA INTERVISTA DI ENOE BONFANTI, LA MOGLIE DI VITTORIO FELTRI CHE HA SUBITO PER ANNI LE SCAPPATELLE DEL MARITO: "GIURAVA DI NON FARLO PIÙ, MA GIURAVA IL FALSO. SI GIUSTIFICAVA COME QUELLI CHE FANNO LE CORNA E MINIMIZZANO" (VITTORIO: “CHE BRUTTA PAROLA LE CORNA!”. LEI: “SÌ, MA È BRUTTO ANCHE FARLE”) - "UNA VOLTA SPARI' PER 3 GIORNI. NON L'HO LASCIATO PERCHE' NON ERO INDIPENDENTE ECONOMICAMENTE, DOVE ANDAVO?” – “NON È MASCHILISTA, HA AIUTATO UNA PROSTITUTA…”
Estratto dell’articolo di Elvira Serra per il Corriere della Sera
Enoe Bonfanti è una signora di 85 anni dalla dolcezza struggente e la tempra d’acciaio. Riservata per carattere e scelta, da 55 è la moglie di Vittorio Feltri.
Cosa gli ha regalato per gli 80 anni?
«Niente, sono io il suo regalo. E lui lo sa».
(...)
Il suo difetto più grande?
«È un gran borbottone. E se non ha tutte le sue cose a posto tira qualche bestemmia».
Il pregio?
«È diretto e non porta rancore, dopo una lite si ricomincia da capo. Ed è generoso».
Mi faccia qualche esempio.
«Beh, ha ricomprato le campane di Guardialfiera, in Molise, dove andava con gli zii durante l’infanzia. Durante il Covid ha aiutato economicamente una prostituta del quartiere che aveva dovuto smettere, perché la sua bambina era tornata a casa dal collegio: alla fine le ha anche trovato lavoro in una biblioteca».
(«Precisiamo che non sono mai andato con una prostituta», tuona il patriarca).
Lui dice che non l’ha mai tradita: ha «diversificato».
«Le sue diversificazioni sono state molto fastidiose e non mi sono mai piaciute.
Giurava di non farlo più, ma giurava il falso. Diceva che erano sciocchezze: si giustificava come quelli che fanno le corna e minimizzano».
(Lui: «Che brutta parola le corna!». Lei: «Sì, ma è brutto anche farle!»).
Si è scoperto dov’era finito quando sparì per tre giorni?
«Avevo chiamato il suo amico Botti per sapere dove fosse. “Sarà in qualche bisca a giocare a carte”, rispose. Però deve averlo avvisato perché quella sera tornò. Abbiamo provato a chiarire, ma non c’era niente da chiarire...».
Perché non lo ha lasciato?
«Non ero indipendente economicamente, dove andavo? Mia madre era morta e mio padre viveva in Val Seriana, lì c’erano appena le elementari, che futuro avrei garantito ai nostri figli? E poi non avrei mai voluto che crescessero lontani da lui».
Ricominciò a lavorare.
«Dopo 10 anni dalla nascita dei figli andai a Rete 4. Facevamo le scalette dei programmi. Un giorno venne Berlusconi e chiese al direttore di conoscere la moglie di Feltri. E quello: “Ma non lavora qui”. Lo scoprirono così».
Liti memorabili?
«Normali. Lui tende ad alzare un po’ la voce e siccome sono permalosa gli tengo il muso. Ma tanti anni fa mi sono imposta di fare subito la pace e così è più contento».
(...)
Vita mondana con Vittorio?
«Mai fatta. Quando ha preso il Premio Ischia mi ha chiesto di accompagnarlo, e io sono rimasta in albergo a pulire i gerani del terrazzo della stanza: mi sono divertita».
(...)
È maschilista?
«No, sono sicura di no perché considera le persone come persone, maschi o femmine che siano. Non giudica quello che uno fa, dice che sono cavoli suoi. L’ho visto anche con i figli: Mattia si rifaceva il letto, aiutava ad apparecchiare e sparecchiare come le sorelle. E quando loro dicevano di voler fare le principesse, replicava che dovevano studiare, scegliere una professione ed essere indipendenti».
Quando si è ammalato si è spaventata?
«Molto. Qualche volta mi disperavo e poi mi facevo coraggio. Diventa difficile, dopo tanti anni, immaginare di non poter più stare insieme».
Come vi chiamate?
«Io lo chiamo Babbo e lui mi chiama Bonfanti».
Un vostro rito domestico?
«Guarda sempre la partita in questa stanza. Quando l’Atalanta segna mi chiama al telefono al piano di sopra. Se non sento nulla ha perso».
Una carineria?
«La domenica usciamo per prendere i giornali e andiamo al Bar Basso per il caffè e l’aperitivo, tenendoci per mano».
Cosa l’aveva colpita quando vi siete conosciuti?
«Intanto mi ero affezionata alle gemelle, che portava nel brefotrofio di Bergamo dove ero puericultrice. Parlava diversamente dagli altri, mi piaceva ascoltarlo. Avevo 30 anni, prima di lui uscivo con un altro, benestante, mentre Vittorio era povero in canna, lavorava alla Provincia. Mia mamma non era molto d’accordo. Diceva: è brutto avere la matrigna ed è brutto fare la matrigna. Poi è andata così».
(…)
0 notes
tma-traduzioni · 3 years
Text
MAG 090 - #0130807 “Body Builder”
[episodio precedente]
[pdf con testo inglese a fianco/ pdf with English text on the side]
[CLICK]
ELIAS
Tim?
TIM
Hey, capo. Cosa ti porta giù nei sotterranei? Il tuo ufficio è troppo ricolmo di gioia?
ELIAS
Non esattamente. Ho sentito che hai fatto delle assenze. Ferie non autorizzate. Volevo solo parlarne con te.
TIM
Giusto. 
ELIAS
Stavi male? Se stai male veramente devi telefonare.
TIM
No. Non stavo male. Riprova.
ELIAS
Beh, non avevi richiesto ferie.
TIM
No, non l’avevo fatto.
ELIAS
Allora, cos’è successo?
TIM
Sono saltato su un volo per la Malesia. Mi sono trovato un albergo.
ELIAS
Capisco. Stavi cercando di lasciarci?
TIM
Sì.
ELIAS
Ma sei tornato?
TIM
Mi… Mi sono ammalato. Più a lungo stavo via… Mi sentivo debole, come, come se stessi perdendo me stesso. Mi licenzierai, capo?
ELIAS
No. Non penso che sarà necessario.
TIM
Certo che no. 
ELIAS
Ma assicuriamoci che non succeda di nuovo, hm?
TIM
Tu sai, vero? Voglio dire, devi sapere.
ELIAS
Sapere cosa?
TIM
Di questo posto. Di quello che ci fa.
ELIAS
[Sospiro] Tim, questo posto è molto vecchio. Ha ogni genere di… idiosincrasia e non tutte fanno bene alle persone che lavorano qui.
TIM
Penso che preferirei l’amianto.
ELIAS
Ho sempre trovato che il miglior modo per affrontare la cosa sia perdersi nel lavoro. Personalmente, il confortevole rigore della burocrazia mi ha sempre aiutato. Forse fare un po’ di archiviazione decerebrata aiuterà a distrarti.
TIM
Sì. Voglio dire… forse hai ragione.
ELIAS
Proprio così. E niente più assenze non autorizzate, va bene?
[Si apre la porta]
MARTIN
Oh, ehm, va tutto bene qui dentro?
ELIAS
Sì, Martin, direi proprio di sì.
[Passi che si allontanano]
MARTIN
Giusto. Ehm, io veramente stavo per registrare una dichiarazione, se, se per te va bene Tim?
TIM
Sì. Sta già andando.
MARTIN
Oh. Oh, sì è così. Perché, perché l’hai acc-
[La porta si chiude]
Giusto. Giusto.
Martin Blackwood, Assistente d’Archivio all’Istituto Magnus, registra la dichiarazione numero 0130807, dichiarazione di Ross Davenport, rilasciata il 7 Agosto 2013.
Inizio della dichiarazione.
MARTIN (DICHIARAZIONE)
Quindi dovevo trovarmi una nuova palestra. È stato un peccato davvero. Amavo il mio vecchio posto, e i ragazzi lì erano alcuni dei miei migliori amici, ma… non è stata interamente una mia decisione. Vedete, ho deciso di recente di iniziare a prendere steroidi anabolici per supplire al mio bodybuilding, e il posto dove andavo aveva una politica molto rigida a proposito. Matt, il tipo che gestiva il posto, il suo compagno ci era andato giù pesante, e quando ha avuto un infarto, Matt ha dato la colpa agli steroidi. Da allora, vieni visto con una siringa o un flacone di pillole che non è un integratore riconosciuto, e sei fuori.
Comunque, non me ne sono andato perché sono stato scoperto o cose del genere. Non avevo nemmeno iniziato quando me ne sono andato. Solo mi sentivo in colpa. Come ammettere di aver fallito. Ci andavo da undici anni, tutto naturale, e fisicamente, ero all’apice della forma. Andavo bene alle competizioni, mi sentivo in salute, ero praticamente il peso ideale per la mia altezza, ma quando mi guardavo allo specchio ancora non vedevo quello che volevo. I miei muscoli erano lisci e arrotondati, non come le forme venose e rigonfie che idolatravo. Anche quando passavo settimane a fare la dieta prima di una competizione, senza un milligrammo di grasso corporeo, io non, non ci potevo arrivare. Avevo raggiunto il mio apice naturale, e non era abbastanza per me. 
Allora, ho fatto le mie ricerche, e ho ordinato un ciclo di steroidi su internet. Non volevo correre rischi, così ho fatto in modo di farmi fare un controllo completo dal medico prima di iniziare, anche se ovviamente non ho detto perché. È tornato tutto a posto, quindi tutto quello che rimaneva da fare era trovare una nuova palestra dove a nessuno sarebbe importato che li prendessi.   
Questo era più difficile di quanto non avrebbe dovuto essere, principalmente per le mie stesse aspettative. Molti posti avevano una politica ‘ufficiale’ che bandiva le droghe sul posto solo che non la implementavano. Per me, però, l’intero motivo di cambiare palestra era che non volevo nascondermi come un criminale, o fare finta di pensare che quello che stavo facendo fosse sbagliato. Volevo un posto dove potevo essere onesto su chi ero e cosa volevo diventare.  
Eventualmente l’ho trovato, stranamente, sulle Pagine Gialle. Le ricerche su internet non avevano mostrato nessun posto promettente vicino a casa mia alla periferia di Aberdeen, allora ho pensato che tanto valeva provare con l’elenco telefonico. Come ci si potrebbe aspettare, la maggior parte delle inserzioni mi inviavano solo verso i loro siti web, ma ho notato un piccolo riquadro nell’angolo in basso a sinistra. Era testo soltanto, e leggeva, “Il tuo corpo perfetto è qui. Diventa tutto ciò che puoi essere.” Seguito da un numero di rete fissa e un indirizzo a circa cinque minuti a piedi da me. Così gli ho fatto un colpo di telefono.
La voce che ha risposto era roca, e parlava con il tipo di accento Inglese che di solito mi da sui nervi, ma quando gli ho chiesto quale fosse la politica della palestra sugli steroidi, ha solo riso, e ha detto che se mi aiutavano a “perfezionarmi” allora erano più che benvenuti. Mi sono organizzato per fare un salto il giorno seguente e darci un’occhiata.
Dall’esterno la palestra non sembrava un granché. Solo il contorno sbiadito di un manubrio su di una finestra sporca, e le parole “Pesi e Cardio” appena leggibili sopra la porta. Mi sono reso conto che  effettivamente ci passavo davanti regolarmente, avevo sempre pensato che fosse fallita. 
La porta però era aperta, così sono entrato. Era una giornata calda, ma l’aria nella reception era fresca, tinta di quell’odore familiare di sudore, e qualcos’altro che non riuscivo esattamente a identificare. Non c’era nessuno dietro il bancone, e il computer non sembrava essere stato acceso tutto il giorno. Stavo per chiamare ad alta voce, vedere se potevo attirare l’attenzione di qualcuno, quando ho sentito la porta degli spogliatoi aprirsi, e qualcuno uscirne. 
L’uomo che se ne stava lì era, senza alcun dubbio, il tizio più grande che avessi mai visto, e tenete a mente che spendo il mio tempo a frequentare bodybuilder. Doveva abbassarsi per passare attraverso la porta, ed era largo quasi il doppio di me. La maggior parte del suo corpo era coperto da una tuta larga, e potevo vedere delle chiare cuciture dove era stata allargata per lui. Ricamata sul petto c’era la lettera ‘J’. 
Nonostante la sua stazza enorme, la sua faccia sembrava abbastanza normale, addirittura bella, con il genere di zigomi e mascella per cui ucciderei. Ha sorriso quando ho balbettato fuori un ciao, e mi ha chiesto se fossi Ross del telefono. Certo, ho detto, e lui si è lanciato immediatamente in ogni genere di domanda sul mio allenamento, cosa stavo cercando, che misure di sicurezza avevo per i miei steroidi, quel genere di cose. Nulla di ciò era inaspettato, chiaramente sapeva il fatto suo.
Ma poi ha iniziato a farmi delle domande leggermente più personali: perché ero diventato un bodybuilder, come mi faceva sentire, quali parti di me odiavo. Sembrava un po’... invasivo, ma ho risposto onestamente, e lui sembrava soddisfatto, girandosi e facendomi cenno di seguirlo mentre entrava per farmi vedere in giro.
La palestra in sé era buona, ma niente di speciale. In realtà non aveva molto in fatto di macchine per il cardio, ma non era mai davvero stato la mia priorità, quindi non era un problema. C’erano anche molte attrezzature da ginnastica vecchio stile: assi parallele, cavalli per il volteggio, sbarre, tutta quella roba là. Era una stanza enorme, e a essere onesto, una parte di me ha dato per scontato che fossero solo lì per occupare un po’ di spazio. Aveva certamente tutto quello di cui avevo bisogno, anche se mi sono chiesto perché fossimo gli unici due lì dentro.
Però è stato lo spogliatoio che mi è sembrato strano. Ce n’era solo uno: evidentemente unisex, anche se dubitavo che ci fossero membri donna. Era di dimensioni adeguate, aveva molte docce, buona pressione dell’acqua, tutto quello che ti serviva. Sembrava tutto perfettamente normale, tranne che per una cosa.
Gli armadietti erano decisamente enormi. Arrivavano fino al soffitto, che era a tre metri buoni dal pavimento, e devono essere stati larghi circa un metro. Ciascuno aveva quello che sembrava un lucchetto esclusivo, e solo alcuni avevano le chiavi dentro. 
La mia guida mi ha spiegato che ogni membro della palestra aveva il suo armadietto, e lo teneva finché rimaneva membro. Gli ho chiesto cosa sarebbe successo quando tutti gli armadietti fossero stati presi e lui ha solo scrollato le spalle. “Nessun nuovo membro,” ha detto. Quando aveva scrollato le spalle, la stoffa della sua felpa si era mossa in un modo così strano. Era affascinante, e mi sono fatto una nota mentale di tenerlo d’occhio in palestra per poterci dare una buona occhiata. 
Sono andato verso uno degli armadietti con la chiave ancora dentro, il numero 31, e l’ho tirata fuori. Mi sono girato verso di lui, l’ho guardato, e lui ha annuito. All’interno l’armadietto era grande come avevo immaginato, e rientrava di circa un metro e mezzo nel muro. Scordatevi una borsa da palestra, avrei potuto tenerci tutto il mio guardaroba in quella cosa. 
Dopodiché, sono rientrato in reception, e il tipo si è segnato i miei dati, ho firmato qualche modulo e, proprio così, ero un membro. Mi ha detto di tenere la chiave e mi ha spiegato che preferiva avere l’abbonamento pagato in contanti. Quello non mi aveva sorpreso. Avevo la sensazione che ci fossero alcune cose di quel posto che non passerebbero alcun tipo di revisione ufficiale. 
Comunque mi si addiceva perfettamente, quindi non avevo alcun interesse a causargli qualsiasi tipo di guai. Gli ho fatto un grande pollice in su, e lui ha annuito, si è girato ed è uscito dalle porte, giù in strada. Era stato un po’ brusco, ma a essere onesto, non ero sicuro che ci fosse tutto con la testa, se sapete cosa intendo, così non ci ho dato troppa importanza. Però mi sono rimproverato, perchè ho realizzato di non aver avuto il suo nome, allora ‘J’ avrebbe dovuto bastare. 
Con J via, sembrava fossi l’unico lì, così mi sono cambiato, e sono andato avanti col mio allenamento. Era un po’ inquietante, essere tutto solo in quella stanza enorme. Sono abituato ad avere la presenza di altri per motivarmi, per spingermi oltre di quanto andrei altrimenti, solo per farmi vedere un po’. Da solo, mi sono trovato ad allenarmi con un ritmo molto più tranquillo; stavo molto più attento di quanto non lo sarei stato normalmente, anche solo perché non avevo uno spotter. 
Tutto il giorno ho continuato ad aspettarmi che entrasse qualcun altro. Avremmo fatto due chiacchiere, pensavo, e avrei forse potuto chiedere che mi facesse da spotter, ma la giornata è passata lentamente ed ero ancora da solo. Ogni tanto sentivo un rumore dagli spogliatoi che avrei giurato fosse qualcuno che entrava, ma non c’era nessuno.
Alla fine, mi sono fatto una doccia, mi sono ri-cambiato, e mi sono diretto verso casa per una cena meno-che-emozionante a base di pollo e fagioli.
Il giorno dopo è stato lo stesso, e il giorno dopo di quello. Indipendentemente da quando ci andavo, il posto era sempre vuoto, senza traccia di J o di nessun altro. Mi sono chiesto se in qualche modo fossi stato ingannato a pagare per usare una palestra abbandonata o qualcosa, ma era ben mantenuta e molto pulita, quindi qualcuno se ne stava prendendo cura. Infatti, se ci penso, direi che potrebbe essere la palestra più pulita che abbia mai usato, anche se al tempo pensavo che fosse perché ero l’unico a usarla.
Dopo circa cinque giorni del mio tempo lì, ho finalmente conosciuto qualcun altro. Il suo nome era Marie Balandin, e sembrava tanto sorpresa di vedermi quanto lo ero io di vedere lei. A quanto pare aveva usato la palestra per circa due mesi e aveva, come me, pensato di essere la sola. Era andata a trovare sua sorella giù a Glasgow per una settimana ed era un po’ scioccata che io fossi saltato fuori durante la sua assenza. Però ci siamo messi a parlare, e ci siamo trovati bene, difatti dopo qualche minuto si è offerta di farmi da spotter.
A dire la verità, un po’ dubitavo che sarebbe stata in grado di stare al passo, ma qualche set mi ha chiuso la bocca per bene. Qualunque cosa stesse prendendo, era molto più avanti di me, e verso la fine stavo facendo fatica a fare da spotter a lei. Comunque, c’era un cameratismo che veniva dall’essere le uniche due persone in quello strano posto, e non ci è voluto tanto perché diventassimo buoni amici, scambiandoci consigli sulla dieta e teorie su quale fosse la situazione con J, il cui vero nome, sosteneva lei, era Jared.
C’era un altro vantaggio a sapere che c’era Marie in giro - mi aiutava a ignorare i rumori dagli spogliatoi. Gli occasionali tonfi e scricchiolii. Potevo pensare che fosse solo lei a essere un po’ sbadata. Anche quando non l’avevo vista entrare.
Marie era evidentemente un pezzo grosso in alcune delle competizioni internazionali di bodybuilding femminile. Non le avevo mai seguite, ma mi ha mostrato qualcuno dei suoi trofei una volta. Il modo in cui si allenava, però, era intenso, determinato. Più determinato di quanto  mi sarei aspettato da qualcuno con così tante vittorie alle spalle. Si spingeva molto oltre il punto di esaurimento ogni giorno, e per tutti i premi che il suo corpo le aveva ottenuto, ogni tanto mi sembrava che volesse distruggerlo. Spesso la trovavo a fissare lo specchio nello spogliatoio, il suo sguardo fisso sulle sue spalle, mentre le muoveva lentamente su e giù con un’espressione di disgusto sul viso.
Però non ci avevo pensato molto, perché il mio ciclo di steroidi stava iniziando a mostrare risultati, e io stesso stavo passando molto tempo davanti allo specchio. Però non era abbastanza. Sapevo che non era abbastanza. Sapevo che avrei dovuto  iniziare un nuovo ciclo appena il mio corpo si fosse ripreso da questo. Magari ancora prima.
Non so come sarebbe finita se non avessi perso il telefono. Non ho una gran vita sociale, così non ho notato che non c'era finché non mi stavo preparando per andare a letto. Doveva essermi caduto dalla tasca della giacca quando l’avevo appesa in palestra. Non mi sarebbe importato aspettare fino al giorno dopo, ma aveva dentro il mio diario di allenamento, e passavo sempre dieci minuti a riempirlo prima di andare a letto. Era un rituale piccolo, ma importante, e visto che era giusto in fondo alla strada, ho pensato che tanto valeva andare a vedere se la palestra era ancora aperta. Visto che non sembrava mai esserci nessuno, ho pensato, poteva darsi che nessuno la chiudesse per la notte.
Quindi circa alle ventitrè e trenta di mercoledì scorso, mi sono trovato ad aprire spingendo piano la porta della palestra. Non era chiusa a chiave, come avevo intuito, e dentro tutto sembrava silenzioso. Sono passato per entrare nello spogliatoio, e lì c’era il mio telefono, dov’era caduto nel mio armadietto. L’ho preso e stavo giusto per andarmene, quando ho sentito dei rumori venire dalla palestra stessa, e sono quasi saltato fuori dalla mia pelle.
Avrei dovuto andarmene. Avrei dovuto girarmi e marciare dritto fuori da quel posto, ma invece ho sentito una… furia crescermi dentro. Chiunque fosse lì dentro, era quasi mezzanotte, come osava entrare così furtivamente, cercando di farmi venire un infarto! Ho fatto il muso duro, e sono passato di là, preparandomi a dire a Marie, o chiunque fosse, esattamente cosa pensavo.
Le luci della palestra erano spente, ma potevo vedere qualcosa muoversi verso l’attrezzatura da ginnastica, qualcuno che oscillava avanti e indietro sulle parallele. Era un movimento fluido, ritmato, giù e attorno e sopra e oltre, attorno e oltre, su e giù. A volte il movimento volava su, lasciando le assi per un momento, prima di prenderle agilmente scendendo di nuovo. Non c’era rumore mentre mi avvicinavo, salvo il tenue rumore delle mani che prendevano e rilasciavano il legno delle assi. Se era Marie, non l’avevo mai vista fare qualcosa del genere prima. Mi sono avvicinato, e ho acceso le luci sul soffitto.
Non era Marie, a oscillare attorno e sulle parallele. Marie aveva solo due braccia. Marie aveva delle gambe. E Marie aveva una testa. La cosa che oscillava e si capovolgeva e si girava attorno alle assi non era per niente come Marie, anche se la sua pelle sembrava abbastanza umana. Però, aveva un sorriso, ricamato… giusto al centro del suo torso.
Ho urlato così forte che ho strappato qualcosa in fondo alla gola. Non so se quella cosa mi abbia sentito. Non so neanche se avesse delle orecchie. Ma non era sola, e le altre cose in quel posto mi hanno sentito, perché mentre correvo indietro attraverso gli spogliatoi, tutti gli armadietti si stavano aprendo. Ciò che che stava arrivando arrampicandosi fuori di essi una volta erano state persone, ne sono sicuro, e mi chiamavano, offrendosi di aiutarmi a ‘perfezionarmi’. Di aiutarmi a ottenere il mio corpo ideale.
J era lì, in piedi in tutta la sua altezza. Un corpo disteso, irregolare, messo a nudo in tutta la sua grandezza contorta, e ha scosso la testa frustrato. Ha detto qualcosa, penso, ma non sono riuscito a capire. Avrebbe potuto essere “troppo presto”.
Cerco di ricordarmi alcuni di loro dettagliatamente, la confusione di arti e articolazioni e muscoli, ma tutto quello che riesco a ricordarmi è il modo felice, gioioso in cui mi stavano chiamando. Dicendomi che il dolore ne valeva la pena. Mi fa stare male il fatto che una piccola, acuta parte di me desideri che fossi rimasto ad ascoltare. 
Non sono mai tornato. Ho chiamato Marie e le ho detto cos’era successo, ma non mi ha creduto. Almeno, spero non mi abbia creduto. Perché se lo ha fatto, allora alcune delle domande che mi ha fatto mi fanno preoccupare per lei davvero. 
Fine della dichiarazione.
MARTIN
[Respiro profondo] Il, ehm… il materiale supplementare che dovrebbe andare con questa dichiarazione, che fornisce più dettagli su indirizzi, nomi, e cose, sembra non esserci, quindi non abbiamo alcun modo per localizzare la palestra, o scoprire il nome sotto cui l’attività stava lavorando. Non senza una copia del 2013 delle Pagine Gialle di Aberdeen. Un po’ un sollievo, in qualche modo. Ho provato a contattare il signor Davenport a riguardo, e ce l’ho fatta, ma mi ha detto di… ehm, lui non… non desidera ulteriori contatti con l’Istituto.
Melanie però si è informata su Marie Balandin. Nel 2011 e 2012 è andata molto bene in alcune competizioni dell’IFBB, ma sembra che sia sparita attorno al periodo di questa dichiarazione. Non è stata fatta alcuna denuncia di persona scomparsa, ma non c’è alcuna traccia di lei da nessuna parte dopo quello. 
L’ultima menzione ufficiale sembra essere un verbale della polizia compilato il 23 Agosto 2013, che la indica come ‘persona potenzialmente sospetta’ in una serie di mutilazioni animali in una fattoria a circa otto chilometri a ovest di Aberdeen. Un sacco di pecore sono state trovate morte, con i femori rimossi. Guarda, lo, lo so che non dovremmo fare speculazioni in questi momenti, ma… beh, solo… mi chiedo cosa avesse intenzione di farci.
Ecco. Beh, questo, ehm… questo è quanto. 
[Traduzione di: Mimi]
[Episodio Successivo]
6 notes · View notes
corallorosso · 4 years
Video
youtube
Andrea Pennacchi ha scritto tempo fa un bellissimo testo teatrale dal titolo Lacrime d’amianto (a noi non toccherà mai) che racconta la storia di una delle tante tragedia nel mondo del lavoro.
 In occasione del Primo Maggio ha recitato per Globalist un brano nel quale parla Gigio, il fantasma di un operaio morto di tumore dopo essersi ammalato e aver denunciato invano i rischi per la salute sul posto di lavoro.
4 notes · View notes
mcl-luce · 6 years
Text
DF - All’ Università Ep 6 Guida
- Risultato negativo / Risultato neutro + Risultato positivo / o +  Significa che il mio Lov’o’metro con quel personaggio è al massimo, ciò vuol dire che il risultato può essere sia neutro che positivo.
Punti Azione: 900 - 1.000 massimo
Illustrazioni: 5 in totale, una per ogni ragazzo. E’ possibile prendere 1 sola illustrazione. Per ogni illustrazione serve il colpo di fulmine. Nathaniel: Per la sua illustrazione, consiglio di rispondere negativamente a Castiel non ottenendo la sua immagine. Solo così potrete ottenere l’illustrazione di Nath.
La zia: Compare nella cucina del bar, appena a inizio episodio,dopo aver messo l’allarme.
Tumblr media
Soldi: - 125 $ completino foglie: Rayan/Priya - 125 $ jeans strappati: Castiel/Nath - 125 $ gonna: Hyun
Tumblr media
~ Il gioco riparte con la scoperta di Hyun.
Hyun: A. Cosa ci fai qui? Non sei più ammalato? - B. Non è come pensi! - Rayan C. Stai bene? +
A. Ma qualcun altro mi ha aiutata. - B. Sono riuscita a farcela grazie all’aiuto del professor Zaidi. / C. Devo dire che non è facile. Non so come fai tu da solo per la chiusura del bar, ci vuole un sacco di tempo. /
A. E’ uno dei miei professori, non ha fatto niente di male. - B. Mi sta simpatico, è uno dei miei migliori professori. + C. E perché? /
Se scegliete C A. Non lo siamo, è solo il mio prof. + B. Sei…geloso? –
A. Dici sul serio? Non ne hai proprio la minima idea? + B. Non fa niente, ho deciso di non farci caso. /
Se scegliete A A. Però non riesco a credere che tu non te ne sia mai reso conto… B. D’altra parte, la capisco… +
A. Pare proprio che ti manchino. + B. Ahahah, che carini. / C. Mi fai pensare al fatto che la mia, di famiglia, non l’ho ancora chiamata per dare mie notizie… -
A. Non vedo perché dovrei incontrarli… - B. Sarei davvero felice di conoscere la tua famiglia! + C. Sembrano simpatici, è vero. /
A. Quello che conta è l’intenzione. - B. Se tu potessi non dire in giro che il professore Zaidi è venuto qui, mi faresti un piacere… - C. E’ servito a rimetterti in forma, guarda, non sembri davvero più ammalato. /
Se scegliete C A. Magari dovresti tenermi sul tuo comodino a portata di mano, non si sa mai. + B. La prossima volta non andare dal dottore, vieni direttamente da me. /
~ Tornate in camera per dormire.
Yeleen: A. E’ gentile da parte tua, ma… avrei potuto farlo, sai. / B. In genere non mi piace che qualcuno tocchi le mie cose. Grazie lo stesso. - C. Grazie, è davvero gentile da parte tua. +
A. Ehm, buongiorno. / B. No, ma non ti preoccupare, metto in ordine stasera. - C. Non ho avuto tempo. -
Chani: A. No te lo giuro, ha persino pulito la mia scrivania dicendomi che le faceva piacere. / B. Non lo so, dopo tutto me lo sarò sognato! +
A. Mi mandi in panico con la tua tesi. / B L’urbex è una buona idea, potrebbe essere originale! / C. Mi spaventa l’idea che tu vada a visitare dei luoghi abbandonati da sola… potrebbe essere pericoloso. +
A. O essere inseguita da uno psicopatico con un’ascia in mano. / o + B. Uhm, il tesoro inestimabile, devo dire non sarebbe male. Non mi dispiacerebbe abbandonare il posto di lavoro al bar e andare in vacanza nei Caraibi. /
Se scegliete B A. Non lo so… non mi ci vedo con una gamba di legno e una benda sull’ occhio. + B. Direi che avevo ambizioni di questo tipo quando avevo sei anni. -
Rosa: A. Ma certo, io e Chani stavamo andando in mensa, vieni con noi, parleremo lì. / Chani e rosa B. Vuoi che andiamo al parco io e te? - Chani e / Rosa C. Uhm… va bene, Chani, mi dispiace, ci ritroviamo dopo a lezione. /
A. Cominci a spaventarmi. / B. Ci sarà qualcosa da mangiare? Perché dopo devo tornare a lezione! + C. Sai, Chani non dice niente a nessuno… puoi avere fiducia in lei. E’ diventata una vera amica. /
A. Perché tieni assolutamente a che nessuno ci senta? - B. Aspettiamolo. Non dovrebbe tardare. +
~ Andate alla boutique, dove troverete una sorpresa.
Leigh: A. Leigh!! / B. Leigh!! Finalmente! Rosalya mi parla sempre di te, ma non siamo mai riusciti ad incontrarci finora! /
A. Ho saputo per i tuoi genitori… mi dispiace. / B. (Meglio non accennare alla morte dei suoi genitori, preferisco parlare di qualcosa di più allegro.) +
Se scegliete B.
Rosa: A. Davvero Rosa? Sei sicura che non è perché sei la ragazza del proprietario, e che hai i vestiti a metà prezzo? + B. E’ vero. Adoro le tenute che ci sono qui. /
Priya: A. Ma credo che Rosalya voleva parlare con me e Alexy da soli… / B. Cosa gli è preso all’improvviso? +
Rosa: A. Alexy, credo che Rosa volesse parlare a noi due soli, senza gente intorno… + Priya B. Rosa, diglielo. /
A. Rosa, comincio a preoccuparmi, di solito non ti dà fastidio parlare di fronte a Priya. + B. Ok allora, cerchiamo di vederci dopo? /
A. (Ho preso qualche tenuta, in particolare una gonna con le bretelle e una borsetta bianca) (Illustrazione Hyun) B. ( Ho preso qualche tenuta, in particolare una saloupette corta con una paio di scarpe rosse che erano in vetrina.) (Illustrazione Priya/Rayan) C. ( Ho preso qualche tenuta, in particolare un paio di jeans e una giacca kaki che ho trovato molto carina.)  (Illustrazione Nath/Cas)
~ Tornate al campus.
Rosa: A. Ed è grazie a questo che ho potuto ritrovarti, è stata la decisione giusta. + B. E dove sareste andate se foste partiti? /
Alexy: A. Cosa stai cercando di dirmi esattamente? / B. Stai parlando di me e del professor Zaidi? / Alexy e - Priya C. Stai parlando di Melody? / Se scegliete C A. No, no, davvero non è niente. B. Ho solo sorpreso una conversazione che non avrei dovuto ascoltare tra Melody e… il professor Zaidi. - Priya
A. (Devo avere al più presto una piccola discussione con Hyun.) - Priya (lascerete tutti per andare a parlare con Hyun) B. Cosa vi ha detto esattamente? / (continuerete la conversazione, verso illustrazione Priya)
Se scegliete B.
Priya: A. No, è solo un professore. (Verso illustrazione Priya.) B. Non lo so. –
Se scegliete A. A. (Ho ripensato al nostro professore di storia dell’arte al liceo.) E’ che mi fa pensare a Pierrick. / B. No. Non avrei mai potuto. - C. Ammetti che è piuttosto sexy. (Illustrazione)
Se scegliete B. A. Cosa? / B. C’è qualcosa che non va, Priya? -
~ Tornate al campus da sola.
Hyun: A. (Ho scritto: “Hai tempo in giornata? Dobbiamo parlare.”) / B. (Ho scritto: “Hai detto a Alex e Morgan che c’era qualcosa tra me e il mio prof. di Storia dell’arte?!”) -
Chani: A. Ma va… non abbiamo avuto un attimo di pace. + B. scusa di nuovo per prima. /
A. Va bene, come vuoi. Sii prudente per favore. - B. Sei sicura che non vieni? Le lezioni finiscono più in fretta quando sono con te. / C. Va bene, a dopo!
~ Andate in biblioteca. Nath: A. Cosa ci fai qui? - B. Vieni all’università?! /
A. Vai a quel paese, Nath! - B. (Mi sono limitata a guardarlo col sopracciglio alzato aspettando la fine della frase.) /
Ambra: A. Non lo riconosco più! / B. So che è tuo fratello, ma… si è comportato come un ragazzino maleducato. +
A. Ha a che vedere con quello che è successo dopo il concerto dei Crowstorm? Stai meglio? / B. In che senso, “prenderti più cura di te”? / C. Non riesco ancora a capire perché vuole “lasciare” l’università. Mi sembrava molto portato per gli studi prima. /
A. Però ti confesso che la prima volta che ti ho vista, ho avuto uno shock. B. Insomma… se mi avessero detto al liceo che un giorno avremmo potuto parlare senza crisi di nervi, non ci avrei creduto. + C. Tu in particolare. /
A. (Sono rimasta senza parole.) + B. (E’ più forte di me, mi sono gettata su di lei per abbracciarla.) / C. E’ un po’ comodo… -
~ L’arrivo di Castiel.
A. (Sono ridicole, preferisco andarmene verso i dormitori. Vado a ritrovare Hyun, come previsto.) - Castiel B. (Ho proprio voglia di farmi strada tra tutte le sue groupie per andare a salutare Castiel.) + Castiel (verso illustrazione)
Se scegliete B. Castiel: A. Uff? come se non ti facesse piacere… - B. Non dev’essere sempre facile suscitare un tumulto ogni volta che vai da qualche parte. + (verso illustrazione) C. Allora sei di ritorno all’università? /
A. E’ vero che non è molto piacevole…/ B. Potrei farci l’abitudine. + (illustrazione)
~ Andate ad incontrare Hyun.
Hyun: A. Allora a quanto pare, io e il professoer Zaidi pomiciamo in mezzo alla strada? B. Cosa hai detto a Alexy e Morgan? - C. Pensavo che avessimo parlato insieme di quello che era successo, noi due, e che le cose fossero chiare… +
A. Perché averne parlato a Alexy e Morgan? - B. E cosa ti diceva la tua intuizione? + (verso illustrazione) C. Sono forse affari tuoi?
A. Perché tieni tanto a saperlo? / B. Mi piace, certo… Come professore! + (illustrazione) C. Forse. C’è qualcosa di male? –
Mamma Yeleen: A. Le chiedo scusa signora, la giacca è mia, e a dir la verità, sono io la più disordinata delle due. È Yeleen che si è data da fare per rimettere in ordine la camera oggi. + yeleen B. (Sono rimasta in silenzio facendo finta di immergermi di nuovo nella lettura.) - Yeleen A. Mi scusi signorina, ma… Yeleen ha ragione. + yeleen B. Volete che vi lasci sole? C. (Ho fissato di nuovo il libro senza rispondere.)
Se scegliete A Yeleen: A. Stai bene? Vuoi un bicchiere d’acqua? B. Mi dispiace, avrei dovuto star zitta… +
A. E tuo padre, che ne pensa? + B. Dai, vieni, altrimenti arriviamo in ritardo a lezione.
~ Andate a lezione.
Rayan: A. La lezione è stata annullata? / B. E’ stato licenziato? /
Se scegliete A A. E non c’è posto a sufficienza nelle altre aule? E’ la nostra lezione che deve saltare? + B. Oh, capisco.
A. Ha fatto bene ad annullare la lezione se non si sentiva in condizione di farla. / B. Non dev’essere stato facile decidere di annullare la lezione. + C. Capisco il rettore. -
A. Potremmo approfittarne per cercare di conoscerci meglio. + (verso illustrazione) B. Posso farle una domanda sull’ultima lezione? / C. Me ne vado, non voglio disturbarla.
Se scegliete A A. E lei? Perché ha deciso di insegnare questa materia? + (verso illustrazione) B. Cosa ha fatto prima di venire ad insegnare all’università Anteros? / C. Le sue camicie sono tutte aperte in questo modo? - A. E lei? / B. Spero che stia meglio. + (verso illustrazione) A. No, per niente. - B. Hyun era solo sorpreso di vedermi così tardi con un professore. (Verso illustrazione)
Se scegliete B A. D’accordo, ma non c’è ragione. Stavamo solo parlando. B. Ha ragione a farsi delle domande? (illustrazione)
A. Va bene, a domani. / B. Mi dispiace di aver approfittato del suo tempo. - C. Peccato, mi sarebbe piaciuto andare a lezione adesso. +
~Tornate in camera.
Nath:
A. (Sono andata a aprire la porta.) / B. (Ho chiesto con un tono deciso.) Chi è? / (verso illustrazione)
Se scegliete B A. Non lo so… dato il tuo comportamento di prima a lezione, preferisco che ti prendano per un cretino davanti alla porta. +  (verso illustrazione) B. (Ho aperto tirando un sospiro.)
Se scegliete A A. Sono esausta perché uno stupido mi ha stancata durante la lezione di oggi. + B. E’ vero, lavoro alla tesi.
A. Tutto qui? È tutto quello che hai da dire? B. Perché ti sei comportato così? +  (verso illustrazione)
A. Perché ti dà così fastidio per Ambra? - B. Perché non decidi di tornare all’università, allora? +  (verso illustrazione) C. Non ti riconosco più… a lezione eri così rispettoso…
A. Pare che preferisci le feste studentesche ai corsi. /  (verso illustrazione) B. Ogni volta sei con una ragazza diversa. - C. Sei spesso coinvolto in risse. /
A. Non ho mai avuto l’intenzione di evitarti. /  (illustrazione) B. Non so ancora cosa pensarne… / C. Hai fatto di tutto per spingermi ad evitarti e adesso mi dici di pensarci prima di farlo? /
8 notes · View notes
paoloxl · 6 years
Text
«La Libia è un inferno sulla terra per uomini e donne che passano lì per venire in Europa». È la drammatica testimonianza di Osman, ghanese, arrivato in Italia a 16 anni nel 2016. Lo ha scritto quest’anno nel tema per la licenza media, e storie analoghe hanno scritto Johnson, nigeriano, e Jallow, gambiano, tutti e tre ospiti in questi anni della casa di accoglienza per minori non accompagnati “Gli amici dei giovani”, della parrocchia di Postiglione, guidata da don Martino De Pasquale, direttore della Caritas diocesana di Teggiano-Policastro, in Campania.
Ora, appena maggiorenni, sono ancora qui, ospiti del parroco e di due famiglie. E ricordano quei terribili mesi. «Sono arrivato a Grigarage, in Libia. Qui bisognava stare attenti – ha scritto Johnson –. Le persone erano cattive. Mi sono nascosto in una stanza dove stavano le capre con altre 100 persone. Non potevo muovermi neanche per andare in bagno. Le mosche mi mordevano. Non c’era nulla da mangiare. Per due settimane solo bucce di limone che avevo in tasca. Non si usciva per paura di essere presi». Non meno drammatico il racconto di Jallow. «Il primo mese ho incontrato un libico che mi ha promesso un lavoro, ma non era vero. Mi ha messo in prigione e voleva soldi. Sono stato in prigione 4 mesi, non avevo nessuno che pagasse per me. Mi sono ammalato. Un giorno sono arrivati dei signori che prendevano le persone dalla prigione per lavorare e poi li riportavano indietro. Hanno preso anche me. Allora gli ho detto che mi sentivo male». Così lo fanno scappare. Lavora per altri tre mesi e riesce a pagarsi il viaggio. Ma, quando parte, il gommone si sgonfia e i soccorsi arrivano tardi. Muoiono in 73, soprattutto ragazzi e bambini. Un dramma. Lui si salva. Poi lo sbarco a Salerno, aprile 2017.
E torniamo a Osman. «Il mio viaggio – ha scritto – è stato un viaggio della morte, ma grazie a Dio sono ancora vivo». Eppure ha passato momenti terribili. «In Libia lo stupro, la schiavitù, il rapimento, l’omicidio sono tutto ciò che noi neri attraversiamo prima che siamo in grado di raggiungere l’Italia. È un posto dove le donne africane vengono vendute per fare prostituzione per forza. Ho visto gente sparare di fronte a me solo perché non avevano soldi da dare agli arabi».
Sulla questione dei soldi è molto preciso. E anche sul coinvolgimento della polizia libica. «Io sono stato imprigionato la prima volta che sono andato sul gommone, solo perché l’arabo che è responsabile del nostro gommone non è andato a pagare la polizia per lasciarci passare. Gli arabi che fanno quel lavoro sono anche guardie di polizia». Resta in carcere due settimane e così lo racconta. «Ho avuto la fortuna di far parte di coloro che sono stati portati fuori dal carcere, è stata una gioia uscire perché la vita lì dentro era tra la vita e la morte perchè gli arabi venivano a picchiarci».
Ma c’è chi è meno fortunato. «Hanno portato un autobus alla prigione e hanno detto alla gente di salire perchè li stavano portando all’aeroporto, ma era tutto un trucco. Li hanno portati a Saba nel sud vicino al Niger in una prigione sotterranea. In questa prigione gli arabi comprano persone a prezzo basso e li portano a casa loro e li picchiano per contrattare i soldi. Come schiavi».
Nuovo tentativo, nuovo naufragio, di nuovo in prigione, Abu Triker, «un inferno, cominciarono a picchiarci come animali».
Poi la fuga, altro imbarco. Sono in 115 sul gommone che si sgonfia. Vengono soccorsi, ma molti muoiono. A sbarcare in Italia il 16 luglio 2016 sono in 92. E Osman nel suo tema manda un messaggio anche di speranza. «La Libia non è un posto che auguro per i miei nemici perché è uno dei luoghi più pericolosi in cui si possa stare. Sono grato a Dio se oggi sono qui e grazie all’aiuto e all’amore di Dio e della famiglia italiana con cui vivo riesco a dimenticare tutto il dolore che ho passato per arrivare qui. Grazie a don Martino e alla mia famiglia italiana sto studiando e lavorando così cerco di costruirmi un futuro e aiuto mio fratello a costruirselo in Africa».
Parole simili le ha scritte anche Johnson. «Ora sono sereno, sto imparando un lavoro. Non sarò un peso per l’Italia. Lavorerò perché grazie a Dio ho avuto questa possibilità».
Antonio Maria Mira
5 notes · View notes
jangany · 3 years
Photo
Tumblr media Tumblr media Tumblr media
MADAGASCAR: COVID FAME AMORE                        
di padre Attilio Mombelli INFORMAZIONE VINCENZIANA 12 - 2020
È difficile poter dire ora quale sia la situazione reale in Madagascar, per quanto riguarda la diffusione di questo Covid 19. Per tanto tempo qualcuno pensava che il Madagascar non sarebbe stato toccato. Invece, nella prima decina di marzo, sono capitati i primi casi alla capitale, Antananarivo. Subito sono state prese decisioni drastiche, facendo intervenire l'esercito, con posti di blocco e di controllo; poi sono state chiuse le scuole, le chiese, i mercati e i luoghi di incontro; annullati quasi tutti i trasporti pubblici nelle città e interrotte le comunicazioni fuori città; soppressi i voli internazionali e nazionali. È iniziata la paura.
Ma tutte le precauzioni non sono state sufficienti per il diffondersi della malattia. Impossibile tenere chiusa in casa la gente che in casa non ha niente; famiglie numerose che vivono in grande promiscuità, in locali piccoli per il numero dei familiari; gente che se non guadagna qualcosa oggi, non potrà mangiare domani.
Nonostante tutto, tuttavia, non c'è stata la vera pandemia che si temeva. Forse anche perché non si potevano fare i controlli necessari, o forse perché le cifre e le informazioni erano interpretate in luce politica nazionale, che voleva far vedere che la malattia si poteva curare con delle medicine locali. Comunque, i morti sono stati veramente pochi e non si sono mai viste situazioni simili a quelle che abbiamo visto per televisione, in Europa. Di casi ce ne sono stati e bisogna dire che ci hanno colpito da vicino come Chiesa e come Comunità Vincenziana. Il nostro caro padre Albano Passarotto è stato spezzato da questa malattia in poche ore. Era il 21 giugno, al mattino, dopo una notte in cui si è sentito male e si sentiva soffocare: ci ha lasciato improvvisamente.
Un'altra notizia che ho appena ricevuto dal nostro Visitatore in Madagascar è che nove dei nostri undici novizi si sono contagiati proprio nei primi giorni del loro noviziato; per fortuna il contagio è stato scoperto e curato in tempo ed ora sono tutti fuori pericolo. Dal punto di vista religioso l'inconveniente più grosso è stato il fatto di dover chiudere Ie chiese; ma da settembre la situazione è tornata alla normalità. Per dare maggior possibilità alla gente di partecipare alla Messa, si è aumentato il numero delle celebrazioni, aggiungendo soprattutto le Messe prefestive e vespertine, che prima non si usava celebrare.
È dal punto di vista sociale che sono sorti i problemi più gravi: c'è un aumento della povertà terribile per un popolo che è già tra i più poveri del mondo. Ho ricevuto proprio da non molto una documentazione sulla situazione "allarmante" in Madagascar che dice: «secondo l'indice Globale della fame del 2020, il Madagascar si classifica al terz'ultimo posto: 105quesimo tra 107 paesi con dati sufficienti per calcolare i punteggi di GH|2020. Con altre 10 nazioni, il Madagascar ha un livello di fame allarmante» (https://wrvw.globalhungerindex,org/madagascat.htmÌ ).
Quello 0,0001 % di quello che dicono le statistiche, sono volti e persone che vedo sempre di fronte a me.,, sento le loro voci, le loro parole, vedo le loro lacrime e la loro paura.
Vedo quella madre di famiglia, con 5 figli che vanno ancora a scuola, con il marito ammalato che lavora solo quando riesce a stare in piedi; lei si alza alle 4 del mattino per accendere un fuocherello, riscaldare l’acqua per i bambini, far cuocere qualche pezzo di manioka [una specie di grossa patata) per dare da mangiare a tutta la famiglia. Poi va a lavorare; passa in diversi posti a ritirare roba da lavare; quando ha un fagotto sotto il braccio e una grossa bacinella piena sulla testa, compera un pezzo di sapone e va al fiume a lavare. Ne ha per qualche ora; inginocchiata nella sabbia bagnata, aggiusta davanti alle ginocchia una pietra sulla quale strofina i panni; quando ha finito di lavare e sciacquare qualche cosa, la distende al sole sull'erba o sui rovi... e avanti così. Mangia magari una banana o un piccolo pane di farina di riso; finisce mettendo in ordine la biancheria lavata e la consegna a chi gliel'ha data la mattina, per ricevere 8/9000 ariary (2€); ne deve mettere da parte uno al giorno per i bambini che vanno a scuola o per le medicine e le cure per il marito; deve mantenere la sua famiglia con l’altro euro che le resta, le basta per un giorno solo per comprare un po' di manioka, se riesce una o di kapaoka di riso qualche volta alla settimana, ma non possono mangiare carne se non qualche volta all'anno, nei giorni di grande festa.
Vedo ragazzi che alle 5 del mattino si presentano alla casa di un patron, che si è aggiustato e ha potuto procurarsi 3, 4 magari anche 10 motorini "Kinga - APE" che affitta. I giovanotti ascoltano il patron, se ha qualche cosa da dire (in genere rimproveri), poi ciascuno prende il suo Kinga, tira fuori dalla tasca una bottiglietta con dentro mezzo litro di benzina che mette nel serbatoio, ma ne lascia un mezzo bicchiere nella bottiglia che potrebbe servire per arrivare ad un distributore, caso mai dovesse restare a secco; poi partono "proprio come api" in cerca di clienti. Di per sé potrebbero portare 2, al massimo 3 passeggeri, ma riescono a mettere sino 7 persone adulte e caricano di tutto: biciclette, maiali, tavoli e sedie, sacchi di riso o di carbone Il trasporto costa poco (dai 6 ai 12 centesimi di euro): per questo devono veramente "volare come api", perché alla sera devono consegnare il kinga al patron e versare sino a 15 € al giorno, e in più devono mettere la benzina; il che vuol dire che devono trasportare più di 120 persone al giorno, e se tutto andrà bene ritornano a casa con 6 euro, dopo aver girato e corso da 8 a 10 ore al giorno.
Vedo questi, chiamiamoli facchini, che spingono dei carrettini varamba che sembrano essere stati sbarcati dall'arca di Noè. Sono lì, quasi come dei falchi ad aspettare quando arriva un pulmino pieno di viaggiatori, per cercare chi ha dei bagagli che non può portare da solo; o aspettando i camion che trasportano merci, ma che non riescono a raggiungere il luogo dove lasciarla. Subito si propongono a fare il trasporto bagagli a domicilio, litigando tra di loro e abbassando i prezzi pur di avere il cliente [salvo poi dividere con i "compari" i pochi soldi guadagnati per non essere fatti fuori). Sovente anche questi facchini non sono i padroni del loro mezzo di trasporto e alla sera devono pagare l'affitto del mezzo che hanno usato durante la giornata, e se hanno rovinato qualche cosa devono ripararlo prima di consegnarlo. Se i prezzi dei kinga sono bassi... quelli dei varamba sono stracciati 20 centesimi per un'ora di lavoro, caricando, spingendo e scaricando magari 300/400 kg. Sovente questi ragazzi non riescono a mangiare e cercano un po' di forza nel rongony (droga) o nella taoka (bevanda molto alcolica) per cui arrivano a casa sfiniti, ubriachi, fatti, e con quasi niente in tasca, solo quel poco per far mangiare i figli e litigare con la moglie. Eppure questi sono i casi di persone che hanno un lavoro, dunque qualcosa, anche se poco.
Questi sono pochi esempi, certo non molto "allegri” di come vive o sopravvive Ia nostra gente. Si tratta di lavori onesti, almeno per chi li fa, magari un po' meno per chi li fa fare. Ora, a causa del covid, tutti questi lavori onesti non rendono più e questa gente si trova a dover accettare qualunque condizione pur di racimolare qualche spicciolo. [una seconda parte sarà pubblicata su Informazione Vincenziana].
0 notes
donato33 · 4 years
Photo
Tumblr media
IL GRANELLINO🌱 (Lc 1,67-79) Questo Granellino, secondo me, sarà il meno letto e meditato dai lettori, essendo la Vigilia di Natale giorno in cui tutti sono indaffarati a preparare il cenone e a correre di negozio in negozio per fare gli ultimi acquisti. Perciò sarò brevissimo con l'aiuto dello Spirito Santo. Senza lo Spirito Santo non c'è vera preghiera. Zaccaria ha pregato ricolmo di Spirito Santo. Zaccaria non ha pregato con parole umane, ma con parole suggerite dallo Spirito. Egli ha lodato il Signore perché nella sua vita ha visto ha sperimentato la misericordia di Dio. La vera preghiera è quella che lo Spirito suggerisce dopo ogni evento che si vive alla presenza della Trinità. Hai saputo di essere incinta? Loda il Signore per il figlio che ti sta donando. Ti viene annunciato che tuo figlio ha avuto un posto di lavoro? Ringrazia il Signore. Ti hanno chiamato per informarti che un tuo amico è ammalato? Prega per lui perché il Signore lo guarisca. Sei tentato a non fare la volontà di Dio? Prega perché il Signore ti dia la forza di fare la sua divina volontà? Sei sopraffatto dal peso dei peccati della tua gioventù? Chiedi al Signore di usarti misericordia. E così via. Pregare è vivere alla presenza di Dio. Chi prega dentro di noi è lo Spirito Santo. La preghiera suggerita dallo Spirito Santo non è verbosa, ma è un gemito. San Bernardino da Siena, mosso dallo Spirito, pregava invocando solo il nome di Gesù. In ogni occasione esclamava dicendo: "GES��!". Amen. Alleluia. (Padre Lorenzo Montecalvo dei Padri Vocazionisti) PS. Per NATALE regalati e regala uno dei seguenti libri di Padre Lorenzo: L'AMORE GUARISCE....LA PERLA PERDUTA....VIENI, SPIRITO SANTO!...APRITE IL CUORE A CRISTO...IL MATRIMONIO È A VITA...DOVE E CON CHI?...LE DUE VIE...SEMI D'AMORE...IL GRANDE REGISTA...IL SEMINATORE…CARO DON...(un regalo da fare ai preti). Un libro può cambiare la vita di una persona. Per ordinarli, potete telefonare o inviare la richiesta via whatsapp ai seguenti numeri: 331 3347521 - 3493165354 - 3388265226. (presso Apricena) https://www.instagram.com/p/CJLHltrLVEx/?igshid=irdl94nm5axo
0 notes
realnews20 · 5 days
Text
L’esordio alla regia di Michele Riondino piace anche fuori dai confini italiani. Si chiama Palazzina Laf ed è stato proiettato al Mediterrane Film Festival di Malta e all’Italian Film Festival a Boston e Detroit. Come raccontiamo qui, per il suo esordio dietro la macchina da presa Riondino ha scelto un film di denuncia ambientato all’ex Ilva di Taranto e ha deciso di giocare in casa, continuando anche a recitare. E l’attore si è raccontato al Corriere della Sera: “Questo risultato me la sognavo di notte, accadeva solo in campo onirico. Sono io il primo a esserne meravigliato e sorpreso. Sono molto contento di come questa storia possa aver incuriosito diverse categorie di pubblico, con le sale stracolme, ma anche il comparto degli addetti ai lavori. Produttori e distributori erano preoccupati del tema, non essendo più abituati a vedere al cinema questo tipo di storie“. Riondino conferma che suo papà, suo fratello e i suoi zii hanno lavorato all’Ilva e che suo fratello si è ammalato: “Adesso è sotto controllo costante e sta bene(…). La nascita del male è imputabile, nel suo caso come in quello di tanti altri operai, al lavoro a stretto contatto con il carbone bruciato; respiravano, mangiavano e bevevano lì. Secondo i medici, il tumore al colon è una diretta conseguenza. Conosco diverse persone che non ce l’hanno fatta, è un bollettino di guerra. Le nostre telefonate, a Taranto, non iniziano con un ‘Ciao, come stai?’, ma con un ‘Come sta…? Ha fatto il ciclo? Come sta reagendo?'”. Un commento anche sull’incontro di pochi giorni fa a Taranto tra Carlo Rienzi, presidente del Condacons e Fedez che ha annunciato la volontà di fare una donazione per l’oncoematologia pediatrica. La domanda fatta dal Corriere è chiara, “vera beneficenza o pubblicità?”, la risposta di Riondino anche: “Le domanda ce la siamo posta pure noi. Non vogliamo togliere attenzione a Taranto, è bene che se ne parli. Non so però cosa sia venuto Fedez a fare e come la farà. Fa strano che sia arrivato senza avvisarci, senza rivolgersi a chi si occupa del problema da decenni, come noi che organizziamo l’Uno Maggio Taranto. In passato abbiamo chiamato diverse volte Fedez a esibirsi sul palco e non abbiamo mai ricevuto considerazione. Sono contento che ora si esponga con una donazione laddove ci sono medici e infermieri che andrebbero santificati perché combattono in prima linea una guerra. Invito tutti a fare un giro nei reparti oncologici, un posto di morte dove si respira un’umanità che fa bene al cuore. Quanto all’alleanza con il Codacons, avremmo potuto organizzare un incontro di wrestling in piazza a Taranto e avremmo potuto raccogliere molto di più“. L'articolo “La donazione di Fedez a Taranto? Strano che sia arrivato senza rivolgersi a chi si occupa del problema da decenni. Sono contento che ora si esponga”: parla Michele Riondino proviene da Il Fatto Quotidiano. [ad_2] Sorgente ↣ :
0 notes
francescosatanassi · 5 years
Text
DIETRO LA STORIA
Tumblr media
Ci sono parecchie storie dietro a “Mio nonno diceva sempre di no”, ad esempio come sia riuscito a recuperare documenti e informazioni perduti, nascosti, introvabili. Per ricostruire la storia della prigionia di Balilla Gardini ho impiegato due anni. È stato un periodo assurdo della mia vita, gli amici pensavano vivessi nel 1944 tanto ero immerso nella ricerca. Una delle tante storie che sta dietro a quel libro è quella del campo di lavoro di Allendorf. Ovunque cercassi non riuscivo a trovare informazioni su di esso. Di Allendorf in Germania ce ne sono a decine, senza contare quelle che negli anni hanno cambiato nome o sono state inglobate dai centri vicini. Così, con un inglese approssimativo, contattai uffici comunali, biblioteche, archivi storici di queste località ma nessuno possedeva documenti su Balilla Gardini o su un lager che corrispondesse alla descrizione appuntata sul diario del nonno. Non sapevo nulla, avevo soltanto questo nome: Allendorf. Poi trovai qualcosa, una nota a pagina 674 di un volume sugli Internati Militari Italiani scritto da uno storico tedesco, dove si faceva riferimento al commando di lavoro 60-63 di Hallendorf (non Allendorf!) un luogo dove 1.674 italiani erano stati costretti al lavoro forzato con punizioni e percosse. Con queste informazioni arrivai a un altro libro, catalogato presso una biblioteca di Roma, libro che raccoglieva, in appendice, il resoconto del cappellano militare Giuseppe Virzì, in visita al “Arbeitkommando 60-63 di Hallendorf, chiamato anche Campo 8”, luogo che ospitava al suo arrivo circa 2.000 internati italiani. Mi feci spedire le pagine che mi interessavano e scoprii che la descrizione atroce delle condizioni del campo combaciava con ciò che nonno aveva scritto sul diario, tanto che tornai a controllare alcune lettere che Balilla aveva spedito a casa e su una di queste, cancellato quasi da renderlo illeggibile, trovai un indirizzo: “6063 - Lager VIII - KDO”, dove kdo stava per arbeitkommando, cioè commando di lavoro. Per mesi la località giusta era stata lì, davanti a me, ma non l’avevo notata. Quando, parecchi mesi dopo, mi arrivarono alcuni documenti dal Centro Documentale di Bologna, trovai la stessa sigla con la conferma che le ricerche precedenti erano corrette: avevo trovato il lager 8 di Hallendorf, lo stesso dove Balilla aveva trascorso l’inverno con la schiena piegata nel fango gelido, era dimagrito fino a 40 kg e si era ammalato. Oggi Hallendorf è uno dei 31 distretti della città indipendente di Salzgitter, in Bassa Sassonia, e il lager 8 non esiste più, al suo posto c’è una foresta.
[nella foto: l'indirizzo cancellato sulla lettera] [MI STO TRASFERENDO SU www.francescosatanassi.blogspot.com]
0 notes
Quote
L'allenamento è finito. Con il braccio piegato che regge il borsone, ti fermi a guardare il campo. Terra e sassi che ti hanno fatto uscire sangue, che ti hanno fatto cadere, ma che ti hanno dato tanta gioia. Terra e sassi che hai dentro le scarpe, che ti hanno sporcato e che sono la tua casa. Iniziare una nuova stagione con la tua squadra è questo. “Meglio il calcetto” ti dicono gli amici. “Pensa al lavoro” ti dicono i tuoi genitori. “Non stiamo mai insieme” protesta la tua ragazza. “La domenica mi piace dormire” obiettano i palestrati. “Non diventerai mai un calciatore, pensa a studiare inglese” ti dice la prof di inglese. “Meglio studiare che perdere tempo con il calcio che non ti porterà da nessuna parte” ti dicono gli altri professori. Ci penso e sorrido. Cosa ne sanno loro di cosa vuol dire il calcio per te? Cosa ne sanno della tensione del sabato sera che non fa dormire, delle partite giocate da malato, delle partite giocate da infortunato o con qualche dolore? Cosa ne sanno loro di cosa provi quando sei il primo ad abbracciare quello che ha segnato e un attimo dopo sei sommerso da tutta la squadra? E delle emozioni: restare 1-0 a 5 minuti dalla fine, gli abbracci dati mentre sei in fila ad aspettare gli scatti, quell'abbraccio muto che vuol dire “ti voglio bene”… E poi il goal che hai salvato sulla linea tanti anni fa ma lo senti come se lo avessi fatto ora… Cosa ne sanno di cosa ti passa per la testa durante lo stretching prima della partita, delle gomitate che hai preso e dei calci che hai dato e delle strette di mano sincere con l'avversario? Di quanta carica ti da una pacca sulla spalla dal tuo amico di squadra alla fine dei giri di campo che ti hanno stremato, di quanta sicurezza ti da la volta che prendi la palla all'avversario? E della fatica dopo mezzora del primo tempo o del dolore dopo un calcio… Loro che ne sanno dei pianti che hai fatto perché non riuscivi ad alzarti dal letto e il giorno dopo avevi una partita magari contro la Juventus? E delle corse mangiando quel panino preparato dalla mamma o dalla sorella per arrivare al campo con la squadra già schierata in circolo che ascolta il mister? Cosa ne sanno loro di come ti senti quando il sabato sera resti a casa da solo già concentrato per la partita mentre i tuoi amici si stanno divertendo e i tuoi genitori sono a cena fuori? Che ne sanno di come trattieni il fiato quando la domenica mattina il mister annuncia la formazione? E ti viene un blocco nella pancia incredibile quando ti chiama e ti dice “giochi qui” e sei pronto a scendere in campo per dimostrare al mister che se anche sei ammalato o ti ha messo in un ruolo che non ti piace, sai giocare anche lì, oppure vai in panchina e sei costretto vedere gli altri che giocano al posto tuo. Che ne sanno loro dello stomaco che si stringe quando segna quello che stavi marcando? Cosa ne sanno di come si barcolla dopo il decimo giro di campo? E ti reggi spalla contro spalla con gli altri, nessuno che si ferma, si arriva alla fine tutti insieme, stanco che non riesci a sputare, ma ce l'hai fatta. Che ne sanno loro delle tue scaramanzie, delle docce fredde? Che ne sanno loro di quanto ami questo sport, di quanto sei legato a questa squadra? Terra e sassi, un pallone, 10 persone al tuo fianco, 11 di fronte, un fischio lungo e secco, la palla che per un attimo supera la linea del centro campo e tu che pensi: “Questa è la vita che amo”.
lontanadaituoiocchi
8 notes · View notes
metbo2017-blog · 7 years
Audio
A Met BO piacciono le storie, raccontate, sussurrate, scambiate davanti a un tè caldo. E in questi primi incontri ne ha raccolte tante.
Come nel caso di James, che viene dal Ghana e nel corso del secondo contatto ha condiviso con noi un ricordo di scuola.
“Il mio nome è James, vengo dal Ghana. Abito a Bologna, in Via Mattei. Vorrei raccontarvi una storia piccola, che mi è successa quando ero un bambino.
Da bambino, mia madre si prendeva cura di me e non mi faceva mancare niente. A scuola andavo bene, alle verifiche prendevo sempre i voti più alti.
Poi, il 23 ottobre 2010, i miei genitori sono morti in un grave incidente, e la mia vita è cambiata. Non avevo più niente. Così ho deciso di seguire l’esempio di uno dei miei compagni di scuola, e ho cominciato a chiedere l’elemosina per strada.
C’erano cattive compagnie nella mia classe, che mi hanno insegnato un sacco di brutte cose. Ce ne stavamo sempre negli ultimi banchi a scuola, disturbavamo le lezioni senza imparare niente.
Un giorno, mentre tornavamo a casa da scuola a piedi - il posto dove vivevo distava diversi chilometri dalla scuola - abbiamo visto una capra legata a un palo. I miei amici hanno subito deciso che dovevamo rubarla, portarla fra i cespugli, ucciderla e mangiarla. Io non ero d’accordo... ma loro avevano molta influenza su di me.
Così alla fine l’abbiamo fatto: abbiamo slegato la capra, ma non sapevamo che in quel momento un ragazzino se ne stava nascosto a guardarci. Poi l’abbiamo portata fra i cespugli in un luogo isolato, e abbiamo fatto quello che avevamo deciso. Quando il ragazzino ha capito che la capra non sarebbe mai tornata, ha raccontato quello che aveva visto.
La mattina dopo, a scuola, il Preside - informato dell’accaduto - ci ha messo di fronte a tutte le classi riunite e ci ha detto: “Il vostro comportamento è inaccettabile per questa scuola. Siete sospesi”.
La vita non era facile per me: così ho deciso di tornare a mendicare, e ho fatto ogni tipo di lavoro, dal cucinare al rimescolare la malta. Raccimolavo abbastanza per mangiare, ma non per le tasse scolastiche... così non sono più tornato a scuola.
Per la fatica del lavoro mi sono ammalato. Per questo ho deciso di partire per l’Italia.
Il 15 di questo mese sono arrivato a Bologna, in Via Mattei, e adesso voglio imparare di più sull’Italia e sulla lingua italiana. Mi è venuta voglia di tornare a scuola”.
1 note · View note
beatricedellera · 6 years
Photo
Tumblr media
EKO
https://helloeko.com/
Eko è una piattaforma gratuita online su cui è possibile vedere e giocare a web serie interattive. Ci sono inoltre video musicali e quiz. In ognuno di questi è possibile decidere cosa succederà nella scena successiva del video/gioco. Contiene qualcosa di tutti i generi ed è utile per far conoscere in modo accessibile queste meccaniche e questo modo di scrivere, leggere, giocare o ascoltare storie, quiz, giochi e canzoni.
Personalmente ho provato due web serie, #TMW, That Moment When e Charlie gets fired; un video musicale, Know no better di Major Lazer; un quiz, Mind Blown; un gioco, Clash up.
CLASH UP
Tumblr media
Quest’ultimo consiste nel partire da una canzone e arrivare a un’altra, decise dagli autori, passando attraverso altre tre, scegliendo tra tre canzoni ogni scelta. Alla fine si avrà un mash up delle canzoni scelte, che possono variare tra canzoni e generi più o meno recenti. In questo modo in ogni episodio si ha la possibilità di creare 27 combinazioni diverse, per poi poterle anche scaricare da spotify. L’interattività della piattaforma è utilizzata appieno in questo gioco.
CHARLIE GETS FIRED
Tumblr media
La stessa cosa è stata fatta nella serie Charlie gets fired. La storia segue i tentativi di Charlie nel non essere licenziato da lavori diversi ogni episodio. Nel quarto episodio, “Charlie ruins BuzzFeed”, in cui Charlie lavora appunto per BuzzFeed, deve riuscire a trovare nuove idee per articoli da pubblicare e a convincere il suo boss. Alla fine dell’episodio è possibile visualizzare finte pagine web in cui leggere gli articoli creati durante la storia e condividerli sui diversi social.
#TMW, THAT MOMENT WHEN
Tumblr media
#TMW, That Moment When è anche questa una serie comica, in cui bisogna aiutare Jill a superare diverse situazioni imbarazzanti. Si gioca attraverso meccaniche di gioco che sfruttano diversi modi di utilizzare il mouse (o dito nella versione mobile). In ogni episodio si ha un obbiettivo preciso, come ricordare il nome di qualcuno che sa benissimo chi sei, convincere il tuo potenziale coinquilino che saresti la persona ideale con cui dividere la casa, nascondersi dal proprio capo a cui avevi detto essere ammalato, e così via. Ognuno di questi episodi quindi può essere giocato individualmente, ma seguono una storia di sfondo che li unisce: Jill è stata lasciata dal fidanzato, perde il lavoro e deve cercare un nuovo posto dove vivere; tutto questo mentre cerca di organizzarsi per partecipare ad una rimpatriata con i compagni del liceo, che si svolge nell’ultimo episodio. Alla fine di questo è possibile fare un’ultima scelta che deciderà lo svolgimento della stagione successiva.
KNOW NO BETTER
Tumblr media
Una meccanica molto più semplice è usata nel video musicale di Know no better: è la storia di un ragazzino che vuole ottenere l’attenzione della ragazza che gli piace. Durante la canzone è possibile cambiare tra la versione nel sogno o nella realtà della stessa storia. È un solo pulsante che è possibile toccare quando si vuole durante la canzone. Mi piacerebbe che alla fine fosse possibile salvare in qualche modo il video creato, condividendolo o semplicemente scaricandolo come nel caso di Clash up.
MIND BLOWN
Tumblr media
Infine il quiz Mind Blown consiste nell’abbinare le canzoni che di sentono ai giusti video musicali tra i tre che vengono mostrati a ogni scelta. Ogni episodio contiene 10 round e alla fine è possibile vedere il proprio punteggio accompagnato da una frase di commento sulla propria partita.
Ognuna di queste esperienze interattive è presente un mood preciso che rispecchia il genere e il tono della narrazione. Penso sia una piattaforma divertente, facile da usare e utile per diffondere questo genere di storie interattive che sfruttano meccaniche choice based. È possibile infatti creare anche le proprie storie direttamente sulla piattaforma. Eko unisce l’esperienza cinematografica e l’interattività del videogioco, creando un media completamente nuovo e pieno di possibilità.
0 notes
idrotermica-blog · 7 years
Text
Un week-end guide a Verona, Twins che il viaggio
Una volta a Verona, ci # 8217; s molto poco bisogno per il trasporto pubblico come la città è piccola e facile da coprire a piedi. Il treno era veloce, pulito e incredibilmente va da prime ore del mattino fino a tarda notte. Questa è la più grande piazza di Verona e sede della Arena di Verona (anfiteatro). Tanto per la mia delusione, la ringhiera dove avevamo lasciato il nostro blocco era stato rimosso, anche se credo che le ringhiere portati via sono trasformati in una scultura d'arte di qualche tipo, quindi # 8217; s bello sapere che il simbolo del nostro amore hasn # 8217; t schiacciato da qualche parte in un mucchio di rifiuti. Le adiacenti museo ospita alcune belle pavimenti a mosaico originale troppo # 8211; vale la visita.
Si # 8217; re non manca molto. Inoltre sarà necessario avviare in coda presto per essere sicuri di borsa un biglietto. Se # 8217; re un regolare per i nostri post sul blog, è # 8217; ll sapere che abbiamo una regola d'oro quando si visita una città europea: salire sempre la torre.
Il movimento continuo di persone in giacca arancione fluorescente, la raccolta di persone che si era ammalato dal calore era leggermente irritante! La sera, la piazza viene veramente vivo. E '# 8217; s compatta, bella come un quadro e contiene appena sufficiente tesori a voi attraverso guide fine settimana. Ultimo suggerimento: se si rifugio # 8217; t è riuscito a ottenere i biglietti per l'opera durante l'estate, rilassarsi in un ristorante in piazza e godersi la musica eco dall'altra parte della piazza. Quando abbiamo visitato, il sito è stato utilizzato per una produzione ed è stato bello vedere che anche oggi la sede è ancora usato per quello che è stato originariamente costruito per.
Lago di Garda è un salto, saltare e saltare via su un viaggio in treno di 20 minuti. Offrendo romanticismo, la cultura (don # 8217; t perdere l'opera), la storia e il cibo delizioso # 8211; cosa # 8217; s non amare? Se # 8217; re intenzione di fare questo assicuratevi di acquistare un paio di cuscini in anticipo come seduto su un muro di pietra per 4 ore è solo andare a essere una spina nel fianco; letteralmente. Tip Top: l'interno di Giulietta # 8217; s casa è in realtà piuttosto deludente e così risparmiare un po 'di tempo e semplicemente godersi la vista del balcone dall'esterno. Si può volare nella vicina anche Venezia e salire sul treno (un'ora) a Verona.
Facile da navigare a piedi, un sacco di piazze ombreggiate per riposare i piedi e antichi luoghi romani a bizzeffe, Verona è una pausa di città ideale. Anche in vesciche di calore, ho potuto apprezzare la vista. Venezia è un'ora # 8217; viaggio in treno da Verona s. La torre di 84m offre una vista panoramica fuori sopra Verona e al di là e merita la salita. Da non confondere con l'anfiteatro romano di cui sopra, il teatro romano è impressionante conservato e, in alto, offre una bella vista sul fiume e in tutta la città.
Una volta che un Foro Romano, questo è il mio preferito in piazza Verona. Dicono sfregamento Giulietta # 8217; S verso sinistra al seno # 8211; I didn # 8217; t fanno questo in su # 8211; porta fortuna, ho doverosamente fare la coda per avere la tua foto scattata di questo # 8216; esilarante # 8217; azione. La mia unica parola di consiglio è che è necessario preparare per il calore.
Dress code è rilassato lungo le bancarelle di pietra, diventando sempre più formalmente più ci si avvicina alla fase al centro dell'arena.
Un week-end guide a Verona
Fiera di Verona # 8211; Reso famoso da Shakespeare # 8217; s storia di Romeo e Giulietta # 8211; Questa è una città ben compatta # 8217; s perfetto per un fine settimana. Lo spettacolo iniziato alle 9:00 e ha continuato fino a 1:30, tra cui tre intervalli che vi ha permesso di allungare le gambe e gustare un drink all'aperto sulla piazza vicina. La storia vuole che l'osso cadrà sul primo # 8216; solo # 8217; persona a camminare sotto di esso. Un piccolo viaggio a Verona, però, è il modo ideale per trascorrere 48 ore. Ironia della sorte, nonostante Re e Papi passando sotto di essa, è # 8217; s ancora cadere. Avendo visto le indicazioni per la stagione lirica ultima volta che abbiamo visitato, ero stato disperato per vedere uno spettacolo per me e terminare le nostre tre settimane in Italia all'interno di un Anfiteatro romano, sotto le stelle, sembrava la scelta perfetta. Via Mazzini, una strada pedonale lungo acciottolato, è il più trafficato della città. Il motivo principale per il nostro ritorno a Verona, dopo aver visitato un paio di anni prima, era quello di godersi la città # 8217; s famoso festival dell'opera, per l'ultima notte della nostra luna di miele: avevamo i biglietti per vedere Carmen. Eravamo davvero entusiasta di tornare qui per # 8211; e piuttosto ingenuamente in retrospettiva ora # 8211; trovare il lucchetto che ci avevamo lasciato due anni prima. Verona può essere una città vecchia, ma è # 8217; s lo shopping è ben lungi dall'essere superata. Situato nella parte nord della città, il ponte è stato effettivamente distrutto dai bombardamenti nel 1945. Un vero e proprio atto d'amore in Romeo e Giulietta # 8217; s città. Il pensiero di un week-end in una città europea può spesso lasciano ti senti un po 'travolti. Pieno di negozi di design, questo è il posto dove venire se # 8217; re alla ricerca di un nuovo guardaroba, o nel mio caso, un sacco di opportunità per trovare l'aria condizionata e riparo dal sole pomeridiano. L'altro punto forte della piazza è l'imponente Arco della Costa (arco grande!), Che dispone di un grande costola di balena appeso tra esso. E 'stato, tuttavia, amorevolmente restaurato da pescatore che raccolse i mattoni fuori del fiume e con attenzione lo ricostruì nel corso del 1950. Dinky aeroporto di Verona è raggiungibile in 20 minuti di taxi dal centro della città. A Verona questo non è diverso. Una visita a Verona, non sarebbe la stessa senza una visita al famoso (se non di fantasia) Juliet # 8217; s balcone. Questo robusto, tozzo castello è un'attrazione turistica in città # 8211; Anche se io in realtà preferito passare il tempo sul ponte impressionante che conduce ad esso! In termini di estetica, è # 8217; Non è il più bel castello, ma c'è un museo molto interessante sul sito e il ponte offre una splendida vista sul fiume. Nonostante la lunghezza, le quattro ore volarono e l'ascolto della canzone # 8217; s di Carmen vibrare intorno all'arena era magico. Che ospita alcune delle città # 8217; s edifici più importanti, una bella fontana al centro e ristoranti lungo i lati, # 8217; s un posto incantevole in città: perfetto per il pranzo o la cena. Ciò fornisce l'occasione perfetta, se si # 8217; re cercando di rimanere più a lungo in Italia, per combinare una vacanza in città con l'ambiente più rilassato dei bellissimi laghi. Qui di seguito è la nostra guida fine settimana per la città. Se avete voglia di un periodo di riposo, c'è un trenino dolce che porta passato la maggior parte della città # 8217; s principali attrazioni turistiche. Se si sa che seduto per quattro ore a 28 gradi + temperature è troppo per voi, si potrebbe desiderare di stare alla larga. Avevamo posti al centro dell'arena, che erano costoso, ma è possibile acquistare i biglietti a buon mercato anche nella notte di sedersi lungo i filari di pietra. (Visitato 278 volte, 1 visite oggi) Avendo viaggiato a Verona, prima in treno da Venezia, è # 8217; s la maggior parte sicuramente da visitare che unisce due città, se potete. Ultimo suggerimento: salire sulla Torre dei Lamberti per un uccello # 8217; s occhio di piazza. Fiancheggiata da caffè, ristoranti e importanti edifici alla ricerca, questo è il posto ideale per rilassarsi, gustare un caffè e guardare le persone che passano. Una piccola ma perfettamente formata attrazione il ponte Pietra. Hai visitato Verona prima? Cosa hai pensato? Cerchiamo di sapere qui sotto! mecca turistica che potrebbe essere, ma questo doesn # 8217; t toglie il divertimento formaggio di visitare qui e lasciando un lucchetto per voi e il vostro amato uno accanto Giulietta # 8217; s statue.
**********
Long Weekend a Verona, Urban Blog Viaggi
Come con la maggior città italiane, per un vero assaggio del carattere passionale, romantico e devoto della città, hai avuto modo di andare in chiesa. Il sole non deve essere sopra il pennone di godere di un ...
Un fine settimana in ... Verona - Il tuo italiano
AVANTI CRISTO. L'edificio è dominato dalla torre dei Lamberti, eretta nel 1172 da # 8217; famiglia Righi seguendo il tipico stile romanico # 8217; era ed ancora visibile nella parte inferiore, fatto ...
Verona, un week-end nella città degli innamorati, Heather nei suoi viaggi
Ho sicuramente bisogno di fermare la prossima volta in estate # 8211; esso # 8217; s divertente vederli abbattere e impostazione del lavoro quotidiano. Piazza dei Signori a Verona, Italia dopo il nostro tour di casuale ...
Verona il weekend perfetto
Aspettatevi di trovare cibo regionale Veronese sul menu e un'eccellente selezione di vini. Ogni livello rivela un nuovo livello della città, e offre una fantastica vista sullo skyline. Ho letto il ...
Weekend a Verona - Week-end per due persone
Fanno parte di questa classifica anche Piazzetta San Pellegrino a Viterbo. Piazza del Comune a Cremona. Piazza della Signoria, Gubbio.
Villa d # 39; Este a Tivoli, i Giardini del Aude # 39; ...
Verona - Weekend a Verona - Viaggi, vacanze e turismo Caso Turisti
L'acquisto di un biglietto per visitare il museo si può anche camminare lungo i corridoi all'interno delle mura. per il pranzo ci siamo diretti di nuovo alle erbe quadrati dove numerose bancarelle che vendono di tutto, dalla frutta, ...
Giorno perfetto a Verona weekend romantico per voi due, del tempo del mondo in linea Blog
Del tempo del mondo in linea Fornisce previsioni meteo globale e contenuti meteo per i siti web, le aziende e settore dei viaggi. Verona è un luogo perfetto per trascorrere luna di miele, vacanza o anniversario # ...
10 cose da fare a Verona, nei fine settimana Verona
La facciata in mattoni, divisa verticalmente in tre sezioni corrispondenti alle navate interne, è solenne e impressionante. Zeno. Piazza Bra è la più grande piazza di Verona.
Il portale in legno è ...
Un'opera in l'Arena di Verona, Mark Percival - articoli s di viaggio e consigli
E 'sicuramente una buona idea di affittare un cuscino per un extra di 3 euro come altrimenti sarete seduti per più di 3 ore su gradini di pietra. L'usanza ha origine dalle prime performance, quando ...
Verona guida della città perché il vicino di Venezia è il posto migliore per un weekend - Specchio online
Testa qui la sera e potrete sperimentare una passeggiata correttamente italiano Quando gli amici e famiglie vagano, fermandosi a caffè e bar al passo con l'altro. Aspettatevi di spendere circa 20 ...
Visitare Verona su Segway 
  Ciao, siamo Segway Verona una società innovativa istituito dalla giovane per tutti. Usiamo nuovo veicolo chiamato Segway / Ninebot che è auto-bilanciamento e elettrico per muoversi in città e permettere a tutti chi ha poco tempo per vedere gran parte della città.
Si tratta di un servizio di noleggio assistita, uno dei nostri ragazzo sarà il vostro accompagnatore lungo una pianificata percorso che può tak una o due ore, in aggiunta si può anche fermare per scattare qualche foto anche con l'aiuto del vostro accompagnatore.
Abbiamo scelto di inviare con voi una terza persona per una maggiore sicurezza, sia vostro che il nostro avendo qualcuno locale che sa come trattare con strade affollate di Verona è una certezza in più, oltre che agirà per l'aumento di qualsiasi difficoltà. Tutto questo per garantire un'esperienza indimenticabile.
www.segwayverona.com
0 notes
pangeanews · 4 years
Text
“Ho sofferto così tanto che sono stata espulsa dall’altro mondo”. Le poesie & i diari di Alejandra Pizarnik
Una ipnosi nel vetro: l’acustica di Alejandra Pizarnik è sinistra, sotto vuoto; sa di essere espulsa da tutti i mondi – dal giacimento dell’incomprensione estrae verbi-pugnali, di cristallo. “Una scrittura densa, fino all’asfissia, ma fatta con nient’altro che con ‘vincoli sottili’ che permettano la consistenza innocente, su uno stesso piano, del soggetto e dell’oggetto, così come la sovrapposizione delle frontiere abituali che separano io, tu egli, noi, voi, essi. Alleanze, metamorfosi”, scrive, nel dicembre del 1964. Niente è salvo, ma esiste quel periglio innocente – tra la parola bugiarda e quella che sbugiarda – che pare un bosco bianco. C’è sempre qualcuno che muore, però, per nutrire l’innocente.
*
Nel 1964 la Pizarnik è a Parigi, da anni: di questo mondo non trova il punto di giuntura, i volti, umani, gli paiono cani, nodi, asperità, triangoli che separano sguardo da sapienza. “Un giorno forse, troveremo rifugio nella realtà vera. Intanto, posso dire fino a che punto sono in disaccordo?”, scrive in I posseduti tra lillà. Non ha neanche trent’anni, quell’ispirata giovinezza presa a unghiate. Il 5 ottobre di quell’anno – ma il loro anno è il ’63, s’erano conosciute, l’anno prima, a Parigi, entrambe attratte dall’abisso, dai libri come sequenza di pozzi, vuoti – le scrive Cristina Campo: “Mia cara amica, il mio cuore mi aveva detto che qualcosa di spiacevole doveva essere successo. Perfino la busta della Sua lettera era pallida, come se volesse anticipare da dove veniva. Ci rassicuri al più presto. (Ha un telefono? La chiameremo). Non ho nemmeno capito se l’hanno operata o solamente curata, e nel primo caso, di cosa? E Sua madre, ne è stata informata? Non crede che debba esserlo? Tutte queste ombre – e la distanza – sono di una tristezza opprimente. Io stessa sono a letto, pare che il mio cuore si sia dilatato, a causa delle tante preoccupazioni. Un sudore orrendo, colpi di pugnale. Nulla di nuovo: ma mio padre è ammalato, mia madre a malapena in convalescenza; Elémire solo. Autunno inoltrato – che cerco di accettare con dolcezza, gli occhi negli occhi chiari di due angeli terribili: il dott. Cechov, il dott. Céline”.
*
Nel libro formidabile, La figlia dell’insonnia (Crocetti, 2020; la curatela è di Claudio Cinti), appena edito per festeggiare l’acquisizione di Crocetti da parte di Feltrinelli, una poesia della Pizarnik alla Campo, s’intitola Anelli di cenere.
Stanno le mie voci al canto Perché non cantino loro, i grigiamente imbavagliati nell’alba, i camuffati da uccello desolato nella pioggia.
C’è, nell’attesa, una voce di lillà che si spezza. E c’è, quando si fa giorno, una scissione del sole in piccoli soli neri. E quando è notte, sempre, una tribù di parole mutilate cerca asilo nella mia gola, perché non cantino loro, i funesti, i padroni del silenzio.
Tutto ciò che sancisce un patto, in questa poesia (anelli; voce; parole; asilo; sole), si scinde, si spezza, come mani dalle dita d’acqua (spezza; scissione; neri; mutilate; funesti). Ci si lega, sembra, perché, dopo, la separazione sia implacabile – ogni incontro ha in seno l’asperità del lutto. La poesia viene accolta in Los trabajos y las noches (1965). Quando la riceve, è l’ottobre del 1963, la Campo risponde, preoccupata: “Comunque, bisogna curare la Sua insonnia… Non oso interrogarLa sul significato reale della Sua insonnia, ma se lo desidera me ne scriva pure, La prego… Anche i Suoi versi mi preoccupano da questo punto di vista. Vedo, credo di vedere la Sua vita come la bella gabbia terribile che non vede l’ora di “trasformarsi in uccello”. Soffra in questa gabbia se è necessario (so bene che non si può abbreviare il tempo dell’incanto, della stregoneria) ma non la renda, mia cara, una gabbia di ferro…”.
*
La tensione all’aforisma, al bagliore eracliteo, alla fiammata serafica, inevitabilmente ustiona, presuppone l’erma del morire. “E soprattutto guardare con innocenza. Come se nulla fosse, il che è vero”, scrive in Vie dello specchio. Quaderno della vita intima, cella delle torture, confessionale, lucida in una solitudine priva di dio (“Come chi non ama la cosa. Nessuna cosa. Bocca cucita. Palpebre cucite. Dimenticai. Dentro, il vento. Tutto chiuso e il vento dentro”), di chi si sceglie la trappola. Un’opera, d’altronde, è sempre un modo per approssimarsi alla morte – con inelegante e speziata spavalderia. “Ma la mia notte, nessun sole la uccide”. Battibeccando, ieri, pensavo, l’egotismo è lecito finché si annienta in un’opera, altrimenti è insopportabile. Pensano di sapere, gli umani, al posto di accettare la liturgia, di stare al criterio del miracolo, senza burocrazie dell’intelletto, barometri che valgano per la sanità di mente. Credono sia data la stazione eretta, credono sia eletta, duratura, cuspide del rango – in verità, una nobiltà rara è nella creatura orizzontale, all’orizzonte, pronta allo scatto, o che striscia, sibilando un valore secolare, non dissimile alla lava.
*
“Invitata ad andare nulla più che fino al fondo”, scrive la Pizarnik, in certi versi terminali – frasi appoggiate come ossa, levigate fino a sdebitare una offesa, appuntite e puntate verso di sé. Non altro si fa, atleticamente, che forgiare l’ombra per gli altri mondi. Scelse, nel settembre del 1972, a 36 anni; preferì le pillole, ma l’altro gli aveva già succhiato gli occhi – vent’anni fa esce la racconta dell’Obras completas, anche in Italia, ora – penso alla raccolta delle lettere, come L’altra voce, edite da Giometti & Antonello – la Pizarnik ha una cospicua dote di accoliti, di accorti lettori. Il diario – di cui si traducono alcune lasse – è una tesoreria di intuizioni, una grotta al massacro. Più che altro, bisogna tenerla in braccio. (d.b.)
  ***
Domenica 3 novembre 1957
Una rivoluzione per placare la mia ferita, un terremoto per sostituire la sua assenza, il suicidio del sole per il mio fervore fisico, la follia della notte per la mia sete segreta, la fine del mondo per soddisfare la mia prediletta angoscia.
*
Venerdì 22 novembre 1957
Fede soltanto in te stessa, Alejandra. Fede in te sola. Impossibile la piena comunicazione umana. Gli altri ci accettano sempre mutilati, mai con la totalità dei nostri vizi, delle nostre virtù. O ci detestano per qualche aspetto che li mortifica, o ci accettano per qualcosa che è l’angelo della nostra carne. Spesso accadono giorni in cui è possibile comunicare, altri in cui tutto si annienta. Questi sono i giorni in cui qualcosa di umano ci è necessario. Sicuramente, ci respingono per questo volto da mendicanti repellenti che propinano angoscia e solitudine. È possibile vivere soltanto se nella casa del cuore arde un buon fuoco.
*
Lunedì 16 dicembre 1957
È come se il mio sangue fosse amputato. Alzarsi di notte con il pugnale in mano e devastare il paese dei sogni. Di quei sogni divorziati dalla realtà. Grande vergogna non solo di essere, ma di essere semplicemente. Vergogna di vivere o di morire. Mi vergognerò anche quando sarò morta. Sarà, la mia, una grande morte inibita. Possibilità di vivere? Questa. Un foglio bianco e perdersi nella carta, uscire da me stessa e viaggiare su un foglio bianco.
*
Domenica 2 febbraio 1958
Solitudine e silenzio. Ho pensato alla felicità di dedicarmi interamente alla letteratura, senza altra cura che scrivere e studiare. Bisogna recuperare il tempo perduto. So che questa felicità mi è accanto, ma non dipende dalla mia volontà, perché non sarebbe più felicità, allora, ma lavoro. Devo credere con tutto il mio essere, credere ossessivamente, lucidamente. Ma soprattutto, continuare a sostenermi nel difficile compito di non pensare all’“amore impossibile”, causa di tutti i miei mali.
*
Venerdì 14 febbraio 1958
Mi è facile essere serena e obbiettiva con gli esseri che non mi interessano veramente, di cui non aspiro all’amicizia, all’amore. Sono calma, cauta, padrona di me. Ma con i pochissimi esseri che mi interessano… c’è l’assurda domanda, la convulsione, il grido, il sangue che ulula. Da qui deriva la mia assoluta impossibilità di sostenere l’amicizia con qualcuno attraverso una comunicazione profonda, risolta. Mi do così tanto, mi stanco, mi trascino, mi sfinisco, finché non vedo l’ora di “liberarmi” di quella prigione tanto amata. E se non interviene la mia stanchezza, agisce la volontà dell’altro, fiaccato da tanto presunto genio, che finisce per cercare una persona come sono io con chi non mi interessa.
*
21 aprile 1958
Violento egoismo. La mia suscettibilità al minimo abbandono delle persone nei miei riguardi diventa così grande che mi tramuto in un morto. Tutte le prove di amicizia, di congiunzione hanno un esito così debole rispetto alle mie attese che non posso fare altro che entrare in un silenzio vestito di dignità, pulsante di delusione. Non posso accettare una realtà diversa da quella dell’arte. Questo mondo è orribile. Ma credo che la misura di ognuno sia nell’uso che fa della propria solitudine e angoscia. Più che “coraggio” direi “innocenza”.
*
Sabato 26 aprile 1958
L’angoscia arriva. Non c’è altro che lasciare spazio al suo coltello, che affondi sempre di più, che una mano invisibile mi sottragga il respiro. Nessuna difesa è lecita. Tutto perde il suo nome, tutto si veste di paura. Anche pensare alla poesia come possibile salvezza è falso, nevrotico.
*
16 maggio 1964
Ho paura del mio mostruoso pensiero su me stessa, della mia compiacenza e allo stesso tempo della mia estrema durezza. Voglio stare calma. E scrivere di questo tremare. La mia sete di realtà, a causa del mio confino forzato alla letteratura – qualcosa di prigioniero che si annuncia solo per la brama sessuale.
*
Novembre 1971
Scrivere è dare senso alla sofferenza. Ho sofferto così tanto che sono stata espulsa dall’altro mondo. Scrivere è dare qualche senso al nostro dolore.
L'articolo “Ho sofferto così tanto che sono stata espulsa dall’altro mondo”. Le poesie & i diari di Alejandra Pizarnik proviene da Pangea.
from pangea.news https://ift.tt/325xeWm
0 notes
pangeanews · 5 years
Text
Robinson Jeffers, l’ultimo epico, il poeta preferito da Bukowski e da Andrea Pazienza
Un secolo fa un uomo voltò le spalle al mondo, prese terra davanti al mare e costruì una casa per la donna che amava. La donna era detta Una, la casa fu costruita su una rocca californiana, a Carmel, la chiamò Tor House, era una torre di pietre, perché a lei piacevano i racconti irlandesi e le poesie di William Butler Yeats.
*
L’uomo è un poeta. Si chiamava Robinson Jeffers (1887-1962), nato in Pennsylvania, nella culla del reverendo William, un vero prodigio. A dodici anni parlava inglese, tedesco, francese; traduceva dal greco e dal latino, versato nei miti classici e nella sapienza biblica. Aveva studiato in Europa. Robinson Jeffers è tra i grandi poeti americani del secolo, il 4 aprile 1932 la rivista “Time” gli dedica la copertina, ma se non lo avete mai sentito nominare non c’è problema – il problema è di chi ha fatto di tutto per tacitarne il canto.
*
Nel 1969 Mary de Rachewiltz, la figlia di Ezra Pound, traduce per la ‘Fenice’ Guanda, la collana “diretta da Giancarlo Vigorelli”, un libro di stupefacente bellezza, La bipenne e altre poesie, di Jeffers. La fama di Jeffers è decapitata, nel suo paese: egli non è un poeta che tranquillizza, che scrive versi a decorare il destino in vacanza. Robinson Jeffers, un uomo che ha scelto di vivere una vita arsa, al deserto di sé, nel brillio della severità, è un poeta scomodo. Pacifista radicale, asceta guerriero, poeta dalla poesia armata, che scava nel mito, che spesso sceglie la profezia, con l’inflessibile potenza di un biblico. Così la ‘quarta’ del libro pubblicato in Italia: “Troppo impolitica, forse, questa pronuncia, troppo intransigente e severa per riuscire immediatamente ‘popolare’… Robinson Jeffers è forse l’ultimo poeta capace di raggiungere una dimensione autenticamente e modernamente epica”.
*
Il libro apre con una considerazione di e. e. cummings: “Subito nominai Robinson Jeffers, affermando che era assolutamente scandaloso il modo in cui i ‘critici’ così poco americani lo trascuravano”. Come mai era scomodo fino allo scandalo questo poeta? In parte lo dice Mary de Rachewiltz: “Molti critici avevano accusato Jeffers di pessimismo eccessivo, quasi da incitare al suicidio, affrettatamente scambiando le sue premesse per conclusioni. Mentre egli è molto esplicito: la morte va sempre tenuta lontana e combattuta; e pochi poeti hanno avuto quanto lui in orrore e deprecato la guerra. Soprattutto le inutili e ingiuste guerre che ha combattuto (e ancora combatte) l’America”. Jeffers non nega la violenza né la esalta, la analizza come dato primo del vivere (scrive: “Il Dio che si autotortura. Questo richiede una spiegazione. L’universo esterno divino non è in pace con se stesso, ma pieno di tensioni e violenti conflitti. Il mondo fisico è governato da opposte tensioni. Il mondo delle cose viventi è formato da una lotta continua e da desideri irriconciliabili. Il dolore è una parte essenziale della vita”). Jeffers usa la poesia come un coltello: “La poesia racchiude ed esprime il tutto, come prosa non potrà mai. Il suo compito è contenere un mondo intero, all’istante, fisico e sensuale, dell’intelletto e dello spirito… La scienza tende a scomporre le cose per scoprirle; seziona, analizza. La poesia invece mette le cose insieme, facendo scoperte ugualmente valide e allo stesso tempo creando”.
*
Spesso idolatrato, Robinson Jeffers è poeta per nascosti, da leggere tra gli alberi. Charles Bukowski, in modo inatteso, lo adorava. “Mi ha influenzato moltissimo, adoravo la sua selvatica ruvidezza nel verso… Jeffers è il mio dio… non sopportava gli uomini, pensava che la vita umana fosse terribile, come potrei non adorarlo?”.
*
Robinson Jeffers incontra Una Call Kuster nel 1906. Non ha neanche vent’anni. Lei è più grande di tre, è sposata con un avvocato di Los Angeles. L’amore clandestino viene scoperto, esplode lo scandalo, i due scappano, Una divorzia. Nel 1919, un secolo fa, Jeffers porta la sua musa nella torre di pietra di Tor House, che continua a raffinare e amplia, con la nascita dei figli. Tor House, la casa, è il centro della vita artistica di Jeffers: la sua poesia è ‘mitica’ perché lui, come il poeta ancestrale, costruisce un mondo, lo abita. In Tor House il poeta racconta la propria impresa, bordeggiando i secoli, consapevole che ogni cosa ha una durata, ha valuta di schianto:
Se cercherete questo posto dopo una manciata di vite umane: forse ancora un po’ della foresta da me piantata sarà in piedi, eucalipti dalle foglie scure o il cipresso costiero, sbrindellato dalle bufere; ma il fuoco e la scure sono diavoli. Cercate le fondamenta di granito levigato dal mare, le mie dita conobbero l’arte di sposare pietra a pietra, troverete alcuni resti.
*
Il punto più alto del successo pubblico, nel 1947. Robinson Jeffers firma una versione dalla Medea di Euripide (pubblicata due anni dopo su “Il Dramma”). Il testo approda a Broadway, con Judith Anderson – che qualche anno prima era in scena per Hitchcock, in Rebecca. La prima moglie. Repliche continue, fama micidiale – che Jeffers farà di tutto per sconfiggere.
*
Ha la faccia di un’aquila. Una faccia simile, così affilata e severa, l’ha avuta soltanto Samuel Beckett. In effetti, sono aquile difformi, entrambi, difficili, dispari: Samuel disintegra ogni mito; Jeffers ne edifica di nuovi. Nel 1995 Luca Scarlini traduce la Medea di Jeffers per Aletheia; nel 1977 appare, nella ‘bianca’ Einaudi, il poema Cawdor, l’impresa traduttiva è di Franca Bacchiega. In Italia Robinson Jeffers non esiste. È il poeta prediletto di Andrea Pazienza, però, che ne illustra il poema definitivo: “Campofame è la storia dell’uomo che uccise la morte e delle conseguenze di questo atto impossibile. Nel 1987 il poeta Moreno Miorelli spedisce a Pazienza le fotocopie del poema di Robinson Jeffers e Andrea inizia a lavorare alla storia”. La testimonianza di Miorelli è da ribattere: “I russi, Robinson Jeffers, il mito di Orfeo, ponevano Andrea in forma diretta, di fronte al gran mistero. Per questo le lacrime erano per lui la reazione istintiva, immediata. Chi l’ha veduto durante e dopo l’ascolto di un poema gettarsi a terra, piangendo, capace solo di ripetere ‘Questo! Questo!’ non si chiede più, se mai se l’è chiesto, se la poesia ha o non ha un senso oggi”.
*
“Robinson Jeffers ha realizzato una delle più controverse e affascinanti esistenze per un poeta americano… In un’epoca in cui molti poeti contemporanei, seguendo l’egida di T.S. Eliot e di Ezra Pound, insistevano sulla necessaria difficoltà del linguaggio poetico, Jeffers denunciava il loro lavoro come triviale manierismo: lui cercava chiarezza retorica, emozione, pensiero. Diceva che la storia e la società lo avevano condotto alla disperazione, eppure, ha affrontato la politica con la franchezza di un poeta del suo tempo, benché austerità e solitudine gli abbiano aizzato contro, dagli anni Trenta, il disprezzo. In un’epoca spirituale caratterizzata da sublime disordine della Waste Land, ha costruito una fede antinomista sulla roccia di ciò che ha chiamato ‘Inumanesimo’, una specie di panteismo, mescolato alla scienza e al culto mistico della feroce bellezza della natura”, scrive David J. Rothman, presidente della Robinson Jeffers Association.
*
Nel 1950 Una muore. Tor House era la casa della poesia, un po’ Sion, un po’ Carmelo, un po’ regno delle fate. Jeffers subisce crisi depressive dagli anni Trenta, quando quella fetta di California viene afflitta dal turismo. Dopo la morte di Una, per lei, Robinson Jeffers scrive il suo poema più grande, Hungerfield, “Campofame”. I primi versi sono da incidere sui tronchi:
Se tempo è solo un’altra dimensione, allora tutto ciò che muore Resta vivo; non annientato, solo tolto di vista. Una è ancora viva. Pochi Anni fa: facciamo l’amore come falchi avidi, Un ragazzo con una ragazza sposata. Anni fa Siamo ancora giovani, le spalle forti, gioiosi al lavoro Per costruirci la casa. Poi lei, nell’arco della finestra sul mare, Sopporta all’infinito, ma poco paziente, Insegna ai figli a leggere. È ancora lì; Il bel volto pallido, i folti capelli, i grandi occhi Chini sul libro. ancora anni fa: Seduti coi figli adulti nello scafo, che avviamo Al largo di Horn Head nel Donegal, osserviamo le pulcinelle Di mare rotolare lungo la roccia, e le sule come stelle cadenti Gracidare al mare: i grandi occhi azzurri pieni di lacrime Per la selvaggia bellezza.
Sembra una poesia sorgiva, il canto di un Orfeo selvatico, che chiede il permesso ai fiumi e virtù di visione alle volpi prima di avventarsi tra gli uomini. (d.b.)
**
Lasciateli in pace
Se Iddio ha avuto la bontà di darvi un poeta Ascoltatelo. Ma per l’amor di Dio lasciatelo in pace finché è vivo; niente feste o premi Che l’uccidono. Un poeta è colui che sa ascoltare La natura e il proprio cuore; e se il frastuono del mondo lo circonda, se è forte saprà sbarazzarsi dei nemici. Ma degli amici no. Fu questo a spegnere la vena di Wordsworth, smorzarla in Tennyson e avrebbe ucciso Keats; che fa di Hemingway Un buffone e a Faulkner fa scordare il mestiere.
*
De Rerum Virtute
I
Ecco il teschio di un uomo: i pensieri e i sentimenti di un uomo Sono passati sotto la leggera volta d’osso come nuvole Sotto la volta celeste: amore, desiderio e dolore, fumi d’ira, bianche bufere di paura, sospese qui dentro: E talvolta la strana ansia di sapere Il valore, lo scopo e le cause degli eventi Ha sorvolato come un aereoplanino in ricognizione le immagini Contenute in questa mente: senza mai scoprire gran che, E ora è vuoto, una bolla d’osso, guscio d’uovo risucchiato.
IV
Io sto sulle rocce della baia Sovranes. A ovest oltre le acque in tormenta e la schiena curva del mondo Imperversa l’inutile guerra in Corea, e stupidamente Profetizzo. Brucia troppo il cervello Perché qualcuno, eccetto forse Dio, ne veda la bellezza. È davvero difficile vedere bellezza In alcun atto umano, atti di un microbo ammalato Sul satellite di un granello di sabbia che turbina vorticoso Nel mondo delle stelle… Forse qualcuno ne sarà; in ogni caso Non durerà a lungo – Beh: da quando mia moglie è morta sono impaziente… E quest’era di semi-mondi pieni d’ira e di dispetto Mi dà sui nervi. Io credo che l’uomo sia bello, Ma è difficile vederlo, avvolto in falsità. Michelangelo e gli scultori greci – Come hanno lusingato la razza! Omero e Shakespeare – Come hanno lusingato la razza!
V
Una luce ci resta: la bellezza delle cose, non dell’uomo; L’immensa bellezza del mondo, non del mondo umano. Guarda – e senza fantasia, desiderio o sogno – guarda direttamente I monti e il mare. Non sono belli?
*
Uccelli e pesci
D’ottobre a milioni verso riva vengono i pesciolini Lungo la costa granitica del continente Nella loro stagione: ma che pacchia per gli uccelli marini. Che stregoneria d’ali fantasmagoriche Nasconde l’acqua scura. Pesanti i pellicani gridano “Ha!” come il corsiero dell’amico di Giobbe, E si tuffano dall’alto, i cormorani lunghi E neri scivolano sott’acqua e cacciano come lupi Nell’opaco verde. I gabbiani stridono, attenti, Avidi e invidiosi, protestano e beccano. Ingordigia isterica! Questi uccelli innocui! Come se trovassero oro Per strada. Meglio dell’oro, si può mangiare: e chi Tra questi volatili selvaggi ha pietà dei pesci? Non uno certo. Misericordia e giustizia Sono sogni umani, non riguardano gli uccelli né i pesci né il Padre Eterno. Ma prima di andartene, guarda bene. Le ali, le bocche fameliche, i pesciolini plasmati dalle onde, lucidi veloci molluschi Vivono di paura per morire nel tormento – Loro destino e degli uomini – le isole rocciose, l’oceano immenso e Lobos sull’imbrunire Sopra la baia: non è forse bello? Questo è il loro valore intrinseco: non misericordia, intelligenza o bontà, ma la bellezza di Dio.
Robinson Jeffers
L'articolo Robinson Jeffers, l’ultimo epico, il poeta preferito da Bukowski e da Andrea Pazienza proviene da Pangea.
from pangea.news https://ift.tt/2PTnTZX
0 notes