#altre storie cosmicomiche
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L'estinzione della nostra specie è certo una prospettiva triste, ma piangervi sopra non è che una ben vana consolazione, come recriminare una morte individuale. [...] Cosa sarà il genere umano al momento dell'estinzione? Una certa quantità di informazione su se stesso e sul mondo, una quantità finita, dato che non potrà più rinnovarsi e aumentare. Per un certo tempo, l'universo ha avuto una particolare occasione di raccogliere ed elaborare informazione; e di crearla, di far saltar fuori informazione là dove non ci sarebbe stato niente da informare di niente: questo è stata la vita sulla Terra e soprattutto il genere umano, la sua memoria, le sue invenzioni per comunicare e ricordare. La nostra organizzazione garantisce che questa quantità di informazione non si disperda [...] E nello stesso tempo sarà suo scrupolo fare come se non ci fosse mai stato tutto ciò che finirebbe per impasticciare o mettere in ombra altre cose più essenziali, cioè tutto quello che anziché aumentare l'informazione creerebbe un inutile disordine e frastuono. L'importante è il modello generale costituito dall'insieme delle informazioni, dal quale potranno essere ricavate altre informazioni che noi non diamo e che magari non abbiamo. Insomma non dando certe informazioni se ne danno di più di quante non se ne darebbe dandole. da I. Calvino, La memoria del mondo, in Altre storie cosmicomiche
#citazioni#calvino#cosmicomiche#altre storie cosmicomiche#memoria del mondo#informazione#rumore#dare
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...Calvino è un giocoliere di storie e parole...incredibili l'arguzia e la fantasia con cui riesce a piegare alla sua penna i grandi temi della fisica contemporanea...Un viaggio nella logica assurdità e nel paradossale, fra mondi ed esseri evocati come sogni vividi. Dal profondo, immenso e buio spazio lontano , dai lampi di luce delle galassie alle vorticose curvature dello spazio fino ai gusci delle conchiglie, le righe scritte di una pagina, la solitudine dell'uomo: la poesia dell'universo intero si estende tra le invenzioni visionarie, malinconiche e linguistiche di uno dei sommi sacerdoti della Scrittura di ogni tempo...Lasciatevi sorprendere dall'esplodere dei primi lampi di colore dell'universo, lasciatevi commuovere dalla donna perduta in eterno sulla luna, dai molluschi che "inventano" il mondo, dall'ultimo dinosauro sulla terra e mille altre idee che esplodono a migliaia, come le stelle, quasi incontenibili in poco piu di 170 pagine...Le cosmicomiche...apoteosi del surrealismo e della fantasia, un'ulteriore conferma della genialità di Calvino...#ravenna #booklovers #instabook #igersravenna #instaravenna #ig_books #consiglidilettura #librerieaperte #narrativa #italocalvino (presso Libreria ScattiSparsi Ravenna) https://www.instagram.com/p/CpZX9UpIzax/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Raccolte di racconti ne abbiamo? #2 parte
Il cielo è terso qui a Torino, l’aria pesante di smog e io sono sempre presa dal lavoro, dagli impegni che si accumulano e dal tempo che mi scivola dalle mani e ho sempre la sensazione di non riuscire a concretizzare. È come essere sempre gettati in un frullatore e non avere il tempo neanche di riprendermi. È una giravolta e trovare il punto di equilibrio una sfida. Sicuramente sono meno ansiosa, più serena, meno stressata, ma questo non significa minimamente essere più libera. Mi sto assestando e sono pronta a cambiare ancora, spero.
Negli ultimi mesi il tempo per leggere è sempre stato molto risicato e a volte ho preferito leggere volumi più brevi che mi dessero la sensazione di leggere come prima anche se di fatto il numero delle pagine macinate si è notevolmente ridotto. Ecco allora che in mio aiuto è venuta una serie di raccolte di racconti che ho accumulato nell’ultimo anno e che di fatto ho preso in mano solo recentemente. E dal momento che stava diventando un post chilometrico ho deciso di dividerlo a metà. In questa seconda parte troverete un breve commento a questi volumi:
Attraverso la finestra di Snell. Storie di animali e degli umani che li osservano – Paolo Pergola edito da Italo Svevo Edizioni
Piccola guida tascabile ai luoghi da non frequentare in letteratura edito da Abeditore
Le nuove Eroidi edito da HarperCollins
Donne difficili – Roxane Gay edito da Einaudi
La vita fino a te – Matteo Bussola edito da Einaudi
Enjoy!
Attraverso la finestra di Snell. Storie di animali e degli umani che li osservano – Paolo Pergola
Per quanto Paolo Pergola sia uno scienziato affermato e serio nel suo lavoro di ricerca, senza che le due cose siano in un qualche e apparente modo collegate, è anche un membro dell’Opificio di Letteratura Potenziale. E questa è forse la principale premessa per quello che, senza essere un libro di divulgazione scientifica, parla di scienziati, zoologi, e del loro oggetto di studio, gli animali. Se la scienza cerca di spiegare il mondo, i quattordici racconti qui raccolti ci mostrano quali divertentissimi e appassionanti fatti possono accadere quando il mondo, in questo caso degli animali, viene messo sotto osservazione. La scrittura di Pergola riesce a decentrare la nostra attenzione e destare la nostra meraviglia, con un’accuratezza e un’ironia che ricordano quelle delle Cosmicomiche e di Ti con Zero di Italo Calvino.
Sono sempre affascinata dalle storie di animali, soprattutto quando non sembra così scontato il loro esito. I volumi della Italo Svevo Edizioni poi sono dei piccoli gioiellini, che rendono l’oggetto libro un qualcosa da collezionare e spacchettare come un dono. Di fatti ogni volume è impaginato come un piccolo regalo da scartare, pagine da tagliare, bordi da pareggiare, e data la mia scarsa manualità ogni pagina è il cimitero delle mie buone intenzioni. Pergola è uno scienziato ma ha anche il dono del narratore provetto, e riesce a ricreare storie improbabili da fatti realmente accaduti che si dilatano nel tempo di una scoperta o nel racconto di un aneddoto. La finestra di Snell diventa quindi una lente di ingrandimento che si scontra con il buon senso e con le scoperte fortuite che si colgono osservando uccelli che gettano cozze dall’alto per romperle, conferenze in cui ci si perde continuamente e per cui si aspettano i colleghi, ingegnose scoperte fortuite che cambiano la nostra percezione del mondo e dei suoi abitanti. Le opere della Italo Svevo nascondono sempre un fascino senza tempo, delle vere e proprie opere da collezione e anche questa non fa eccezione.
Piccola guida tascabile ai luoghi da non frequentare in letteratura
Paradisi tropicali, hotel di lusso e pittoreschi sentieri di campagna: nulla di più evocativo e rilassante, no? Sbagliato, perché quando la scenografica stradina costeggia un camposanto o ci si vede costretti a fare i conti con una casa dalla quale sembra impossibile uscire, allora trovare un attimo di relax diventa l'ultimo dei problemi. Se con una linea si collegassero tutti i luoghi nominati in questa "Piccola guida", oltre a macinare chilometri di grafite probabilmente si darebbe vita a un disegno dalle fattezze tremende e spaventose. Un tour letterario di luoghi nefasti, oscuri, sconvolgenti, spesso nascosti dietro facciate insospettabili o patine oniriche. Non importa che si tratti di antichi nidi di perfidia, tenuti in piedi dalle influenze malvagie delle entità che li abitano o di luoghi di passaggio che, impregnati di sofferenza e angustia, si fanno tramite di turbamenti e presagi: ciò che fa sì che un posto ci rimanga nel cuore (o ci perseguiti come un incubo - ma perché impelagarsi in sottigliezze?) è come esso ci ha fatto sentire. Contiene: La casa del giudice, Bram Stoker; La camera ammobiliata, O. Henry; Il paese blu, Marcel Schwob; C'era un uomo che viveva presso un cimitero, Montague Rhodes James; I prigionieri di Longjumeau, Léon Bloy; Sibilo, Gustav Meyrink; La casa vuota, Algernon Blackwood; L'addormentatrice, Guy de Maupassant; La stanza dell'incubo, Arthur Conan Doyle.
Il fascino del gotico riesce sempre a conquistarmi, soprattutto quando si rivela in grandi classici senza tempo. Gli autori che appaiono in questa raccolta della Abeditore sono illustri e meno illustri, ma hanno la capacità di tratteggiare in poche righe mondi inquietanti che si riversano tra le mura degli edifici che le ospitano. I luoghi di per sé sembrano sempre innocui, incapaci di generare terrore, ma se li si unisce a suggestioni o al sentore di paranormale finiscono per incunearsi nei meandri del subconscio e generare mostri crudeli e aberranti. Viaggiare nel mondo dell’horror e del fantastico è sempre un’esperienza che non si riesce a mantenere nascosta, perché provoca spasmi in tutta la popolazione. Sia che si tratti di sprovveduti studenti in cerca di tranquillità che vengono risucchiati in suggestioni pericolose, sia che si tratti di un paio di sprovveduti esploratori che non credono a nulla e finiscono per sperimentare una delle notti più spaventose della loro vita. Il volume è impreziosito da illustrazioni curatissime, che sottolineano la storia e ne inquadrano la situazione, da Parigi alla campagna, da Londra al paesino più sperduto, nessun luogo è sicuro, scappare è sempre una soluzione da tenere a mente.
Le nuove Eroidi
Otto delle più importanti autrici delle nuove generazioni riscrivono il classico di Ovidio che racconta i miti dalla prospettiva delle donne. Un libro sovversivo, sospeso tra modernità ed eternità.Poco più di 2000 anni fa Ovidio scrisse una raccolta di lettere poetiche straordinariamente moderna e originale: le Eroidi, epistole in cui le eroine del mito si rivolgevano ai loro (generalmente non irreprensibili) mariti e compagni, rovesciando il tradizionale punto di vista maschile. Oggi, otto tra le più importanti scrittrici italiane reinterpretano il classico di Ovidio con assoluta libertà. Così, fra le altre, incontriamo una nuova Medea in Maremma raccontata da Teresa Ciabatti; leggiamo Antonella Lattanzi che ci racconta di Fedra in tribunale; partecipiamo al dramma di Ero e Leandro, in fuga dal loro paese su un barcone nel Mediterraneo nelle parole di Ilaria Bernardini; Veronica Raimo ci mostra Laodamia in una chat erotica, mentre Caterina Bonvicini ci fa conoscere una Penelope che si è imbarcata per mare mentre Ulisse la attende a Itaca… Un libro che, partendo dall’attualità del mito, mette nuovamente al centro la prospettiva femminile, con una collezione di storie appassionanti e universali.
Per questo volume edito HarperCollins otto donne Ilaria Bernardini, Caterina Bonvicini, Teresa Ciabatti, Antonella Lattanzi, Michela Murgia, Valeria Parrella, Veronica Raimo, Chiara Valerio si sono cimentate nella rivisitazione di miti classici trasportandoli nel nostro presente e dando ritratti spietati di altrettante donne, vessate, spaventante, irriconciliabili. C’è molta veridicità, che si alimenta da storie vere, storie di migranti, di omicidi, di passioni e di mancanze, che si aggrappano alle storie rese immortali dalla storia. Ogni autrice aggiunge il proprio tocco personale, che si divincola dal setting originale e contrappone realtà apparentemente inconciliabili. Sono incredibilmente di parte ma il mio preferito resta quello della Murgia che racconta di Elena, una delle donne più belle del mondo antico che finisce per scatenare inconsapevolmente una guerra decennale in quel di Troia. Attualizzando la Murgia lascia tutto il fascino della vicenda originale, cambia solo la prospettiva da cui si visualizza Paride, che addormentato appare quasi come un bambino inconsapevole. Sono troppe le forze in gioco, ma tutte queste donne non sono solo vittime degli eventi, ma sono donne che cercando di cambiare le cose con le proprie forze, affrontano paure e processi e inevitabilmente finiscono per essere giudicate male. A volte i retelling sono troppo drastici, e finiscono per definire storie che non hanno niente a che fare con il mito originale e pur essendo racconti molto validi perdono la potenza delle eroine che vorrebbero emulare.
Donne difficili – Roxane Gay
Due sorelle, letteralmente inseparabili da quando, ancora bambine, sono state rapite, devono fare i conti con il matrimonio di una di loro. Una donna sposata finge di non accorgersi che il marito e il fratello gemello di lui si scambiano di ruolo. Una spogliarellista lotta contro quelli che considera i rischi del mestiere per pagarsi il college. Un ingegnere nera si trasferisce in Michigan per lavoro e qui si scontra con il pregiudizio dei colleghi e la difficoltà di lasciarsi il passato alle spalle. Una ragazza affronta la solitudine come le ha insegnato la madre da bambina, non importa il prezzo da pagare. In questi racconti sfrontati, animati da donne vere e, per questo, difficili, il realismo più crudo sfocia nell’assurdo senza soluzione di continuità e le passioni perdono i loro confini per sfumare l’una nell’altra.
Roxene Gay è un’attivista femminista, una scrittrice e una studiosa, una donna poliedrica che ha vissuto una adolescenza difficile e burrascosa che ha raccontato in parte in Fame. La Gay non è una che cerca di dissimulare ma ogni sua storia è un pugno nello stomaco che attinge alle sue esperienze autobiografiche e dalle sue peggiori paure che si materializzano in racconti mordaci e vividi che si insinuano nella mente del lettore e divelgono le sue sicurezze. Taglienti e spietati sono dei quadri che hanno sempre una donna per protagonista e non sono per nulla rassicuranti. C’è violenza non sempre fisica ma soprattutto psicologica, quei vortici in cui è facile cadere vittime inconsapevoli dei pregiudizi e delle parole degli altri. La Gay è una di quelle penne che non si fermano mai, ma scavano continuamente in situazioni apparentemente innocenti, ma che invece sono all’ordine del giorno e per questo ancora più difficili da digerire. Parlare delle condizioni in cui le donne si trovano a vivere, senza nascondersi a quella che molti definiscono normalità, serve, serve terribilmente a prendere coscienza, a superare i preconcetti di una società in cui si afferma la parità ma che soffoca ogni giorno nelle discriminazioni più infamanti. Roxane Gay prova a farlo con la sua ferocia e la sua rabbia.
La vita fino a te – Matteo Bussola
Matteo Bussola riconosce ciò che di straordinario si annida nelle cose ordinarie perché le guarda come se accadessero per la prima volta, come se sentisse sempre la vita pulsare in ogni cellula. Ed è con quello sguardo che racconta di relazioni sentimentali, l'istante in cui nascono, il tempo che abitano. Lo fa mettendosi a nudo, ricordando gli amori passati, per ripercorrere la strada che lo ha portato fino a qui, alla sua esistenza con Paola e le loro tre figlie. Soprattutto, lo fa specchiandosi nelle storie di ciascuno: quelle che incontra su un treno, o mentre sbircia dal finestrino della macchina, o seduto in un bar la mattina presto. Quelle che incontra stando nel mondo senza mai dare il mondo per scontato, e che la sua voce intima e familiare ci restituisce facendoci sentire che sta parlando esattamente di noi.
Matteo Bussola è riuscito a compiere un piccolo miracolo, con la sua scrittura fluida e immediata, con la sua gentilezza e i suoi spicci modi da veneto, ha aperto uno spaccato sulla sua vita e sulla sua sfera privata, parlando ai cuori di tutti i suoi lettori. Pur avendo continui riferimenti alla sua famiglia, ogni suo scritto ha un carattere più generale, che racconta con una delicatezza e una grazia estrema la sua visione del mondo e della vita, racchiudendo in poche righe episodi della sua quotidianità. Leggerlo da sempre il senso della misura su questa esistenza spietata e gli si riconosce l’abilità di non essere mai banale pur non raccontando avvenimenti dal carattere unico e sensazionale. O meglio riescono a diventare speciali proprio perché pongono la luce su aspetti su cui non ci soffermiamo mai troppo presi dai ritmi frenetici delle nostre vite. Bussola è quasi un miniaturista e in questa raccolta prova a descrivere l’amore e le relazioni, l’intimità di rapporti che sfuggono le logiche e si ritrovano sul filo di un equilibrismo raro e contagioso. Si sorride molto, si piange a volte, ma perlopiù si vive, insieme.
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le conchiglie e il tempo
Adesso è chiaro che la fabbricazione del tempo consisteva proprio nella sconfitta dei nostri sforzi di fabbricarlo: solo che non avevamo lavorato per noi ma per voialtri. Noi molluschi, che per primi abbiamo avuto l'intenzione di durare, abbiamo regalato il nostro regno, il tempo, alla più volubile razza di abitanti del provvisorio: l'umanità, che se non era per noi non le sarebbe mai venuto in mente. Lo spaccato della crosta terrestre ha dovuto far riaffiorare i nostri gusci abbandonati cento trecento cinquecento milioni di anni prima, perché la dimensione verticale del tempo si aprisse a voi e vi liberasse dal giro sempre ripetuto della ruota degli astri in cui continuavate a incasellare il corso del vostro esistere frammentario. Non dico, una parte di merito l'avete anche voi, quel che c'era scritto tra le righe del quaderno di terra siete voi che avete saputo leggerlo, (ecco che uso la solita metafora vostra, la roba scritta, di lì non si scappa, è la prova che siamo nel vostro territorio, non più nel mio), siete riusciti a compitare i caratteri stravolti del nostro balbettante alfabeto sparpagliato tra intervalli millenari di silenzio, ne avete tirato fuori tutto un discorso filato, un discorso su di voi. Ma dite, come ci avreste letto, là in mezzo, se noialtri, pur senza saper cosa, non ci avessimo scritto, ossia se noi, sapendolo bene, non avessimo voluto scrivere, (continuo con le vostre metafore, visto che ci sono), segnare, essere segno, rapporto, relazione di noi ad altri, cosa che essendo com'è in sé e per sé accetta d'essere altro per altri... Qualcuno doveva pur cominciare: non tanto a fare, quanto a farsi, a farsi cosa, a farsi in ciò che faceva, a far sì che tutte le cose lasciate, le cose seppellite, fossero segni d'altro, l'impronta delle spine del pesce nell'argilla, le foreste carbonizzate e petrolifere, la zampata del dinosauro del Texas nel fango del Cretaceo, i ciottoli scheggiati del Paleolitico, la carcassa del mammuth ritrovato nella tundra della Bereskova con tra i denti i resti dei ranuncoli brucati dodicimila anni fa, la Venere di Willendorf, le rovine d'Ur, i rotoli degli Esseni, la punta di lancia longobarda spuntatasi a Torcello, il tempio dei Templari, il tesoro degli Incas, il Palazzo d'Inverno e l'Istituto Smolnij, il cimitero delle automobili... A partire dalle nostre spirali interrotte avete messo insieme una spirale continua che chiamate storia. Non so se avete tanto da stare allegri, non so giudicare; questa cosa non mia, per me questo è solo il tempo-impronta, l'orma della nostra impresa fallita, il rovescio del tempo, una stratificazione di resti e gusci e necropoli e catasti, di ciò che perdendosi si è salvato, di ciò che essendosi fermato vi ha raggiunto. La vostra storia è il contrario della nostra, il contrario della storia di ciò che muovendosi non è arrivato, di ciò che per durare si è perso: la mano che modellò il vaso, gli scaffali che bruciarono ad Alessandria, la pronuncia dello scriba, la polpa del mollusco che secerneva la conchiglia... da I. Calvino, Le conchiglie e il tempo, in Altre storie cosmicomiche
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grandi, grandi pulizie
Secondo le teorie più recenti, la Terra in origine sarebbe stata un piccolissimo corpo freddo che si sarebbe poi ingrandito inglobando meteoriti e polvere meteorica. Dapprincipio ci illudevamo di poterla tener pulita - raccontò il vecchio Qwfwq, - dato appunto che era piccola e si poteva spazzare e spolverare tutti i giorni. Di roba certo ne veniva giù una quantità: si sarebbe detto che in questo suo girare la Terra non avesse altro scopo che raccogliere tutta la polvere e la spazzatura librate nello spazio. Ora è diverso, c'è l'atmosfera, voi guardate il cielo e dite: oh com'è terso, oh com'è puro; ma dovevate vedere quel che volava sulle nostre teste quando il pianeta seguendo la sua orbita incappava in una di quelle nuvole meteoriche e non riusciva ad uscirne. Era una polvere bianca come naftalina, che si depositava in granelli minuti, e alle volte in schegge più grandi, cristalline, come se dal cielo fosse andato giù in frantumi un lampadario di vetro, e in mezzo si trovavano anche ciottoli più grossi, pezzi sparsi d'altri sistemi planetari, torsoli di pera, rubinetti, capitelli ionici, vecchi numeri dell'"Herald Tribune" e del "Paese Sera": si sa che gli universi si fanno e si disfanno ma è sempre lo stesso materiale che gira. [...] vedevamo un oggetto avvicinarsi dalle profondità dello spazio, svolazzando come un uccello - poi magari era una calza - o navigando con un lieve beccheggio - come una volta un pianoforte a coda -, arrivare fino a mezzo metro da noi e, niente, continuava la sua traiettoria senza averci sfiorato [...] da I. Calvino, I Meteoriti, in Altre storie cosmicomiche
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