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PRIMA PAGINA Nuova Ferrara di Oggi sabato, 14 dicembre 2024
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puoi dirmi anche 25 volte che ti fa piacere stare con me, uscire con me, che vuoi la mia compagnia, ma io dopo 2 minuti mi sarò già allontanato perché mi sento inutilmente di troppo in ogni contesto sociale e nella vita delle persone posso essere solo una macchietta che fa battute e, volendo, una chiavata
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Decisiva svolta a Milano: "Chi molesta le persone potrà essere allontanato dalle forze dell'ordine ma solo in determinate zone". [NO IRONIA NO NO NO IRONIA NO]
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La solitudine è questa. Dentro di me, c’è un demone che mi ha tolto tutto. Le persone della mia stessa famiglia mi hanno allontanato e lasciato solo.
~Gaara~
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Tre settimane fa mi chiama (dopo un anno di silenzio, che ho molto apprezzato). È arrivata una raccomandata a casa (casa mia, quella ereditata dai miei nonni e da mia madre, nella quale lui vive, lui che pur essendo mio padre, con la mia famiglia non c'entra nulla). Per fortuna non era nulla, si trattava solo di ritirare dei faldoni di una vecchia causa presso lo studio di un avvocato. "Ma in fondo perché non dovremmo sentirci, non abbiamo nessun motivo per litigare,no? Io mi sento così solo..." Ora, spiegare a una persona i mille motivi per i quali è inequivocabilmente un pezzo di merda è inutile quando è convinta di essere nel giusto, anzi, di essere una povera disgraziata vittima di circostanze avverse. Quindi mi sono limitata a rispondergli "No no, nessun motivo". Dunque adesso mi trovo a dovergli telefonare una volta a settimana, tipo dose di medicina amara. Ieri era anche il suo compleanno oltre ad essere la festa del papà, quindi come ho sempre fatto gli ho mandato un bigliettino di auguri via whatsapp e poi la sera gli ho telefonato. Chiudendo la telefonata mi fa "Mi manchi così tanto! Ops, forse non avrei dovuto dirlo che queste cose non si dicono, ma mi manchi così tanto!" Mi ha suscitato una sensazione di misto rabbia e ribrezzo. Come se su un autobus affollato ad agosto un vecchio laido e sudato, puzzolente d'aglio e sudore in canotta bianca stramacchiata e lurida allungasse una mano unta per farti una carezza sul viso. Dopo avermi ignorato una vita intera, averci ammazzato di botte ed aver distrutto la vita di mia madre (sfortunatamente succube di lui), dopo non essersi degnato di avere anche solo notizie di mamma - della quale mi occupavo io - purtroppo ricoverata in una casa di riposo per una demenza la cui fase acuta in due anni l'ha divorata viva, perché lui "soffriva troppo", dopo non essersi degnato di presentarsi al suo capezzale mentre lei agonizzava per quattro giorni senza riuscire a lasciarsi andare e morire, ridotta ad un mucchietto d'ossa pieno di piaghe e non essersi presentato né al suo funerale né quando ho portato le sue ceneri nella tomba di famiglia... adesso che è solo (e non perché sono tutti cattivi e l' hanno abbandonato, ma perché col suo comportamento ha sempre allontanato tutti) gli manco e ha tanto bisogno di me.
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Quando si comincia a lavorare su di sé, si scoprono cose che mettono in discussione le regole e le abitudini all'interno delle quali siamo cresciuti, credendo fossero delle verità assolute.
Può succedere che si diventi consapevoli del fatto che, ad esempio, l'abitudine di essere troppo generosi e disponibili verso gli altri nasconda in realtà un forte bisogno infantile di riconoscimento.
Tale atteggiamento, tuttavia, una volta indagato a fondo, rivela alla nostra coscienza che ci siamo prostituiti affettivamente, perché cercavamo di colmare un nostro vuoto interiore attraverso la manipolazione relazionale.
Ecco allora che la lotta diventa quella tra la verità e il ricongiungimento a sé, e la paura del cambiamento e della separazione dagli altri.
Anche se sappiamo che essere troppo generosi non è più, per noi, una virtù, ma una maschera che nasconde la nostra paura di non essere amati, cambiare tale atteggiamento risveglia la paura della perdita degli altri e dell'abbandono.
Della separazione e della violazione delle regole che ci siamo dati, per entrare in relazione con le altre persone, in modo da ottenere un qualche nutrimento.
Quando comprendiamo che quelle regole non funzionano più, in quanto piuttosto che avvicinarci ci hanno allontanato dalla nostra vera essenza, allora, forse, diventiamo consapevoli che perdere noi stessi è più pericoloso della paura infantile di perdere qualcuno, che per altro molto spesso ci vuole diversi da ciò che realmente siamo.
Cominciamo a preoccuparci davvero per noi e scopriamo che siamo molto diversi dall'immagine che gli altri hanno cucito intorno al nostro corpo.
Tradire questa immagine, spezzarla, e recuperare la nostra vera anima caduta in fondo al pozzo, diventa, a quel punto, una questione di vita o di morte: la nostra.
Una volta attraversato questo ponte così stretto, difficilmente si torna indietro.
Omar Montecchiani
#quandolosentinelcorpodiventareale
#armaturainvisibile #artedilasciarandare #sistemidifensivi #cinqueferite
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Pistacchione
"Branco di maledetti sfigati" penso tra me e me mentre scelgo di prendere le scale normali, quelle statiche, invece di quelle mobili. Opto per l'opzione sana e sportiva che mi permette di giudicare gli altri e la loro sedentarietà, schiavi delle macchine, pigri, larve. Io sono un uomo migliore, pieno di virtù che mi riconosco giusto un secondo prima di infilarmi in pasticceria e concedermi il più burroso cornetto ripieno al pistacchio che i soldi possono comprare.
Sono dovuto tornare in ospedale, gli occhi hanno ceduto nuovamente. Quello che mi fa ridere è che ieri ho fatto la comparsa in un film. Non era previsto. Ero al corrente di alcuni conoscenti alle prese con questo progetto “cinematografico” ma non pensavo mi avrebbero mai chiamato. Non fosse che avevano il ruolo perfetto per me. "Hai voglia di fare la comparsa e stare seduto in sala d'attesa di un ospedale?". Sembrava veramente fatto apposta. L'ho scritto non so quante volte che uno dei miei più grandi talenti è saper sfruttare i tempi morti e ora l'ho fatto davanti a una cinepresa. Mentre attoruncoli dalle dubbie capacità provavano a ripetere le loro battute io facevo il Paziente n.5, intento a leggere un libro. Un occhio più attento noterà che sto leggendo il mio stesso libro. Un piccolo easter egg che ho inserito per farmi ridere quando guarderò il film. Se gli occhi saranno ancora con me, altrimenti me lo farò raccontare.
Stamattina sono seduto per davvero in ospedale e realmente sto aspettando non che qualcuno urli "azione!" ma che mi dicano cosa fare. Dopo quasi vent'anni ancora mi costringo a non perdere la speranza e dare agli altri la possibilità di dirmi cosa fare, perché se fosse per me saprei benissimo cosa fare.
Mentre arrivava la metropolitana ho guardato lo spazio che c'è tra la motrice e i binari. Se mi butto sotto ma in aria cambio idea e mi rannicchio e mi faccio piccino piccino, riesco a sopravvivere? Riesce a passarmi sopra senza recare alcun danno? Voglio sempre calcolare che ci sia per me la possibilità di tornare indietro sui miei passi, soprattutto quando si tratta di decisioni importanti. Questi pensieri non mi spaventano più perché ho imparato a conoscermi. Sono troppo codardo per fare qualcosa di definitivo. Accetto il lento deterioramento e la fine come inevitabile conseguenza che non posso controllare e mi piace così perché adoro dare la colpa agli altri. Mi immagino a parlare con San Pietro alle porte del paradiso e dire: - Eh no, mi scusi, ma lei mi deve fare entrare, ok che sono stato per tutta la vita un egoista, bastardo e pure vigliacco, ma ha ben visto come è andata a finire, ho allontanato tutti, il mio gatto mi schifa, ho pure perso i capelli e non ho fatto tutto lo sport che ho sempre promesso di fare perché mi sono accettato così come sono e per questo sono stato punito con una morte orribile che non ho scelto! Quindi, mio caro Pietruccio, lei mi deve fare entrare, me lo merito! - Ma veramente qua leggo che la morte è stata causata da soffocamento per eccesso di cornetti al pistacchio… - Suvvia sono dettagli! - …mentre praticava il decimo atto di onanismo della giornata. - Il suo capo non le ha insegnato a perdonare?
Il regista ieri mi ha detto che sono davvero bravo a recitare quello che aspetta di venire chiamato da un dottore. Ho accettato il complimento con un certo orgoglio. Un tempo avrei dovuto combattere contro il mio egocentrismo per essere stato messo sullo sfondo invece di diventare uno dei protagonisti, probabilmente quello più sguaiato e tendente ad urlare. Invece ora guardo queste persone recitare e provarci un sacco a risultare convincenti e sono soddisfatto del mio invecchiamento che mi ha fatto scendere a compromessi con le mie aspettative.
Un giorno, dopo anni di lotta, io e le mie aspettative ci siamo seduti al tavolo e abbiamo iniziato una discussione accesa. Io continuavo a far loro presente che se certe cose non accadono e non sono mai accadute, forse allora, non è sbagliato lasciar perdere, che la speranza è l’ultima a morire quando si tratta di film o racconti per bambini, ma per noi è meglio non dico ucciderla, però farle fare una vacanza a tempo indeterminato. Le aspettative mi hanno ascoltato, anche perché, alla luce dei fatti e del continuo finire ridimensionate un po’ ne avevano le palle piene. Abbiamo trovato un accordo. Abbiamo accompagnato la speranza in aeroporto, dandole un telefono per le emergenze. Ora mi sa che è a Bali, da qualche parte in spiaggia a farsi massaggiare i lunghi capelli da un influencer senza scrupoli. Io e le mie aspettative siamo tornati a casa, abbiamo parlato dei piani futuri e trovato numerosi accordi impensabili su carriera, musica, amore, famiglia, autoerotismo. È stata una trattativa estenuante ma ci siamo riusciti. Ora hanno le dimensioni di un criceto e le ho sistemate sotto alla mia scrivania in una gabbietta piena di paglia. Sono così carine quando si svegliano e si mettono a girare sulla ruota e non vanno da nessuna parte, proprio come nella realtà. Corrono veloci veloci e la ruota gira e gira ma stanno ferme, che spreco di energie! Poi scendono dalla ruota, ci guardiamo soddisfatti e tornano in letargo.
Oggi ho preso il telefono per scrivere un messaggio alla speranza, mentre sta in spiaggia a Bali. Siccome ne ho bisogno le ho chiesto “Andrà tutto bene vero? Mi daranno una nuova terapia che finalmente funzionerà?” e niente, nessuna risposta per qualche ora. Poi si è acceso lo schermo del telefono. “Certo, certo, andrà tutto alla grande. Io invece mi sono infilata un attimo in un megacasino cioè, devi aiutarmi, magari se puoi mandarmi un po’ di soldi, devo pagare non so quanto un influencer che mi ha rifilato una marea di prodotti per capelli promettendomi che avrebbero risolto il problema della calvizie e niente, poi le cose sono sfuggite di mano, pensavo di riuscire a corcarlo di legnate da sola e invece tutti quei muscoli erano veri e non generati da una IA, ora mi ha rinchiuso nella sua cantina e se non pago non mi lascia uscire, quindi dai, in onore dei vecchi tempi, mandami uno dei criceti con banconote di piccolo taglio”.
In ospedale ancora non hanno detto il mio nome. Ancora aspetto. Lunedì tornerò in terapia, non più psicanalisi però. Normale psicologia temo. In tedesco poi. Non tanto perché sento di averne bisogno ma per riattivare il superpotere passivo aggressivo supremo che oramai non posso più usare, quello che mi faceva dire con orgoglio: “Sai, secondo me dovresti provare ad andare in terapia cioè, io ci vado, secondo me farebbe bene anche a te”. Mi manca essere snob e dire agli altri cosa fare. Adesso nessuno mi da ascolto, nemmeno sulla qualità dei cornetti al pistacchio (dato che uno di loro mi ucciderà). Si tratta solo di capire quale sarà l'ultimo. Quello di un’ora fa, o quello che mangerò non appena uscirò dall’ospedale? Chi lo sa! Suspance!
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I miei demoni li ho nutriti con l'accettazione e l'ascolto.
Li ho fatti sedere intorno a me e li ho chiamati per nome, solo allora hanno smesso di farmi paura e sono diventati alleati potenti.
Avevano il nome del ricatto, dell'invisibilità, dell'inadeguatezza, del dolore della perdita, della ferita d'amore, della paura.
Finché li ho combattuti o ignorati hanno divorato la mia vita e le mie relazioni.
I demoni vanno abbracciati, in quel momento ti apriranno le porte della rinascita.
Il demone della paura ti parlerà di quanto ti sei allontanato dalla tua natura, ti parlerà delle passioni che hai messo a tacere, della tua voce che non ascolti più.
Il demone dell'invisibilitá ti racconterà del tuo bisogno di brillare, quello dell'inadeguatezza ti mostrerà i tuoi doni e il tuo potere personale.
Ognuno di loro avrà una storia da raccontarti, ascoltala.
Bride An Geal
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ci ho sempre creduto che potesse funzionare. nonostante i mille problemi da parte di entrambi. ma entrambi alla fine siamo arrivati allo stremo. io succhio via le energie mentali e fisiche. sono marcia, lo so. sei scappato via, ti sei allontanato. la trama che ci univa è diventata sempre più sottile, fino a creare mille buchi
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Nel giugno del 2018 Greta aveva previsto la fine del mondo dopo soli 5 anni (2023) a causa del riscaldamento globale.
Nientedimeno la catastrofe l'aveva suggerita un importante scienziato del clima...
Chissà se questo top scienziato lavora ancora o è stato allontanato dal dire certe amenità.
https://web.archive.org/web/20210520015841/https://twitter.com/GretaThunberg/status/1009757391515156480
Da Attività solare
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Mi hai allontanato senza guardarti indietro,
come se fosse la cosa più semplice
del mondo.
E io, in silenzio, ho fatto quello
che mi hai chiesto: sono sparito.
Ho pianto dove nessuno poteva vedermi, osservandoti da lontano essere felice
senza di me.
Ci incontreremo di nuovo un giorno.
Non so come mi sentirò in quel momento,
né cosa proverai tu.
Ma so che basterà uno sguardo per farti ricordare.
Ricorderai il mio amore,
quello che non ti ha mai chiesto niente,
se non di esserci.
Perché nessuno ti guarderà
mai come facevo io.
Nessuno saprà ma leggerci l'anima
come facevamo noi...♠️🔥

Riccardo Bertoldi
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SCOMPARSO DA 20 ANNI, RITROVA IL FIGLIO SENZATETTO IN UN’ALTRA CITTÀ

Una madre 87enne di Rimini ha ritrovato il figlio scomparso oltre 20 anni fa, a Conegliano in provincia di Treviso.
Stefano Zini scomparve da Rimini nel 2003, all’età di 30 anni, lasciando dietro di sé un mistero che ha portato alla denuncia di scomparsa solo nel 2022. Attraverso la pubblicazione di alcune foto e una simulazione di invecchiamento, con l’aiuto di un’associazione dell’Emilia-Romagna l’appello fu lanciato anche attraverso i social. “Stefano ha circa 60 anni, qui lo vediamo come era e come potrebbe essere oggi”. Pochi indizi e tanta speranza. Quando lo scoraggiamento sembrava aver preso il sopravvento, una svolta inattesa: durante un controllo di routine, una pattuglia della polizia locale di Conegliano identifica un senzatetto che vive in strada, si tratta di Stefano Zini.
Nei primi anni 2000 era stato ospitato in una comunità a Forlì da cui si era allontanato nel 2004 facendo perdere le sue tracce e incominciando a vagabondare. Aiutata e supportata dall’associazione Penelope fondata da una madre a sua volta in ricerca della figlia scomparsa e dai suoi volontari, la donna ha sempre continuato a lottare e a cercare il figlio. Oggi Stefano Zini ha cinquanta anni e dopo aver incontrato e abbracciato la madre ed aver parlato con lei, ha spiegato “Non torno a casa, ormai questa è la mia vita”.
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Fonte: Corriere di Bologna; foto di Penelope Emilia Romagna
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“ Glielo vorrei dire, ma non saprei proprio come fare: non gli ho mai detto nulla. Le uniche parole che ci scambiamo da anni, sono queste: «Giovanni»; «Domenico». Giovanni è il mio nome, Domenico è il suo. Ogni mattina, quando esco, richiudo piano la porta e scendo le scale: lui è lì, a lavare le scale o l’ingresso dello stabile. Comincia dall’ultimo piano e arriva fino al piano terra, tutti i giorni. Quando mi vede, alza appena il capo e dice: «Giovanni». Che vuol dire: «Buongiorno Giovanni». E forse pure: «Come va?». E io rispondo: «Domenico». Che vuol dire: «Buongiorno anche a lei, Domenico. Spero che non sarà una giornata faticosa» o roba del genere. Ma non riusciamo a dire altro che i nostri nomi: «Giovanni»; «Domenico». Ogni mattina quando esco, e ogni volta quando torno all’ora del pranzo - il pomeriggio lui va via. Così, da anni. In qualsiasi circostanza; in qualsiasi stagione. «Giovanni»; «Domenico». Una volta, una vigilia di Natale di qualche anno fa, disse - lo ricordo così bene: «Giovanni, è Natale». Restai stupito, e per qualche attimo cercai di capire cosa volesse dire. Poi risposi: «Sì, Domenico, è Natale» e quel giorno pensai che finalmente i nostri rapporti sarebbero cambiati.
Ma poi il giorno dopo lui era in ferie e nei giorni seguenti non fu più Natale, e così per tutti i mesi successivi, quando ormai un anno intero di «Giovanni» e «Domenico» avevano allontanato la confidenza di quel giorno. E alla vigilia di Natale dell’anno seguente, scendendo le scale con una speranza remota ma viva, gli andai incontro deciso. Lui alzò per un attimo la schiena dalla scopa e disse senza indecisione: «Giovanni». Non potei fare altro che rispondere: «Domenico». Da quel giorno mancarono aggiunte al nostro saluto. Anche alla vigilia di Natale o in altre festività. “
Francesco Piccolo, Storie di primogeniti e figli unici, Feltrinelli (collana Universale Economica n° 1483), 1998; pp. 15-16.
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Ho un amico, o forse ora è più un conoscente. Un tempo mi chiamava spesso per uscire insieme, anche se mai in gruppo, ma io di solito non lo invitavo mai, perché ogni volta che uscivamo voleva sempre prendersi un drink, e io non posso permettermi di spendere ogni volta. Purtroppo, sembra che nessuno sappia uscire senza andare al bar, perché se no si annoiano. Da un po’ di tempo, però, non mi invita più, e sembra essere meno interessato a me rispetto a prima. Potrebbe essere perché l’ultima volta che siamo stati insieme, che era il suo compleanno, è venuto fuori che uno dei suoi amici del suo gruppo, è un mio ex amico che ho allontanato e non voglio più vedere. Infatti, non mi invita mai a uscire con i suoi amici. Capisco che ci sia questo mio ex amico, ma non organizza mai un’uscita con altri amici senza che ci sia lui. Venerdì ha detto che andrà a mangiare sushi con i suoi amici e, quando gli ho detto “che bello non ci vado da tanti anni, da quando ero fidanzato”, lui mi ha chiesto: “Perché? Non ti piace?” E io ho risposto che il sushi mi piace e mi manca, e lui ha risposto: “Allora vacci con i tuoi amici.” Non gli ho detto nulla, perché io amici non ne ho. E pensavo che lo sapesse, visto che una volta gli dissi che anni fa ho chiuso tutte le amicizie perché erano tossiche e quindi sono rimasto solo. Tra l’altro dopo ho visto arrivare la sua ragazza che è venuta per andare al sushi e lei diceva “ci sarà anche Ivan il tuo amico del cuore” per scherzare perché sa che abbiamo litigato e lui ripeteva la stessa battuta. All’inizio ci ridevo su ma ora ci ripenso e mi chiedo perché sentono il bisogno di scherzare in questo modo. Non lo capisco… ma quale amico del cuore, neanche per scherzo
Luposolitario00🐺
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