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Rovigo: al via la "Settimana dei diritti umani" e "voci per la libertà - una canzone per Amnesty"
Rovigo: al via la "Settimana dei diritti umani" e "voci per la libertà - una canzone per Amnesty". Il parterre degli ospiti che arriverà a Rovigo durante la settimana sarà di alto livello: dal Cardinale Matteo Maria Zuppi ad Alba Bonetti, da Manuel Agnelli alla Banda Rulli Frulli, da Moni Ovadia a Lisa Clark, da Marco Mascia a Laura Marmorale, da Giorgio Canali & Rossofuoco al Dipartimento Pop Rock del Conservatorio di Rovigo.... E ancora Marino Bellini, Sandro Fracasso, Alessandra Annoni, Alessandro Orsetti, RomAraBeat, Alysson, Boggi, Dalbenzi, La Bottega del Compensato, Sevilay Tufekci, Ciro Grandi, Guido Pietropoli, Paolo Guolo, Erica Boschiero, Lorenzo Monguzzi, Nevruz e tantissimi altri protagonisti del mondo dell'arte, della cultura e del volontariato per un cartellone davvero unico. Un percorso emozionante tra musica, dibattiti, letteratura, sport, laboratori, mostre, spettacoli artistici, teatrali e cinematografici. "D(i)ritti al futuro": questo è il filo rosso della manifestazione, che ha dato vita ad una collaborazione tra associazioni ed enti del territorio senza precedenti. ll festival, patrocinato e sostenuto dal Comune di Rovigo e dal Comune di Adria, nasce dalla forza creativa di 'Voci per la Libertà – Una canzone per Amnesty' e dall'unione delle esperienze di decine di associazioni del territorio impegnate nella promozione dei diritti umani, della cultura e dell'arte. È questo il valore fondante che il festival vuole promuovere attraverso le diverse forme artistiche e non solo. Consapevoli che le arti sono uno strumento di formazione e crescita di consapevolezza, un vero e proprio mezzo educativo per la realizzazione di una cultura universale dei diritti umani. Si comincia con una anteprima ad Adria. Sabato 15 luglio alle 21.30 in Piazza Cavour ci sarà il concerto di Nevruz con la sua band. In apertura si esibiranno le artiste: Rosie, Giulia, LaFrAncy, Milena Mingotti e Nora. Una serata dedicata alla musica, la solidarietà e l'inclusione. L'apertura del festival vero e proprio sarà lunedì 17 luglio alle 18, alla presenza di tutti i volontari e associazioni coinvolte, con l'inaugurazione delle location (Sala della Gran Guardia, Piazzetta Annonaria e Pescheria Nuova) e di mostre e installazioni artistiche che saranno visitabili tutta la settimana. Durante tutti i giorni ci saranno anche la "Caccia ai diritti umani", una vera e propria caccia al tesoro in tutto il centro cittadino, e i laboratori didattici per bambini che animeranno i Giardini delle Due Torri tutti i pomeriggi attraverso attività educative e ludico-creative. Nella giornata di inaugurazione, alle 19.30 all'Auditorium del Conservatorio è in programma la proiezione del docufilm "La pace non è il suo nome", con il racconto della storia dei 40 anni di vita del Centro Diritti Umani dell'Università di Padova alla presenza del Presidente Marco Mascia. In chiusura di giornata, alle 21.30 ai Giardini delle due Torri, andrà in scena una produzione realizzata appositamente per il festival, uno spettacolo multidisciplinare di giocoleria, danza e canto: "Una luce di protesta". Molti saranno gli incontri sui temi del festival con nomi prestigiosi del panorama culturale italiano, tutti previsti ogni giorno alle 18. Si parte martedì 18 alla Pescheria Nuova con Moni Ovadia, Lisa Clark e Alessandra Annoni che si confronteranno su "La Palestina nel quadro dei conflitti mondiali". Mercoledì 19 all'Auditorium del Conservatorio uno dei momenti più attesi: "Lavoro dignitoso e giustizia sociale", un incontro con il Cardinale Matteo Maria Zuppi (presidente della Conferenza Episcopale Italiana) e i segretari generali di Cgil,Cisl e Uil Rovigo. Giovedì 20 alla Pescheria Nuova sarà la volta di "La pioggia non ha frontiere: cambiamento climatico e migrazioni" con Chiara Camporese ed Eugenio Alfano. Nello stesso luogo venerdì 21 toccherà a "Il carcere in crisi: le origini e le alternative, tra schizofrenia legislativa e populismo penale", con Ciro Grandi e Guido Pietropoli, e sabato 22 "Non è abbastanza? Diritti LGBTI+ in Italia" con Angelica Polmonari, Manuela Macario, Roberta Cusin e Matteo Mammini. Uno dei luoghi focali della "Settimana dei diritti umani" sarà Piazza Annonaria, che ospiterà numerose mostre ed installazioni così come i banchetti informativi delle associazioni. Inoltre sarà animata tutti i giorni da numerosi incontri e performance artistiche, con un vero melting pot culturale sulla promozione dei diritti umani attraverso laboratori di pittura, scultura, yoga e danza; presentazioni di libri e realtà del volontariato; letture dibattiti. E, nel tardo pomeriggio, un aperitivo della bottega del commercio equo solidale "La Fionda di Davide". I Giardini delle Due Torri, in Piazza Matteotti, per tre giorni alle 21.30 ospiteranno alcuni momenti di spettacolo: martedì 18 l'atteso concerto di Moni Ovadia con la RomAraBeat, mercoledì 19 lo spettacolo teatrale "Lo straordinario viaggio di Atalanta" e giovedì 20 la proiezione del film "Flee". Non mancheranno eventi nelle frazioni di Rovigo. Mercoledì 19 e giovedì 20 al Prolife Park di Roverdicrè sono previsti due appuntamenti. Il primo sarà una serata tra cinema, animazione e pic-nic sotto le stelle. Il secondo una serata/concerto intitolata "Equality", con le esibizioni di Alysson, Boggi, Dalbenzi, La Bottega del Compensato e, a chiudere, Giorgio Canali & Rossofuoco. Venerdì 21, al Campo della parrocchia di Granzette a partire dalle 18.30 ci sarà "D(i)ritti in campo" , torneo di calcio a 5 aperto a tutte e tutti senza esclusione di nazionalità, genere o capacità sportive. Clou del festival sarà la ventiseiesima edizione di "Voci per la Libertà – Una canzone per Amnesty" che giunge a Rovigo per la prima volta e che darà vita dal 21 al 23 luglio a tre giorni di musica e diritti umani, come sempre a fianco di Amnesty International Italia. Le tre giornate prenderanno il via con degli appuntamenti pomeridiani. Venerdì 21 alle 19.30 ai Giardini delle Due Torri ci sarà il concerto di Effemme, progetto nato dall'incontro di due amici di Voci per la Libertà, Francesco Fry Moneti e Michele Mud. Sabato 22 sempre alle 19.30 alla Sala della Gran Guardia la proiezione docufilm "Rumore - Human Vibes", l'incontro tra musica e diritti umani narrato attraverso le canzoni che negli ultimi 20 anni hanno ricevuto il Premio Amnesty nella sezione Big all'interno di Voci per la Libertà. Saranno presenti la regista Simona Cocozza e la presidente di Amnesty International Italia Alba Bonetti. Domenica 23 si parte alle 18 nella Sala della Gran Guardia con l'incontro con il pubblico di Manuel Agnelli, vincitore del Premio Amnesty International Italia sezione Big, con Francesca Corbo (Ufficio arte e diritti umani di Amnesty International Italia). Alle 19.30 ai Giardini delle Due Torri ci sarà la presentazione/concerto di "Shahida - Tracce di libertà", un triplo CD a sostegno delle donne rifugiate. Con Stefano Canestrini del Centro Astalli, Simone Veronelli di Appaloosa Records/I.R.D. e le esibizioni di Erica Boschiero e Lorenzo Monguzzi. Conduce Enrico Deregibus. Il palco principale del festival sarà in Piazza Vittorio Emanuele II, con tre serate previste alle 21.30, nelle quali ci saranno otto artisti (fra band e cantautori) provenienti da tutta Italia in lizza per il Premio Amnesty International nella sezione Emergenti. Nella prima semifinale di venerdì 21 luglio si fronteggeranno: Buva da Cerignola/Roma con "Sud", Cenere da Bologna con "Chi lo decide chi siamo?", Da Quagga da Verona con "Casa mia" e Pankhurst da Ferrara con "Watch him bleed". Nella seconda, sabato 22 luglio, toccherà a: Candeo da Milano con "Le tue stesse gambe", Cocciglia dall'Aquila con "La mia giostra", La Malaleche feat. Diva Eva da Milano con "Cuentalo", Obi da Torino con "Attimo". I migliori cinque saranno protagonisti nella finale di domenica 23. In ciascuna serata un ospite prestigioso. Si parte venerdì 21 con il concerto della Banda Rulli Frulli, uno dei più bei progetti italiani di musica e inclusione, che per l'occasione vedrà come ospiti due amici di Voci per la Libertà: Tommaso Cerasuolo dei Perturbazione e Michele Mud Negrini. Sabato 22 sarà la volta di un altro progetto collettivo, quello degli studenti del dipartimento Pop Rock del Conservatorio di Musica Francesco Venezze di Rovigo che proporranno dal vivo alcuni dei brani vincitori delle passate edizioni del Premio Amnesty International Italia nella sezione Big, appositamente riarrangiati. Domenica 23 il gran finale con la premiazione di Manuel Agnelli come vincitore del Premio Amnesty International Italia, sezione Big con il brano "Severodonetsk", una canzone che mette l'essere umano al centro, rendendolo il vero protagonista al di sopra della geopolitica e delle ragioni di stato. A condurre le tre serate sul palco principale di Piazza Vittorio Emanuele II ci saranno gli storici presentatori del festival Savino Zaba e Carmen Formenton. "Dopo mesi di intenso lavoro - commenta Michele Lionello direttore artistico del festival -, di riunioni, coordinamenti, telefonate e mail tra le numerosissime realtà che hanno creduto in questo progetto ci siamo. È una grande soddisfazione. Siamo riusciti a creare un grande e variegato cartellone grazie a cui i temi legati ai diritti umani possano entrare nel cuore prima che nella mente, perchè c'è bisogno di trasformarli in emozioni mediante il potere immediato ed empatico dell'arte e della cultura". Tutti gli eventi del festival sono ad ingresso libero e gratuito.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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18 ottobre 1927. Il Sultano Osman Mahamud si consegna agli italiani. L'intera Somalia in pace sotto il Tricolore
18 ottobre 1927. Il Sultano Osman Mahamud si consegna agli italiani. L’intera Somalia in pace sotto il Tricolore
La campagna di pacificazione dei sultanati del nord Somalia si è conclusa. Tutte le armi da fuoco sono state ritirate. I Dubat, istituiti dal governatore Cesare Maria de Vecchi di Val Cismon, hanno svolto il loro lavoro egregiamente: tutti i clan sono passati dalla parte dell’Italia e l’intera Somalia è sotto il Tricolore. Il de Vecchi era riuscito a creare una “colonia modello”. Il Sultano Osman…
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#alessandro annoni#colonialismo#colonie#De Vecchi di Val Cismon#dubat#fascismo#migiurtinia#Osman Mahamud#somalia
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Robot & Margherite - Trailer from Tommaso Terigi on Vimeo.
Written and directed by Viola Folador
Production: Istituto Cinematografico Michelangelo Antonioni Executive Producer: Marco Crepaldi Executive Producer: Tommaso Terigi Producer: Vanessa Magni
Starring: Milo- Gabriel Bellavita Nina- Greta Finotto Ben- Tommaso Folci Dom – Timoteo Simonetta Luna – Giulia Marolli Spia intergalattica – Leonardo Cesana Signor Nemo- Giovanni Battezzato Babbo - Steve Annoni Nonno – Guido Tonetti Waitress – Alessia Cerri
Extras: Gabriele Ratano, Edoardo Severgnini, Ylenia Boiocchi, Luigi Simone della Corte, Samuele Satta, Gabriele Pavesi, Norman Colombo, Chiara Tenconi, Giulia Cafagna.
Production manager: Fabio Landi 1^ AD: Pietro Ciron 2^ AD: Norman Colombo Copy secretary: Chiara Tenconi PA: Giulia Cafagna, Emiliano Oggero, Claudio Torreggiani Runner: Ivan Drago
DOP: Tommaso Terigi 1^ Camera Assistant: Rocco Cirifino, Danilo Cataldo 2^ Camera Assistant: Daniele Furini, Martina Amoruso Steadycam: Marco Artusi Gaffer: Francesco Gentili, Nicola Ciovati Eletrician: Andrea Corbani, Dario Saggio, Alessandro Micelli, Luca Pallaro Macchinisti: Daniel Diliberto, Mustapha Mezzi
Set Designer: Isotta Santus Set Designer Assistant: Antea De Matteis Props Man: Leonardo Bolocan, Christian Vendramini Makeup&Hairstyling: Neha Bigatti Stylist: Sarah Rosignoli, Chiara Rossano
Location recording: Lorenzo Crippa e Tommaso Simonetta
Casting coordinator: Nicole Ferrari, Prince Hakin Goem Gruppo Casting: ICMA attori Kids Agency: Class Evolution
Editing: Luther Blissett, Triplo Film Color Correction: Claudio Beltrami
Sound: Okra Audio Editor: Lorenzo Crippa Sound Design: Tommaso Simonetta Original Score: Diego Guarnieri e Tommaso Simonetta
Animation: Triplo Film Grafics: Anna Pirota
Film developing: Frame|24| Service: Video Design
Students Tutor: Luca Casartelli Trasporti: SB Production Driver: Antonio Praticò
Catering: Valà, Ristorante Sempione, La trattoria il cantuccio. Backstage: Mario Tesauro, Emanuele Moroni Set photographer: Sasha Titarenko, Giorgia Agati, Francesco Salemme, Teo Rasta.
Thanks to: Istituto Cinematografico Michelangelo Antonioni, Prealpina, Valà, Laura di Leonardo e Valentina Cantoni, Comunità Sichem, Bruna Dentella, Andrea Taverna, Stefano Beggiato, Max Colombo, Lariulà, Elena Formenti, Beshoy Habib, Maria Elisabetta Bernoi, Cottage il Filo Casorate Sempione, Alessandra Valli, Elga Oltremari, Giancarlo Finotto, Falconi Maila, Falconi Fulvio, Caputo Vanessa, Roberto Minotti, Teo Rasta, Guido Smider.
Special thanks to: Troupe e Cast, studenti ICMA, Marco Crepaldi, Fabio Landi, Tommaso Terigi, Pietro Ciron, Luca Casartelli, Vanessa Magni, Giancarlo Ratti, Giada Bossi, Paolo Folador, Giuliana Comolli, Irene Taverna, il gruppo Selfie, team topidifogna, Claudio Beltrami, Francesco Gentili, Marco (Cano)poli, Alvise Barbaro, Andrea De Simone, Silvia Arrigoni.
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Medaglie d'Oro della 2ª Guerra Mondiale -- Maggiore* ALESSANDRO ANNONI - Dibra (Fronte greco-albanese), 11 aprile 1941
Medaglie d’Oro della 2ª Guerra Mondiale — Maggiore* ALESSANDRO ANNONI – Dibra (Fronte greco-albanese), 11 aprile 1941
Nome Alessandro Annoni Data e luogo di nascita Mondovì (Cuneo), 14 settembre 1899 Forza armata Regio Esercito Arma Fanteria Corpo Alpini Reparto 1° reggimento alpino Unità Battaglione alpini “Mondovi” Grado Maggiore Comandante del Battaglione “Mondovi” Guerre
Prima guerra mondiale
Guerra d’Etiopia
Seconda Guerra Mondiale (campagna delle Alpi occidentali)
Seconda Guerra…
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#1° reggimento alpini#Alessandro Annoni#Battaglione alpini Mondovì#Fronte greco-albanese#Medaglie d&039;Oro#Soldati decorati
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X-Plicit, accordo discografico con Sneakout Records
Sneakout Records & Burning Minds Music Group annunciano l’accordo discografico con gli hard rocker tricolori X-Plicit, per la pubblicazione del loro debut album ufficiale “Like A Snake“. Dopo gli ottimi riscontri ottenuti a livello internazionale grazie al suo progetto personale Skill In Veins (il quale vantava una line-up di rinomati musicisti del calibro di Alessandro Del Vecchio, Nik Mazzucconi, Francesco Jovino e Gabriele Gozzi), il chitarrista Andrea Lanza prese la decisione di iniziare un’altra avventura artistica con una band nuova di zecca, coinvolgendo i suoi amici di vecchia data Sa Talarico (Aeternal Seprium) e Giorgio Annoni (Longobardeath, Homerun). Nel 2018, in seguito all’incontro con il frontman Simone Zuccarini (Generation On Dope, Razzle Dazzle, Norimberga, Torque, The Wetdogs), il gruppo iniziò a scrivere insieme del materiale inedito, con l’obiettivo di porre le basi per la creazione del proprio primo album in studio. Dopo un notevole numero di date dal vivo, necessarie ai quattro musicisti per rodare al meglio la nuova formazione (e farla crescere in coesione e complicità), gli X-Plicit decisero di passare finalmente al livello successivo, entrando in studio per finalizzare il loro album di debutto ufficiale. Registrato, mixato e masterizzato da Giorgio Baù al ProofOfSound Studio, “Like A Snake” offre uno scintillante e graffiante concentrato di puro hard-rock, influenzato da nomi come Guns N’ Roses, Skid Row, Aerosmith e Badlands, ma presentato con un approccio maggiormente personale e moderno. Nel 2019 gli X-Plicit firmano ufficialmente con Sneakout Records / Burning Minds Music Group per la pubblicazione di “Like A Snake“, prevista per il prossimo mese di Maggio. Maggiori informazioni riguardo a data definitiva di uscita, tracklist, artwork di copertina e video del primo singolo verranno diffuse nelle prossime settimane.
Web/Social Links:
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www.instagram.com/xplicit.official
www.facebook.com/sneakoutrecords
www.burningmindsgroup.com/sneakout
www.instagram.com/burning_minds_music_group
#Alessandro Del Vecchio#Francesco Jovino#Generation On Dope#Nik Mazzucconi#Norimberga#Razzle Dazzle#Simone Zuccarini#The Wetdogs#Torque#X-Plicit
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Dal 15 a 30 settembre il via alla riscoperta del patrimonio culturale della Brianza e non solo
Il territorio insubrico si contraddistingue da sempre per le sue bellezze naturali e per il suo passato storico di cui ci restano opere, palazzi, parchi, monumenti e stupende ville. Prendersi cura di questo invidiabile patrimonio culturale è importante, ma lo è ancora di più condividerlo con le persone, dando loro l’opportunità di conoscere questi luoghi incantevoli e suggestivi.
Il progetto Ville Aperte in Brianza prende vita da questo obiettivo e quest’anno festeggia la sua 16esima edizione
La nuova edizione di Ville Aperte in Brianza
Ville Aperte in Brianza è una manifestazione promossa dalla Provincia di Monza e della Brianza, in collaborazione con la Provincia di Como e di Lecco. L’idea è quella di proporre visite guidate alla riscoperta del sorprendente patrimonio culturale del territorio: a tal proposito il progetto vede coinvolto ben 5 Province, 70 Comuni, 90 partner, oltre 150 siti pubblici e privati: ville, palazzi, parchi e giardini, chiese e musei.
Le novità di Ville Aperte 2018
Dopo il grande successo della scorsa edizione con un record di 35.000 presenze, quest’anno si riparte con tante novità: prima tra tutte la partecipazione alla rassegna 2018 di 10 nuovi Comuni e inglobando per la prima volta anche il territorio della Provincia di Varese, più precisamente quello di Castellanza.
Un altro fatto importante è l’inserimento di Ville Aperte in Brianza 2018 nel calendario di eventi relativi all’Anno Europeo del Patrimonio Culturale (European Year of Cultural Heritage), il che prevede una serie di iniziative con forte impronta culturale e identitaria volte a incoraggiare la condivisione e la valorizzazione del patrimonio culturale dell’Europa quale risorsa condivisa, sensibilizzare alla storia e ai valori comuni e rafforzare il senso di appartenenza a uno spazio comune europeo.
Ecco i tesori culturali da vedere assolutamente
Villa Borromeo D’Adda
Un luogo prezioso da vedere assolutamente è Villa Borromeo D’Adda ad Arcore, grazie ai recenti restauri che hanno ridonato alle Sale interne il fascino di un tempo, per poi passare al bellissimo parco, dimora di molte specie esotiche ad alto fusto; Per chi ama l’arte un must è sicuramente la Cappella Vela, progettata da Giuseppe Balzaretto nel 1850 e impreziosita da mirabili sculture e stucchi degli artisti ticinesi Vincenzo e Lorenzo Vela.
Un’altra meta meravigliosa è quella a Barzagoapre dove si può ammirare il Santuario della Madonna di Bevera, esempio di Barocchetto lombardo e tra le mete religiose più frequentate. Poi c’è anche Casa Museo Giuseppe Parinia a Bosisio dove si può ripercorrere la vita del poeta Giuseppe Parini; proprio qui sarà possibile visitare anche Villa Bordone della “Rocchetta”. A Verderio la Chiesa dei SS Giuseppe e Floriano.
Per chi si avvicina ai laghi, o meglio al Lago di Como può visitare il parco monumentale di Villa Padulli a Cabiate, oppure Villa Cagnola detta “La Rotonda”a Inverigo.
Per chi ama la letteratura Villa Imbonati è sicuramente da visitare, conosciuta soprattutto per le vicende di Carlo Imbonati al quale Alessandro Manzoni dedicò una celebre lirica.
Sempre in zona laghi abbiamo anche la Provincia di Varese che grazie alla partecipazione del Comune di Castellanza a Ville Aperte in Brianza ci consente di visitare Villa Brambilla, che celebra il bicentenario della sua costruzione per mano dell’architetto Pietro Pestagalli, oppure fare una passeggiata romantica nel parco di Casa Cantoni.
Aprono anche Villa Ghirlanda Silva a Cinisello Balsamo e Villa Annoni a Cuggiono.
Villa Annoni a Cuggiono.
Ville Aperte in Brianze diventa Social
Per avvicinarsi di più ai visitatori e creare un legame ancora più profondo con il territorio Ville Aperte in Brianza ha voluto buttarsi ancora di più nel “Social”: difatti questa edizione dedica particolare attenzione ai vari strumenti digitali con nuove App e QR-Code e sfruttando i vari profili Facebook, Instagram e Twitter per condividere esperienze e promuovere le varie iniziative. L’Hashtag di quest’anno è #VilleAperte18 attraverso cui è possibile restare informati e aggiornati.
Ville Aperte in Brianza è un’occasione per conoscere il territorio insubrico, la sua storia, le sue bellezze e il suo stile. Tutti pronti per #VilleAperte18? Noi sì!
Maria Elisa Altese
#VilleAperte18 Per informazioni www.villeaperte.info Facebook: Ville Aperte in Brianza Twitter: @VilleAperteMB Instagram: @villeapertebrianza
Brianza: 16° edizione “Ville Aperte” Dal 15 a 30 settembre il via alla riscoperta del patrimonio culturale della Brianza e non solo…
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BREVE CORSO DI STORIA ROMANA
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BREVE CORSO DI STORIA ROMANA
Quarta puntata: il III secolo a.C.
All’inizio del secolo Roma è ancora in lotta con i sanniti per il controllo dell’Italia centro meridionale. Alla fine del secolo alla città si offre uno sterminato campo di conquista, cioè l’intero mare Mediterraneo, destinato a divenire “mare nostrum”.
La fine delle guerre sannitiche, per sfinimento ed esaurimento dei sanniti, durate circa un secolo con aggiunta di lotte tra Roma e le altre bellicose popolazioni dell’Italia centrale, tutte vinte dai romani, porta Roma ad affacciarsi sulle zone dell’Italia meridionale, e questo determina il conflitto con la potente colonia greca di Taranto. Chiamato dai tarantini, dall’Epiro sbarca Pirro, re di quella regione, con legami familiari con Alessandro il grande, e spinto dall’ambizione di costruirsi un regno in Italia, nel quale inglobare tutte le città greche della Magna Grecia, ricche e discretamente potenti. Il conflitto con Roma ha esiti contraddittori: in due battaglie (Eraclea ed Ascoli Satriano) Pirro ha la meglio, anche per l’apporto degli elefanti, ignoti ai romani (li chiamarono buoi lucani), ma subisce tali perdite, che le sue vittorie divennero esemplari in quanto rovinose (vittorie di Pirro).
Visto che Roma era un osso più duro del previsto, Pirro cambiò progetto, e mirò a costituirsi il regno in Sicilia, mettendosi alla testa delle città greche dell’isola nella secolare contesa con Cartagine, attestata nella zona occidentale, di fronte a Cartagine. Per coprirsi le spalle, doveva però chiudere la faccenda con Roma. Ma i romani respinsero le offerte di pace. Come mai?
In primis perché Cartagine, informata delle mire siciliane di Pirro, da una parte incoraggiò Roma a proseguire la lotta contro Pirro, promettendo aiuti; dall’altra la minacciò, esibendo nel mare di Ostia una poderosa flotta a scopo intimidatorio. Inoltre a Roma si stava formando un importante partito politico (o, per meglio dire, una fazione, perché un partito come lo intendiamo noi è roba moderna), di personaggi e famiglie che ambivano a lanciare Roma in una politica imperialistica, di cui poi essere i protagonisti assoluti. Uno di questi, Appio Claudio Cieco, si fece accompagnare in senato, dove si stavano discutendo le profferte di pace di Pirro, ed avrebbe proclamato: “Esca Pirro dall’Italia, e poi parleremo di pace!”. Capito? Dall’Italia, mica dal territorio romano. E’ evidente che nella sua mente l’Italia intera rientrava nel panorama politico attuale e futuro. Solo nella sua?
Appio Claudio è personaggio interessante, una bella spia su quanto si stava verificando a Roma. Aveva promosso la costruzione della via Appia, regina viarum, destinata ad arrivare fino a Capua. Ma la costruzione di una strada, e con i criteri romani poi, implicava la convinzione di una conquista definitiva di certe zone, anche perché il primo utilizzo è quello militare. Aveva poi incaricato un suo liberto, Gneo Flavio, di redigere i codici di procedura: la legge, anche scritta, senza le norme di procedura (lasciata all’arbitrio dei patrizi) si rivelava un’arma spuntata per la plebe. Dunque l’opera di Flavio (ius flavianum) va a vantaggio della plebe, ed è curiosa questa iniziativa di uno che apparteneva ad una famiglia di solito polemica verso la plebe. Ne deduco che si trattava di una mossa politica, volta a procurarsi il favore della plebe. Per questo – dicevano i patrizi – gli dèi lo avevano reso cieco, per aver tradito la propria fazione. Cataratte? A mio avviso cercava l’appoggio dei plebei per la sua politica e dei settori a lui collegati.
A lui si attribuisce anche una sentenza rivelatrice di una mentalità in evoluzione: “Quisque suae fortunae faber est!”. (OGNUNO è artefice della propria sorte: ognuno individualmente, pensiero in contrasto con il senso comune e tradizionale romano, che dava larga importanza agli dèi ed al collettivo della città).
La guerra con Pirro proseguì, ed a Maleventum ci fu la battaglia decisiva, stavolta vinta dai romani, e Maleventum cambiò nome, e divenne Beneventum. Fine del sogno di Pirro, e Roma è ormai padrona di tutta l’Italia peninsulare, Padania (ma che d’è ‘sta Padania?!) esclusa, ma non per molto ancora. E’ fatale che Roma inizi ad interessarsi della Sicilia, ed i rapporti con i cartaginesi, finora eccellenti, erano destinati a rovinarsi.
Prendendo a pretesto la situazione politica difficile nella città di Messina, i romani passano lo stretto ed inizia così la prima guerra punica. A Cartagine la politica è egemonizzata dalla famiglia Barca, l’equivalente cartaginese dei gruppi imperialistici ed espansionistici romani. Benché meno esperti in mare dei cartaginesi, i romani alla fine impongono una sorta di blocco navale, anche con espedienti ingegnosi, come i ponti corvo, grazie ai quali non affondano le navi nemiche, ma le catturano, ne tagliano i rostri (le punte corazzate atte a sfondare le murate nemiche), e ne fanno delle colonne (rostrate) da sistemare nel foro nella zona dei comizi popolari (assemblee elettorali).
I cartaginesi, sotto la guida di Amilcare, sono asserragliati nella parte occidentale della Sicilia, ed i romani non riescono a farli sloggiare di lì. Finché a Cartagine non cambia il quadro politico: i settori sociali legati all’economia terriera, sotto la guida della famiglia degli Annoni, prendono il potere, ed ordinano ad Amilcare Barca di tornare in patria, lasciando campo libero ai romani (fine della prima guerra punica (264-241 a.C.), e la Sicilia diviene la prima provincia (=territorio d’oltremare) romana. Destinata ad essere governata da un governatore venuto da Roma.
Segue un periodo di torbidi interni a Cartagine, di cui i romani approfittano, impossessandosi dei territori punici in Sardegna e Corsica. I Barcidi poi tornano a guidare la politica cartaginese, e, sotto la guida di Amilcare, iniziano a penetrare in Iberia. I romani impongono loro di non oltrepassare il fiume Ebro, e per un pò la cosa funziona. Diviene poi egemone Annibale, figlio di Amilcare intanto morto in battaglia, ed Annibale coltiva il sogno della rivincita con Roma. Parte quindi per l’avventura, con la nota impresa del passaggio dei Pirenei e delle Alpi, con alcuni elefanti al seguito. Arriva in Italia (218) ed inizia a tartassare i romani con sanguinose disfatte (vi moriranno più persone che non nella prima guerra mondiale): battaglia della Trebbia, del Ticino e soprattutto del lago Trasimeno. . Ma la sconfitta più grave i romani la subiscono nel 216 a Canne: 60 mila morti e 10 mila prigionieri. E’ il momento più nero per Roma.
Annibale non osa attaccare Roma, temendo di essere accerchiato dagli italici, rimasti praticamente in blocco fedeli a Roma, contrariamente alle sue aspettative. Quindi aspetta che suo fratello Asdrubale arrivi in Italia con i rinforzi, ed insieme attaccare l’odiata nemica. Ma Asdrubale è intercettato presso il fiume Metauro, il suo esercito è sterminato, ed anch’egli ci lascia la vita.
Intanto sull’orizzonte romano sta nascendo un astro straordinario, P. Cornelio Scipione, il futuro Africano. Per prima cosa taglia la via dei rifornimenti in Spagna (per mare domina la flotta romana), conquistando la città di Cartagena; poi passa in Sicilia, dove mette a punto la spedizione in Africa. Vi sbarca con un forte contingente, e sistematicamente si mette a conquistare tutte le roccaforti puniche, finché non si presenta sotto le mura di Cartagine. I cartaginesi, specialmente gli avversari politici dei Barcidi, alla fine richiamano in patria Annibale. Questi, sacramentando come un turco (ha vinto tanto, ma poi alla fine non ha vinto nulla!) lascia l’Italia e torna in patria. Fa un estremo tentativo con Scipione per arrivare ad una composizione onorevole del conflitto, ma Scipione lo inchioda alle sue responsabilità. E fu la battaglia di Zama (202 a.C.). FINE!
All’inizio del secolo Roma è impelagata in una guerra regionale snervante, ed è ancora formidabile la spinta del SPQR. Alla fine del secolo ormai Roma è la potenza delle potenze, ma il POPULUS inizia ad essere distante, per condizione economica, potere politico e peso nelle decisioni
Roma ha ormai campo libero nel Mediterraneo, Cartagine è ridimensionata a potenza regionale sotto la guida dei proprietari terrieri, che promuovono una politica di espansione all’interno dell’Africa. Ma a Roma iniziano a prendere piede politiche diverse da quelle tradizionali: culto della personalità, immense ricchezze concentrate in poche mani, progressivo abbandono delle campagne con conseguente fenomeno deleterio dell’urbanesimo. Ed intanto il POPULUS perde importanza, ed inizia quel progressivo distacco tra base e classe dirigente, che si rivelerà la radice più velenosa per l’edificio romano. Più o meno come sta capitando in Italia in particolare e nell’occidente decadente in generale, con il jobs act diffuso ad impestare la nostra vita.
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From Italy, Alessandro Annoni with his Beard Token.
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Rovigo, nasce la "La Settimana dei diritti umani”: oltre 60 eventi gratuiti
Rovigo, nasce la "La Settimana dei diritti umani”: oltre 60 eventi gratuiti. Il titolo dice tutto: “La Settimana dei diritti umani” è un nuovo festival che nasce a Rovigo coinvolgendo il centro storico, e non solo, da lunedì 17 a domenica 23 luglio 2023, con una anteprima ad Adria il 15 luglio. Oltre 60 eventi, tutti a ingresso gratuito. Nel pomeriggio del 22 giugno alla Sala della Gran Guardia è stato svelato il programma di questo evento denso di iniziative che nasce dall’impegno e dalla collaborazione di oltre trenta associazioni e realtà culturali. Gli ospiti Il parterre degli ospiti sarà di alto livello: dal Cardinale Matteo Maria Zuppi ad Alba Bonetti, da Manuel Agnelli alla Banda Rulli Frulli, da Moni Ovadia a Lisa Clark, da Marco Mascia a Laura Marmorale, da Giorgio Canali & Rossofuoco al Dipartimento Pop Rock del Conservatorio di Rovigo… ...e ancora Marino Bellini, Sandro Fracasso, Alessandra Annoni, Alessandro Orsetti, RomAraBeat, Alysson, Boggi, Dalbenzi, La Bottega del Compensato, Sevilay Tufekci, Ciro Grandi, Guido Pietropoli, Paolo Guolo, Erica Boschiero, Lorenzo Lepore, Nevruz e tantissimi altri protagonisti del mondo dell’arte, della cultura e del volontariato per un cartellone davvero particolare. ‘Voci per la Libertà – Una canzone per Amnesty’ e le associazioni ll festival, patrocinato e sostenuto dal Comune di Rovigo e dal Comune di Adria, nasce dalla forza creativa di ‘Voci per la Libertà – Una canzone per Amnesty’ e dall’unione delle esperienze di decine di associazioni del territorio impegnate nella promozione dei diritti umani, della cultura e dell’arte. È questo il valore fondante che il festival vuole promuovere attraverso le diverse forme artistiche e non solo. Consapevoli che le arti sono uno strumento di formazione e crescita di consapevolezza, un vero e proprio mezzo educativo per la realizzazione di una cultura universale dei diritti umani. “È grande la soddisfazione - spiegano Michele Lionello e Martina Manfrinati di Voci per la libertà, organizzatori della manifestazione - ce l’abbiamo fatta, dopo mesi di intenso lavoro, di riunioni, coordinamenti, telefonate, mail tra le numerosissime realtà che hanno creduto in questo progetto ci siamo, eccovi questo splendido programma”. Musica, dibattiti, letteratura, sport, laboratori, mostre, spettacoli artistici, teatrali e cinematografici Sarà un percorso tra musica, dibattiti, letteratura, sport, laboratori, mostre, spettacoli artistici, teatrali e cinematografici. Lo slogan e filo conduttore è “D(i)ritti al futuro” con un focus su: diritto alla dignità, ovvero il diritto a vivere piuttosto che sopravvivere, includendo tematiche come casa, lavoro, salute e salario; diritto alla libertà di movimento, inteso sia come diritto a restare nel proprio territorio che a spostarsi fisicamente e socialmente E ancora: diritto alla partecipazione, intesa come pace, comunità, protesta e detenzione; diritto alla propria identità, dal sesso al genere all'orientamento sessuale senza discriminazioni; diritto all’ambiente: l'importanza di considerare la sostenibilità del pianeta come elemento imprescindibile in tutte le scelte che compiamo. Anteprima e apertura Si comincia con una anteprima ad Adria. Sabato 15 luglio alle 21.30 in Piazza Cavour ci sarà il concerto di Nevruz con la sua band. In apertura si esibiranno le artiste: Rosie, Giulia, LaFrAncy, Milena Mingotti e Nora. Una serata dedicata alla musica, la solidarietà e l’inclusione. L’apertura del festival vero e proprio sarà lunedì 17 luglio alle 18, alla presenza di tutti i volontari e associazioni coinvolte, con l’inaugurazione delle location (Sala della Gran Guardia, Piazzetta Annonaria e Pescheria Nuova) e di mostre e installazioni artistiche che saranno visitabili tutta la settimana. Durante tutti i giorni ci saranno anche due iniziative particolari: la “Caccia ai diritti umani”, una vera e propria caccia al tesoro in tutto il centro cittadino, e i laboratori didattici per bambini che animeranno i Giardini delle Due Torri tutti i pomeriggi attraverso attività educative e ludico-creative. Nella giornata di inaugurazione, alle 19.30 all’Auditorium del Conservatorio è in programma la proiezione del docufilm “La pace non è il suo nome”, con il racconto della storia dei 40 anni di vita del Centro Diritti Umani dell’Università di Padova alla presenza del Presidente Marco Mascia. In chiusura di giornata, alle 21.30 ai Giardini delle due Torri, andrà in scena una produzione realizzata appositamente per il festival, uno spettacolo multidisciplinare di giocoleria, danza e canto: “Una luce di protesta”. Incontri culturali Molti saranno gli incontri sui temi del festival con nomi prestigiosi del panorama culturale italiano, tutti previsti ogni giorno alle 18. Si parte martedì 18 alla Pescheria Nuova con Moni Ovadia, Lisa Clark e Alessandra Annoni che si confronteranno su “La Palestina nel quadro dei conflitti mondiali”. Mercoledì 19 all’Auditorium del Conservatorio uno dei momenti più attesi: “Lavoro dignitoso e giustizia sociale”, un incontro con il Cardinale Matteo Maria Zuppi (presidente della Conferenza Episcopale Italiana) e i segretari generali di Cgil,Cisl e Uil Rovigo. Giovedì 20 alla Pescheria Nuova sarà la volta di “La pioggia non ha frontiere: cambiamento climatico e migrazioni” con Chiara Camporese ed Eugenio Alfano. Nello stesso luogo venerdì 21 toccherà a “Il carcere in crisi: le origini e le alternative, tra schizofrenia legislativa e populismo penale”, con Ciro Grandi e Guido Pietropoli, e sabato 22 “Non è abbastanza? Diritti LGBTI+ in Italia” con Angelica Polmonari, Manuela Macario, Roberta Cusin e Natalia Spada. Piazzetta Annonaria Uno dei luoghi focali della “Settimana dei diritti umani” sarà Piazzetta Annonaria, che ospiterà numerose mostre ed installazioni così come i banchetti informativi delle associazioni. Inoltre sarà animata tutti i giorni da numerosi incontri e performance artistiche. Un vero melting pot culturale sulla promozione dei diritti umani attraverso laboratori di pittura, scultura, yoga e danza; presentazioni di libri e realtà del volontariato; letture dibattiti. E, nel tardo pomeriggio, un aperitivo della bottega del commercio equo solidale “La Fionda di Davide”. Momenti di spettacolo I Giardini delle Due Torri, in Piazza Matteotti, per tre giorni alle 21.30 ospiteranno alcuni momenti di spettacolo: martedì 18 l'atteso concerto di Moni Ovadia con la RomAraBeat, mercoledì 19 lo spettacolo teatrale “Lo straordinario viaggio di Atalanta” e giovedì 20 la proiezione del film “Flee”. Gli eventi nelle frazioni Mercoledì 19 e giovedì 20 al Prolife Park di Roverdicrè sono previsti due appuntamenti. Il primo sarà una serata tra cinema, animazione e pic-nic sotto le stelle. Il secondo una serata/concerto intitolata “Equality”, con le esibizioni di Alysson, Boggi, Dalbenzi, La Bottega del Compensato e, a chiudere, Giorgio Canali & Rossofuoco. Venerdì 21, al Campo della parrocchia di Granzette a partire dalle 18.30 ci sarà “D(i)ritti in campo” , torneo di calcio a 5 aperto a tutte e tutti senza esclusione di nazionalità, genere o capacità sportive. Read the full article
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Le guerre puniche
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Le guerre puniche
E dire che le cose tra Roma e Cartagine erano iniziate piuttosto bene. Lo storico greco Polibio, ammiratore di Roma, ci riferisce di un primo trattato di alleanza tra le due città, stipulato nell’anno 509 a.C., quando i re e tutti gli etruschi erano stati cacciati da Roma da un anno. Cartagine era già la potenza egemone del quadrante occidentale del Mediterraneo. E Roma? Non era che una piccola città, circondata da popolazioni toste e bellicose, che le avevano impedito di espandersi troppo oltre lo stretto territorio di pertinenza dell’Urbe.
Ed allora, perché una grande potenza (Cartagine) sottoscrive un trattato d’alleanza con una piccola ed apparentemente insignificante città, tra l’altro in condizioni precarie di vita? Ovvio che una ragione ci sia, ed è la seguente: Roma sorge sulla riva sinistra del Tevere, fiume che segna il punto di confine per così dire storico tra l’area etrusca a nord e l’area greca a sud del Tevere. Quindi, potenziando Roma, i cartaginesi intendono creare un terzo incomodo per gli uni e gli altri. Ma perché fare ciò? Perché greci ed etruschi sono i concorrenti più pericolosi per Cartagine in quel quadrante del Mediterraneo. Dìvide et ìmpera, avrebbero poi sentenziato i romani.
Niente di nuovo sotto il sole: il gran casino in atto oggi nel medio oriente si spiega pari pari con la medesima logica dei fatti antichi. Quindi lo studio della storia antica non è un ameno passatempo, finalizzato a solleticare la nostra curiosità meravigliata (a volte): quel popolo che dimentica la propria storia, è destinato prima o poi a ripetere errori già fatti. Ma gli artefici della presuntuosa “buona scuola” di Renzi pare che questo non lo considerino.
Pyrrhus of Epirus. Museo Archeologico Nazionale – Napoli
All’inizio del III secolo a.C. Pirro, re dell’Epiro, imparentato con Alessandro Magno, sbarca in Italia, per fare guerra contro Roma, e si porta appresso anche degli elefanti, animali mai visti prima dai romani, che li chiamano “buoi lucani”. Perché questa iniziativa del re? A chiamarlo è stata Taranto, in rotta di collisione con Roma, ormai padrona del sud, dopo le lotte con i sanniti, tranne Puglia e Calabria. E Taranto sta proprio là. Poiché era chiaro ai tarantini che Roma avrebbe preso presto l’iniziativa, allora avevano chiamato Pirro. Costui, a sua volta, aveva interesse a venire in Italia, ambizioso com’era di mettere sotto il proprio scettro le città greche della Magna Grecia, insomma tutto il meridione d’Italia. Solo che tutta quell’area da lui ambita era sotto il controllo diretto o indiretto di Roma. Quindi guerra, con vari scontri, tutti vinti da Pirro, ma a caro prezzo (le famose vittorie di Pirro), in particolare ad Heraclea e ad Ascoli Satriano.
Le città della Magna Grecia, ed anche Taranto, non hanno alcuna intenzione di passare dal dominio romano a quello di Pirro, e, quando si rendono conto che costui mira a sottometterle, il loro appoggio si fa più precario. Pirro, allora, anche a seguito delle pesanti perdite patite in occasione delle vittorie, cambia progetto, e decide di passare in Sicilia, per cacciare i cartaginesi (che occupavano la parte occidentale dell’isola), e riunire sotto il suo scettro tutte le città siceliote, spesso di grande importanza e prestigio, come Siracusa, Agrigento, Messina, Taormina, Gela eccetera. Cerca allora di concludere con Roma la pace, per avere coperte le spalle. E manda un’ambasceria a Roma. Famosa è la scena di Appio Claudio Cieco, molto avanti negli anni, che si fa accompagnare in senato, dove avrebbe pronunciato la celebre frase: “Se Pirro davvero vuole la pace , esca prima dall’Italia!”. Capito? Dall’Italia, mica dal territorio romano. Segno che nei progetti romani c’era la conquista di tutta l’Italia. Faceva parte della delegazione di Pirro anche il suo medico personale. Si narra che abbia tentato di farsi pagare dai romani, promettendo l’uccisione del suo re in cambio di denaro. Ed i romani glielo impacchettarono e glielo rimandarono indietro incatenato, denunciandolo. Lealtà romana!
I romani non siglarono la pace, anche perché era giunta a Roma una delegazione da Cartagine: prometteva da una parte aiuto contro Pirro, e dall’altra una minaccia contro Roma, se avesse firmato la pace con lui. Temevano per i loro possedimenti nell’occidente della Sicilia (Trapani, Palermo, Marsala, Mozia), per i quali da secoli lottavano contri greci. E, per essere più convincenti con i romani, avevano mandato ad Ostia una flotta di 120 navi, guidate da Annone.
Pirro, tuttavia, passa in Sicilia. Ma anche lì, le città di origine greca (i sicelioti, mentre in Magna Grecia vi sono gli italioti, greci d’Italia) non intendono sottostare al suo potere, e presto si attenua il favore iniziale. Era partito nel 280 a.C., e nel 275 se ne dovette tornare in patria, dopo averle buscate dai romani a Maleventum, in seguito Beneventum, a mani vuote e senza il regno sognato, tentativo nel quale sperperò tesori di uomini e mezzi.
Il risultato di tutto ciò fu che Roma completò davvero la conquista dell’intera Italia meridionale, arrivando ad affacciarsi sullo stretto di Messina. Qui i secolari ottimi rapporti tra Roma e Cartagine si incrinano e infine vanno in crisi. I cartaginesi avevano favorito lo sviluppo di Roma, per creare il terzo incomodo verso greci ed etruschi. Ed ora la città nata sul Tevere metteva gli occhi sulla Sicilia, e questo divenne molto preoccupante per Cartagine.
Una piccola digressione storica, volta a suggerire l’idea che la politica nel corso dei secoli segue sempre le medesime strade. Quando Garibaldi con le sue due navi ed i poco più di mille soldati arrivò in vista di Marsala, avrebbe potuto essere facilmente annientato dalle batterie del porto. Queste però non spararono, ed i garibaldini poterono sbarcare senza eccessivi problemi. Perché non spararono? Perché – guarda caso! – c’erano alla fonda delle navi inglesi, ed i borbonici non vollero rischiare di inimicarsi l’Inghilterra, danneggiando o peggio delle navi inglesi, mai immaginando che quel pugno di matti con la camicia rossa avrebbe poi compiuto l’impresa. Le navi inglesi non stavano lì per caso, né gli inglesi fecero mancare l’appoggio diplomatico a Garibaldi. Perché? Dìvide et ìmpera: una Italia unita sarebbe stata un grosso Stato, tutto disteso nel Mediterraneo, quindi un ottimo concorrente verso Francia Austria (e Germania) e Russia, nei traffici marittimi, in cui l’Inghilterra aveva grandi interessi: canale di Suez, Cipro, Malta, Gibilterra. Londra favorì l’Italia, come Cartagine favorì Roma.
Nel 264 i romani attraversano lo stretto di Messina, ed iniziano le ostilità, che dureranno fino al 241 con vicende che si alternano, secondo uno schema più o meno tale: sulla terraferma di solito prevalgono i romani, ma sul mare i più esperti cartaginesi riescono a resistere. Il console Caio Duilio inventa i cosiddetti “Ponti corvi”, delle pesanti passarelle con uncini, mediante i quali agganciavano le navi nemiche, e poi andavano all’arrembaggio, catturandole. Vinsero due scontri importanti, al capo Ecnomo ed alle isole Egadi, ma il controllo del mare restò nella disponibilità cartaginese. Il console Atilio Regolo portò la guerra in Africa, ottenne anche dei successi, ma poi fu sconfitto, e la leggenda vuole che i nemici lo fecero morire, rotolandolo in una botte irta di punte di ferro, perché s’era rifiutato di accettare le proposte di pace puniche. Le navi da guerra avevano una punta corazzata, il rostro. A quelle cartaginesi catturate Caio Duilio lo aveva tagliato e, sovrapponendole una sull’altra, ne fece una colonna, detta rostrata. Fu sistemata nel foro, nell’area dei comizi popolari, da allora in poi denominata “Rostri”.
Le operazioni militari cartaginesi furono affidate ad Amilcare Barca, che piano piano aveva ripreso molto territorio della Sicilia. Ma, avendo i romani accresciuto il loro controllo sul mare per una migliorata capacità marinara, i rifornimenti da Cartagine diminuirono via via sempre più. Finché Amilcare non fu costretto ad arrendersi, nel 241 a.C. Per secoli i greci avevano inutilmente tentato di espellerli dall’isola, senza mai riuscirci. L’impresa toccò alla lontana ed inflessibile Roma.
Ma perché una guerra così irrimediabile? A Roma ed a Cartagine (ma anche ad Atene) la dinamica politica vede contrapposte due ipotesi di sviluppo economico, e quindi politico: quella della fazione dei proprietari terrieri, ad occhio e croce a Roma i patrizi, ed a Cartagine il gruppo di proprietari terrieri guidato dalla famiglia degli Annoni; e quella della fazione mercantile, a Roma intorno agli Scipioni, ed a Cartagine intorno alla famiglia Barca, quella di Amilcare Annibale Asdrubale. Quando a Roma ed a Cartagine prevalgono le fazioni mercantili, ecco che due imperialismi entrano in collisione: non c’è spazio sufficiente per tutt’e due. Ed allora è guerra. Poi ai soldati si raccontano storielle, come la patria, la gloria, la cattiveria del nemico, gli avi, l’onore individuale e collettivo. Così vanno più convinti ad ammazzare ed a farsi ammazzare_
Addio mia bella addio,) e l’armata se ne va,/ e se non partissi anch’io, / sarebbe una viltà.
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Le guerre puniche
E dire che le cose tra Roma e Cartagine erano iniziate piuttosto bene. Lo storico greco Polibio, ammiratore di Roma, ci riferisce di un primo trattato di alleanza tra le due città, stipulato nell’anno 509 a.C., quando i re e tutti gli etruschi erano stati cacciati da Roma da un anno. Cartagine era già la potenza egemone del quadrante occidentale del Mediterraneo. E Roma? Non era che una piccola città, circondata da popolazioni toste e bellicose, che le avevano impedito di espandersi troppo oltre lo stretto territorio di pertinenza dell’Urbe.
Ed allora, perché una grande potenza (Cartagine) sottoscrive un trattato d’alleanza con una piccola ed apparentemente insignificante città, tra l’altro in condizioni precarie di vita? Ovvio che una ragione ci sia, ed è la seguente: Roma sorge sulla riva sinistra del Tevere, fiume che segna il punto di confine per così dire storico tra l’area etrusca a nord e l’area greca a sud del Tevere. Quindi, potenziando Roma, i cartaginesi intendono creare un terzo incomodo per gli uni e gli altri. Ma perché fare ciò? Perché greci ed etruschi sono i concorrenti più pericolosi per Cartagine in quel quadrante del Mediterraneo. Dìvide et ìmpera, avrebbero poi sentenziato i romani.
Niente di nuovo sotto il sole: il gran casino in atto oggi nel medio oriente si spiega pari pari con la medesima logica dei fatti antichi. Quindi lo studio della storia antica non è un ameno passatempo, finalizzato a solleticare la nostra curiosità meravigliata (a volte): quel popolo che dimentica la propria storia, è destinato prima o poi a ripetere errori già fatti. Ma gli artefici della presuntuosa “buona scuola” di Renzi pare che questo non lo considerino.
Pyrrhus of Epirus. Museo Archeologico Nazionale – Napoli
All’inizio del III secolo a.C. Pirro, re dell’Epiro, imparentato con Alessandro Magno, sbarca in Italia, per fare guerra contro Roma, e si porta appresso anche degli elefanti, animali mai visti prima dai romani, che li chiamano “buoi lucani”. Perché questa iniziativa del re? A chiamarlo è stata Taranto, in rotta di collisione con Roma, ormai padrona del sud, dopo le lotte con i sanniti, tranne Puglia e Calabria. E Taranto sta proprio là. Poiché era chiaro ai tarantini che Roma avrebbe preso presto l’iniziativa, allora avevano chiamato Pirro. Costui, a sua volta, aveva interesse a venire in Italia, ambizioso com’era di mettere sotto il proprio scettro le città greche della Magna Grecia, insomma tutto il meridione d’Italia. Solo che tutta quell’area da lui ambita era sotto il controllo diretto o indiretto di Roma. Quindi guerra, con vari scontri, tutti vinti da Pirro, ma a caro prezzo (le famose vittorie di Pirro), in particolare ad Heraclea e ad Ascoli Satriano.
Le città della Magna Grecia, ed anche Taranto, non hanno alcuna intenzione di passare dal dominio romano a quello di Pirro, e, quando si rendono conto che costui mira a sottometterle, il loro appoggio si fa più precario. Pirro, allora, anche a seguito delle pesanti perdite patite in occasione delle vittorie, cambia progetto, e decide di passare in Sicilia, per cacciare i cartaginesi (che occupavano la parte occidentale dell’isola), e riunire sotto il suo scettro tutte le città siceliote, spesso di grande importanza e prestigio, come Siracusa, Agrigento, Messina, Taormina, Gela eccetera. Cerca allora di concludere con Roma la pace, per avere coperte le spalle. E manda un’ambasceria a Roma. Famosa è la scena di Appio Claudio Cieco, molto avanti negli anni, che si fa accompagnare in senato, dove avrebbe pronunciato la celebre frase: “Se Pirro davvero vuole la pace , esca prima dall’Italia!”. Capito? Dall’Italia, mica dal territorio romano. Segno che nei progetti romani c’era la conquista di tutta l’Italia. Faceva parte della delegazione di Pirro anche il suo medico personale. Si narra che abbia tentato di farsi pagare dai romani, promettendo l’uccisione del suo re in cambio di denaro. Ed i romani glielo impacchettarono e glielo rimandarono indietro incatenato, denunciandolo. Lealtà romana!
I romani non siglarono la pace, anche perché era giunta a Roma una delegazione da Cartagine: prometteva da una parte aiuto contro Pirro, e dall’altra una minaccia contro Roma, se avesse firmato la pace con lui. Temevano per i loro possedimenti nell’occidente della Sicilia (Trapani, Palermo, Marsala, Mozia), per i quali da secoli lottavano contri greci. E, per essere più convincenti con i romani, avevano mandato ad Ostia una flotta di 120 navi, guidate da Annone.
Pirro, tuttavia, passa in Sicilia. Ma anche lì, le città di origine greca (i sicelioti, mentre in Magna Grecia vi sono gli italioti, greci d’Italia) non intendono sottostare al suo potere, e presto si attenua il favore iniziale. Era partito nel 280 a.C., e nel 275 se ne dovette tornare in patria, dopo averle buscate dai romani a Maleventum, in seguito Beneventum, a mani vuote e senza il regno sognato, tentativo nel quale sperperò tesori di uomini e mezzi.
Il risultato di tutto ciò fu che Roma completò davvero la conquista dell’intera Italia meridionale, arrivando ad affacciarsi sullo stretto di Messina. Qui i secolari ottimi rapporti tra Roma e Cartagine si incrinano e infine vanno in crisi. I cartaginesi avevano favorito lo sviluppo di Roma, per creare il terzo incomodo verso greci ed etruschi. Ed ora la città nata sul Tevere metteva gli occhi sulla Sicilia, e questo divenne molto preoccupante per Cartagine.
Una piccola digressione storica, volta a suggerire l’idea che la politica nel corso dei secoli segue sempre le medesime strade. Quando Garibaldi con le sue due navi ed i poco più di mille soldati arrivò in vista di Marsala, avrebbe potuto essere facilmente annientato dalle batterie del porto. Queste però non spararono, ed i garibaldini poterono sbarcare senza eccessivi problemi. Perché non spararono? Perché – guarda caso! – c’erano alla fonda delle navi inglesi, ed i borbonici non vollero rischiare di inimicarsi l’Inghilterra, danneggiando o peggio delle navi inglesi, mai immaginando che quel pugno di matti con la camicia rossa avrebbe poi compiuto l’impresa. Le navi inglesi non stavano lì per caso, né gli inglesi fecero mancare l’appoggio diplomatico a Garibaldi. Perché? Dìvide et ìmpera: una Italia unita sarebbe stata un grosso Stato, tutto disteso nel Mediterraneo, quindi un ottimo concorrente verso Francia Austria (e Germania) e Russia, nei traffici marittimi, in cui l’Inghilterra aveva grandi interessi: canale di Suez, Cipro, Malta, Gibilterra. Londra favorì l’Italia, come Cartagine favorì Roma.
Nel 264 i romani attraversano lo stretto di Messina, ed iniziano le ostilità, che dureranno fino al 241 con vicende che si alternano, secondo uno schema più o meno tale: sulla terraferma di solito prevalgono i romani, ma sul mare i più esperti cartaginesi riescono a resistere. Il console Caio Duilio inventa i cosiddetti “Ponti corvi”, delle pesanti passarelle con uncini, mediante i quali agganciavano le navi nemiche, e poi andavano all’arrembaggio, catturandole. Vinsero due scontri importanti, al capo Ecnomo ed alle isole Egadi, ma il controllo del mare restò nella disponibilità cartaginese. Il console Atilio Regolo portò la guerra in Africa, ottenne anche dei successi, ma poi fu sconfitto, e la leggenda vuole che i nemici lo fecero morire, rotolandolo in una botte irta di punte di ferro, perché s’era rifiutato di accettare le proposte di pace puniche. Le navi da guerra avevano una punta corazzata, il rostro. A quelle cartaginesi catturate Caio Duilio lo aveva tagliato e, sovrapponendole una sull’altra, ne fece una colonna, detta rostrata. Fu sistemata nel foro, nell’area dei comizi popolari, da allora in poi denominata “Rostri”.
Le operazioni militari cartaginesi furono affidate ad Amilcare Barca, che piano piano aveva ripreso molto territorio della Sicilia. Ma, avendo i romani accresciuto il loro controllo sul mare per una migliorata capacità marinara, i rifornimenti da Cartagine diminuirono via via sempre più. Finché Amilcare non fu costretto ad arrendersi, nel 241 a.C. Per secoli i greci avevano inutilmente tentato di espellerli dall’isola, senza mai riuscirci. L’impresa toccò alla lontana ed inflessibile Roma.
Ma perché una guerra così irrimediabile? A Roma ed a Cartagine (ma anche ad Atene) la dinamica politica vede contrapposte due ipotesi di sviluppo economico, e quindi politico: quella della fazione dei proprietari terrieri, ad occhio e croce a Roma i patrizi, ed a Cartagine il gruppo di proprietari terrieri guidato dalla famiglia degli Annoni; e quella della fazione mercantile, a Roma intorno agli Scipioni, ed a Cartagine intorno alla famiglia Barca, quella di Amilcare Annibale Asdrubale. Quando a Roma ed a Cartagine prevalgono le fazioni mercantili, ecco che due imperialismi entrano in collisione: non c’è spazio sufficiente per tutt’e due. Ed allora è guerra. Poi ai soldati si raccontano storielle, come la patria, la gloria, la cattiveria del nemico, gli avi, l’onore individuale e collettivo. Così vanno più convinti ad ammazzare ed a farsi ammazzare_
Addio mia bella addio,) e l’armata se ne va,/ e se non partissi anch’io, / sarebbe una viltà.
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