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I miei sentimenti sono così all’antica per questo mondo così moderno.
-Credevoinquellostupidotiamo
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marina98s · 9 days ago
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Mario Benedetti, Volto di te, Tutte le poesie, Garzanti, 2017
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qu4lc0s41ncu1cr3d3r3 · 1 year ago
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~ Lei: “Non pendo dalle tue labbra, non dipendo da te, non ti appartengo… e mentre mi raccontavi delle tue ex, mi hai parlato di te.”~ 💎
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aldameriniofficial · 7 months ago
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raulbarani · 2 years ago
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coccaonthinks · 4 months ago
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C’è qualcosa che tutti possiamo fare un po' di più: è guardare, guardare con più attenzione il mondo intorno a noi. Guardare non è tanto un modo di informarsi, ma l’unico varco per arrivare a un possibile stupore, può essere un paesaggio lontano, può essere vicinissimo a casa nostra. Guardare è un modo per dire alle cose e agli animali di non andarsene, di rimanere ancora con noi. Guardare una lampadina, un imbuto, un albero, un cane, guardare e sentire un momento di vicinanza, mettere in crisi per qualche secondo la solitudine in cui siamo caduti.
In me la ricerca di quello che chiamo Sacro minore è andata crescendo man mano che aumentava l’invadenza della vita digitale. Si può stare in Rete anche molto tempo, ma non bisogna accodarsi all’esodo verso l’irrealtà, bisogna rimanere fedeli al reale, è l’unico bene, è il bene comune, il bene più comune di tutti e non dobbiamo perderlo.
Questo guardare di cui parlo non è un partito, non è un’ideologia, non è andare a rintanarsi in un rifugio, come se altrove fosse tutto deserto e miseria spirituale. Direi che è semplicemente il coltivare una saltuaria abitudine percettiva. Io non so fare di più. Dopo questi brevi slanci verso l’esterno la mia vita rifluisce verso l’interno, si riduce alla continua manutenzione dell’inquietudine. E qui mi pare che si incroci con quella di tanti in questo tempo di vite spaiate, lontane da ogni fuoco collettivo. Ecco il bivio: da una parte l’attenzione al mondo che ci circonda, dall’altra la deriva opinionistica in cui tutti cinguettano su tutto in una babele di parole che girano a vuoto.
La poesia è come un vigile che sta davanti a questo bivio e indirizza chi la legge verso l’attitudine percettiva piuttosto che verso le astrazioni dell’opinionismo. La poesia è la scienza del dettaglio, è il sogno tagliato dalla ragione o la ragione tagliata dal sogno, comunque non è mai nel dominio di una sola logica, è sempre intreccio, sconfinamento, purissima impurezza.
Io credo di essermi educato allo sguardo proprio grazie alla poesia, al suo rendere l’anima più agile, capace di oscillare dall’infimo all’immenso, dal dentro al fuori. E sull’attenzione al mondo esterno posso citare i miei due grandi maestri, Peter Handke e Gianni Celati. Il primo conosciuto e frequentato nei suoi libri, l’altro frequentato anche di persona. Celati mi ha insegnato le meraviglie dei luoghi ordinari, delle giornate qualsiasi. In fondo il mio lavoro di paesologo ha una sola regola che si può riassumere con questo mio aforisma: “Io guardo ogni cosa come se fosse bella e se non lo è vuol dire che devo guardare meglio.” All’inizio la mia attenzione ai luoghi marginali era più in chiave politica, ero infiammato dalle disattenzioni della politica. Il margine era indagato come luogo dell’abbandono, ero protesto a cogliere il passaggio dalla miseria contadina alla desolazione della modernità incivile. Sono rimasto a indagare il margine, ma con uno sguardo diverso, direi più ricco. Non ho abbandonato la lotta contro lo spopolamento delle aree interne, ci ho aggiunto l’attenzione al sacro che ancora resiste in quelle aree, come se Dio amasse i luoghi dove non c’è partita Iva. Da qui è arrivato un libro come Sacro minore o un film come Nuovo cinema paralitico, realizzato con Davide Ferrario. Guardare il mondo quasi come un’attività nostalgica, considerando che stiamo tutti diventando senza mondo, considerando che non bisogna dare per scontata l’esistenza del mondo, come se la fuga nel digitale potesse trafugarlo e lasciarci come ombre vaganti in una terra di nessuno. Una volta si indagava il mistero della vita dopo la morte, adesso è da indagare il mistero della morte che dilaga dentro la vita, dilaga quanto più la morte viene rimossa, occultata dal fervore masochistico del consumare e produrre. Ecco che dal guardare, dalla semplice postura contemplativa, la questione diventa più complessa, diventa politica: non è in gioco solo il nostro modo di abitare la giornata, ma il modo in cui l’umanità abita il pianeta. Si tratta di prendere atto che il modello imperante produce solitudine e depressione negli individui, produce ingiustizie sociali e danni enormi al pianeta. Qualcuno ha detto che la bellezza salverà il mondo. Forse ora si potrebbe dire che il mondo lo salveranno i percettivi. FRANCO ARMINIO
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diceriadelluntore · 11 months ago
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Falsi ortopedici
Capita a tutti di citare erroneamente. capita anche di credere vera una citazione o un aforisma legati a qualche personaggio che si ammira. Io che ne scrivo tante, ne sono certo, avrò fatto qualche errore di valutazione. Qualche volta però mi capita di incuriosirmi e verificare: per esempio una molta bella e famosa dice
Volevo scriverti, non per sapere come stai tu, ma per sapere come si sta senza di me. Io non sono mai stato senza di me, e quindi non lo so. Vorrei sapere cosa si prova a non avere me che mi preoccupo di sapere se va tutto bene, a non sentirmi ridere, a non sentirmi canticchiare canzoni stupide, a non sentirmi parlare, a non sentirmi sbraitare quando mi arrabbio, a non avere me con cui sfogarsi per le cose che non vanno, a non avermi pronto lì a fare qualsiasi cosa per farti stare bene. Forse si sta meglio. Forse no. Però mi e venuto il dubbio, e vorrei anche sapere se, ogni tanto, questo dubbio è venuto anche a te. Perché sai, io a volte me lo chiedo come si sta senza di te, poi però preferisco non rispondere che tanto va bene così. Ho addirittura dimenticato me stesso, per poter ricordare te.
Attribuita nientemeno a Kierkegaard nel suo Diario di un seduttore. Ebbene, grazie anche ad una mia splendida amica lettrice, ho constatato che nel libro non esiste niente di tutto ciò, e la citazione è costruita prendendo parti diverse da altri libri.
In questi giorni, mi è capitato di rileggere un post che sostiene questo:
Anni fa, uno studente chiese all'antropologa Margaret Mead quale riteneva che fosse il primo segno di civiltà in una cultura. Lo studente si aspettava che Mead parlasse di armi, pentole di terracotta o macine di pietra. Ma non fu così. Mead disse che il primo segno di civiltà in una cultura antica era un femore rotto e poi guarito. Spiegò che nel regno animale, se ti rompi una gamba, muori. Non puoi scappare dal pericolo, andare al fiume a bere qualcosa o cercare cibo. Sei carne per bestie predatrici che si aggirano intorno a te. Nessun animale sopravvive a una gamba rotta abbastanza a lungo perché l'osso guarisca. Un femore rotto che è guarito è la prova che qualcuno si è preso il tempo di stare con colui che è caduto, ne ha bendato la ferita, lo ha portato in un luogo sicuro e lo ha aiutato a riprendersi. Mead disse che aiutare qualcun altro nelle difficoltà è il punto preciso in cui la civiltà inizia. Noi siamo al nostro meglio quando serviamo gli altri. Essere civili è questo.
L'autore è qualche volta sconosciuto, altre volte Ira Byock, un medico scrittore americano. Dato che sono in vacanza, mi sono messo a cercare un po' di notizie, poichè secondo me questa affermazione è altamente improbabile che l'abbia detta l'antropologa Margaret Mead.
La prima evidenza della frase appare in un libro del 1980, Fearfully and Wonderfully Made, del chirurgo Paul Brand e di Philip Yancey, in cui dice "reminded of a lecture given by the anthropologist Margaret Mead, who spent much of her life studying primitive cultures".
La storia però cambia quando un articolo di Forbes durante la pandemia (del Marzo 2020) cita lo stesso episodio: How A 15,000-Year-Old Human Bone Could Help You Through The Coronacrisis di Remy Blumenfeld:
Years ago, the anthropologist Margaret Mead was asked by a student what she considered to be the first sign of civilization in a culture. The student expected Mead to talk about clay pots, tools for hunting, grinding-stones, or religious artifacts. But no. Mead said that the first evidence of civilization was a 15,000 years old fractured femur found in an archaeological site. A femur is the longest bone in the body, linking hip to knee. In societies without the benefits of modern medicine, it takes about six weeks of rest for a fractured femur to heal. This particular bone had been broken and had healed.
L'aggiunta è questa datazione del reperto osseo, e l'articolo continua suggerendo pratiche di condivisione di aspetti gioiosi e comunitari nei periodi di segregazione sociale imposto dal Covid19. L'articolo diviene virale e diffonde sul web lo stesso misterioso passo.
Tuttavia, pur ammettendo che in una determinata occasione non documentata Margaret Mead abbia detto come sopra, ad una domanda specifica "When does a culture become a civilization?", l'antropologa rispose così:
Well, this is a matter of definition. Looking at the past we have called societies civilizations when they have had great cities, elaborate division of labor, some form of keeping records. These are the things that have made civilization. Some form of script, not necessarily our kind of script, but some form of script or record keeping; ability to build great, densely populated cities and to divide up labor so that they could be maintained. Civilization, in other words, is not simply a word of approval, as one would say “he is uncivilized,” but it is technical description of a particular kind of social system that makes a particular kind of culture possible. (Bene, questa è una questione di definizione. Guardando al passato abbiamo definito civiltà le società quando hanno avuto grandi città, elaborata divisione del lavoro, qualche forma di conservazione dei documenti. Questi sono i fattori che hanno fatto la civiltà. Una qualche forma di organizzazione ( il senso di script è questo N.d.t.), non necessariamente il nostro tipo di organizzazione, ma una qualche forma di organizzazione e di conservazione dei documenti; capacità di costruire grandi città densamente popolate e di dividere il lavoro in modo che potessero essere mantenute. La civiltà, in altre parole, non è semplicemente una parola di approvazione, come si direbbe ad un altro “è un incivile”, ma è la descrizione tecnica di un particolare tipo di sistema sociale che rende possibile un particolare tipo di cultura. - fonte Talks with Social Scientists, a cura di Charles F. Madden, Southern Illinois University Press, 1968).
Che non è affatto la stessa cosa. Ci sono poi altre questioni, ancora più profonde: tra tutte, è "la cura medica" il fulcro della umanità? Non è che quella esigenza, in quel contesto storico preciso, era necessariamente più sentita e ben accolta?
Probabilmente non saprò mai se davvero Margaret Mead ha raccontato la storia del femore. Ma sono certo che ha scritto questo:
La natura umana è incredibilmente malleabile, tale da adattarsi accuratamente, con aspetti contrastanti, a condizioni culturali in contrasto (Sesso e temperamento in tre società primitive, Il Saggiatore, 1967, pag 184)
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schizografia · 1 year ago
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- Si può dire che quasi tutta la sua opera sia fatta di frammenti; da dove deriva questa sua predilezione per il frammento ?
- Dalla mia pigrizia. Per scrivere qualcosa di coerente bisogna essere persone attive. Io sono nato nel frammento. Ho scritto anche testi più coerenti, ma non vale la pena di citarli. Ora scrivo soltanto aforismi: sono vittima delle mie idee; visto che non ho fatto altro che attaccare la letteratura, attaccare la vita, attaccare Dio. Perché mai, in simili condizioni, si dovrebbe scrivere qualcosa di coerente? Per provare che? E' stata una logica inflessibile a indurre in me questa attitudine, che poi si confà alla mia indole. Non ho mai scritto niente senza partire da dati vissuti. Tutto ciò che ho scritto l’ho scritto a causa di questo e quest’altro. Perché, come le dicevo, ho avuto il vantaggio di non dover fare il professore, di non insegnare, di non fare nessun mestiere, di non essere quindi tenuto a un qualche rigore intellettuale. Mi sono sempre considerato un irresponsabile. Dunque per me scrivere significa dire ciò che voglio. Salvo poi contraddirmi, il che non ha la minima importanza. Non ho scritto per la rispettabilità, né per il successo. Per molto tempo in Francia sono stato praticamente sconosciuto. Tranne in alcuni ambienti molto ristretti. Allora mi sono detto: «Visto che la cosa si confà alla mia indole...». Sì, è vero: ho anche subito l’influenza dei moralisti francesi. Da giovane ho molto ammirato Chamfort, La Rochefoucauld e compagni. Ho letto Joubert, tutti i moralisti. Ma è soprattutto una questione di indole. Lei capisce, scrivere aforismi è semplicissimo: vai alle cene, una signora dice un’idiozia e questo ti ispira una riflessione, vai a casa e la scrivi. È più o meno questo il meccanismo, no? Oppure si ha una ispirazione in piena notte, un abbozzo di idea, alle tre del mattino la scrivi. E alla fine diventa un libro. Questo non è serio. Non si potrebbe fare il professore universitario con degli aforismi. No, proprio no. Ma penso che in una società che si disgrega questo genere di cose vada benissimo. Ovviamente non bisogna mai leggere un libro di aforismi da cima a fondo. Perché si avrebbe l’impressione di un caos e di una totale mancanza di serietà. Bisogna leggerlo unicamente di sera, prima di coricarsi. O in un momento di cafard, di disgusto. Leggere Chamfort dalla prima all’ultima pagina è totalmente privo di senso. Gli aforismi si distruggono gli uni con gli altri. Gli aforismi sono generalità istantanee, pensiero discontinuo. Ti viene un pensiero che sembra spiegare tutto, uno di quelli che si usa definire istantanei; un pensiero che non contiene molta verità, ma che contiene un po’ di futuro. Nelle esperienze della vita si può sempre verificarne il senso e il contenuto. E' un atteggiamento mentale che si deve avere. In Russia, nella letteratura russa non ci sono aforismi, che io sappia. In Germania molto pochi. Soltanto Lichtenberg e Nietzsche coltivavano il genere. Neanche in Italia. L’aforisma è una specialità tutta francese. Ma è un miscuglio di serio e di non serio. A volte faccio affermazioni completamente insensate, che mi rinfacciano. Potrei benissimo replicare: «Guardate, dico il contrario: basta che voltiate pagina». Non è che io sia un sofista, il moralista non è un sofista. Ma sono verità pensate nell’esperienza. Sono verità falsamente frammentarie. Bisogna prenderle come tali. Ma chiaramente il vantaggio dell’aforisma è che non si ha bisogno di fornire prove. Si tira un aforisma come si tira uno schiaffo.
Emil Cioran, Un apolide metafisico.
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Forse alla fine c’hai ragione tu, ormai vedo solo il marcio nelle persone. Accade, sai, quando per anni non hai fatto altro che vederne il buono, per poi finirne calpestata da chi di buono non aveva proprio niente.
-Credevoinquellostupidotiamo
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marcoleopa · 6 months ago
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Impresentabili
Il codice di autoregolamentazione delle candidature, ossia il decalogo approvato dalla commissione antimafia per tutte le competizioni elettorali, potrebbe essere sostituito dal più celebre titolo libro di Kundera “l’insostenibile leggerezza dell’essere”, dall’altrettanto acutissima riflessione del Lampedusa che parla per bocca dell’io narrante Don Fabrizio – “il nostro aspetto meditativo è quello del nulla che voglia scrutare gli enigmi del nirvana…”, o, per concludere, con il celebre aforisma sul nulla di S. Beckett – “niente è più reale del niente”.
Perché in fin dei conti di nulla si tratta. Di un vago codice che dovrebbe generare (in chi non è chiaro?), un alert di valenza etica, per candidati definiti pomposamente, impresentabili.
Fa persino sorridere, posto che per piangere non si hanno più le lacrime in e di questo miserrimo paese, le valutazioni della commissione antimafia (presidente tal Colosimo), che ritiene gli impresentabili in contrasto con il codice etico di autoregolamentazione, poiché hanno trascorsi per procedimenti giudiziari. Parrebbe che qualcuno/a, abbia persino un collaboratore/portaborse, condannato per mafia, come indicato dalla DDA a palazzo San Macuto, sede della commissione parlamentare per la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, commissione antimafia, Copasir e ufficio parlamentare di bilancio.
Detto così farebbe sorridere, ma ribadisco, non vi sono più nemmeno le lacrime.
Un breve excursus storico, potrebbe aiutare per comprendere il disagio: l’aspirante a una carica pubblica nel mondo dell’antica Roma, detto petitor, dopo aver depositato ritualmente la sua candidatura, indossava come segno distintivo la toga candida, da cui l’appellativo di candidatus, cioè candido, per dimostrare la purezza e l’onestà della propria persona e le future oneste intenzioni del loro operato.
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daimonclub · 5 months ago
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Aforismi volume quarto di C.W. Brown
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Aforismi volume quarto di C.W. Brown Aforismi volume quarto di C.W. Brown, un libro di 240 pagine di aforismi, pensierini e riflessioni, con un testo introduttivo e un saggio conclusivo. La gente cambia, e sorride: ma la sofferenza resta. T.S. Eliot Il surrealismo è semplicemente il riflesso del processo della morte. È una manifestazione di una vita rivolta verso l’istinto, un virus che accelera la fine inevitabile. Henry Miller Il surrealismo è distruttivo, ma distrugge solo ciò che considera catene che limitano la nostra visione. Salvador Dalì Il surrealismo cercava di superare la stupida e triste banalità della nostra realtà per avvicinarsi sempre più ad una possibile e allegra idealità. Carl William Brown Being a scholar of stupidity, how might I avoid to thank a lot of people for their existence. Carl William Brown The reward of sin is death? That’s hard. Si peccasse negamus, fallimur, et nulla est in nobis veritas. If we say that we have no sin, We deceive ourselves, and there’s no truth in us. Christopher Marlowe I momenti di felicità… Ne abbiamo avuto l’esperienza, ma ci è sfuggito il significato, come diceva Eliot. O per meglio dire, non ce ne siamo resi conto, così la vita è passata e alla fine non mi è rimasto che il dolore per la perdita della persona più cara, mia mamma. Carl William Brown Per chi ancora non mi conoscesse, riporto rapidamente qualche frase per presentarmi in modo molto sintetico. Io sono Carl William Brown, il vendicatore letterario. Questo è appunto il nome di penna del mio personaggio, un surrealista, umorista, nichilista, umanista e un po’ romantico. Questo infine è il mio motto, mutuato dal grande Giordano Bruno, ovvero “In tristitia hilaris, in hilaritate tristis”, che a sua volta probabilmente l’aveva ricavato da una citazione di Ovidio “Gaude tamen interdum et tristitiam solare modesta” oppure da qualche riflessione di Seneca o Cicerone, che avevano discusso ampiamente dell'importanza e dell'equilibrio delle emozioni e della moderazione; per cui niente di nuovo sotto il sole. Per gli amanti dell’Inglese, quindi abbiamo, Carl William Brown, the literary avenger. Surrealist, humorous, cynical, nihilistic, scientific, humanistic and romantic character. In tristitia hilaris, in hilaritate tristis. Come in tutti gli altri miei libri, anche in questo c’è una prefazione, un’introduzione aforistica, talvolta ci sono anche dei saggi, in genere scritti in un periodo posteriore al corpus del libro, poi vi sono degli aforismi introduttivi, e gli aforismi stessi del libro scritti invece in un periodo antecedente, anche vari decenni prima. Da questo aforisma contenuto nel libro si risale all'epoca della sua stesura. Anno di grazia di nostro signore 1996; la banca mondiale osserva che sulla terra c'è almeno più di un miliardo di persone che sono praticamente inesistenti, vi sono poi 40 milioni di individui che muoiono ogni anno per denutrizione, e vi sono ancora almeno tre miliardi di persone che vivono in povertà o miseria. Ma torniamo al presente. Oggi è una giornata schifosa, piove molto e c'è un forte vento. La natura non è matrigna, è più che altro una grandissima tragedia, per non usare altri termini più volgari, perciò dovrebbe scomparire al più presto e noi con lei. Il nostro pianeta merita infatti una situazione analoga agli altri, rocce, polvere, un po' di gas e dei metalli, basta, il resto della natura serve solo a fomentare la sofferenza e perciò non ha alcuna logica di esistere. Verso sera le condizioni atmosferiche sono migliorate, è persino uscito il sole, ma le mie considerazioni purtroppo non sono aleatorie come il tempo. Poiché ho inserito il mio testamento letterario e i lasciti del Daimon Club alla fine del terzo volume di aforismi, per questo libro ho pensato bene di tralasciare tale documento, tuttavia sempre per ricordarne il messaggio profondo, riporto questa citazione di Virgilio, come invito per approfondire il discorso. "Exoriare aliquis nostris ex ossibus ultor". (May an avenger arise one day from my ashes. Che nasca un giorno dalle mie ceneri un vendicatore). Non ho mai superato il trauma di essere venuto al mondo, non mi è mai piaciuta la stupidità dell'universo, e figuriamoci se potrò mai accettare il dolore per la morte di mia madre. Carl William
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Aforismi Volume Quarto Backcover INTRODUZIONE Love your suffering. Do not resist it, do not flee from it. It is only your aversion to it that hurts, nothing else. Hermann Hesse Se c'è qualcosa che può sostituire l'amore, questa è la memoria. Josif Brodski There is no greater sorrow than to recall happiness in times of misery. Dante Alighieri Happiness is beneficial for the body, but it is grief that develops the powers of the mind. Marcel Proust Lascia che ti abbracci amara avversità, perché il saggio sa che è l’unica cosa da fare. William Shakespeare Solo dopo aver perso la propria mamma per sempre si può capire l’essenza del vero amore e lo straziante dolore per la vita che se ne va. Carl William Brown Sul punto di morte si ricordò di sua madre che lo stava attendendo nella realtà che non esiste e quasi compiaciuto si consolò. Carl William Brown Se Freud avesse avuto a disposizione i sogni di mia madre sarebbe diventato ancora più grande di quel che è stato. Carl William Brown Quando mia madre era ancora viva ero sicuramente più felice di oggi dove posso solo avere ricordi del suo amore e un sorriso su una foto che mi rende così triste! Carl William Brown D’ora in poi voglio immaginarmi la morte come una tenera e affettuosa mamma che con estremo amore, stringendomi sorridente al suo seno per tutta l’eternità, invece di darmi la vita me la toglierà. Carl William Brown A parte mia madre, le donne mi hanno sempre stimolato ad approfondire la conoscenza della profonda illogicità esistenziale. Carl William Brown Mio padre e mia madre non ci sono più, ma il loro spirito vive in me, e quindi è ancora vivo, se non fosse però che io sono già morto. Carl William Brown La morte ha liberato mio padre e mia madre dai loro mali e mi ha imprigionato ancora di più nei miei. Carl William Brown E in questo frangente purtroppo non riesco inoltre a ricavarne alcun senso, se non che rendermi conto che la vita in fondo non è che una ruota, della tortura però. Carl William Brown Gesù Cristo, non sembrava nemmeno una persona defunta, e la morte sembrava averle dato persino ancora un po’ di vita, privandola di tutta la sua sofferenza e donandogli al contempo una mistica serenità! Ma il suo dolore non era andato lontano, bastava guardare il mio volto. Carl William Brown La mia testa è sempre invasa da una bufera di pensieri, di ricordi, di lampi, alcuni d'intelletto, altri più melanconicamente e quasi angosciosamente emozionali, soprattutto nei giorni di festa e in quei periodi in cui in passato ho subito dei traumi. Ora siamo in Aprile, il mese più crudele per Eliot, e siamo passati da una temperatura di 27 gradi, ad una di 7, in pochi giorni, quindi vale sempre il detto Aprile non ti scoprire. Per essere ancora più precisi oggi è il 25 Aprile del 2024, e per confermare la tradizione, ovvero quella del proverbio “Aprile Apriletto, tutti i giorni un goccetto”, ha appena smesso di piovere, infatti questi sono stati giorni molto bagnati, per il piacere delle infiltrazioni di acqua che abbiamo grazie alla guaina rovinata delle gronde dell’edificio in cui abito, ancora da riparare dopo ben 18 mesi dalla prima segnalazione al nostro amministratore, parola alquanto inadeguata per definire quella specie di elemento, che grazie ad un numero ancora più consistente di incapaci, fa finta di prendersi cura del nostro condominio. Già, è proprio vero, l'acqua non ha le corna, invece il nostro professionista, che ancora non si decide a far intervenire una ditta seria per porre rimedio alla problematica, deve essere proprio un grande cornuto. Dicevo ho sempre il cervello in subbuglio, e in questi giorni sono particolarmente triste; certo sono pochi mesi che è morta mia madre, ad ottobre, ma in questo periodo è ancora peggio; poi una mattina nel dormiveglia mi è sembrato di sentire la voce di mio Papà che mi chiamava, e lì ho capito, infatti mio padre è morto il 29 Aprile di 12 anni fa, e il 26 lo avevamo ricoverato, se non lo avessimo fatto, probabilmente sarebbe vissuto ancora alcuni mesi, ma ormai, non possiamo sfidare il nostro destino, e poi c'è sempre lo scrupolo di cercare di fare tutto il possibile, clinicamente parlando, e si sa, chi troppo vuole, nulla stringe. Quindi tutti i ricordi, belli e brutti, del mio passato mi perseguitano, soprattutto ora che sono solo, e come dice Ovidio, Tristis eris si solus eris (Sarai triste se sarai solo.) Come per il buddhista così anche per me, vale la pena di combattere la stupidità (ignoranza per il buddhismo), per raggiungere infine la libertà. (Nirvana) Carl William Brown La mia opera letteraria è come un grande puzzle. Ho già quasi tutto il materiale, poi non mi resterà che metterlo assieme. Carl William Brown Non esistono il conscio e l'inconscio, come del resto non esistono i vizi e le virtù e non esistono neppure la follia e la normalità, ma esistono invece la stupidità, l'avidità e la crudeltà. Carl William Brown Io ho molto in comune con i filosofi della religione. Essi si occupano del soprannaturale, io invece mi occupo della stupidità. Naturalmente cambiano i metodi di indagine. Carl William Brown Alcuni scrittori preferiscono concentrarsi sull'azione o sull'intreccio, altri sull'analisi psicologica dei personaggi, altri ancora sugli eventi storici o sui buoni sentimenti, altri ancora su complicati intrighi e assurdi crimini, o su inverosimili fantasie e improbabili utopie, io ho semplicemente preferito concentrarmi sulla stupidità. Carl William Brown Le religioni e la scienza sono due diversi tentativi di interpretare il mondo; con la sola differenza che le religioni si accontentano di procedere nel modo più stupido e banale. Carl William Brown Può darsi che le masse non siano in grado di perseguire il loro interesse, ma di certo sono abilissime nel favorire quello della stupidità. Carl William Brown
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Aforismi volume quarto di C.W. Brown Matthew Arnold pensava che per risolvere i problemi del suo tempo si dovesse diffondere a tutti una più ampia cultura di fondo; i nostri governanti invece pensano che per poter aggravare i problemi della nostra epoca si debba dare il massimo spazio alla pura imbecillità. Carl William Brown La stupidità è l'anima del conformismo sociale, mentre le istituzioni umane non sono che gli abiti della stupidità. Carl William Brown L'apparato giudiziario non è altro che lo sgualcito mantello che ricopre il corpo delle stupide convenzioni sociali. Carl William Brown Quando pensate di amare una donna alla follia e credete che non potreste più vivere senza di lei, ricordatevi di questa simpatica verità: " Nel far west c'è sempre qualcuno che spara più veloce." Carl William Brown La cultura, la conoscenza, e chi se ne frega; per vivere male non servono queste cose! Carl William Brown Leggere fa bene. Ogni libro contiene un mucchio di fesserie ed oggigiorno è molto importante conoscere la stupidità. O se preferite, per aver successo nella vita, è fondamentale essere stupidi. Carl William Brown Pagare è una convenzione e si sa, tutte le convenzioni sono arbitrarie, quindi anche il pagare è un arbitrio, un abuso. Questo lo sanno benissimo i datori di lavoro, che infatti pagano molto poco (rispetto al dovuto) i loro collaboratori. Carl William Brown L'incipit di un'opera letteraria è sicuramente importante; l'autore può scegliere tra una miriade di possibilità, ma ancora più importante è la scelta che il lettore, tra i tanti libri da leggere, farà. Carl William Brown Il Vendicatore letterario Una piccola biografia Lo stile aforistico Riflessioni sull’umorismo Riflessioni sulla guerra Il mio testamento Destra e sinistra Daimon origine e significati Introduzione alla Daimonologia Daimonologia applicata Daimon Club Experience Ars longa, Vita brevis Aforismi Volume I° Aforismi Volume II° Aforismi Volume III° Aforismi Volume IV° Aforismi celebri d’autore L’Italia in breve Aforismi Geniali Aforismi sull’amore Aforismi sulla dignità Aforismi sulle elezioni Aforismi sulla guerra Aforismi sulla malattia Aforismi sul Natale Aforismi sulle pensioni Aforismi contro il potere Aforismi sulla politica Aforismi sul sogno Aforismi sul teatro English quotes Best quotes on books Quotes on love Literary terms Aforismi per autore Aforismi per argomento Riflessioni e pensieri Saggi Read the full article
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pettirosso1959 · 8 months ago
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“La morte spaventa colui che, pur essendo conosciuto da tutti, muore sconosciuto a se stesso”.
Questo aforisma di Lucio Anneo Seneca fu la stella polare dell’opera di René Descartes, meglio noto come Cartesio, uno dei principali filosofi dell’età moderna.
Nato nel villaggio francese di La Haye il 31 marzo del 1596 e rimasto orfano di madre a nemmeno un anno, in assenza del padre lontano per lavoro fu cresciuto dalla nonna e dalla nutrice, per entrare a dieci anni nel collegio gesuitico della Flèche, da dove sarebbe uscito con una laurea in “Utroque iure”.
Uomo dalla mente brillante e animato da una curiosità a 360 gradi, si arruolò come volontario nell’esercito francese di stanza nei Paesi Bassi, dove incontrò il medico Isaac Beeckam col quale iniziò ad intrattenere un rapporto misto d’amicizia ed interesse culturale destinato a durare nel tempo.
Da lui apprese la passione per medicina, fisica e matematica, discipline cui si applicò con dedizione fino a intuire i principi della geometria analitica.
Decisivi per il suo futuro di filosofo furono gli incubi avuti nella notte fra il 10 e l’11 novembre del 1619, quando sognò che un vento fortissimo lo spingeva contro la chiesa del suo vecchio collegio, per poi udire la camera da letto pervasa da un rombo assordante come di tuono e vederla piena di fiammelle.
Si ritrovò infine seduto alla scrivania davanti ad un libro aperto su un idillio latino di Ausonio iniziante col verso: “Quod vitae sectabor iter?” (“Quale cammino seguirò nella mia vita?”).
Al risveglio, si convinse che quel vento rappresentasse il maligno, mentre il tuono fosse lo Spirito della verità che scendeva su di lui per indicargli il cammino da seguire, in risposta alla domanda formulata da Ausonio.
Da quel giorno, iniziò la sua ricerca che, dopo un lungo girovagare, l’avrebbe portato a stabilirsi nei Paesi Bassi, non solo per il clima a lui gradito, ma soprattutto per la possibilità di lavorare e studiare in completa solitudine ed anonimato, al riparo da fastidiosi e poco graditi visitatori.
Pur ritiratosi, come ebbe a scrivere, “nel deserto più remoto”, non si privò di certe comodità per lui irrinunciabili, quali la possibilità di godere di biblioteche ben fornite, università accoglienti, prodotti d’ogni tipo e qualità sempre assicurati dai traffici marittimi degli Olandesi, un popolo da sempre più intento a lavorare che a impicciarsi dei fatti altrui.
Durante il suo lungo soggiorno nei Paesi Bassi, fu eseguito dal pittore Frans Hals il bel ritratto che ci mostra un Cartesio vestito di nero, con lo sguardo severo ed un po’ enigmatico del filosofo di professione.
Numerose furono le opere scritte in quegli anni fecondi, a partire dal 1629: la “Meditatione de prima Philosophia”, “le Meteore”, “la Geometria”, i “Principia Philosophiae”, “Le Monde ou Traitéde la Lumière”.
Sempre nei Paesi Bassi fu pubblicata la sua opera fondamentale, “Il Discorso sul Metodo”, alla prima riga del quale si legge: “Il buon senso è la cosa meglio ripartita al mondo, perché ciascuno pensa di esserne provvisto tanto bene da non desiderare di averne in più”.
Con un’evidente punta d’ironia Cartesio mira subito al nocciolo della questione: del buon senso, consistente nella capacità naturale di distinguere il vero dal falso, non basta essere provvisti, ma bisogna anche saperlo usare.
La sua indicazione è di non accettare niente per vero, se non lo si riconosce come tale: per non scambiare il vero col falso ci si deve lasciare guidare dall’intuizione razionale, evitare precipitazione e pregiudizi, ma soprattutto dare spazio al dubbio.
Paradossalmente, è proprio il dubbio usato come metodo che ci permette di uscire dall’incertezza, perché vero è soltanto ciò di cui non si può dubitare.
Dal dubbio al famoso “Cogito” il passo è breve: anche se pensassimo, infatti, che è tutto falso ciò che ci circonda, dovremmo almeno ammettere che noi che pensiamo siamo qualcosa, esistiamo.
Ecco dunque che “Cogito ergo sum” (“Penso, quindi sono”) e se sono, esisto, posso percepire la mia anima, il mio essere pensante, rendermi conto della mia imperfezione e proiettarmi di conseguenza verso ciò che invece è perfetto, ovvero verso Dio.
Accompagna questo scritto il “Ritratto di Rene’ Descartes” di Frans Hals, 1649, Museo del Louvre, Parigi.
(Testo di Anselmo Pagani)
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lorenzospurio · 10 months ago
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N.E. 01/2023 - "Emozioni", un aforisma di Claudio Tonini
Commuoversi è inabissarsi nelle pagine più toccanti del libro della propria anima. * Questo testo viene pubblicato su questo dominio (www.blogletteratura.com) all’interno della sezione dedicata relativa alla rivista “Nuova Euterpe” a seguito della selezione della Redazione, con l’autorizzazione dell’Autore/Autrice, proprietario/a e senza nulla avere a pretendere da quest’ultimo/a all’atto della…
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agrpress-blog · 11 months ago
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Amoreamaro. La raccolta di Piero Meli sull’amore. Coppie di innamorati - o che almeno lo sono stati nel tempo -  i personaggi di Amoreamaro, il libro di Piero Meli. L’amore è l’argomento principale su cui si posano i pilastri della raccolta. Amore vissuto, amore consumato, amore ammuffito dal tempo, amore non corrisposto, amore mai dichiarato. Sono molte le facce raccontate da P. Meli, ognuna fra le quali presenta una storia sensazionale in cui lettori/lettrici di ogni età non faranno fatica nel rivedersi in quei ruoli. Il testo di Meli è una raccolta di racconti sentimentali, che tuttavia non cadono nel genere rosa; al contrario, mostrano la vera faccia dell’amore contemporaneo. Un amore 2.0 in cui vengono ripercorse le relazioni moderne e la precarietà in cui esse sono costrette a vivere. L’autore tira le somme ad un vero e proprio resoconto di vita, i personaggi da lui descritti accompagnano il lettore/lettrice in un mondo “in movimento”, in cui l’amore è in scena o sta per essere interrotto. All’interno del testo si troveranno amori negati, amori interrotti, amori lasciati scorrere nel tempo ma svuotati della loro enfasi. Verso la metà del testo, invece, il lettore si imbatterà nell’immediatezza dei social, nella rapidità con cui si comunica un no e un sì, fino a giungere ai sentimenti cosiddetti “liquidi”, già preannunciati dal grande sociologo Zygmunt Bauman (1925-2017). Lo stile di Meli ben si rifà a quello di Charles Bukowski (1920-1994): immediato, diretto, ma soprattutto con una dialettica tale da toccare argomenti ad alto contenuto sensibile in maniera leggera. Un approccio, quello di Meli, che esalta i sentimenti e che, nello stesso tempo, sottolinea la nostalgia emozionale, senza dimenticare la giusta dose d’ironia. Il libro di Meli potrebbe essere definito “tridimensionale”, poiché ogni storia sembra abbandonare la carta stampata, per lasciare fluire profumi, colori, forme. Un testo in grado di accompagnare i suoi lettori soprattutto nella città di Bari, pregna delle sue bellezze. Una forte suggestione giunge ai lettori, con descrizioni sensoriali di luci ed ombre. È Bari la protagonista indiscussa, con le fresche note di fiori d’arancio, gli squarci dell’alba e la brezza marina, elementi pronti a condire le fattezze e gli eventi che Meli magistralmente crea di volta in volta. Ogni racconto assume le sembianze di un quadro perfetto, dove sullo sfondo l’azzurro tinge a colori pastello ogni coppia di sfortunati amanti. Di grande impatto le citazioni autoprodotte, che Meli fa dire a “Il tizio dell’alba”. Egli, capitolo dopo capitolo, precede gli eventi, regalando un aforisma in grado di anticipare i sentimenti che di lì a poco si dispiegheranno. L’amore raccontato da P. Meli è sensuale, vorace, talvolta incapace di riprendersi dalla mareggiata della vita. Un libro che fonde il rosa con i toni crudi della realtà, dove, presto o tardi, è opportuno fare a pugni con l’imprevedibilità delle cose. Amoreamaro di Piero Meli, pubblicato da Secop Edizioni - genere: narrativa; pp. 144 - è disponibile in libreria e online da dicembre 2023 (seconda edizione)
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Ho sentito una canzone alla radio
che mi ha fatto
pensare a te.
inutile dire
che è diventata
la mia preferita.
-Credevoinquellostupidotiamo
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