#adultescenza
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foggyrunawaybeard · 2 years ago
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I bar, le vinoteche, le discoteche per gli adultescenti; le salite e i gironi delle montagne, sono piene di ciclisti e motociclisti fai da te, in tutina tutta stretta, di una certa età, che si sono presi troppo sul serio, e non hanno capito i consigli di Enrico Brizzi.
ADULTESCENTE: adulto immaturo che mantiene indefinitamente gli atteggiamenti e le abitudini propri dell'adolescenza; gli adultescenti sono i destinatari privilegiati del mercato dell'intrattenimento, che si fonda sull'idea dell'eterna giovinezza, intesa come lunga incoscienza.
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yourtrashcollector · 1 year ago
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Lui era le sue debolezze, e quella era una grande certezza
Bernardo Zannoni, 25
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leonmarchon · 2 years ago
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COSA NE PENSO OGGI. - La scienza che non mi piace. (on Wattpad) https://www.wattpad.com/1342663770-cosa-ne-penso-oggi-la-scienza-che-non-mi-piace?utm_source=web&utm_medium=tumblr&utm_content=share_reading&wp_uname=LeonMarchon&wp_originator=sBpjOe%2BRppj3IzL2zNJqcs4Pby42GTfcGvRRRKAuRbb6cw0iRyMCf9yL073EkI4maMweAS%2BY9p5MMwPUMAR3FB%2B7fREKwX3zoLs5M2eBQkBUwjkI%2FC5jKjIx9XKmmd2k Raccolta di dissertazioni su vari temi.
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leonmarchon · 2 years ago
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Quando la scienza non è scienza.
Aureliano Stingi (@AurelianoStingi su Twitter), si definisce nella sua bio: "Scientific Director @Medendi2; MBA @mbaCDIITALIA; PhD Cancer Biology @unigenews; Bio-Mol @unito; Collab @repubblica @Lilt_Roma; TO-OXF-MAD-GVA":
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La cultura, il sapere, la scienza, non sono solo un insieme di dati, ma soprattutto il modo in cui uno specialista usa essa per aiutare gli altri - chiunque, non solo chi trovi gradevole, simpatico. Non è così che, però, la pensa Aureliano Stingi, noto volto del mondo scientifico che collabora con La Repubblica:
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Qualcuno, su Twitter, ha cercato di correggere quanto scritto da Aureliano Stingi, nel modo più rispettoso possibile:
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La vita è difficile per molti ed ognuno elabora in modo diverso ciò che lo intristisce: il compito della scienza è cercare una soluzione alla condizione umana, ad ogni sua problematica, unitamente all'amministrazione politica, alle disuguaglianze sociali, oggi sempre più forti.
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pensieridi3ris · 4 years ago
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Se Postman parlava di “scomparsa dell’infanzia”, oggi dobbiamo temere anche la scomparsa dell’adulto, sostituito da una lunga e interminabile adolescenza o adultescenza.
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b-a-d--habits · 6 years ago
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Riflessioni et Stronzate Alert
Ultimamente ho sentito spesso inneggiare al cosiddetto "voto di pancia"; la cosa non é sorprendente, in un periodo storico in cui le differenze tra le età si allungano sempre di più, dove - citando Ammaniti padre - si parla di "Adultescenza" (si é adolescenti fino ai 24 anni, e si é giovani fino ai 45!). Il pensiero più immediato che possa venire in mente é che l'emotivitá sia caratterisca intrinseca dell'adolescente; che l'immediatezza (che si voglia di slogan, legata ai social, chi più ne ha più ne metta) faccia presa si sapeva da qualche anno. Trovo tuttavia distintivo il fatto che si inneggi a tal modo all'istintività, tanto nel voto che nella richiesta di leggi sempre più naturali e meno positive, di una democrazia sempre più diretta, sempre più vicina a noi, sempre meno difficoltosa da comprendere, sempre più breve nei tempi burocratici. Ironico quanto iconico che tale naturalezza sia ció che contraddistingue "l'uomo naturale" nietzschiano, critica dell'uomo "primitivo" descritto da Rousseau (un piccolo richiamo sempre attuale e divertente da fare):
"Oppresso e quasi schiacciato da caste pretenziose, da ricchezza spietata, corrotto da preti e dalla cattiva educazione, e umiliato davanti a se stesso da ridicoli costumi, l’uomo nella sua miseria fa appello alla «santa natura» e improvvisamente sente che essa è lontana da lui come un dio di Epicuro. Le sue preghiere non la raggiungono, tanto profondamente egli è immerso nel caos dell’innaturale. Getta via con scherno tutti i variopinti ornamenti che poco prima gli sembravano le sue cose più umane, le sue arti e scienze, i vantaggi della sua vita raffinata; batte con il pugno contro le mura alla cui ombra è così degenerato e grida di volere luce, sole, foresta, rocce. E quando grida: «soltanto la natura è buona, soltanto l’uomo naturale è umano», disprezza se stesso e aspira a sé, oltre se stesso: uno stato d’animo nel quale l’anima è disposta a decisioni terribili, ma che chiama alla luce dalle sue profondità anche ciò che è più nobile e raro."
É questo un certo grado di emotività che mi ricorda in più parti temi de The Lord of the Flies di Golding (libro che ho sempre snobbato, ad essere sincero, ma che oggi mi é tornato prepotentemente in mente a difesa di questa mia opinione): il povero Simon (Shim'on, per gli apprezzatori della lingua ebraica, ovvero colui che ascolta), unico vero conoscitore della veritá, viene assassinato nel nome di una bestia - superstiziosamente inventata da alcuni membri del gruppo che la utilizzeranno poi per fare leva sui timori dell'intera comunità di ragazzi per prenderne il comando - che poi viene razionalizzata (a posteriori) nel corpo in decomposizione di un pilota paracadutatosi sull'isola, e ivi morto. Ci sono, ora, almeno un'altra decina di riferimenti simbolici che potrebbero tranquillamente essere attualizzati ed essere comunque estremamente efficaci (dalla conchiglia, al fuoco), ma ció che mi preme é: siamo ancora, davvero tutti fanciullini impauriti dall'oscuritá? Siamo davvero regrediti nuovamente ad uno stato di minoritá dalla quale eravamo - forse - riusciti ad uscire ponendo la ragione davanti alle nostre emozioni?
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westeggediting · 6 years ago
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Luke perì. L’estremo brivido di adultescenza – nostalgia e horror vacui – per l’immagine intonsa dal tempo di un James Dean 2.0, strizzato e basettone, e che adesso dilaga come è giusto tra grumi di social, preferibilmente nella versione shippatissima con Shannen Doherty braccia al collo, de consolatione koala: il paio che richiama, un po’ troppo, Luke Skywalker e il maestro Yoda che corrono avvinghiati lungo le vie della Forza, giù nelle paludi del sistema Dagobah. E insomma l’icona allampanata che fu, come si conveniva all’estetica montante in quel primo scorcio di anni novanta – almeno stando alla matrice “a togliere” di un maledettismo non tossico (ma patinato alquanto, corrusco, trafilato al bronzo) che si opponeva al Jason Priestley in odor di paffutaggine ovvero al truzzo palestra&birra Ziering, già allora inghiottibile dalle clementi aporie di uno Sharknado. E dunque inquieta icona, il nostro Dylan McKay, iclona – sia detto senza ironia – perché i cloni hanno i telomeri corti, vivono e splendono meno (pur sempre nell’inversione concessa al mito di riferimento: il Dean de cuius morto a ventiquattro anni), e poi permettetemi, icona forse dal sapore transitorio già nei suoi anni, che però sapeva ammiccare molto consapevole dal posterone-lato-finestra quando per avventura noi diciottenni riuscivamo a introdurci nelle stanzette di amene liceali, saggiamente rassegnate a barattare il pomeriggio con una nemmeno vaga somiglianza tra noialtri e l’idolo appeso con bardatura di stelline e autografo serigrafato e sorriso ecumenico, quello retrattile del rubacuori doc: pertanto là, in quel calendario di cloni sempre più deperibili, dovevamo credere potesse risolversi la nostra teen-age, e invece si trattava di finale provvisorio, di un destino messo tra parentesi, manomesso dalle ipotesi a venire, cioè pronto a ripetersi, avanti, di decennio in decennio, nel clamore di una California che si scopriva ondosa solamente nella prima puntata, i triangoli sentimentali sempre più scaleni e un retrogusto analcolico di Peach Pit, vai che sei ancora adolescente, vai che ce la fai a rincorrere i ricorsi, vai ancora con Beverly Hills, vai col reboot. - Fabrizio Patriarca
https://bit.ly/2C5g6lX
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