#abiti per capodanno
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Municipalità collinare, via Mario Fiore: contenuti lasciati sul marciapiede mentre si rimuovono i cassonetti per gli abiti usati
Nonostante gli impegni e le promesse non mantenute Via Mario Fiore ” Finalmente, dopo tante segnalazioni e proteste per chiedere la rimozione di tutti i cassonetti per la raccolta degli abiti usati, l’Asìa sta procedendo in tale direzione, anche se in qualche caso, come in via Mario Fiore, lasciando a terra il contenuto “. E’ quanto dichiara soddisfatto del risultato ottenuto…
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#Arenella#Comitato Valori collinari#contenitori per abiti usati#Gennaro Capodanno#Napoli#via Mario Fiore#Vomero
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In questo lungo week end sono venuti i miei genitori a trovarmi. Ho fatto più cose in questi 3 giorni con loro che in tutti i mesi passati. Abbiamo visitato la città semplicemente girando senza una meta precisa. La mia mente non è stata diciamo tranquilla perché andando in giro e notando che il mondo gira attorno a me, sono io che sono ferma mi ha dato modo di pensare. Mi chiedevo se la gente sorridente che vedevo camminare se effettivamente quella risata era vera oppure se dentro di loro soffrivano. C'erano in giro tante coppie e le ho invidiate, chissà come sarebbe se fosse tutto piu facile. Oggi sono tornata alla vita di tutti i giorni, mi sento un mostro più delle altre volte, che è tutto dire. Mi sono detta che non va assolutamente bene e che domani devo sistemarmi al meglio per sentirmi discretamente. Sempre in questi giorni andando in giro sono passata davanti a molte vetrine dei negozi dove erano esposti molto abiti classici da capodanno e mi sono chiesta se mai ne indosserò uno e mi sono immaginata con lui con un abito nero pieno di luccichio con delle maniche lunghe e con la gonna fino al ginocchio, calze velate nere e un paio di stivali. Poco dopo sono tornata alla realtà e ho evitato che la mia immaginazione andasse oltre altrimenti altro che tristezza, più di quella che avevo già. E mi fermo qua. Andare a fare una passeggiata non sempre si può rivelare una scelta giusta per la propria anima.
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Sally dopo tanti anni ha capito che quando il suo uomo guarda la TV è inevitabile fermarsi a guardare un bel fondoschiena, visto che glielo sbattono in primo piano sullo schermo come fosse il panettone dell' anno, come fosse sempre Natale e capodanno. Sally dopo aver avuto problemi alla tiroide ha visto il suo corpo cambiare, portando con sé mille complessi e insicurezze riguardo il suo aspetto. Questa situazione l'ha spinta a smettere di spogliarsi davanti al suo uomo e a indossare abiti larghi per nascondere le sue rotondità. Ma un giorno tutto cambiò, quando Marco decise di sorprendere Sally con un regalo speciale: una vacanza al mare. Pur essendo grata dell'invito, Sally accettò con poca gioia, temendo di dover affrontare il suo incubo peggiore: i chili di troppo che la facevano sentire insicura e poco attraente. Giunti sulla splendida spiaggia, Sally decise di cercare conforto nell'ascolto della sua musica preferita, indossando delle cuffie per isolarsi dal mondo esterno. Ma mentre si rilassava, improvvisamente vide Marco agitarsi in mare come se stesse annegando. La paura la travolse e senza pensarci due volte si tuffò in acqua con tutte le sue forze per soccorrerlo. A un passo dal raggiungerlo, lui sorrise: "Guarda quanto sei bella mentre corri libera senza tutti i tuoi complessi! Dovresti vederti con i miei occhi per capire quanto sei splendida!" Inizialmente, Sally si sentì confusa e arrabbiata per lo scherzo del marito, ma presto si rese conto che quella era la prima volta, dopo tanto tempo, che si sentiva viva, apprezzata e desiderata con fervore. I loro sguardi si incrociarono e Sally notò un'emozione sincera e amorevole negli occhi di Marco. "Dio, quanto sei bella!" disse lui, e in quel momento, come per magia, ogni sua insicurezza sembrò svanire. Si sentiva amata, desiderata e accettata per ciò che era. Scoppiò una forte passione tra di loro che li costrinse ad osservare il mare dalla finestra appannata dell'hotel per interminabili ore. Marco la trattava e venerava come una Dea, l'avrebbe scelta al suo fianco altre mille volte. Sally era bellissima, ma i suoi complessi per troppo tempo le avevano impedito di potersi guardare realmente e amarsi. Da quel momento, Sally decise di abbracciare sé stessa e il suo corpo con una nuova consapevolezza. Iniziò a liberarsi dai vestiti larghi e ad abbracciare uno stile di abbigliamento più curato, aggraziato e raffinato. Non si sentiva più in competizione con quelle donne magre come dei grissini, perché finalmente aveva capito che la bellezza non si riduce a standard superficiali, ma risiede nella genuinità di ogni persona. Quella vacanza al mare segnò una svolta nella vita di Sally. La sua sicurezza cresceva di giorno in giorno, e il suo volto rifletteva una nuova luce, un'aura di felicità e amore per sé stessa. Capì che l'accettazione del proprio corpo e la fiducia in sé stessi erano il vero segreto per sentirsi veramente belli e felici. Da quel momento, Sally e Marco vissero una storia d'amore ancora più profonda, fondata sulla sincerità e sull'accettazione reciproca. E ogni volta che guardava la TV con lui, sapeva che poteva essere sé stessa, con tutte le sue rotondità e "imperfezioni", perché l'amore di Marco andava ben oltre l'apparenza abbracciando la bellezza unica di Sally in ogni sua sfumatura. Perché Sally non era come una di quelle donne da ammirare solo in copertina, lei era tutto il libro intero. Non era un culetto a mandolino sculettante in TV, lei era un programma intero che resta impresso nella mente e che non smetteresti mai di guardare e vivere.
Testo di Katia Monni
28 luglio 2023
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Il drago simboleggia diverse cose nella cultura cinese e orientale. Innanzitutto è simbolo di potere e forza: Nell'antica Cina si credeva che gli imperatori fossero discendenti di draghi e il drago era un emblema del potere imperiale. Pertanto, nascere sotto il segno del drago era considerato prestigioso e di buon auspicio.
Il drago è anche un simbolo di fortuna, la loro associazione con le piogge e l'acqua li rendeva simboli di prosperità e abbondanza, elementi essenziali per le società agricole. Per questo motivo, si riteneva che gli individui nati sotto il segno del drago fossero benedetti dalla fortuna e dal successo nella vita.
I draghi sono venerati anche per le loro qualità protettive. Si ritiene che allontanino gli spiriti maligni e portino benedizioni a chi è sotto la loro influenza. Era comune per le famiglie cinesi esporre motivi di draghi nelle loro case o indossare abiti a tema di drago per invocare protezione e fortuna.
Nella mitologia cinese i draghi sono spesso rappresentati come creature sagge e nobili. E allo stesso tempo sono stati spesso associati alla longevità e all'immortalità. Nella mitologia cinese i draghi vivevano anche migliaia di anni. Si credeva dunque che nascere sotto il segno del drago potesse assicurare una vita lunga.
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oggi ho sia pranzato che cenato, e credo di aver finalmente tranquillizzato mia madre, che giusto l'altro giorno continuava a fare commenti su quanto fossi magra.
avevo una paura fottuta che mi facesse salire sulla bilancia per mostrarle il mio peso, dato che alla sua domanda "quanto pesi?" le ho detto che l'ultima volta che mi sono pesata era stato un po' di tempo fa ed ero 54 kg (il che non è stata neanche esattamente una bugia).
faceva i paragoni tra me e lei, tra la nostra altezza e il nostro peso, e diceva che 54 kg sono troppo pochi dato che lei è più bassa di me e pesa 57 kg (ha un fisico robusto ma non grasso, direi che è la forma a rettangolo del suo corpo a svalutarla molto), e giuro mi sarei messa le mani nei capelli.
non è abituata a vedermi "magra", non mi ci ha mai vista, sono comunque stata normopeso tendente al sovrappeso per tutta la mia vita, tranne dalle elementari addietro dove ero semplicemente sovrappeso, quindi vedermi senza la pancia che pare al 6 mese di gravidanza l'ha spaventata non vedendomi mai con vestiti aderenti o troppo scoperti.
sarà stato semplicemente l'impatto, ma è sicuramente stato meglio mangiare oggi entrambe le volte davanti a lei (ho finito entrambi i piatti pur sforzandomi) piuttosto che vederla obbligarmi a sedermi a tavola quando tutto ciò che voglio è un caffè.
a pranzo ho mangiato una porzione di noodles in brodo a manzo della saikebon, mentre a cena ho mangiato due polipetti medi con sugo di pomodoro Rosina e una fetta di pane fritto spugnata al suo interno.
facendo un conto approssimativo poiché della cena non conoscevo minimamente la grammatura e l'olio per friggere il pane mi sembrava abbastanza, credo di aver assunto tra le 550 kcal e le 700 kcal.
mi sono pesata poco fa a stomaco ancora pieno e senza essere riuscita ad andare in bagno tutto il giorno purtroppo, sono 48,2 kg... levandoci i liquidi credo di stare semplicemente a 48 kg, poi domani vedrò se succede qualche miracolo, che magari il mio metabolismo apprezza, chissà.
spero mi si sgonfi almeno la pancia, che domani sera vorrei uscire e vestirmi in modo carino ora che me lo posso quasi permettere.
dalla settimana prossima poi andrò al mare, e devo assolutamente poter indossare i bikini!
mi mancano meno di 5 kg al mio ugw, sono a poco più di metà strada dato che ne ho persi già 5 in queste due settimane e mezza!
e poi ci sta anche il fatto che ho solo altre due lezioni di pilates davanti, quindi poi continuerò facendo sala, quindi watch me correre sul tapis roulant per un'ora intera, carina e sudata mentre brucio le mie calorie in eccesso inesistenti e sciolgo il mio grasso🤭
dai dai dai che ci sono, sono sul pezzo, sono in gioco al 100%.
avessi messo la testa a posto almeno una settimana prima, a quest'ora sarei stata almeno 2 kg più vicina al mio ugw T~T
ma vabbè, NON FA NIENTEEEEEEEE
queste vacanze partirò col fisico dei miei sogni, e in valigia solo abiti che lo mettano in mostra ad ogni ora del giorno.
questo ferragosto alla nottata ci andrò con solo un bikini e un pareo addosso, ricoperta di brillantini, treccine, un trucco accattivante, il corpo liscio e magro che attirerà anche lo sguardo invidioso della luna.
questo halloween non mi farò un vestito spaventoso per poter mascherare la bellezza di 56,5 kg sotto panni larghi, no, devo mettere la cosa più attillata del mondo ed essere la più attraente, fare invidia alla gente, essere l'ennesima donna che si veste in modo sexy ad halloween come fanno tutte le altre per quell'occasione, cosa che io non ho mai fatto per paura e vergogna.
questo natale sembrerò una vera bimba mentre scarterò i regali, per quanto piccola sembrerò dal mio fisico.
questo capodanno alla nottata sarò quella che si ubriacherà per aver fatto un solo sorso di vino e che verrà presa in braccio più volte da qualsiasi mio/a amico/a per quanto sembro leggera, solo per scoprire che io SONO leggera.
e ci arriverò a quel punto! mi ci vedo chiaramente, come una visione.
è semplicemente il mio destino, e la confidence non mi manca più.
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Iran: ballano in piazza per l'8 marzo, arrestate due donne
(ANSA) – TEHERAN, 09 MAR – Due giovani donne sono state arrestate a Teheran dopo che un video sui social le ha mostrate mentre ballavano in strada per la Giornata della donna e per festeggiare il Capodanno iraniano, che inizierà il 20 marzo, in piazza Tajrish, a nord della capitale. Le due ragazze si sono vestite come Haji Firouz, un personaggio tradizionale che indossa abiti rossi, canta e…
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VOX BEATRIX
Buon anno 2024!
Il Festival della Luna Bianca (o Capodanno mongolo) celebra l'inizio dell'anno lunare e la fine dell'inverno. Si celebra in tutta la Mongolia all'inizio di febbraio. L'evento si festeggia in famiglia: pasti abbondanti, canti, balli tradizionali, ecc. La tradizione vuole che si liberi la casa dallo sporco per iniziare l'anno in grande stile. Tutte le famiglie fanno una grande pulizia e devono controllare ogni angolo della casa, poi bisogna fare una doccia per eliminare lo sporco dal corpo. E intorno alle 18 tutti si riuniscono attorno al tavolo per un pasto in famiglia.
Fai grandi pulizie oggi! Lasciamo alle spalle tutto ciò che non ha più il suo posto! Finiamo ciò che abbiamo iniziato, paghiamo i nostri debiti, riceviamo indietro i nostri soldi se li abbiamo prestati. Buttiamo ciò che è danneggiato o rotto... Ci rifacciamo il look, con abiti nuovi e puliti!
Buon Anno Nuovo del Drago di Legno!
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Seguici sul:https://notizieoggi2023.blogspot.com/2024/01/oltre-gli-adv-il-nulla-ecco-perche.html Oltre gli adv il nulla: ecco perché Chiara Ferragni rischia di sparire Niente Fashion week di Milano, saltata anche quella di Parigi, niente adv. Si può riassumere così l'ultimo mese di Chiara Ferragni dopo il caso del pandoro Balocco, cominciato ufficialmente il 18 dicembre con l'annuncio da parte dell'Antitrust della sanzione alle sue società per oltre un milione di euro. Quella che sembrava essere una semplice grana amministrativa, che l'avrebbe portata a staccare un assegno e nulla più, si è poi trasformata in una tempesta mediatica e giudiziaria, che ora la vede indagata per truffa aggravata da minorata difesa. La prima storia arrogante, il secondo video video in lacrime, poi il silenzio: così si può riassumere la reazione di Ferragni alla rivolta social per quel sembra essere un'operazione commerciale ammantata dal velo della beneficenza. Da quel momento, Ferragni ha tenuto un basso, bassissimo profilo. È tornata a condividere qualcosa nelle storie solo a ridosso di Capodanno e le prime pubblicazioni sul profilo risalgono a pochi giorni fa. Piano piano sta tornando, ma quel che non sembra in procinto di rifare capolino sul suo feed virtuale sono le pubblicità. Non era mai successo che Ferragni saltasse la pubblicazione di contenuti promozionali per così tanto tempo, anche perché per lei questo significa non rispettare i contratti e, quindi, non ricevere i corrispettivi. Sensemakers, società di consulenza digitale, ha rilevato che nel 2023 l'nfluencer ha pubblicato 175 post promozionali per un totale di 53 marchi. Ma va considerato che ci sono diversi livelli di sponsorizzazione: gli "adv" sono, brutalmente, i post per i quali l'influencer ha ricevuto un corrispettivo e solo questi vengono considerati come pubblicità. Ma a questi si devono aggiungere i "gifted", ossia i regali ricevuti (uno è comparso ieri nelle sue storie) che Ferragni sceglie di mostrare, e poi ci sono i "supplied", che sono la merce di scambio nel mondo degli influencer. In sostanza un'azienda fornisce un bene o un servizio gratuitamente a patto che questo venga promosso sui social. Così Ferragni ha fatto gran parte delle sue vacanze in giro per il mondo negli ultimi anni. Ma fermandosi un attimo a riflettere, se dal profilo di Ferragni si tolgono i vari adv, gifted e supplied, e si tolgono anche tutti quei post in cui lei (furbamente) indossa gli abiti e gli accessori del suo brand, cosa resta? Restano i figli e il cane, usati per ingenerare un senso di tenerezza nel pubblico. Ma togliendo anche questo, di Chiara Ferragni cosa rimane? Nulla. Senza sponsorizzazioni, senza figli, cane e senza mostrare cose per le quali viene pagata, l'influencer milanese non ha in fondo nulla da offrire. L'assenza di sponsorizzazioni recenti è una sua libera scelta oppure sono i brand che non vogliono più sfruttare il suo nome, visto che si tratta comunque di una persona indagata (seppur non condannata) per truffa? Se fosse la seconda ipotesi, si tratterebbe del tramonto definitivo di Ferragni come influencer e, forse, anche come personaggio social. Perché andare avanti con il solo cane e i soli figli non può essere una scelta vincente e, forse, questo darà il via a una nuova classe di influencer più interessanti.
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🎄🎅👼🎁✨🤍💖 #DolceGabbana Special #DGHoliday. 💖🤍✨🎁👼🎅🎄
Nella collezione Holiday collidono in un unico straordinario racconto due universi quello della Dolce&Gabbana e quello delle grandi star della Golden Age di Hollywood riconosciute ed ammirate per i loro i meravigliosi abiti e look straordinariamente glamour. I designers reinventano e ci fanno sognare davanti a opere sartoriali di un’eleganza e impatto visivo mozzafiato, uno sparkling mood scintillante che donerà a tutti un’allure moderna, riconoscibile ed unica in ogni occasione.
Abito corto incrociato in paillettes argento con bordi in piume di struzzo: abito che rientra a pieno titolo tra le opzioni più adatte da sfoggiare durante le feste imminenti: quali migliori occasioni, se non Natale e Capodanno, per indossare il vestito più glamour in circolazione? Ricoperto di paillettes e abbellito da piume dona all'istante un fascino chic, luxury e brioso.
#dolcegabbana#dgholiday#dgfw23#dgwomen#dgchristmas#dgnewyear#dgholidays#dgpartylook#dgdress#lamodaèbellezza#lamoreèbellezza#dgstyle#dolcegabbanacommunity#domenicodolce#stefanogabbana
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Capo Vaticano
03.07.23.20
Sale time...
Capirai, Silicon Valley risponde. "Non compriamo in tempi di NATALE figuriamoci nel SUMMERTIME".
Lido Capri e chiacchiere sotto l'ombrellone. "Ci siamo conosciuti tra i banchi di scuola, avevamo appena 8 anni a testa... ognuno la sua strada e la notte di Capodanno ci siamo rivisti, uno sguardo, un bacio appassionato e WEDDING PARTY fu". A che età si smette di essere figli e si diventa #humankind?
La Signora Pina, la mia vicina di casa, ha un figlio che vive all'estero ormai da sei anni. Dottorato a Oxford e premio per la fisica in nove Stati. Chi se la scorda quella sua specialità. L'anno in cui ha detto "mamma ho una fidanzata". Il peccato e la vergogna. Mia nonna, vi ho mai parlato della sua ossessione per le fiction? Soap Opera, sorelle di Manuela, amiche di Valentina, il decimo nono marito di Stefania e...
Fatto è: NULLA.
L'AMORE è anche questo, a casa con i tuoi. Nella testa con chi vuoi.
E se scopri che abiti a Giugliano e hai la residenza a Pordenone? Di dove sei? Lavoro. Cosa fai nella vita? Roma.
Cara Maga Matilda sei mitica,
ho fatto il botto. Vivo una vita altra e poi ancora e ancora OLTRE. Mamma e babbo finanziano le mie spese dalla nascita nonostante il posto fisso ad Oxford Upon. Come fare? Ti spiego. Mamma lo sa che faccio la ricotta, babbo mio pure. Mi leggono everyday. Social Addiction.erg every moment act. Scrivo scendo e sono a casa. Non mi dicono niente proprio e non sono del sud. Come fare?
Elena, sei un po' confusa o non sai come fare una cosa che fai? Cosa ti serve realmente? Un telefilm, uno serio però. Nessuno ti toccherà mai, tantomeno il Regno di Svetonia, finirà. Sei capace nelle tue capacità a scrivere cosa necessiti?
Lei, quella verità che non sono io e sono non io in quella casa sul lago e mai vista mare ma solo alba locale... NULLA.
L'AMORE è anche questo, una tazzina di caffè e un fenicottero rosa.
Non comprendo tutta quest'ammorbamento. Mai visto tanto OLTRE e tanta lagna. Elena siamo in estate, tempo di relax, mare, uscite serali. Tempo di BELLEZZA ASSOLUTA. Tu pensi realmente che gente come me stia a piangere con te la tua sorte avversa? Eppure la casa al mare con piscina extra lusso... mi hai mai invitata?
Quelle come te sono qualcosa di talmente luccicante che neanche l'occhiale NERO TOTAL riuscirebbe a distogliere l'attenzione. Mai inosservata, vacanza da sogno, spa extra lusso, famiglia allargata, villa, casa al mare, casa in montagna, la REGINA delle QUEEN.
Cura il tuo aspetto fisico, riempi la casa di... TE.
Asia scrive: sto pulendo casa da stamattina. Primo giorno di vacanza e pulizie generali. Rientro a scuola a settembre e mi godo la mia famiglia. Sono rientrata a casa dai miei ed è sempre come avere 14 anni. Buone vacanze a tutti voi.
Silvana scrive: Due mesi di meritate vacanze per me che lavoro poco e niente. Soliti amici e... USCITE SERALI.
L'AMORE è anche questo, se bella vuoi apparire MOLTO MOLTO devi soffrire.
Come si fa ad essere femmina e ad avere una repulsione tale alla cura della propria persona? SI FA.
Che poi, stiamo insieme da sempre. Ci siamo conosciuti su una chat di meeting e facciamo coppia fissa sui social.
"Cosi deve essere. Specchio delle mie brame. A me tutto e a te solo la malattia. Io sono GRIMILDE".
#svalvolina91#nsa#la ragazza con la valigia#summermood#summervibes#biancaneveshouse#laragazzaconlavaligia
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Capodanno Cinese
Il Capodanno cinese, noto anche come Festival delle Lanterne, è una delle festività più importanti per la comunità cinese in tutto il mondo. La celebrazione segue il calendario lunare cinese e cade tra gennaio o febbraio, solitamente tra il 21 gennaio e il 20 febbraio.
Il Capodanno cinese ha origine in una antica leggenda che narra di un mostro chiamato Nian che attaccava i villaggi durante la notte del Capodanno. Gli abitanti del villaggio scoprirono che Nian era spaventato dal rumore e dai colori vivaci, quindi iniziarono a fare rumore con tamburi e petardi e a decorare le case con lanterne colorate e bandiere per tenere lontano il mostro. Questa tradizione è ancora viva oggi, con molte persone che fanno rumore con i petardi e decorano le loro case con lanterne e bandiere colorate durante il Capodanno cinese.
La celebrazione del Capodanno cinese dura per 15 giorni e comprende una serie di tradizioni e rituali, tra cui la pulizia della casa, l'addobbare con fiori e piante, la preparazione di cibi speciali e l'invio di auguri e regali ai propri cari. Il giorno dell'anno nuovo cinese, i membri della famiglia si riuniscono per un pranzo tradizionale, che spesso include piatti come zuppa di noodles, ravioli e zuppa di riso glutinoso.
Un'altra tradizione importante durante il Capodanno cinese è il rito del saluto agli antenati, in cui i membri della famiglia offrono incenso e preghiere ai loro antenati defunti. Inoltre, durante il Capodanno cinese, è tradizione indossare abiti rossi, poiché il colore rosso è considerato propiziatorio e in grado di allontanare le energie negative.
Il Capodanno cinese è anche conosciuto come il Festival delle Lanterne, e in molte città cinesi vengono organizzate parate con lanterne colorate e spettacoli pirotecnici. Inoltre, durante il Capodanno cinese, molte persone vanno ai templi per pregare per la salute, la prosperità e la felicità per l'anno a venire.
In conclusione, il Capodanno cinese è una delle festività più importanti per la comunità cinese e celebra l'inizio di un nuovo anno con tradizioni e rituali che vanno dalla pulizia della casa alla preparazione di cibi speciali all'invio di auguri e regali.
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Napoli, via Tino di Camaino: scassinato un cassonetto per abiti usati
Occorre eliminarli dalle strade e sostituirli con centri di raccolta Via Tino di Camaino: il cassonetto scassinato ” Gli abitanti della municipalità collinare, che comprende i territori del Vomero e dell’Arenella, dove risiedono quasi 120mila napoletani, per gli aspetti legati alla sicurezza, oltre a combattere contro una criminalità dilagante, con una particolare attenzione a…
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#Arenella#cassonetti per abiti usati#Comitato Valori collinari#Gennaro Capodanno#Napoli#via Scarlatti#via Tino di Camaino
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Genova, fermati padre e figlio per rapina commessa la mattina di Capodanno
Genova, fermati padre e figlio per rapina commessa la mattina di Capodanno. Domenica alle ore 4:20 del mattino due ragazze, mentre erano all’interno del locale di distributori self-service sito in via Piacenza, sono state avvicinate dai due uomini. Inizialmente il più giovane si è limitato a chiedere loro un euro per poter prelevare qualcosa, ma alla loro risposta negativa il 38enne ha estratto una pistola di colore nero e l’ha puntata prima alla testa e poi alla vita delle due giovani. I due uomini, che dai successivi controlli sono risultati essere padre e figlio, gli hanno così intimato, senza mai distogliere l’arma, di dare loro i soldi e i cellulari per poi darsi alla fuga. Le due giovani sono state raggiunte poco dopo dal gruppo di amici con cui avevano trascorso la serata che hanno subito chiamato il numero di emergenza. All’arrivo della volante del Commissariato di Chiavari le due ragazze, ancora sotto shock, dopo essere state tranquillizzate dagli operatori, hanno fornito le notizie necessarie per avviare le indagini e hanno poi sporto denuncia presso gli uffici del commissariato. L’accurata descrizione dei rapinatori ha permesso agli investigatori di dare loro subito un nome, in quanto già noti alle Forze dell’Ordine per numerosi precedenti di Polizia. Di fondamentale importanza per la riuscita delle indagini è stata la visione delle telecamere di videosorveglianza del Comune e del locale che ha permesso di confermare l’identità dei rapinatori e di ricostruire perfettamente i loro spostamenti dopo l’evento criminoso. I poliziotti nel corso della stessa mattinata hanno inoltre effettuato dei controlli presso le abitazioni in cui padre e figlio, senza fissa dimora, saltuariamente si recavano per soggiornare, tra cui anche quella della madre del 38enne. L’epilogo è avvenuto proprio in quest’ultimo domicilio, dove l’equipaggio di una volante dell’ U.P.G. e S.P. ha rintracciato padre e figlio e ha ritrovato anche gli abiti utilizzati durante la rapina. Fatta salva la presunzione di innocenza, gli uomini sono stati sottoposti a fermo di polizia giudiziaria poiché gravemente indiziati di aver commesso la rapina e accompagnati presso il carcere di Marassi, dove il fermo è stato convalidato.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Allora vado carrefour manca soltanto il detersivi lavatrice set asciugamani accapatorio appendi abiti due scarpe una ciabatta piedi un giubbotto omino bianco vero e calfort vero non merdate da discount. Le pentole e caffettiera pietra no gas perché gas è da pezzenti poi le posate spremi agrumi frullatore e scola posate dei bicchieri piatti plastica, deodorante ambiente e persona shampoo e bagnoschiuma e ho tutto in due giorni... e loro restano pezzenti sotto la neve senza sale e senza materie prime e beni di prima necessità in tutto il mondo per 49 giorni.... 7 per 7.....che credevate? Mo vi castigo per bene bene.... Come dice METTI IN UNA CENA A SETTEMBRE te lo do io halloween natale e capodanno merde e stregoni.... Due giorni arredo casa e terzo tutti CAPUT.... gatti a freddo è pretesto per aumento castigo.... Ra nun mim (presso Don Vito's Cats Bar Home) https://www.instagram.com/p/CmMGh6RjCmw/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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wip 2021 pt. 2
C’è una strada in discesa di fronte alla scuola elementare, un lungo nastro di asfalto che si srotola giù per un fianco della collina, costeggiato da palazzi anni Settanta, squadracciati e non particolarmente alti, tra le quali si incastrano viuzze che salgono verso questo o quel cancello.
Gli hanno una volta rivelato che una larga parte di quei cancelli è solo decorativa, che la maggior parte delle persone che abitano in quella zona la usa come vezzo più che come deterrente dall’altrui compagnia: un cancello fa status, denota qualcosa da proteggere e delimitare, anche se questo qualcosa è un appartamente piuttosto stretto in un vecchio condominio dai muri dipinti di un arancione scuro ora cotto dal sole.
C’è una curva in quella strada, ed un palazzo che sembra un po’ più alto degli altri perché affonda le sue radici nella strada sottostante e guarda, con interesse, verso la parete scoscesa su cui il centro storico poggia, impassibile, come un gatto perennemente in bilico sul bordo di una credenza.
Proprio ai piedi di quel palazzo stranamente alto c’è un’officina, e ci sono due ragazzi, un motorino, una macchina parcheggiata in attesa del suo turno che osserva un’altra venir smontata e rimontata con cura, e il sole che bacia solo metà del piazzale oblungo. È bello quel posto, non è buio eppure la luce non lo bagna mai del tutto, c’è sempre una piccola pozza d’ombra in cui nascondersi quando l’estate si fa bollente ed anche lavorare dentro al garage diventa un’esperienza piuttosto asfittica.
Antonio non ha ancora vissuto un’intera estate lassù, e dubita fortemente che possa essere calda quanto gli altri dicono, eppure in quel pomeriggio di fine febbraio può forse capire cosa i più intendono, perché si lamentano: il sole è strano quando si è lontani dal mare, colpisce in modo diverso perché non te l’aspetti.
Ciò non toglie che stia tentando di prenderselo tutto in faccia, respirarlo quanto più possibile, lavarsi via dalla testa tutta la pioggia delle settimane precedenti.
Poi d’improvviso il rumore di qualcosa che cade a terra, probabilmente una chiave inglese lanciata, ed un’imprecazione piuttosto colorita, forse sono davvero fortunati che non ci sia nessun altro lì davanti a parte loro due.
«’Sto motorino ha fatto l’Unità d’Italia.»
Giacomo si passa le mani sui jeans con veemenza, li sporca di grasso e qualsiasi altra cosa ci sia dietro alla scocca del suo bolide, continuando a guardarlo con la stessa aria di sfida con cui lo fissa da quando, circa un’ora prima, è arrivato in officina trascinandoselo dietro come una bicicletta particolarmente pesante su per i sali e scendi del paese.
«Dottore, mi dica, si riprenderà?»
Giacomo storce il naso, non scolla gli occhi dalla scocca blu abbandonata a terra; a volte vorrebbe sapere cosa vede in quell’ammasso di ferraglia che a lui sfugge, cosa sta leggendo tra i tubi a vista di un motorino che ha avuto giorni migliori. Giacomo concentrato è qualcosa di nuovo a cui un po’ tutti faticano ad abituarsi, una sfumatura diversa di quel ragazzo sempre un po’ assente che è stato fino a qualche mese prima.
«A riprendere si riprende, per carità, ma secondo me è meglio se ti fai un asino: va sicuramente meglio di questo coso e consuma meno. Quanto ci spendi per st’accrocco? Tra manutenzione e benzina già t’eri fatto una macchina, arrivato a questo punto.»
«Certo, poi parcheggio me lo cerchi tu.»
«Tanto il motoschifo sta sempre parcheggiato qua da me, non è che cambierebbe un granché e te potresti muoverti.»
Glielo ha già ripetuto almeno tre volte, l’ha quasi pregato di buttare quel motorino che non ha certo visto l’unità d’Italia ma sicuramente ha vissuto il diploma di sua madre, e Antonio sa perfettamente che potrebbe farlo ma, al contempo, la sola idea di rottamare quel cimelio che sta già cercando di rottamarsi da solo, gli crea un senso di disagio, una paura strisciante che lo fa desistere ogni volta.
Paura di cosa non lo sa, sa solo che non vuole lasciar andare il macinino anche se dovrebbe.
«Capirai, le traversate oceaniche mi ci faccio: da casa mia alla stazione, da casa mia a casa di Flavio, da casa di Flavio alla stazione...potrei pure comprarmi una bicicletta.»
«Ah, ma Flavio è ancora vivo?»
«Dipende da cosa intendi per vivo: respira ancora? Sì. Fa qualcos'altro? Non saprei.»
«L’altro giorno ho visto suo nonno, m’ha detto che non esce di casa da tipo Capodanno, che poi è l'ultima volta che l'ho visto, e che non lo sopportano più.»
«Due gennaio», si ritrova a rispondere di getto, lo corregge come ha corretto anche i nonni di Flavio, come si ripete ora che non ha più la pioggia e il cielo tetro come scusa per quel comportamento.
Tutto è solo quel che sembra, però se lo chiedi a chiunque giri loro intorno la risposta sarà sempre la stessa: no, non è vero, non funziona così, è solo un po’ di stanchezza.
Risultato: ora sono stanchi in due, in modi diversi, per motivi diversi, e comunque nessuno li ascolta.
Giacomo fischia e tira fuori una chiave inglese troppo lunga per essere davvero entrata nella tasca sinistra dei suoi jeans. Antonio però non si fa domande, lo osserva passarsela tra le dita come fosse una matita durante una lezione particolarmente noiosa mentre ammira una chiazza una a tre passi da lui. Si ritrova stranamente in apprensione per l’espressione impensierita che è sempre meno da Giacomo e sempre più da qualsiasi cosa questi diventerà in futuro, un mistero avvolto in quelle rughette che si formano sulla fronte quando corruccia le sopracciglia.
«Eh, cazzo, è il ventisette di febbraio magari il naso fuori dovrebbe metterlo. Neanche risponde ai messaggi, Gabriele quasi chiama Chi L’Ha Visto, poi fortuna gli hai scritto tu e l’hai tranquillizzato.»
«Gabriele sta tutto ansiato, s’ha da calmà arrivati a sto punto.»
Prova a pulire la macchia che Giacomo sta guardando, grattarla via col piede, e alla fine si sporca solo la gomma bianca delle scarpe e il grasso rimane lì, viscido e scuro.
«E comunque Flavio aveva detto che oggi mi avrebbe accompagnato, poi si è ricordato di non so che cosa che doveva rivedere e l’ho lasciato sui libri. Che poi fosse quello…è che probabilmente lo ritroverò sui libri ora che torno, ancor più probabilmente sulla stessa pagina.»
Un’altra generosa manata unta si aggiunge accanto alle altre sulla gamba destra dei pantaloni di Giacomo che ora guarda lui, alza il braccio per grattarsi il naso con il polso, e sembra tentennare.
«Vabbè, se non altro avete fatto pace.»
«Non è una questione di fare pace.» *
Gli piaceva di più quando al piano di sotto abitava ancora Lucrezia, che era sorridente e simpatica e metteva sempre la musica la domenica mattina, e soprattutto gli piaceva di più quando c’erano ancora i suoi panni stesi sulla via e lei lo salutava sempre affacciandosi alla finestra quando lo vedeva passare.
Ora, se guarda in basso dal minuscolo balconcino della cucina, vede solo delle persiane ostinatamente chiuse e il cartello verde fosforescente con su scritto “AFFITTASI”.
Lucrezia è trasferita perché la casa era piccola, un tempo intesa solo per il vecchio portiere di quel minuscolo palazzo, e la strada era scomoda, e trascinarsi una carrozzina con due gemelli dentro su per le infinite scalinate che dal parcheggio più vicino portano al palazzo sarebbe stato troppo difficile.
Quand’era piccolo lui era più comodo, sosteneva sua nonna, soprattutto perché non avevano ancora chiuso la stradina appena duecento metri più in là, una delle poche vie che non contemplavano il salire o scendere dei gradini per raggiungere la propria destinazione.
O forse no, non è vero che gli piaceva di più quando c’era Lucrezia, ché quando lo salutava dalle finestre credeva sempre di doverle delle spiegazioni, ché salutava sempre Francesca con un sorriso troppo largo quando li vedeva salire sapendo che in casa sarebbero stati soli e, si dice, forse oggi quel peso non l’avrebbe sopportato.
Dare spiegazioni non gli piace particolarmente, mal sopporta il doversi giustificare, e vivendo lui per primo nella beata convinzione che chi si fa i cazzi propri campa cent’anni non riesce a comprendere come, e soprattutto perché, sia possibile che il mondo intero non sia addivenuto alla stessa conclusione.
Lucrezia non era, ed è convinto che ancora non lo sia, una cattiva persona ma questo non significa che, per quanto possa mancargli ascoltare l’intera compilation di Battisti rigorosamente in vinile ogni domenica che Dio manda su questa terra, una parte di lui non stia gioendo nel sapere che una persona in meno ha visto il ragazzo davanti alla porta salire le scale con uno zaino particolarmente pieno sulle spalle.
Lo stesso ragazzo che lo aspetta sul pianerottolo con le mani in tasca e lo sguardo di chi non si aspetta davvero di vedere quella tavola di legno spostarsi quel tanto che basta da permettergli di entrare — e gli dispiace davvero, quell’espressione è colpa sua e non sa proprio come riuscire a non vederla mai più, a cancellarla, a togliergli ogni dubbio.
La meccanica del corpo umano, si ritrova a pensare, è una cosa bizzarra, così perfetta da non permetterti dubitare neanche per un attimo che la corazza di pelle ed ossa che abiti continuerà a funzionare perfettamente per tutta la tua vita, senza mai perdere un colpo, in un silenzioso insieme di ingranaggi fino alla fine dei tempi.
Ed è proprio questa illusione di perfezione che ti inchioda a letto in una mattina qualsiasi, quando tutto sembra funzionare nel modo giusto a parte il fatto che, no, non funziona affatto e il ronzio nelle orecchie lo senti solo tu, e le fusa del tuo gatto ti sembrano ingestibili perché quasi ti perforano il cervello.
A casa non c’è nessuno, i suoi sono partiti presto direzione Veroli per il funerale di un cugino del nonno, un tipo smilzo e storto che Flavio ha visto forse due volte in tutta la sua vita e che si era trasferito laggiù per nessun motivo, spinto da un irrefrenabile bisogno di spostarsi dalla Capitale alla ricerca di chissà cosa. C’erano voluti vent’anni di vita solitaria prima che incontrasse quella che poi sarebbe diventata sua moglie, una signora alta ed imponente che non amava particolarmente fare le scale e che, un paio di sere prima, aveva chiamato per annunciare che il cugino del nonno s’era incamminato sull’unica scalinata in cui non avrebbe potuto seguirlo.
Una pentola con le arance cotte riposa sul piano cottura della cucina, piena di qualcosa che non è ancora marmellata ma non è più frutta, le serrande sono alzate solo a metà e tutto sembra rallentato ed imbevuto dell’odore stucchevole degli agrumi cotti che si stanno pian piano caramellando.
Sua nonna non è una persona molto affettuosa, non nel senso stretto del termine, e il suo amore lo dimostra con gesti rari e parole fraintendibili però gli prepara sempre la marmellata e tenta di farla bollire quando non è in casa perché sa che odia gli odori troppo dolci, proprio come suo nonno.
E soprattutto sa che, proprio come suo nonno, ha bisogno di sentirsi in qualche modo rassicurato circa il proprio status affettivo all'interno della famiglia.
La marmellata è uno di questi rari gesti e Flavio sa che, se non fosse dovuta partire, avrebbe finito la sua opera facendolo uscire con una scusa qualsiasi come mettere la benzina alla macchina col serbatoio ancora mezzo pieno, o andare a fare la spesa nel supermercato più lontano solo per prendere quella specifica cosa che esiste proprio lì.
E invece la marmellata non è marmellata, è solo una pentola contenente una poltiglia gelatinosa di un arancione scuro che assomiglia un po’ a come sente ora il suo cervello: sciolto e pronto ad uscire dalle orecchie.
E Antonio aspetta sulla porta, ancora con le mani ben affondate nelle tasche del giaccone, ancora con la stessa espressione mentre butta un’occhiata verso l’interno.
«I tuoi si sono portati via la belva?» chiede, mentre Flavio si fa da parte quel che serve per farlo entrare e chiudersi la porta alle spalle con un sospiro che gli scioglie la tensione all'altezza del collo ma non il nodo doloroso che gli stringe lo stomaco in una morsa da ormai tre settimane.
Lo zaino dell'altro viene appoggiato con cura, ed un sospetto rumore di vetri, a terra proprio sotto all'attaccapanni, può sentire quel paio d'occhi azzurri fargli domande che la bocca non pronuncia e che vanno ben oltre la presunta assenza del padrone di casa, ovvero Cicerone, tra quelle quattro mura.
«La belva dorme sul mio letto.»
«Aspetto il giorno in cui mi dirai che tu sei andato a dormire sul divano per non svegliarlo.»
Flavio sorride e si sporge quel che basta per poterlo salutare per bene, lascia che si avvicini per poterlo baciare e sentire le labbra dell’altro rilassarsi contro le sue. Gli piace che quello sia ormai un gesto automatico, gli piace il fatto che la reazione di Antonio sia sempre la stessa e, soprattutto, gli piace che anche oggi il suo ragazzo abbia voglia baciarlo.
Non era scontato, così come non era assolutamente sicuro che l'altro si sarebbe presentato a casa sua, eppure eccoli lì, con la tuta per stare comodo, con un gran sorriso stampato in faccia perché ama quando i suoi piani vanno a buon fine, soprattutto quando danno come risultato il riuscire a stare insieme un po’ più del solito.
Vorrebbe evitare di sorprendersi ancora, dopo due anni sarebbe forse ora di acquisire un po' più di sicurezza in quel frangente, eppure si scopre totalmente incapace di farlo.
«Dici che ricominci a respirare o devo far valere il mio corso da bagnino?» domanda Antonio, accarezzandogli piano uno zigomo con la punta delle dita, proprio lì dove ieri ha sbattuto contro lo spigolo della finestra, nel disperato tentativo di separare Cicerone da un povero pettirosso che si era avventurato sul balcone, e dove si sta formando un alone violaceo.
Così sembra ancora più pesto, eppure Antonio lo guarda come se fosse qualcosa che vale la pena osservare.
«Sto respirando» replica, con poca forza, e le labbra di Antonio si stirano in un sorriso pallido, cauto, mentre sbottona il cappotto e sfila la sciarpa.
Improvvisamente è come se ogni tensione fosse sparita, ci sono solo loro due e la prospettiva di una serata ed una notte insieme, un risveglio che non implichi Giacomo o Gabriele che entrano in camera loro con una scusa qualsiasi e li trascinano fuori non appena aperti gli occhi. Chissà dov’è il problema, chissà se hanno davvero paura che il loro stare insieme possa in qualche modo minare la loro amicizia, lasciarli soli possa in qualche modo minare l’unità di un gruppo che già inizia a smembrarsi per le vicissitudini della vita.
«Peccato, niente respirazione bocca a bocca allora. Potevi anche fare finta.»
Scuote la testa, Antonio, e si allontana per appendere cappotto e sciarpa, aprire lo zaino per frugarci dentro probabilmente alla ricerca degli occhiali che ultimamente ha iniziato ad indossare quando ha mal di testa.
Dopotutto devono studiare, non tutto il pomeriggio perché ha promesso che non sarebbe stato così, però devono se non altro provarci.
«Perché, mi serve una scusa?»
«Magari serve a me, che ne sai?» *
«Dopodomani sono esattamente due anni che devo smettere di fumare.»
La risata di Flavio è calda contro il suo orecchio, un’inaspettata ondata di tepore in quella serata altrimenti gelida in cui l’aria di febbraio rende la luce dei lampioni sulla via un po’ più aranciata e brillante, luminosa nel gelo che gli intirizzisce la punta del naso ed il dorso delle mani.
Della casa di Flavio gli piace particolarmente quell’apertura nel muro della cucina, piccola e quadrata e proprio all’altezza giusta per appoggiarci i gomiti, che si affaccia sul balconcino: c’è la porta finestra, lunga e sottile e con delle tendine arancioni, e poi subito accanto c’è quella finestrella da cui l’altro si affaccia per fargli compagnia quando Antonio viene spedito fuori a fumare.
Si appoggia con la schiena contro la persiana, facendo bene attenzione che il fumo non entri in casa, costringendo l’altro a sporgersi un po’ di più sul davanzale di marmo che, al momento, deve essere la seconda cosa più fredda e rigida dopo le sue dita.
Se resta fuori più di cinque minuti ha paura di vederle cadere.
Le osserva nella luce calda, le nocche un po’ arrossate, la sigaretta girata un po’ storta che, incastrata tra indice e medio, si sta consumando mentre lo ascolta pensare ad alta voce.
«Ah sì?»
Si decide a prendere una boccata, mandando al diavolo tutta l’opera di convincimento fatta fino ad allora, chiedendosi se vale davvero la pena buttare via una sigaretta ormai fumata a metà. Il danno è fatto, dopotutto, potrebbe smettere con la prossima o potrebbe essere l’ennesimo Zeno Cosini ma senza la grazia di un qualche tipo di supporto psicoterapeutico.
«Eh, sì.»
Un altro tiro, il fumo soffiato via che si alza e si confonde con la condensa del respiro contro il freddo della sera.
Può vedere con la coda dell’occhio Flavio fissarlo in attesa di una spiegazione più articolata, sul viso l’espressione appena divertita di chi non aspetta altro che avere una nuova verità da assaporare.
«Sto cercando di trovare un modo poco imbarazzante per dirlo, datti pace.»
«La fase dell’imbarazzante l’abbiamo già passata da un bel po’. Insomma, il pigiama del Napoli...»
«Non quel tipo di...Senti, non eri te quello che “parlare dei sentimenti è imbarazzante”?»
«Eh, appunto, sono io mica te.»
Stavolta tocca a lui ridere piano, mentre fa precipitare un po’ di cenere giù dalla ringhiera.
«Quando t’ho baciato davanti al portone del comune tornando dal compleanno di Stefania, no? Avevo detto “se ci sta smetto di fumare”, anche perché so che ti dà fastidio.»
Si decide a rinunciare a quella sigaretta, la schiaccia dentro ad un posacenere di fortuna, uno di quelli che Flavio ripesca solo per lui dal fondo di una credenza in cui sua nonna stipa le chincaglierie figlie di viaggi vari ed eventuali.
Il souvenir dimenticato di oggi è gentilmente offerto da un viaggio che il fantomatico zio di Flavio ha fatto a Berlino durante l’ultimo anno del liceo, una roba di plastica trasparente un po’ sbeccata sul cui fondo si stagliano le silhouettes nere su fondo bianco di alcune attrazioni turistiche.
«Non avevi fumato tutta la sera.»
«Sì, vabbuò, è che magari...così non ti scansavi, no?»
«Tre mesi che aspettavo e secondo te me scansavo pure?»
Due anni prima era convinto che lo avrebbe fatto, che si sarebbe scansato, perché in quel periodo era tutto strano e leggere male i messaggi dell’altro era solo la degna conclusione di un nuovo capitolo della sua vita che sembrava non andare da nessuna parte da dodici lunghi mesi.
Era sicuro che l’avrebbe piantato in mezzo alla via, nascosto da quella curva che i palazzi fanno prima di aprirsi in un’altra piccola piazza abitata solo da una fontanella di pietra, con le labbra ancora calde di un bacio corrisposto ma non desiderato - perché succede quando si viene baciati, no? Il primo istinto è contraccambiare, poi si può decidere.
C’aveva pensato per una serata intera, giocando con il pacchetto di sigarette, cercando di resistere all’urgenza di accendersene una e continuando a ripetere come un mantra quella promessa a chissà chi: se la serata fosse andata bene lui avrebbe smesso di fumare.
Il giorno dopo, un Flavio piuttosto nervoso ed assonnato lo aveva chiamato per chiedergli se avesse voglia di farsi un giro, una chiacchierata, e ad Antonio era servito tutto l'autocontrollo di cui disponeva per rispondere un solo "A che ora?" a cui non aveva ricevuto una vera risposta.
Flavio era passato sotto casa sua appena dopo pranzo, insieme avevano comprato i biglietti dal tabaccaio ed avevano aspettato sotto alla pensilina rovinata l'arrivo del Cotral.
Avevano passato l'intero viaggio in autobus a far finta di pensare ad altro e si erano ritrovati a camminare lungo l'argine del fiume, l'acqua torbida, la stradina sterrata appiccicosa d'umidità sotto alle suole delle scarpe.
«Alle elementari ci portavano qui almeno una volta all'anno per fare birdwatching. Dicono che ci sono gli aironi ma io non li ho mai visti», aveva detto Flavio, riponendo il suo immancabile, quanto in quel momento inutile, paio di occhiali da sole nella tasca della giacca.
Poi non avevano più parlato, non davvero, c'erano state chiacchiere vuote e aneddoti idioti per riempire l'aria e il silenzio.
Si erano seduti sulle assi bagnaticce di uno dei moletti disseminati lungo l’argine, in quel nulla palustre solo loro, due barche tirate a secco e qualche uccello che sguazzava ignaro tra le acque del Tevere.
Flavio aveva sospirato, storcendo il naso come se fosse pensieroso e scontento della direzione che le sue riflessioni stavano prendendo. Una frazione di secondo dopo, lo stesso Flavio lo stava baciando con un trasporto che non avrebbe saputo cucirgli addosso, con le mani che si aggrappavano alle sue braccia e il viso bollente.
Non avevano fatto molto altro per l'ora seguente, ed avevano dovuto correre per prendere l'autobus prima che facesse buio, infreddoliti e con le guance accese, con gli occhi quasi febbricitanti.
Del viaggio di ritorno ricorda solo le risate sommesse, il modo in cui la mano dell'altro cercava la sua nella penombra di quel Cotral semivuoto mentre tentavano di toccarsi con ogni parte del corpo.
Flavio che si sporge e gli dice, come se fosse una sciocchezza, che spera di poter un giorno baciarlo su al Belvedere, davanti a tutti, sotto al sole o durante le feste, senza doversi nascondere.
Ché non ha senso nascondersi, ripeteva, ché non capisce dove sia il problema eppure deve far finta che sia così.
C'era voluto quasi un anno per fare avverare quella promessa, altri sei mesi perché diventassero uno parte della famiglia dell'altro in quel modo sottile e traballante e chiaro solo a loro che dà la stessa sensazione che precede un temporale.
E così la famiglia di Flavio lo tratta come hanno sempre trattato Gabriele, e così la sua famiglia tratta Flavio come tutt’ora farebbero con Vito se solo non abitasse a qualche centinaio di chilometri da lì - se qualcuno di loro ha capito qualcosa non è dato saperlo, quel che sanno è che per ora non piove e va bene così, anche se a volte pesa.
Anche se Antonio è costretto a dire una bugia, convincendo sua madre e sua sorella che in questo momento è a casa di Giacomo insieme a Flavio stesso, certo, ma anche a qualche altro amico per passare un sabato notte come tanti altri, qualche birra, una maratona di film.
Una mano tiepida si sporge dalla finestra per spostare una ciocca di capelli, un movimento leggero e delicato, e si volta quel che basta per poter guardare negli occhi il suo ragazzo e la cucina dietro di lui appena illuminata dalla luce sopra al lavello, il resto della casa avvolto nella stessa penombra che riveste la via silenziosa.
Che strana sensazione.
Che bella sensazione.
«Rientri?»
«Non lo so, forse voglio fare Capitan America.»
«Emblema di un paese capitalista e guerrafondaio?»
«Pensavo più figo e intirizzito. Calma il comizio, Lenin.» *
La prima volta che hanno dormito insieme non erano quasi neanche amici, ché per diventare amici c’hanno messo un bel po’ e la colpa è di entrambi.
Si sono ritrovati a condividere un letto dopo una trasferta romana, quando Antonio era solo il ragazzo nuovo che andava in classe con Giacomo ed era bravo a calcetto, e lui era uno che era stato appena mollato dalla ragazza e voleva solo una scusa per schifare chiunque. Ospiti a casa del cugino di Gabriele, un appartamento per studenti piuttosto stretto ma con un numero di letti improvvisati da far invidia ad un ospedale da campo, si era ritrovato a condividere un sottile materassino da campeggio con Antonio.
Schiena contro schiena, come consuetudine ed etichetta vuole quando due maschi sopra ai dieci anni condividono un giaciglio, e tentando di non toccarsi anche se lo spazio era quello che era e la coperta non permetteva loro di allontanarsi troppo, avevano trascorso le ultime ore della notte prima dell’arrivo di un’alba che li aveva colti quasi tutti svegli e veramente poco preparati.
Il telefono di Antonio non aveva fatto altro che vibrare, da qualche parte per terra, un ronzio profondo che era presto diventato un rumore bianco come quello delle macchine sotto alle finestre o del russare di Gabriele in corridoio. Lo aveva chiaramente sentito muoversi per prenderlo almeno un paio di volte, la luce fredda del display che per qualche istante illuminava la stanza prima di essere riposto di nuovo in compagnia di profondi sospiri e tentativi di trovare una posizione comoda per dormire.
E succede molte altre volte di dormire insieme, sempre per un motivo diverso, ed ogni volta rispondono entrambi con una scrollata di spalle perché ci sta, perché è plausibile, perché nessuno di loro è particolarmente infastidito dalla presenza dell’altro nello stesso letto. Flavio, inoltre, si è quasi abituato al fatto che spesso e volentieri Antonio si alza nel cuore della notte per andare a parlottare con qualcuno, con un tono di voce appena percettibile, prima di tornare a coricarsi e far finta di dormire per il tempo che resta.
A volte ripensa al coraggio che gli ci era voluto per sussurrargli, in uno di quei viaggi in solitaria verso l’angolo più recondito di qualsiasi spazio si trovassero a condividere, che il suo sonno valeva tanto quanto il bisogno dell’altra persona di sentirsi in diritto di chiamare a qualsiasi ora. E ricorda il modo in cui Antonio aveva risposto solo che c’era abituato, che comunque dorme poco di suo e alla fine ormai gli sembra quella la normalità.
C’erano voluti mesi per scoprire che, no, non è vero che Antonio dorme poco e, anzi, ama particolarmente poter evitare di mettere la sveglia quando possibile e che era Edoardo, che spesso e volentieri lavorava di notte, quello per cui il sonno arrivava con difficoltà e solo quando ormai era giorno.
Ma ormai quel capitolo è chiuso e Antonio ha imparato a mettere il telefono in modalità silenziosa quando finalmente si infila sotto alle coperte.
E va bene così.
Lo sente sbadigliare e stiracchiarsi al suo fianco, poi un braccio gli cinge il petto e può sentire il viso dell’altro appoggiarsi contro la sua clavicola, caldo e morbido come solo il sonno riesce a rendere i corpi delle persone.
Quella è la prima mattina in cui si svegliano completamente soli, nella luce soffusa che penetra dalle persiane serrate della sua camera, stretti nel letto in cui da vent’anni si sveglia ogni mattina e, si ritrova a pensare, sarà veramente difficile domani aprire gli occhi e doversi alzare completamente da solo.
Non che sia sicuro di volersi alzare in generale, ora come ora, deve ammettere.
«Flavio...»
«Mh?»
«Sei sveglio?»
«Insomma.»
Antonio posa un bacio sul suo petto, in un punto a caso da sopra alla maglietta, si stringe un po' di più a lui e, ancora una volta, Flavio si ritrova a pensare all'assurdità di quella situazione.
Un'assurdità bella, eh, solo piuttosto lontana da qualsiasi idea abbia mai avuto circa il suo futuro – e di idee balzane a proposito ne ha avute parecchie, tutte ovviamente mai rivelate ad anima viva, eppure nessuna prevedeva anche solo un momento di così pura e totale tranquillità.
«Volevo fare la colazione ma non so dove tieni la roba. Poi cominciavo ad aprire tutto e facevo casino.»
Nello strascinare delle parole ancora assonnate, inframmezzate da uno sbadiglio lungo e sonoro, Flavio può sentire una punta di quell'accento che Antonio cerca sempre, se non proprio di camuffare, almeno di tenere a bada.
Spesso esce fuori quando litigano, quando non pensa a quel che dice e vuole solo svuotarsi il cuore e lo stomaco, e spesso si chiede quanto gli costi tentare di essere un'altra faccia di se stesso ogni dì per tante, troppe ore al giorno.
E invece ora è solo Antonio che tenta di scoprirsi il meno possibile perché di mattina ha sempre freddo, non si stanno urlando contro come avevano fatto solo dieci giorni prima, e sente un fortissimo bisogno di iniziare a baciarlo in quel preciso istante per smettere forse tra due giorni.
Ma per baciarlo dovrebbe alzarsi e lavarsi i denti e non ne ha voglia, vuole restare in quella bolla di penombra e calore almeno un altro po'.
«Dammi cinque minuti per svegliarmi.»
«Ma pure di più, io non voglio alzarmi.»
«I termosifoni sono accesi.»
«So' contento per loro, fa comunque freddo.»
Con la coda dell'occhio può vedere Cicerone entrare in camera sua con non poca fatica, cercando di fare entrare il suo corpicino grassoccio nella stretta fessura lasciata aperta durante la notte. Segue con gli occhi quella macchia arancione che si muove per la stanza con circospezione, bene attento a non avvicinarsi al letto, prima di salire con un tonfo sonoro sulla sua scrivania, spostando fogli e facendo cadere penne, per poi fermarsi, immobile come una statua, a fissarli.
Antonio sospira, lui ride, Cicerone per tutta risposta fa cadere un'altra penna.
Sarà un piacere riordinare la stanza più tardi, chissà se ritroverà metà della sua cancelleria o se dovrà, come al solito, comprarne di nuova.
Si sposta per lasciare un bacio appena sotto l'orecchio dell'altro, spostando i capelli con la punta del naso, mormorando un «Credo Cicerone ci stia osservando».
«Vorrà la colazione pure lui. Quel gatto pesa come un bambino.»
«O forse vuole noi per colazione.»
«Facesse di me quel che vuole, basta che fa da sé.»
«Mi mancherai quando diventerai trippa per gatti.»
«Il mio fantasma farà in modo di infestare i tuoi sogni.»
«Sei così premuroso.»
«Oh, pensavo si sapesse già! Ti porto pure i sassolini belli come fanno non mi ricordo quali uccelli. Sono un ragazzo da sposare, altro che premuroso.»
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I legami tra la Turchia e l’Italia.
Una faccia una razza é un vecchio detto popolare che é stato usato anche nel film - premio Oscar - Mediterraneo di Gabriele Salvatores (1991) per indicare le radici in comune che intercorrono tra i popoli del Mar Mediteranneo.
E’ naturale quindi che tra la Turchia, in questo caso tra la millenaria storia di Istanbul, e molte delle realtà presenti oggi in Italia esistono dei profondi legami.
Iniziamo questo viaggio segnalandovi le numerose chiese di rito bizantino localizzabili soprattutto nell‘Italia meridionale e che risalgono all’epoca in cui questi territori appartenevano all’Impero Bizantino.
Tra le tantissime chiese vi segnalo la graziosa Cattolica di Stilo (foto in alto) in Calabria che faceva parte di un complesso di oltre 300 monasteri bizantini situati tra Stilo e la provincia di Catanzaro.
A partire dal VI secolo i monaci di San Basilio provenienti dall’odierna Turchia e che aumentarono di numero con il tempo, costruirono numerosi edifici religiosi e tra questi l’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata, in provincia di Roma, fondata nel 1004 cinquanta anni prima dello Scisma tra cattolici e ortodossi.
Naturalmente anche i capolavori dei mosaici bizantini presenti nell’antica Basilica di San Vitale a Ravenna meritano assolutamente una vostra visita, ricordandovi che questo edificio venne costruito sul modello della Chiesa dei santi Sergio e Bacco oggi la moschea della Piccola Santa Sofia ad Istanbul.
L’antico flusso migratorio che vi ho accennato prima e proveniente dall’attuale Turchia, non riguardava solo gli ecclesiastici ma anche la popolazione civile che in molti casi é riuscita a mantenere intatte fino ai giorni nostri le proprie peculiarità etniche, linguistiche, culturali e religiose.
Nelle comunità ellenofona in provincia di Reggio Calabria (Bagaladi, Bova, Bova Marina, Brancaleone, Condofuri, Melito Porto Salvo, Palizzi, Roccaforte del Greco, Roghudi, San Lorenzo e Staiti) e in Puglia in provincia di Lecce (Calimera, Carpignano Salentino, Castrignano de’ Greci, Corigliano d’Otranto, Cutrofiano, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, Sternatia, Zollinodove) si parla un dialetto simile al greco detto grecanico, e alcune di esse hanno ricevuto qualche anno fa, visto che adottano il rito cristiano-ortodosso, la visita di Sua Santità l’Arcivescovo di Costantinopoli-Nuova Roma e Patriarca Ecumenico Bartolomeo.
Alla comunità ellenofona dobbiamo aggiungere anche quelle arbereshe (arbëreshë) che discendono dagli albanesi che si stabilirono in Italia tra il XV e il XVIII sec. al seguito della caduta dell’Impero Bizantino (1453) e dell’avanzata dell’Impero Ottomano nei balcani.
Questa comunità appresenta una delle più importanti minoranze etno-linguistiche italiane. La più grande si trova a Piana degli Albanesi in provincia di Palermo in Sicilia.
Foto realizzata da Manfredi Caracausi durante le celebrazioni pasquali con abiti tradizionali albanesi.
E a proposito della Sicilia dobbiamo citare il Duomo di Monreale, altro esempio di arte bizantina in Italia.
Vi invito a visitare i Comuni ellenofoni e i Comuni dell’Arberia durante i loro eventi tradizionali se volete assaporare il fascino di una storia antica che in qualche modo é partita da dove vi scrivo.
Proseguo con il citarvi la quadriga in bronzo sulla Chiesa di San Marco a Venezia che proviene dall’antico Ippodromo di Costantinopoli; la stessa chiesa di San Marco é identica a quella dei Santi Apostoli di Costantinopoli e il tesoro di San Marco ospita preziosi provenienti dall’antica capitale bizantina. Come non dimenticare il gruppo scultoreo dei tetrarchi un tempo a Costantinopoli e trafugato durante la Quarta Crociata del 1204. Oggi un piccolo pezzo é esposto nel museo archeologico di Istanbul.
La Turchia é la culla del cristianesimo
La Turchia ha ospitato le prime comunità cristiane (Tarso, Laodicea, Pergamo, Efeso, Antiochia per citarne qualcuna), vicino alle rovine di Efeso si trova “la casa di Maria” il luogo dove la madre del Cristo ha vissuto fino alla sua morte; l’Io credo che i cristiani professano durante la messa é nato dai concili di Nicea (Iznik) e di Costantinopoli (Istanbul); il quarto concilio, quello che definisce la natura umana e divina di Cristo, si svolse a Kadıköy (quartiere asiatico di Istanbul) dove sorge la Chiesa di Santa Eufemia.
Le tante reliquie dei santi che oggi vengono venerate in Italia e in Europa un tempo erano custodite nelle chiese di Istanbul, moltissime trafugate durante il saccheggio di Costantinopoli della Quarta Crociata del 1204. Tra le tante ricordiamo le reliquie di Sant’Andrea - il patrono del Patriarcato di Costantinopoli - che si trovano nel magnifico Duomo di Amalfi, città dove il primo settembre si festeggia, con una bella rievocazione storica, il capodanno bizantino!
Ma non esistono eventi festivi legati alla gloriosa epoca bizantina. Una particolare festa si svolge a Moena, in Trentino, dove c’é il rione Turchia e la gente indossa costumi ottomani in una sorta di Carnevale in stile turco; nelle rievocazioni storiche di Tollo e di Villamagna i protagonisti sono sempre dei turchi. Un uomo vestito con turbante e scimitarra interpreta “il turco” nella Festa dei Gigli di Nola.
Ad Istanbul ho trovato in una chiesa armena un simbolo quaresimale cristiano che serve a scandire i giorni fino a Pasqua simile alle bambole quaresimali usate nelle regioni del sud Italia.
Sapete che il significato di “mettere le corna” viene dalle imprese poco onorevoli dell’imperatore bizantino Andronico I?
Citiamo anche il razzismo o meglio l’Anti-turchismo o la Turcofobia, emblematica la frase “mamma li turchi” risalenti alle incursioni dei pirati turchi sulle coste italiane che hanno ispirato canzoni, poesie, detti popolari, dato nomi a luoghi geografici come la “scala dei turchi” in Sicilia o che sono all’origine di curiosi episodi, come quello della Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli di Agropoli (Salerno), costruita dopo il rinvenimento in mare della statua della Madonna che i pirati turchi avevano trafugato, per poi abbandonarlo lungo il tragitto verso Costantinopoli: l’odierna Istanbul. Sempre in Sicilia abbiamo la Testa di turco di Scicli: è un bignè, grande almeno il triplo di un bignè normale, ripieno di crema o di ricotta. Il dolce nasce nella città di Scicli, nel Ragusano. Le teste di turco sono legate all’antica vittoria dei siciliani sui saraceni nel 1091 ad opera di Ruggero d’Altavilla. La sua forma ricorda un Turbante. Tutto é collegabile all’uso, a partire dal 1500, nella lingua italiana del termine “turco” per indicare qualcosa proveniente da un paese lontano come il “granoturco”.
“La Turchia non é mai stata Europa storicamente”. Strano. E pensare che Costantinopoli dal 330 d.C. é stata la capitale dell’Impero Romano. La stessa città venne ribatezzata da Costantino come Nuova Roma!
Nota: I lettori più attenti noteranno sicuramente alcune omissioni ma l’argomento é talmente vasto da inserire in un semplice post di un blog che vi invito a svolgere degli ulteriori approfondimenti e, se volete, anche a segnalarmeli. In ogni caso continuo ad aggiornarlo.
La mia Vita a Istanbul: consigli e informazioni turistiche. Disponibile come GUIDA per delle ESCURSIONI in città. Scrivi una e-mail a: [email protected] Seguici anche su www.facebook.com/istanbulperitaliani
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