#Val Pusteria
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aneverydaything · 2 years ago
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Day 1712, 1 March 2023
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bergsmotiv · 2 years ago
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Val Pusteria - Sesto m 1310
Croda Rossa m. 2955
Pustertal - Sexten gegen Rotwand
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stealthcitan · 2 years ago
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St. Magdalena in Gsies 🇮🇹 (Südtirol) Anfang Mai
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cristianofabris · 2 years ago
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Sci di fondo a Dobbiaco BZ
Un paradiso dello sci di fondo di gran classe a Dobbiaco (more…) “”
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mezzopieno-news · 2 years ago
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SONO TORNATI I CASTORI IN ITALIA, SCOMPARSI DA 500 ANNI
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I castori sono tornati in Italia, mancavano da circa 500 anni.
Piccole tracce della presenza del piccolo roditore risalgono al 2018 nei pressi dei laghi di Fusine a Tarvisio (Udine) e al 2021 in Val Pusteria (Alto Adige) ma solo recentemente è stata individuata una diga lungo il fiume Tevere, a Sansepolcro, in provincia di Arezzo. Ad annunciarlo sono stati i tecnici del Consorzio di bonifica 2 Alto Valdarno che hanno visto il roditore durante il loro monitoraggio dei corsi d’acqua. La conferma è poi arrivata anche dagli esperti dell’Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue (Anbi).
L’ultimo esemplare del castoro europeo chiamato Castor fiber fu segnalato nel 1541 nell’area padana. Questo roditore è un eccellente ingegnere ecosistemico, in grado di cambiare notevolmente il paesaggio e l’ambiente, apportando la regolarizzazione dei flussi d’acqua e la creazione di nuove zone umide, incrementando la biodiversità animale e vegetale. Oggi il castoro sta avendo una grande ripresa in Europa, specialmente grazie al successo delle sue numerose reintroduzioni.
Il nucleo individuato a Sansepolcro sembra essere particolarmente numeroso. Qui sono stati riscontrati tanti segni riproduttivi e le tracce indicano la presenza di un paio di famiglie con cuccioli. Secondo gli esperti, oltre al valore per la sua conservazione, il castoro potrà rivelarsi utile da un punto di vista botanico perché abbattendo piante e costruendo dighe sull’acqua, potrà favorire un rinnovo dal punto di vista ecosistemico, creando degli ambienti favorevoli ad altri organismi.
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Fonte: Consorzio di bonifica 2 Alto Valdarno; Italian Journal of Mammalogy
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Scelti per voi
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Fonte: pixabay.com
Una piccola scelta di libri “certificati” dai bibliotecari per distrarvi nel migliore dei modi durante le vacanze. Si tratta di novità, di titoli non recentissimi ma che magari vi sono sfuggiti e meritano attenzione, e di opere da cui sono stati tratti ottimi film.
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Se non l’avete ancora letto vi consigliamo L’animale più pericoloso di Luca D’Andrea, del 2020. Ma qual è l’animale più pericoloso? Se non ci si lascia sviare dall’immagine di copertina, si può intuirlo fin dalle prime righe di questo avvincente giallo che ha come tema (argomento di scottante attualità) la salvaguardia dell’ambiente. A parte l’idea di fondo dell’adolescente rapita che ricorda il pregevole La ragazza nella nebbia di Donato Carrisi, la storia si dipana in maniera diversa, dalla location (le montagne della Val Pusteria), ai moventi dei crimini, allo stile, agile, moderno, mai banale. Anche il finale diverge, ma su questo, naturalmente, non sveliamo nient’altro. Rispettata in pieno l’unica regola cui i gialli dovrebbero essere sottoposti: quella di inchiodare il lettore alle pagine, fino alla conclusione.
Pare che le case di ringhiera della vecchia Milano siano una continua fonte di ispirazione per scrittori e assassini: dopo i gialli di Francesco Recami orientati sulla figura dell’ex tappezziere in pensione Amedeo Consonni, è il vice-commissario Enea Zottìa che deve occuparsi di una serie di crimini in un vecchio stabile malandato nel cuore di Milano nell’ultimo libro di Marco Polillo I delitti di corso Garibaldi. Ma le indagini ci porteranno anche a Viboldone, frazione di San Giuliano Milanese e sede di un’antica Abbazia, e all’isola di San Giulio sul lago d’Orta (ebbene sì, proprio nel luogo in cui C’era due volte il barone Lamberto!), dove le vicende, soprattutto sentimentali, dei protagonisti troveranno il loro più naturale scioglimento.
Ambientato sul lago di Como è I milanesi si innamorano il sabato di Gino Vignali, il cui titolo si ispira al famosissimo I milanesi ammazzano al sabato di Scerbanenco (da cui è stato tratto anche un film per la regia di Duccio Tessari). “Dopo la fortunata tetralogia riminese con protagonista Costanza Confalonieri Bonnet, Gino Vignali cambia atmosfere e personaggi ma mantiene intatti il tono scanzonato e il ritmo incalzante che contraddistinguono i suoi fortunati gialli. Suspense, erotismo, umorismo sono gli ingredienti vincenti di un romanzo che, giocando abilmente con dubbi e ossessioni, incertezze e desideri, incanta il lettore in un riverbero di luci e ombre. Come l’acqua del lago, quando sembra calma ma non lo è”.
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Non intendiamo certo tralasciare l’ultimo Simenon, L’orsacchiotto, anche questa opera di introspezione, di scavo profondo nella psiche umana aperto a più interpretazioni, una delle quali può essere che non è possibile mantenere sempre il controllo su tutto, anche ad altissimi livelli professionali: dopo una intera esistenza trascorsa all’insegna del più assoluto dominio di sé, una sola deroga al perfetto meccanismo esistenziale che il protagonista si è imposto può costare un prezzo inestimabile.
Torna nell’ultimo romanzo di Fabio Stassi, Notturno francese, il simpatico counselor della rigenerazione esistenziale Vince Corso, ma in questo caso, come per Simenon, l’indagine è introspettiva: un viaggio parallelo nei ricordi dell’infanzia e in treno, lungo la Costa Azzurra, terra d’origine del nostro detective-bibliofilo, trapiantato in Via Merulana. Finalmente sarà svelato il mistero del padre mai conosciuto a cui Vince indirizza cartoline nell’unico luogo che di sicuro aveva frequentato, almeno per una memorabile notte, ovvero il mitico Hotel Negresco.
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Folgorante fin dall’incipit, la lettura di Perle ai porci (il titolo originale suona: God Bless You, Mr. Rosewater, or Pearls Before Swine) rende pienamente ragione a Umberto Eco che annoverava Kurt Vonnegut tra i suoi scrittori preferiti:
Uno dei protagonisti di questa storia, storia di uomini e donne, è una grossa somma di denaro, proprio come una grossa quantità di miele potrebbe essere, correttamente, uno dei protagonisti di una storia di api.
Ironico, dissacrante, politicamente scorretto, bizzarro, surreale, a metà strada fra America di Kafka e i racconti di Carver; uno stile veloce, tagliente; un lessico moderno e spiazzante. Se poi vi affezionate a questo autore, allora vi consigliamo Ghiaccio-nove, anche questo composto in una forma originalissima che sconcerta il lettore con la sua imprevedibile fantasia che scardina completamente gli schemi narrativi tradizionali. Strutturato a brevi capitoli sullo stile del Tristram Shandy di Sterne è un libro trasgressivo, esilarante fino al demenziale, davvero “uno dei tre migliori romanzi dell’anno scritto dal più grande scrittore vivente” come lo accolse Graham Greene nel 1963, anno della pubblicazione. Una potente satira della società contemporanea, che punta in particolare alla condanna della guerra, argomento quanto mai tristemente attuale.
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Lo spaccone  di Walter Tevis è un romanzo di formazione in cui il protagonista svolge il suo “apprendistato” (come lo definisce Fabio Stassi nella prefazione all’edizione minimum fax) nelle sale da biliardo dove sbarca il lunario spennando ‘polli’ grazie al suo non comune talento. Ma la conquista della consapevolezza comporta un prezzo molto alto: la coscienza del proprio valore si paga con la perdita della libertà. Un libro con i fiocchi che non poteva non ispirare un capolavoro come il film di Robert Rossen del 1961 con un Paul Newman perfettamente incarnato nella parte di Eddie Felson, The Fast, ‘lo svelto’. A voi il piacere di scoprire le differenze (che ci sono, e anche notevoli) tra il libro e il film. Newman rivestirà lo stesso ruolo nel 1986 come mentore del giovane Tom Cruise in Il colore dei soldi, per la regia di Scorsese, sempre dal sequel di Tevis.
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Da La morte corre sul fiume di Davis Grubb è stato tratto nel 1955 per la regia di Charles Laughton un film talmente bello e originale proprio dal punto di vista tecnico da far rimpiangere che si tratti dell’unico exploit come regista da parte del celeberrimo attore britannico. Tratto da una drammatica storia vera, il romanzo si dispiega su più piani narrativi: il tema fiabesco, reso da Laughton con splendide immagini dello sfondo naturale notturno, il noir e la denuncia del fanatismo religioso. “La storia è qualcosa di più, se possibile, dei fatti che la compongono, è un’omelia nera, una lunga e cupa ballata atroce almeno quanto le filastrocche infantili che di tanto in tanto la interrompono, risuonando nel vuoto”.
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Non è una storia dell’orrore, come il precedente Dracula, che tanta popolarità diede al suo creatore, Bram Stoker: Il gioiello dalle sette stelle è soprattutto un racconto d’avventura, i cui protagonisti, sorta di Indiana Jones tra le mummie, sono morbosamente infatuati dalla passione per la storia egizia. A metà tra il romanzo gotico di stampo ottocentesco e l’egittomania molto diffusa all’epoca, tanto da influenzare anche Conan Doyle e Poe, è un romanzo piacevole e adatto come lettura per le vacanze. Tra culto della reincarnazione, sarcofagi, ricerche archeologiche, luoghi affascinanti come il misterioso Egitto e la nebbiosa Londra, abbiamo anche la possibilità di scegliere tra due finali, perché il pubblico non gradì il primo e costrinse l’autore, pare, a riscriverne uno nuovo nella seconda edizione uscita nel 1912, anno della sua morte. In questa ristampa di ABEditore del 2022 sono presenti entrambe le varianti.
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aneverydaything · 2 years ago
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Day 1713, 2 March 2023
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giuliogreen · 1 year ago
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Carnica Ultra Trail
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Quanto valgono una crosta di pane e due dita d’acqua nel fondo della borraccia? Ingurgito l’ultimo pezzo di pane che Niki tira fuori dallo zaino, verso le due bustine di Oki direttamente nella borraccia quasi vuota e butto giù tutto. Sto zoppicando da circa un ora e il dolore al tibiale sta diventando insopportabile al punto che comincio a pensare che tutto possa naufragare così, a soli 10 km dal traguardo. 
Questo “tutto” è iniziato circa tre anni fa, quando Francesco ci chiese di fare una squadra per prendere parte alla 177 K, una corsa a scopo benefico non competitiva di 200 K in quattro tappe, con partenza da San Candido e arrivo a Tarvisio. Alla fine dopo vari rinvii quest’anno sembra essere giunto l’anno buono e così ci iscriviamo, non sapendo naturalmente che qualche settimana prima di partire proprio Francesco si sarebbe infortunato e quindi a portare la croce saremmo stati solo in due, il sottoscritto e Niki.
Il giorno prima della partenza al lavoro mi sento un pò strano, torno a casa mi misuro la febbre: 37,5. Niki è già in viaggio dalla Liguria verso Padova, non gli dico niente e aspetto. La sera mi sembra andare meglio ma la mattina al momento di partire ho ancora febbre, nausea, giramenti di testa. Che facciamo? Gira e rigira decidiamo di partire lo stesso e poi si vedrà, chiedo a Niki di darmi una mano a fare la borsa e lui controlla che tutto il materiale obbligatorio ci sia, per il resto lascia a fare a me, e come vedremo non sarà proprio un ottima idea..  Partenza direzione Tarvisio, dove lasceremo l’auto per prendere un treno delle ferrovie austriache che ci porterà dopo 4 ore e tre cambi a San Candido. Sonnecchio mentre Niki guida, a Tarvisio prendiamo un tè butto giù un aspirina e andiamo verso la stazione dove facciamo subito conoscenza con alcuni tra quelli che diventeranno i nostri compagni di ventura, in particolare una simpatica coppia di Gemona del Friuli e una veterana della 177 k che farà da scopa. Il viaggio passa veloce e per le 17 siamo a San Candido, una splendida località nell’alta  Val Pusteria, non troppo lontano dalle tre cime di Lavaredo. L’atmosfera nella base di partenza è molto positiva, tutti si preparano a trascorrere la notte nell’auditorium, con il mio socio ci ricaviamo una specie di stanzetta sul palco con dei pannelli fonoassorbenti, giusto per assicurarci almeno una prima notte di riposo. Visto la tipologia dell’evento decido di assistere al briefing dove Marcello uno degli organizzatori spiega tutto quello che dovremmo fare, ma sopratutto quello che NON dovremmo fare nei prossimi giorni. In realtà mentre parla tutta la mia attenzione è attirata dalle k-bike, delle carrozzine per disabili attrezzate con dei maniglioni per potere essere spinte da quattro persone allo stesso tempo.   Infatti alla traversata parteciperanno incredibilmente  tre ragazzi disabili anche se seguendo un percorso alternativo al nostro ma ugualmente molto impegnativo sia per loro che per gli “spingitori”.
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DAY ONE
Al mattino soliti riti pre partenza, si riempiono le flask, si ricontrolla lo zaino, la giornata sembra essere strepitosa quindi l’umore è alle stelle, io ho riposato e mi sento discretamente bene, quindi.. andiamo. Si parte subito con una bella salita tra gli abeti che ci porta a coprire i primi mille metri di dislivello nel corso dei primi dieci km, abbiamo già sconfinato in Austria e sembra girare tutto bene finché non inizio a sentire la testa girare, ho una forte nausea, inciampo e casco per terra, non so bene come arriviamo fino al rifugio Oberstanserseehutte e qui mi siedo convinto che sia stata una follia partire e che la mia corsa stia già per terminare. Passano tutte le altre squadre e iniziano la salita verso  Sella Rosskopfthorl che si staglia di fronte  al rifugio mentre io resto li infreddolito con la testa sul tavolo incapace di prendere una decisione. Prendo un tè, ci sciolgo un aspirina, aspetto e dopo un pò decido di provare a proseguire camminando piano. 100, 200, 300 mt di salita e mi sembra di andare un pò meglio, Niki mi raggiunge più andiamo avanti più mi sento di potercela fare, dopo qualche minuto stiamo di nuovo correndo.
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I km scorrono veloci, di fronte a noi una cresta verdissima  anticipa una discesa tecnica che attraversa un pascolo colorato da un tappeto di fiori gialli e viola in cui ci lanciamo a rotta di collo divertiti come bambini.
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Ancora una sella, una malga, un rifugio (qui mi sfilo e dimentico su una panca  la mia unica maglia a maniche lunghe)  un ultima salita dove dei cavalli pascolano incuranti delle nostre fatiche e poi l’ultima discesa di 15 km che ci porta al primo campo base allestito per la notte.
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Siamo tutti molto stanchi ma ancora dignitosamente convinti di quello che stiamo facendo, ceniamo e poco dopo cala il silenzio, ci infiliamo nelle tende in attesa della sveglia alle 4. La notte è fredda, battiamo un pò i denti ma tutto sommato questa resterà una delle migliori nottate passate in tenda.
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DAY TWO
E’ ancora buio, un nugolo di frontali si aggira pigramente  tra le tende come lucciole assonnate, ci muoviamo cauti parlando sottovoce  tra borsoni, zaini e bucato steso in maniera improvvisata. Ritiriamo i gps, prendiamo il panino, facciamo colazione in fretta mentre qualcuno avvisa “Le sacche entro 10 minuti sul furgone!” Il percorso ha subito una variazione quindi per la prima parte seguiremo una traccia diversa balisata per l’occasione all’ultimo momento.
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Partiamo molto lenti, così lenti che la scopa ci raggiunge e inizia a pungolarci facendomi un pò innervosire, vuoi per l’ora non proprio adatta al dialogo vuoi perché non vorrei essere così indietro, ma come dice saggiamente il mio socio “Calma, che la giornata è lunga”. Ed infatti più la salita si fa ripida e incerta più riprendiamo le altre squadre, ammiriamo un alba magnifica alle nostre spalle e con il sole che sorge riemerge anche il nostro buon umore, anche  perché da più parti ci dicono che questa sarà la tappa più bella di tutte, e che attraverseremo le zone più selvagge del percorso, quelle che piacciono a noi.
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Dopo qualche cresta sospesa nel vuoto imbocchiamo un traverso che si snoda a mezza costa in un mare di fiori gialli e piccoli torrenti carichi d’acqua da attraversare.
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Ci godiamo questo pezzo corribile  che ci porta al rifugio di Hochweisstein, dove ho la pessima idea di chiedere un panino. Mi passano due fette di pane da toast fredde con due sottilette  ed una  fetta di cetriolo al centro  per la modica cifra di 9 euro. Riparto con il panino in gola, il percorso per fortuna è così bello che presto dimentico tutto. In cima alla sella ci aspetta Maja che ci da alcune indicazioni e ci avvisa “se vi è piaciuto fino ad ora vedrete il seguito!”.
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Sorpassiamo un rumoroso gregge di pecore e scendiamo in una valle silenziosa, dove dei radi alberi spuntano tra l’erba fresca, l’unico rumore è quello del torrente che ci scorre a fianco. Io e il mio socio siamo a corto di aggettivi, raramente i siamo trovati in posti naturalisticamente  così affascinanti, rallentiamo senza nemmeno accorgercene per godere meglio di quanto abbiamo intorno. Andiamo avanti così per diverso tempo, poi la valle risale fino al passo Giramondo e di li di nuovo giù verso una valle aperta dove incrociamo una piccola baita con una simpatica signora che alleva le sue capre rimproverandole amorevolmente in inglese per aver fatto poco latte il giorno prima. Siamo quasi al 40esimo km quindi ci rilassiamo un pò insieme ad un bizzarro trio di brianzoli con cui spesso ci troveremo a condividere pezzi di strada, mangiamo del formaggio fresco che sembra feta e beviamo una radler.
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Abbandoniamo a malincuore questo piccolo angolo di paradiso e usando una strada forestale saliamo al lago Volaja, purtroppo il tempo sta cambiando e lo troviamo completamente avvolto nella nebbia, un vero peccato perché essendoci già stato anni fa  da ore ne decantavo la bellezza a tutti. Non ci resta che individuare l’attacco del sentiero che ci porterà all’ultima lunga discesa che dopo 6/7 km termina direttamente nel campeggio. Qui facciamo due scoperte, la prima è che la sveglia domani verrà anticipata alle 3,30 e  la seconda che la nostra tenda si trova a ridosso di un recinto di alpaca che passeranno la notte a fare un verso sconosciuto a 50 cm dalle nostre orecchie.
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A cena ci viene servita dai gestori del camping una minestrina nella quale affondiamo due tre pagnotte creando così una  specie di pastone sicuramente poco invitante ma almeno un pò più sostanzioso. Nella notte scoppia un fortissimo temporale, le tende reggono e quando alle tre e mezza ci alziamo è già finito tutto e sopra di noi c’è una stellata bellissima. 
DAY THREE
Si parte per quella che è la temutissima terza tappa, 58 km con 4000 metri di dislivello ai quali è stato aggiunto un cancello alle 15,00 a circa metà percorso a causa di un previsto peggioramento del tempo nel pomeriggio.
Il paesaggio di  oggi si discosta notevolmente  rispetto a  quello di ieri, dopo la ormai consueta salitona iniziale che porta al Passo Monte Croce Carnico discendiamo a valle e poi ci addentriamo in una valle rocciosa dove il tempo sembra essersi fermato a qualche milione di anni fa, a parte qualche asino non incrociamo nessuno fino ad un apprezzatissimo ristoro volante dove ci viene offerto del melone fresco insieme a qualche parola di incoraggiamento.
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Da qui parte una salita lunga e molto impegnativa per Sella Avostanis, in cima troviamo ancora Maja e Giulio, le scope che ci spiegano un pò i prossimi bivi e ripartiamo subito in discesa verso il lago. Imbocchiamo la deviazione e attacchiamo un single track a mezza costa immerso nel verde più selvaggio che percorriamo in silenzio, Niki davanti e io dietro, ognuno immerso nei suoi pensieri. Siamo l’unica squadra che si è presentata sprovvista di bacchette, quando corriamo da soli il silenzio che ci circonda è assoluto.
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Riprendiamo i brianzoli o loro riprendono noi, fatto sta che ci ritroviamo a correre di nuovo assieme in una valle semi-paludosa popolata da immobili e giganteschi yak (che Francesco sostiene essere invece mucche highlander). Un occhiata all’orologio, sono le 14,20 se vogliamo arrivare al cancello entro le tre bisogna spingere. Cominciamo a correre più veloce, 14,30 14,40 c’è ancora una discesa che scendiamo a cannone e 5 minuti allo scadere del tempo siamo a Straninger Alm. Chi arriverà dopo le 15,00 verrà fermato: di fatto siamo le ultime due squadre a passare. A questo punto mancano circa 25 km e abbiamo una finestra di due ore prima che il tempo peggiori, il che significa che dobbiamo cercare di non prendere il temporale almeno finché saremo in quota.
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Riempiamo le borracce e ripartiamo subito, la prima parte è una passeggiata, ma quando è il momento di dover attraversare la sella di Aip utilizzando un sentiero esposto che taglia in due dei ghiaioni a 2000 metri di altezza il cielo comincia a farsi sempre più nero e minaccioso. Il percorso è molto lungo e bisogna procedere lentamente e con molta attenzione, a Niki si sta scaricando il tel dove conserva la traccia, traccia che io naturalmente non ho, comincio ad avere qualche timore che cerco di ingannare malamente ammirando quattro aquile  che volteggiano sopra le cime. Fortunatamente quasi di colpo si alza un forte vento, che spinge le nuvole cariche di pioggia lontane dalle nostre teste. Il vento diventa così forte che una volta in cresta a fatica ci reggiamo in piedi, con i cappucci alzati avanziamo instabili  come dei personaggi dell’Eternauta sempre più stanchi, sempre più sfiniti. Scavalchiamo delle rocce, attraversiamo una macchia di pino mugo ed ecco finalmente che ci appare in alto Passo Pramollo.
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Ad aspettarci al termine dell’ennesima salita c’è Marcello, che forse un pò preoccupato ci è venuto incontro in macchina con un termos di tè caldo e dei panini. Ci indica la strada, dobbiamo salire fino agli impianti di risalita che nella sera che sta arrivando hanno un aspetto triste e desolato nonostante la loro modernità. Da qui giù per la pista di sci fino a lago Pramollo e quindi per la strada asfaltata arriviamo in una radura nel bosco dove è stato allestito l’arrivo e il campo base vicino ad una piccola baita. Arriviamo abbastanza provati ben oltre le 12 ore previste, non ci sono docce ma solo un torrente dove darsi una lavata. Ci hanno tenuto la cena in caldo, arrivano le scope, sotto il tendono ci raccontiamo un pò come è andata mentre scoppia di nuovo il temporale. Proviamo ad aspettare ma non accenna a smettere, anzi, sembra piovere sempre più forte. Tutti sono già a dormire ci copriamo alla meno peggio e corriamo verso la nostra tenda dove arriviamo zuppi..  Questa ultima notte in tenda non la dimenticheremo molto facilmente, è già tardi, ogni cosa è umida, fredda, bagnata. Ci avvolgiamo vestiti così come siamo nei sacchi a pelo e cerchiamo di far passare quelle quattro che ci separano dalla sveglia. Resto così immobile ma non riesco a dormire, ascolto la pioggia che batte sul telo e gocciola dentro, conto le ore, l’una le due le tre,  le tre e mezza, finalmente è ora di alzarsi. Ieri sera avevo steso i pantaloncini ad asciugare all’arrivo e li ho dimenticati fuori, me li infilo così fradici, tanto tra poco saremo tutti bagnati. Per un attimo spero che venga rimandata la partenza per la pioggia, metto il naso fuori e invece c’è già qualcuno pronto. Dalla tenda al tendone è una palude, abbiamo i piedi fradici, piove fuori, piove dentro, piove dappertutto, eppure i volontari dell’organizzazione sono li pronti, impagabili  con i loro  pentoloni di caffè e tè caldo, ma sopratutto con i loro sorrisi presi in prestito chissà dove. C’è chi allestisce le k-bike e si assicura che Swami e gli altri ragazzi in carrozzina sia sufficientemente coperti, chi si avvolge in improbabili mantelle e avvolge gli zaini in sacchi delle immondizie recuperati li per li. Io mi limito a riempirmi la borraccia di tè caldo, ho talmente sonno che non riesco a formulare nessun pensiero.
 DAY FOUR
Il countdown sotto la pioggia alla partenza non resterà sicuramente memorabile. Non siamo più in tanti, un paio di squadre si sono ritirate, più di qualcuno ha qualche problema fisico, eppure anche oggi si parte, compatti, quasi come un unica squadra ci immergiamo nel buio e nella pioggia decisi a portare a termine anche questa ultima tappa.
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Ho sonno e sono stanco, penso che devo solo far passare le prime due ore poi con la luce e il sole forse tutto cambierà. Fortuna vuole che dopo poco smetta di piovere, così ci togliamo i nostri strati e ci ritroviamo a correre prima in un bosco e poi attraverso una forestale che scende in due piccolissimi villaggi austriaci ancora addormentati dove gli unici abitanti sembrano essere mucche e cavalli a zonzo tra le case.
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Sogno un caffè ma niente da fare, continuiamo a correre un’altro paio d’ore finché arriviamo ad una malga dove ci fermiamo a riposare. Niki beve una birra, sono solo le dieci ma in fondo siamo in giro già da cinque/sei ore. Da qui in poi ci hanno avvisato che non ci sarà più acqua per i prossimi venti km fino all’arrivo. Riempiamo bene tutte le borracce e ripartiamo, ma subito mi accorgo che quel dolore al piede sinistro che prima era solo un leggero fastidio sta aumentando a dismisura, cerco di ignorarlo ma niente da fare, più cammino più aumenta.
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Ad un certo punto non riesco più a correre, soprattutto in discesa inizio a zoppicare. Manca ancora un bel pezzo all’arrivo, in particolare dobbiamo affrontare gli ultimi 600 mt di dislivello del Monte Capin, che sono i più ripidi che si possano immaginare, o forse così ci appaiono ora. In salita riesco ad andare ma appena inizia la discesa niente da fare, chiedo a Niki di dirmi con esattezza quanto manca ma già sapendo che mi mentirà non presto attenzione alla risposta. L’oki inizia a fare effetto, provo a correrci sopra, funziona… da qui è tutta discesa, andiamo giù spediti nonostante abbia iniziato a piovere, 5 km che sembrano un eternità  ed ecco le prime case, imbocchiamo una strada asfaltata, non siamo molto lucidi, attraversiamo un cimitero convinti di essere fuori strada mentre in realtà siamo ormai praticamente arrivati, scendiamo sulla ciclabile ed ecco in fondo il gonfiabile, ancora cento metri e tagliamo il traguardo quasi increduli, quattro giorni fa eravamo  li che nemmeno sapevamo se partire o meno con 200 km di sentieri davanti a noi ed ora è tutto finito.  Arrivano i ragazzi spingendo le k-bike, non si può descrivere l’emozione generale, pianti, abbracci. Andiamo a farci la doccia, apro la borsa non ho più niente di asciutto o pulito, niente con cui asciugarmi, mi arrangio alla meno peggio, Niki mi da una maglietta.  Sara la volontaria che ci ha sfamati e rifocillati per quattro giorni ci abbraccia e ci ringrazia mettendoci in imbarazzo per la sua gentilezza, Marcello sembra sollevato dopo quattro giorni di preoccupazioni ora finalmente sorride soddisfatto. Come due ubriachi ci avviamo silenziosamente vero la macchina. Sapevamo fino dal principio che questa non sarebbe stata una corsa come tutte le altre, quello che non sapevamo era che avremmo incontrato delle persone eccezionali, e che la corsa non sarebbe durata solo 4 giorni ma  che sarebbe continuata nelle nostre teste per molti altri giorni ancora. 
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stealthcitan · 2 years ago
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St. Magdalena in Gsies (Südtirol)
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livinglori · 2 years ago
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December 24th 2022.
‘Don’t feed the donkeys’
Santa Maddalena, Valle di Casies - Val Pusteria, Alto-Adige, Italy.
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alain241073 · 6 days ago
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Risalita Cabinovia Plan de Corones; prima tratta: Perca RiedDa qualche tempo Perca è collegata con il Plan de Corones tramite la pista sciistica Ried e l'omonimo impianto di risalita. Particolarmente comodo è il fatto, che la stazione a valle si trova direttamente presso la stazione ferroviaria di Perca. Ecco perché il treno dello sci lungo la Val Pusteria è così alla moda, sia tra i residenti che tra gli ospiti. La macchina può rimanere ferma - il viaggio d'arrivo alla montagna sciistica in treno è comodo, conveniente e senza stress.
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digitalandy · 2 months ago
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Tanzer, Issengo, Pfalzes
Si definisce un gourmet, boutique hotel questo posto che sta nel centro della piccolissima Issengo. Situata in Val Pusteria, lungo la strada del sole, Issengo è circondata da bellissimi prato e boschi con una vista che arriva al Plan de Corones e alle montagne più lontane.
Il Tanzer Hof ha una gestione famigliare che è arrivata alla seconda generazione.
L'albergo è curato ma abbastanza semplice con spazi comuni gradevoli e un bel giardino con orto. La bella chiesetta di fronte all'ingresso sembra quasi parte dell'hotel e dona un elemento molto suggestivo al posto.
Il ristorante è una bella stupenda tradizionale che con il suo rivestimento di legno rende l'atmosfera molto accogliente.
La cena offre tre menu fissi ma anche la possibilità di scegliere piatti individuali tra questi. Il giovane chef ha una mano notevole e i suoi piatti sono ben pensati e fatti. Lo stile sposa prodotti locali con elementi di cucina mediterranea e i fluente orientali.
La pastiera del sudtirolo, ottima, ne è un bell'esempio. Gelato all’orzo cotto, frolla di segale, ricotta al sambuco e arancia candita sono combinati perfettamente in un piatto molto piacevole.
La coscia di faraona affumicata al fieno, servita con ciliege e cavolfiore, cocco e miso è cotta molto bene e ottima al gusto.
Ma è forse con il raviolo alla carbonara servito con gelato al pepe e spuma di uovo che si raggiunge un livello molto alto.
Il servizio è curato dalla famiglia e occasionalmente dallo chef stesso.
La lista dei vini non è enorme ma ha una buona selezione di bottiglie soprattutto locali.
La colazione servita al tavolo continua il piacere della cena con marmellate e pani fatti in casa accompagnati da burro, lievitati e piatti salati molto curati.
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mezzopieno-news · 2 years ago
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SONO TORNATI I CASTORI IN ITALIA, SCOMPARSI DA 500 ANNI
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I castori sono tornati in Italia, mancavano da circa 500 anni.
Piccole tracce della presenza del piccolo roditore risalgono al 2018 nei pressi dei laghi di Fusine a Tarvisio (Udine) e al 2021 in Val Pusteria (Alto Adige) ma solo recentemente è stata individuata una diga lungo il fiume Tevere, a Sansepolcro, in provincia di Arezzo. Ad annunciarlo sono stati i tecnici del Consorzio di bonifica 2 Alto Valdarno che hanno visto il roditore durante il loro monitoraggio dei corsi d’acqua. La conferma è poi arrivata anche dagli esperti dell’Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue (Anbi).
L’ultimo esemplare del castoro europeo chiamato Castor fiber fu segnalato nel 1541 nell’area padana. Questo roditore è un eccellente ingegnere ecosistemico, in grado di cambiare notevolmente il paesaggio e l’ambiente, apportando la regolarizzazione dei flussi d’acqua e la creazione di nuove zone umide, incrementando la biodiversità animale e vegetale. Oggi il castoro sta avendo una grande ripresa in Europa, specialmente grazie al successo delle sue numerose reintroduzioni.
Il nucleo individuato a Sansepolcro sembra essere particolarmente numeroso. Qui sono stati riscontrati tanti segni riproduttivi e le tracce indicano la presenza di un paio di famiglie con cuccioli. Secondo gli esperti, oltre al valore per la sua conservazione, il castoro potrà rivelarsi utile da un punto di vista botanico perché abbattendo piante e costruendo dighe sull’acqua, potrà favorire un rinnovo dal punto di vista ecosistemico, creando degli ambienti favorevoli ad altri organismi.
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Fonte: Consorzio di bonifica 2 Alto Valdarno; Italian Journal of Mammalogy
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m2024a · 3 months ago
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Giovane trovato morto, il cadavere scoperto in campagna: «Morte violenta, è omicidio» Il corpo di un giovane è stato trovato questa mattina, domenica 18 agosto, nelle campagne della zona di Vandoies, in Val Pusteria (Alto Adige). Il cadavere è stato rinvenuto dal soccorso alpino Vandoies/Vintl e la Croce Bianca. dopo la segnalazione arrivata intorno alle 9. Da ore sono in corso le indagini. Secondo quanto riporta La Repubblica, l'ipotesi degli inquirenti è che si tratti di morte violenta e quindi di un omicidio. Poco distante dal luogo del ritrovamento, a San Candido, proprio questa mattina un uomo ha ucciso suo padre e la vicina di casa a colpi di fucile.
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stranotizie · 4 months ago
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A Dobbiaco, in Val Pusteria, il museo Mondolatte di Latteria Tre Cime porta alla scoperta di tutti i segreti della lavorazione del latte. Grazie ad un percorso che si snoda su tre livelli sarà possibile trascorrere un pomeriggio in famiglia unico e far scoprire ai più piccoli un mondo genuino e fatto di tradizione.All’inizio del percorso, un piccolo museo introduce alla cultura del latte e del formaggio, descritta attraverso un filmato che mostra la quotidianità dei contadini. Successivamente sarà possibile osservare attraverso grandi vetrate i formaggiai al lavoro nella realizzazione di formaggi, yogurt, burro e panna. Infine, una volta giunti allacantina di stagionatura sarà possibile vedere i formaggi nei diversi stadi di maturazione e verrà svelato ai più piccoli il mistero dei buchi nel formaggio.In seguito alla visita, tutte le prelibatezze di Latteria Tre Cime saranno acquistabili presso lo shop di Mondolatte.Per maggiori informazioni: www.3zinnen.itOrari di apertura Mondolatte:                             Dal martedì al sabato dalle 08.00 alle 19.00       Domenica dalle 10.00 alle 18.00Lunedì chiuso (dal 20 giugno al 18 settembre ogni giorno aperto)Si richiede la prenotazione Fonte
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pietrosphotos · 5 months ago
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Val Pusteria / Pustertal
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