#Signor Vitalis
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Quando, qualche mese fa, il ministro Giorgia Meloni, per giustificare i suoi fallimenti politici, disse che stava governando nel periodo più difficile della Repubblica Italiana, pensai:
- E questo ti sembra il periodo più difficile della Repubblica? Che cacchio avrebbe dovuto dire allora Giuseppe Conte che ha governato durante una pandemia?-
Lo pensavo allora, nel bel mezzo della quarantena, lo penso adesso e lo penserò sempre: abbiamo avuto un culo immane ad avere Conte al governo durante la tempesta del Covid-19.
È stato il primo governante in Europa ad adottare misure drastiche pur di salvare quanti più cittadini possibile, ritenendo che la salute e la vita della società fossero più importanti dell'economia (economia=guadagni di una ristretta élite a discapito della maggior parte della popolazione).
Probabilmente si sarebbe potuto fare anche di più e di meglio se tre individui di nome Renzi, Salvini e Meloni non avessero rotto i cabbasisi per tutto il tempo.
La fortuna di questi tre soggetti è che si trovavano all'opposizione. Non dovevano prendere decisioni vitali in una situazione mai accaduta prima.
Se si fossero comportate da adulti maturi, avrebbero potuto avanzare non solo leciti dubbi su come gestire l'emergenza ma fornire anche pareri su come aggiustare e migliorare le leggi attuate.
Invece i tre soggetti trovavano molto più semplice (e forse, anche più divertente) sparare a zero contro qualsiasi iniziativa.
L'apice è stato raggiunto dal signore di Rignano, quello che si vanta continuamente del suo 41% di voti perché è stato l'unico successo degno di nota della sua carriera ( ma poi, 41% su quanti votanti? Un milione? Centomila? Diecimila? Perché se il suo 41% equivale a ventimila voti, non mi sembra abbia molto da tirarlsela) che arrivò a vaticinare "Se i morti di Bergamo potessero parlare, direbbero di riaprire tutto."
Ma certo.
Sono morta da sola in un letto d'ospedale per una malattia sconosciuta e il mio primo pensiero è per l'economia.
Non mi preme per la salute dei miei cari, per salvaguardarli ed evitare che si ammalino, sono angosciata solo dall'idea che l'imprenditore Ambrogio Brambilla non guadagni il suo milione d'euro mensili. Sono queste le priorità, in vita come in morte.
E nel loro piccolo, anche il signor Salvini e la signora Meloni hanno remato contro con tutte le loro forze, facendo sprecare al parlamento energie e tempo che avrebbero potuto essere meglio impiegate.
Spero che quei tre, dentro di loro, avessero la decenza di pensare " Cazzo che culo che non ci siamo noi a governare! Non sapremmo che fare al posto di Conte ". Ma è anche possibile che fossero talmente ignavi da non essere sfiorati da questi dubbi.
E il ministro Giorgia, a quei tempi tanto brava a pestare pugni sul tavolo (una parola, un pugno), adesso che ha la possibilità di mostrare agli avversari come si fa a farsi rispettare dall'Europa, non pugna più.
E ha la faccia tosta di dire che lei sta affrontando il periodo più duro della Repubblica.
E la maggioranza, per stornare l'attenzione dalle porcate commesse da quell'individua della Santanchè, decide di indagare Conte e Speranza per la gestione dell'emergenza covid.
Indagate quanto vi pare.
Perdete solo tempo.
Così come avete fatto perdere tempo al governo (e al Paese) quando blateravate di riaprire tutto in nome dei morti di Bergamo.
Dato che il fatto non sussiste, Conte e Speranza ne usciranno sempre puliti.
Fatevene una ragione.
Ma tanto non ve la fate.
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Torino Porta Nuova: accusa un malore in stazione ma viene salvato dalla Polizia di Stato.
Torino Porta Nuova: accusa un malore in stazione ma viene salvato dalla Polizia di Stato. A Torino Porta Nuova, un anziano signore che si trovava sul binario in attesa di prendere il treno, ha accusato un malore. Sono stati attivati, immediatamente, i soccorsi tramite il Centro Operativo Compartimentale della Polizia Ferroviaria che ha allertato il 118 e le pattuglie del Settore Operativo di Torino Porta Nuova. Gli operatori Polfer, in modo celere e muniti di defibrillatore, si sono precipitati a soccorrere il malcapitato. Durante gli interminabili attimi di concitazione, gli agenti provvedevano a distanziare la notevole folla accalcata in stazione, mentre l'agente abilitato al primo soccorso e all'utilizzo del Defibrillatore esterno automatico con lucidità e professionalità, effettuava tempestivamente le manovre di rianimazione, tra cui anche la respirazione cardio-polmonare. L'anziano signore, dopo qualche minuto, piano piano riprendeva i parametri vitali e subito dopo è stato trasportato d'urgenza con ambulanza presso l'ospedale più vicino. Le manovre svolte si sono rivelate cruciali per salvare la vita dell'anziano, i cui familiari, qualche giorno dopo, hanno ringraziato di cuore la pattuglia intervenuta per l'impegno e la professionalità dimostrata.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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A zonzo per la Francia: Hector Malot, padre di Remì
Lo scrittore che ideò la figura di Remì, il ragazzo trovatello per le strade della Francia di metà Ottocento… Hector-Henri Malot nacque il 20 maggio 1830 a La Bouille, in Francia, da giovane studiò legge e si impiegò in uno studio notarile, ma le sue aspirazioni personali lo spinsero verso la letteratura e anche ad occuparsi di educazione, scrivendo saggi su riviste specializzate. Malot frequentò un gruppo di intellettuali che si riunivano attorno a Octave Feuillet, che proponeva un romanzo più passionale e ricco di colpi di scena e ciò portò lo scrittore a scrivere opere per i più giovani e a collaborare con uno dei più noti giornali dell’epoca, il Magazine d’éducation et de récréation, che pubblicava racconti di grandi scrittori. Senza famiglia, il capolavoro di Malot, narra la storia di Rémi, un bambino di 8 anni che ad un tratto scopre di non essere figlio naturale dei Barberin, due coniugi molto indigenti e, a causa di problemi finanziari, viene venduto a un vecchio artista di strada italiano che si fa chiamare Vitali , e che suona per le strade con tre cani, Capi, Zerbino e Dolce, e una scimmietta, Joli-Coeur perfettamente ammaestrati. Rémi inizia a guadagnarsi da vivere come un artista girovago suonando l’arpa, mentre si affezionerà sempre di più al vecchio signor Vitali e ai suoi animali. Quando Vitali viene arrestato per difendere Capi dai maltrattamenti di un poliziotto, Rémi deve vivere da solo con la banda, ma in quel momento conosce una ricca signora inglese, Madame Milligan, che viaggia sulla Loira con il battello chiamato Il Cigno. La donna, che ha un figlioletto invalido di nome Arthur, si affeziona moltissimo a Rémi e lo ospità nel battello per alcuni mesi e, quando Vitali esce di prigione, la compagnia si ricongiunge, ma poco tempo dopo Zerbino e Dolce vengono uccisi dai lupi e Joli-Coeur muore di polmonite. Successivamente Vitali e Rémi si separano nuovamente, e il giovane viene affidato a Garofoli, un conoscente del suo mentore che vive a Parigi e ospita diversi ragazzi nella sua casa. Qui il bambino fa amicizia col violinista Mattia, uno dei pensionanti di Garofoli, ma viene anche a sapere che quest’ultimo sfrutta e picchia sistematicamente i ragazzini che vivono con lui e, informato , Vitali porta immediatamente via dalla casa Rémi, morendo però poco dopo sotto una tormenta di neve. Rèmi dopo la tragedia scopre che Vitali era in realtà Carlo Balzani, un famoso ex tenore che aveva abbandonato le scene, mentre viene accolto come un figlio dai coniugi Acquin, dove fa amicizia con la loro figlioletta Lise, muta per una malattia. In seguito, quando gli Acquin non lo potranno più tenere per mancanza di denaro, Rémi si ritroverà ancora una volta con solo il fedele Capi, per poi riuscire a riunirsi a Mattia. Rémi e Mattia riescono a tornare dalla madre adottiva di Rémi, la signora Barberin, da cui scoprono che il padre adottivo è morto e che i suoi veri genitori sono inglesi, i Driscoll, che riescono a rintracciarlo attraverso un avvocato e lo portano in Inghilterra, dove non gli fanno mancare nulla, ma si comportano in maniera strana, come se non provassero alcun tipo di affetto per il figlioletto ritrovato. Alla fine del romanzo, Rémi scopre di essere il primogenito della signora Milligan, che il perfido cognato aveva fatto rapire alla nascita e portare in Francia per essere l’unico a ereditare l’eredità della famiglia, poi aveva convinto i Driscoll a spacciarsi per i genitori di Rémi dopo aver saputo che il bambino era ancora vivo. Malot scrisse anche romanzi per adulti, come Le vittime dell’amore (1859-66), Suzanne (1872), Il dottor Claude (1879) Il romanzo dei miei romanzi (1896), che è un’opera autobiografica. Colpito da paralisi nel 1905, Hector Malot morì due anni dopo nella sua casa di Fontenay-sous-Bois, in Avenue de la Dame Blanche, il 17 luglio 1907. Read the full article
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Sans Famille - Hector Malot writes the famous novel in Fontenay-sous-Bois
Sans Famille – Hector Malot writes the famous novel in Fontenay-sous-Bois
Hector-Henri Malot was a French writer born in La Bouille, Seine-Maritime. He studied law in Rouen and Paris, but eventually literature became his passion. In total Malot wrote over 70 books. By far his most famous book is “Sans Famille” (Nobody’s Boy, 1878). Title page from Nobody’s boy The story proper starts when the mason Jerome Barberin, finds a baby boy in Paris. The boy wears very fine…
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Between the Styx and the Lethe Part One: Whumptober Day 30 (JJBA)
And we’re at the @whumptober finale. This is a really long one with a lot of Giorno whump so buckle in.
Also, this is obviously too long to post here so please read the full chapter through the links below!
Prompt: Note to Self: Don’t Get Kidnapped (manhandled, hair grabbing, ‘please, don’t touch me’)
Fandom: JoJo’s Bizarre Adventure Part 5
Character: Giorno
A strange man on a quest for power kidnaps Giorno to find the secrets of Gold Experience. When experimentation doesn't work, he turns to more subtle methods, manipulating, coercing, until Giorno is questioning what is real and doubts that help is even coming
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Giorno felt incredibly disoriented when he woke. He dragged his eyes open, and a million stars swirled around above him, making him feel sick and dizzy. He brought a hand up to his face, hoping to make them stop. His hand was too heavy, and then he realized the reason was that it was attached to his other hand.
Giorno rolled onto his side, blinking away the dizziness and the swirling stars that he was pretty sure were just lights, and tried to breathe through the nausea that assaulted him.
The next time he opened his eyes, he felt a little steadier, was at least able to make sense of his surroundings. He was in a small bedroom. Sparsely furnished but clean. Giorno glanced down at his hands that were manacled together and carefully pushed himself into a sitting position as he tried to remember what had led up to him ending up here.
A meeting—he'd had a meeting. What had it been about again?
There was the sound of a lock turning and Giorno spun around, head spinning again, as it was opened and a man stepped in.
"Ah, you're awake. Good."
The pieces were finally coming together as Giorno took the man in. Tall, middle-aged, handsome enough. His dark hair was slicked back from his face to show hard grey eyes. He wore a plain, yet expensive tailored suit and carried himself with an air of authority.
All in all, he represented his position well.
It had surprised Giorno a little bit to get an invitation to a meeting from a senator.
"It's not really that uncommon for local government officials to want to make ties with us," Bucciarati had told him. "Polpo used to have several senators in his pocket."
"It's sort of a…symbiotic relationship, I suppose," Giorno mused, tapping his chin. "I suppose it couldn't hurt to go and have the meeting at least."
So he'd set it up and gone the next day to meet with Senator Vitali Padovesi.
In retrospect, he probably should have taken at least Fugo with him, but he'd been busy, so instead he'd had Mista and Narancia drop him off at the meeting point before they went to run a few errands.
He hadn't expected more than a simple meeting smashed between two other engagements that day. He'd never heard anything suspicious about this man, had no reason to suspect he was dangerous; by all accounts, he wasn't even a Stand user.
The problem was, unlike in nature where danger could be spelled out with bright colors and warning sounds, humans tended to be better at hiding their true colors until it was too late.
Giorno should not have accepted the cappuccino.
He could only assume that he had been dragged off after he was incapacitated.
Now, not knowing where he was, staring this new enemy in the face, he had to reevaluate everything he had been considering about Padovesi from their meeting. The man was obviously more dangerous than he had originally thought. But what did he want? Was Giorno nothing but a captive for ransom or was there more to his motives?
"I don't appreciate your way of handling business, Senator," Giorno said firmly. His tongue was still a bit heavy, and with whatever drug this was in his system, didn't allow him enough concentration to bring Gold out.
The man smiled, but it was oily, almost patronizing. "I do apologize for the inconvenience, Signore Giovanna, but I'm afraid the kind of discussions we will be having must be held in private."
He stepped further into the room and Giorno staggered to his feet, trying to keep his legs from wobbling, furious that he probably looked like some weak prey animal at the moment.
Padovesi's eyes scanned him as if seeing just that. "I'll admit, you don't look like much right now. But I'm inclined to believe the stories I've heard about you."
"And what would those be?"
The senator tucked his hands into his pockets. "I've heard stories of people in Passione having strange powers. I didn't really believe it until I heard about the bizarre occurrences in Rome prior to the previous Don's…shall we say execution? I must say, the rumors have me intrigued. It's odd indeed for a sixteen-year-old nobody to hold such a high position. Ambition only gets you so far. I should know."
"What exactly do you want?" Giorno demanded.
Padovesi took yet another step forward, crowding into Giorno who refused to back down, hating that the man was almost a head taller than him. "I want to know the secret of your power, Giorno Giovanna, so that I can attain it for myself."
Giorno glowered. "We could easily have had this discussion earlier, and I would have given you the same answer."
"And what is that answer?"
"No."
Padovesi sighed, shrugging. "That's exactly what I thought you would say. Which is why I decided to take precautions."
"What did you expect?" Giorno snorted. "You said it yourself, I'm the most powerful man in this city—this country, perhaps. You think I want to make a rival? It didn't turn out well for Diavolo."
Padovesi smirked then. "My, my, look at the little puppy bark. You are no man, Giorno Giovanna, you are only a boy who has been given enough power to make him overconfident. It was easy enough for me to overpower you earlier, wasn't it? So why don't you be a good dog and do as you're told before I have to resort to other methods. I am willing to be nice, but only if you cooperate."
"You should not act so confident. My whole team have powers outside your obvious comprehension," Giorno told him darkly. "They know who I went to meet. It won't be long before they track you down."
"Oh, they won't find us without an invitation. We're in my residence outside the city. We're far away from Napoli now."
Giorno felt a small bit of panic start to arise. How far were they? He glanced toward the small window in the room, but it was dark out and he could see no distinguishing features to the landscape.
"My answer still stands."
Padovesi sighed again. "Then so does my threat."
He suddenly had Giorno around the throat and shoved him back against the nearest wall, leaning down to get into his face. "I will get the answer out of you one way or another, but believe me, it will be a lot more pleasant for you if you were to cooperate."
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#whumptober2022#whumptoberday30#no.30#note to self: don't get kidnapped#manhandling#hair grabbing#please don't touch me#jojo's bizarre adventure#fanfiction#jjba part 5#jojo part 5#vento aureo#golden wind#giorno giovanna#giorno giovanna whump#creepy baddies#non consensual drug use#hallucinations#manipulation#human experimentation#stands#headcanons#Gold Experience
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“Cosa c**** volete? Un applauso”. Ecco quello che si è sentito dire un rianimatore lombardo dopo aver salvato la vita a un negazionista del Covid. Lo racconta lui stesso in una lettera inviata al Corsera, e rilanciata da Next Quotidiano, che diventa un manifesto di resistenza per tutti i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari in trincea. "L’altra notte in reparto abbiamo cambiato una cannula trachestomica a un paziente in rianimazione per severa insufficienza respiratoria da Covid-19 che ha necessitato di ventilazione invasiva e supporto delle funzioni vitali. Cannula che ha la peculiarità di permettere la fonazione, e quindi, finalmente, la capacità di espressione verbale. Uno dei primi concetti espressi del paziente è stato: «Il Covid non esiste!». Il mio giovane e bravo collega gli ha fatto notare che si trovava lì per il Covid-19, che noi avevamo trattato e curato («con successo» ha forse specificato con giusto e meritato orgoglio) nelle precedenti tre settimane. Risposta: «Cosa c…o volete, un applauso?». Malevoli pensieri si sono auto-generati, ma la necessità di rispetto del giuramento prestato ha reso virtù il consiglio che Virgilio rivolse a Dante nel III canto dell’Inferno «non ti curar di lor, ma guarda, e passa». Comunque, coerenza nel proprio credo, capacità di sintesi e seraficità sono certo da apprezzare. Torno a casa da mia figlia di due mesi che mi accoglie con un gran sorriso, nonostante i 12 giorni consecutivi in cui non mi ha praticamente visto. Devo portarla a fare il suo primo vaccino esavalente, e mi accorgo che l’appuntamento era due giorni prima. Appuntamento ripreso nel giro di pochi giorni, ma ho passato un pomeriggio concentrato a cospargermi il capo di cenere. Le avevo negato il beneficio di una delle poche scoperte che hanno cambiato la storia della epidemiologia medica degli ultimi (quasi) due secoli, perché impegnato a permettere al signor «il Covid non esiste» nuovamente il suo pensiero". Lettera sul Corriere di un rianimatore di un ospedale lombardo
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Top 3 favoriete boeken die ik al heb gelezen // boek #1
Zie hier een top 3 van mijn all time favoriete boeken die ik ooit al heb gelezen!
Alleen Op De Wereld, Hector Malot
uitgeverij: Gottmer, 1878 (= jaar van eerste uitgave in het Frans)
Rémi is een weesjongen en leidt een arm maar gelukkig leven bij zijn pleegmoeder, maar plotseling verandert zijn leven helemaal. Hij komt erachter dat hij geadopteerd is, en zijn pleegvader verkoopt hem aan een mysterieuze en muzikale man, Signor Vitalis. Samen met Signor Vitalis en een hele bende dieren reist Rémi de wereld rond, ontdekt nieuwe talenten en leert zichzelf beter kennen.
Wat ik zo leuk vond aan dit boek, is dat het echt op een prachtige manier is geschreven. Er wordt hele mooie woordenschat gebruikt maar het leest ook super vlot. Het is een heel meeslepend verhaal, en je wilt constant verder lezen. Het is ook een heel emotioneel boek met veel triestige momenten, en de gevoelens van elk personage zijn telkens heel gedetailleerd beschreven waardoor je echt begrijpt wat de persoon voelt. In de editie van het boek dat ik thuis heb is ook met adembenemende illustraties gemaakt door Charlotte Dematons. Deze illustraties helpen ook om je de omgeving van het verhaal gepreciseerd in te beelden waardoor je heel goed meeleeft en in een andere wereld terechtkomt. Dit is een echte aanrader als je houdt van meeslepende en emotioneel maar mooie verhalen. Het is niet echt een specifiek genre, wat het wel voor iedereen toegankelijk maakt!
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Lecce, il Comune ha deciso di sottoscrivere il “Manifesto per Città 30 e strade sicure e vitali”
Lecce, il Comune ha deciso di sottoscrivere il “Manifesto per Città 30 e strade sicure e vitali”. Il “Manifesto per Città30 e strade sicure e vitali – Insieme verso la vision zero contro la violenza stradale”, sarà sottoscritto anche dal Comune di Lecce. La giunta comunale ha deliberato giovedì 9 febbraio l’adesione della città all’iniziativa promossa da Fondazione Luigi Guccione e già sottoscritta dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, ANCI, Vivinstrada, Legambiente, ACI – Automobile Club d'Italia, Streets for Life #Love30 – Inviato speciale del Segretario Generale UN sicurezza stradale, ASVIS – Agenzia italiana per lo sviluppo sostenibile, Kyoto Club, FIAB - Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, AMODO – Alleanza Mobilità Dolce, Confindustria – ANCMA Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori, Il Muro della Memoria, Marco Pietrobono ONLUS, Fondazione Michele Scarponi. Il manifesto segnala per l’Italia, sulla scorta delle disposizioni in essere in altri Stati dell’Unione Europea, la necessità di “assumere anche a livello nazionale, a supporto delle scelte degli Enti locali, la politica delle ‘Città 30’, ossia della generalizzazione del limite massimo dei 30 km/h in ambito urbano almeno sulla rete viaria secondaria”. Una necessità che scaturisce da due dati: la stragrande parte degli scontri e investimenti stradali (il 73,3% per Istat, 2020) avviene sulle strade urbane, dove convivono nello spazio pubblico veicoli a motore, ciclisti, pedoni, bambini, anziani, disabili; la violazione dei limiti massimi di velocità è in assoluto una delle prime tre cause dell’incidentalità stradale in Italia (Istat, 2020). Il manifesto propone anche altre misure come mantenere il limite dei 50 km/h sulle strade urbane di scorrimento (tipo D) e promuovere invece quello dei 30 km/h sulle strade di quartiere e locali (tipo E e F), ferma restando l’autonomia dei Comuni nella classificazione delle strade; destinare ai Comuni, nell’ambito delle risorse del PNSS 2030, fondi adeguati e vincolati per la realizzazione di interventi di gestione e controllo della velocità, adottando dal punto di vista progettuale ed esecutivo, tecniche consolidate come il traffic calming, l’implementazione di “zone 30” e “isole ambientali” per ridisegnare le città e progettare ambienti urbani e spazi pubblici sicuri, di qualità e con elevati standard di accessibilità e fruibilità, da parte di tutti gli utenti. “Nella nostra città nel 2022 la Polizia Locale di Lecce ha rilevato, complessivamente 746 sinistri stradali che hanno causato 375 feriti, di cui 4 morti e 11 in prognosi riservata – dichiara il vicesindaco e assessore alla Polizia Locale Sergio Signore – molti di questi incidenti si sarebbero potuti evitare se le auto avessero percorso le strade a velocità più limitata. Per questo è necessario intraprendere anche a Lecce il percorso verso una città 30, che garantisca sulle strade secondarie un limite più basso ed è necessario continuare a investire, come l’amministrazione sta facendo, su marciapiedi più ampi, protezioni per i pedoni, piste ciclabili in sede protetta, sulla promozione del trasporto pubblico, per fare in modo che i cittadini possano muoversi con sempre maggiore sicurezza”. “La città 30 è un obiettivo che dobbiamo raggiungere dotando le nostre città di adeguate infrastrutture a servizio della sicurezza stradale, finalizzate alla riduzione della velocità delle auto, alla protezione degli utenti deboli della strada, alla promozione della mobilità sostenibile e dei mezzi di trasporto alternativi all’auto – dichiara l’assessore alla Mobilità sostenibile Marco De Matteis – la città 30 è quella nella quale si riduce l’incidentalità, si mette al primo posto la sicurezza, si salvano vite umane, non a caso il Manifesto è sottoscritto da associazioni che nascono da esperienze tragiche e si battono per fermare la strage stradale”. ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Anno 1982. Era la guerra di mafia in un paese nel pieno del boom economico. Animali, nati umani e non cani per mero errore nel disegno di Dio, pronti a impallinarti se non pagavi le cinquecentomila lire. E anche farti a pezzi e seppellirti in montagna come accaduto a nomi già dimenticati, Panaro e Gravina, nomi non solo dimenticati, ma pronunciati con un sospiro di sollievo per l’eterno ringraziamento al Dio cui sopra, “meno male che non è capitato a me”, la formula che ricorre da mane a sera nelle nostre menti di terroni maledetti in eterno, incapaci di qualsiasi slancio di coraggio, di qualsiasi raddrizzatura della schiena se non abbiamo alle spalle nessuno. I miei genitori che aprivano e chiudevano la serranda con in tasca [cazzi r'i mia, post modificato]. Perché i poliziotti dell’epoca si cacavano addosso. I malandrini ci entrarono in casa con il fucile spianato mentre ero in grembo della mamma.
Ma credete che la situazione fosse così seria? No, era grave. Non era seria. All’epoca bastò il commissario Cappelli e le teste di cuoio scese da Roma, a prendere a calci nel muso e trascinare quei malandrini per le vie della città ammanettati, con tutti a guardare con la faccia da pesce lesso, per poi chiosare ai colleghi paolani: “E c’avette fatto veni giù pe’ sti quattro stronzi, ahò?”.
Immaginatevi Alvaro Vitali che vi ripete questa frase nelle orecchie e capirete perché queste cose voi non le ricordate. Perché siamo un paese senza memoria. Senza tradizioni che non si possano infilare nel nostro apparato digerente, perché è l’unica cosa che conta. Quando dico “voi”, dico voi che per aver letto mezzo libro in più degli altri vi ritenete detentori dell’illuminazione, che abdicate persino al compito di prenderci per mano e guidarci, perché siete eredi della tradizione più nefasta della borghesia napoletana, del piangi e fotti, dello scherno verso il tamarrone che vi campa, dell’imitazione di tutto ciò che viene da fuori e può elevarvi dalla zimma in cui lasciate morire chi non appartiene alla vostra tribù.
Intanto cresco, per mia sventura, nel mondo reale. I malandrini tutti assunti negli enti pubblici. Chi li aiutava faceva carriera, riusciva a riprodursi e a sistemare i figli. Sistemare: inserire in un sistema, fradicio quanto fosse, era l’unica cosa che contava. L’eroina negli anni ottanta, generazioni falciate, il massimo del merito sociale riassunto nella frase “ma tu mi mini a mmia?”. Tutti, ricchi, poveri, paolani doc e figli di stranieri (leggi: reggini, sanlucidani, falconaresi e gente di altre lontanissime culture) obbedivamo alla stessa legge di cazzo.
Passo indenne per la canna, salvato da un discorso fattomi in riva al mare da uno spacciatore che mi consiglia “se non sei perfettamente tranquillo, se non hai il rischio di cadere in paranoia, non farti mai niente oltre la canna”. E sopravvivo. Gli sono ancora grato.
Passano 20 anni. Anni duemila. Ritrovo [gran cazzi r'i mia]. E mi interrogo. Non è cambiato un benemerito. I malandrini sono ancora lì, con gli stessi cognomi, solo che è finita la pacchia dei soldi pubblici. Chi li ha favoriti, accontentati, tollerati, ha la sua bella villetta vista mare e se la ride. Ho la fortuna di allontanarmi e vedere come va il mondo altrove, poi torno. E un’amata straniera, cresciuta sotto la dittatura comunista fatta di spie, sbirri, agenti sotto copertura e corruzione lampante, mi conosce. Sceglie di seguirmi, innamorata degli alberi di limone, dei monti meravigliosi, della fortuna di avere il mare a due passi, di stare lontana dai morsi del gelo. E del genius loci. Di quelle battute fulminanti e delle risate che sa regalare il dialetto paolano. E della sua impareggiabile validità nell’esprimere la rabbia e la violenza. Degli aneddoti che puoi raccontare al newyorchese più scafato e puoi stare certo di strappargli una risata.
Passano 40 anni. 2019. Io gliel’avevo detto, guarda che qui stiamo inguaiati con i cazzi. E siamo finalmente giunti alla squagliata d’a niva. Lei si meraviglia che le persone non denuncino nulla. Guarda con disprezzo alla nostra attitudine a commerciare su tutto, a vendicarsi aspettandoti con un’accetta in mano dietro la siepe, a mentire anche con gli amici più intimi, a temporeggiare chiedendosi quanto si guadagna se faccio così e quanto se faccio colì. Si meraviglia quando uno sbirro napoletano le chiede i documenti, chi è, cosa sta facendo, dove va. Mi dice che sotto la dittatura noi eravamo più liberi. Poi si corregge, non eravamo più liberi, ma avevamo più palle.
E mi dice che nel suo paese, quando si vede qualcuno che taglia un albero di frodo, lo si corre a denunciare perché lei, delle polizie, si fida. Sa che quando denuncia sono cazzi del denunciato.
Qui, anno del Signore 2019, Italia potenza industriale e paese sviluppato, sottoinsieme Calabria, sotto-sottoinsieme Paola, zona montagne, sono cazzi del denunciante. Hai voglia, amore mio, che mi citi la gente che ha avuto il coraggio di opporsi alla dittatura, di farsi il carcere.
Qui è diverso. Cos’è peggio tra lo sbirro che ti mette i ceppi e il malandrino che ti aspetta con l’accetta e spunta dietro il cespuglio? Meglio la polizia segreta o la pletora di avvocati pronti a dimostrare che se sparisce un prosciutto, il porco era nato con tre gambe; gli sbirri ai quali basta lo stesso prosciutto per chiudere un occhio su qualsiasi taglio abusivo in montagna; i politici che con lo stesso cazzo di prosciutto sono capaci di autorizzarti anche lo sventramento di un fiume; i cazzoni che li votano per ruffianaggine innata e non convertibile, abituati come sono a secoli di leccare il culo al barone, e a sacrificare la buonuscita per “sistemare a mio figlio” con una bella mazzetta; l’amore folle e incondizionato che chiunque, dal proprietario milionario all’ultimo morto di fame passando per il poliziotto corrotto, nutre verso quel gesucristo di prosciutto, unica passione delle nostre vite di calabresi, ultima razza della terra, intestino retto d’Europa.
A questo punto condividete e fate il cazzo che vi pare. Né a me né alla mia amata frega più nulla. Vi urliamo con tutto il dolore di cui siamo capaci: per quanto ancora, Paola, abuserai della nostra pazienza? Per quanto sarai disposta a lasciar scannare i figli che ti amano di più, che ti immaginano diversa, che amano le tue montagne e il tuo mare, fino a che quei tuoi figli scelgano di tacere e di non essere più capaci di guardarsi allo specchio, con tutta la rabbia che nutrono non solo verso chi a questo sistema si è piegato a novanta pur di campare un po’ meglio di te, ma anche verso sé stessi, scoprendosi così impotenti, consci di lottare per una comunità di atomi di cui a nessuno frega una minchia dell’altro? Paola è solo un’espressione geografica funzionale all’eredità dei propri averi.
Non abbiate più paura di un cazzo, signori. “Quattro stronzi”, ripetiamolo tutti insieme, “quattro stronzi”, diceva il romano. Che al “tu mi mini a mmia” parta un cazzotto con tutte le forze che ci restano. Più siamo e meno rischi correremo. È l’ultima carta che possiamo giocare prima di mettere al mondo persone che, su quella stessa spiaggia, davanti all’erede di quello stesso spacciatore, per debolezza congenita, cederanno, mentre risuonano le risatine supponenti dei benestanti appollaiati sulla barca a vela poco più in là. Ci penserà la cocaina a sterminarli; quella sì che è una fine di merda. Non quella di cui avete paura.
Il commissario Cappelli è esistito. O ne aspettiamo un altro e possono passare altri quarant’anni, o tocca a noi. - https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10157526699354876&id=556799875
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Racconto incompleto e senza titolo
"Ora sono cosciente, signori e signore, che l'essere umano non è altro che un'ammasso, una maceria, uno scarto dell'universo, depositato su un pianeta insignificante." Era con una grande verità che Samir iniziò il discorso, il 10 agosto, la notte di San Lorenzo. Immaginava un grande pubblico davanti a sé pronto ad applaudire ancor prima di finire una frase, avrebbe dovuto alzare la voce per farsi sentire. A volte il suo carattere narcisista ed egocentrico lo portava a fare pazzie, come esaltarsi davanti a un pubblico inesistente, su una terrazzina che dominava su piccole casucce alle tre del mattino, sperando che qualcuno potesse udire le sue parole, sempre più scandite, scorrevoli, vigorose, clamorose, strillate.
"Sto per narravi ciò che ho percepito della "non esistenza". Non datemi dal pazzo, permettetemi prima di esporvi i miei solerti ragionamenti."
Giovava nel presentarsi in veste da uomo, nonostante la giovane età di ventun'anni, e non solo all'apparenza, sebbene indossasse un completo in giacca e cravatta, ma pur di animo. Camminava a passo fretto avanti e indietro, gesticolando e ripetendo tra sé e sé le parole dello spettacolo che avrebbe dedicato al pubblico. Attendeva che l'immaginario sipario bordeaux si aprisse e che la luce lunare lo potesse illuminare come un riflettore. Improvvisamente si fermò al centro del terrazzo e chiuse gli occhi. Fermo, immobile, fino a quando non si mossero le labbra e una voce sicura e galante rieccheggió nelle vie delle case vicine.
"Estasi.
È ciò che si prova prima del distaccamento della nostra anima dal nostro corpo accompagnato da un senso di consapevolezza di ciò che siamo: frammenti di universo raccolti, unificati e mischiati in carne ed ossa. Abbiamo addossato a questo distaccamento il significato di morte, la cessazzione di tutte le funzioni vitali, ma essa è solo un'illusione data dalla coscienza, dal pensiero e dalla percezione del corpo. "
"Mi capitò un giorno o una notte, d'estate o d'inverno, di svegliarmi con la persuasione di non esistere. In realtà non potrei neppure affermare di essermi svegliato, per la ragione che svegliarsi vuole l'uso di muovere e aprire la palpebre, ma non vi erano palpebre -ne ero conscio- così come non vi erano occhi, né braccia, né viso... in breve, non possedevo il mio corpo, cosicché capii di non esistere. Non mi sentii inaspettatamente angosciato,in quanto era una coscienza da subito pacata e serena.
Così, mi ritrovai in un'universo inizialmente nero e privo di stelle, e sentii un'immenso senso di libertà spensierata e priva di peccati, poiché gli animi con eccessiva libertà, dimenticano e scivolano nell'oblio. Ma la libertà che possedevo era quella di una giovane vita, immatura, contenente ogni sfumatura, tanto da poter sembrare milioni di colori, poco da poter sembrar essere più indefinito del nero. Ed è così che sono inizialmente i nostri animi: sia gli uni, che gli altri. Poi ci si definisce e ci si identifica; e d'un tratto più nessuna sfacettatura in noi; d'un tratto siamo il rosso, il blu, l'arancio.
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"Erano circa 8:30, quando un anziano signore ottantenne è arrivato per rimuovere dei punti di sutura dal pollice della mano. Egli ha dichiarato che aveva fretta perché aveva un appuntamento alle ore 9.00. Ho verificato i suoi segni vitali e l'ho fatto accomodare. Sapevo che ci sarebbe voluto più di un'ora prima che qualcuno potesse occuparsi di lui. L'ho visto controllare l’ orologio con ansia e ho deciso di controllare la sua ferita perché non ero occupato con un altro paziente. La ferita era guarita bene. Quindi, ho parlato con uno dei medici per rimuovere i punti di sutura. Abbiamo iniziato a conversare mentre mi prendevo cura della sua ferita. Gli ho chiesto se avesse un altro appuntamento medico dopo, dato che aveva molta fretta. Il signore mi ha detto di no e ha risposto che doveva andare alla casa di cura per far colazione con sua moglie. Mi ha detto che sua moglie si trovava nella casa di cura da un po di tempo, poiché era affetta dal morbo di Alzheimer. Gli ho chiesto se la moglie si sarebbe preoccupata se fosse stato un po in ritardo. Mi ha risposto che lei non lo riconosceva più già da cinque anni. Allora, ho esclamato: “E ancora vai ogni mattina, anche se lei non sa chi sei?” Lui ha sorriso, mi ha accarezzato la mano e ha detto: “Lei non mi conosce, ma io so ancora chi è”. Ho dovuto trattenere le lacrime. Ho avuto la pelle d'oca, e ho pensato: “Questo è il genere di amore che voglio nella mia vita”. Il vero amore non è né fisico né romantico. Il vero amore è l'accettazione di tutto ciò che è, è stato, sarà e non sarà."
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Nota di un medico...
Erano circa 8:30, quando un anziano signore ottantenne è arrivato per rimuovere dei punti di sutura dal pollice della mano. Egli ha dichiarato che aveva fretta perché aveva un appuntamento alle ore 9.00. Ho verificato i suoi segni vitali e l'ho fatto accomodare. Sapevo che ci sarebbe voluto più di un'ora prima che qualcuno potesse occuparsi di lui. L'ho visto controllare l' orologio con ansia e ho deciso di controllare la sua ferita perché non ero occupato con un altro paziente. La ferita era guarita bene. Quindi, ho parlato con uno dei medici per rimuovere i punti di sutura. Abbiamo iniziato a conversare mentre mi prendevo cura della sua ferita. Gli ho chiesto se avesse un altro appuntamento medico dopo, dato che aveva molta fretta. Il signore mi ha detto di no e ha risposto che doveva andare alla casa di cura per far colazione con sua moglie. Mi ha detto che sua moglie si trovava nella casa di cura da un po di tempo, poiché era affetta dal morbo di Alzheimer. Gli ho chiesto se la moglie si sarebbe preoccupata se fosse stato un po in ritardo. Mi ha risposto che lei non lo riconosceva più già da cinque anni. Allora, ho esclamato: "E ancora vai ogni mattina, anche se lei non sa chi sei?" Lui ha sorriso, mi ha accarezzato la mano e ha detto: "Lei non mi conosce, ma io so ancora chi è".
Ho dovuto trattenere le lacrime.
Ho avuto la pelle d'oca, e ho pensato: "Questo è il genere di amore che voglio nella mia vita".
Il vero amore non è né fisico né romantico. Il vero amore è l'accettazione di tutto ciò che è, è stato, sarà e non sarà. ❤️
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Planavano come stormi sopra la città di mattina presto. Le buste si bagnavano di pioggia e poi si gonfiavano, fino a diventare scrigni. Non ti scriverò più perché sarebbe troppo tardi - Arrivo martedì o mercoledì - Avrei un mucchio di cose da raccontarti - Mi sono giunte questa mattina le tue parole - Se mi scrivi, fallo presto, perché la tua lettera non vada poi perduta.
A volte custodivano ciocche di capelli, banconote, rischiando sempre di perdersi, di tornare indietro, con un segno brutale che cancellava il nome del destinatario. Le grafie, i francobolli, le timbrature, talvolta la ceralacca e perfino le macchie di giallo, le gocce di profumo: questo era ciò che le faceva uniche, inconfondibili come volti umani. Gli anni di guerra le avevano rese vitali, preziose come poche cose al mondo: potevano brillare a lungo nelle cucine buie, tenere con il fiato sospeso le madri fino al prossimo segno di vita dei figli. La vita era anche questo - scrivere lettere, aspettarle. C'era gente che tossiva per ore, o piangeva, poi stendeva la carta velina contro una finestra, per sapere quello che non c'era scritto. C'erano frasi d'amore mascherate sotto caratteri esotici, per aggirare la censura domestica, padri e madri sospettosi e in allerta. C'erano gli auguri e c'erano i lutti, i vecchi che morivano, i bambini che nascevano, c'erano sempre, sempre, le malattie, e qualcuno da mettere al corrente. A volte, da giovani, bastava la bellezza formale e senza scopo di mettere in cima al foglio il nome di un luogo e una data. E un'ora esatta del pomeriggio, se era per amore. San Bernardino di Trana, 14 agosto 1920, ore 18. Cercare qualcuno, gettare un amo. Illustrissimo signor professore, una cosa che sempre mi fa meravigliare di Lei è la prontezza e l'ordine del rispondere a tutte le lettere, anche alle mie. Nascevano da lontano sodalizi e dissidi, dialoghi lunghissimi e accaniti che non temevano i chilometri, né le catene montuose, i mari, quando la geografia li prevedeva. Il punto, il più delle volte, era semplicemente questo, dire a qualcuno Sono qui, sono vivo. Sono arrivato, sono salvo. Domani parto, non sono morto. Ti confermo che il treno arriva giovedì alle dieci e un quarto. E il treno in effetti arrivava, con un leggerissimo ritardo.
_ Paolo Di Paolo - Mandami tanta vita
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Pianura
La Pianura Padana era come un grande tagliere di terra su cui avevano inciso a bulino i fossi e le strade, fatta salva la ferita più profonda degli argini del Po, la cui imponenza era lì a testimoniare la paura che incuteva il grande fiume, serpeggiante fra le golene e i condotti di sfogo delle centrali elettriche. Nessuna cosa rilevante accadeva in pianura se non anni prima la costruzione di quelle grandi centrali che avevano riversato nel Destra Secchia intere famiglie di operai provenienti da Gela. Una di queste famiglie si stabilì nei paraggi del nostro cortile, apparvero dal nulla due graziose ragazzine che rispondevano al nome di sante piuttosto improbabili e mai sentite prima da orecchi mantovani, una di loro divenne la mia migliore amica. Ma questa è un’altra storia. La vita sembrava scorrere placida senza che fosse regolata da alcun principio di autorità che non fosse una quieta e paciosa convivenza civile, si spettegolava sui vicini e si discuteva di politica ma giusto quel tanto per non annoiarsi. Quando c’era bisogno ci si aiutava, come a ricordarsi che un tempo si era stati tutti contadini dimenticati da dio e se c’era da prestare una zappa non si facevano storie. Il motorino era l’unico svago ma io non sapevo andarci, in bici invece imparai a quindic’anni. Gli anni ‘80 irrompevano dai televisori e dai videogiochi cabinati dei bar. La domenica andavamo al cimitero e a me sembrava una gita di piacere. C’erano delle cose interessanti, lapidi dalle forme stravaganti e certi lumicini verdi che sembravano lanterne alimentate all’assenzio. E poi l’odore marcio dei gambi dei fiori. Ma c’erano anche cose più vitali, c’era la bionda con le sue cosce leggendarie e la vicina di casa che prendeva il sole in costume sopra il garage, che quando saliva la scaletta le si muoveva tutto il posteriore, come una gatta. E poi c’era il mercato, lì c’era il signore in grembiule bianco che mi faceva assaggiare il grana, il banco dei bottoni dove mia nonna si fermava a spiluccare. La pianura osservava impassibile, piena di frumento e di granturco mentre la bisnonna si preparava il caffè d’orzo. Non ci credo che è andato tutto perduto, ritorneremo a casa, un giorno, e sarà una festa.
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It breaks my heart that in the beginning we've got the Troupe! of signor Vitalis: dirt poor but so lively and vibrant with a cheeky monkey and the three dogs Capi Dolce and Zerbino who could tell time looking at the ol man's watch and the old man Vitalis himself with the white beard and Vitalis would be like 'En avant mes enfants!' (Ahead, my children!) and they'd march ahead all 6 of them and Rémi had a 'father' and animal friends he even considered as his children.
Now it's Rémi saying 'En avant!' but there's only Capi because everyone else is Gone. Even Vitalis's watch had long been sold and I don't think there was anything left on the old man when he died.
I don't remember the last time I let myself shed physical tears reading a book. I wanted to keep my guard up against this book but I just couldn't. I loved signor Vitalis's troupes and Rémi's days with them too much. I miss them.
#this book is fucking destroying me#4/6 of the troupe passed away in like... 3 chapters in a row#i just couldn't#personal#my heart cries for vitalis and dolce and zerbino and that cheeky little joli-coeur#and my brain won't forget them any time soon#reading#books#sans famille#literature fr#literature#m reads
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Di Miguel e dell'ennesima occasione persa
Non è difficile capire quanto la drammatica scomparsa di Miguel Moutoy, per tutti "il Generale Bertrand", abbia sconvolto la nostra isola. Le centinaia di testimonianze sui social parlano da sole. Amato da tutti per la sua cordialità, educazione, gentilezza, disponibilità, Miguel univa la sua passione per l'Imperatore all'amore per l'Elba e gli Elbani.
Immancabile a qualsiasi celebrazione o rievocazione storica, instancabile nel suo perorare la causa di un Monumento da dedicare all'uomo che, piaccia o meno a qualcuno, è indiscutibilmente il più formidabile "promoter" del nostro scoglio nel mondo intero, se ne è andato senza riuscire a vedere il suo sogno realizzato. Non solo: da qualche anno si era reso disponibile a mettere a disposizione gratuitamente la sua formidabile collezione di reperti e cimeli per la realizzazione di un Museo, chiedendo solo le più banali garanzie assicurative e di "decoro" dell'esposizione.
Muri di gomma, aveva trovato solo muri di gomma.
Evidentemente, ai gestori della "cosa pubblica", quando non ballano cospicui finanziamenti, quando la posta in gioco non consente di gestire centinaia di migliaia di euro per costruire aberranti gattaie, fantomatici canili o dissennati dissalatori, passa qualsiasi fantasia.
E tutto mentre si blatera di "destagionalizzazione" senza minimamente pensare a come e quanto i tempi siano cambiati.
Il turismo scolastico è finito: i ragazzini sono numericamente sempre di meno, si scelgono da soli le "gite" - e le discoteche di Parigi o Barcellona sono certamente più attraenti delle orchidee del Perone - e gli stessi insegnanti hanno sempre meno voglia di assumersi gratis tutti i rischi che comporta accompagnare torme di scalmanati ispirati da Guru come Sfera Ebbasta.
I turismo delle gite parrocchiali o dei Cral, pure: gli "anziani" sono sempre più attivi e vitali, e se ne vanno in giro con Ryanair per conto loro.
Il famoso turismo sportivo, o più genericamente, outdoor, è già ben strutturato (quasi troppa grazia, per merito di Associazioni private e Cittadini, se si pensa alla pessima gestione pubblica dei boschi e dei sentieri, delle strade e degli stradelli) ma non possono bastare i w/e per arrivare a fine mese. E, normalmente, la gente lavora, durante la settimana. Per implementarlo davvero servirebbe abbinare al fascino della natura una serie di offerte culturali ed eventi che possano invogliare almeno le persone più colte o curiose a prendere qualche giorno di ferie anche in autunno o primavera. Ed ecco che il Museo di Miguel avrebbe potuto essere un importante tassello verso la creazione di quella base "strutturale" su cui poggiare le fondamenta da cui partire. Perché se poi capitano tre giorni di pioggia, o freddo, o vento, i panorami mozzafiato non bastano più.
Magari anche solo per dare una botta di vita alle Residenze Napoleoniche, sulla cui gestione non esprimo giudizi perché parlano i fatti: la Villa di San Martino su Tripadvisor si piazza "al 24°posto su 33 cose da fare a Portoferraio", seguita solo da attrazioni del calibro della "tabaccheria da Peppe" o "lavanderia a gettone Piùbianco!".
Ma così non è stato, e Miguel non c'è più. Sono certo che i suoi straordinari amici - della Petite Armée, ma non solo - sapranno proseguire nel suo nome la lotta per la Cultura e la Storia. Ci saranno altri 5 di maggio, e, almeno all'Elba, saremo in molti a pensare, più che a Napoleone, al vuoto che ci ha lasciato il Generale Bertrand.
Ps: nella foto, Miguel è con mio padre, all'inaugurazione della "prima statua di Napoleone all'Elba", di cui papà andava - e va tuttora - molto fiero. Pur essendo un omaggio privato, in una struttura privata, Miguel era stato entusiasta di concederci il piacere e l'onore della sua presenza. Senza chiedere in cambio nemmeno un caffé.
Non solo un Amico, ma un vero Signore.
Yuri Tiberto
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