#Si Belson
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Gli archeologi sostengono che le popolazioni Clovis utilizzavano annualmente un campeggio nella regione dei Grandi Laghi
I Clovis sono probabilmente tornati al campeggio di Belson, nel Michigan sud-occidentale, per diversi anni di seguito. Gli archeologi hanno portato alla luce centinaia di utensili in pietra Clovis nel campeggio di Belson, nel Michigan sud-occidentale, risalente a 13.000 anni fa; i Clovis si recavano in questo sito ogni anno, probabilmente in estate, per almeno tre anni, ma probabilmente fino a…
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Tu dici Stranger Things e io dico anni Ottanta.
Tu dici anni Ottanta e io dico Barret Oliver.
Perché vanno bene le citazioni, gli elenchi ai richiami alla cultura pop di quel decennio che in questa terza stagione targata Netflix sono particolarmente densi, ma è giusto contestualizzare meglio alcune figure, soprattutto se così affascinanti e misteriose come Barret Oliver.
Insomma, chi è costui?
Facciamo un passo indietro. Barret Oliver è stato un attore di punta del cinema statunitense di genere negli anni Ottanta. Il suo volto è indissolubilmente legato ad alcuni personaggi protagonisti di titoli che hanno forgiato quell’immaginario. Il cinema, si sa, è fatto di immagini, ma oltre alle immagini è fatto di icone, che si nutrono delle immagini stesse. Per questo motivo è più facile, per la settima arte, imprimere nell’immaginario figure iconiche, per il fatto stesso che sono impersonificate da volti, corpi, lineamenti che diventano mitografie, simboli, parti essenziali di un meccanismo di riconoscimento immediato. Fin qui ci siamo? Bene.
Siamo nel 1981, un bambino esordisce in veste di attore in un episodio de L’incredibile Hulk, la serie interpretata dal mitico Lou Ferrigno. Come ci è arrivato lì? Barret vive a Los Angeles con la sua famiglia. Ha un bel visino e un amico di famiglia lo propone per il provino di spot televisivi. Da lì al cinema il passo è breve: piccoli ruoli in Scuola di sesso (Jekyll and Hyde… Together Again, Jerry Belson, 1982), in C’è… un fantasma tra noi due (Kiss Me Goodbye, 1982), un paio di episodi in Supercar in cui rischia addirittura di farsi creare un personaggio fisso appositamente per lui. E via così, con una gavetta neanche troppo scontata, data la giovane età (Barret è nato nel 1973).
A un certo punto partecipa al provino per la parte di Bastian in La storia infinita, film tratto dal bellissimo romanzo di Michael Ende e diretto dall’allora lanciatissimo Wolfgang Petersen. Ma la risposta è no, troppo piccolo, troppo giovane, troppo immaturo. Passa un pochino e ancora l’attore protagonista non si è trovato. E così ci riprovano: Oliver sostiene una seconda audizione in cui stupisce tutti per maturità artistica nel breve lasso di tempo tra i due incontri. È fatta. Ed è la svolta.
Il Bastian di Barret Oliver è la chiave con cui interpretare l’intero film che, nel frattempo, è diventato un vero e proprio cult. Perché ok l’immaginario fantasy, ok quella dimensione di avventura sincera e neanche troppo furbesca, ok la visionarietà a tratti coraggiosa, la maledetta morte di Artax che ha sconvolto un’intera generazione che neanche Bambi: il fulcro della storia è la fragilità di un bambino che deve affrontare il mondo e la vita e crede di non avere gli strumenti per farlo. E quella fragilità, quella delicatezza emozionale è tutta sulle spalle di Barret Oliver, un bambino di nemmeno undici anni. Il Bastian di Barret è un nerd, è senza madre, è perseguitato dai bulli. Si rinchiude nel suo mondo fantastico, fatto di libri. Barret Oliver deve sostenere tutta la tragicità del film senza praticamente partecipare agli eventi principali. Dite quello che volete, La storia infinita non sarebbe stato altrettanto incisivo senza tutte le sfumature di delicatezza messe in scena con il suo corpo e le sue espressioni da Barret Oliver.
Ad ogni modo, La storia infinita gli apre una marea di strade. Assieme a pochi altri, Barret diventa (in maniera anche forzata, come sempre quando si tratta di marketing) il volto dei ragazzini pieni di speranza degli anni Ottanta. Interpreta David in Cocoon – l’energia dell’universo, diretto da Ron Howard. Un ruolo marginale questo, ma essenziale nell’economia del film. Nel 1985 interpreta l’androide Daryl in D.A.R.Y.L. di Simon Wincer: ancora una volta, al di là della qualità della pellicola, è il contributo di Oliver a lasciare meravigliati. Sembra un professionista, l’impegno e l’abnegazione che incanala nelle sue interpretazioni lasciano presagire di trovarci davanti a un enfant prodige. Non a caso, per il ruolo di Daryl, vince un Saturn Award per il miglior attore emergente.
Il tempo passa e Oliver cresce. L’industria cinematografica, talvolta (talvolta?), sa essere spietata e stritola i suoi giocattoli finché può. Se è vero, quindi, che Oliver non può più interpretare il bambino sognante che già conosciamo, è altrettanto vero che può dar sfoggio delle sue qualità. Infatti, nel 1987 interpreta Dickon Sowerby nel film The Secret Garden. Un ragazzo inglese interpretato da un ragazzo statunitense: significativo, no?
Nel 1988 torna nel sequel di Cocoon – il ritorno. Poi, nel 1989, interpreta il figlio un po’ malato della vedova Clare, protagonista di Scene di lotta di classe a Beverly Hills (Scenes from the Class Struggle in Beverly Hills).
Una svolta? Il desiderio di un nuovo percorso da intraprendere? Il film del mutamento? Forse. Non lo sapremo mai. E sapete perché? Perché dopo essere diventato volto icona del cinema degli anni Ottanta, Oliver Barret ha deciso di scomparire. Letteralmente.
Ve lo immaginate? Siete dentro il sistema hollywoodiano, potete scegliere di proseguire con una carriera straordinaria, magari reinventandosi. E invece no, scegliete di scomparire, cioè di annullare l’importanza centrale e cruciale dell’immagine cinematografica, quella che genera il culto, il mito, l’immaginario.
Siete al centro dell’inquadratura, tutti vi guardano e voi scegliete di scomparire. Cosa rimane?
Rimane un’inquadratura vuota.
E tante illazioni.
Che fine ha fatto Barret Oliver?
Ha aderito a Scientology, ne è stato risucchiato per uscirne in qualche modo cambiato, mezzo matto. No.
È entrato nel vortice della droga, è diventato un tossico che ha dovuto intraprendere il difficile percorso di riabilitazione. Niet.
È morto!
Ecco, questo è significativo e può aiutarci a comprendere una figura come Barret Oliver.
In un mondo votato all’apparenza, al culto, all’immagine, alimentato da strumenti voraci come il cinema stesso (e Hollywood in particolare), pensare che un uomo che possa avere tutto questo possa scegliere di ritirarsi, di smetterla, di fare altro, di uscirne fuori è insostenibile. Così insostenibile da dare adito alle più disparate teorie. E se queste teorie non bastano arriva quella più definitiva di tutte: Barret Oliver è morto. Perché non è accettabile che rifiuti la sovraesposizione, i soldi, il successo: quindi è morto.
Invece no. Barret Oliver ha, forse, compreso i meccanismi spietati che lui stesso ha oliato per bene e, con un atto di coraggio rarissimo, ha detto basta. Magari è morto il “personaggio” Barret Oliver, ma non l’uomo.
In tanti lo hanno cercato, ma non c’è stato verso di trovarlo. Almeno fino a quando si è scoperto, anni e anni dopo la sua sparizione (intorno al 2004), che si è specializzato in una tecnica fotografica nota come wet-plate photography. Insegna fotografia e ha scritto saggi a riguardo. Ha smesso di essere il ragazzino perfetto che tutti conosciamo ed è diventato un uomo, un po’ pelato e lunghi dread e una barba lunga e folta, quasi un santone. Ha abbandonato il cinema ma non l’immagine, curioso vero?
E così, quando Dustin in Stranger Things canta, in momento molto bello e ilare, la canzone di La storia infinita, voi ridete, io pure ma nel frattempo penso a Barret Oliver, un uomo che, laddove l’immagine è assoluta nelle dinamiche sociali, ha scelto di togliersi da davanti alla macchina da presa per fuggire e vivere ciò che accade dietro il mirino, in una dimensione intima e, forse, anche più sincera.
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Breve ma veridica storia del documentario. Dal cinema del reale alla nonfiction
E penso a quello che si potrebbe fare sul cinema del passato con interventi "creativi", a cominciare dalle colorazioni (qualcosa già si fa, non so quanto creativamente, con le nuove musiche per i film muti). Si può però anche perdere la memoria, non solo per l'inevitabile intervento del caso, ma anche per scelta deliberata: Jordan Belson ha ritirato i propri film dalla distribuzione; Guy Debord ne ha proibito la proiezione (e si spera che non li abbia distrutti [non li ha distrutti]); Marker è contrario a quella dei propri film anteriori al 1962 (a una mia richiesta di proiettare Lettre de Sibérie così mi ha risposto il 5 settembre 1996: «Non si tratta di una reticenza ma di un'opposizione netta, chiara e motivata. Sono disposto a credere che ci sia qualcosa di toccante nella mia goffaggine all'epoca di Lettre de Sibérie, ma essendo biologicamente incapace di seguire i corsi di una scuola di cinema, bisognava pure che imparassi facendo. Spero di aver fatto poi qualche progresso, e non vedo alcuna ragione di andare a ricercare fra i miei abbozzi. So bene che delle anime caritatevoli pensano che si tratti di una sorta di autocensura retrospettiva: tanto peggio per coloro che preferiscono sempre l'ipotesi bassa. Credo di aver contrassegnato con sufficiente chiarezza il mio percorso nei confronti della Santa Russia da non avere conti da rendere a nessuno. Si tratta unicamente di cinema. Tutto ciò che precede il 1962 [La jetée e Le joli mai] non ha alcun valore cinematografico ai miei occhi, il che non vuol dire che tutto ciò che segue ne abbia necessariamente, e ritengo di avere un diritto di controllo sui miei propri oggetti. Dunque è no, no e no»). Fra le due strade della nonfiction, quella sperimentale, animazione compresa, e quella "documentaristica", si inserisce quella della finzione, nei cui confronti le prime due funzionano come l'inconscio, dove va a depositarsi il rimosso del cinema che tutti conosciamo.
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PERSONALIZAR Pantalla INICIO Android TV Qilive - 🏠 VÁLIDO para todas las ANDROID TV ✅
Te mostramos como puedes PERSONALIZAR la pantalla de INICIO de tu Android TV 😍. Con la configuración de la pantalla de inicio tendrás mucho más a mano a tus aplicaciones favoritas, además las sugerencias serán muchos más adaptadas a ti, con lo que lograrás una mejor experiencia de uso de tu Android TV!. Nosotros hemos llevado a cabo el proceso en una Qilive TV si bien te servirá para cualquier marca de televisión que ejecute Android TV, como Td Systems, TCL, Philips, Gruding, Xiaomi, Sony, Toshiba, Sharp, Cecotec, Engel, Infiniton, Nevir, Panasonic, Sunstech, Telefunken, Schneider, OK ODL, Thomson, CHIQ, Grunkel, Hitachi, Belson, etc. Lo dicho cualquier televisión que ejecute Android TV !
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IRON MAIDEN girará de nuevo por Europa en 2020
IRON MAIDEN ha confirmado a raiz del anuncio de las primeras bandas del Download Festival Uk 2020 que girará pode Europa ese mismo año
Los carteles de los principales Festivales Europeos de Rock empiezan a tomar color. DOWNLOAD FESTIVAL UK 2020 ha anunciado sus primeras bandascon IRON MAIDEN, KISS t SYSTEM OF A DOWN como cabezas de cartel, además de DEFTONES, KORN, THE OFFSPRING, DISTURBED.
A raiz de este anuncio y IRON MAIDEN ha confirmado que girará por Europa en 2020. Así lo cuenta Bruce Dickinson:
«El próximo año tocaremos en una serie de países y ciudades que todavía tenemos que visitar en esta increíble gira, por lo que es fantástico poder aceptar la invitación para volver a DOWNLOAD 2020.
“Esta será nuestra séptima vez como cabeza de cartel en Donington Park. Es territorio local y todos disfrutamos mucho tocando en este festival. El ambiente de la multitud siempre es fantástico «.
Bruce Dickinson
Otra fecha confirmada es la de Irlanda del Norte el próximo año como parte del acto principal en el festival de música Belsonic de Belfast el 15 de junio de 2020.
Todavía no conocemos el resto de fechas y esperamos noticias pronto sobre su posible paso por España. Veremos si se confirma, pero Rock Fest Barcelona aparece como firme candidato
IRON MAIDEN girará de nuevo por Europa en 2020 en el artículo original de Rock and Blog
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“Non aggiunse altro; aprì la porta e rimanendo sull’uscio si spogliò degli abiti che indossava. Allargò in aria le braccia e rimase qualche istante immobile con gli occhi chiusi, poi una strana e vibrante luce cominciò a disegnare i contorni del suo corpo. La luce aumentò, divenne per un attimo abbagliante e subito svanì, mentre il grido di gioia del falco che già si librava libero nel cielo, percorse tutta la vallata.”
Hal Belson
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“He didn't add anything else; he opened the door and remaining in the door he stripped himself of the clothes he was wearing. He spread his arms in the air and remained motionless for a moment with his eyes closed, then a strange and vibrant light began to draw the contours of his body. The light increased, it became dazzling for a moment and immediately vanished, while the cry of joy of the hawk that was already hovering free in the sky, ran through the whole valley.
#dolcezza#relazione#compagnia#incontri sensazionali#pensieri#relationship#sensazione#senza limiti#amore#passione
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Ricette antiche e origini di dolci garfagnini persi nel tempo...
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Ricette antiche e origini di dolci garfagnini persi nel tempo...
Spesso sono bistratti, accusati di essere i maggiori colpevoli del nostro colesterolo e messi al bando da qualsiasi dietista… In effetti parlare o scrivere di dolci per le feste natalizie è come fare un abuso su stessi, oramai siamo rimpinzati da ogni sorta di dolciume che ce lo sogniamo anche la notte… Ma nonostante tutto però, un dolce è qualcosa di più che un semplice “atto di golosità”, il dolce è quella pietanza che per antonomasia sa d’infanzia, di ricordi e che possiede quel che di nostalgico. La classica torta ad esempio rappresenta un frammento di vita, mentre una qualsiasi altra pietanza come un qualsivoglia primo o un qualunque altro secondo ci lascia (sentimentalmente) indifferenti. Una torta invece no; una torta è sempre legata ad una storia, a un avvenimento importante o a una ricorrenza speciale, ma non solo, il cosiddetto dessert può essere il simbolo di un “rito” domestico, di una tradizione familiare e popolare che si lega a filo doppio con la storia di un territorio.
Da Bauto. Donne in cucina
La loro storia parte da molto lontano e nel Medioevo i luoghi per eccellenza per la produzione di dolci erano i monasteri. Verso la fine del XIV secolo e per tutto il XVI° ci fu un evoluzione importante in tal senso, il dolce venne sdoganato al di fuori dei monasteri e cominciò ad essere una portata di uso (per lo più) comune, ma naturalmente anche qui e in questo campo le classi sociali faranno la loro differenza. Da un lato l’aristocrazia dava sfoggio dell’arte pasticcera nell’uso di materie prime particolari e rare, che non si legavano affatto con la stagionalità, ne tanto meno con il luogo d’appartenenza. Le preparazioni dei dolci per l’elite del tempo avevano assunto una connotazione internazionale, un dolce era un trofeo da mostrare alle corti più rinomate di mezza Europa, ed ecco allora che nacque una nuova figura:
Banchetti rinascimentali
il pasticcere, la sua arte, era un’arte sopraffina che con il tempo trovò la sua massima espressione con la venuta nel vecchio continente di un nuovo alimento: “il sale dolce”, più noto a tutti semplicemente come zucchero. Fino a quel tempo per dolcificare si usava il miele, ma la comparsa dello zucchero fu una svolta epocale, era raro e costosissimo, perchè ricavato dalla canna da zucchero, tipica dei paesi tropicali. Per il “sale dolce” si esigevano perfino dei pedaggi carissimi per permettere il suo transito nei vari paesi, tant’è che un panetto di zucchero poteva valere quanto un pane d’argento dello stesso peso. E il cosiddetto popolino? E nella stessa Garfagnana i dolci si mangiavano? Certo che si mangiavano e ce lo tramandano antiche ricette di vere e proprie leccornie, molte di queste andate dimenticate o in disuso. Quello che è certo che le preparazioni dolciarie della gente comune erano ben diverse da quelle della nobiltà, e in particolar modo per i garfagnini la realizzazione delle loro ghiottonerie era legata ai prodotti del territorio e dalla loro stagionalità e… alle limitate disponibilità economiche, quindi pochi ingredienti e dolci poco elaborati. In questi casi “la parola d’ordine” era recuperare gli avanzi di altri piatti(ad esempio focacce o polente), ma nonostante ciò la riuscita sarebbe stata sicuramente di una bontà unica. Questo è innegabile, dato che venivano fatti con il cuore e con passione, dal momento che venivano mangiati raramente perchè fatti per festività religiose importanti e per eventi particolari. Figuriamoci, talmente preziose erano queste ricette che venivano tramandate da generazione in generazione come un vero e proprio rituale. Scendendo nello specifico, oggi però non voglio scrivere dei canonici dolci garfagnini che tutti conosciamo, oggi voglio raccontarvi di ricette dimenticate o di cui poco si conosce. Si, perchè riportare in vita certe ricette è come riportare in vita un pezzo di storia del nostro tempo, una trasmissione di memoria che va tramandata anche questa come un qualsiasi altro fatto storico. Un esempio lampante!? “Il Giulebbe di Ciliegie”!
Il giulebbe di ciliegie
Ebbene si, è un dolce tipico garfagnino. Illustri e nobili sono i natali di questa prelibatezza, questo era il dessert preferito da Ludovico Ariosto, governatore estense in terre di Garfagnana, che allietava i suoi malumori garfagnini con questo squisito dolce. A quanto pare l’ispirazione per questa ricetta l’ebbe osservando dei pastori della valle che per merenda cuocevano dentro ad una “pentolaccia” delle ciliegie marasche, mescolate con latte, miele e burro, una volta che questo composto era ben rappreso lo spalmavano sul pane per un sostanzioso e corroborante spuntino. Orbene, una volta fatto rientro alla Rocca diede mandato ai suoi cuochi di preparare una cosa simile, naturalmente furono aggiunti ingredienti per così dire nobili, come dei biscotti simili ai savoiardi e alcune spezie esotiche come la cannella. Da quel giorno la preparazione del dolce fu esportata in tutto il ducato e denominata “la zuppa dell’Ariosto”, un connubio di prodotti nostrali con il tocco in più che poteva dare solo l’aristocrazia. Un’altra squisitezza conosciuta (adesso non più) come tipicamente garfagnina è un dolce di cui non si è mai sentito parlare… Sfido chiunque…Chi conosce “il Benzone garfagnino” ?
Il Benzone
Anche questa, ad onor del vero è una ricetta importata in Garfagnana dagli Estensi. In tempi antichi, in quel di Modena,era un dolce tipico e l’impasto per questa semplice golosità era composto da farina, uova, burro, latte e miele, insomma una volta infornata veniva fuori una sorta di focaccia casalinga, da inzuppare nel latte o nel vino. Questa modesta ricetta fu talmente apprezzata anche in Garfagnana che ben presto la facemmo propria e addirittura a differenza della preparazione originale fu arricchita con frutti di stagione (fichi, mele, noci). Quello che rimane originale però è il nome, tipicamente modenese, che si rifà alla parola “belson” e più specificatamente alla tradizione di regalare questa specie di focaccia ai ragazzi cresimati, era il cosiddetto “pain de bendson”, “il pane di benedizione”. Queste due leccornie, come abbiamo letto, subiscono molto “influenze” modenesi”, “la Mandolata di Santa Lucia”
La Mandolata
invece è un dolce tipico non di uno specifico paese garfagnino, ma bensì di un rione di Castelnuovo, il rione Santa Lucia. Infatti era (ed è) proprio in onore della Santa, che da il nome a questo quartiere che il 13 dicembre di ogni anno veniva preparato questo dolce dai suoi abitanti, una ricetta che gelosamente si tramandava da padre in figlio (ancora oggi), e che vedeva in loro la saggia mescolanza di ingredienti rappresentativi: il miele di castagno, noci, zucchero e un filo d’olio d’oliva, insieme formavano un prelibato simil- croccante. Una ricetta bellissima anche da osservare, poichè era stupefacente ammirare l’abilità nel “mandare le mani”(da qui il nome mandolata) di coloro che la stavano cucinando, difatti il miele cotto preventivamente formava una lunga treccia che veniva manipolata da mani esperte e sapienti. Non poteva poi mancare un dolce legato strettamente al castagno. “La Pattona di Trassilico”,
La Pattona
questa era la classica “merendina” per i trassilichini che andavan o a lavorare nel bosco. La sua preparazione vedeva un’impasto di farina di castagne, mele a pezzetti, noci, nocciole e fichi secchi sminuzzati. Del tutto si facevano delle palline che venivano poste dentro delle formine e infornate. Il giorno dopo sarebbero state pronte per la veloce merenda del taglialegna. Si dice poi che del maiale non si butta via niente, verissimo, e questa golosità è uno dei classici esempi di “ricette da recupero” e infatti quando nel mese di dicembre si ammazzava il maiale e avanzava un po’ del grasso si faceva “la torta di sciungia”,
La torta di sciungia Foto e realizzazione di Francesca Bertoli
una torta dolce fatta proprio con il grasso dell’animale, ingentilita da uova, farina e scorza grattugiata di limone, la risultanza era quella di un biscotto friabile molto saporito. Sapori, usanze e ricette perse nel tempo, in quel tempo in cui è tutto più facile: in un supermercato puoi trovare tutto e in casa fra mille macchine, preparare un dolce accettabile è un inezia… Una volta no, una volta non c’era il tempo che scorreva e che fuggiva, una volta anche ogni dolce aveva la sua storia…
Bibliografia
“Antiche ricette medievali” Autori Vari, 1906 editore Bemporad
“La Cucina Gallicanese in oltre trenta ricette” Paolo Marzi Serena Da Prato, 2019 Garfagnana editrice
Documentazione Privata datata 1817 del dott. Ascanio Particelli
#dolci garfagnini#Giulebbe di Ciliegie#Il Benzone#la pattona#Ricette antiche#ricette toscane#torta di sciungi
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Rich Moore, regista di Zootropolis, lascia la Disney e passa a Sony Animation
Nuovo post su italianaradio http://www.italianaradio.it/index.php/rich-moore-regista-di-zootropolis-lascia-la-disney-e-passa-a-sony-animation/
Rich Moore, regista di Zootropolis, lascia la Disney e passa a Sony Animation
Rich Moore, regista di Zootropolis, lascia la Disney e passa a Sony Animation
Rich Moore, regista di Zootropolis, lascia la Disney e passa a Sony Animation
Rich Moore, regista premio Oscar di film d’animazione quali Zootropolis, si unisce alla Sony Pictures Animation, per sviluppare, produrre e dirigere lungometraggi animati.
“Rich è un narratore di livello mondiale e porta con sé una ricchezza di esperienza e una sensibilità unica per la storia, la commedia e il cuore”, ha dichiarato Kristine Belson, Presidente di Sony Pictures Animation. “Siamo così entusiasti che lui si unisca al nostro team di registi alla Sony Pictures Animation, mentre continuiamo a sviluppare una serie di progetti animati che sono grandi, audaci e sorprenderanno il pubblico.”
“Sony Animation si sta facendo strada come uno dei principali tra gli studi di animazione – ha dichiarato Moore – La loro visione di dare a registi e artisti la libertà di correre rischi, e di spingersi oltre quando si tratta di stile visivo e ampiezza della narrazione è impressionante, e non vedo l’ora di essere parte del futuro dello studio”.
Rich Moore ha diretto il film vincitore del premio Oscar nel 2016 come miglior film d’animazione, prodotto dalla Walt Disney Animation Studios, Zootropolis, lavoro firmato con il collega Byron Howard.
Il suo debutto alla regia con Disney Animation è stato il film candidato all’Oscar nel 2012 Ralph Spaccatutto, e più recentemente ha diretto il seguito del film, pure quello candidato agli Oscar 2018, Ralph Spacca Internet, con il collega Phil Johnston.
Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
Rich Moore, regista di Zootropolis, lascia la Disney e passa a Sony Animation
Rich Moore, regista premio Oscar di film d’animazione quali Zootropolis, si unisce alla Sony Pictures Animation, per sviluppare, produrre e dirigere lungometraggi animati. “Rich è un narratore di livello mondiale e porta con sé una ricchezza di esperienza e una sensibilità unica per la storia, la commedia e il cuore”, ha dichiarato Kristine Belson, Presidente […]
Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
Chiara Guida
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Crean la Gavin Belson Signature Edition Box 3, de la serie Silicon Valley
Crean la Gavin Belson Signature Edition Box 3, de la serie Silicon Valley
¿Has visto la serie de Silicon Valley? Si la respuesta es sí, es muy probable que reconozcas el logo de Hooli y la firma de Gavin Belson en el servidor de la foto.
Gavin Belson, el CEO de Hooli, decide en uno de los capítulos darle un toque personal a su gama de servidores que están siendo una mina de oro para la empresa y, como es un megalómano, quiere que aparezca su nombre y firma bien…
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Cómo CONECTAR WIFI a TV Android Qilive ✅ VÁLIDO para todas las ANDROID TV 🔥
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Gregory Corso.
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Si Belson | Snowboarder | Route One | Austria
A portrait of Si Belson, a snowboarder an member of the Route one team. Photographed March '14 in Planai, Austria
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Will shows off some ace snow shovelling manouevres at the Dragon Lodge...
www.tignes-spirit.com
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