#Secondo Pia
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Researchers after many years of studying the Shroud of Turin (13th-14th century AD), a realistic representation of what Jesus Christ actually looked like, has been presented.
On left, depiction of Jesus in Orthodox iconography. On right, result of the study.
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The Shroud of Turin, also known as the Holy Shroud, is a length of linen cloth that bears a faint image of the front and back of a man.
It has been venerated for centuries, especially by members of the Catholic Church, as the actual burial shroud used to wrap the body of Jesus of Nazareth after his crucifixion and upon which his bodily image is miraculously imprinted.
The human image on the shroud can be discerned more clearly in a black and white photographic negative than in its natural sepia color, an effect discovered in 1898 by Secondo Pia, who produced the first photographs of the shroud.
This negative image is associated with a popular Catholic devotion to the Holy Face of Jesus.
The shroud's authenticity as a holy relic has been disputed even within the Catholic Church and radiocarbon dating has shown it to be a medieval artifact.
Though accepted as valid by experts, the carbon-dating of the shroud continues to generate significant public debate.
The nature and history of the shroud have been the subjects of extensive and long-lasting controversies in both the scholarly literature and the popular press.
Currently, the Catholic Church neither endorses nor rejects the authenticity of the shroud as a relic of Jesus.
#Shroud of Turin#Jesus Christ#Holy Shroud#linen cloth#burial shroud#Catholic Church#crucifixion#Secondo Pia#Holy Face of Jesus#holy relic#carbon-dating#shroud
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⚠️ APPASSIONAMENTE AL SEGUITO DEI LANZICHENECCHI DELLA NATO❗️
Una giornalista e un cameraman della RAI si sono "cameratescamente" uniti ai lanzichenecchi della NATO, impegnati a occupare un pezzettino di Russia.
I due italiani hanno in tal modo condiviso, "anche per noi", l'adrenalina di Coca-Zelensky, che, a forza di "farsi" il naso di "strisce" neurotrope, crede d'essere divenuto la quinta essenza dei grandi nemici di Mosca: Napoleone e Hitler!
Esulta la Roma delle Logge brecciaiole di Porta Pia.
Tutto infatti procede secondo il programma di Washington: l'Italia è in ginocchio ma dona all'Ucraina miliardi di euro, missili, carri armati, assistenza militare e, infine, copertura mediale con i suoi "Cinegiornali" stile Ventennio.
Ma non tutto è ancora controllato dai "brecciaioli" dell'Urbe!
Roma, la vera Roma, non è infatti ancora morta!
A piegare il corrotto regime ucraino e il Deep State della NATO ci penserà il Presidente Putin!
A noi italiani spetta il compito più arduo (e più importante): liberare Roma, liberare la Sede di Pietro, liberate la Città e l'intera Italia!
E non saranno gli scribi e gli scrivani del "Tempio" (1) a impedircelo!
Nota
1) Il Tempio è quello di Gerusalemne, distrutto dalle Legioni di Tito ma ancora rappresentato dal "Sinedrio" mobile.
Il Tempio inoltre è, per estensione, quello delle Logge e di ogni potere golemizzato.
Il Barone Rosso
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Animali Domestici
In foto, San Rocco del Parmigianino, che sebbene sembri un quadro modernissimo è del 1527-1528.
Rocco è tra i santi più venerati del mondo cattolico: si narra che Roq nacque tra il 1345 e il 1350 a Montpellier, capoluogo della Linguadoca (Francia meridionale, a 10 km dalla costa del Mediterraneo, un posto incantevole). Secondo la pia devozione, il neonato nacque con una croce vermiglia impressa nel petto. Rimasto orfano, vendette tutti i suoi averi donandoli a favore dei poveri e si mise in pellegrinaggio verso Roma. Nel 1367, arrivato ad Acquapendente (provincia di Viterbo), si fermò per dare assistenza ai malati di peste in un ospedale e, narrano le cronache, cominciò ad operare guarigioni miracolose: per questo, e altri prodigi riguardanti le guarigioni, sin dal Concilio di Costanza, nel 1414, lo si invoca per la liberazione dall’epidemia di peste e si festeggia il 16 Agosto, giorno della sua morte (nel 1376 o 1379).
Nell'iconografia, porta il tabarro, il bastone del pellegrino e ha due caratteristiche: una piaga, di solito sulla coscia, a dimostrare la lotta contro il morbo pestifero, e il cane, che leggenda vuole fosse al suo fianco quando, ammalatosi mentre curava gli appestati, si ritirò in una grotta: per confortarlo gli leccava le piaghe e ogni giorno gli portava un po’ di pane, rubato alla tavola del padrone. Dopo qualche giorno, san Rocco si riprese e la peste lo abbandonò, mentre il cane rimase con lui per sempre.
In francese roquet indica sia il carlino, sia in generale un piccolo cagnolino, ma la tradizione vuole che il cane di San Rocco fosse un Epagneul breton
Il suo culto è diffusissimo in tutto il Mediterraneo, e in ogni altra nazione dove l'emigrazione da questi paesi ha creato forti comunità all'estero.
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Giubileo, inaugurata Piazza Pia: una nuova prospettiva pedonale tra Castel Sant’Angelo e San Pietro Roma accoglie il Giubileo con la nuova ... #CastelSant’Angelo #giubileo #piazzapia #roma #SanPietro https://agrpress.it/giubileo-inaugurata-piazza-pia-una-nuova-prospettiva-pedonale-tra-castel-santangelo-e-san-pietro/?feed_id=8661&_unique_id=6769621456a68
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Regali e ricordi per Santa Lucia
Regali e ricordi per Santa Lucia Regali e ricordi per Santa Lucia, un articolo che ripercorre la storia, le tradizioni, il folklore popolare e i ricordi della festa della mitica Santa Lucia. Zitti, zitti fate piano vien la Santa da lontano, porta a tutti dolci e doni soprattutto ai bimbi buoni. Ma se un bimbo è cattivello, oltre tutto un po’ monello, nulla trova nel tinello. Quindi bimbi birichini diventate un po’ bravini, e i cuoricini tutti spenti con la Santa si fan contenti. Grazie, grazie Santa Lucia, il tuo incanto mi porti via. Filastrocca di Santa Lucia Ormai è già più di un anno che è morta mia madre, e lo sconforto misto ad una profonda malinconia mi angosciano sempre parecchio, soprattutto in questo mese di Dicembre in cui le festività amplificheranno ancora di più il senso di vuoto e di perdita della persona a cui per forza di cose ero più legato. Il fatto poi di non avere una famiglia propria e di essere figlio unico, peggiora ancora di più la situazione, perché non si pensa quasi più al futuro, ma si è completamente assorti nei ricordi del passato. Per alleviare un po' questa tristezza faccio dell'attività fisica in casa e quasi ogni giorno vado a fare una camminata che abbino alla solita spesa per sopravvivere, tuttavia i miei pensieri sono sempre volti più alla mia vita trascorsa, che non a quella presente. Capita così un giorno che passando verso sera davanti a Toys, un negozio di giocattoli situato nel parco commerciale di Campo Grande alle porte di Brescia, mi sono ricordato di quanto ero spensierato e felice nel giorno di Santa Lucia, quando da piccolo ricevevo appunto i doni e i giocattoli per celebrare questa antica tradizione. Chiariamo subito che in quel periodo non sapevo molto di Santa Lucia, se non che veniva con il suo asinello, suonando un campanellino i giorni precedenti alla data fatidica, e che era cieca. Ritornerò sulle emozioni che questa occasione mi procurava alla fine di questo articolo, ma prima voglio spiegare chi fosse questa santa, anche perché la sua festa, celebrata il 13 dicembre, anticipa il Natale ed è molto sentita in diverse regioni del Nord Italia, come il Veneto, la Lombardia e l'Emilia-Romagna. Santa Lucia è considerata la patrona della vista e della luce, e il suo culto è legato sia alla tradizione cristiana che a elementi di folklore locale. Secondo l’Enciclopedia Bresciana di don Antonio Fappani, l’usanza originaria era esporre le scarpe vuote sui davanzali e proprio così era stata descritta dal poeta Cesare Arici, nel 1811: "Costume si è quello de' fanciulli che espongono le loro scarpe sulle finestre nella notte di santa Lucia. È pia credenza nella buona fede de' ragazzi, che quella Santa con certo suo alato asino celeste, svolazzi quella notte su pei balconi delle case e riempia di doni le scarpe che si trovano esposte, di ciambelle, di canditi e di confetti". Una filastrocca diffusa anche a Brescia, inoltre, recita: "Santa Lucia questa notte, viene giù dalle sue grotte, viene avanti pian pianino, si nasconde nel camino. Ma se sente a brontolare, a far capricci o bisticciare porta via tutti i doni lascia cenere e carbone. E poi monta sopra il tetto, mentre noi andiamo a letto, e nel buio della notte fa ritorno alle sue grotte".
La festa di Santa Lucia In origine Santa Lucia era una giovane martire cristiana di Siracusa (Sicilia), vissuta tra il III e il IV secolo, durante le persecuzioni di Diocleziano. La sua festa cade appunto il 13 dicembre, che secondo il calendario giuliano era il giorno del solstizio d'inverno, il più corto dell'anno. Per questo motivo, il suo nome, che significa "luce" (dal latino lux), è stato associato al ritorno graduale della luce solare, tanto è vero che un famoso detto popalare recita anche che a Natale i giorni si allungano di un passo del gallo, e in dialetto Bresciano ci sta anche la rima, ovvero - A Nedàl i dé i sà slonga d'ön pas del gal -. Molti luoghi celebrano la santa con processioni e messe solenni, spesso accompagnate da canti tradizionali e dalla benedizione degli occhi. In città come Verona, Brescia, Bergamo, Mantova e Cremona, Santa Lucia è vista come una figura benevola che porta doni ai bambini, simile a San Nicola o alla Befana. La notte del 12 dicembre, i bambini lasciano biscotti, latte e fieno (per l'asinello della santa), sperando di ricevere giocattoli o dolci in cambio. Da considerare inoltre che un tempo il solstizio d’ inverno cadeva proprio nella giornata del 13 dicembre e in tale circostanza nelle campagne era uso praticare una specie di perequazione: chi aveva avuto raccolti più abbondanti ne donava una parte ai meno fortunati. Si riallaccia ad analoga forma di solidarietà la storia di un presunto miracolo che risale al sedicesimo secolo. Si narra infatti che il Bresciano fosse stato colpito da una grave carestia e che alcune signore di Cremona avessero organizzato una distribuzione di sacchi di grano da lasciare anonimamente sulle porte di tutte le famiglie. Così una carovana di asinelli carichi raggiunse Brescia presa nella morse della fame: ma poiché la distribuzione avvenne di nascosto, la notte tra il 12 e il 13 dicembre, si pensò che fosse stata una grazia della martire. L’ antica ospitalità, poi, voleva che si accogliessero nelle case i pellegrini che cercavano riparo dal freddo e questi ultimi, a loro volta, prima di ripartire, dovevano lasciare un dono sulla porta della casa che li aveva accolti. Con il trascorrere del tempo si consolidò così l’usanza di fare regali in occasione del 13 dicembre. Lucia, come abbiamo detto, era una giovane siracusana del III-IV secolo, ed è una figura tra storia e leggenda. Promessa in sposa a un patrizio, si dedicò ai poveri dopo aver ricevuto una visione di Santa Agata mentre pregava per la guarigione della madre malata. Tornata a Siracusa, ruppe il fidanzamento e distribuì la sua dote ai bisognosi. Il fidanzato, offeso e interessato alle ricchezze, la denunciò come cristiana al prefetto Pascasio. Nonostante torture e minacce, Lucia non rinunciò alla sua fede, dimostrandosi incrollabile. Arrestata, fu protagonista di un miracolo: il suo corpo divenne così pesante che nessuno riuscì a spostarlo. Inoltre prima della sua esecuzione, avvenuta il 13 dicembre, ricevette l'Eucaristia e profetizzò la fine delle persecuzioni cristiane. Una leggenda narra anche che donò i suoi occhi a un giovane innamorato, ma questi le ricrebbero miracolosamente e di fronte al rifiuto di cederli nuovamente il giovane alla fine la uccise con una coltellata al cuore. Per questo Lucia è ricordata come un simbolo di fede e carità. La cosa strana è che pur essendo Lucia originaria della Sicilia, i paesi del Nord Europa, come la Svezia, hanno da sempre avuto una forte devozione per lei, e il Nord Italia, essendo geograficamente più vicino, potrebbe averne ereditato alcune tradizioni. La celebrazione della festa di Santa Lucia è attestata per la prima volta nel Medioevo e continuò dopo la Riforma protestante negli anni 1520 e 1530, sebbene la celebrazione, nei modi odierni, abbia solo circa 200 anni. Santa Lucia è ancora oggi uno dei pochi santi celebrati dal popolo nordico prevalentemente luterano: danesi, svedesi, finlandesi e norvegesi, compresi quelli emigrati in nord America (negli Stati Uniti e in Canada). In Scandinavia, come in tutta l'Europa protestante, fino alla metà del XVIII secolo, questa era la notte più lunga dell'anno in coincidenza con il solstizio d'inverno, in quanto era impiegato ancora il calendario giuliano. Tanto che il poeta inglese John Donne scriverà poi la poesia "A Nocturnal upon St. Lucy's Day", che riporto alla fine del testo. Sia i protestanti che i cattolici partecipano a queste processioni, e i ragazzi impersonano di solito altre figure legate al Natale, come Santo Stefano. In Norvegia, in Svezia e nelle regioni di lingua svedese della Finlandia, si cantano canzoni a tema e le ragazze, vestite da Santa Lucia, portano in processione biscotti e panini allo zafferano, come metafora del "portare la luce del Cristianesimo attraverso le tenebre del mondo". Si dice che celebrare compuntamente la giornata di Santa Lucia aiuterà a vivere le lunghe giornate invernali con sufficiente luce. Santa Lucia è celebrata anche in Argentina, nel paese sudamericano, gli italo-argentini originari di o nati a Siracusa e residenti a Buenos Aires (in particolare nel barrio de La Boca) e a Mar del Plata, festeggiano Santa Lucia in maniera molto simile, quasi identica, a quanto avviene in Sicilia. Per ritornare ora alle mie esperienze personali devo dire che l'attesa della Santa, della sua festa e principalmente dei doni era circondata da un’atmosfera più che magica. La festa era scandita da una serie di rituali che venivano rispettati fedelmente e cominciavano già all’inizio di dicembre. Io naturalmente non sapevo che i giocattoli e i dolci li avrebbero acquistati i miei genitori e così ero tutto contento ed emozionato quando sentivo il campanellino a suonare. Si doveva anche andare a dormire presto perché si diceva che se si fosse vista la Santa, tutto l'incantesimo sarebbe svanito e non si sarebbero ricevuti i regali. Considerate che eravamo negli anni 60, non c'erano ancora i computer, né tantomeno i telefonini, e noi bambini eravamo ancora piuttosto ingenui e creduloni. Così al mattino del 13 ci si svegliava presto, anche perché poi mio Papà doveva andare a lavorare, ed io sul tavolo della saletta trovavo i vari giocattoli che avevo richiesto, e un mucchio di dolci, cioccolatini, caramelle, marzapane, monete di cioccolato, torroncini e via dicendo. Ogni anno arrivavano doni e giocattoli nuovi, dal famoso trenino, al meccano, dai mattoncini lego alle pistole o ai fucili dei cow boys, dai soldatini con il loro fortino, ai modellini di macchine o di aerei, e dopo l'inizio delle scuole elementari anche dei libri degli autori Inglesi o americani più famosi, naturalmente in versione tradotta, ridotta e adattata per bambini, con le copertine disegnate e colorate. Anche l'azienda dove lavorava mio padre, La Breda meccanica, oggi Leonardo per intenderci, regalava ai figli dei dipendenti vari doni, che ovviamente bisognava scegliere in anticipo, ed è così che anno dopo anno mi ero creato anche la mia prima raccolta delle Garzantine, anche se io in verità non le usavo molto, anche perché per le ricerche prima c'era l'enciclopedia Conoscere dei nonni, o per meglio dire, di mia zia Gabriella, che aveva una decina d'anni più di me e faceva le Magistrali, quando poi andai in prima media arrivò quella della De Agostini di Novara in 13 volumi, chiamata Universo, che mia mamma aveva acquistato a rate dal libraio Baronio. Così per ritornare ai giorni nostri, mentre camminavo appunto in Campo Grande davanti al negozio Toys, e rievocavo tutti questi momenti sereni, emozionanti e spensierati di quando ero bambino, ancora inconsapevole della triste realtà del mondo che mi avrebbe circondato in seguito, e protetto e viziato dall'affetto e dall'amore dei miei genitori, pensavo che se mai ci fossero stati dei momenti nella mia vita in cui ero stato veramente felice e contento, beh senza dubbio questi erano da associare alla festa di Santa Lucia, il 13 Dicembre di tanti anni fa, e come al solito questi pensieri non potevano che suscitarmi ancora più tristezza e malinconia, perché ormai tutto ciò non vive che nel mondo nostalgico dei ricordi, ma nella realtà è tutto scomparso, come mio papà Luciano, come mia mamma Innocenza, o come i miei nonni materni, Emilio e Stella, e come il piccolo Brunetto che era così soddisfatto e radioso nel vedere i suoi giocattoli. Ma, caro John, eh si, chi dice Ma, cuor contento non ha! Tutto intorno a me appare moribondo, triste, desolato, eppure a guardare meglio sembra quasi che la realtà si diverta, se confrontata con me, che sono il suo epitaffio. Carl William Brown Via John Donne A Nocturnal upon St. Lucy's Day By John Donne 'Tis the year's midnight, and it is the day's, Lucy's, who scarce seven hours herself unmasks; The sun is spent, and now his flasks Send forth light squibs, no constant rays; The world's whole sap is sunk; The general balm th' hydroptic earth hath drunk, Whither, as to the bed's feet, life is shrunk, Dead and interr'd; yet all these seem to laugh, Compar'd with me, who am their epitaph. Study me then, you who shall lovers be At the next world, that is, at the next spring; For I am every dead thing, In whom Love wrought new alchemy. For his art did express A quintessence even from nothingness, From dull privations, and lean emptiness; He ruin'd me, and I am re-begot Of absence, darkness, death: things which are not. All others, from all things, draw all that's good, Life, soul, form, spirit, whence they being have; I, by Love's limbec, am the grave Of all that's nothing. Oft a flood Have we two wept, and so Drown'd the whole world, us two; oft did we grow To be two chaoses, when we did show Care to aught else; and often absences Withdrew our souls, and made us carcasses. But I am by her death (which word wrongs her) Of the first nothing the elixir grown; Were I a man, that I were one I needs must know; I should prefer, If I were any beast, Some ends, some means; yea plants, yea stones detest, And love; all, all some properties invest; If I an ordinary nothing were, As shadow, a light and body must be here. But I am none; nor will my sun renew. You lovers, for whose sake the lesser sun At this time to the Goat is run To fetch new lust, and give it you, Enjoy your summer all; Since she enjoys her long night's festival, Let me prepare towards her, and let me call This hour her vigil, and her eve, since this Both the year's, and the day's deep midnight is. https://www.youtube.com/watch?v=C9f6zxo6X0s Se amate il Natale, le feste e la letteratura potete anche leggere i seguenti articoli: Aforismi e citazioni sul Natale Aforismi divertenti sul Natale Aforismi e citazioni sulle feste Barzellette sul Natale La fiaba del pupazzo di neve Aforismi di C.W. Brown sul Natale Pensieri e riflessioni sul Natale Un buon libro per Natale Numeri sul Natale Odio il natale (Umorismo) Aforismi per autore Aforismi per argomento Riflessioni e pensieri Saggi e aforismi Read the full article
#dolciedoniaSantaLucia#folkloredellafestadiSantaLucia#JohnDonne#LafestadiSantaLucia#regaliperSantaLucia#SantaluciaaBrescia#SantaLuciainLombardia#St.Lucy'sDay#storiadiSantaLucia#storiaeleggendadiSantaLucia#tradizioniperSantaLucia#unapoesiaperSantaLucia
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Ciao, per puro caso mi sono trovat3 in uno spaziotempo - in una frazione minuscola, bada bene, fragile, effimera, destinata a sfuggirmi via come se niente fosse - che mi piace, che ritengo leggermente migliore del pezzettino di spazio tempo di un attimo fa.
Come faccio a restarci? O a progredire partendo da esso, senza brusche sterzate e cambi di programma e delusioni e porte in faccia?
È stupido pensare di avere un minimo di controllo su una cosa del genere?
È una pia illusione?
Non riesco ad abbandonarmi, a dire che è vero io voglio solo una cosa e quella cosa è -- ----- ----- ma che non la devo volere troppo perché desiderare è volgare.
Lo so, che la sto facendo sciogliere via questa scheggia di spaziotempo piacevole, amandola così tanto. Ma cosa posso fare io se non ascoltarmi e gridare ciò che voglio ad alta voce?
Posso solo cercare di dilatare ogni attimo, respirando a fondo e sentendo il sole che mi riscalda la pelle e mi ricorda che esperire (che è l'unica cosa che possiamo fare, noi umanità) è anche piacevole.
Sopra ogni cosa posso ringraziare, per ciò che mi è stato concesso, che non è poco.
Ma posso anche azzardarmi a sperare in di più. A sperare che questo frammento minuscolo non si sciolga tra le mie mani appena mi sembra di averlo agguantato. Perché non mi interessa se è volgare (mi dispiace) ma io non posso non sperare in -- ----- ----- se me lo sventolano sotto il naso così.
La paura è l'altra faccia del desiderio.
Se per paura non continuo a gridare quello che voglio, potrebbe darsi che quello che voglio altrettanto se ne vada via.
Il segreto secondo me è camminare sul ciglio tra paura e desiderio e provare a non cadere mai. Per questo che è tutto effimero e dura poco, per questo che è un dono e una benedizione e devo ringraziare, per l'universo in cui mi trovo, che sia leggermente migliore o leggermente peggiore.
Sono grata dell'equilibrio momentaneo tra ciò che desidero e la paura che non si avveri.
23-08-24
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Immoralità degli emolumenti capitalistici legati ai ricavi
di Roberto Dolci per Zafferano News
$56 miliardi possono essere i ricavi di una multinazionale come Intel, o la paga di Elon Musk: nel primo caso nessuno si stupisce, nel secondo il dibattito alza i toni a livello di curva sud. Come al solito, proviamo a distinguere tra legge, etica e logica.
Teniamo conto che questa cifra era già stata approvata dal consiglio di amministrazione aziendale, ma annullata da un giudice del Delaware, dove ha sede legale Tesla: perché mai un tribunale debba immischiarsi nei fatti leciti di un’azienda, visto che dovremmo essere in un sistema liberale e non in un gulag, è dubbio. La sentenza si basa sulla presunzione dell’eccessivo controllo di Musk sul resto del consiglio, qualifica la somma come “incomprensibile” (unfathomable), e decreta che questa retribuzione miliardaria sia annullata. La legge non ha nulla da ridire sulla paga stratosferica degli sportivi o artisti migliori, che sicuramente lanciano bene una palla, cantano sguaiatamente da un palco, ma non danno lavoro a tante persone quante ne dà Tesla. Infatti, il giudice non esprime alcun giudizio morale sul famoso imprenditore, né sulla cifra: insiste invece sulla presunta mancanza di effettivo controllo degli amministratori, a scapito degli azionisti. Dura lex, sed lex.
Oggi gli azionisti hanno votato e deciso di pagarlo, smentendo gli scrupoli del giudice. Questa cifra astronomica nasce nel 2018, quando Musk scommette tutto su una Mission Impossible: in quel momento l’azienda vale $59 miliardi e lui promette di aumentarne il valore fino a $650 miliardi. Non ci crede nessuno, forse nemmeno lui, e gli azionisti approvano questo piano di remunerazione in azioni che, nella quasi impossibile ipotesi dell’ottenimento dei risultati, gli darebbe i $56 miliardi. Ha scommesso, oggi ha vinto: etico o immorale?
In generale il consiglio di amministrazione è sempre dalla parte del CEO, e le cronache recenti ci raccontano delle paghe milionarie dei capi delle grandi aziende americane: dai $40 milioni all’anno nelle banche, ai $25 milioni nell’automotive, in USA paghiamo quattro o cinque volte quanto si fa in Europa, ed i risultati non lo giustificano. Perché mai il CEO di GM dovrebbe prendere cinque volte quello di BMW e undici volte quello di Honda, quando proprio la terza fa meglio delle altre due? Molti CEO presentano PowerPoint e tengono a dieta i loro dipendenti, dopo che già li han spostati nei paesi in via di sviluppo, ma non costruiscono nulla. Teniamo conto anche che paghe da $30-40 milioni l’anno consentono ad una serie di altri capi, da rettori universitari a direttori di ospedali e fondazioni, di guadagnare $3-4 milioni, e questo porta il famoso 0.1% della popolazione a prendere $3.3 milioni l’anno, mentre il 50% della popolazione americana non arriva a fine mese. E questo giudizio etico su cosa lo vogliamo dare: sulla cifra o sul prodotto? Fate il vostro gioco: è meglio una persona da $56 miliardi che ci dà milioni di posti di lavoro, razzi che atterrano in retromarcia, impianti biomedicali nel cervello, ed un Twitter su cui leggere di tutto, o migliaia di CEO che producono PowerPoint e prodotti noiosi per decine di milioni di dollari di stipendio?
Infine, la logica. Musk ha vinto una scommessa ritenuta impossibile, nessuno nel 2018 pensava potesse farcela. Pagarlo significa riconoscere il suo merito, l’indubbia dose di fortuna, ma anche tenerlo al timone per il futuro. Gli azionisti che in massa hanno approvato i $56 miliardi contano sul fatto che continui a far crescere l’azienda allo stesso modo. Pia illusione: il fatto che sia andato bene una volta non significa che faccia lo stesso in futuro. I concorrenti adesso ci sono, e molto aggressivi, mentre nel 2018 Tesla era sola in un mercato vergine. La crescita dei consumi energetici, una rete di distribuzione antiquata e la mancanza di caricatori sufficienti per tutte le EV in circolo, danno un contesto molto diverso rispetto a sei anni fa. Specialmente, la capacità di sorprendere di Musk è venuta meno: azionisti, politici, concorrenti ne hanno preso le misure. Logica vorrebbe pagargli i $56 miliardi per la scommessa vinta, ma a comode rate annuali, controllando che continui a crescere come negli anni precedenti.
Una cosa è certa: nessuno tra redazione e lettori di Zafferano.News ha l’imbarazzo di spendere $56 miliardi.
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Roma, La Questura commemora l'Agente Claudio Graziosi, vittima dei Nuclei Armati Proletari nel 1977
Roma, La Questura commemora l'Agente Claudio Graziosi, vittima dei Nuclei Armati Proletari nel 1977. Ricorreva Venerdì 22 il 47° anniversario dell'uccisione della Guardia di P.S. Claudio Graziosi. Durante la mattinata, in occasione della cerimonia di commemorazione, il Vicario della Questura di Roma, Francesco Rattá, in rappresentanza del Questore Carmine Belfiore, a nome del Capo della Polizia, Direttore Generale della Pubblica Sicurezza Prefetto Vittorio Pisani, ha deposto una corona d'alloro sulla lapide collocata all'interno del Commissariato San Paolo, in via Portuense 183. Claudio Graziosi, fu ucciso il 22 marzo 1977, da un terrorista dei NAP, i Nuclei Armati Proletari, a bordo di un autobus dell'ATAC.; appartenente al IV Reparto Celere di Napoli, era stato aggregato nella Capitale per servizi di ordine pubblico. Alle ore 23:00 di quella sera la guardia Graziosi, libero dal servizio, si trovava a bordo di un autobus della linea 27 dell'ATAC, che percorreva Viale Trastevere verso Monteverde. In uno dei passeggeri, una giovane donna bionda, riconobbe Maria Pia Vianale, una pericolosa terrorista evasa da poco dal carcere di Pozzuoli. Claudio Graziosi si avvicinò allora all'autista e, dopo essersi qualificato, gli chiese di dirigersi verso il più vicino posto di Polizia - il comando della Polizia Stradale di via Volpato - nei pressi dell'attuale Commissariato San Paolo. I passeggeri iniziarono a protestare e Graziosi dovette qualificarsi nel tentativo di bloccare la donna. Un secondo terrorista dei NAP, Antonio Lo Muscio, giunse alle spalle del poliziotto, sparandogli alla schiena. I due terroristi fuggirono in direzione del ponte ferroviario di via Portuense. Decine di equipaggi di Polizia e Carabinieri concorsero alle loro ricerche. Il successivo 1° luglio i terroristi rimasero coinvolti in un conflitto a fuoco dinanzi alla chiesa di San Pietro in Vincoli a Roma. L'uomo venne ucciso, mentre Maria Pia Vianale venne arrestata insieme ad un'altra terrorista, Franca Salerno. Venerdì, alla presenza delle Autorità civili, militari e alla presenza dei familiari e dei colleghi della vittima, è stata ricordata ancora una volta l'importanza di mantenere vivo il ricordo del sacrificio degli appartenenti alle forze dell'ordine per tutelare le istituzioni democratiche e contrastare le strategie della lotta armata.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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https://notizieoggi2023.blogspot.com/2024/03/chi-e-vittoria-di-savoia-figlia-di.html Chi è Vittoria di Savoia, figlia di Emanuele Filiberto ed erede senza trono Dopo la scomparsa di Vittorio Emanuele, mancato a 86 anni a inizio febbraio 2024, la dinastia dei Savoia punta sempre di più sulla nipote Vittoria. Stiamo parlando della primogenita di Emanuele Filiberto e Clotilde Courau, che hanno anche una figlia più piccola, Luisa. Le due sorelle sono molto legate tra loro. A designare Vittoria di Savoia erede del casato è stato proprio suo nonno nel 2020, quando ha abolito la legge salica che, per il trono, dava la precedenza ai maschi della famiglia reale. Chiaramente dal 1946 la monarchia non esiste più in Italia e quindi si parla di un trono in realtà assente, come ha sottolineato la stessa Vittoria di Savoia alla rivista spagnola ‘Yo dona’ che le ha dedicato il servizio di copertina. Corona Quando è stato chiesto alla principessa, pronipote dell’ultimo re d’Italia, Umberto II, se pensa che potrà mai tornare la Corona nello Stivale, lei – come ha già fatto in passato suo padre Emanuele Filiberto – ha negato qualsiasi possibilità. “Certo che no”, ha risposto Vittoria di Savoia. Il padre ha fatto sapere che formalmente abdicherà in favore della figlia. Dunque, quando toccherà a Vittoria prendere in mano, anche ufficialmente, le redini del casato, la principessa dovrà impegnarsi sempre di più nelle attività di beneficenza – che l’hanno vista in prima linea, in tempi recenti, in un viaggio umanitario con la Croce Rossa, con cui è giunta ai confini dell’Ucraina, per portare aiuti alle popolazioni colpite dalla guerra – e, in generale, nella rappresentanza della dinastia sabauda. I Savoia La famiglia reale dei Savoia ha avuto un breve regno nella Penisola mediterranea, durato solo dal 1861 al 1946. Poco più di ottant’anni segnati da due guerre mondiali e dall'ascesa e il declino del fascismo, e tre re: - Vittorio Emanuele II - Vittorio Emanuele III - Umberto II Si ricorda spesso anche la figura di Maria José, che è nata come principessa del Belgio e poi è diventata consorte di Umberto di Savoia, una donna forte e colta, ostile al regime fascista e contro la Germania nazista. Lei e Umberto, oltre a Vittorio Emanuele, nonno di Vittoria, hanno avuto due figlie, Maria Gabriella e Maria Pia. Arte, recitazione e moda Attualmente la giovane – nome completo, Vittoria Cristina Adelaide Chiara Maria di Savoia – nata nel dicembre 2003, sta studiando a Parigi arte e imprenditoria. In precedenza ha vissuto anche in Inghilterra. Nella capitale francese, inoltre, Vittoria segue lezioni di recitazione, un percorso che la avvicina alla madre, Clotilde Courau, attrice. Tra i suoi sogni, oltre a dedicarsi a questa passione facendola diventare un vero e proprio mestiere, c’è quello di aprire una propria galleria d’arte. Vittoria è anche un’icona di stile e, tra passerelle e ospitate, frequenta assiduamente le sfilate internazionali. Ha già fatto la modella per diverse maison. Generazione Z Nell’intervista a ‘Yo dona’ Vittoria ha parlato anche della sua generazione, i cosiddetti Zeta, i ragazzi nati tra il 1996 e il 2010. La principessa di casa Savoia ha detto che vuole credere che lei e i suoi coetanei Z siano forti e che lavoreranno tutti insieme per la creazione di un mondo migliore. Come tutti i giovani di oggi, anche Vittoria di Savoia usa e conosce i social, dove riscuote molti consensi. Secondo lei le piattaforme digitali interattive sono strumenti di creatività e di espressione di sé, tuttavia occorre stare attenti a non farsi influenzare troppo, cercando di rimanere autentici. Di sé, inoltre, Vittoria ha detto di aver necessità di imparare e sperimentare sempre cose nuove, è molto curiosa, ama ascoltare musica e ballare. Apprezza molto la lealtà, non sopporta l’arroganza. L’Italia Anche se è nata e cresciuta in Svizzera e continua a trascorrere molto tempo oltralpe, Vittoria di Savoia continua a mantenere un legame speciale con l’Italia, che considera casa al pari degli altri posti dove ha vissuto per anni. Lo ha sottolineato anche nell’intervista a ‘Yo dona’. La sua famiglia ha una dimora in Umbria. A legarla al nostro Paese sono anche la cultura, l’arte, la gastronomia. Inoltre il suo affetto per l’Italia deriva anche da importanti prime volte: “Lì ho imparato a camminare. Sempre lì ho nuotato da sola per la prima volta”.
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Secondo Pia
The first person to take a photo of the Shroud of Turin, Northern Italy.
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Dal 10 all'11 febbraio di Piero Visani
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Dal 10 all'11 febbraio di Piero Visani
Nel giusto moltiplicarsi di commemorazioni sulle foibe e l’esodo (forzato) degli italiani da Istria e Dalmazia, mi permetterei di aggiungere – da “bastian contrario”, che è una peculiarità caratteriale che rivendico molto volentieri – che domani, 11 febbraio, ricade il novantesimo anniversario dei Patti Lateranensi e del Concordato tra Stato e Chiesa.
Data per me epocale perché, in poco meno di un decennio (23 marzo 1919 – 11 febbraio 1929), un movimento politico nato con un’ideologia rivoluzionaria passava con la massima disinvoltura dal programma di “svaticanizzare” l’Italia alla Conciliazione, assumendo dunque le caratteristiche di movimento autoritario moderato-conservatore, una sorta di franchismo ante litteram, il quale, non contento di essere sceso a patti con la monarchia sabauda, ora sceglieva come secondo “compromesso storico” quello con il Vaticano.
Nella mia visione del mondo, ai compromessi si acconciano i molto forti e i molto deboli: i primi perché sanno che, a gioco lungo, saranno sempre loro a trionfare, facendo decantare e spegnere l’eventuale carica rivoluzionaria di coloro con cui li stringono; i secondi perché non sono convinti (o non sanno…) di quel che fanno e sperano, in tal modo, di spegnere ostilità che potrebbero essere virulente e potenti, nella pia illusione di riuscire a gestirle e a controllarle, come infatti il regime fascista scoprì poi con chiarezza il 25 luglio del 1943…
Ecco, dovessi menzionare una data subito dopo le comprensibili celebrazioni odierne, ricorderei con forza quella di domani, perché è un classicissimo caso di “partirono preti (è corretto scriverlo, direi) e tornarono curati”. E infatti…
Nessuna svaticanizzazione, nessunissimo “imperialismo pagano”, solo un po’ di lotta (forse vittoriosa, o no?) contro i “boy scout”. Chi si contenta muore e, se non lo sa, glielo faranno scoprire alla prima occasione…
Piero Visani
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Bologna, Mit boccia il limite a 30 km/h: "Scelta non ragionevole"
19 gennaio 2024 10:27 Secondo il ministero, “i problemi per i cittadini rischiano di essere superiori ai benefici per la sicurezza stradale” Tgcom24 Il dicastero di Porta Pia è “pronto ad avviare un confronto immediato con l’amministrazione bolognese per verificare soluzioni alternative e prevenire forzature e fughe in avanti che poi rischiano di essere smentite anche dai giudici, come…
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Raffaello Sanzio - Roma - Musei Vaticani - Parnaso - 1511
La Divina Commedia è una rappresentazione infinita di storie e di personaggi che Dante, in quanto agens ed auctor, mette in scena:
la vittima di un femminicidio Pia de' Tolomei ("Deh, quando tu sarai tornato al mondo, e riposato de la lunga via", seguitò 'l terzo spirito al secondo, "Ricorditi di me, che son la Pia; Siena mi fé, disfecemi Maremma: salsi colui che 'nnanellata pria disposando m'avea con la sua gemma");
l'incontro nel Purgatorio con Forese Donati con cui Dante si scambiò una celebre Tenzone e, nel Paradiso, con la sorella Piccarda che venne fatta uscire con la forza dalla vita monastica. I Donati, a capo dei Guelfi Neri, inviarono Dante, appartenente ai Guelfi Bianchi, in esilio;
la figura cavalleresca del figlio di Federico II, Manfredi ("biondo era e bello e di gentil aspetto");
l'amico Casella ("Ohi ombre vane, fuor che ne l’aspetto! Tre volte dietro a lei le mani avvinsi, e tante mi tornai con esse al petto");
Virgilio (" tempo de li dei falsi e bugiardi”, “Tu se’ lo mio maestro e ‘l mio autore, tu se’ solo colui da cu’ io tolsi lo bello stilo che m’ha fatto onore");
Caronte ("Non isperate mai veder lo cielo", "vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare");
la figlia di Guido da Polenta (signore di Ravenna), Francesca, e il fratello del suo sposo Gianciotto Malatesta Paolo ("la bocca mi basciò tutto tremante. Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante");
l’illustre ghibellino Farinata degli Uberti;
Ulisse, il cui canto è richiamato nel lager da Primo Levi (“l’ardore ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto, e de li vizi umani e del valore; ma misi me per l’alto mare aperto…Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza";
Geri del Bello, ucciso dalla famiglia Sacchetti, non vendicato dalla famiglia di Dante a cui apparteneva;
il Conte Ugolino (“poscia, più che il dolor, poté il digiuno");
Celestino V (“colui / che fece per viltade il gran rifiuto”);
il crociato è trisavolo Cacciaguida che predice a Dante l’esilio (“Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale”) e critica la corruzione della Firenze del ‘300 (“le genti nove e i subiti guadagni”) come sintomo del declino dell’ordine della società medievale;
San Bernardo di Chiaravalle che accompagna Dante nell’ultimo canto del Paradiso invocando la Madonna (“«Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’etterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ’l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura);
Cangrande della Scala, Signore di Verona ove è sepolto in una delle arche gotiche, a cui è dedicata la cantica del Paradiso;
ed ovviamente Beatrice per cui Dante è “amico mio, e non de la ventura”.
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Il blog consiglia "Trattoria mercuri" di Laura Quagliarini, Les Flaneurs edizioni. Da non perdere!
«Volevo curare le ferite della mia famiglia, dalle origini. Volevo curare papà, volevo curare nonna, volevo curare Ettore». Siamo a Roma, nella storica Trattoria Mercuri, luogo simbolico della memoria collettiva e della vita familiare. Qui il presente incontra un passato che si dipana attraverso la storia d’Italia, dalla presa di Porta Pia al secondo dopoguerra, grazie al racconto di due donne…
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Cortile di Francesco 2023 ad Assisi
Essere in regola è il tema della nova edizione del Cortile di Francesco, evento culturale promosso dai frati del Sacro Convento di Assisi che si svolgerà nella città umbra dal 14 al 16 settembre, con 30 appuntamenti tra spettacoli, conferenze, tavole rotonde, testimonianze e attività per i più piccoli nel consueto appuntamento del Cortile dei bambini. A chiudere la tre giorni sarà la compagnia delle Donne del Muro con la rappresentazione teatrale di Medea in sartoria nella cornice della Piazza Inferiore di San Francesco alle 21 del 16 settembre. Nato come versione francescana del Cortile dei Gentili, promosso dal Pontificio Consiglio della cultura come dialogo tra credenti e non credenti, il Cortile si è fatto conoscere negli anni come uno spazio di accoglienza reciproca di intellettuali e persone comuni, esperti e artisti, persone di successo e amici ‘sconosciuti’. Attraverso il Cortile di Francesco la comunità francescana desidera entrare, grazie all’apporto di tanti amici di competenza ed esperienza, nel dibattito pubblico in uno stile di fraternità, ciò è possibile grazie a una fiducia di fondo secondo la quale ognuno è un tesoro che fa bene a tutti. Il Cortile di Francesco non è semplicemente un festival, ma un’esperienza di amicizia intellettuale, perché ciò che cambia il mondo non sono le sole idee, ma le persone che, insieme, sognano ed elaborano dei percorsi sapienti di bene sociale. Il titolo, il concept e gli appuntamenti principali del Cortile di Francesco di quest’anno sono stati ideati da fra Giulio Cesareo, OFMConv, direttore dell’Ufficio Comunicazione del Sacro Convento. Sono tanti gli ospiti di questa edizione, tra cui il direttore generale di Comieco, Carlo Montalbetti, l’imprenditore Brunello Cucinelli, il presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Bartoli e il presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana Vittorio Di Trapani. La giornata di sabato 16 settembre sarà segnata dall’evento Il Vangelo è la vita: la Regola di Francesco” in programma alle 11.30 alla Sala Cimabue dove i Ministri generali del prim’Ordine francescano, dopo 800 anni dalla conferma della Regola di san Francesco da parte di Onorio III il 29 novembre 1223, si ritrovano ad Assisi, insieme a numerosi confratelli delle varie famiglie religiose, per riflettere insieme sull’attualità e le sfide della vita francescana nel III millennio. Il dialogo sarà arricchito dalla presenza di Maria Pia Alberzoni (storica del francescanesimo), fratel Sabino Chialà (priore della comunità monastica di Bose) e Davide Rondoni (poeta di fama internazionale e Presidente del Comitato Nazionale per le celebrazioni dell’VIII centenario della morte di san Francesco). Tutte le tavole rotonde e le conferenze del Cortile di Francesco 2023 saranno trasmesse in streaming sul canale YouTube Cortile di Francesco. Read the full article
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LA GUERRA CONTRO DON FRANCO BIASUZZI - Parte 9.
Durante tutto il mese di ottobre 1991, coloro che avevano ricevuto più voti per il Consiglio Pastorale (Gianfranco Venudo, Giuseppe Mancini, Denis Bertoni, Pia Picci, Leandro Tonutti, Antonio Fasan detto Berto e Samanta Del Zotto) tennero delle riunioni, senza il parroco, presso il Bar Polito di #Mussons. A queste riunioni poteva partecipare anche chi voleva semplicemente suggerire qualche buona idea per il futuro della nostra comunità. In queste riunioni venne elaborato un organigramma, nel quale ad ognuno veniva assegnata un' attività all'interno della vita parrocchiale, un programma di lavoro per gli anni futuri ed una <dichiarazione di intenti>, da far firmare a don Franco, come condizione per la pacificazione.
Nella dichiarazione di intenti che si voleva far firmare a don Franco si impegnava il parroco su 2 punti fondamentali:
a. A non discriminare gli abitanti di Mussons a favore di quelli di #Villanova della Cartera ed ad essere, quindi, imparziale;
b. Il parroco doveva evitare di assumere posizioni politiche e mantenersi indipendente dai partiti.
Questi documenti furono presentati a don Franco, in una riunione in canonica a Mussons, riunione aperta a tutti coloro che volevano partecipare, la sera di venerdì 25 ottobre 1991.
Gianfranco Venudo, che parlava a nome della popolazione di Mussons in quanto aveva ricevuto il maggior numero di voti alle elezioni del Consiglio Pastorale di domenica 15 settembre 1991, disse che si poteva modificare l' organigramma ed il programma, secondo le indicazioni del parroco, ma che don Franco doveva assolutamente firmare la dichiarazione di intenti, come condizione per andare avanti in buona armonia.
Ci fu qualche discussione sull' organigramma, perché don Franco voleva Denis Bertoni come vicepresidente del Consiglio di fabbricieria, mentre gli altri presenti dicevano che doveva essere Gianfranco Venudo, in quanto primo degli eletti.
CONTINUA.
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