#Scusate la qualità di merda :(
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biking-around-the-world · 1 year ago
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ducadibaionette · 6 years ago
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Adrian di Celentano è un’opera strana. Ero un po’ combattuto se parlarne o meno perché non c’è niente da imparare, e i motivi di cui ridere sono stati ampiamente discussi in giro. In più l’intera esperienza è “cringe”, ovvero stimola una forma di empatia particolare in cui si prova talmente tanto imbarazzo per l’autore da stare male noi stessi.
Non è bello provare disagio per la figura pietosa che il vecchio Celentano sta facendo con questo Adrian. Un anziano che manifesta una paura insensata per tutto ciò che è moderno, e si rifugia in una fantasia adolescenziale di eroismo e ormoni impazziti, in cui sopravvive un angolo di Milano ferma agli anni ’60.
Un luogo ideale in cui le donne sono tutte bellissime e sessualmente iperattive, e le vecchiette sembrano una versione più colorata delle anziane vedove calabresi di un secolo fa. Vecchiette che preparano il caffè e probabilmente pure la pasta fatta in casa, visto che Celentano si ha risparmiato le loro scopate.
Un viaggio nella fantasia megalomane di un rinfanciullito, che mai avrei pensato potesse scaturire da Celentano. Ma, come vedremo alla fine dell’articolo, potevo benissimo aspettarmi qualcosa di simile…
Adrian: lo spot girato in bagno (?!)
Il nostro disagio iniziava ben prima del primo episodio, fin dallo spot, grazie alla CG plasticosa degna di quello schifo che era stato fatto nel 2016 per l’anime di Berserk. Una CG così brutta, e così sottolineata apposta in modo che la notiamo, che perfino gli inserti CG di Goblin Slayer sembrano decenti (ok, forse no).
Di buono su questo spot si può dire che la qualità della CG e del cringe nella serie è esattamente questo. Grazie Celentano, non hai cercato di ingannarci!
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Citando un commento su YouTube:
Celentano che playbacka male nel cesso di casa sua e animazioni dei tempi di movie maker. Siamo al top.
L’esperienza è straniante, assurda. Adrian è fatto come un film d’animazione, ma non lo è per come ce lo potremmo aspettare: animazioni che di colpo possono essere a scatti o fluide, disegni e bozzetti a caso buttati dentro le scene, CG plasticosa, dialoghi brutti (che i bravi doppiatori non possono salvare) ecc.
Però fermiamoci qui con animazioni e col doppiaggio (Celentano sembra leggere male le battute, non sembra recitare). Queste cose non le voglio commentare, lo sapete. Non è il mio settore. Però, anche se non sono uno chef, fino al livello di dire che lo stronzo di cane sopra la pizza margherita ne rovina l’armonia dei gusti ci arrivo pure io, ed è questo il livello di schifo che troviamo in Adrian. Poi magari non so dire se aggiungerci due foglie di salvia al posto del basilico peggiori o meno la situazione, ma fino allo stronzo ci arrivo.
Tre immagini scelte dall’introduzione “storica” del primo episodio, perché dopo tali perle grafiche, in fondo, è tutto in discesa. Discesa nell’abisso.
Adrian, ovvero l’orrore ingiudicabile.
Adrian è una serie d’animazione che dice di essere una graphic novel animata che sembra fatto da una civiltà aliena con solo una vaga idea di come siano fatti gli umani.
Un po’ come se gli alieni ci studiassero per produrre una nuova tragedia di Shakespeare e il risultato fosse uno spettacolo ambientata in Cile mostrato dall’inquadratura della webcam dimenticata accesa, senza tagli, di 96 ore, su un giapponese di nome Rossi Brambilla che scopre di avere un gabinetto installato sul soffitto del salotto, e ha per coinquilino un piatto di carbonara che fa “tzè tzè” come Bombolo e vomita di continuo insulti in svedese contro chi mette l’ananas sulla torta Sacher.
Ho deciso di dire qualcosa su Adrian giusto per portare un esempio di schifo al di là del comune schifo. Schifo che trascende i limiti e innova, come giustamente Celentano è stato un innovatore ai suoi tempi, lo schifo.
Abbiamo già parlato di diversi film su Baionette Librarie:
Arma Letale: onesto film, semplice, un po’ scemotto, con qualche difetto di sceneggiatura.
Macchine Mortali: sceneggiatura di merda e situazioni molto stupide, ma con diversi dettagli commentabili in modo utile e costruttivo per quanto concerne i problemi di coerenza e di realismo.
Bumblebee: qualche incertezza di sceneggiatura, ma nell’insieme un discreto film.
Ralph spacca Internet: eccellenti scelte nel costruire una tragedia mancata, con un ottimo controllo della sceneggiatura che richiede un autore davvero competente e fantasioso.
Con Adrian abbiamo qualcosa di completamente diverso. Un orrore ingiudicabile, da cui non si può trarre nulla di buono da imparare. Quest’obbrobrio che trascende lo schifo e lo porta a un nuovo livello, da qualsiasi punto di vista tecnico lo si prenda, è difficile da giudicare “come un film” come lo sarebbe giudicare un salame del contadino con i criteri architettonici del classicismo socialista.
Uno scontro epocale: chi vincerà?
Userò questo articolo per fornire degli spunti di riflessione, ma siamo lontani dal lavoro sul pezzo e interessante che è stato possibile realizzare con Macchine Mortali.
Adriano Celentano, il problema di Adrian.
La prima impressione forte che ho avuto è che Adriano Celentano fosse invidioso di Loris Del Santo per The Lady, e abbia deciso di rispondere con qualcosa nel proprio stile, pieno di narcisismo celentaniano e di luoghi comuni frutto del suo famoso populismo da pochi spiccioli. La lontananza dalla televisione ce lo ha fatto un po’ dimenticare, ma i contenuti banalizzati per cui vengono accusati in questi anni i Cinque Stelle era l’essenza della comunicazione di Celentano. Un vero precursore.
Chi non è nato ieri si ricorderà quanto spesso le sparate di Celentano venivano accolte con inviti a limitarsi a cantare ed evitare di parlare di cose che non capiva. Nel 1992 gli dedicarono pure una celebre canzone. Bei tempi. Adesso bisognerebbe ripetere l’invito, ma estendendolo anche all’evitare di concepire storie, scrivere sceneggiature e fare il montaggio.
È inutile avere Vincenzo Cerami come consulente alle sceneggiature, se poi è tutto una merda. Magari Cerami la doveva scrivere da zero la sceneggiatura, senza alcuna influenza demenziale di Celentano. E non serve a niente avere Nicola Piovani alle musiche, se poi veniamo bombardati da brani di Celentano (e una canzone dei Negramaro, che i giovani del 2068 adorano…). Forse doveva occuparsi di tutto Piovani.
E pure i personaggi che variano dall’avere il character design di Milo Manara ad avere design a caso di altri, molto diversi. Mistero. Senza contare i personaggi dalle “ispirazioni” possibili più bizzarre: chi non ha apprezzato Zangief (o forse Kratos in God of War 4) in edizione guardia giurata e Samuel L. Jackson che interpreta letteralmente “un ritardato scappato dalle fogne”? E Mauro Corona mentre fa il barbone pestato a morte dagli scagnozzi della Mafia International? Secondo alcuni c’è pure uno che ricorda Fabrizio Frizzi, quello che fa il discorso nel locale…
Qualche delizia mista prima di procedere.
Come detto prima, l’insensatezza di questi due episodi è totale. Ci sono dettagli così profondamente sbagliati in ogni punto che è inutile pensare di correggerli. Questa cosa sembra una serie di animazione, ma lo è come è una “tragedia di Shakespeare” quella roba concepita dagli alieni di cui ho parlato prima.
Cominciamo col concerto di capodanno, evento in cui si esibisce una celebre band amica del governo e adorata dal popolo. Il problema di questa band dal look particolare, aggressivo, che farebbe pensare a qualcosa di ��forte”, aggressivo, si esibisce con un pezzo dei Negramaro.
Adrian e la band che fa cover dei Negramaro.
Sì, se avete il coraggio provate a combinare nella vostra testa Mentre tutto scorre con i quattro membri della band (escluso Adrian) nell’immagine. No, non fermatevi a chiedervi come mai nel 2068 i giovani vadano pazzi per i Negramaro o come sia possibile che una band del futuro canti i loro brani (un’epidemia di follia cover vintage?). Pensate solo a quelli là, quei cugini poverissimi di una band visual kei, mentre si esibiscono con quel pezzo dei Negramaro.
Io non riesco a collegare quei musicisti con quella canzone. La mia impressione è che ai nordcoreani di Studio SEK abbiano detto: “Qui mettiamo il tizio che canta una cosa rock. Uno forte, perché sono Celentano, mi piace il rock. Una cosa come i Queen, ma più rock. Perché sono Celentano e sono rock.” E quelli di Studio SEK si siano impegnati a creare una band figa e gio-gio-giovane, senza avere idea che sotto ci sarebbe finito Mentre tutto scorre…
Cercare di spiegare a parole la parte successiva, in cui Adrian canta I want to know, è ancora più difficile. Si fa prima a vederlo per crederci. Scusate la registrazione dallo schermo, ma è il meglio che ho trovato subito online.
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Ammirate le coriste e il gruppo, tutti che riescono a seguire Adrian senza difficoltà sulla sua canzone di cui non sanno niente. Gustate i violinisti apparsi dal nulla, che non credo servissero al brano precedente (ma magari sì: visto che fanno cover de Negramaro, c’è qualcosa di loro a cui sarebbero potuti servire?). Deliziatevi prima con gli sguardi di disagio (verità svelate!) e poi con l’entusiasmo dei giovani,ormai indifferenti alla vita per colpa del consumismo, mentre la miracolosa canzone li tocca nel cuore…
Fatto tutto? Bravih.
Allora siete pronti per il nuovo palazzo che il malvagissimo governo sta realizzando a Milano. Come degna fortezza dell’Evil Overlord di turno, indovinate che nome avrà?
Il Nuovo Palazzo del Potere, ora con il 40% di malvagità in più!
Adesso il palazzo di Mafia International a Napoli sembra in buona compagnia, nevvero?
Ancora due cosette prima di passare alle mie riflessioni su Adrian. Una cosa che mi ha lasciato davvero perplesso, anche digerendo e accettando il sessimo, i due tentativi di stupro usati come meccanismo narrativo cliché, Gilda sempre nuda e le scopate random, è stata l’infermiera sexy.
Una normalissima infermiera da film porno, fuori da un film porno.
Posso accettare tutto il resto, ma perché diamine un’infermiera, una normalissima infermiera di un normalissimo ospedale, debba vestirsi con un costumino da Sexy Shop davvero non lo capisco.
Ma forse è una delle cose meno incomprensibili di tutto Adrian. Di sicuro lo è meno di pensare che nel 2068 sia da giovani ribelli esporre in camera un poster di Barack Obama.
Barack Obama, dal 2068 con furore.
Adesso mi sento anche io gio-gio-giovane e ribelle con le mie stampe di Carlomagno, Carlo V e Massimiliano I incorniciate sopra il letto…
Per concludere le delizie miste, aggiungo il pensiero di un mio amico: il fatto che una serie che parla di libertà, amore e pace venga sviluppata da uno studio della Corea del Nord (Studio SEK) è di sicuro parte dell’esperienza Adrian.
Adrian: una fantasia adolescenziale…
Sto usando “adolescenziale” a essere buoni, visto che è davvero bambinesca. Giusto un bambino concepirebbe una storia e un protagonista così, come appare nei primi due episodi. I personaggi che immaginavo in quarta elementare o alle medie, che ricordo ancora bene, erano tutt’altro che perfetti e fighissimi: avevano sempre qualche grave difetto, di solito mentale (avidità, alcolismo, arroganza, disprezzo della vita altrui, fanatismo, codardia ecc.). E non erano dei fighi, anzi.
Il grosso problema di Adrian è che è perfetto. Supercompetente, privo di difetti al momento noti. E non soffre, mai: perfino quando la polizia lo tiene a terra, durante l’irruzione del primo episodio, lui viene lasciato andare senza conseguenze. Non c’è alcuna sofferenza, men che meno una ingiusta. Qualsiasi cosa fa Adrian va per il meglio, e lui sa sempre trovarsi al momento giusto nel posto giusto.
Anzi, volendo un difetto ce l’ha, ma dubito che Celentano lo abbia visto come tale (non appare essere tale negli episodi). Qualsiasi cosa succeda, anche di fronte a dei soprusi come a inizio storia, Adrian ha sempre quel sorrisetto strafottente stampato in faccia. Come se non gliene fregasse un cazzo di niente, o fosse addirittura divertito dalle tribolazioni degli umani. Cos’è: uno degli elfi di La spada spezzata di Poul Anderson? Sorrisetto odioso, per lo spettatore, che l’altrettanto odiosa e inutile voce narrante definisce uno sguardo:
con aria disincantata e alquanto divertita
Il perenne sorrisetto da faccia di cazzo di Adrian.
Adrian è talmente figo in tutto che perfino avere la faccia di Adriano Celentano non sembra essere un problema: col suo fascino può sedurre qualsiasi donna senza fatica.
Anche il vero, grosso, difetto di Adriano Celentano è ininfluente: l’ammasso di banalità che formano il suo pensiero, come espresse anche dalla canzone I want to know con cui “apre la mente” degli ascoltatori al concerto, sono qui viste come importanti perle di saggezza…
In questo Adrian è profondamente adolescenziale perché nulla della concezione della vita sempliciotta e ridicola che Celentano trasporta nel cartone viene visto come sbagliato: il mondo si piega e si costruisce attorno a quella visione, rendendola giusta anche quando non lo è. Celentano non affronta criticamente il proprio pensiero nello scontrarsi col mondo reale, ma nega il mondo reale e lo ricrea per adattarsi al suo pensiero. E non lo fa nemmeno granché bene.
Perché alla fin fine in quel regime che vediamo abbiamo una Milano con pochissimo traffico e gente che sta bene e ha una vita “guidata” ma soddisfacente. Non vediamo oppressi, a parte gli oppositori del regime arrestati. Se si voleva rappresentare un regime autenticamente schifoso, e non una specie “dittatura illuminata”, siamo parecchio lontani. È pieno di paesi oggi che sono molto peggio di quello lì. Anche senza avere le magiche granate che fanno sparire i mobili (sigh, spero che questa cosa abbia un senso più avanti).
La faccia reale di Adriano Celentano. Per non dimenticare.
… piena di stereotipi e sesso.
Al di là delle scopate inutili al fine della storia, e del continuo mostrarci il culo di Gilda (la compagna di Adrian), ciò che mi ha lasciato perplesso sono gli stereotipi. Capirei benissimo gli stereotipi su Napoli e la sua Mafia International (ma poi perché Mafia e non Camorra?), o quelli sui “negri anni ’80” che fanno la voce buffa e sembrano deficienti… ma in un’opera di umorismo. In una satira. In qualsiasi posto che non fosse una serie che vorrebbe fare denuncia sociale (sigh).
Come viene rappresentato il ragazzo musulmano di pelle nera che finalmente può abbandonare le fogne in cui viveva perché ora ha il permesso di soggiorno? Come un ritardato con la voce da macchietta negra. Sul serio. E non è solo un ritardato che blatera della sua torta così buona, ma è anche lo stereotipo del vucumprà che al primo approccio con qualcuno mostra subito gli orologi che ha da vendere. Qui abbiamo alla lettera un ritardato fuggito dalle fogne, citando un articolo del 2013 di Gamberetta.
Da brava fantasia adolescenziale, Adrian include bellissime ragazze che stanno per subire uno stupro e vengono salvate. Perché sì, tra centinaia di possibili motivi di conflitto che si possono inventare ancora sembra ovvio scegliere in automatico lo “stupro” se la vittima è donna.
E indovinate che aspetto ha uno dei due aspiranti stupratori del primo episodio? Naso camuso, capelli ricci, pelle scura e labbroni vi dicono niente? E se lo arricchiamo con uno sguardo laido e l’aggiunta di un orecchino perché Signora mia i giovani d’oggi… ?
Adrian: apprezzate il molestatore nero con la stessa espressione riciclata in più momenti della scena (qui inizio e fine).
Perfino il gruppo di esperti di arti marziali (sottinteso orientali, quindi straniere), che sembrano usciti da Hokuto no Ken o da Double Dragon, hanno la testa rasata e il lungo codino che evoca la minaccia gialla dei cinesi.
Con Adrian non si riesce a capire se Celentano voglia criticare la visione salviniana del pericolo portato dagli immigrati (ciò che a parole sta “raccontando”) o se la abbracci completamente in un tripudio geriatrico di xenofobia da vecchia incazzata che danza con Calderoli (ciò che ci “mostra” davvero).
Sesso random e tentativi di stupro in cui è l’eroe a intervenire per salvare indifese fanciulle ecc. sono parte delle tipiche fantasie adolescenziali di bassa lega. Adrian è palestratissimo, agilissimo, coordinatissimo e sa fare a pezzi i cattivi senza fatica. E si scopa una superfiga ninfomane che sembra letteralmente uscita da una fantasia di Manara (ops!) e che pur di chiavare non lo lascia nemmeno lavorare!
Questa è una roba da ragazzino con gli ormoni impazziti, ma ancorato nella visione del mondo antiquata di un anziano. E non un anziano qualunque: uno a cui sono sfuggiti gli ultimi 40 anni di storia e si è estraniato dal presente, come una versione perversa del protagonista di Up. Robe da rinfanciullito che mai, mai, MAI avrei immaginato di abbinare a Celentano.
Con contenuti così profondi e pregnanti, chi ha bisogno del Macbeth quando c’è Adrian?
Grazie a Celentano il celebre “ritardato fuggito dalle fogne”, ipotizzato da Gamberetta nel 2013, ha finalmente un volto. Un evento da ricordare, come quando il CERN rilevò il bosone di Higgs.
Extra: Due parole sui predatori “di risorse”.
L’equazione “donna + criminali = stupro” non è neanche sempre valida dal punto criminale: le donne, essendo bersagli minuti e considerati meno capaci di difendersi, sono maggiormente idonee alla predazione criminale anche da parte dei semplici rapinatori senza alcun intento sessuale.
Il fatto che le ragazze abbiano la vagina, nonostante le fantasie di film e romanzi, è qualcosa che importa molto poco ai criminali “di risorse” a cui della ragazza importa solo l’aspetto inoffensivo e i soldi da portarle via. Un criminale “di procedimenti”, a cui importa l’atto criminale in sé, è un altro discorso: stupratori e serial killer ricadono in questa classifica e godono nel commettere l’azione in sé, non per ottenere un beneficio monetario spendibile. Non ruota tutto attorno al sesso, insomma: per moltissimi delinquenti è il denaro a importare e affrontano il loro lavoro come altri affrontano quello di broker in Borsa.
Rory Miller in Violence (da cui ho tratto le distinzioni dei predatori di “risorse” e “procedimenti”) citava un caso famoso avvenuto in Russia, di cui gira ancora il video online, in cui l’aggressore sbatte al suolo una ragazza per rubarle il borsellino e la prende a calci in faccia. Lei fa l’errore di resistere e gridare, nonostante non possa vincere, e il criminale le deve dedicare altre scariche di calci fino a quando riesce a farla tacere. Le testimonianze di grida fortissime vennero riportate dai media russi dell’epoca, dice Miller. Alla fine la ragazza finì in coma e morì mesi dopo.
Lui non era lì per ucciderla, era lì solo per i soldi, ma nel momento in cui la detentrice della “risorsa” si è dimostrata un ostacolo non si è fatto problemi a eliminarla per interrompere il problema. Non è un femminicidio, come non lo è in molti altri casi spacciati per tali: lei non viene uccisa in quanto femmina, ma in quanto preda che con le proprie urla sta mettendo in pericolo il predatore. E visto che nel mondo reale (e legale) le vittime si colpevolizzano, andiamo fino in fondo: se uno si comporta come un antifurto umano, può solo aspettarsi che il delinquente di professione lo “stacchi” visto che per lui può non esserci una differenza così netta tra una persona e un oggetto.
D’altronde se i leoni si bloccassero all’idea di far soffrire le gazzelle, morirebbero di fame. Un discorso simile si applica anche ai comportamenti “disumani” usati dalle aziende per difendere i propri profitti: d’altronde non è così raro che gli amministratori delegati siano psicopatici. L’essenza di un predatore è saper concepire l’altro solo come un oggetto di cui avvantaggiarsi, senza provare empatia.
Concepire questo modo di pensare nei soggetti criminali, e le contromisure per non farlo scattare, è parte della comprensione del linguaggio della violenza che Miller cerca di diffondere tra le persone “normali” coi suoi libri. Non sarebbe male smetterla di blaterare che non bisogna colpevolizzare le vittime, e iniziare a ragionare che ognuno di noi, come potenziale vittima, è tenuto a studiare il linguaggio della violenza per poter “comunicare” con i predatori ed evitare di farsi ammazzare quando potrebbe evitarlo. Anche capire i predatori è empatia, e bisogna svilupparla o non si è tanto meglio di loro.
Nell’ottica di un criminale “di risorse”, che vuole denaro, come ben comprensibile dal testo di Miller, la questione non è “maschio” o “femmina”: non è il pene o la vagina della preda a interessare, è solo la facilità o meno di predare il bersaglio, di norma stimata dall’aspetto aggressivo e dalla mole fisica. Le donne sono più piccole e spesso hanno un aspetto meno aggressivo, ma non bisogna fare l’errore di pensare che sia “l’essere donna” la questione: un predatore abituato a simili azioni punterebbe un maschio di 55 kg con gli occhiali, non una donna di 80 kg di muscoli con la faccia di Zangief (ne conosco una così, sul serio, che frequenta la mia palestra).
Torneremo a parlare di comunicazione della violenza in futuro, ma i testi del sergente Miller, molto in voga tra i poliziotti e tra chi si occupa di sicurezza, sono il genere di cose che fanno salire la bava alla bocca alle femministe farlocche, quelle col cervello impermeabile ai fatti reali e la fobia delle colpevolizzazioni. E dire che proprio nell’accogliere certe teorie, e spingere su quelle senza infilarci stronzate ideologiche, si potrebbe fare moltissimo per la causa femminista…
La combo Celentano-Manara ci offre delle ragazze che ovviamente appena fanno due passi di corsa per scappare inciampano nei propri piedi. Giusto per non essere scontati. Come nei migliori anime.
Adrian e gli orrori del presente.
In Adrian è mostrato un futuro distopico dal punto di vista di un vecchietto decrepito (lo ha notato anche Synergo). Tutto ciò che riguarda la tecnologia e infastidisce i vecchi più acidi, come tablet o smartphone, è il “brutto” della distopia. In Adrian il mondo del bene e della bellezza è quello dei vecchi, con gli edifici decrepiti della via Gluck, mentre i nemici sono i giovinastri e le loro tecnologie.
Ma sopratutto i giovinastri e i loro cattivi comportamenti: o tempora, o mores! E così in questo mondo bellissimo incontriamo un gruppo di giovinasti con la cresta, muscolosi, che tirano fori la lingua come i predoni-maniaci di Hokuto no Ken, e ovviamente bevono e si drogano (in combo: nel secondo episodio sciolgono delle pillole sospette nelle loro birre). Mancavano solo le scimitarre e le asce da leccare: essendo esperti di arti marziali qui si sarebbero dovuti leccare le nocche, ma Celentano ci ha risparmiati…
Il sesso è permesso, perché anche i vecchi lo capiscono come accettabile, ma i pari diritti nei comportamenti no. E infatti nonostante i nostri predoni-maniaci abbiano molestato fin dall’inizio della sequenza le due ragazze, la colpa dell’accaduto per il tentato stupro sarà delle due… e non per il motivo “giusto” (vedremo dopo il comportamento suicida attuato), ma per uno totalmente disconnesso con la vicenda.
Analisi del secondo tentato stupro in Adrian.
Riepiloghiamo la questione.
Nel bar in cui si tiene l’incontro per gli “amici di Adrian” ci sono due ragazze a un tavolino, sobrie, che vengono guardate e riempite di apprezzamenti volgari. Le ragazze hanno davanti a sé delle tazzine, non bottiglie vuote, bicchierini e boccali, eh. Sembrano tazze da caffè. C’è solo un contenitore che sembra avere un cocktail, ma è pieno per metà. E, come detto, loro sembrano perfettamente sobrie (ridacchiano un po’ per l’emozione e basta). Controllate l’episodio.
Ragazze al bar: notare le due tazze. Non ci sono bicchierini di vodka vuoti. Non ci sono boccali o bottiglie. E loro si comportano nella scena come se fossero totalmente sobrie.
Gli apprezzamenti molesti dei predoni di Hokuto no Ken diventano sempre maggiori (palpano il culo della brunetta) e le ragazze decidono di lasciare il locale. Nota: questo comportamento è perfettamente corretto e sicuro, e chi ha letto Facing Violence: Preparing for the Unexpected di Rory Miller sa anche che negli USA, per esempio, è obbligo di legge che i cittadini si allontanino da un locale al minimo segno di pericolo (il rimanere in un luogo potenzialmente pericoloso fa decadere il diritto alla legittima difesa).
Il problema è che i predoni seguono le ragazze subito, incollati al loro culo, e queste non se ne accorgono. A questo punto è palese cosa sta accadendo e dovrebbero andare dal proprietario del locale, avvisarlo del problema e chiamare la polizia.
Fino a questo punto, a parte essere incapaci di accorgersi di quattro energumeni a due metri di distanza che le seguono sulle scale, le ragazze si sono comportate in modo esemplare. Una comprensione perfetta del pericolo rappresentato dai luoghi in cui si consumano alcolici: sono sobrie, sono in coppia, si allontanano dal pericolo. Il problema arriva dopo quando dicono, nel vicolo, di aver scelto la strada più breve per fare prima (ma così si sono isolate dalla sicurezza delle vie trafficate). Questo è un comportamento molto pericoloso per chiunque, non solo per una donna.
Chi mai si accorgerebbe di essere seguita?
Se ben quattro energumeni ti hanno appena molestato NON vai in una stradina isolata nemmeno se sei un uomo, pesi 100 kg di muscoli, sei un pugile e hai una pistola carica. Se lo fai stai aumentando il tuo pericolo di venire aggredito. Punto. Queste sono nozioni basilari di sicurezza urbana. E quattro tizi così, palesemente su di giri e che potrebbero lanciarsi addosso di peso con dei coltelli, non li fermi da solo senza essere davvero un personaggio “romanzesco”.
Non è cultura dello stupro: è razionalità e sopravvivenza, e vale per gli uomini quanto per le donne. Qualche chilogrammo di muscoli in più non protegge da un predatore affamato di risorse: rende solo più facile che scelga una preda diversa. Tant’è che nel mondo della giustizia degli USA, come spiegato da Miller, cacciarsi apposta in situazioni che aumentano il proprio rischio comporta la rinuncia di potersi avvalere della legittima difesa.
I cittadini (negli USA, rimaniamo su quest’esempio) hanno l’obbligo di legge di allontanarsi da ogni potenziale pericolo se è appena appena possibile. Non hanno diritto di “scegliere” se farlo o meno. Chi non lo fa e poi si caccia nei guai, cazzi suoi. In futuro torneremo a parlare del “mito” provincialotto che abbiamo in Italia di cosa sia la legittima difesa negli USA (e non solo). Un autentico incubo legale.
Detto questo, rimane assurda e sessista la frase che pronuncia Adrian dopo aver salvato le fanciulle:
Se aveste bevuto qualche bicchierino in meno forse avreste evitato l’increscioso approccio con quei tipi loschi.
Assurda per diversi motivi.
Se sei a priori contro la colpevolizzazione delle vittime (ovvero credi che “nessun comportamento che incrementa le possibilità che avvenga un reato può essere considerato capace di aumentare le possibilità che avvenga un reato”, perché la razionalità è una cosa per pagliacci) quella frase è oscena per ovvi motivi.
Se sei un essere umano dotato di raziocinio (e quindi pensi che se una cosa aumenta una possibilità, allora la possibilità aumenta) quella frase è ancora più oscena. Perché è una colossale stronzata. Non erano ubriache, non è quello il problema.
Non hanno intrapreso alcun comportamento pericoloso nel bar: sono state encomiabili! E Adrian ha visto tutto, LO SA. L’errore è stato solo scegliere delle stradine secondarie di notte, in cui anche uno col fisico di Zangief sarebbe finito accoltellato e rapinato da una gang di bruti psicopatici come quelli.
Lo studio della scena a cura di Manara. Una cosa raffinatissima…
L’episodio cerca di correggere il problema del fatto che palesemente non abbiano bevuto, dando una voce leggermente impastata alle ragazze nel vicolo e facendo dir loro che hanno bevuto troppo (ma noi abbiamo visto che prima stavano bene).
Se anche avessero bevuto un po’, non è quello il problema: camminano dritte, ragionano in modo chiaro e prima hanno preso una decisione lucida. Non hanno seguito i tizi della gang in un luogo appartato perché erano su di giri a causa dello stordimento e sragionavano: sono state aggredite come sarebbe potuto accadere anche a Zangief da sobrio. Punto. L’alcol non c’entra un cazzo!
Che cazzo ha nel cervello Celentano per poter concepire una scena simile, con simili battute illogiche e cariche di sessismo ottuagenario?
Adrian: un personaggio sovrannaturale?
Di questo ha parlato anche Victorlaszlo88 ed è una cosa su cui riflettere. Dopo il concerto, in cui migliaia di persone hanno visto per parecchi minuti Adrian sui maxischermi e sul palco, nessuno riesce a ricordare il suo volto. Tutte le registrazioni fatte falliscono, i dispositivi smettono di funzionare… quindi il suo superpotere è pure selettivo visto che i maxischermi e le telecamere necessari allo spettacolo funzionano, e tutti gli altri vicini no. Ci aspettiamo implicazioni future, se ha un potere cosciente così formidabile.
I due fedelissimi scagnozzi, che a me piace chiamare Agente Smith e Pinotto, pur avendo fissato a lungo e per bene Adrian, non riescono a ricordarlo. Lo hanno anche interrogato chiedendogli dove abita e lui ha risposto indicando la via Gluck, prima di scomparire misteriosamente, ma non riescono a ricordarla.
Adrian ha capacità incredibili che gli permettono anche di combattere come se danzasse, contro gli stupratori col codino. E ricordiamo che nella scena in cui lotta danzando al ritmo della musica, con la maschera della volpe (“zorro”, in spagnolo), la sua ombra affronta i nemici in modo indipendente da lui. Magia autentica.
L’ombra lottatrice della Volpe!
Successivamente affronta lo pseudo Zangief/Kratos con uno stile di combattimento diverso degno della serie Street Fighter. Frantuma addirittura il braccio del signore di mezza età, con una mossa di gratuita brutalità (che poteva benissimo evitare di compiere), e scaglia via la signora con un megacazzottone. D’altronde la signora era brutta e cattiva quindi si può menare: ad Adrian piacciono le ragazze belle (e quindi buone, sigh).
Ci sono altri accenni più difficili da decifrare, come quando lui dice di conoscere da quando erano piccole le due anziane signore che abitano vicino a lui. Ma in un altro momento loro due dicono di averlo addestrato, quando c’è la discesa (senza alcun scopo di trama noto, al momento) nel mondo sotterraneo delle fogne.
La stessa via Gluck, infilata in una piccola area circondata dai grattacieli, sembra fermata nel tempo agli anni 1960. Un secolo prima. Non è normale. Deve esserci qualcosa sotto di strano, di fantastico…
Via Gluck, ferma nel tempo nel mezzo di una Milano futuristica.
Adrian: tanto rumore per nulla.
Alla fine questo progettone di spettacolo dal vivo con annesso cartone animato da, si dice, 20-28 milioni di euro come è andato nelle prime due serate? Male. Citando Liberoquotidiano.it:
Aspettando Adrian ha totalizzato 5,997 milioni di telespettatori, con share del 21,9%, mentre Adrian vero e proprio è crollato a 4,544 milioni e 19,1% di share.
La seconda sera lo share di chi guardava l’episodio animato era scesa al 13,3%. Non fa schifo in assoluto, ma lo fa per il progetto e la sua fastidiosa e invasiva campagna pubblicitaria che ci ha rotto le palle a lungo. Con perfino gli spot spaccatimpani sparati con 10 decibel extra rispetto ai programmi. Un concentrato di tutto ciò che bisognava fare per attirare astio gratuito e preconcetti contro una serie che si è rivelata peggio delle aspettative.
Sapete cos’altro si può fare con 20 milioni di euro, rimanendo a tema supereroi? Glass, che in due fine settimana ne ha incassati più di 160. Soldi ben spesi questo Adrian, nevvero?
Adrian: un orrore inatteso?
Un orrore di questo livello sì, era imprevedibile, ma che sarebbe stato un ammasso di banalità, idiozia e deliri narcisisti di Celentano potevamo aspettarcelo. D’altronde c’è un celebre precedente, anche se rispetto a questa serie ci può sembrare un capolavoro (e dato il tempo passato, perfino un piccolo classico), ovvero Joan Lui.
Liberoquotidiano.it, tra un articolo in cui collega nel titolo il calo del fatturato delle aziende con l’aumento degli omosessuali e gli altri deliri random per cui abbiamo imparato ad amarlo, fa qualcosa di utile proponendoci dei commenti a Joan Lui estratti da alcuni dizionari del cinema:
Baldini e Castoldi: «Celentano mette in scena il proprio delirio di onnipotenza. Il film, con assoluta mancanza di ogni misura e pudore, riesce solo a elencare, banalmente, i peggiori luoghi comuni del qualunquismo».
Newton Compton: «Delirante apologo sui mille mali della società. Ma per fortuna arriva Joan Lui, nei panni del nuovo redentore ad aprire gli occhi e i cuori della gente. Frutto della megalomania del cantante attore. E Celentano dimostra come i tempi per dar vita in tv allo scandaloso “Fantastico” fossero ormai maturi».
Insomma, potevamo aspettarcelo. Eppure l’Orrore sa essere sempre, comunque, inatteso.
Se solo avessimo bevuto qualche bicchierino di ottimismo in meno, non ci saremmo fatti cogliere impreparati…
Buona visione, se troverete il coraggio per proseguire… e tenete affilata la vostra mente, contro perbenismi e teorie di comportamento suicide. 😉
  Adrian: Celentano e gli ormoni impazziti da rinfanciullito Adrian di Celentano è un'opera strana. Ero un po' combattuto se parlarne o meno perché non c'è niente da imparare, e i motivi di cui ridere sono stati ampiamente discussi in giro.
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abovethelines · 7 years ago
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A volte mi fermo a pensare a come sarebbe stata la mia vita se non ti avessi mai conosciuto. Sarebbe stato meglio? Oppure no? Probabilmente ora sarei felice, o triste, non lo so. Forse starei con qualcun altro, che mi ami davvero e mi faccia sentire speciale, o forse mi sarei innamorata comunque del solito stronzo di turno, come te. Già, se non avessi scelto quella scuola potrei aver conosciuto qualcuno migliore di te, ma non è detto. Forse ti avrei comunque incontrato, chissà. Non lo posso sapere. Perché mi hai fatto questo? Mi hai illusa, mi hai spezzato il cuore Leonardo. Probabilmente non te ne sei nemmeno accorto del male che mi hai fatto. Forse sono una ragazza troppo sensibile, ma questo non giustifica il fatto che mi hai fatto credere davvero che potesse funzionare. Mi hai fatto sentire unica e per un periodo ho creduto davvero in noi. Avevo tutto quello che ho sempre sognato. Avevo te. Un ragazzo carino, simpatico che amasse la tecnologia e le serie tv, come me. È difficile al giorno d'oggi trovare un ragazzo con queste qualità. Mi hai colpito dal primo giorno di scuola e, nonostante tutto quello che mi hai fatto mi sento in dovere di dirti grazie. Grazie perché per un periodo, anche se breve, mi hai fatto sentire speciale. Quegli sguardi tra i banchi di scuola, quei sorrisi rubati, quelle chiacchierate notturne su Whatsapp che mi piacevano tanto. E poi c'era la cosa che amavo di più. La tua buonanotte. Amavo la tua buonanotte, l'aspettavo ogni sera fino a tardi, perché sapevo che mi avresti scritto. A volte mi addormentavo con il cellulare in mano e con il volume alto, così se mi avessi scritto mi sarei svegliata. Già, eri importante per davvero. E quando non mi svegliavo al tuo messaggio, lo leggevo la mattina e ti davo il buon giorno. Quando entravi in classe, sempre in ritardo, mi guardavi e io mi scioglievo. Quante cose sono cambiate. Quando ti ho visto mano nella mano con quella, quel fottuto giorno di merda, sono crollata. Piangevo ogni notte e la mattina ero a pezzi, ma sorridevo comunque. Nessuno poteva vedere il mio dolore. Non ti ho guardato in faccia per settimane, mi avevi deluso nel profondo. Poi vi siete lasciati e per un istante ho pensato che ti piacessi ancora, che fossi il motivo della vostra rottura. Quanto mi sbagliavo. Hai preso una brutta strada. Hai cominciato a fumare, ad uscire con ragazze a caso e tutto è cambiato. Quello non era il Leonardo che mi aveva fatta innamorare. Eri cambiato. Non ti vedo da qualche mese, dall'inizio dell'estate. Ho un po’ paura di incrociare di nuovo il tuo sguardo a settembre, ho paura di non poterlo sopportare. Non credo che riuscirò mai ad odiarti, non potrei mai. C'è ancora un legame tra di noi e sono sicura che neanche tu vuoi perdermi. Ma non possiamo stare insieme, non potremmo mai. Mi basta averti come amico, parlare con te fingendo di non provare nulla finché, un giorno, troverò qualcuno che mi ruberà il cuore, un'altra persona. Allora potremmo essere davvero amici. E fino a quel momento non so, mi basterebbe un tuo abbraccio per capire se conti ancora per me. Sappi che mi manchi, mi manchi anche quando vorrei dimenticarti.
Scusate. Avevo bisogno di sfogarmi.
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atomheartmagazine · 5 years ago
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Di Salmo, Luchè, la noia e altri demoni
La cosa più divertente della settimana è stata il dissing social tra Salmo e Luchè. “Divertente” si fa per dire, perché a larghi tratti è stato tutto molto triste.
Per chi – come il sottoscritto – è cresciuto negli anni ’90 e ha iniziato ad avvicinarsi alla musica rap fin dalla tenera età (cit), vedere due artisti della scena che se le danno di santa ragione (risata qui) con Instagram Stories di 15 secondi, invece che sui 4/4 come avveniva una ventina di anni fa, è qualcosa di molto lontano dal significato che si tende a dare al rap.
Questa, comunque, resta un’opinione personale (che forse alcuni condivideranno).
Ora veniamo a noi. Per chi si fosse perso la querelle, sintetizzo velocemente. Salmo pubblica un post in cui spiega al mondo che la sua musica è la migliore degli ultimi 150 anni (cit) perché vende di più. Luchè gli risponde che la quantità non implica la qualità e lo fa con un poema de cristo (cit) che per qualche motivo gli viene cancellato tutte le volte che prova a pubblicarlo. Guè Pequeno sintetizza (meglio di me): “Salmini”. Risate. Casino. Salmo risponde sulle sue storie dicendo che Luchè nei live è una merda (testuale), i suoi testi sono banali e lo percula usando l’accento napoletano. Luché risponde che la musica di Salmo è una merda, che al massimo è un genio del marketing e che se fa l’accento napoletano è un idiota di merda (testuale). Salmo si scusa per aver fatto l’accento napoletano. Insomma i contenuti chiave sono: “Quantità non è qualità”, “Luchè nei live è una merda”, “Salmo è un idiota di merda”. Ci siamo fino a qui? Bene. Finito. Tutto ‘sto casino per darsi della merda reciprocamente. Chi ha vinto? La noia, ragazzi. La noia.
Lasciando ben saldo il presupposto che sono due rapper (chi più chi meno), invece di spararsi le pose su Instagram potrebbero benissimo prendere un beat, un microfono e darci qualcosa da ascoltare puramente hip hop. Un bel dissing, di quelli veri, come avveniva qualche annetto fa. Io faccio un pezzo e ti dico che sei una merda. Tu fai un pezzo e mi dici che sono un idiota di merda. Il messaggio è sempre quello (inutile), ma è più divertente, ragazzi. Dopo aver visto le storie di entrambi ho sperato che qualcuno mi rimborsasse i minuti di vita che avevo perso.
Ma veniamo al piatto forte. Vi starete chiedendo: chi ha ragione? O forse lo sapete già. Però se non ve lo dico che cazzo ho scritto a fare ‘sto pezzo. Quindi facciamo così. Chi lo sa già, si sposti alla mia destra, gli altri tutti alla mia sinistra. Ora rimescolatevi e continuate a leggere senza fare tutto ‘sto casino.
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Riprendiamo. “Ragione” in questo contesto è un parolone. La legge del mercato dice che chi vende di più, in genere, ha ragione. Il problema è che nella musica, per stabilirne la qualità, il mercato è un fattore che conta relativamente. Perché entrano in gioco diverse dinamiche e chi è più bravo a surfarci sopra come sulle onde, alla fine vende e fa i soldi. Gli altri no.
Qualitativamente parlando, entriamo in un campo minato. Io posso dire che alcuni pezzi di Salmo non mi piacciono granché, come alcuni di Luché, ma chi dice che il mio gusto è sinonimo di qualità? Dalla mia posso anche dirvi che non ascolto gente come Ultimo, Briga, Irama, Anastasio e robe varie, e questo dovrebbe offrirvi delle garanzie non da poco sui miei gusti. Diciamocelo. Però, ecco, son gusti. E questo è un altro nodo fondamentale da sciogliere. Chi riesce a incontrare il gusto della “massa” è un dato di fatto che venda di più degli altri. E questo non lo dico io. Lo dice il mio cazzo di Spotify che se gli lascio riprodurre a caso le “hit della settimana” mi spara fuori roba tipo Mengoni e Antonacci. Capite il dramma? Ma questo è uno sfogo personale. Semplificando, possiamo dire che se alla massa piace la merda e la tua musica piace alla massa, la tua è musica di merda. Però stiamo semplificando troppo e i sillogismi mi hanno rotto le balle già al liceo. Quindi fermiamoci un attimo e valutiamo le cose con calma.
Luchè proviene da un contesto hip hop. Con i Co’Sang ha contribuito a sdogare in Italia il gangsta rap. I sui testi sono spesso crudi. Salmo proviene dal punk, voleva fare il batterista (cit) e invece oggi ce lo troviamo nel rap game. Semplificando (di nuovo) potremmo dire che, nella scena, Salmo è mainstream (o commerciale, se vi piace di più) e Luchè invece underground.
Chi vince? Ancora nessuno. Perché stiamo sempre paragonando due generi diversi che giocano due campionati (se non due sport) diversi. Magari affini, per carità. Ma pur sempre diversi. Come chiedere chi è più forte tra il Liverpool di Kloop e la migliore squadra di rugby che vi viene in mente. Entrambe sono due squadre che praticano uno sport e giocano con una palla, ma le regole sono diverse e persino la forma della palla. Per non parlare del pubblico. Chi ascolta Salmo non è detto che ascolti Luchè e viceversa. Io ad esempio il rugby non lo guardo perché mi annoia. Ma mica posso dire che “ALLORA IL CALCIO È MEGLIO!”, perché a tratti è noioso anche quello. Specialmente se gioca Perisic. Ma torniamo in argomento.
Salmo parla dei suoi due ultimi dischi come di due perle musicali inenarrabili che inebriano soavemente di leggenda i timpani di chi ascolta. Stiamo parlando di “Playlist” e “MM4”, mica di “The Dark Side of the Moon” dei Pink Floyd. Calmiamoci. Son due dischi carucci, ma stop.
Non sono nemmeno due pietre miliari del rap italiano, a dirla tutta. Anche perché di rap c’è poco o nulla in quei due album. Il brano di punta di “Playlist” è “Il cielo nella stanza”. Che se è un pezzo rap io sono la regina Elisabetta. Per dire. È un pezzo d’amore per ragazzine e lo sa anche lui. Sonorità pop. Vogliamo dire che è brutto? No, anzi. Ma non è rap.
Torniamo al paragrafo “incontrare il gusto della massa”. In Italia il pop vende e il rap vende quando diventa pop. Prendi Fedez. Era fottutamente rap. Ha dato inizio alla sua carriera pop e oggi ogni suo pezzo finisce in testa alle vendite. Non sto dicendo che Salmo sia come Fedez. La musica di Fedez non la auguro a nessuno, mentre Salmo lo ascolto spesso e mi sta anche un po’ simpatico. Sto dicendo che è facile vendere “Il cielo nella stanza” ed è normale che “Fin qui” di Luchè la conosciamo in quattro. Questo non fa de “Il cielo nella stanza” un pezzo migliore di “Fin qui”. Fa de “Il cielo nella stanza” un pezzo più venduto/scaricato/streammato/conosciuto di “Fin qui”. E il merito, caro Salmo, è anche di come quel pezzo sia stato venduto. Marketing is the way.
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Per assurdo, l’Ave Maria di Schubert suonata con un assolo di rutti da Giggino ‘a purpetta può vendere di più di quella suonata da Steve Garrett col violino. Perché magari Giggino ‘a purpetta ha l’ufficio marketing di Salmo e alla gente piace l’assolo di rutti dopo due Peroni da mezzo litro. Invece, quando vede Garrett pensa “ma che due palle questo capellone col violino mamma mia” e va via scocciata. Credo di essere stato abbastanza chiaro e aver dipinto un vivido quadro della situazione “Marketing&Rutti”. Scusate: ho divagato ancora. Ma voi perché cazzo mi continuate a leggere con ‘sto caldo?
Ora, se prendiamo un disco di Luchè, quale esso sia, c’è tecnica hip hop a palate. Anche lui si è spesso cimentato in qualche brano più pop, eh, ma la base è sempre rimasta la stessa. Persino Guè Pequeno è più hip hop di Salmo, che da tutti è visto come un venduto. Gelida Estate è un EP che, seppur pensato per il grande pubblico (cit), mantiene un’identità rap che negli ultimi dischi di Salmo è difficile, se non impossibile, da trovare.
Tornando alla domanda fondamentale: chi vince? Ancora una volta nessuno. Perché non è una gara. Io continuerò ad ascoltare entrambi, ad esempio. E voi direte “fottesega”. Legittimo. È il bello della libertà di opinione e di parola. Allo stesso modo, ognuno è libero di far la musica che vuole, purché non la si spacci per oro colato solo perché vende qualche copia in più. C’è stato un tempo in cui i dischi di Salmo vendevano quanto quelli di Luché adesso e forse anche meno. Che significa? Che la sua era musica di merda? Assolutamente no. Anzi, forse era anche migliore di quella che produce oggi. Nel rap, il migliore di stabilisce con i testi e con le rime. Non su Instagram e non alla FIMI. Perciò, finché i due non metteranno ‘ste liti da ragazzine americane per il premo di principessa del ballo su un beat, nessuno dei due avrà vinto niente. E la noia continuerà a imperversare senza ostacolo alcuno. Risultando più hip hop di loro due.
Se avete letto ‘sta roba fin qui, siete dei pazzi. È agosto. Andate a mare, che cazzo. Non ce l’avete un fenicottero rosa da instagrammare? Vi devo spiegare tutto io? State ancora qui? Ándale!
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(via https://www.youtube.com/watch?v=7U3kuQ9IDHM) ack kca          Pubblicato il 3 lug 2018                    [" L'ARTE: AL SEVIZIO DELLA DITTATURA della STUPIDITA'  "]            Rifare la facciata, primordiale per, la CREDIBILITA' SEMPRE!... quella credibilità, come detta il dizionario Google,; dice;  "possibilità d'esser creduto: credibilita di un'affermazione, di una testimonianza; egli è un punto considerabile in ogni buona azione,..." anche quella ideologica e politica, che se si fa il suo buon uso convincerebbe del contrario di quello che è anche il Partito Democratico,... come sa ben farlo tutto quello che gira intorno a tutti i partiti, aziende e  cooperative incluso dove trovi i loro loghi nelle più svariate iniziative Teatrali, Cinematografiche, Video , etc, etc,... persuade che una determinata marca simboleggi di quanto sociale possa avere utilità, anche le arancione biciclette mollate dovunque tanto "io pago, faccio quello che mi pare!" è il pensiero di ogni "buona" persona nel giustificare la sua arroganza e prepotenza. Ogni "murale" ha il suo messaggio utile più di un ms, anzi serve a diffonderlo per ms, rapido, coinciso, a marchio di qualità del miglior status di centro sociale, dove ci si ubriaca volentieri alla guida delle masse e dei mezzi di trasporto, poco importa o nulla se accanto il "barbone" di turno dalle finestre del #lagerLight li ha mandati a fare in culo!... considerandoli delle merde,.. (n0n io!...) io sono solo osservatore,.. in caso di chi fa delle cagate, o dice delle stronzate. Se fosse per me dipingerei l'0spedali di ogni colore esistente! (tranne il bianco!!), anzi scusate la insistenza ma rinnovo in replay una Poesia di Enzo Aprea; =Vorrei=                                                 Vorrei,.... una corsia di letti rossi, verdi e gialli azzurri e rosa per far festa alla morte come sposa. E dottori sorridenti curvi sul corpo rotto di un uomo con camici variopinti di voile, di chiffon, di seta pura per far festa alla morte senza paura. E muri disegnati dai pittori più grandi da Giotto, Raffaello da Pier della Francesca dal Giorgione e cancellare il bianco del dolore. Muoia la morte per una sola volta senza il suo color!...                                     Drammatica, esigenza, quanto le condizione in qui mori il poeta, giornalista divenuto scrittore poetico, a motivo di una sua malattia, che nessun@, per più di quanto comprensivo intuiva la tragedia personale,... N0n mi stanco neanche di ricordare un mio connazionale, di nascita, tale Eduardo Dellagiovanna, suicidatosi a Brescia il 7 Dicembre 2O16, compagno lasciato solo col suo dramma e infermità, dove preferì una pallottola in corpo, anzi che, combattere il male che lo divorava,... ma molto c'è di solitudine e di abbandono da coloro che son presi a fare il " maquillage " di una struttura adempita al sociale, di un #CSA,... e poi magari son peggiori "trasgressori" e libertini traditori alla salute pubblica oltre alla loro , le stesse persone che in contraddizione col sano, e nulla igenico, di nude gambette che poggiano sui sedili, medesimi dove poggiano i loro piedi medesimi dopo aver calpestato merda, (forse n0n umana), ma di certo animale, e di microbi sono portatori di "malattie - sconosciute". (come reca la dicitura all'0spedale  di Bologna Sant'0rsola) Vestirsi a festa e andarsi a divertire, consumando ogni sorta di bontà della natura, ogni un@ fa scelta di se stesso dove meglio crede, i locali dove stravaccare la voglia della riuscitissima musica assordante dove se voglia, anche per che, si lucra da tutte le parti, e sulla pelle di chi che sia, magari emarginando anche di umane e comprensibile cause!... no fa differenza dato i tempi dell'impegno mancato con il sociale da solidarizzare,... fa lo steso essere un cultore del buon fisico, palestrtrat@, dal guanto da box, o da usare tra le gambe con sani principi!... e poi nulla si sa dello spacciatore che frequenta di uguale il #dormitorioPubblico,... (o #pubblicoDormitorio, [?] ,...) o la "festa dei #culiAperti" ! l'orgia libertina anzi tutto e vincente, magari da sballo con le salcicce la buona birra, e dal consumatore meglio se è dal produttore,... poi un bel incontro antirazzista e antifascista come facciata!!... veramente alla grande!!!.... se poi nel retro mai un po di colore, e nessuna allegria nei sabati e dei martedì della #FAMEdellaVIOLENZA, e delle vittime incapaci di intendere e volere,... e le differenze di genere stra fottuta perseguitate con mente finissima per l'abuso, n0n fa attrazione festante da dibattere, e meno da tener in considerazione per un confronto,... Bologna rossa a perso, rimangono slogan e belle adunate ormai senza partigiani da vergognare con l'impulsi giovanili amanti della trasgressione di mandare a cagare l' insegnanti, che solo mettono in discussioni le natiche al vento, in quei calzoncini tipo assorbenti, che siedono sulla merda! Sarò ripetitivo alla nausea! la stessa che mi procura veder ingrassare e ungere i rapporti col potere, riunendosi nel locali del lager, light, ma sempre carcere modello. https://youtu.be/bgywzjlj9QA    
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