#Sanremo rpf fanfiction
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Tra le sedie vuote
Parole: 1426 No beta, we die like men (rega non ho manco controllato eventuali errori) Fandom: Sanremo RPF Ship: Amadello Avvertimenti: Nessuno?, Fluff, Anxiety maybe, nah it’s fine guys Note: AH AH AH AH AH STO BENE. SONO QUI. CIAO A TUTTI. I’M BACK ON MY BULLSHIT! Ringrazio @che-cazzo-ridi per aver ispirato parzialmente questa idiozia...
Il suo sguardo si perde per un momento in un punto indefinito del pavimento, distratto forse dal riflesso delle luci o da un piccolo graffio. C’è una strana energia che gli passa attraverso il petto e lo spaventa. Una piccola esultanza ed un applauso contenuto dell’orchestra lo fanno tornare alla realtà. Le ultime prove generali sono finite. Amedeo passa nervosamente le mani sui braccioli della poltrona vuota che ha occupato per riposarsi un po’ le gambe. La sensazione sotto i suoi polpastrelli lo aiuta a concentrarsi di nuovo e ricordarsi dove si trova. Abbozza un sorriso ed applaude l’orchestra, complimentando tutti per il loro duro lavoro. Gli artisti, già molto stanchi, si ritirano per riposare quelle poche ore prima dell’inizio della grande serata. Ma Amedeo non riesce a muoversi. Resta fermo sulla poltrona ed osserva palco vuoto, la scenografia spenta, la platea silenziosa, mentre quell’energia nel suo petto diventa più forte. Sente per un momento il bisogno di piangere, ma rimane completamente composto.
Rosario bussa al camerino accanto al suo, senza ottenere alcuna risposta. Teme che Amedeo sia così stanco da essersi addormentato sulla specchiera. Bussa ancora e prova ad attendere un altro po’, ma esaurisce la pazienza in fretta e decide di aprire direttamente la porta. Il camerino è vuoto. E così in ordine da sembrare che non sia nemmeno stato utilizzato. Magari Ama è andato a controllare per l’ultima volta che tutto sia a posto dietro le quinte? Rosario si mette alla ricerca del suo co-conduttore, fermando tutte i tecnici che incontra per sapere se hanno visto Amadeus. Quasi tutti scuotono la testa, gli altri gli forniscono indicazioni vaghe su dove l’anno visto diverse ore fa. Nonostante i suoi migliori sforzi di rimanere in controllo di sé, Rosario comincia a preoccuparsi. E se fosse successo qualcosa? E se Ama fosse sparito? Stavolta invece di un cantante, si perdono direttamente il conduttore? O magari ha combinato qualche guaio e si è fatto arrestare? Se Orietta Berti può avere una doppia vita da criminale, anche Amadeus può in fondo… Il suo vagare spinto dalla crescente agitazione lo porta inevitabilmente alla platea. La sua intenzione era di controllare se ci fosse ancora qualcuno nell’angolo di Radio 2 per chiedere se avevano notizie di Amadeus… E invece il posto sembra completamente vuoto. Fatta eccezione per il conduttore, seduto a guardare il palco su una delle poltrone in mezzo alla platea.
Amedeo sente la voce di Rosario che lo chiama piano dalle sue spalle e si volta un momento nella sua direzione, senza accennare ad alzarsi. «Oh, ciao Ciuri, pensavo fossi tornato in albergo a riposare.» commenta laconico mentre lo showman si ferma in piedi davanti a lui. «Mi scantai! Non ti trovavo da nessuna parte! Ho anche cercato nell’attrezzeria, sai pensando che magari avessi deciso di diventare il novello Bugo di questa edizione… Impresa difficile dato che Bugo è tra i concorrenti…» protesta Rosario con fare offeso e l’altro si limita a mormorare una scusa, il suo tono improvvisamente calato. A quel punto la preoccupazione per la breve scomparsa lascia il posto alla preoccupazione per la perdita della solita carica e grinta. «Ama… Mi aspettavo di vederti pronto a correre una maratona… Che è successo? Sembri quasi… Spento… Hai dormito male per caso?» si ferma a chiedere, mentre il conduttore lo guarda con un’aria sconsolata. A quel punto Rosario decide di sedersi accanto a lui per poter parlare meglio «Dai Ama, sai che non hai motivo di nascondermi nulla. Siamo una squadra. Una grande squadra.» prova ad incoraggiarlo. Amedeo sospira e sposta ancora una volta il suo sguardo verso la scenografia spenta «Temo che, come si dice in Sicilia… Vada tutto a schifìo…» ammette sottovoce prima di voltarsi verso l’uomo al suo fianco. Rosario osserva un momento la sua espressione, aspettandosi che Amedeo riveli dove si trova la battuta ed infine si mette a ridere «Serio sei?» esclama prima di ricomporsi «Ama non puoi essere serio! Come può andare tutto a schifìo, ah? Sei stato il conduttore del miglior Festival di almeno gli ultimi dieci anni!» ribatte continuando a sorridere, ma Amedeo non sembra per niente convinto. «È proprio questo il problema Ciuri… Abbiamo avuto tanta fortuna lo scorso anno e… C’era un ambiente molto diverso… In cui perfino dei concorrenti squalificati non sono stati un grande problema… E tutte le mie gaffe… Ma quest’anno… Quest’anno è tutto diverso… La gente si aspetta qualcosa. Abbiamo un pubblico con delle aspettative capisci? Aspettative molto più alte di quelle che aveva l’anno scorso e… E poi questo è “il festival della rinascita”! Il programma che non solo dovrebbe essere spettacolare, ma dovrebbe anche essere lo spiraglio di normalità per tutto il paese… E io… Io sono stato fortunato l’anno scorso… Ma quest’anno…» Amedeo si interrompe un momento per guardare ancora intorno a sé «Voglio dire guarda il teatro… Questo dovrebbe essere l’aspetto che ha per le prove, ma sappiamo che stasera sarà ancora così… Niente pubblico, niente maschere… Nessuno. Non è un gran “Festival della rinascita”.» il conduttore finisce di parlare e lancia un’occhiata carica di vergogna a Fiorello, come se si sentisse personalmente responsabile di tutti i problemi che hanno portato a quel punto e di tutti i problemi che potrebbero sorgere durante il festival.
Rosario prende le sue mani e lascia un piccolo bacio sulle sue nocche. «Ama…» sospira «Sei proprio incredibile, lo sai?» si fa sfuggire un risatina «Allora io mi guardo intorno e sai cosa vedo? Vedo un teatro bellissimo, in cui tra poche ore comincerà il Festival più importante d’Italia e un bravissimo e bellissimo conduttore che farà certamente faville su quel palco. Non ho alcun dubbio. E sai perché? È già incredibile che ci troviamo qui! Insomma perfino La Scala non poteva mettere in piedi spettacoli, nemmeno in streaming, fino a poco tempo fa… E noi siamo riusciti a mettere in piedi un festival di cinque giorni? Meraviglioso! Non abbiamo il pubblico? Colpa dei protocolli di settanta pagine e delle lobby farmaceutiche e etero, non certo tua! Anzi, tu hai provato ad insistere per avere il pubblico, no? E questo la gente lo sa! E che razza di discorsi sono quelli sulle aspettative? Nessuno ha aspettative per Sanremo! Forse solo Coletta… Ma la sua fetta di share l’avrà per forza dato che non danno mai niente di bello in televisione quando c’è Sanremo… Insomma potrebbe finire a schifìo soltanto se per magia ci fosse un blackout nazionale per una settimana! E a quel punto comunque Sanremo sarebbe l’ultimo dei problemi…» Rosario si ferma soltanto quando Amadeus sta ridendo tanto da non riuscire quasi a respirare. «Va bene, va bene Ciuri…» si sforza di dire mentre prende fiato «Ma devo chiederti una cosa…» aggiunge notando che lo showman si mette immediatamente sull’attenti «Le lobby farmaceutiche le capisco… Ma le lobby etero? Davvero Ciuri? Le lobby etero?» chiede Amedeo prima di scoppiare ancora a ridere «Certo Ama! Le maledette lobby etero! Le lobby etero rovinano tutto! chi credi che selezioni i componenti della giuria demoscopica? Loro! Gli etero!» Fiorello è così soddisfatto di aver fatto ridere ancora Amadeus che scoppia a ridere pure lui.
Dopo alcuni minuti riescono a riprendere fiato e Amedeo si volta verso il palco, adesso sorridendo «Sai dovresti farci una battuta… Sulle lobby etero… Sarà divertente.» propone con tono più sereno, ma la sua espressione si spegne di nuovo per un momento «Credi davvero che ne sarò capace? Condurre senza un pubblico…» mormora abbassando la testa. «Certo che sei di coccio, Ama! Ne sarai capace! Tutte le puntate dei Soliti Ignoti senza pubblico le hai fatte! Farai anche questo e lo farai benissimo… E poi… Ci sarò anche io, sarà ancora meglio. Abbiamo un teatro tutto per noi! Possiamo fare quello che ci pare! Chi ci può giudicare? Le sedie? Sono un pubblico molto tollerante, sai. Accettano qualsiasi cosa. Mica come le lobby etero…» Fiorello sembra abbastanza convinto del suo discorso da far ridere Amadeus ancora una volta. Il conduttore appena si calma scatta in piedi ed offre la mano al suo Ciuri per farlo alzare «Allora andiamo a prepararci. Tra poche ore dobbiamo esibirci per il nostro bellissimo pubblico vellutato. Sono sedie molto tolleranti, ma comunque si meritano due conduttori in forma, non credi?» scherza Ama con un gran sorriso. «Oh credimi, vedranno un bello spettacolo. Ho tante sorprese in mente.» dichiara con fare malizioso Rosario. Con un rapido movimento prende Amadeus per la vita e lo stringe a sé, dandogli un dolce bacio sulle labbra «Faremo un festival che le lobby etero non potranno distruggere.» sussurra sulle sue labbra sorridendo.
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Boh regaz ho scritto una Blahmood che devo dirvi arrestatemi LMAO
https://archiveofourown.org/works/37772737
#sanremo#sanremo 2022#sanremo shitposting#festival di sanremo#sanremo 22#sanremo 72#sanremo meme#fanfiction#blahmood#blanco#blanchitobebe#alessandro mahmoud#mahmood#mahmood e blanco#mahmood x blanco#sanremo rpf#ship rpf
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“Pippo From Ibiza” pt. 1/?
Rating: T (?)
Fandom: Sanremo RPF
Ship: Amadello
Warnings: Spagnolo orribile, Oblivious Amadello Are Oblivious, Si Amano E Non Lo Sanno, Canon? I Don’t Know Her, Fraintendimenti, Fake Dating (?), Sentimenti Repressi, Se me ne vengono in mente altri li aggiungo
Note: Prima fanfiction in italiano che scrivo in età adulta, siate clementi. Tutto questo è nato da discorsi sul Discord di Sanremo, un aperitivo da quarantena, e la mia ossessione per Friends. Enjoy!
Programmare una vacanza nostalgica, a quindici anni dalla loro ultima estate ad Ibiza, era stata un’ottima idea.
Prenotare un albergo di reputazione migliore del loro vecchio motel, ormai chiuso a causa di chissà quante infrazioni del codice sanitario, era stato necessario.
Affidarsi allo spagnolo di Ama, quello sì che era stato un errore.
Era stato così che Rosario ed Amedeo si erano ritrovati in coda nell’afoso atrio dell’hotel, intenti a recitare le loro spiegazioni in un misto di italiano, spagnolo, e quel tanto inglese che basta per avere una qualche chance di fare capire alla receptionist che doveva esserci stato un errore.
Sicuramente, non avrebbero potuto condividere una suite matrimoniale. Va bene la confidenza, va bene l’amicizia, ma un limite andava stabilito. Quel limite, Fiore ed Ama avevano concordato, era stato raggiunto nel momento in cui avevano scoperto che non solo avrebbero dovuto condividere una camera, ma che suddetta camera conteneva un singolo letto matrimoniale, decorato da petali di rosa, con una bottiglia di champagne in bella vista sul comodino e un biglietto di congratulazioni sul cuscino.
“Ma com’è possibile, Ama?”, Rosario si trovò a ripetere, per quella che immaginava fosse almeno la quindicesima volta da quando avevano lasciato la camera con fare teso ed impacciato.
“Ciuri, non ne ho idea! Quando ho chiamato per prenotare, ho chiaramente detto che saremmo venuti a celebrare i vecchi tempi, come amici fraterni. Aniversario con mi hermoso!” Scandì, chiaramente confuso ed ignaro del suo errore.
In un futuro poco distante, Fiore si sarebbe complimentato internamente per quel breve momento di lucidità che gli aveva permesso di non andare completamente nel panico, limitandosi a sgranare gli occhi in modo piuttosto comico prima di ricomporsi, aggrappandosi all’avambraccio di Amedeo con entrambe le mani.
“Ama,” riuscì finalmente a spiccicare, quasi esilarato dall’assurdità del malinteso. Sì, domani ci avrebbero riso su, ne era sicuro. In fondo, che pensiero assurdo! Lui ed Ama?
“D’ora in poi, dello spagnolo me ne occupo io.” disse, con tono deciso, ma un sorriso rassicurante. In fondo, Ama aveva solo cercato di rendersi utile, non poteva dargli colpa di un errore così innocente, per quanto panico gli stesse causando.
Panico completamente ingiustificato, tra l’altro. Avevano condiviso una stanza per un’estate intera, proprio ad Ibiza, perché avrebbe dovuto essere causa di così tanti sentimenti contrastanti proprio ora? Rosario non riusciva ad individuare la causa esatta di quest’ansia di sottofondo.
Di sicuro, la giovane coppia in coda di fronte a loro, che aveva passato gli ultimi dieci minuti a parlare con la receptionist senza scollarsi per un secondo l’uno dall’altra, non aveva contribuito a diminuire la sua ansia, o quella strana sensazione di volere lo stesso tipo di contatto con il suo migliore amico.
Ancora una volta, la parola “assurdo” venne a mente.
Erano tornati ad Ibiza per passare qualche giorno di vacanze e rivivere I vecchi tempi insieme, in amicizia.
Ma, quando la coppia di fronte a loro si ritrovò ricoperta di coupon, servizi complementari ed omaggi da parte dell’albergo come parte del pacchetto “Luna De Miel” (quello era stato abbastanza facile da capire), la proverbiale lampadina si accese.
“Siamo qui per rivivere i vecchi tempi, no?” Fiorello cominciò cauto, quasi casuale. L’espressione di Ama, fronte corrucciata e labbra leggermente aperte, non lasciava alcun dubbio sui suoi sospetti. In fondo, lo conosceva fin troppo bene.
A quel punto, Fiore non riuscì a trattenere una risata.
“Dai, ti fidi di me?”
Nonostante il breve attimo di apparente conflitto interiore, lo sguardo di Ama si era finalmente tranquillizzando, lasciando spazio a quel suo sorriso sincero.
“Certo, Ciur-”
Non ebbe neanche tempo di finire la frase. Rosario lo aveva già preso a braccetto, e trascinato senza troppe cerimonie verso il bancone della reception, ormai libero.
“Hola. Estamos en luna de miel. Aniversario con mi hermoso!”
Le orecchie di Amadeus non erano mai state così paonazze.
Almeno, non fino a quando Rosario non lo strinse più vicino a sé qualche secondo dopo, guardandolo con un sorriso smagliante e furbetto, e facendo gesto teatrale dell’appoggiare una mano sul suo fondoschiena.
_____________________
Fingersi in luna di miele nel tentativo di rimediare qualche regalo da parte dell’hotel era sembrata un’ottima idea, sul momento. Certo, al contrario dell’ultima volta che si erano trovati sulle spiagge di Ibiza, nessuno dei due aveva più bisogno di usufruire di omaggi o sconti.
Ma c’era un qualcosa di così incredibilmente eccitante (e quasi nostalgico) nel creare un po’ di caos nel tempo libero!
Resistere era stato impossibile.
Peccato che la receptionist avesse chiesto di vedere foto del matrimonio, fra un “felicitaciones!” e l’altro, per poi notare la mancanza delle fedi ai loro anulari. Trovandosi alle strette, Fiore aveva biascicato un “No, no! Mañana! ...A la playa! Matrimonio a la playa! Prima, vamos a la playa. Dopo, luna de miel!” frettoloso, sotto lo sguardo esasperato di Ama.
“Ti occupi tu dello spagnolo?” Punzecchiò Amedeo, a metà fra il divertito e la malcelata preoccupazione.
Beh, almeno sembrava essersi calato nel ruolo di futuro marito, doveva ammettere.
Fu a quel punto che la receptionist, che evidentemente capiva abbastanza italiano da avere intuito la natura di quello scambio, sembrò convincersi che queste loro inesistenti intenzioni di sposarsi fossero in realtà una scelta impulsiva e romantica, e si offrì di metterli in contatto con un celebrante, e mettere a disposizione i locali dell’albergo.
E fu proprio così che Rosario ed Amedeo si erano ritrovati nell’ufficio di un parroco, la sera prima del finto matrimonio, tentando ardentemente di spiegare la situazione senza utilizzare la parola “truffa”.
Parola che non avrebbero potuto utilizzare neanche se avessero voluto, ad essere sinceri.
La conversazione aveva consistito di una serie di gesti, frasi di cui avevano capito circa la metà delle parole, e un discreto numero di fraintendimenti.
“Però, padre, famos la cerimonia per finta, sì?” Aveva cercato di accertarsi Ama, ricevendo uno sguardo confuso come tutta risposta.
“Per scherzo?” Riprovò, ma l’espressione del parroco rimase immutata.
Ormai spazientito e sempre più nel panico, Rosario interruppe i suoi giri attorno alla stanza, tentando di abbattere l’evidente barriera linguistica.
“Es un escuerzo. Sì? De acuerdo?”
Il prete lo fissò per un attimo, prima di rivolgergli un sorriso bonario, dargli una pacca sulle spalle con fare rassicurante, e accompagnare un “muy bien!” con due bei pollici in su, congedandoli.
I due amici si trovarono a tirare finalmente un sospiro di sollievo una volta varcata la soglia.
“Che ti avevo detto? Lo spagnolo, lascialo a me!” Esclamò Rosario, con una risata liberatoria, convinto di avere risolto, e gettando un braccio attorno alle sue spalle con fare entusiasta.
Se avessero saputo che, dall’altra parte della porta, avevano lasciato un prete molto confuso da una frase traducibile solo come “Si tratta di un rospo in conformità” (che aveva deciso di attribuire ad emozione e poca conoscenza della lingua), forse avrebbero trattenuto l’entusiasmo.
Così come, se Rosario avesse saputo che il “finto” matrimonio dell’indomani sarebbe in realtà stato legalmente vincolante, non avrebbe scherzato così facilmente sul passare la “loro ultima notte di libertà” al Ku.
Ma, non sapendolo, i due si avviarono verso i taxi con fare spensierato.
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Quel Qualcosa in Più
G, 11.091 parole (!), Amadello, passata Amadeus/Biagio Antonacci (????), Betata! link per A03
Iniziò tutto con lo smalto trasparente. Aka, la storia di come Amadeus scopre di essere una donna e l'amicizia con il suo migliore amico si trasforma in qualcosa di più. (nota: Immagino sarebbe tutt* abbastanza confus* dal tema di questa fanfic. Prima di tutto, da dove deriva l'idea di Amadeus mtf? Durante l'AltroFestival di Savino c'è stato un momento in cui Bugo, il nostro caro e povero Bugo, cotto dal fatto che fosse ormai notte inoltrata ha dato una pronuncia femminile ad Amadeus, e da lì poi la mente è volata e le cose sono degenerate in questa serie di fic con il nostro celebre conduttore che cambia sesso. Detto questo, dedico un bacio al cuore pulsante di questo fandom, il canale Discord di Sanremo!)
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Iniziò tutto con lo smalto trasparente.
‘Serve per rafforzare le unghie’, diceva a tutti coloro che incontrava mostrando orgoglioso le dita lucide, segretamente soddisfatto di quella piccola cosa come fosse ai limiti della legalità.
Forse non pareva da fuori, eppure in un certo senso lo era. Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’anima.
Pareva quasi un breve assaggio di qualcosa che non riusciva a definire dentro di sé, un monolite che si stagliava leggero come fosse di polistirolo, misterioso e sorprendentemente antico, gigante posato sulla sua vecchia anima.
Dopotutto cosa poteva mai causare un po’ di smalto? Il trasparente svanì con il crescere delle unghie, rendendolo un po’ nostalgico.
“Prova questo”, gli consigliò la truccatrice in trasmissione un giorno in cui il discorso finì casualmente sull’argomento,
“È color pelle, non troppo visibile e rende pure le mani un po’ più eleganti. È importante, oggigiorno, la cura delle mani. Come quella del viso.”
Gli regalò la boccetta.
Galeotto fu il gesto, forse, ora che ci pensava.
Il mattino seguente si dipinse le dita di quel rosa. Ne fu ammaliato. Stavolta non lo fece notare troppo in giro, perché un’attenzione eccessiva a quel tipo di cose poteva essere vista come ambigua, cosa di cui lui non aveva proprio bisogno, essendo un personaggio pubblico.
Un conto era lo smalto rafforzante, un altro quello colorato: rischiava realmente di passare per…per cosa sarebbe dovuto passare?
Quello smalto gli stava così bene, dopotutto. E poi aveva sempre desiderato fare qualcosa di più azzardato, ma non ne aveva mai trovato il coraggio, non fino a quella mattina, quando l’acre odore che proveniva dalla boccetta ancora aperta gli donava un sentore di libertà che raramente aveva provato in vita sua.
Le boccette di smalto si moltiplicarono presto dentro al mobiletto del bagno.
Provò ogni colore: da quelli più cupi, come nero e grigio, a quelli ben più accesi e considerati femminili, come il giallo brillante che ora non riusciva proprio a togliere con l’acetone perché era un colore che gli stava dannatamente bene, e non importava il fatto che dovesse andare in onda tra qualche ora, perché non riusciva a controllare la fitta di malinconia che il solo pensiero di avere le dita nude gli donava.
Tanto chi mai gli avrebbe guardato le mani in una trasmissione simile?
Era già andato in passato con le dita colorate di rosa incarnato, discrete ma evidenti se lo sguardo ci cadeva sopra. Il giallo, invece, era tutto un’altro discorso. Colore brillante, saltava subito all’occhio. Doveva rinunciare?
No. Non poteva farlo. Chiuse l’acetone con quelle dita ancora dipinte un po’ tremanti, ma che sentiva un po’ più sue da quando vi era la presenza del colore.
Dopotutto il giallo era uno dei colori che riconosceva meglio.
Lo specchio di casa rifletteva l’immagine di un uomo alle soglie della vecchiaia. Viso da lui ben conosciuto, viso con cui condivideva una vita intera, di cui conosceva ogni singola ruga.
Allungò una mano colorata verso la bocca sottile. Teneva un tubetto, un piccolo contenitore lungo e stretto da cui fuoriusciva appena una punta di colore dalla forma ben familiare a chi è avvezzo all’uso del trucco.
Era la prima volta che provava a mettersi un rossetto.
La scelta del colore non era stata difficile, si era attenuto al classico. Lo smalto giallo ancora padroneggiava le sue mani, e tanto aveva riscoperto in quel periodo l’intensità dei colori, colori che sapevano di fiducia in sé stesso, che aveva deciso di provarli anche sulle labbra troppo nude.
Il rossetto era rosso carminio, scuro e sensuale. Gli piaceva da matti. Sbatté le labbra per distendere meglio il colore e non poté trattenere un sorriso nel vedere quanto gli illuminasse il viso, quanto si trovasse bene ad indossarlo.
Non era strano per un uomo che lavorava nel mondo dello spettacolo. Il trucco per loro era una quotidianità.
O almeno questo si diceva per calmare quella sorta di piccolo magone d’ansia e paura che qualcuno lo scoprisse, lo vedesse e lo rovinasse parlando a tutti di quelle piccole cose, cosine normali, assolutamente normali. Non importava.
Si toccò le labbra con la punta gialla del mignolo e si sentì felice, come se per un istante la luce avesse illuminato il gigante etereo che gli poggiava nell’anima, sfiorandolo appena, ma abbastanza perché lui sentisse una fitta di paura attraversargli le viscere.
Non era il caso di indossare il rossetto in pubblico, pensò socchiudendo gli occhi, ma a casa, nel privato, era tutta un’altra storia. Nessuno avrebbe potuto giudicarlo.
Il pennellino sfiorò con delicatezza le palpebre chiuse.
Non aveva idea di come la truccatrice avesse preso la sua proposta di provare un trucco completo, standard, “da donna”, ma in ogni caso sperava che fosse suonata come un’idea divertente, qualcosa di comico, e non come frutto di quella curiosità morbosa che da qualche settimana gli invadeva la mente.
La matita toccò delicatamente il confine stanco dei suoi occhi e tracciò una linea che non poteva ancora vedere.
“Ecco fatto. Sei bellissima!”
Non riuscì a capire il perché, ma essere chiamato al femminile, seppur in modo ironico, gli provocò una magnifica ondata di contentezza. Aprì gli occhi.
La sua figura era ancora vecchia e stanca. Ma il viso, oh! La luce che emanavano i suoi occhi era immensa. Le guance parevano più rosee e le labbra erano dipinte con una tinta tenue, quello che gli appariva un delicato rosso tendente al rosato che stava molto bene con la sua carnagione. La figura allo specchio arrossì con lui.
“Hai fatto un lavoro meraviglioso.”
La sua espressione era forse troppo rapita per poter parere ancora una cosa ironica, ma non gli importava. O meglio, un po’ gli importava: si riscosse e curvò le labbra in un sorriso divertito.
“Okay,” cinguettò alzandosi di scatto dalla sedia e seguendo il corridoio delle quinte,
“Che ne pensate? Non sono la donna più affascinante di questo studio?- dopo di te ovviamente, Carla” si corresse dopo aver incontrato di sfuggita la fonica che ricontrollava la scaletta e lo guardava a bocca aperta con una posa estremamente comica.
Percorse tutte le quinte e arrivò finalmente all’entrata del set. Il pubblico era già presente, come ogni giorno di registrazione, e attendeva solo che la registrazione cominciasse.
“Buonasera!” esclamò a braccia aperte, sorridente come al solito, se non di più. Fu accolto da una risata. Non si aspettava altre reazioni.
“Che dite, oggi presento così?”
Un coro di ‘si!’ si alzò dagli spalti. Provò l’impulso di seguire il consiglio.
No.
La negazione arrivò dal profondo del suo cuore.
Perché no?
Perché potrebbe piacerti.
Quella rivelazione lo colpì in viso come uno schiaffo. Probabilmente gli altri lo vedevano conciato come un pagliaccio in quel momento. Altro che occhi illuminati, altro che labbra dipinte: si stava ridicolizzando. Per fortuna questa volta era riuscito a frenarsi prima di iniziare a registrare, pensò scuotendo lentamente la testa, ma non abbandonò il sorriso, perché dopotutto in quel momento era pur sempre truccato in quel modo che lo faceva sentire un po’ migliore.
“Vi piacerebbe?”
Un’altro coro affermativo. Ridacchiò un po’ e rivolse lo sguardo verso le telecamere ancora spente. Forza dell’abitudine.
“Piacerebbe anche a me. Tra un quarto d’ora circa dovremmo iniziare, siete pronti?”
Di nuovo una risposta positiva. Pubblico caldo, indice di una puntata che non sarebbe stata difficile da condurre. Ne fu rincuorato.
“Meraviglioso,” esclamò, e subito fu richiamato dietro le quinte dalla stessa truccatrice, ridente e impegnata ad agitare un flacondino di struccante nuovo di zecca. Corse di nuovo da lei e si sedette (un po’ a malicuore) sulla sedia del trucco.
Un altro giorno, pensò mentre lo struccante agiva sulla sua pelle.
Magari un altro giorno.
Erano ormai due mesi che non si tagliava i capelli. Non erano male, non troppo lunghi, decisamente un taglio ancora intatto e valevole, ancora maschile. Si era divertito non poco a notare il ritorno del suo castano naturale tra il grigio, cosa che lo faceva sentire di gran lunga più giovane e meno stanco di come si vedesse in passato.
Era felice. Nel suo guardaroba comiciavano a esserci non solo pantaloni e camicie da uomo, ma anche magliette con una certa quantità di scollatura, e in più qualche occasionale gonna rigorosamente indossata solo nel privato di casa, non troppo stretta né troppo larga, elegante e adatta a una persona della sua età.
Perché lo stava facendo? Aveva smesso di chiederselo, tanto non riusciva più giustificarsi con sé stesso, né c’era bisogno di farlo con altri, visto che nessuno sapeva. Almeno fino a quel momento.
Rosario Fiorello lo guardava con quella che poté definire solo come disperata incredulità.
“Mi ero accorto che c’era qualcosa di nuovo.”
Sorseggiò lentamente la sua bottiglia di birra e fece una breve pausa, lo sguardo fisso in un punto oltre il tavolino da bar su cui erano seduti.
“Lo smalto. Me ne sono accorto dallo smalto. Ho pensato: eh, qua c’è qualcosa di nuovo, sicuro, ma non dico niente perché magari mi sbaglio. E invece.” Sapeva che confessare al proprio migliore amico la nuova predilezione per il mondo femminile non sarebbe stato facile. Così come non sarebbe stato facile accettarlo.
“E meno male che te l’ho chiesto io se c’era qualcosa di strano, altrimenti tu mica me l’avresti detto, ansioso come sei.”
“Ho sbagliato?”
“No. Questo no, assolutamente. Ti senti in questo modo, hai deciso di fare qualcosa per migliorare la situazione, e non sarò mai grato abbastanza del fatto che tu me l’abbia detto. Posso solo immaginare quanto sia difficile accettare una cosa del genere. Poi ti dirò, non è che avessi sospettato, ma…beh, mi è sempre parso tu fossi interessato in particolar modo alla femminilità. Pensavo fosse per le ragazze. Certo che non vai a pensare…! Non che ci sia nulla di sbagliato, ripeto. Ti senti così, non è una cosa che puoi cambiare. Questo sentimento di base ce l’hai, insomma, no? Ecco. Allora l’unica cosa che puoi fare è assecondarlo.”
Una macchina passò in fretta tra il chiacchiericcio dei passanti.
“Quando te ne sei accorto?”, chiese Fiorello.
Prima che potesse rispondere rincarò la dose,
“Devo chiamarti al femminile? Con il lei informale?”
Annuì piano. Non aveva chiesto nulla, ma per fortuna aveva un amico che lo conosceva meglio di chiunque altro.
“Se ti va.”
Fiorello scattò.
“No, no. Non deve andar bene a me, deve andar bene a te. Vuoi che usi il femminile quando mi riferisco a te?”
“Solo in privato. Per ora.” Non era ancora arrivato il momento di spargere la notizia ai quattro venti. Era una questione delicata, avrebbe potuto perdere il lavoro al solo accennare una cosa simile, sopratutto nel suo campo, con i giornalisti alla continua e avida ricerca di informazioni in grado di far profondare un rispettabile essere umano nel più completo e denigrante fango. Si guardò le unghie, curate e di un piacevole colore blu notte, e riuscì a trovare in esse abbastanza forza per continuare.
Fiorello annuì e gli rivolse un breve sorriso pieno d’emozione, quasi a volerlo incoraggiare. La cosa funzionò.
“Lo farò. Tu ora non preoccuparti, va bene? Magari non fare cose troppe esplicite in trasmissione, potrebbero arrivarti guai, ma per il resto non c’è alcun problema, penso. Se non sbaglio conosco un gay bar in zona che- si chiama gay bar, ma so che essere femmine non significa che ti piacciano gli uomini, eh. È un bar, come dicono ora, “lgbt frendly”.”
“L g t b?”
“L-G-B-T. Quella cosa dove ci sono tutte le persone che non sono etero e normali. Normali nel senso di non…come te. Insomma, mi hai capito.”
“Si, ho letto qualcosa al riguardo.”
“Ecco. Dicevo, conosco questo bar in cui potremmo andare. Pure per gioco, eh. Tanto per conoscere qualcuno nel campo, così puoi avere qualche consiglio in più da una persona che ha già affrontato il tuo stesso percorso. Cosa ne pensi? L’idea ti garba?” Ci pensò su. Non si sentiva ancora abbastanza al sicuro per uscire così tanto allo scoperto, no. Uscire con Fiorello, d’altro canto, era sempre un’avventura.
“E se andassimo a fare un giro normale? Senza gay bar, senza vestiti femminili. Non ancora. Solo un giro. Una cena, magari.”
Fiorello socchiuse gli occhi e ridacchiò in modo eloquente.
“Cos’è, un appuntamento? Lo dici come se non avessimo mai cenato insieme. Certo che mi va di fare giri normali! Perché non dovrei, perché mi hai detto che sei trans?”
“Abbassa la voce.” “Scusa. Perché hai detto che sei trans? Prima di essere uomo o donna, Ama, tu sei mio amico. Amica. Non potrei mai buttare al vento trent’anni di fiducia solo perché ti senti in un modo che non è il comune, lo standard. Io ti voglio bene. Te ne vorrò sempre. Niente cambierà questo sentimento. Capito?”
La sensazione di estrema gratitudine e gioia che lo pervase gli stampò un breve sorriso sulla bocca.
Chissà, magari con un amico che lo chiamava al femminile finalmente sarebbe riuscito a riferirsi così anche nella solitudine dei suoi pensieri.
“Grazie. Grazie infinite. Il tuo sostegno è la cosa più importante in questo momento.”
Fiorello gli afferrò delicatamente un braccio e allargò il sorriso.
“È il minimo che possa fare per il mio migliore amico. Non ha ancora risposto alla domanda di prima, però, eh.” “Cosa mi hai chiesto? Perdonami, ero-”
“Come te ne sei accorto? Qual’è stato il primissimo passo che ti ha portato a questa rivelazione.”
Ci pensò su per qualche secondo. Di episodi ce n’erano a bizzeffe fin dall’infanzia, ma la questione era rimasta velata per lungo tempo, mai affrontata, sempre relegata ad un’angolino polveroso della sua mente. Almeno finché…
“Iniziò tutto con lo smalto trasparente.”
“Posso dire due parole, se possibile?” La donna al centro del palco era molto alta. Un grazioso vestito color miele dall’aria primaverile le cadeva dalle spalle in maniera elegante, lasciandole le ginocchia scoperte per poco. I capelli erano acconciati in morbidi boccoli biondo cenere, il rossetto brillante illuminava il suo viso come in un quadro medievale. Non aveva più di trent’anni.
“Non c’è alcun problema! Dica pure quello che vuole”, disse piano il conduttore con una voce ancora troppo bassa, un completo troppo maschile e le unghie di una accesa tonalità di lilla.
L’aveva appena annunciata come “attivista lgbt”. Un prezzo basso, semplice da indovinare per il concorrente in piedi nella postazione, perché quella donna era visibilmente transessuale.
“Vorrei fare un piccolo appello a tutti coloro in ascolto. Come avrete purtroppo notato, sono nata in un corpo che non avvertivo mio. Ho dovuto faticare molto per ammetterlo, decidere di fare qualcosa in merito e infine farmi accettare da tutte le persone a me vicine, compresa mia madre, così felice quando nacqui di aver avuto un maschietto. Per questo vi dico: se vedete che qualcuno accanto a voi fa dei piccoli, impercettibili cambiamenti, anche solo mettere un po’ di trucco, farsi crescere i capelli, tagliarli, e ancora indossare vestiti sformati che nascondano le curve o la loro assenza, o anche solo dipingersi le unghie, allora è il momento di star più vicino ed essere comprensivi, di sostenerli anche se ancora non si sentono pronti per dire nulla, di usare le pronunce che richiedono a mezza voce. Non abbandonate figli, fratelli, sorelle o amici solo perché il loro corpo non corrisponde alla loro mente. Il loro percorso è già abbastanza difficile anche senza dover sopportare ancora più pregiudizi di quanti ne riceveranno nel mondo. Grazie mille.”
Un breve applauso partì dal pubblico, e con quello anche molti sguardi, che si diressero immediatamente al conduttore, con i suoi capelli ingellati, ma decisamente più lunghi di qualche mese prima, le dita colorate che in quel momento battevano le une sulle altre nell’applauso, ma sopratutto l’espressione colpevole e nervosa trasparita nonostante la maschera della professionalità.
Il locale era più pieno di quanto di aspettasse. La sciarpa certo era abbastanza coprente per naso e bocca, mentre un paio di occhiali da sole nascondevano gli occhi. Un lungo cappotto sottolineava un vestito alle ginocchia, da cui spuntavano due gambe lisce che si concludevano in scarpette eleganti da signora, un piccolo tacco per slanciare una statura già notevole.
I capelli erano la cosa che più la rendeva orgogliosa. Erano abbastanza cresciuti ormai da sfiorare la sciarpa in uno scoordinato caschetto che diventata sempre più difficile da manovrare in una pettinatura maschile durante le registrazioni. Non importava.
Non fu accolta in modo particolare. Con garbo si sedette a un tavolino vuoto, felice di essere abbastanza coperta da non essere riconosciuta, ma sopratutto orgogliosa di sé, perché mai si sarebbe aspettata di trovare abbastanza coraggio da andare in un gay bar, soprattutto se da sola.
“Desidera qualcosa?”
Il cameriere aveva tratti e statura molto delicati. Lei si tolse gli occhiali da sole, mostrando gli occhi truccati forse un po’ pesantemente, ma tutto era concesso a un principiante, no?
“Uno Spritz, grazie”, chiese piano. Aveva passato una settimana a provare gli esercizi per alzare la tonalità di voce. C’era riuscita?
“Arriva subito”, sorrise il cameriere, e lei ricambiò il sorriso da sotto la sciarpa e fece un cenno con la testa, lo sguardo concentrato sulla figura che si allontanava dal suo tavolo.
Diete un’occhiata più ampia a ciò che la circondava. Non poteva certo dire di essere in un posto con persone che apparivano tutte uguali, pensò un po’ divertita, visto che quella che più si avvicinava alla definizione di normalità era un essere umano che pareva un misto perfettamente incredibile di maschile e femminile, tanto che invano provò a lambiccarsi su quale potesse essere la sua identità di genere.
Maschio o femmina? Il cameriere tornò con il suo Spritz.
“Grazie mille”, e subito si maledisse perché, dopo una settimana di sudore e maledizioni per trovare la perfetta voce era lo stesso riuscita a dimenticarsi tutto a favore della sua naturale tonalità, molto bassa.
“Non c’è di che, signora”, rispose il cameriere con un gran sorriso.
Una sensazione di sorpresa gioiosa la avvolse come un panno caldo. Era la prima volta che qualcuno la chiamava signora. Dunque non pareva così tanto un uomo travestito? Passava davvero per una donna? Decise che l’idea migliore era quella di annegare il groppo in gola nello Spritz.
Come berlo?
Se c’era una cosa abbastanza iconica della sua persona, quella era, ahimé, il suo naso. Far passare la cannuccia da sopra era dunque fuori discussione. Poteva farla passare sotto…? Qualcuno le diede un colpetto sulla spalla. Una donna, o meglio, così pareva a un primo sguardo, vestita di tutto punto come una sorta di ballerina del ventre, ma più coperta, e con una elegante mascherina di colore acceso su naso e bocca le si era avvicinata alla coatta. Le porgeva qualcosa.
Con lo sguardo seguì la mano.
“Piglia”, ordinò la donna con forte accento napoletano.
Era un’altra mascherina, questa di un colore che non riusciva a definire. Marrone? Grigio? Sospettò fosse di qualche tonalità di verde, colore a lei irriconoscibile.
“Ca sta spettand’? Piglia.”
Si riscosse e afferrò d’impulso la mascherina. Avrebbe voluto dirle che non era proprio il suo colore, ma che avrebbe accettato, perché quella era una situazione un po’ disperata, e quindi la ringraziava moltissimo per la sua estrema gentilezza; rialzò lo sguardo e la donna era sparita.
Che persone incredibili, i frequentatori dei gay bar.
Con mossa abile prese la mascherina per le due estremità e la infilò sotto la sciarpa, incastrandola dietro le orecchie. Il tessuto era morbido come seta, ma ci stava: era una di quelle mascherine dei giovani, quelle fashion, per qualche motivo a lei incomprensibile. Però faceva il suo sporco lavoro e copriva bene ciò che doveva, dunque perché giudicare? Appena fu sicura della stabilità della mascherina sciolse il nodo della sciarpa e la srotolò con cura, scoprendo un collo chiaro e ben rasato, assieme a una scollatura che si perdeva sotto il cappotto, che ancora teneva addosso.
In effetti faceva un po’ di caldo dentro quel locale, forse era il caso di toglierlo.
Sganciò anche quei bottoni, sfilò le maniche e liberò una graziosa maglia scollata non in maniera esagerata, decisamente femminile, ma che ricadeva tristemente su un petto vuoto, seppure l’avesse messa in modo da apparire un po’ gonfia. La gonna invece era nera, anch’essa abbastanza elegante, ma larga perché ancora non si sentiva abbastanza sicura da indossare abiti aderenti, dalla struttura ripiegata a zig zag per nascondere la poca ampiezza del bacino. Era davvero un bella gonna, pensò lisciandosi il tessuto nelle cosce, forse un giorno avrebbe potuto indossarla in programma. Un giorno ancora lontano, s’intende.
Sospir�� e guardò lo Spritz davanti a lei. La musica pompava nelle casse, anch’essa musica giovane, da discoteca, ma paradossalmente ritmica come quella a cui era abituata tanti anni prima, quando ancora faceva il dj. Che tempi.
Allungò la cannuccia sotto la mascherina e bevve un sorso.
Non era affatto male, dopotutto, l’ambiente di quel gay bar.
“Ama, non posso riempirti questa meraviglia di gel.” L’acconciatrice squadrava il nuovo taglio con l’aria di chi le avesse appena chiesto di compiere un’illegalità.
Ci aveva messo due settimane per decidere che i suoi capelli avevano decisamente bisogno di un’accorciata e che non era il caso di andare dal solito parrucchiere specializzato in tagli maschili.
Non che non se ne fosse accorta prima; c’era stato bisogno dei consigli che l’altra sera le avevano dato al bar (ormai si era fatta un buon giro di amicizie tra i clienti abituali e il personale, seppur ancora non si fidava abbastanza da togliere la mascherina) perché necessitava di qualcuno di discreto, che non facesse né nomi né cognomi, né tantomeno nomi d’arte.
“Non potresti racchiuderli in un codino e basta?”
L’acconciatrice scosse la testa e schioccò la bocca in segno di diniego, poi sospirò a fondo seccata.
“Senti. Qui non ci sente nessuno, quindi ti parlo un attimo da amica. Questo non è un taglio maschile. Non lo è per natura. I capelli non sono abbastanza lunghi per fare una coda che non si sfasci dopo dieci minuti, non lo posso fare e basta. E poi, ripeto, da amica,”
Sentì un brivido freddo scorrerle lungo la colonna vertebrale,
“Forse è arrivato il momento di cominciare a uscire dall’armadio.”
Deglutì a fondo e strinse i pugni. Gli amici al bar erano stati chiari sul significato di quel modo di dire. Non c’era dubbio su cosa stesse proponendo. La questione era: si sentiva pronta? La risposta era no. Assolutamente no. Il solo pensiero le faceva venire le palpitazioni.
“Qui tutti lo sospettano. Abbiamo tutti gli occhi, sappiamo come sei vestita prima di andare a cambiarti. E no, non dirò nulla sugli atteggiamenti più femminili perché non ce n’è bisogno.”
Cominciò a giocare con le mani, incapace di replicare.
“Ti voglio dire solo questo: non posso far nulla con questi capelli. O vai in onda così oppure non vai in onda. Scegli tu.” Le gettò una veloce pacca sulla spalla e si allontanò, lasciandola sola con le mani tremanti e tanta, tanta voglia di piangere.
“Buonasera!” annunciò il conduttore con la sua solita voce tonante. Il taglio a caschetto era un po’ vuoto di capelli, ma era decisamente un caschetto, e i ciuffi argentei si ripiegavano sulle guance in maniera delicata. Sembrava molto scosso.
“Avrete notato il mio nuovo taglio di capelli. Che dite, mi sta bene?”
Un coro affermativo si levò dal pubblico. Ne fu estremamente confortata.
“Allora direi che possiamo presentare il concorrente di oggi.”
Le pagine aperte della rivista ricambiavano il suo sguardo vuoto da ore.
“Look da Piton o da Lily?”, diceva il titolo.
La pagina era interamente occupata da una foto. Era palesemente stata scattata da qualche paparazzo, troppo buona perché potesse essere amatoriale, troppo giusta.
La ritraeva al bar mentre aspettava il suo amico Fiorello per uno dei loro soliti caffè. Era una foto di appena tre giorni prima, scattata la mattina prima di ripartire a Milano.
Quel giorno indossava una maglia bianca, velata, indiscutibilmente femminile. Un paio di pantaloni stretti, ma non abbastanza da essere osceni, effetto ottenuto sopratutto grazie ai suggerimenti avuti al gay bar. I tacchi neri. I capelli, messi in modo da nascondere i punti meno folti, formavano un glorioso caschetto in cui il grigio si mescolava col castano. Gli occhi erano coperti da una grossa montatura di occhiali da sole, la bocca dipinta di un bel color ciclamino. Aveva persino un accenno di seno, fittizio e composto interamente da un reggiseno riempito di cotone.
L’articolo non era molto lungo.
“Nemmeno per strada Amadeus (54) riesce ad essere…un solito ignoto! Eccolo mentre incontra il suo migliore amico Rosario Fiorello (56) al bar di fiducia.”
“Notate qualcosa di strano? Il noto conduttore è vestito da donna! Che sia per un nuovo programma televisivo? Dopotutto la scorsa settimana l’avevamo beccato con un’aria da Professore di Pozioni, con quei capelli e il nasone. Dopo Piton, che voglia travestirsi anche da Lily Potter, la madre di Harry? A questo punto tutte le scommesse sul prossimo personaggio della nota serie per ragazzi, dalla professoressa McGrannit al maghetto protagonista, sono ben accette!”
Nella pagina di fianco c’erano delle foto più piccole. Una in cui il suo amico era arrivato e lei lo salutava con i classici baci sulla guancia, un’altra dove erano seduti nel tavolino e infine la terza, scattata mentre era impegnata a sistemarsi i capelli.
Nessuna didascalia.
“Non accadrà niente, vedrai. Quante persone potranno mai leggere uno stupido articolo di gossip? Non è nemmeno così esplicito.” “Ero truccata. Avevo i tacchi. Fiore, se lo pubblicano vuol dire che qualcuno lo legge.”
Poté sentire Fiorello esitare un attimo dall’altra parte del telefono.
“Facciamo una cosa. Tu vai a farti prescrivere quelle medicine di cui mi hai parlato, okay? Io mi occuperò di eventuali sospetti su di te. Posso dire che Jova stava cercando un idea per un nuovo videoclip o qualcosa del genere. Faccio una rullata di telefoni e vedo ora riesco a ottenere, tanto vedrai che qualcuno di disponibile lo trovo. Sai che non andrò in giro a spifferare il vero motivo della paraculata.”
Sospirò a fondo e si fissò le unghie grigie. Stava rischiando la carriera solo per uno stupido desiderio malato che non piaceva a nessuno, tantomeno all’azienda televisiva per cui lavorava. Perché lo stava facendo?
“Ama? Ci sei?”
“Si.” “Vedi? Ti risolverò tutto io. Sei d’accordo? Tu non devi preoccuparti, faccio tutto io.”
Le risposte arrivarono nella sua testa di getto.
Perché quando a lavoro aveva riunito tutti e aveva chiesto di usare pronunce femminili era terrorizzata, ma quando aveva sentito le persone chiamarla in maniera appropriata si era sentita viva come non mai.
Perché non era mai stata così a suo agio con sé stessa prima di quel momento.
Perché non poteva tornare indietro. Non più.
“Sono d’accordo.” “Perfetto. Ricordati, le medicine. Mi raccomando. La prossima volta che ci vediamo voglio vederti con due tette vere, capito? Voglio vederti felice.”
Un moto di estremo affetto la trafisse.
“Non potrò mai ringraziarti abbastanza per tutto quello che fai, Fiore. Ti voglio bene.”
Lo sentì sorridere attraverso il telefono.
“Mi ringrazi abbastanza solo se vai dall’endocrinologa e ti fai fare la ricetta per gli estrogeni. Ti voglio bene anch’io. Buonanotte, Ama.” “Lo farò, non preoccuparti. Buonanotte anche a te.”
“Sei un personaggio pubblico. Lo sei da tanti anni, quindi non metto in dubbio che tu lo sappia, eppure le tue azioni di questi ultimi tempi mi rendono in dovere di ricordartelo. L’aspetto fisico è importante in questo lavoro. Non possiamo permetterci di perdere il conduttore di un preserale, ma mi dispiace dirtelo, la situazione ci sta rendendo molto propinqui a spostarti a un orario dove il pubblico possa adattarsi meglio alla tua…nuova presentazione fisica.” “Stanno calando gli ascolti?” “Non ancora. Lo faranno presto. Devi capire, Amadeus, che la popolazione non è ancora pronta per vedere questo genere di cose nella televisione pubblica, all’ora di cena, con minori presenti. Le persone accendono il televisore per guardare un programma leggero, qualcosa con cui distrarsi un po’ e divertirsi come con un gioco a premi, e invece cosa vedono? Un uomo maturo con lo smalto e i capelli da donna. Non che ci sia niente di sbagliato in questo, eppure ribadisco: sei un personaggio pubblico. Il tuo aspetto dev’essere di un certo livello. Se non lo sarà entro breve, mi dispiace, ma saremo costretti a sostituirti.”
“Ti parlerò con tutta franchezza: per il tipo di terapia che mi stai richiedendo chiedo sempre la certificazione da parte di uno psicologo con scritto che tu desideri di ricevere questa tipologia di cambiamento fisico da almeno un anno. Il tuo corpo riceverrebbe modificazioni permanenti, non sarebbe saggio iniziare una tipologia di farmaci così pesanti senza prima avere la certezza assoluta che sia necessaria. Almeno io la penso così, che ognuno faccia pure quello che vuole. Dimmi, da quanto tempo ti senti in questo modo? Non accetto risposte come ‘da tutta una vita’. Voglio sapere quando hai avuto la realizzazione, quando ti sei accorto che c’era qualcosa che volevi cambiare.”
“È stato circa cinque mesi fa.”
L’endocrinologa fece spallucce.
“Allora mi dispiace, per ora non posso fare nulla per te. Se rimarrai della stessa idea in cui sei ora tra sette mesi e avrai con te il foglio che lo attesta, allora non ci sarà santo che mi fermerà dal prescriverti quei farmaci, ma prima di questa data non ti potrò dar nulla. Siamo intesi?”
Lo specchio rifletteva gli occhi stanchi di una donna che non riusciva a smettere di osservare le mani del suo parrucchiere, quello storico, da cui era sempre andata e da cui ora tornava con tutt’altro spirito.
Aveva delle forbici in mano.
“Scusa se te lo dico, ma questo taglio è proprio femminile. Non faccio fatica a immaginare perché ora vuoi cambiarlo, qua c’è il rischio che ti scambino per una donna, soprattutto da quando hai tolto il pizzetto!”
La risata dell’uomo fu ricambiata da un sorriso forzato.
“Allora, di quanto li vuoi accorciare?”
“Falli come al solito.” La voce le tremava un po’.
“Intendi corti come prima che li lasciassi crescere? Stessa lunghezza di prima?”
“Si.”
Gli occhi osservarono la sua stessa gola che cercava di deglutire invano un intenso groppo che rischiava di farla piangere.
“Sicuro? È un bel salto.”
“Taglia tutto, per piacere.”
La prima ciocca cadde a terra come lama nel suo animo.
“Mi dispiace,” singhiozzò coprendosi il viso con le mani,
“Non posso smettere. Sono un mostro.” Quando Fiorello aveva deciso di fare un salto a casa della sua amica non era quello lo spettacolo che aveva immaginato di trovare. Sul letto erano posati un paio di pantaloni e una maglia maschile, ma lei indossava un grazioso abito a fiori che sottolineava i fianchi e cadeva aggraziato persino sul suo petto, sfortunatamente vuoto.
Si era tagliata i capelli come li aveva un tempo, maschili, cortissimi. Poteva vedere la sottile ombra del pizzetto in ricrescita.
“Te l’hanno detto loro?”
Non rispose. Non diede nemmeno segni di aver sentito. Rimase lì a singhiozzare, seduta al bordo del letto, le braccia morbide e bianche, le gambe nude e liscie che spuntavano dalla gonna fiorita. Si avvicinò a lei.
“Ama, tu non sei un mostro. Non dirlo nemmeno per scherzo. Perché dovresti esserlo? Non hai fatto del male a nessuno, ti sei solo azzardata a voler essere te stessa. Chiunque ti abbia detto il contrario è un segaiolo di merda che non sa cosa voglia dire avere un corpo con cui non stai bene. Non devi azzardarti ad ascoltare certa feccia. Chi è stato? Dimmelo. È qualcuno che conosco?” “Forse sto solo fingendo. Forse è solo desiderio di attenzioni.”
“Se lo fosse non saresti qui a piangere perché ti sei messa un vestito. Rispondimi. Chi è stato?” Aspettò un po’ prima di rispondere. Almeno aveva smesso di singhiozzare, anche se il peso opprimente al petto non si azzardava a sparire.
“Non è stato qualcuno in particolare. Sono stati in tanti. Con lo sguardo, principalmente. La Rai ha detto che non ero adatta ai bambini. Non posso prendere gli ormoni se non tra sette mesi e delle sedute psicologiche in cui devo convincere qualcuno che non sto fingendo, che mi sento davvero così. Rosario, io non ce la faccio più. Hanno detto che se non mi tagliavo i capelli mi toglievano il programma. Non posso continuare così, ma non posso nemmeno tornare indietro. Non so cosa fare.” “Non devi tornare indietro se non lo vuoi. Loro non hanno alcun diritto di decidere della tua vita, Ama, che tu sia un personaggio pubblico o meno. Anzi: il tuo esempio potrebbe essere importante. Molte persone nella tua stessa situazione potrebbero sentirsi incoraggiate a uscire lo scoperto. I loro parenti imparerebbero a supportarle! Non puoi abbandonare adesso. Fallo non solo per te, ma per tutti coloro che hanno bisogno di un esempio.”
“Ho già rischiato la mia carriera una volta. Non posso permettermi di farlo ancora.”
“Vuoi continuare a fingere di essere ciò che non sei per il resto della tua vita? Non credo tu possa continuare a farlo. Non ti permetterò di farlo, questo è poco ma sicuro. Perderai il programma? Non credo, non con gli ascolti che stai facendo. Ti stanno solo minacciando, Ama. A loro rode il culo che tu stia facendo qualcosa al di fuori del loro controllo, ti vorrebbero linda, una macchina che va e fa quello che dicono loro. Scusa, ormai hai anche un po’ di soldi da parte, no? Non rischi di fallire se perdi il programma. Fallo. Se non lo puoi fare tu, chi mai potrebbe?”
“Ma il programma-”
“Ma che vada a farsi fottere, il programma! Stai mettendo una robina del genere davanti alla tua stessa salute, te ne rendi conto? Io non tornerò a chiamarti al maschile perché qualcun altro mi ha detto di farlo, né credo lo faranno gli altri. Solo tu puoi decidere di te stessa. Io ti voglio bene e ti supporterò sempre, qualunque sia la tua scelta finale; però devi promettermi che non farai qualcosa che ti fa star male. Promettimelo.”
Sospirò a fondo. Fiorello non era solo un amico, era il suo angelo custode.
“Ci proverò.”
La concorrente la guardava con l’aria più confusa che avesse mai visto su qualcuno. Era una donna sui quarant’anni, truccata ma non troppo, i capelli castani e l’abbigliamento da persona di provincia. Portava gli occhiali.
“Scusi, come la devo chiamare? Insomma, quando aveva i capelli lunghi alcuni concorrenti usavano il femminile, altri il maschile-ora uso il maschile?” Il cuore perse un battito e cominciò a pompare un po’ di adrenalina, manco fosse in tribunale. Le orecchie presero un leggero colorito rosso.
“È…complicato. La rete vuole che io usi il maschile, ma personalmente preferirei il femminile.”
La donna annuì subito in fretta.
“Oh, certo. Capito. Sa, mia sor-mio fratello ha affrontato un persorso simile, anni fa. So cosa significa. Dunque nel palco la dovrò chiamare al maschile?”
“Grazie per la comprensione. Per le pronunce in trasmissione, signora, mi chiami pure come le viene meglio. Per me non c’è problema. ”
“Perfetto, grazie mille! Sa, però potrebbe truccarsi un po’. Sinceramente poi la preferivo con i capelli lunghi, le davano un’aria più…non saprei. Aggraziata?”
Ridacchiò un po’, contagiando pure lei, che in quel momento provava una gratitudine e una sorpresa così grande che il sentimento rischiava di soppraffarla e farla commuovere.
“Grazie del consiglio. Ne terrò sicuramente conto.”
“Oh, a proposito: adoro lo smalto.”
Il suo sorriso a questo punto era così grande che la bocca cominciava a fargli male.
“Bene, se non sbaglio siamo tutti pronti.” “Non ancora!”
Sabrina la truccatrice si stava sbracciando verso di lei.
“Manca ancora il trucco per te, Ama!” “…Oh, scusate. Torno subito.”
Il trucco fu più lungo di quanto pensasse. Avvertì il solletico della cipria, poi con sua grande sorpresa il sentore di un pennellino più sottile attorno agli occhi, e infine cominciò a intuire quando la punta di una matita cominciò a tracciare il confine dei suoi occhi, seguito dalla cerosità di un rossetto sulle labbra.
“Puoi aprire gli occhi”, e lei li aprì eccome.
Allo specchio c’era un lavoro incredibile. La durezza dei lineamenti era stata ammorbidita e affusolata, gli occhi parevano più grandi, lo sguardo intenso (e ora un po’ commosso- “No non piangere o dovremo rifare tutto d’accapo!”, esclamò Sabrina posandogli le mani sulle spalle) e la bocca era stata ridisegnata in modo che le labbra apparissero più carnose e morbide. In qualche modo era riuscita persino a togliere il segno grigio della barba dalle guance, seppur lasciando intatta la figura curata del pizzetto, che spiccava in modo strano su quel viso truccato, un modo che non era affatto spiacevole, doveva ammettere.
“Abbiamo saputo della cosa che hanno detto alla Rai e non è piaciuta a nessuno qua, quindi abbiamo deciso che tu non andrai mai in onda senza essere il più femminile che la rete permette. Certo, queste puntate andranno in onda tra qualche mese, quando quelle con i capelli lunghi finiranno, abbiamo pure cercato una parrucca quando ti abbiamo visto entrare qualche ora fa, ma temo che per quella dovrai aspettare ancora un po’, perché non siamo riusciti a procurare niente.” “Non dovevate, davvero. Siete delle persone d’oro”, esclamò con la voce sull’orlo del pianto e un sorriso così grande da far bene all’anima.
“Non potevamo non farlo. Allora, sei pronta?”
“Assolutamente.”
“Allora vai pure! E buona fortuna.”
“Non vi ringrazierò mai abbastanza.” “Vai, vai!”
Il corridoio era pieno di volti sorridenti e supportivi, o forse lo erano in risposta al suo, di sorriso, e alle sue spalle dritte e la testa alta, che mostrava quegli occhi profondi e le labbra luminose a tutti i presenti con un coraggio e un orgoglio che non aveva mai provato prima.
La musica che veniva dalle casse sul carro era molto più alta di quanto avesse pensato. Fiorello era più spaesato di quanto cercasse di dimostrare, eppure stava cercando in tutti i modi di integrarsi con i suoi nuovi amici del gay bar che, nonostante non avesse ancora mostrato il viso e rivelato la sua identità, avevano comunque ormai intuito di chi si trattasse, e da quando era andata in onda la puntata in cui aveva i capelli corti erano riusciti a convincerla a partecipare al suo primo, primissimo gay pride.
I capelli erano di nuovo lunghi abbastanza da potersi acconciare in un grazioso taglio corto da signore, cosa che ben si adattava con il grigio sparso tra il castano che non intendeva coprire, sotto consiglio del suo migliore amico.
Indossava una maglia a bretelle con tanto di reggiseno apposito per coloro prive di molto materiale la reggere, quindi appariva che avesse un seno, e la sua gonna larga aveva un grazioso tema floreale su sfondo nero che dava un bel contrasto con le calze a velo scure e le scarpe, comode ma con un piccolo tacchetto, decisamente femminili.
E proprio femminile si sentiva, sopratutto perché nessuno l’aveva scambiata per uomo da quando era arrivata.
“Ti stai divertendo?” le chiese Fiorello prendendola per mano e urlandole all’orecchio a causa del volume della musica. Lei sorrise e cominciò a trascinarlo verso il carro principale. Ignorò le deboli proteste sulla sua forza e “manco un golden retriver tira così” finché non arrivò abbastanza vicino perché la madrina di quell’anno non la notasse, o almeno, vedesse un Fiorello stremato che urlava e rideva mentre una donna dall’aria familiare un po’ lo tirava per il braccio, un po’ ballava.
“Rosario? Sei tu? Signori, mi è parso di vedere Rosario Fiorello! Un applauso! Vieni su, vieni su!”
Il pubblico subito cominciò a urlare e fare spazio, e questa volta fu Fiorello a trascinarla sino al palco, rossa come un peperone, ma felice come una pasqua.
“Buon pomeriggio a tutti!” esclamò al microfono. Il pubblico prese a fare un coro, e lui si ritrovò a ridacchiare in una maniera che le fece scaldare il cuore. Il suo migliore amico era nato per intrattenere.
“A giudicare da quanti siete qui oggi, direi che di etero qui in città non ne è rimasto più nemmeno uno, eh?”
La guardò e avvolse il braccio attorno alla sua vita. Lei ricambiò e rise con delicatezza, come si addiceva a una signora.
“Sono qui con la mia migliore amica. Una vita che ci conosciamo, eh? Quanto saranno ormai, Venticinque? Trent’anni?” “Trenta e passa, ormai!”
“Trenta e passa, signori! Da trent’anni che la conosco, ma nonostante la sua immensa bellezza non ci ha mai provato con me. Ditelo: non le sta benissimo questa gonna?” Un grido affermativo si alzò dalla folla mentre lei faceva un grazioso inchino tenendo i lembi della gonna e piegava le gambe divertita. Fiorello era davvero il suo angelo custode.
“Un applauso per la mia amica, e un altro per tutti voi! Viva gli strani, abbasso la normalità, ma che schifo è? Etero, poi come si dice una persona che non è tr-come scusa? Cis? E cos’è, la Gallia Cisalpina? Dicevo, etero, cis, ma che noia! Ma non è meglio avere qualcosa di particolare di cui parlare? Dico, se la mia amica qui fosse un uomo dovremo fare i soliti discorsi da maschi, ma che tristezza! E lo sport, e le donne, e questo, e quest’altro, e alla fine si finiscono gli argomenti! Invece qua noi parliamo- beh, parliamo lo stesso di queste cose, ma è molto più divertente perché, si sa, le donne non sanno niente di calcio! Si scherza, si scherza”, si corresse subito appena lei minacciò di tirargli uno schiaffetto sul collo, seppur non riuscisse a smettere di ridere.
“Con questa mascherina pari Myss Keta, la cantante, lo sai?”
Ricominciò a ridere copiosamente. Era impossibile stare offesa con lui, persino per finta.
“Com’è che fa, la canzone, ‘siamo le ragazze di porta Venezia…’ ”
Il pubblico cominciò a cantare in coro.
“Ecco, esatto, proprio quella! Altro che ragazze, qui c’è di tutto! Qua, lei signora, che cos’è? Drag queen? Donna? Uomo? Chissenefrega? Come, scusi? Eh? Enbi? Cos’è Enbi?” La madrina gli disse qualcosa all’orecchio.
“Non ha un genere? Madonna ragazzi, siete troppo avanti voi. Di nuovo un applauso a tutti voi, che siate maschi, femmine, trans, drag queen e Enba, Enbi, quello che è! Mi raccomando, continuate a farvi sentire!”
L’applauso risuonò per le vie di Roma amplificato dalle strade laterali in modo così avvolgente da sovrastare la musica.
L’estate era volata via fin troppo in fretta. Rosario era coricato nel suo letto e si godeva la leggera brezza che entrava attraverso la finestra. Era vestito da casa.
Ultimamente si presentava a sorpresa a casa sua sempre più spesso, e restava a parlare, o anche semplicemente passare un po’ di tempo assieme, mentre lei si pettinava i capelli, ora lunghi abbastanza da arrivare quasi alle spalle, o si metteva lo smalto, o provava qualche nuovo vestito. Questo almeno nei giorni produttivi, perché la maggior parte delle volte erano semplicemente coricati l’uno di fianco all’altra ad assaporare il leggero vento di Roma che passava a lenire il caldo. Non c’era nemmeno bisogno di parlare.
“Sai cosa pensavo l’altro giorno?”
Fiorello la fissava con affetto. Lei sorrise.
“No, cosa?”
Lui cominciò un sorriso e allungò la mano verso la sua, forse per dare enfasi alla risposta che stava per dare, forse ancora come semplice gesto di amicizia.
“Non so se sia perché stai migliorando con la questione del femminile, ma mi pare che ogni giorno diventi sempre più bella. È da gay dire che sei bella?”
Quasi arrossì per il complimento.
“Perché dovrebbe essere gay? Sono una donna.”
Fiorello fece una certa faccia pensosa, poi sorrise piano, gli occhi neri puntati verso il suo viso con mordidezza.
“Una donna molto bella.”
Questa volta arrossì senza il quasi.
Novembre era un buon mese per tante cose. L’inverno cominciava a far sentire più forti le sue spire, persino in una città dal clima relativamente mite come Roma. Era notte.
Il bar era affollato come suo solito. La porta si aprì, il barista girò casualmente il viso, attirato dal rumore e dal movimento, e si gelò, sorpreso. Mise su un enorme sorriso incredulo e corse a chiamare quanto più personale potesse. Ben presto tutti i presenti, incuriositi da tutto quel trambusto, si girarono verso i nuovi arrivati.
Fiorello attirava sempre attenzioni, ma per una volta non era lui ad attirare gli sguardi. Accanto a lui, con i capelli ormai lunghi e ben acconciati che facevano da cornice a un trucco che ben si adattava ai suoi lineamenti e un abbigliamento elegante, seppur caldo abbastanza per il clima di quei giorni, c’era la conduttrice televisiva fino a poco tempo nota con un nome che ora preferiva dimenticare.
Fu la direttrice del bar in persona la prima a gettarle le braccia al collo.
“La mascherina, finalmente hai tolto quella dannata mascherina!” esclamò tra le lacrime mentre la nuova arrivata ricambiava l’abbraccio con tutto l’affetto possibile.
Non pensava si sarebbe mai sentita abbastanza sicura con sé stessa da fare una mossa del genere. Un anno prima aveva a malapena su uno smalto trasparente, come poteva immaginare che fosse solo l’inizio di qualcosa di così grande e incredibile? Il suo programma non solo non era stato sospeso come avevano minacciato perché i suoi ascolti erano aumentati, ma la fascia d’età leggermente ringiovanita e i concorrenti erano diventati molto più vari e particolari, perché con una conduttrice dai lunghi capelli ma il solito completo blu dall’aria maschile (accordo fatto con la sartoria e le varie aziende coinvolte nella stesura del programma) faceva sentire tutti più accettati e rilassati.
Per strada raramente accadeva che sbagliassero ancora il suo genere, senza contare che coloro che di solito lo facevano erano avanti con l’età o dall’aspetto poco sveglio, cosa che le donava una fiducia nell’umanità che non pensava di aver potuto mai recuperare dopo la chiusura che gli era parso di notare agli inizi.
Era, insomma, ora di uscire dall’armadio.
“È strano poter parlare liberamente senza avere nulla in bocca”, disse mentre scioglieva l’abbraccio con la direttrice e iniziava quello con una delle cameriere che conosceva meglio. Peccato che il primo che avesse conosciuto in quel posto ormai non lavorasse più lì, ma si sa, la vita va avanti, e in ogni caso gli augurava solo cose belle.
“Dì pure che è strano poter parlare liberamente” disse qualcuno con un forte accento napoletano.
La voce era estremamente familiare per qualche motivo. Si girò e capì il perché: una donna particolarmente alta indossava una mascherina molto simile al quella che un tempo aveva indossato lei. Era stata proprio quella donna, migliaia di anni prima, ad averle offerto quella prima di colore verde (almeno per quanto potesse intuire, visto che non vedeva quel colore e supponeva che le mascherine marroni con paillettes non fossero molto comuni).
“Tu!” esclamò puntandole un dito contro,
“Sei stata tu a darmi la mascherina la prima volta!”
La donna fece spallucce.
“Io? Oh, può darsi. Offro mascherine a tutte le persone che preferiscono tenere la loro identità nascosta, quindi può essere.” Pensò di ringraziarla, correggerla e spiegarle quanto l’avesse aiutata nell’accettazione poter nascondere il proprio viso a piacimento, ma non fece in tempo: la donna sparì così com’era apparsa, tra la folla che ormai li circondava.
Certe persone erano proprio destinate a non essere che comparse senza nome. Certo, era brutto pensarlo, eppure era anche estremamente vero.
Guardò alla sua sinistra. Fiorello aveva gli occhi puntati sui suoi con un affetto così profondo, ma così profondo, che improvvisamente si accorse di essere innamorata di lui.
“Allo’, si è fatta una certa. Forse è il caso di andare a casa.” Rosario era bello persino quando il suo viso sbucava appena da una grossa sciarpa nera e un basco grigio, e si stringeva le mani compiaciuto e un po’ nervoso in quel modo che gli era tipico almeno quanto la sua vena comica.
Si avvicinò a lui. Dopotutto quella sera dentro al bar si era presentata con la sua nuova identità per la prima volta ad almeno un centinaio di persone: cosa la poteva più fermare?
“Casa mia o casa tua?” scherzò (ma nemmeno troppo) mentre gli solleticava il mento. Lo sguardo del suo migliore amico pareva non scherzare affatto.
“Mi sembra un po’ presto per quello.”
La sua voce era profonda e nervosa. Le stava fissando le labbra? Si riscosse e allontanò il viso da lei, quasi ci avesse ripensato. Le diede un buffetto sul braccio.
“E poi com’è, ora che sei donna ti piacciono gli uomini? Perché ricordo bene che per le donne avevi una…evidente reazione!”
Scoppiarono a ridere e lo minacciò scherzosamente con dei finti pugni.
“Non si dicono queste cose davanti a una signora!” esclamò tra le risate. Fiorello la prese per le braccia e la guardò con intensità, o forse era solo il suo sguardo ad essere naturalmente intenso e lei stava vedendo cose che non c’erano. Entrambe le cose?
“Signora, signora, e intanto non mi hai ancora risposto.”
Forse ciò che vedeva nei suoi occhi era più semplice nervoso. Esitò un attimo e distolse lo sguardo.
“Non ho mai pensato troppo a cosa avessi davanti mentre mi innamoravo. Se mi piaci mi piaci. Mi innamoro delle persone”, fece una breve pausa, “Non mi importa del sesso.”
Scoppiò a ridere da sola, una risata un po’ nervosa che ben s’intonava con il viso arrossito. Fiorello non distolse lo sguardo da lei.
“Quindi ti piacciono anche gli uomini?”
“Si. Anche prima di…di quest’anno.” “Perché non me l’hai mai detto?” Lo sguardo le scivolò sui piedi.
“Non è facile. Pensavo che tu avresti reagito male. Sai, se hai un amico a cui piacciono gli uomini di solito hai paura che ci provi e ti allontani un po’. Volevo evitare.”
Fiorello annuì e la prese a braccetto, poi la invitò a seguirlo nel fare una passeggiata nei dintorni. L’atmosfera era elettrica, piena di potenzialità e sottintesi ancora troppo nascosti da poter essere anche solo intuiti. Era una serata particolare, dopotutto.
“È per quello che non mi hai mai detto di te e Biagio?”
Il cuore le piombò a tanti anni prima. Tra lei e Biagio c’era sempre stata della tensione fin dai tempi del Festivalbar. Tensione che si era risolta una di quelle lontane estati, dietro un vicolo, tra un muro sudicio e il calore dei loro corpi che si confondeva con quello della notte di un paesino di provincia.
Avevano provato a mantenere una relazione, ci avevano provato davvero. Biagio era troppo impegnato con concerti e dischi, lei doveva tenere il voto di riservatezza a causa del suo lavoro; avevano dovuto interrompere, seppur si amassero ancora. Per fortuna erano rimasti buoni amici.
“Chi te l’ha detto?”
Fiorello sorrise amaramente.
“Lui stesso una quindicina d’anni fa. Era ubriaco e faceva commenti incredibili su una marea di cose, ad un tratto il discorso è caduto su di te, ha detto che non poteva dirmelo e invece me l’ha detto. Assieme a troppi dettagli sui vostri…uhm…chiamiamoli incontri intimi. Certe immagini non vanno via facilmente.”
“Ti ha detto anche d-”
“Si, mi ha parlato anche degli ‘incontri intimi’, ascoltami quando ti dico le cose. Quelli dopo che vi siete lasciati. Se non sbaglio era da un po’ di mesi che non ti vedeva quando l’ho incontrato, era abbastanza giù di morale. Fate ancora…?”
“Abbiamo smesso quando si è fidanzato con Paola.”
“Oh. Bene. Quindi nel…”
“2004.”
“Oh. Pensavo che aveste continuato, sai. Non lo facevo un tipo fedele.”
“Lui voleva continuare, sono io che ho messo un punto. Non potevamo andare avanti così all’infinito, no?”
“E lo ami ancora?”
Lo fissò con l’aria più scettica del mondo e ridacchiò.
“È stato quasi vent’anni fa. Ormai è passata alla grande.”
“Comunque c’è una cosa particolare che m’ha detto, qualcosa che proprio mi è rimasta in testa e te la devo dire.” “Che cosa?”
“Non ti facevo attivo.” “Cioè?”
“Beh, mi ha detto che non eri tu a prenderlo in paniere, per dirlo elegantemente. Tra i due. Lui era la donna. Aspetta, nel senso che lo prendeva, non nel senso che- insomma, hai capito”
“In realtà facevamo a turno.” “Si, ma lui lo prendeva di più.” “Perché ti interessa così tanto questa informazione? Lo vuoi prendere anche tu? Lo vuoi dare? Vuoi qualche consiglio? Cosa vuoi?”
Fiorello parve voler dire qualcosa, ma rideva così tanto che non poté farlo. Lei si unì alla sua risata, e di nuovo furono due amici che si divertivano soli nella notte novembrina, le nuvolette dei loro fiati che saliva verso i lampioni.
“Da una bella donna, magari, lo prenderei volentieri”, esclamò Fiorello guardandola eloquentemente.
“È una provocazione?”
“È una constatazione.”
Girarono l’angolo e cominciarono a tornare indietro, verso il parcheggio. Non sentivano più nemmeno il freddo.
“Se una bella donna ti chiedesse un bacio, invece?” La voce le saltò un po’ dal nervosismo. Diamine, gli aveva appena detto di essere attratta dagli uomini. Forse pretendere un bacio da lui era troppo. Eppure, pensò tra le righe, eppure non si sarebbe certo tirata indietro, se Fiorello avesse dimostrato quell’intenzione.
“Dipende tutto da chi me lo chiede. Lo sai quante malattie si possono trasmettere con un bacio? Metti che te lo chiede una figa che ha una malattia strana in bocca, te la contagia e tu come rispondi? ‘E ma era figa’? Però se me lo chiedesse una persona che conosco e di cui mi fido, allora non avrei alcun problema. Per esempio: se me lo chiedessi io accetterei. Per dire.” “Anch’io accetterei. Se fossi tu.”
Fiorello si fermò, si spostò davanti a lei e la guardò con un’aria indefinibile, il viso a pochi centimetri dal suo.
“Io dico seriamente.”
“Anch’io.”
La pausa fu brevissima. “Ti andrebbe di provare?”
Annuì. Bastò perché lo sguardo di lui si spostasse alle sue labbra lucide di rossetto, portasse delicatamente la mano alla sua guancia e si avvicinasse, un po’ nervoso, un po’ sicuro, e ancora un po’ naturale, perché la loro vicinanza passata rendeva l’esperienza estremamente familiare, seppur fosse una prima volta. Il bacio fu una delle sensazioni più belle della sua vita.
Sabrina la richiamò in sala trucco così in fretta che quasi non ebbe il tempo di poggiare la borsa in camerino.
“È successo qualcosa?”
La truccatrice cominciò a rimestare qualcosa in una piccola scatola la cui visione le era preclusa, per quanto cercasse di allungare il collo.
“Cos’è?” chiese con un sorriso che andava allargandosi sempre di più. Sabrina l’aveva aiutata non poco agli inizi, dopotutto. Aveva imparato molto presto a fidarsi di lei.
“Niente di che. Solo un pensierino per Natale.” Finalmente si girò con quella che pareva una minuscola valigetta di plastica nera e gliela porse.
“Non ho fatto in tempo a impacchettarlo per bene, mi è arrivato solo oggi.” Guardò ancora l’oggetto. Era più pesante di quanto avesse pensato.
“Beh?”
Guardò Sabrina con aria interrogativa. Doveva fare qualcosa?
“Non lo apri?”
“Oh, pensavo di aprirlo a Nat-” “Ma no, io a Natale mica ci sarò! Voglio vedere la tua reazione. Apri, apri!”
Intanto si era creata una piccola folla attorno alla porta, che sia lei che la truccatrice avevano inaccuratamente lasciato aperta. Pareva più lasciata aperta apposta in realtà, perché tutti i presenti avevano la faccia di chi sa bene di che regalo si tratta e vuole vedere la reazione.
Aprì delicatamente la valigetta.
Una sfilza di polveri colorate ricambiò il suo sguardo stupefatto.
“Oh. Oh…!”
Guardò Sabrina, poi la massa di persone sulla porta che sorridevano come diavoli, di nuovo Sabrina e infine la valigetta di trucchi intonsi.
“Ho provato a scegliere la tua tonalità migliore, sai? Questi in teoria sono professionali, ma non credo avrai problemi particolari a usarli con i miglioramenti che hai fatto in questi mesi. Ora ti trucchi molto meglio di alcune persone che conosco e lo fanno dall’adolescenza, sai?”
Non aveva abbastanza parole per ringraziarla, quindi spalancò le braccia e la avvolse con forza, rischiando nel frattempo di spargere il prezioso contenuto della valigetta per terra.
“Grazie per tutto”, le sussurrò all’orecchio mentre la stringeva, una mano sulla sua schiena e l’altra a tenere a stento il regalo.
“È stato un piacere”, rispose Sabrina con le lacrime agli occhi.
Lo studio si illuminò alla presenza di Fiorello che emergeva dalle quinte, tra il pubblico, e andava a schioccare un buon bacio sulle labbra pitturate della sua compagna.
“Scusate, scusate l’intrusione, eh! Nessuno sapeva che sarei venuto, nemmeno lei!”
La conduttrice rise di gusto e unì le mani in un unico applauso di confusa gioia. Non l’avrebbe mai detto ad alta voce, ma adorava le sorprese che Fiorello continuava a riservarle dall’inizio della loro sudata relazione.
Era aprile dopotutto, stavano ufficilamente insieme da appena cinque mesi, seppur si conoscessero da una vita, cosa che rendeva il dato abbastanza inaffidabile, ora che ci pensava.
“C’è un motivo particolare se sono qui oggi. Ecco, tra l’altro: devo ringraziare la splendida regia che mi ha permesso di venire qui a rompere le…spalle, ho detto spalle! Per fare questa cosa, ecco, volevo che fosse un po’ speciale, e quale posto più speciale se non il programma della mia donna preferita?”
Si avvicinò a lei, che gli schioccò un altro sonoro bacio, ma questa volta sulla guancia, poi si allontanò di nuovo e si rivolse subito verso il pubblico, gli espressivi occhi neri che scrutavano nervosamente attorno a sé.
“Che dite, lo faccio? Perché è una cosa particolare, qui non si torna indietro.” “Ma cosa vuoi fare?” chiese sistemando automaticamente una ciocca ribelle sulla spalla. Quando Fiorello era attorno a lei non riusciva proprio a smettere di ridere.
“Lo faccio, lo faccio.” Fiorello si girò di scatto verso lei. Con movimento fluido scese in ginocchio, e con altrettanta delicatezza afferrò un piccolo oggetto dalla tasca della giacca.
“Ama, so che forse è un po’ troppo presto- no, forse è un po’ troppo tardi, c’abbiamo sessant’anni, se non ci sbrighiamo non lo facciamo più, insomma.”
In mano teneva una scatolina di colore blu. Il suo cuore perse un battito, ma lo sguardo di Rosario non esitò un istante.
“Ama, all’anagrafe Rita (ti devo chiamare così in questa occasione? Credo sia il caso, si), Rita, ti andrebbe, se te la senti, ti sposarmi?”
Il pubblico trattenne il fiato. La regia e i tecnici pure.
L’anello brillava in filigrana d’argento come una goccia d’acqua al sole sotto le potenti luci dello studio. Annuì.
“Quindi mi sposi?”
Annuì di nuovo, questa volta con gli occhi pieni di lacrime e il sorriso più morbido che avesse mai fatto.
“Dillo a voce.”
“Si, Rosario. Certo che ti sposo.”
La commozione nella sua voce era tale da provocare un immenso torrente di applausi da parte di tutto lo studio.
Per quanto si sforzasse non riusciva a ricordare un’altra occasione in cui aveva mai abbracciato qualcuno in quel modo.
La spiaggia era deserta e il clima torrido come doveva essere a luglio inoltrato, merito del clima mediterraneo, anche se mitigato da morbide raffiche di maestrale in modo da non essere insopportabile.
Gli unici presenti erano gli invitati esclusivi a quel particolare matrimonio. Per l’occasione si erano chiusi gli accessi pubblici alla spiaggia, in modo da dare riservatezza all’evento; gli invitato totali non raggiungevano le cento unità.
I due sposi, un uomo abbronzato in uno smoking elegante e una donna dal trucco leggero, i capelli raccolti e un timido seno ben raccolto dal vestito bianco, seno tanto agognato e finalmente ottenuto con la sua terapia, particolarità che mostrava con orgoglio rivolta verso il suo sposo.
La firma delle carte, lo scambio delle fedi, il bacio, l’applauso finale, il pranzo e la festa nella villetta con giardino, tutto fu meraviglioso, tanto che le era impossibile scegliere un momento che spiccasse tra gli altri. O forse si: quando durante il taglio della torta Rosario aveva trovato il modo di mettersi un po’ di panna nel mento, e lei si era avvicinata a leccargliela via; quello era stato forse il momento più bello.
Eccola ora, mentre ondeggiava piano in un lento con il suo migliore amico, la persona che meglio conosceva, ma quasi gli pareva di conoscere a malapena, in quell’istante, con quel suo sorriso dolce e gli occhi scuri fissi sui suoi, felici e stanchi come lei.
Posò il telefono con riverenza. L’enorme sorriso dipinto sul suo volto doveva parlare da sé, perché Rosario non le chiese niente: si limitò a darle un lungo, lunghissimo e appassionato bacio.
“Condurre Sanremo. Te ne rendi conto? Io, che ho iniziato a prendere ormoni nove mesi fa, io, condurre Sanremo.”
“E perché, ci volevi su qualcun’altro? Te lo meriti, Ama. Te lo meriti con tutta te stessa. Sai che sei una delle poche donne ad averlo condotto? Pensa a quanto tu abbia fatto per tutta Italia. Pensa a quanto tu sia importante per tutti, per primo per me, e poi baciami tanto, che se gli altri hanno bisogno di te, immagina quanto io ne ho di te!”
Rise di gusto. Cosa diavolo stava dicendo il suo fidanzato?
“Fiore, niente di quello che hai detto ha un senso logico”, ridacchiò ancora abbracciandolo stretto.
“Ha importanza?” rispose il suo Rosario lasciandole un morbido bacio sulla fronte.
“È da due mesi che sei mia moglie. Ricordi le promesse? Dovrai sorbirti i miei discorsi senza senso per tutta la vita!”
“Lo farei anche per tre vite, se potessi.”
“Guardate ragazzi, l’ospite di oggi è una persona così buona e così speciale che quasi mi commuovo a vederla entrare, scusate, sapete che ho la lacrima facile, io! Ha una storia meravigliosa di accettazione senza nessuna precedenza prima, qualcosa che si merita completamente, perché questa persona è davvero la cosa più affettuosa che io abbia mai conosciuto- pensate, prima mi ha fermato dietro le quinte e mi ha chiesto se poteva indossare i tacchi, perché sarebbe apparsa molto alta e mi avrebbe fatto sentire una nanetta, a me che diciamo non è che sia proprio bassottina, ecco. In ogni caso, probabilmente avete già capito di chi si tratta, dai, si è pure sposata da poco, in spiaggia in Sardegna, voi direte: e minc…! E io vi dico: dovevate venire, c’era un vento ragazzi, un vento che non faceva a stare! Ma è stata una cerimonia splendida, si vedeva proprio che c’erano due persone davvero innamorate l’uno dell’altra. Sto divagando, scusate. Anche perché poverina, è lì dietro le quinte che aspetta solo di entrare, e io invece sono qua a chiacchierare da sola come una pazza. Ve la annuncio? Eccola che arriva, un applauso alla regina del preserale, Ama!”
“Salve a tutti, salve!”
“No, no, aspetta prima di sederti, vieni qui che ti devo abbracciare un pochino, eh!”
Gli abbracci di Mara Venier erano proverbiali nel giro degli studi televisivi non senza valida ragione; se poi si considerava che ora erano in qualche modo imparentati, visto che era la migliore amica d’infanzia di suo marito, allora si può ben immaginare il tipo di abbraccio che ricevette.
“Ecco, così! Ma quindi alla fine ti sei messa i tacchi lo stesso!”
“Si, prima mi hai detto che-”
“Ma certo che sei davvero alta, sai? Non per tirare fuori la storia che prima eri uomo e cose simili, ma quanto sei alta? Che poi, solo due anni fa ti vedevamo in televisione coi capelli quasi a zero e il pizzetto che fa tanto musicista single, e guardati ora, fattelo dire tesoro, sei uno splendore!”
“Grazie Mara, ricambio volentieri.” “Eh, ormai qui si invecchia! Ma dimmi piuttosto: hai qualche notizia di Sanremo? Perché sai, ci sono voci molto contrastanti sulla conduzione o meno, con alcuni che dicono che a condurlo sarai tu, altri che dicono ‘eh no ma non lo farebbero mai, ora che è una donna’, hai presente?” “Si, si, ho letto qualc-” “Ecco, allora, visto che sei qui, ora, dacci qualche conferma, un minimo di notizia, qualcosina per capire meglio, ti va? Puoi?” “Si, ora finalmente posso parlarne.” “Oh! Finalmente! Io ragazzi ve lo devo dire: lo so già. Perché si sa, le notizie girano, anche qua in studio qualcosa è arrivato, com’è normale ragazzi, ora non bisogna farne una tragedia. Quindi?”
“Quindi-” “No, aspetta, fallo come se fossi al tuo programma, come si chiama, I-I Soliti Nascosti”
“Ignoti”
“Si, esatto, fammi un bel primo piano- ecco, hai un viso così pulito, sai quante donne vorrebbero avere una pelle come la tua? Perfetto, allora, cos’è che devo dire? Insegnami un po’, devo dire-”
“Allora, tu dici ‘Per- che ne so, trentamila euro?- per trentamila euro, signora Rossi, è lei che conduce Sanremo?’”
“Okay, perfetto, ho capito. Allora. Per trentamila euro, signora Ama, è lei che condurrà la prossima edizione di Sanremo? Abbiamo la musichetta? Oh, eccola, la abbiamo la musichetta!” Rise un po’, in barba al gioco reale, dove la persona inquadrata deve cercare di stare il più ferma e zitta possibile. La musichetta finì e arrivò il momento di rispondere.
“Si, sono io che condurrò Sanremo VentiVenti.”
“Buonasera e benvenuti a questa settantesima edizione del Festival di Sanremo!”
Non poteva negare di sentirsi un po’ a disagio in quell’elegante completo maschile, seppur rimodellato in modo da non nascondere completamente le tanto faticate curve. Portava i capelli raccolti in una complessa acconciatura ornata da piccole margherite selvatiche e un trucco leggero, quasi invisibile se una persona non voleva soffermarcisi troppo, ma abbastanza presente da illuminarle il viso e rendere i suoi tratti più femminei.
Faceva tutto parte della scelta dei costumi. La prima serata aveva l’abito più maschile, la quinta avrebbe usato il più lungo e femminile, con capelli ornati da fiori man mano sempre più vistosi; così avevano deciso gli stilisti, e lei non poteva dire di essere in disaccordo, perché era un buon modo per omaggiare il lungo percorso che l’aveva portata sino a quel punto.
Ciononostante era un po’ nervosa. Un conto era presentare il suo programma, dove con gli anni si era venuto a creare un ambiente domestico persino con i suoi spettatori, che non solo non avevano accennato a diminuire, ma addirittura erano aumentati da quando aveva iniziato il suo cambiamento. Un’altro era realizzare il suo sogno di una vita e condurre una delle più importanti manifestazioni musicali dell’intero Paese.
Fiorello l’aveva aiutata non poco. La sua sola presenza aveva il potere di calmarla, e la sua introduzione di quella sera, quando lui si era presentato sul palco vestito da Don Matteo, era stata come al solito fenomenale. Non che avesse qualche dubbio, visto che lo conosceva ormai da abbastanza tempo da non poter dubitare in alcun modo delle sue capacità intrattenitive.
Guardò davanti a lei.
Il pubblico senza volto era oscurato dal contrasto creato dalle luci sul palco. Le telecamere fissavano irrefrenabili come occhi affamati.
Era il momento di soddisfare quella fame.
Rivolse una breve occhiata al gobbo, fece un rapido calcolo dei tempi, sistemò le mani ordinatamente davanti al busto e cominciò a vivere.
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Tutto quello che succede a Ibiza (non) rimane a Ibiza - Seconda Parte
UPDATE 2021: visto che è passato quasi un anno dalla pubblicazione della mia prima fanfiction, ho deciso di darle una sistemata per riproporla a chi ancora non l’ha letta o a chi ai tempi piacque e vuole rileggerla… Perché oltre a Sanremo, anche Ibiza è Ibiza!
Come ho promesso in questo post, da brava tassorosso mantengo la mia promessa ed ecco qui la seconda parte!
Parole: 3527
Fandom: Sanremo RPF (ancora non ci credo che ho scritto una scena d’amore con gli Amadello protagonisti... Come farò adesso a guardarli?)
Amadello nel 1990 a Ibiza 3 giorni dopo l’evento al KU club, a little angst, internalised homophobia, risoluzione di una lunga slow burn e di un mutual pining, first time (in una maniera non scontata... Leggete e vedrete), Fiore ha un kink per i cowboy, Ama molto più intraprendente di quello che sembra, evoluzione della nose thing ( Do I regret it? Yes. Would I do it again? Probably)
Buona lettura!
(PER CHI AVESSE PERSO LA PRIMA PARTE)
Sono passati tre giorni dalla serata al KU. Tre giorni da quando Amedeo è salito sul cubo e si è ritrovato a ballare con due ballerini nudi superdotati che hanno cercato di coinvolgerlo in un balletto troppo osé per il bravo ragazzo di Verona - se non fosse stato ‘salvato’ in tempo sarebbe rimasto bloccato lì, troppo impegnato a guardarli ballare per cercare una via di fuga -. Tre giorni da quando Rosario ha raccontato l'aneddoto a tutta la troupe di 'Deejay Television’, omettendo ovviamente quanto è successo nella loro camera d'albergo. Tre giorni da quando Rosario e Amedeo si comportano come al solito, parlando e scherzando normalmente, come se si fossero messi d'accordo per fingere che non si siano baciati e che se non fossero stati interrotti, chissà se sarebbero andati oltre. Nessuno sembra notare niente di insolito nella loro dinamica, sia quando registrano le puntate sia quando le telecamere sono spente. E invece…
Amedeo è abituato a nascondere i suoi sentimenti, anche se questi tre giorni sono stati più faticosi del solito. Crede di aver indugiato qualche secondo di troppo sulle labbra di Ciuri - di nuovo quel maledetto soprannome - e a mordersi le sue come se abbia sviluppato un tic, quando invece vuole solo riassaporare le ultime tracce di un sapore che non sa quando e se potrà nuovamente assaggiare. Sono tre notti che non fa che ripensare a quel bacio, a come è stato avere tra le mani la nuca e i capelli di Rosario e alla sensazione di calore che gli hanno lasciato le sue mani sulle spalle... E soprattutto è difficile evitare di guardarlo più del dovuto quando il caldo costringe il suo amico a mettere in mostra il suo corpo perfetto da bronzo di Riace, che vorrebbe tanto onorare in maniera per nulla religiosa. È come se quel bacio avesse risvegliato di colpo tutto il desiderio che ha faticato a contenere nel corso della loro amicizia e il fatto che nessuno ne sia al corrente non l'aiuta: lo carica di adrenalina e di agitazione, come quella volta in cui aveva preso di nascosto la macchina dei suoi per andare a Venezia con la sua prima fidanzata, tornando prima che se ne potessero accorgere. Solo che se con lei si era lasciato e non aveva più avuto l'occasione di correre un rischio del genere, quel bacio potrebbe essere il primo di una lunga serie. E lui che pensava che a 28 anni avrebbe smesso di comportarsi come l'adolescente insicuro che cerca di nascondere quella strana attrazione che prova sia per le ragazze che per i ragazzi... Con la differenza che se non saprà mai se qualche suo vecchio amico o compagno di scuola abbia mai provato qualcosa per lui, ha almeno la conferma da parte di Ciuri, cioè Rosario. Che chiamarlo con quel vezzeggiativo gli abbia portato inconsapevolmente fortuna?
Rosario d'altra parte si sente un disastro ambulante, ma è molto bravo a nasconderlo. Non smette di colpo di essere fisico con il suo amico, è abbastanza sveglio da sapere che creerebbe sospetti, ma cerca di limitarsi per poi allontanarsi subito come se avesse appena toccato qualcosa che scotta. Effetto collaterale del bacio o no, ma Amedeo non è mai stato così caliente, come dicono a Ibiza, come in questi tre giorni. E poi, non è tanto la paura di indugiare su quel corpo atletico che farebbe di lui un cowboy perfetto - deve darci un taglio con queste fantasie - o l'essere stati quasi scoperti, quanto il fatto che il suo Ama potrebbe avergli fatto capire che apprezzerebbe. Non l'ha spinto via insultandolo con quegli epiteti che temono tutti i ragazzi, ha ricambiato il bacio: questo significa che provi qualcosa per lui? ... No, non può essere. Dev'essere stato per forza l'alcool a farlo comportare in quel modo: per tre giorni Amedeo gli ha sempre parlato leggermente imbarazzato e Rosario è certissimo si tratti dell'imbarazzo post sbornia, quello che ti fa pentire delle minchiate che hai fatto anche se te ne ricordi solo la metà. È esattamente come dopo il veglione di Capodanno, quando si era scusato mille volte per avergli messo in bocca una fetta di panettone nel bel mezzo del suo numero. Ma sta di fatto che se Amedeo ha risposto al suo bacio è stato perché è una brava persona, che non voleva peggiorare ulteriormente la situazione e nonostante l'imbarazzo, adesso fa finta di niente perché l'ultima cosa che vuole è mettere a disagio il suo migliore amico. È così o si sta sbagliando? No, è così.
Quella sera sono soli in camera. Leonardo è appena uscito per andare a trovare la sua ballerina, Rosario si è chiuso in bagno a prepararsi e fa di tutto per allungare ogni suo gesto pur di rimandare il momento in cui si troverà da solo con Amedeo. Ha voglia di ballare e dimenticarsi tutta questa faccenda per qualche ora, se trova qualcuno per fargli compagnia anche meglio. Fortuna che questa sera Amedeo non sarà con lui: deve chiamare i suoi che è una settimana che non lo sentono e la cosa non potrebbe capitare più a proposito. Peccato ignori che Amedeo comincia a non poter più sopportare tutta quella tensione tra di loro e sa che per darci un taglio dovrà affrontare l'elefante nella stanza. Così, mentre l'amico è in bagno, inizia a studiarsi un discorso e i suoi timori iniziano a venire a galla: e se si rivelasse tutto un gigantesco malinteso? E se ricevesse il più grande due di picche della sua vita? Sta iniziando a valutare se parlare o meno, quando Rosario finalmente esce dal bagno e il cervello smette di funzionargli per qualche secondo. Ha addosso la sua camicia migliore, ma ha deciso di tenerla sbottonata in prossimità dei polsi, conferendogli un aspetto che combinato con il codino sembra uscito da una sua vecchia fantasia a sfondo piratesco.
"Che te ne pare?" gli chiede come ogni sera mentre fa un giro su stesso per mettersi completamente in mostra.
“Ti strapperei la camicia a morsi” è tentato di rispondergli Amedeo, ma si trattiene e lo sostituisce con un più contenuto ed eterosessuale: “Niente male”, ma non appena l'amico fa per incamminarsi verso la porta, capisce che è la sua ultima occasione.
“Rosario, dobbiamo parlare… Di quello che è successo l'altra sera…”
Rosario si pietrifica. Non l'ha chiamato Fiore, Saru o Ciuri, il suo soprannome preferito, ma col suo nome di battesimo. Inizia a sudare freddo, ma cerca di mantenere al massimo la calma.
"Mi dispiace per averti baciato, Ama..."
"... No, non ti dispiacere..."
"... Non volevo: alcool, l'adrenalina, l'immagine di te con..."
"... Va tutto bene, non dirò niente di quello che è successo!"
"Perfetto, perché non voglio che le nostre carriere siano interrotte per questo..."
"... Non saranno interrotte... Ciò che succede a Ibiza rimane a Ibiza!"
"... Esatto, ciò che succede a Ibiza rimane a Ibiza!"
Silenzio. I due si guardano come se aspettassero la parola che li sblocchi dalla loro situazione di stallo. "Allora... Vado! A dopo" e chiude la porta senza guardarlo in faccia. Ecco, aveva ragione: ha risposto al bacio solo perché gli vuole troppo bene per ferire il suo amor proprio con un rifiuto esplicito. Rosario prende a incamminarsi nella zona dei locali, ma senza il sorriso che di solito lo accompagna in questo percorso. La prossima volta che si fa guidare dal momento spera che lo colpisca un fulmine appena in tempo.
Amedeo gira per la cittadina, chiama i suoi, li tranquillizza su come sta andando l'estate - mentendo spudoratamente -, poi dà un'occhiata al mare e pensa a perché, da quando sono arrivati, nessuno ha ancora proposto di fare un bagno notturno. Così corre in albergo, dove si cambia per indossare il costume, prende il materassino e l'asciugamano e si dirige verso il sentiero in mezzo alle rocce che conduce alla spiaggetta isolata dietro l'edificio. Sistema le sue cose ai piedi della gigantesca roccia che la sovrasta, sperando che nessun granchio sia sveglio, ma, prima di entrare nel Mediterraneo, non può fare a meno di ripensare alla conversazione avuta col suo amico. Perché non gli ha detto la verità sul bacio? E poi, cos'era quella brutta rivisitazione della frase di Las Vegas che gli è uscita? La verità è che è solo un codardo: aveva l'occasione della vita e l'ha buttata come fosse carta straccia… Ma l'ha fatto anche per una ragione intelligente: come potrebbe mai avere successo se venisse fuori la sua bisessualità? Però è stato Rosario a tirar fuori la questione: che brutto ipocrita, prima lo bacia dandogli una conferma della quale aveva solo osato sperare per poi far finta di niente e rimangiarsi tutto; lui almeno ha avuto il coraggio di affrontare la cosa, figurati se l'avesse fatto Rosario, figurati se fosse uscito allo scoperto e avesse fatto qualcosa che gli altri non approverebbero in toto…
"Ama?"
Parli del diavolo... Amedeo si gira e si ritrova il suo amico che si sta dirigendo verso di lui.
"Non eri a ballare?" gli chiede con un tono indifferente, che nasconda in parte la rabbia che prova nei suoi confronti, in parte l'imbarazzo del trovarsi in boxer in sua presenza.
"Sì, ma la musica era una lagna e mentre uscivo ho incrociato la Marta, la costumista: mi ha detto che c'era una festa giù in città e stavo venendo a recuperarti quando..."
"... Non me ne frega niente della festa..." dice con una durezza nella voce che mai avrebbe pensato di usare con il suo amico.
"... Vedo, stai aspettando qualcuno?" gli chiede Rosario come se niente fosse.
"No, non sto aspettando nessuno" risponde Amedeo alzandosi, di colpo mandando al diavolo ogni imbarazzo: "Anzi, stavo cercando di capire perché una persona dovrebbe baciarne un'altra e poi far finta di niente perché 'così le nostre carriere future non saranno interrotte'!"
L'ha fatto, ha lanciato la bomba. Ora tocca a Rosario contrattaccare.
"Scusa, ma non sei stato tu a dire 'quello che succede a Ibiza rimane a Ibiza'?"
"L'ho detto perché volevo toglierti dall'imbarazzo!"
"E perché non mi hai fermato e adesso mi stai urlando contro?"
"Perché quando mi hai baciato, io quasi non ci credevo che l'avessi fatto, perché mai avrei pensato di suscitare il tuo interesse!"
E in quel momento Rosario scoppia a ridere. A crepapelle, una di quelle risate che non si esauriscono in una manciata di secondi, ma anzi continua. Amedeo lo guarda. Non sa che in quel momento tutta l’ansia e la paura provata dal suo amico se n’è andata via per lasciar posto ad una felicità che solo poche volte ha provato nella sua vita.
"Ama... Io pensavo che avessi risposto al bacio solo perché temevi di deludermi!"
Stavolta anche ad Amedeo viene da ridere e quella risata ha il potere di cacciare tutte le nubi che gli avevano oscurato il cuore, facendolo sentire più leggero. Così leggero che stavolta è lui a mettere le mani sulle spalle del suo Ciuri e a baciarlo come lui ha fatto tre giorni prima. E Rosario ricambia cercandolo con ancora più passione, sicuro che l'ultima cosa che riceverà sarà un rifiuto.
"Sarei salito sul cubo a cacciare quei ballerini solo per ballare con te, Ama!"
"Io ero salito sul cubo per farti ingelosire!" gli dice ridendo Amedeo. Rosario fa un sorriso malizioso mentre lo accarezza dalle spalle per tutte le braccia.
"Ama, tu sembri tanto un santarellino e invece..."
"... Le brutte compagnie, Ciuri, le brutte compagnie..."
"... Non smettere mai di chiamarmi in quel modo!"
"Ciuri, Ciuri, Ciuri..." comincia allora Amedeo, mentre Rosario comincia a baciarlo sulla mandibola, sul collo e sul petto, come se quel soprannome lo eccitasse ogni volta che lo pronuncia, come effettivamente avviene. Rosario sta ringraziando il cielo di essersi distratto momentaneamente da Paloma tre giorni prima quando, mentre recupera tutto il contatto di cui si è privato in questi giorni, sente qualcosa che gli fa affluire subito il sangue al cervello - e altrove -.
"Ama... Hai con te una pistola o sei felice di avermi qui?"
Amedeo abbassa lo sguardo, sicuro di stare andando a fuoco, anche se immediatamente scopre di avere anche lui un asso nella manica: "Potrei farti la stessa domanda..."
Rosario ride, ma poi gli prende il viso tra le mani accarezzandolo languidamente: “… Ma sei tu quello che sa andare a cavallo e potrebbe essere un ottimo cowboy: non hai idea di quante volte ti ho immaginato in questa maniera…” sussurra mentre fa scivolare una mano lungo i fianchi e gli abbassa i boxer per poter toccare quella parte del corpo che richiede il suo contatto con più urgenza. Amedeo si morde le labbra mentre cerca un appoggio con la schiena alla superficie rocciosa, che però gli ricorda che sono all'aperto, in una spiaggetta sì isolata, dove potrebbero essere visti potenzialmente da chiunque, quando il movimento di mano del suo amico si ferma e lo fa pentire di essersi lasciato distrarre.
"Ripensandoci, adesso sono un po' stanco, forse dovrei appoggiarmi un attimo..."
E prima che Amedeo possa domandarsi che senso ha fare ora la gag del naso che fa sempre ridere tutti quelli della squadra, Rosario si mette in ginocchio di fronte a lui: “Avrei dovuto immaginarlo che alla misura del naso…” ma si interrompe per iniziare a dargli piacere con la bocca. Amedeo non sa se lo eccita maggiormente vedere Ciuri in quella posizione o sentire il calore della sua bocca, il contatto minimo coi denti e i movimenti della lingua attraverso il suo sesso. Allunga titubante le mani sulla sua testa, cercando di guidare il ritmo sperando di non metterlo troppo a disagio, ma se c'è una cosa a cui Rosario non sa resistere quando è impegnato in quell'attività è sentirsi le mani tra i capelli come se fosse la cosa più importante al mondo. Poi le mani sono quelle del suo Ama e gli provocano un roco gemito di piacere che gli fanno subito aumentare l'intensità della fellatio che gli sta facendo. Come aveva immaginato, Ama è discreto anche mentre sta ricevendo piacere e questo spinge il lato competitivo del suo carattere a darsi da fare per fargli raggiungere il punto di non ritorno, il momento in cui metterà da parte ogni controllo…
“Ciuri… Rosario…” e prima che possa chiamarlo in altro modo, Rosario si allontana e si gode lo spettacolo dell'ora ai suo ex migliore amico venire e adagiarsi subito dopo sulla parete rocciosa come se fosse stato appena prosciugato.
“Grazie…” mormora leggermente imbarazzato. In fondo è nudo su una spiaggia a Ibiza e ha appena ricevuto il migliore dei pompini dall'ultima persona che avrebbe pensato avrebbe potuto farglielo, anche se era l'unica da cui l'avrebbe desiderato.
“Non c'è di che” gli risponde Rosario rialzandosi, quando Amedeo si chiede perché abbia ancora tutti i vestiti addosso. Una volta ripreso completamente fiato, si avvicina per baciarlo e inizia a sbottonargli la camicia per depositare una serie di baci su quel corpo così a lungo desiderato. Rosario si scioglie come burro sotto la sua bocca e le sue carezze e Ama sente tornare il proprio vigore mentre gli sfila lentamente i vestiti lasciandolo solo in boxer: l'occhio gli cade prima sulla dimostrazione che quanto ha appena ricevuto sia stato apprezzato e poi sul materassino di cui fino a qualche momento prima si era completamente dimenticato. Decide di farlo sdraiare lì, quando una domanda comincia ad attanargliarlo.
"Ciuri?" gli sussurra mentre sono avvinghiati l'uno all'altro.
"Mi piace quando mi chiami così..." gli risponde con un sorriso beato che fa tentennare ancora Amedeo dal fare la sua domanda.
"Questa per te... Non è la prima volta?"
Rosario abbassa momentaneamente lo sguardo per poi risollevarlo con quel sorriso che sa sciogliere il suo Ama.
"No, ma... Ho abbastanza esperienza da renderla speciale per te!"
Amedeo si sente il cuore a mille e il basso ventre in fiamme e decide che se si sono spinti fino a questo punto, niente potrà far più paura.
"Perché se per te nulla di tutto questo è nuovo... Volevo chiederti se..."
"... Tranquillo Ama, non faremo niente che tu non voglia fare!"
"No, è che... Ecco vorrei..."
Non è mai stato bravo a comunicare i suoi desideri, ma con Rosario sente che potrebbe essere diverso perché sa che non lo giudicherebbe.
"... Avere un rapporto completo con te... Ma da attivo... Se non è un problema per te!"
Rosario scoppia a ridere, ma non è una risata di scherno, quanto più suscitata dalla tenerezza. Si sporge verso il suo Ama per tranquillizzarlo ulteriormente con un bacio appassionato, per poi alzarsi, infilarsi i pantaloni e fargli la richiesta di aspettarlo lì che fa una corsa in camera per recuperare tutto l'occorrente. Amedeo per un attimo pensa che lo lascerà li ad aspettare tutta la notte, o peggio chiamerà qualcuno della troupe per fargli uno scherzo, ma dev'essere il suo giorno fortunato perché Rosario torna quasi subito consegnandoli due oggetti tra le mani.
"Ok i preservativi, ma questo cos'è?" chiede osservando una minuscola bottiglietta di plastica con un liquido dorato al suo interno.
“Per rendere meno fastidioso quello che faremo: ho provato una volta senza e non è molto piacevole!” gli risponde Rosario scoppiando a ridere quando vede la faccia di Amedeo non appena si accorge che mentre studiava la bottiglietta si è sistemato a quattro zampe sul materassino senza niente addosso, facendogli capire immediatamente lo scopo del liquido al suo interno. Ma per tutta la durata di quel preliminare obbligato, l'imbarazzo si fa da parte per lasciare spazio ai peggiori doppi sensi che vengono in mente ai due e che li fanno ridere di gusto, distraendo in parte l'imbarazzo e l'eccitazione nel toccare uno e nell'essere toccato l'altro in modo così intimo. Nessuno ha mai riso tanto in una situazione del genere, ma la cosa non risulta assolutamente strana, così come il ritrovarsi all'improvviso in questa situazione: o forse è il fatto di essere con la persona che più apprezzano e con cui non hanno paura di essere pienamente sé stessi a fare di quel momento la naturale conseguenza del loro rapporto. Al termine dell'operazione, Amedeo mette da parte la bottiglietta e fa per girare Rosario.
"Voglio guardarti negli occhi... Si può?"
"Certo che sì può... E poi anch'io voglio guardarti!"
Peccato che Amedeo, una volta messo il profilattico, non abbia idea di come iniziare e di fronte alla sua impacciataggine, Rosario inizia a baciarlo e a stringerlo a sé, lasciando che il resto venga da sé.
“Comunque anche tu non sei messo male, anzi!” gli sussurra Amedeo nell'orecchio mentre lo tocca dove prima non ha avuto il coraggio di farlo. Rosario vorrebbe ridere, ma dalla sua bocca esce un mezzo gemito di piacere e per ricambiare il favore, fa lo stesso con Amedeo, sfiorando appena quella parte che per conoscere meglio dovrà aspettare che i ruoli si ribaltino.
"Ciuri!" squittisce prevedibilmente lui.
"Tanto prima o poi ti toccherà!"
I due scoppiano a ridere nuovamente e la risata evolve in un bacio che li porta a congiungersi e nel giro di qualche spinta i due trovano il proprio ritmo. Amedeo non si è mai stato così bene, sentendo dentro di sé una scarica di adrenalina e di pace ad ogni spinta e domandandosi perché questa sensazione sia sempre stata definita sbagliata: Rosario invece, ad ogni spinta risponde con movimenti di bacino che mano a mano tradiscono la fame crescente nei confronti del suo Ama, reazione che non riesce a controllare completamente, così come non riesce a impedirsi di graffiargli la schiena quando sente arrivare le ondate di piacere leggermente più forti. Man mano che si avvicinano al momento desiderato, i due si scambiano un sorriso d'intesa perché il fiato corto renderebbe impossibile qualsiasi tipo di bacio e quando finalmente arriva l'orgasmo, è così intenso per entrambi che devono staccarsi l’uno dall’altro per poter riprendere fiato.
"Allora... Quello che succede a Ibiza rimane a Ibiza?"
Amedeo si volta a guardare Rosario che lo sta già guardando in attesa delle parole che determineranno il suo destino.
"Spero proprio di no!"
Rosario reagisce come se avesse appena segnato la sua squadra preferita per poi prendergli la mano e alzarsi di scatto, costringendo Amedeo a fare altrettanto.
"Che fai?"
"Bé, siccome conviene a entrambi una doccia, pensavo di approfittarne per fare prima un bagno di mezzanotte!"
"Nudi?" chiede Amedeo imbarazzato come se niente fosse appena successo tra loro.
"Perché no? Siamo a Ibiza, quando ci ricapiterà un'occasione del genere?"
E corre via verso il mare tuffandosi immediatamente e riemergendo subito dopo.
"Non sai cosa ti perdi!"
Amedeo controlla prima che non ci sia nessuno e poi lo segue, anche perché coi capelli lunghi bagnati, Rosario sembra una sirena e si sa, al canto delle sirene è impossibile resistere. In fondo, nessuno va mai in quella spiaggetta, perché dovrebbero venirci proprio stasera? Ma soprattutto stanotte non vuole pensare a nient'altro se non quello che è appena successo tra lui e il suo Ciuri: se quello è l'inizio della loro storia, chissà cosa li attenderà in seguito.
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Inizio & linee guida
Bella gente, si dà finalmente il via al Pantofolartfest! La regola fondamentale è divertirsi: questa iniziativa-gioco nasce con il solo scopo di intrattenerci e fuggire le mura di casa anche solo per qualche ora. Si potrà partecipare sia suggerendo prompt sia prendendo parte come scrittore/artista: in entrambi i casi saranno contributi graditissimi che verranno raccolti rispettivamente in una “prompt list” e “work list”. Si cercherà inoltre di pubblicare almeno una challenge giornaliera mentre un giorno a settimana (che sarà concordato assieme tramite sondaggio) si svolgerà un’attività speciale tipo chat di gruppo, sfide a tempo, giochi. Per rendere il tutto più dinamico, ci sarà un’assegnazione di punti per ogni forma di partecipazione con dei vincitori finali ai quali verrà dato un premio virtuale, ancora da decidere (se avete idee e volete contribuire, please help!). Di seguito vi lascio le linee guida per potervi orientare e che vi invito a seguire per facilitare a tutti il gioco. Grazie! (:
aperiko
1. Tutti i fandom, inclusi i lavori originali, sono più che benvenuti.
2. Chiunque voglia commissionare prompt (sia in anon che non) può farlo tramite ask o submit, specificando il fandom e se fanart/fanfic/digital art, mentre altre note tipo rating o genere sono opzionali
(es. 1: fanfic, Topolino, “Paperino e Paperoga si trovano a dover condividere una tenda in un campeggio improvvisato per il compleanno dei nipoti. Succedono cose”) (es. 2: fanfic, orginale, f/f, “Ho voglia di te” “Intendi tè o té? Perché nel primo caso è rimasta solo la vodka”, hurt/comfort, splatter)
2a. Sono assolutamente accettati anche prompt senza vincoli di fandom/pairing, tipo stralci di dialogo/frasi, immagini e contesti vari, lasciando così alla persona che lo prenderà in consegna la libertà di decidere secondo ispirazione Promptate senza vergogna proprio!
3. Ogni prompt avrà un codice assegnato e potrà essere utilizzato illimitatamente, ma ogni partecipante potrà usufruire del prompt in questione una sola volta.
4. I Pantofolartist che decideranno di partecipare possono comunicarlo tramite commento a questo post o reblog o panda rosso messaggero. Inoltre ad ogni partecipante sarà assegnato un nome in codice a tema casalingo, che verrà utilizzato nella classifica punti (e no, il nome non è sindacabile C:).
5. Quando decidete di prendere in commissione un prompt taggate il post con “pantofolartfest + codice prompt” (es. “pantofolartfest ff1”) assieme al vostro nome-codice assegnato, submittandolo su questo blog o inviando il link del post con il vostro lavoro, di modo che potremo raccogliere ogni contributo sul blog e renderlo facilmente fruibile a tutti. Stessa cosa varrà per le challenge (es. “pantofolartfest ch1″). Ovviamente ogni lavoro può essere pubblicato dove volete, vostro blog, ao3, etc.
6. Per ogni prompt che si realizzerà, il Pantofolartist riceverà 1 punto; se prenderà parte a una challenge giornaliera c’è un surplus di punti variabile da 1 a 5 in base alla difficoltà della challenge stessa.
7. Anche i prompter più prolifici verranno premiati partecipando a una classifica a parte!
8. Se avete challenge/sfide/giochi da proporre, per favore fatelo, altrimenti questa artfest non avrebbe senso di esistere
9. Il termine del Pantofolartfest non è ancora stato stabilito ma orientativamente sarà verso metà Aprile.
10. Qualsiasi domanda dubbio chiarimento, ask away!
11. Vi chiedo in ultimo di avere pazienza e considerare che anche se in pantofole mode purtroppo si lavora comunque durante la giornata: ogni lista di partecipanti, prompt, lavori, challenge in corso/conclusa verrà aggiornata appena possibile. Abbiate fede!
11a. Ultima cosa pt.2: è tutto in fase di rodaggio, sia come partecipazione che organizzazione, e in questi giorni che seguono bisogna vedere quanto sia fattibile il tutto. Per questo motivo, confido nella vostra collaborazione per segnalazioni di tutto ciò che non va e che dovrebbe essere migliorato. Se questa iniziativa starà in piedi e avrà seguito sarà solo merito di voi partecipanti, perciò grazie davvero se vorrete seguirmi in questo sogno pantofolaro.
11b. Ultimissima cosa pt.3: AAA lanciasi appello a chi è interessato per collaborare nella gestione del blog, soprattutto nella parte grafica dove faccio veramente pena. Vi vorrei molto bene, davvero davvero
#come giocare#artfest#fandom#fanfiction#iorestoacasa#italy tag#metamoro#amadello#sanremo#supernatural#sherlock#black sails#19 days#anime#rpf#slash#fanart
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Quando fai rumore, e qualcuno se ne accorge
Parole: 1429
Beta: server di Discord (credo)
Fandom: Sanremo RPF (Cenone di Natale AU/Sanremo Family AU)
Ship: background (neanche tanto) Levodie, Jdato (è inutile negare ancora)
Avvertimenti: misgendering (inconsapevole) e cugini troppo impiccioni. E le pippe mentali di Cally.
Note autore: devo tutto a @giulia-liddell, che ha creato questi personaggi. Avviene tutto la sera stessa dell’uscita IN AMICIZIA di Cally e Anita
(X). Sembra passata una vita, da quando l'ho scritta
La serata era iniziata in maniera relativamente tranquilla, se non si considerava la discesa rocambolesca dalla sua stanza, per evitare sguardi indiscreti e il fatto i tacchi nuovi erano decisamente scivolosi.
Le dispiaceva dover sgattaiolare fuori casa come una tredicenne in punizione, ma non voleva neanche dover rispondere alle domande di tutti i cugini.
Insomma, è normale cercare un po’ di privacy, in questo bordello pensò, mentre chiamava un taxi.
Il locale che avevano scelto era davvero carino, anche se a quell’ora era già decisamente pieno.
Era anche abbastanza fuori zona, così non avrebbero dovuto avere nessuno tra i piedi.
Amava i suoi cugini, e tutta la famiglia allargata, ma le era anche mancato passare del tempo con la sua fidanzata, senza uscite di gruppo.
A questo proposito, la vide avvicinarsi, fasciata nel suo abito di tulle rosso svolazzante.
Sussultò, quando se la ritrovò davanti con due bicchieri in mano. Era una dea.
La ragazza, però, sembrava concentrata a fissare un punto dall’altra parte della pista da ballo.
“Tesoro, cosa guardi?” le urlò , appoggiandole una mano sul braccio per attirare la sua attenzione.
“Niente, mi era sembrato di vedere…” sospirò l’altra: “Non importa, siamo qui per divertirci, no?”
La fidanzata annuì, trascinandola verso la pista da ballo.
Ma Claudia non riusciva non pensare a che cosa ci facesse Antonio in quel locale, soprattutto vestito e truccato in quel modo.
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Cally è distrutto: durante il viaggio di ritorno ha addirittura fatto fatica a mantenere lo sguardo sulla strada. Ed anche in quel momento, buttato sul letto ancora vestito, non riesce a togliersela dalla mente. Cazzo, mi ha dato un bacino da scuola materna, ed io sto già fottuto, bene..
Era stato un normalissimo bacio sulla guancia, da amica, prima di rientrare in camera sua. Anche lui ne aveva dati di simili a decine di ragazze, quindi perché quello gli brucia sulla pelle come un marchio infernale?
Dannata Anita.
Ma il pensiero più assurdo lo colpisce mentre sta facendo la doccia: e se andasse davvero a trovarla?
Cally si accorge di aver fatto la scelta più cretina della sua vita, quando a metà della scala di legno appoggiata contro alla sua finestra (o, almeno, spera che sia la sua finestra, perché non vuole di certo ritrovarsi nel mezzo di una hotline tra Riccardo ed Eugenio, dato che il primo si trova nella stanza di fianco) si sporge per guardare giù. Che modo stupido di morire, cadendo da una scala. Fa un respiro profondo, prima di riprendere a salire. Ormai sono qui, devo farcela.
E meno male che la finestra è aperta, perché dubita che Anita abbia voglia di spiegarne l’eventuale distruzione.
È quasi alla fine della scala, quando la vede: è in mezzo alla stanza, struccata e vestita con un semplice abitino di cotone azzurro, che immagina essere il suo pigiama, mentre piega diligentemente la gonna e la camicetta che aveva indossato quella sera.
Cally realizza che non lo stava aspettando, quando lei sposta lo sguardo verso la finestra e sussulta, accorgendosi di non essere più sola.
Arrossisce subito, dandogli le spalle e cercando di coprirsi il viso con le mani.
Con una mossa degna della pubblicità dell’olio Cuore, Cally scavalca il davanzale, fino a raggiungerla in pochi passi. Anita è ormai di uno strano colorito a metà tra le orecchie di zia Ama, e un peperone maturo:“Non dicevo veramente, sul venirmi a trovare,” mormora la ragazza, senza accennare a togliere le mani dal volto: “volevo lasciarti una buona idea di me, così sono orribile, ti farò sicuramente schifo”.
Cally non sa cosa fare, ma rimanere imbambolato dopo ad una confessione del genere sembra bruttissimo anche per i suoi standard, quindi le si avvicina e la cinge da dietro in un abbraccio, appoggiando la testa sulla sua spalla: “Ti dà fastidio?” sussurra, per essere sicuro di non forzarla. Anita sembra trattenere un singhiozzo, mentre gli risponde: “No, anzi, va bene”. Non sa quanto stiano così, ma lei sembra essere quasi a proprio agio, quando Cally si stacca, e le propone di tirare davvero fuori caramelle e computer.
Si accoccolano sotto alle coperte, nelle lenzuola a fiorellini di Anita, e fanno partire una commedia romantica. E nella penombra rischiarata solo dallo schermo del PC, tutto diventa lecito: anche quando le loro mani si sfiorano, per poi stringersi, anche quando Cally le sposta un ciuffo di capelli dal viso con la mano libera, anche quando, poco prima di cadere tra le braccia di Morfeo, lei lo sente sussurrare un “Ani, sei bellissima”.
Pensa che potrebbe benissimo rimanere lì per sempre, con Anita addormentata sul petto e gli orsetti gommosi. Non che al momento scappare sia una possibilità concreta, dato che non può fare movimenti improvvisi senza rischiare di svegliare la sua bella addormentata, ma non si lamenta.
Un po’ la invidia, perché ora, per colpa della sua insonnia si ritrova a guardare le travi a vista del soffitto della sua camera, e non capisce come possa essere successo tutto così in fretta: fino a qualche mese prima non sopportava neanche l’idea di starci di fronte ai pranzi di famiglia, ed ora era nel suo letto. Si sente anche un po’ imbecille, in realtà: insomma, Anita aveva accettato di uscire insieme “in amicizia”, di certo non sente quelle dannate farfalle che attanagliano invece il suo stomaco.
Okay, gli aveva tenuto la mano, ma è un comportamento normale tra amiche, no?
Era stato un normale pigiama party tra ragazze, con il film romantico e le caramelle gommose. Accidenti, non sono come Tarek o Marco, che neanche si accorgono di essere ad un appuntamento, senza che qualcuno glielo faccia notare.
Non era un appuntamento. E gli ci vuole davvero tanta forza di volontà (e di negazione) per non ammettere che, sì, vorrebbe che lo fosse stato.
D’altro canto, però, sa bene come ci si senta a trovarsi a fare i conti con la propria identità di genere, e non vuole assolutamente forzarla a dover affrontare altri casini, in quel periodo già delicato. Soprattutto, non davanti a tutta la famiglia.
E, in fin dei conti, neanche Cally muore dalla voglia di esporsi così.
Esporre cosa? Neanche l’hai baciata.
Anzi, neanche sai quale sia il suo tipo, in fondo. Certo, ha avuto una storia con Claudia,che è decisamente diversa da te. Ma magari faceva parte della recita, in cui interpretava un ruolo:“Antonio, il cugino perfetto, cis ed eterosessuale, con una fidanzata perfetta”.
È strano, constata, in fondo non la conosco neanche così tanto.
Ecco, a questo punto potrebbe anche avere un fetish strano, tipo i piedi.
Sorride, scuotendo la testa. Beh, magari questo no.
Non si riesce ad impedirsi di lasciarle un bacio sulla fronte, prima di chiudere gli occhi e lasciarsi sopraffare dalla stanchezza.
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Elodie è un po’ preoccupata. Non è sicuramente gelosa, ma non ha ancora metabolizzato a fondo quello che Claudia le ha detto in taxi, al ritorno.
Non è possibile che fosse davvero Diodato, nel locale, vero?
Ha bisogno di schiarirsi le idee, tutto qui. Una passeggiata nel giardino dietro alla casa sembra una prospettiva davvero allettante. Si districa lentamente da Claudia, che nella notte si era mossa fino ad intrecciare le gambe con le sue, e l’aveva stretta in un dolce abbraccio.
La bionda si alza pigramente, per poi afferrare al volo qualcosa da mettersi (probabilmente, quella felpa è anche della fidanzata, ma ormai non ci fa neanche più caso). Lancia un’ultima occhiata a Claudia, che dorme ancora beatamente, prima di uscire dalla stanza, cercando di non fare troppo rumore con la porta.
È così immersa nei suoi pensieri, che non la nota subito. E anche quando la vede, rimane un attimo perplessa. Cosa ci fa quella scala, lì?
Sicuramente, il giorno prima non c’era. Si massaggia le tempie, cercando di ricordare di chi sia quella finestra.
Riccardo dovrebbe avere la stanza in quella parte del corridoio, si ricorda, è possibile che Eugenio sia venuto a trovarlo, e gli abbia fatto una sorpresa?
Oh, no. Realizza, paralizzata dall’orrore. La camera di Riccardo è quella di fianco.
Lì c’è Diodato. Cazzo, perché questa sera porta tutto a lui?
Elodie non si considera un’impicciona, ma ormai ci è dentro fino al collo, quindi tanto vale arrivare alla fine del tunnel. Quello che vede una volta arrivata in cima, però, la lascia ancora più confusa e con più domande di prima: Perché diamine Cally è nel letto di Diodato, e lo sta abbracciando?
È stato lui a mettere lì quella scala?
Oh, Cally, spero che tu abbia una buon spiegazione, pensa, scendendo dalla scala per ritornare nella sua stanza, perché non ne uscirai facilmente .
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Sunrise and Dusk
Fandom: Festival di Sanremo RPF (Amadello) Words: 1682 Notes: This was a fanfic I’ve been working on for a while and debating whether or not to post about it on Tumblr. But I guess I’ve done this sort of thing before so I bit the bullet and did it anyway. It was supposed to be a one-shot but my planning decided to go to more than ten chapters so there’s that. For now, I’ll post the first chapter here then the rest on Archive of Our Own so please support me there, thank you. Ao3 link: [here]
i - Mattina
Days have been a blur for years. Things had a harmonious monotony to them. Fiorello will wake up at 6am, always on time, by an old flip-phone. Take time to say his morning prayers. Clean his body and think of the day ahead. When he doesn’t have a service in the morning, a hot coffee and bread roll can rejuvenate him until lunch. After cleaning his plates, he chooses from a selection of plain polo shirts or turtlenecks paired with smart trousers and shoes.
A small brown and white cat would leap onto his balcony at the dot and of course, Fiorello will take a can of tuna and give it all to her. Once done, he cycles to the church, passing by the numerous buildings, towards the open market closeby. He’s usually the first to arrive so he’s responsible for opening the church and doing light cleaning inside and out. He is not quite a priest - all he does is officework from paperwork to phone calls asking for visits. Yet he’s an integral part of the church, going around the community and volunteering just for a simple “Grazie”.
Around the afternoon, he goes gets ingredients for dinner and catches up to fellow friends along the way. Then he heads home, looking back at the sun crack its warm tones around the sky as it starts to settle. His food is also simple, perhaps saving some for the next day. For entertainment, he opens an old TV and catches up on current affairs. At exactly half past 10 is he ready for bed, ready to wake up the next day and do this all over again.
Rarely does this ever change.
He never suspects a surprise package, or a phone call from a stranger announcing a journey he has been requested to join. His family hasn’t spoken to him for years, not even knowing of the new leaf he has turned. In his youth, he has fallen in love but he’d never reciprocate the feelings in return, so unlikely that he’ll suddenly fall in love again. Was it boring? He didn’t think so. But sometimes, when he looks out, he sees life in people’s windows. Of family, of joy, of tears, of life. Yet he can’t complain, he thinks, as others have had it worse. He has had it worse. Compared to what had used to happen, this was just but a dream. Now in his growing ages, perhaps a man was ready to settle down. Still, he can’t always escape the past he had buried and lied about, a past in which no one knew his name. If only something had happened, something breathtaking that was fresh, unexpected, beyond something that will challenge his whole philosophy.
Nevertheless the alarm rings at 6am.
Thursday morning was looking to be cloudy but break skies before noon. His radio played classic tunes from his childhood as the cat purred on his patio table. Fiorello wanted to change something hence buying a new brand of tuna for her. The cat didn’t have any markings relating to an owner, so he baptised her with the name Ciuri. Sometimes he would joke to himself that she is more akin to a partner or a child, masking some sort of looming insecurity. His phone rang. That was odd - there was barely anyone that he had given his number to. Must be serious.
“Hello? This is Rosario speaking.” he answered.
“Ah, I’m glad I got the right one this time.” the voice on the other line cheered, “Listen it’s Roberto. I’m calling you because there seemed to be a leak in the church. Small leak. Very small. It’s flooding the floor. Okay, big leak. Very large.”
“Oh my goodness, really? Are you okay? Is everything safe?”
“Yes, yes, we saved the important bits. And don’t worry, your area isn’t affected. But the altar and nave are badly flooded so I had to close the church for a while.”
“Oh dear…”
“Emergency closing, I do not know when it will be open again.”
He paced up and down his small kitchen, his anxiety growing, “When will it be fixed? Do we have the funds? Last time I checked, we might but I don’t know if this one we can handle.”
“Don’t worry about all this, I’ve talked to the local offices and they should help us. Listen all you need to do is relax for a few days, get some sun. You’ll know when everything will be back to normal.”
The anxiety immediately turned into panic; “Wait, hold on, what do you mean? I don’t know what to do!”
Beep.
Suddenly his plans have been ruined. Fiorello was about to cycle to work but I guess he has no work to even go to now. This sort of disruption never once came into his mind. Since taking on the job, he refuses to take days off. Even when ill, he would try to march in at least before being sent back to rest. He had never prepared what he might do for a day of just himself. “Okay relax, we can do this.” he thought and very much not relaxing. Ciuri meowed for food. At least this he knew what to do.
He moved from Catania around 25, 26 years ago yet only a handful of times has he really travelled around the village. He had to stay in Sicily, there was no chance he would return and work in the cities further on. The place had a charm to it, powered by the people around. Its history of medieval architecture made it a hotbed for tourists, but during the colder months they were little to none. When he first settled in, he had made a crude list of places he would have liked to go to but never did. Today, he grabs that paper from the cupboard he refuses to touch and was thankful his list was fairly short:
Meet and befriend a stranger
Do something new
That’s it
Even looking at two simple tasks, he was already discouraged. Obviously he has done it before with colleagues and neighbours, but it’s been years since he has made a connection with someone brand new. The rest seemed like dreamy bullshit he thought of as a teen when he decided he wanted to get married to his 3rd highschool sweetheart.
No time is best to break his normal life than now. He waved Ciuri goodbye and headed off with his trusted bike.
To start this new thought of life, he veered from his typical path and into the idyllic green landscape. The views were always spectacular from his window but it was a whole other feeling viewing it from below. Waves of flora stretched as far as the eye can see, scattered with farm animals and a fence or two. The air was getting warmer as the morning began to settle in. He felt the breeze through his body, whispering to him thoughts of change. Maybe tomorrow he will cycle through that path, or he can slow down there and see what was inside the tree. It never felt so good making these small and insignificant choices. Or even trying to make sure his bicycle does not suddenly collide with the parked car just metres ahead of him. If his eyes were closed at the moment, he would be doing one impressive front flip and crashing down onto the dirt. Thankfully screaming seemed to have alerted Fiorello and prevented any sort of trip to the hospital from happening. The man near the car seemed worried, no surprise, and kept asking if he was okay.
“I’m sorry, I’m so sorry!” Fiorello kept yelling out. “I just, I usually don’t expect cars here, and I was not paying proper attention so I nearly dented your car.”
“Ahh well nothing you can do about it. This old thing has been through so much not even a hammer can stop it from moving.” the stranger boasted.
This man was someone he had never seen before. His clothing screamed tryhard to look younger than he is and the hat casted a nice shadow over it. Without being rude, all Fiorello can tell was his large nose and fox-like eyes. Seemed to be around his age too, albeit maybe showing more signs of wear and tear. As he kept waffling on about his car, all he could look at was how he had a certain smile on his face. It was mesmerising to say the least.
“Anyway so I got lost and tried to find some signal but couldn’t and then you nearly got killed. And now we’re talking.” Wait was he dazing off. He didn’t notice how he kept going on. “Mind giving me some help then? Hotel or something similar. You can hop in if you point to me around.”
“Of course, I don’t mind. What about my bicycle?” he asked, getting back into reality.
“You can just throw that in the back, I don’t care.” They both got in the car as the man started to ignite the engine and Fiorello tried his best to shove the wheels in as best as he could.
“By the way, I haven’t caught your name. Are you a local?”
“I’m Rosario Fiorello. And you?”
He shook his hand briefly. “Amedeo Sebastiani. Most people just call me Amadeus. Intercontinental reporter.” and started to drive.
“A reporter? Nothing that interesting ever happens around here. Nothing that you could notice from the outside anyway. So, what is your intention?”
“I’m mainly here on holiday. I run a travel blog and I’m just wanting to tell my readers some quaint spots around Sicily. It’s kind of embarrassing, I’m a traveller that gets lost a lot so you can see why I say I’m a reporter first. Anyways...”
“That’s interesting.” he glanced then looked out the window. Amadeus did not stop talking for the whole ride. Only now came in his mind why he let himself in a stranger's car. But he guessed, considering the man’s excitement, he’ll be staying around for a while.
#fanfiction#amadello#amarello#sanremo 2020#rpf#already working on both chapter 2 AND 3 so there's at least that#im so sorry i am terrible in terms of cultural and location stuff#im still learning so please excuse a few mistakes i might make!!#and yes thats why this is in english#people that know me in real life do not interact
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INIZIO ARTFEST!
okay, è ufficiale: è stato pubblicato il primo post sul blog Pantofolartfest con le linee guida e info utili per tutti i fanwriter/fanartist che hanno voglia di mettersi all'opera! Grazie a chi vorrà partecipare e rebloggare per spargere il più possibile la voce. <3
#artfest#iorestoacasa#fanfiction#fanart#italy tag#sanremo#amadello#metamoro#sherlock#supernatural#19 days#black sails#rpf#anime
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Chapters: 1/1
Fandom: Festival di Sanremo RPF
Rating: Explicit
Warnings: Creator Chose Not To Use Archive Warnings
Relationships: Achille Lauro/Boss Doms
Characters: Achille Lauro | Lauro De Marinis, Boss Doms | Edoardo Manozzi
Additional Tags: Festival di Sanremo, Plot What Plot/Porn Without Plot, Porn With Plot, Porn with Feelings, Friendship/Love
Summary: Pechino Express, Filippine. “Erano così vicini adesso che poteva sentire il respiro di Edoardo sulle sue labbra, iniziava già a pregustare il suo sapore. Voleva baciarlo, così tanto, che non si rese conto, per un primo momento, che il più grande aveva posato le sue soffici labbra sulle sue.”
#VI PREGO SIATE CLEMENTI#DOVEVO DAR SFOGO AI MIEI PENSIERI#BOSSILLE#DOMILLE#FANFICTION#SANREMO RPF#ACHILLE LAURO#BOSS DOMS#NON SO PERCHE STO SCRIVENDO CON IL CAPS LOCK#bossille fic#bossille fanfiction
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girl help su ao3 ci sono 545 fanfiction nel tag “sanremo rpf” ma ancora niente su leonardo rai santo patrono dei fennels rinascimentali
#o sono tutte su efp#oddio mi vengono i flashback di guerra#scusate ma il check era necessario#leonardo rai
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35 anni in una settimana
Parole: 11248 (e pensare che non volevo superare le 3000 parole…)
No beta, we die like men
Fandom: Sanremo RFP
Ship: Amadello/Amarello
Avvertimenti: Bed sharing (molto bed sharing), sviluppo confuso, sdolcinatezza, angst (?), Fiorello è confuso per l’80% del tempo, Amadeus è più sicuro di quanto non dia a vedere, internalised homofobia (solo un po’, appena menzionata, non spaventatevi), Pining, praticamente è la parte finale di una lunga slow burn (quindi senza l’effettiva slow burn), Smut (o il mio penoso primo tentativo con dello smut)
Note autore: Sono solo contenta di averla finita, non so che altro dire. Perdonatemi per la parte smut (è davvero il mio primo tentativo)… Non l’ho riletta quindi non so neanche se segue un filo logico
Ringrazio @just-one-more-fandom per l’idea
Ci sono quei momenti in cui ti capita di poter fare qualcosa di grande, qualcosa di incredibile, qualcosa che assolutamente non ti saresti mai permesso di sognare nella tua vita. Puoi anche aver acquistato fama ed approvazione, ma ci sarà sempre una vocina nella tua testa che ti dice “questo non è il posto per te, non meriti di stare qui, rovinerai tutto.”. Un artista per natura è abituato a questo tipo di pensieri, non può non esserlo. I dubbi e le insicurezze ti possono assalire in ogni momento della tua carriera, in ogni momento della tua vita. E come si può fare in questi casi? Come fa Rosario Fiorello, in fondo un signor Nessuno, ad affrontare la possibilità di co-condurre il settantesimo Festival di Sanremo a fianco del suo migliore amico? È un avvenimento troppo bello per essere vero, eppure Fiorello sa che domani è il primo giorno del Festival, sa che domani sarà realtà. E per questo non può dormire.
È un tipo d’insonnia che lo fa agitare. Non è semplicemente non riuscire a trovare sonno: sente che il suo corpo è attraversato da scariche di energia, che il suo cuore continua a battere troppo veloce e che è pervaso da un profondo bisogno di muoversi o di scappare. Non ha scampo da un’agitazione simile. Per un breve momento gli passa per la testa l’idea di andare a farsi una passeggiata e non tornare. Forse se cammina abbastanza spedito può arrivare a Genova per quando dovrebbe iniziare il Festival. Forse. Sa solo che per adesso ha bisogno di uscire, che la stanza in cui si trova è soffocante e deve muoversi assolutamente o rischierà di impazzire. Si veste, in fretta e furia, ed esce.
Si blocca appena chiude la porta. Dall’altro lato del corridoio vede la porta della camera di Amedeo. Fissa il numero sulla porta per qualche istante, prova a voltarsi verso il corridoio per uscire, ma alla fine ritorna a fissare quella porta. “Al diavolo!” si dice nella sua testa prima di marciare deciso verso la stanza. Si ferma ancora un momento, all’improvviso, ad un soffio dalla porta. Alza un braccio, si morde il labbro, scuote la testa e finalmente bussa.
C’è un momento subito dopo il leggero rumore delle sue nocche contro la porta, in cui Fiorello si irrigidisce e sente una vampata di calore prendergli la faccia, con la realizzazione di quello che ha appena fatto. È quasi l’una di notte e lui sta svegliando Amedeo prima dell’inizio di Sanremo. È una pessima idea sotto ogni aspetto. Fiorello resta in tensione, dibattendo la possibilità di correre via e far finta di non aver mai avuto questa pessima idea, ma prima che possa trovare la forza per muovere le gambe, Amadeus apre la porta.
È in pigiama, ovviamente, strizza gli occhi per la difficoltà ad adattarsi alla luce del corridoio ed ha il classico aspetto disorientato di chi si è appena svegliato. «Rosario?» bisbiglia con voce rauca appena riesce a mettere a fuoco la faccia dell’amico. La voce nella testa di Fiorello gli sta urlando di andarsene, ma non riesce a muoversi e non gli resta che rispondere evitando al meglio che può di guardare il suo amico negli occhi «Ehi… Ehm… Io… Ecco… Uhm… Non riesco a dormire… Eh…» fatica a parlare e quasi soffoca sulle sue stesse parole e poi butta fuori la domanda che gli frulla in testa come se stesse lanciando una patata bollente «Posso dormire qui?» chiede. Amadeus strizza ancora di più gli occhi, se possibile, e corruga la fronte mentre si sforza di elaborare la domanda «Qui? Nella mia camera?» chiede, confuso e sorpreso, ma apparentemente non infastidito dall’idea. Fiorello non riesce a rispondere e si limita ad annuire, subito imitato da Amadeus in un gesto di comprensione. Il conduttore non aggiunge altro e si limita ad aprire la porta e tornare ciondolante verso il proprio letto.
Fiorello entra nella stanza con cautela, quasi vergognandosi, come se fosse un ladro. Amadeus ha acceso una lampada su uno dei comodini che gli permette di vedere dove sta mettendo i piedi. «Mettiti pure dove vuoi… C’è un divano, c’è un tappeto… Personalmente ti consiglio il letto, non solo è comodo e grande abbastanza per tre persone probabilmente, ma non sarebbe la prima volta che dormiamo nello stesso posto, quindi non fare troppi complimenti… Domani dovrai spiegarmi qual è il problema però… Okay?» dice Amadeus prima di sdraiarsi di nuovo nel letto e chiudere gli occhi. Fiorello annuisce, più a sé stesso, dato che il suo amico non può vederlo e dopo essersi tolto i pantaloni e la felpa che aveva addosso si stende nel letto accanto ad Amadeus, facendo attenzione a rimanere almeno ad una decina di centimetri di distanza. Il conduttore senza aggiungere niente spegne la luce.
È surreale. Amadeus ha reagito in maniera così rilassata all’essere svegliato all’una di notte il giorno prima del momento più alto della sua carriera da conduttore. Fiorello pensa che sia normale aspettarsi un comportamento simile dopo tutti gli anni che sono stati amici, ma non riesce a fare a meno di sentirsi strano. Amadeus non si è infastidito neanche un po’, non ha fatto domande su cosa non andasse bene, non ha preteso che dormisse sul divano. L’ha solo lasciato entrare come se fosse stata casa sua. E la cosa ancora più strana è che adesso Fiorello non sente la stessa agitazione di prima. L’energia che lo riempiva fino a qualche minuto fa è scomparsa e finalmente sente il sonno appesantirgli le palpebre.
La mattina dopo Amadeus tratta il suo amico con la stessa tranquillità e naturalezza della notte scorsa. Si alza, si veste e si prepara come se niente fosse, mentre Fiorello resta seduto sul bordo del letto troppo spaventato dall’idea di disturbare la sua routine per muoversi. Si è rivestito, ma non accenna a muovere un muscolo. «Ciuri, abbiamo qualcosa come venti interviste e due conferenze stampa, forse è il caso se ti prepari anche tu.» dice Amadeus in tono pacato mentre gli passa davanti per afferrare una giacca da una sedia nell’angolo della stanza. Fiorello scatta in piedi «Ehm… Sì… Adesso torno nella mia camera… E mi preparo… Uhm… Grazie per… L’ospitalità.» dice rischiando quasi di soffocare su ogni parola e subito si avvia verso la porta «Aspetta!» lo ferma il conduttore e Fiorello sente un brivido che gli percorre la schiena, il panico che sale «Non mi hai detto perché non riuscivi a dormire ieri… È successo qualcosa? Mi devo preoccupare?» aggiunge subito il conduttore osservando Fiorello che si è fermato ad un passo dalla porta.
Lui vorrebbe scuotere la testa e dire che no, non va tutto bene, perché è confuso, perché non capisce come i suoi problemi d’insonnia si siano risolti in un attimo ieri notte, perché il Festival inizia oggi e Amadeus dovrebbe essere quello che non riesce a dormire dall’ansia non lui, perché sente che questo Festival potrebbe essere l’inizio o la fine di tutto, ma non è sicuro del perché. «Io… Sai normale insonnia, un po’ d’ansia… Niente di che… Scusami per il disturbo, non era assolutamente mia intenzione romperti i coglioni la notte prima del Festival…» risponde Fiorello giocherellando con la manica della sua felpa. «Ciuri… Nessun disturbo… Siamo amici da più di trent’anni, come mai potresti darmi fastidio? Sentiti libero di venire a dormire qui quando vuoi, se ne hai bisogno. L’insonnia si combatte meglio se hai la compagnia di qualcuno.» risponde il conduttore sorridendo ampiamente, mentre Fiorello, che non ha idea di cosa dire o cosa fare, esce per tornare nella sua stanza.
La giornata passa più in fretta di quanto tutti vorrebbero, improvvisamente è già sera e il pubblico sta entrando dentro all’Ariston. Il Festival è cominciato. Amadeus, Fiorello e Tiziano Ferro continuano ad alternarsi sul palco, tra gli ospiti e i partecipanti. Le ore passano, ormai è notte e finalmente annunciano la classifica della serata. Il pubblico esce dal teatro con la stessa energia di un’orda di zombie, troppo stanchi per capire dove si trovano.
«I costumi potevi risparmiarteli…» commenta Amadeus mentre ritorna verso l’albergo con Fiorello. L’amico ride «E tu potevi risparmiarti le battutine sulle polemiche che hai ricevuto… Ma ormai è andata. Ed è andata molto bene direi.» Fiorello sorride e Amadeus si rende conto che è troppo pieno di energia per essere le tre di notte «Fiore… Mi sembri… un po’ iperattivo? Ce la fai a dormire in queste condizioni?» chiede cercando di non sembrare troppo preoccupato. Il sorriso di Fiorello scompare per un secondo e spalanca gli occhi, puoi scuote la testa e ritorna a sorridere «Certo, certo… Sono solo… Sai adrenalina dalla serata… Adesso, io… ehm berrò qualcosa e vedrai che crollerò come un sasso.» risponde Fiorello cercando di suonare tranquillo, ma crede di non esserci riuscito.
Si sente pieno di energia, ma sa che non si tratta più di agitazione o di ansia. La serata ormai è passata ed è andata bene. È andata splendidamente bene. Non è possibile che abbia ancora dei residui di ansia, eppure non riesce a calmarsi. Sarebbe pronto per salire di nuovo sul palco e fare altre dieci serate tutte in una volta, sarebbe pronto per cantare fino a perdere la voce, sarebbe pronto per ballare fino a crollare come un sacco di patate. È quello il punto? È lo show che lo ha caricato così tanto? Certamente si tratta di adrenalina, ma possibile che si ritrovi a volerne ancora? È come se fosse carico in attesa della prossima serata. La voce di Amadeus lo riporta alla realtà «Fiore! Non puoi stordirti a furia di alcolici! Non te lo permetto. Piuttosto torna a dormire nella mia stanza… Dovresti riuscire a rilassarti meglio… E se resti sveglio almeno non sei da solo.» Amadeus ha un tale sguardo di rimprovero misto a sincera preoccupazione che Fiorello non riesce a dirgli di no. E nell’esatto momento in cui accetta si sente più calmo, l’energia scivola via di nuovo e il peso della giornata gli cade addosso tutto in un colpo.
Fiorello stavolta può almeno prendere il pigiama dalla sua camera prima di andare da Amadeus, ma si ritrova ancora ad esitare davanti alla porta prima di bussare. Amadeus gli apre la porta con lo spazzolino da denti in bocca e gli fa un gesto con la testa per invitarlo ad entrare prima di spostarsi per tornare in bagno. Fiorello si muove ancora con cautela, come se fosse in territorio ostile, si sdraia sul letto e cerca di rimanere il più vicino possibile al bordo. Quando Amadeus ritorna da bagno e si sdraia nella sua parte del letto, ride dell’amico. «Ciuri, puoi anche evitare di rischiare di cadere appena ti addormenti. Dai, mettiti più vicino. Prometto di non prenderti a calci nel sonno.» dice il conduttore mentre sistema la sua posizione e Fiorello azzarda a muoversi di qualche centimetro verso il centro del letto. Con l’oscurità, la presenza di Amedeo accanto a lui e la ritrovata tranquillità, riesce ad addormentarsi di nuovo.
La mattina Fiorello si sveglia per primo e si ritrova con il volto di Amadeus ad un centimetro di distanza dal suo. Riesce a trattenere un sussulto di sorpresa e si allontana leggermente cercando di non fare rumore. Osserva attentamente l’espressione rilassata del conduttore, il leggero movimento dell’angolo delle sue labbra e il lento alzarsi ed abbassarsi del suo respiro. È una visione che lo riempie di una profonda sensazione di pace. Appena le palpebre di Amedeo iniziano a muoversi, lui si sente subito invaso dal panico. «Rosario…» sussurra il conduttore senza aprire gli occhi. Fiorello non è certo se stia ancora dormendo oppure no. Decide, per qualche motivo a lui oscuro, di non restare per scoprirlo. Esce con cautela da sotto le coperte ed esce dalla stanza in punta di piedi. Sta decisamente scappando. “Ma da cosa?” È la domanda che continua a frullargli in testa tutta la giornata.
Amadeus non fa una sola menzione al comportamento di Fiorello di quella mattina se non a sera, pochi minuti prima di salire sul palco, con una tranquillità che sembra quasi fuori luogo sul palco dell’Ariston «Ah, a proposito Ciuri, non sei costretto a fuggire come un ladro la mattina. Non mi disturbi, davvero.» dice in torno rassicurante prima di lasciarlo piantato lì da solo nel backstage a riflettere sulle sue parole. Fiorello lo osserva. Sul palco è completamente diverso. Quell’atteggiamento naturale e tranquillo che ha adottato con lui in questi giorni scompare. È teso. Costantemente teso. Sempre preoccupato, sempre insicuro, sempre sull’orlo di una crisi di nervi, tranne che quando si trova in sua compagnia.
Anche dopo la seconda sera di Festival Fiorello si sente pervaso dalla stessa irrequietezza delle sere precedenti e anche in questo caso, la calma sopraggiunge appena ha la conferma di poter dormire nuovamente nella camera di Amadeus. Solo che questa volta non dorme come un sasso fino alla mattina dopo. Si sveglia nel mezzo della notte e si rende conto che la testa di Amedeo è appoggiata sulla sua spalla, il suo respiro arriva direttamente contro il suo collo e una delle sue mani è appoggiata sulla sua vita. Fiorello si sente pietrificato per qualche minuto, finché non trova il coraggio di spostare delicatamente l’amico ed allontanarsi da lui di qualche centimetro. Ci mette comunque svariati minuti a riaddormentarsi perché ha l’inspiegabile sensazione di essere in fiamme. In particolare il fianco dove fino a poco tempo prima c’era la mano di Amadeus, la spalla dove era poggiata la sua testa ed il collo dove ha sentito il suo respiro, gli sembra che siano stati marchiati a fuoco.
Nonostante la difficoltà a riaddormentarsi, Fiorello dorme come un bambino. Crede di non aver dormito così bene da anni. Si sveglia sentendosi più leggero, come se fosse ringiovanito di dieci anni. Appena ha il tempo di capire dove si trova però, si sente subito bruciare come la notte precedente. Stavolta sta dando le spalle ad Amedeo, ma il corpo di lui è appoggiato contro la sua schiena, le sue braccia sono avvolte intorno alla sua vita, le mani sfiorano le sue e la sua testa è direttamente appoggiata al suo collo. Le labbra di Amadeus sono a pochi millimetri dalla sua pelle e lui riesce a sentire ogni leggero sospiro che emette. Forse ancora avvolto nel sonno il conduttore si stringe un pochino di più a lui e mugugna appena «Rosario…» Fiorello riesce a sentire ogni leggera vibrazione del suono del suo nome sulla pelle del suo collo e crede di star per esplodere.
Vuole disperatamente scappare, cercare di capire che cosa gli è preso, perché improvvisamente è così strano stare con il suo migliore amico da trentacinque anni, magari visitare un bravo psicologo. Non è che non ci sia mai stato contatto tra di loro, anzi c’è stato spesso. Non solo sono italiani e migliori amici, ma entrambi hanno origini siciliane, insomma il contatto fisico è all’ordine del giorno. È naturale, è frequente e non ha mai causato problemi. Quindi perché adesso all’improvviso Fiorello va in tilt appena Amadeus accenna a toccarlo? Anzi, non esattamente ogni volta che lo tocca, perché in queste due serate hanno avuto parecchi contatti sul palco che non gli hanno provocato quell’effetto. No, quella sensazione… Quella sensazione così strana di calore, di agitazione, di confusione… Quella capita soltanto quando sono nel letto di Amadeus.
Riesce a spostarsi quel tanto che basta per sfuggire alla presa del conduttore e quasi cade dal letto. Si mantiene quasi per miracolo sul bordo del materasso e subito controlla di non aver svegliato Amadeus. Lui si muove appena, chiaramente confuso dall’assenza del corpo di Fiorello mugugna ancora «Rosario…?» e poi lentamente apre gli occhi tornando piano piano alla realtà. Appena mette a fuoco Fiorello sorride ancora intontito dal sonno e lui per un momento crede di star sognando. Amedeo. Ama. Il suo migliore amico. È lì, avvolto nelle coperte che lo guarda con gli occhi ancora semichiusi dal sonno e sorride beato come se avesse appena visto… un cucciolo. Questo non è normale, questo è nuovo, questo non è una cosa da loro. Fiorello è sicuro che in trentacinque anni non ci siano mai stati momenti come questo e per un attimo una voce nella sua testa risponde “ma vorrei che ci fossero stati, tanti, tantissimi momenti come questo.” Fiorello scuote la testa e cerca di tornare alla realtà, ma nel farlo cade sul serio dal letto. Amadeus scoppia a ridere e lui si tira su di scatto cercando di far finta di non essere imbarazzato. «Rosario, tutto bene?» chiede Amadeus improvvisamente più sveglio. Fiorello annuisce «Sì, certo, certo… Ehm… Buongiorno… Scusa, ma perché mi chiami per nome? Non mi chiami mai per nome, sempre “Fiore” o “Fiorello” o… “Ciuri” …» Fiorello si strozza quasi sull’ultimo appellativo, come se gli fosse difficile dirlo. Il conduttore fa spallucce «Non lo so… Non posso chiamarti per nome? Puoi chiamarmi “Amedeo” se ti fa sentire meglio» risponde con calma. «No, no certo che puoi chiamarmi per nome… Solo che… Non importa.» si arrende Fiorello concludendo la conversazione con un gesto della mano. Si affretta a salutare e tornare subito verso la sua stanza.
La terza serata del Festival scorre confusa per Fiorello. Si ritrova carico come una molla, con l’urgenza di scaricare da qualche parte la sua confusione e la sua frustrazione nel non riuscire a capire perché è così diverso con il suo amico. È una delle prime volte dopo tanti anni che ha l’occasione di fare una trasmissione con lui e non una trasmissione qualsiasi: il settantesimo Festival di Saremo. È LA trasmissione. Possono lavorare insieme tutti i giorni, passare nel tempo insieme in albergo… In un certo senso è come una gita scolastica: un’occasione di divertimento e di avvicinamento che non è possibile nella vita di tutti i giorni. Forse è per questo che tutto sembra diverso? Forse è per questo che non riesce a non pensare al modo in cui, se pur per dei brevi momenti, Amadeus lo ha toccato durante la notte? Con… Intimità… Ma un’intimità che non deve chiedere il permesso a nessuno, che non deve chiedere una giustificazione o un contesto… Un’intimità che non deve dimostrare di essere dovuta ad una lunga amicizia per esistere.
Fiorello passa tutta la terza sera a cercare sempre più contatto con Amadeus, vuole vedere se riesce a riprodurre quella sensazione spaventosa e meravigliosa che ha provato nelle ultime sere in un contesto pubblico ed aperto come quello del palco. Scopre molto presto che non ci riesce in alcun modo. La semplicità e la naturalezza di quei gesti non hanno posto nell’intenzione e nell’esagerazione di Fiorello. La riservatezza e l’intimità non hanno posto nel pubblico e nello spettacolo. I silenzi ed i sussurri non hanno posto negli applausi e nei microfoni. Non ha modo di ottenere quello che cerca se non da Amadeus, nel suo letto, nel cuore della notte.
Questa volta Fiorello si è caricato di un’energia completamente diversa da quella delle altre sere. È sì agitato, è sì impossibile da tenere fermo, ma per la frustrazione. Perché il mondo ha deciso di negargli la tranquillità e la serenità che gli hanno donato i gesti intimi di Amadeus. Anzi, non proprio… Perché gli ha negato di ottenerli secondo i suoi termini e la sua volontà.
«Fiore? Sembri… Quasi incazzato…» commenta Amadeus mentre camminano verso l’albergo. Fiorello vorrebbe dire che sì, è incazzato, ma si rende conto che non saprebbe spiegare perché. O meglio, saprebbe spiegarlo, ma solo dopo aver spiegato tutto quello che gli è passato per la testa negli ultimi giorni e ci vorrebbe troppo tempo. «Io… Credo di essere solo teso… Ho bisogno di rilassarmi… Magari è il caso che io dorma nella mia stanza questa sera… Non voglio contagiarti con energie negative o cose del genere… Abbiamo bisogno che il nostro conduttore sia in perfetta forma.» risponde Fiorello tenendo lo sguardo basso e sperando che Amadeus accetti la sua proposta, non tanto perché pensa davvero che sia la cosa giusta, ma perché sa che se Amadeus gli dovesse offrire qualsiasi altra opzione lui non saprebbe dirgli di no.
«Non dire sciocchezze… Puoi tranquillamente dormire da me. Anzi, dicono che il contatto umano durante il sonno non solo faccia dormire meglio, ma aiuti anche a rilassarsi, quindi è seriamente meglio che tu dorma con me questa notte. Dato che sei così… Teso…» risponde il conduttore con un’espressione di rimprovero e Fiorello non osa protestare. È vero che dormire in compagnia aiuta a dormire meglio, ma lui sa che lo manderà al manicomio. Ed è stranamente d’accordo comunque.
Se le sere precedenti Fiorello era entrato in camera di Amadeus con la vergogna di qualcuno che sta per commettere un crimine, questa sera entra con il peso sul cuore di un condannato a morte. È certo che se il suo amico lo sfiorasse anche solo con un dito, lui potrebbe avere un infarto e non riprendersi più. Si è ritrovato a dover gestire questa nuova sensazione senza che nessuno gliela spiegasse e sta davvero facendo del suo meglio, ma non è pronto a nessuna sorpresa.
«Ciuri, mettiti pure a dormire, io devo solo lavarmi i denti.» dice Amadeus mentre scompare dietro la porta del bagno. Perché Fiorello è ancora in piedi in mezzo alla camera da quando sono entrati dieci minuti fa e non ha mosso un muscolo. Si sente improvvisamente preso dall’imbarazzo e si affretta a cacciarsi sotto le coperte, dando le spalle al lato del letto di Amadeus e rimanendo rigido come un pezzo di legno. Il conduttore una volta uscito dal bagno si mette in ginocchio sul letto «Mettiti seduto un momento, per favore, anche con le gambe sul letto se vuoi…» chiede all’amico con la stessa maledetta tranquillità che sta facendo diventare Fiorello scemo. «P-Perché?» chiede temendo chissà quale terribile tortura. Amadeus ride «Perché voglio tagliarti la testa! Rosario! Secondo te perché? Mi ha detto che sei teso, quindi ti faccio un massaggio alle spalle prima di dormire.» spiega il conduttore come se fosse la cosa più naturale del mondo. Quest’uomo non si rende proprio conto di quello che dice. Assolutamente no. Non è solo un problema di quando deve presentare allora, lo tormenta anche nella vita privata.
Fiorello sa che dovrebbe ribellarsi. Date le condizioni in cui ha passato gli ultimi giorni, anche un semplice contatto come quello di un massaggio alle spalle potrebbe seriamente ucciderlo. Ma ha davvero la forza per dire di no? Per resistere alla curiosità di sapere come sarà? Per andarsene e passare sicuramente una notte insonne da solo nella sua camera a rimuginare sul perché non è rimasto? No, ovviamente non ha la forza, probabilmente nessun uomo nella sua posizione l’avrebbe. Quindi si alza, si mette a sedere, con le gambe che penzolano dal bordo del letto e aspetta che Amadeus gli dia il colpo di grazia definitivo.
Amadeus si sistema alle spalle di Fiorello e delicatamente tira verso l’alto la maglia del pigiama dell’amico. Fiorello fa uno scatto di sorpresa ed il conduttore scoppia a ridere «Ciuri… Riesco a lavorare meglio se posso toccare direttamente le tue spalle, piuttosto che la tua maglia.» spiega con pazienza all’ancor più teso Fiorello. “Questa è stata decisamente una pessima idea.” pensa Fiorello, incapace di rilassarsi anche solo per un secondo. Sente Amadeus che si sfrega le mani per scaldarle e poi che le appoggia delicatamente tra le sue scapole prima di cominciare a premere.
Resta teso per un po’, ma presto la sensazione delle dita di Amedeo che scivolano sulla sua pelle e dei suoi muscoli che si sciolgono piano piano lo fa calmare un po’. Riesce a rilassare le spalle ed emette un sospiro di sollievo. Subito si vergogna di averlo fatto. “La situazione è già abbastanza strana. C’è davvero il bisogno di complicarla ulteriormente?” si rimprovera, ma subito sente Amadeus commentare soddisfatto «Visto? È quello che ti serviva: qualcosa di rilassante.» Fiorello in quel momento si rende conto della situazione in cui si trovano. Questo dovrebbe essere il momento di massima tensione per Amadeus, non per lui. E invece il suo amico è più sereno che mai, almeno finché non sale sul palco, mentre lui che è tranquillo sul palco appena scende si trasforma in un disastro. Vorrebbe continuare a considerare l’assurdità della cosa e cercare di capire esattamente perché sta accadendo, ma Amadeus riesce a sciogliere un altro muscolo ed il suo cervello si perde per un momento.
Fiorello si ritrova a sospirare ancora mentre Amadeus continua a massaggiargli le spalle. Sente che disegna dei cerchi nei muscoli delle sue spalle, che calibra con attenzione quando essere delicato e quando premere più forte, che studia ogni singola risposta volontaria ed involontaria per capire dove c’è più bisogno del suo intervento. Il tutto senza dire una singola parola. Tutta la tensione scivola via dal suo corpo e diventa solo uno sfocato ricordo. Fiorello si concentra solo sui polpastrelli di Amadeus che premono nelle sue spalle e nel suo collo e sulle tracce che sembra lascino sulla sua pelle. Si lascia scappare altri sospiri e gli sembra di sentire una leggera risata soffocata alle sue spalle.
Quando sente di essere più calmo che mai e che le palpebre cominciano ad appesantirsi, Amadeus si interrompe e gli porge la maglia del pigiama. «Ecco, dovrebbe bastare.» annuncia mentre si sdraia nel letto «Buonanotte Rosario.» aggiunge prima di spegnere la luce. Fiorello resta per un attimo fermo immobile, disorientato dall’improvvisa assenza delle mani di Amadeus sulla sua schiena e dal comportamento del suo amico. Si rimette la maglia del pigiama alla ceca e si stende ancora confuso. Mentre ripensa a quanto appena successo, ad ogni centimetro di pelle che Amedeo ha toccato e cosa potrebbe dirgli adesso se avesse la forza di parlare, si addormenta.
La mattina successiva Fiorello si risveglia sereno, fino al momento in cui ricorda cosa è successo la notte scorsa. È come se riuscisse ancora a sentire le mani del suo amico sulle sue spalle. Si rende conto di essersi attorcigliato ad Amadeus nel sonno, stringendosi al suo petto, avvinghiando le gambe intorno alle sue e appoggiando la testa alla sua spalla. Mentre dormiva ha cercato ed ottenuto tutto il contatto possibile, apparentemente senza che il conduttore se ne rendesse conto. Vuole scivolare via come ha fatto le sere precedenti, ma vuole anche restare lì, fermo, a bearsi del calore di Amedeo. Osserva il suo petto che si solleva e si abbassa lentamente e sa che se muovesse un pochino la testa riuscirebbe a sentire il battito del suo cuore. Proprio quando sta per cedere al desiderio di farlo, Amadeus inizia a muoversi e si mette su un fianco con la faccia nella sua direzione, costringendo Fiorello a spostarsi dalla sua posizione. Per un breve istante il volto del conduttore è a pochi millimetri dal suo esattamente come era capitato la seconda mattina. Sente il desiderio di riempire quella distanza, anche solo per un secondo, e scoprire se le labbra di Amedeo sono calde come il resto del suo corpo.
“Ma che minchiate vado a pensare” si ritrova a dirsi da solo, ma allo stesso tempo non riesce a distogliere lo sguardo dal volto di Ama e dalla curva delle sue labbra. Basterebbe che si muovesse solo un millimetro di più… Accenna un movimento e subito si morde la lingua per tornare alla realtà. Si allontana con delicatezza e scappa. Fugge davvero come un ricercato, torna nella sua stanza solo per vestirsi e poi corre fuori dall’albergo per farsi una passeggiata. Non serve a molto. La sua testa continua a fornirgli immagini di Amadeus sdraiato nel letto, della sua espressione serena, del suo respiro leggero, delle sue labbra così vicine… È questo il motivo dei suoi comportamenti strani? Ha deciso di avere davvero questo risveglio adesso? Alla sua età? In una situazione simile? Per Ama? Sente di aver bisogno di bere, tanto. Deve almeno riuscire a dimenticare il suo nome. Ed ecco che riesce a risentire Amedeo che sussurra il suo nome nel sonno, il suo respiro che gli colpisce il collo.
Fiorello ha scoperto adesso di…? Cosa? Avere una cotta per il suo migliore amico? Non ha dodici anni. Di avere sentimenti contrastanti? Di avere desideri nuovi? No. Non è possibile che le cose cambino in questo modo dopo tutti questi anni di amicizia, non è possibile… Quindi vuol dire che non si tratta di sentimenti o di desideri nuovi. Si deve trattare per forza di qualcosa che era già lì, sepolto per anni ed anni, dentro di lui. Qualcosa che per un crudele scherzo del destino ha deciso di riemergere adesso. Sa che ne dovrebbe parlare con Amedeo. È su questo che si basa la loro amicizia: sul dirsi sempre tutto. Non può, anche se vorrebbe tanto, nascondergli una cosa simile. Ma deve farlo davvero adesso? In questa situazione? Durante il Festival di Sanremo? E se distraesse Amadeus dal suo lavoro? Decide di tornare indietro e fare finta di niente. Potrà raccontare ad Ama cosa gli è successo in questi giorni una volta che il festival si sarà concluso.
Il piano di Fiorello fallisce ancora prima di cominciare. Non ha neanche il tempo di pensare a quando sarebbe un buon momento per poter parlare tranquillamente con Amadeus, perché lui lo avvicina prima di salire sul palco per la quarta serata. «Dopo la puntata di oggi… Possiamo parlare? Credo che ci sia qualcosa che non va e voglio confrontarmi con te…» dice il conduttore evitando lo sguardo dell’amico e fiondandosi subito sul palco per salutare il pubblico. Adesso tutta l’attenzione di Fiorello non può che essere concentrata su quella richiesta, perché ovviamente da quel momento in avanti non ha neanche un secondo libero per poter chiedere chiarimenti ad Amadeus prima della fine dello spettacolo. E non solo: la quarta sera si rivela essere un caotico disastro che non finisce più.
Dopo la fine della puntata Amadeus e Fiorello si ritrovano a vagare per le strade di Sanremo vicine al teatro alla ricerca di Bugo e di Morgan, di chiunque riescano a trovare per primo. La situazione è disperata, soprattutto per Amadeus che non riesce a calmarsi neanche per un momento, troppo concentrato sul disastro appena avvenuto. Fiorello invece non riesce a smettere di pensare alle sue parole e si sente un’egoista. Bugo è scomparso, il Festival potrebbe risultare un fallimento per via della scena avvenuta sul palco, sicuramente ne è già nato uno scandalo e lui se ne sta lì a pensare a “Chissà di cosa deve parlarmi Ama… Dio spero che non abbia notato il mio comportamento di questi giorni perché non ho idea di come affrontarlo direttamente su una cosa simile.” Davvero, è il massimo dell’egoismo, specialmente perché al momento il suo amico è accanto a lui che sta andando nel panico per riuscire a trovare un cantante scomparso.
Bugo viene ritrovato, l’emergenza finisce e lo scandalo resta qualcosa che verrà affrontato il giorno dopo, o i giorni dopo, o le settimane dopo, a seconda di quanto la televisione italiana deciderà di parlarne. In ogni caso è una preoccupazione che può aspettare, in questo momento quello che importa è riposare. Fiorello dà per scontato che con tutto quello che è successo e con la stanchezza assurda che si sente addosso, non ci sarà assolutamente bisogno di dormire in camera di Amadeus e soprattutto spera che il suo amico si sia completamente dimenticato del proposito di parlagli grazie allo stress. Si sente davvero un pessimo amico per aver anche solo pensato una cosa simile.
Le stelle però sembra che non siano dalla parte di Fiorello perché quando arrivano nel corridoio dove si trovano le loro camere Amadeus appoggia la testa contro la sua spalla e senza guardarlo in faccia mormora «Ti dispiace dormire ancora da me? Sono troppo stressato per riuscire ad addormentarmi, magari con la tua presenza avrò più fortuna…» la sua voce è così distrutta che Fiorello si sentirebbe un mostro a dire di no… O forse no, forse vuole soltanto avere una scusa, una qualsiasi, per dormire ancora nel letto di Amadeus. Forse tutto quello che ha fatto fino ad adesso è stato trovare scuse per passare la notte con il suo amico. Cerca di scacciare il pensiero dalla sua testa ed acconsente a dormire ancora con Amedeo, subito dopo aver recuperato il suo pigiama dalla propria stanza.
Amadeus si prepara molto lentamente per andare a dormire, come se ogni movimento gli costasse non solo una quantità immensa di fatica, ma anche un forte dolore. Fiorello vorrebbe intervenire, dire qualcosa, fare qualcosa, qualsiasi cosa, ma si ritrova nuovamente bloccato ad osservare il più discretamente possibile il suo amico dal suo posto sul letto. Amadeus fa finalmente capolino da bagno con il pigiama addosso, si dirige verso il suo lato del letto e spegne la luce appena si sdraia. Fiorello pensa che non ci sarà alcun tipo di interazione questa volta, che si addormenteranno entrambi nel silenzio, ma poi sente Ama che si rivolta nel letto, appoggia la fronte contro la sua schiena e stringe la sua vita con le braccia. Istantaneamente Fiorello si pietrifica.
«Ho bisogno di contatto per questa sera…» spiega il conduttore sottovoce «Ho bisogno di te.» continua mentre si sistema per sfregare la faccia contro la nuca del suo amico «Ciuri… Sono… Sono molto felice che tu abbia dormito con me in queste sere, mi ha davvero aiutato a stare più tranquillo… Anche se tu questa mattina e due giorni fa sei scappato prima che mi svegliassi… Sai che non c’è bisogno di fare così con me… Siamo amici da troppi anni per dover essere imbarazzati dell’aver dormito nello stesso letto…» Fiorello continua a non riuscire a muoversi, anche se il tono di Amadeus è così calmo che sembra che stia approcciando un animale ferito, con la delicatezza e l’attenzione di un esperto. Di cosa sarebbe l’esperto Amadeus in questo contesto? Fiorello non ne è sicuro, non è neanche sicuro di quale sia esattamente il contesto, così resta in silenzio sperando che Amedeo pensi che si sia addormentato e smetta di parlare, o sperando che vada avanti comunque senza esigere da lui una risposta. Il conduttore non chiede se Fiorello lo sta ascoltando, ma continua a parlare lo stesso «Certo, a meno che l’imbarazzo non sia per qualcos’altro… Abbiamo dormito altre volte nella stessa stanza, nello stesso letto, soprattutto quando eravamo più giovani. Quindi se all’improvviso sei imbarazzato dall’averlo fatto e sparisci la mattina come se avessi commesso un crimine, vuol dire che c’è qualcos’altro, no? Ci ho pensato molto… Era il contatto che ti aveva dato fastidio? Non poteva essere, perché sul palco non ti sei fatto problemi… Doveva essere qualcosa che è accaduto solo qui.» Amadeus emette un leggero sospiro che si infrange sulla nuca di Fiorello, causandogli un brivido «Cosa poteva mai averti spinto a scappare da me?» il tono della voce del conduttore è più triste come se avesse davvero avuto la sensazione che il suo migliore amico non volesse la sua compagnia, ma continua comunque il suo discorso «Il tuo comportamento era così strano… E poi finalmente ho capito questa mattina… Mi sono svegliato prima di te, ma non mi sono mosso. Volevo godermi un altro po’ il letto, capisci?» Amadeus ridacchia e Fiorello si sente avvampare temendo di sapere dove sta andando a parare il discorso «Insomma ero sveglio, ma non ho aperto gli occhi, per restare in quello stato di quiete… Poi mi sono accorto che tu ti era avvinghiato a me durante la notte, che ti eri appena svegliato e volevo… Non sono sicuro di cosa volessi fare davvero… Credo testare una teoria… Così mi sono girato per ritrovarmi faccia a faccia con te.»
Ormai Fiorello è sicuro di aver capito che cosa vuole dire Amedeo ed è sicuro di non poterlo sopportare. In negativo o in positivo, finché la prossima frase del conduttore resta sospesa tra la sua mente e la sua bocca, la loro amicizia è salva. Come potrebbero mai affrontare un cambiamento simile? Deve fare qualcosa, prima che sia troppo tardi. «Ama…» cerca di dire, ma si ritrova a non sapere come continuare, quindi si volta per guardare l’amico dritto negli occhi, per quanto l’oscurità della stanza possa permettergli. Amadeus lo osserva con gli occhi che luccicano e Fiorello ha improvvisamente il dubbio che sia sul punto di piangere. «Rosario so che mi hai quasi baciato.» annuncia il conduttore guardandolo fisso negli occhi e Fiorello non riesce a decifrare la sua espressione troppo preso da come adesso il cuore gli stia martellando contro la cassa toracica. È sicuro di non aver mai conosciuto il vero significato della parola “panico” fino questo istante.
«Ama… Io…» per quanto si sforzi non riesce a trovare le parole, non sa neanche cosa vorrebbe dire esattamente. Che non voleva? Sarebbe una bugia gigantesca e Amadeus non ci crederebbe neanche per un attimo. Che era solo uno scherzo? Una bugia ancora peggiore. Come potrebbe scherzare in modo simile con Amadeus? Fiorello sputa fuori qualche altra sillaba sconnessa nella speranza che le parole vengano fuori da sole prima o poi. Il conduttore sorride leggermente ed appoggia delicatamente l’indice sulla bocca di Fiorello per fargli segno di restare in silenzio. Parla ancora, la voce debole «Come stavo dicendo, so che volevi baciarmi. E se non fossi scappato questa mattina, sapresti che lo voglio anche io.» conclude Amadeus con un altro piccolo sorriso.
Troppi pensieri passano per la testa di Fiorello tutti in una volta, tanti che non è neanche capace di processarli del tutto. Sa solo che questo è il momento di rottura. Da qui non si torna indietro, mai più. Però anche se credeva che si sarebbe sentito male, si sente invece sollevato. In un qualche modo questa è una liberazione. Trattiene il respiro per un momento mentre Amedeo si fa avanti di qualche centimetro per posargli un casto bacio sulle labbra. È appena un contatto. Quello che potrebbero fare due ragazzini timidi ai primi appuntamenti. Ma Fiorello lo sente come una scossa elettrica, un fiume in piena, un terremoto che lo attraversa e lo sconvolge. Non riesce a trattenersi dal farlo ancora, assaporarlo giusto un momento di più, poi ancora, ancora, ancora, ancora, finché non sta riempiendo Amedeo di baci, sempre più lunghi, sempre più languidi, sempre meno casti. Continua finché non sente un sospiro provenire dal conduttore che si scioglie in una risatina. Non può fare a meno di fermarsi e sorridere in risposta.
«Tutto okay?» chiede Fiorello con una punta di incertezza. Amadeus gli accarezza il viso con delicatezza «Più che okay…» lo rassicura subito e poi aggiunge «Non che non apprezzi la tua foga, ma… Abbiamo ancora una levataccia domani… Per quanto vorrei continuare la nostra attività, credimi vorrei tanto, ho ancora un festival da condurre. Ma se domani non scappi di nuovo, la notte posso essere tutto tuo.» spiega Amadeus lasciando un ultimo leggero bacio sull’angolo della bocca di Fiorello «Non vado da nessuna parte, lo giuro.» risponde a bassa voce stampando un ultimo bacio sulle labbra del conduttore.
La mattina dopo Fiorello si sveglia nuovamente avvinghiato ad Amadeus, ma non si azzarda a muoversi. Il panico, traditore, decide di tornare ancora, facendo dubitare che quanto successo la scorsa notte sia vero, facendogli dubitare che sia stata una buona idea, facendogli dubitare perfino che Amadeus lo voglia al suo fianco, ma appena il conduttore si sveglia e con gli occhi ancora semichiusi dal sonno gli sorride sussurrando «Buongiorno, Ciuri.» tutti i dubbi di Fiorello scompaiono all’improvviso. Non c’è nessuna menzogna, nessuna illusione e nessun errore nel modo in cui Ama gli sorride. «Buongiorno, Ama.» risponde sottovoce e si avvicina per baciarlo delicatamente «Sono felice di vedere che non sei scappato.» commenta il conduttore con un sorriso e Fiorello ridacchia «Da adesso giuro che non ti libererai più di me.» risponde baciandolo ancora «O dei miei baci… Ho recentemente scoperto che mi piace baciarti.» aggiunge un attimo dopo ed Amadeus ride «Bene, perché piace anche a me.»
Si alzano con calma, preferendo restare il più possibile a letto, prima di cominciare quella che sarà la giornata più difficile dall’inizio del Festival. Fiorello resta ad osservare Amadeus che si prepara fino all’ultimo minuto, poi non può evitare di doversi separare da lui per andare nella sua stanza a vestirsi. «Credi che riuscirai ad essere professionale questa sera?» dice al conduttore poco prima di uscire. Amadeus lo guarda confuso per un attimo. «Beh, riuscirai a non farti distrarre troppo dal pensare a me?» aggiunge Fiorello con un ampio sorriso. Amadeus afferra un cuscino e glielo lancia «Non dire minchiate!» gli grida prima di scoppiare a ridere. Fiorello si affretta ad uscire prima che il conduttore trovi altri oggetti da lanciare, ma nonostante la frettolosa fuga è quasi certo di averlo visto arrossire. Non male per due della loro età.
Ovviamente Fiorello non può trattenersi dal fare qualche numero. Sentirsi il cuor leggero significa anche che si sente più libero di essere aperto. Per la maggior parte della gente ha solo deciso di esagerare il suo comportamento dei giorni precedenti, stando ancora più vicino ad Amadeus, coinvolgendolo in ancora più sketch ed assurdità. L’unico nel backstage che lo guarda come se avesse capito tutto, per qualche strano giochetto di telepatia, è Tiziano Ferro. Fiorello gli lancia un’occhiata circa a metà sera e il cantante sorride e basta con un’espressione che può significare “Lo so. Sono felice per voi.”, o almeno lui lo interpreta così.
Fiorello è uno showman, e da bravo showman si sente obbligato a prendere in giro Ama almeno un po’. Aveva uno sketch pronto, qualcosa sulle differenze generazionali, ma a metà del suo discorso, preso dall’euforia pensa “Ma che minchia me ne frega a me ed a loro delle differenze generazionali? Divertiamoci un po’.» e decide di deragliare l’intera trasmissione. Cosa possono fare? Fermarlo? E ammettere che non aveva assolutamente il permesso di fare un numero che davvero divertendo il pubblico? È così che si ritrova a deviare il suo stesso sketch per costringere Amadeus a ballare un lento con lui. Ovviamente deve essere il lento più imbarazzante possibile per Amedeo, Fiorello deve essere sicuro che scenda dal palco come minimo non rosso, bordeaux. Quindi ci scherza sopra «Sei etero?» gli chiede prima di cominciare e si gode la confusione che passa sul volto di Ama che probabilmente sta dubitando di essere sveglio in questo momento e poi aggiunge «Beh, pure io.» sforzandosi di non ridere all’ulteriore disorientamento che ha causato. Poi Fiorello si assicura di mantenere il maggior contatto possibile, vuole dare uno spettacolo che l’Ariston dimenticherà difficilmente. Quando sente che il conduttore sta quasi per morire dall’imbarazzo, gli dà un colpo d’anca e conclude il suo numero. Amadeus è positivamente perso a quel punto, ma Fiorello ha ancora una canzone da cantare ed ovviamente deve essere una serenata.
La serata si conclude splendidamente. Il Festival ha avuto un grande successo, e anche se Fiorello sospetta che non sia del tutto merito di Ama, non può fare a meno di essere fiero di lui. Lo vede così pieno di energia e così felice e non può fare a meno di sentirsi bene di riflesso. Aspetta con impazienza che la conferenza stampa post-finale finisca, per costringere Amadeus a mantenere la sua promessa di essere “tutto suo” una volta finito il Festival. Finito… Non proprio, andrà avanti ancora qualche giorno tra interviste e notizie, però non sarà la stessa cosa e Fiorello sente che gli mancherà tantissimo.
Amadeus e Fiorello rientrano in albergo insieme come le altre sere e sono stranamente tranquilli. Non è la stanchezza a tenerli buoni, quanto il non sentire il bisogno di andare di fretta. «Manterrai la tua promessa?» chiede Fiorello di colpo mentre camminano, improvvisamente preso dall’insicurezza. Non sa perché, in fondo non ha assolutamente nessun motivo di sentirsi insicuro. Non si sono detti niente, non hanno davvero chiarito le cose, ma si sono baciati e… Dovrebbe bastare a farlo stare tranquillo, ma per qualche motivo non gli basta. Amadeus lo prende per uno scherzo per un attimo e ci ride sopra «Uhm… Non sono sicuro…» dice prima di notare l’espressione tesa di Fiorello «Ehi, ehi… Sto scherzando. Cosa ti prende?» aggiunge subito. Fiorello tiene lo sguardo basso «Ecco… Non abbiamo veramente parlato… E insomma… E adesso? Cosa siamo adesso? Cos’è questo? Perché c’è questo? Non hai bisogno di risposte chiare? Di certezze?» risponde cercando di trasmettere tutta la sua insicurezza al conduttore. Fiorello si sente strano. Tra loro non è mai lui quello incerto.
Amadeus ridacchia e si ferma per poter guardare Fiorello in faccia «Ciuri… Se ne hai bisogno ne possiamo discutere, ma personalmente credo che sia una situazione piuttosto semplice, la più semplice di tutte. Io provo dei sentimenti per te, che vanno oltre l’amicizia, sono attratto da te e ti voglio.» Amedeo lo dice con una chiarezza ed una sicurezza che fanno sembrare il discorso la cosa più ovvia del mondo «E tu?» chiede subito dopo, se è preoccupato della risposta non lo da assolutamente a vedere. Fiorello rimane bloccato un secondo. Non sta sognando, non si sta immaginando il tutto, sta accadendo davvero, questo è reale. Ama ha appena ammesso di essere innamorato di lui, senza usare queste esatte parole, ma comunque conta come una dichiarazione. Non si tratta più di una supposizione, adesso è una verità, un fatto. «Io… Sì… Davvero, sì… Sono solo confuso. Mi sembra che sia accaduto tutto così in fretta e non è possibile perché ci conosciamo da troppo tempo e queste cose non capitano dall’oggi al domani…» comincia a dire Fiorello perdendosi molto in fretta nel suo stesso discorso, Amadeus appoggia le mani sulle sue spalle e lo interrompe «Ha importanza?» chiede, ma come unica risposta ottiene uno sguardo confuso quindi continua «Ha importanza quando, come, perché o con che rapidità è successo? Può essere che sia accaduto questa settimana, può essere che sia accaduto dieci anni fa, può anche essere che sia accaduto il giorno che ci siamo conosciuti, ha davvero importanza quando è stato? Non basta che qui ed ora ce ne siamo accorti? Non basta che qui ed ora possiamo stare insieme?» spiega il conduttore guardando Fiorello direttamente negli occhi con lo sguardo più deciso che mai. Fiorello non riesce a far altro che scuotere la testa tutto tremante ed appena si rilassa non può fare a meno di prendere il volto di Amedeo tra le mani ed avvicinarsi per baciarlo. Si ferma a qualche millimetro dalle sue labbra e osserva per un attimo la sua espressione persa prima di spingersi in avanti con quasi tutto la sua forza. Le sue mani passano dal viso al collo ed alla vita e il bacio diventa più lento, più dolce. Appena si separano Amadeus abbassa lo sguardo e si schiarisce leggermente la voce «Direi che ci siamo chiariti.» commenta con un filo di voce.
Quando si ritrovano nel corridoio dell’albergo Fiorello apre la porta della sua camera e saluta con la mano Amadeus «Allora io vado a dormire, buonanotte eh.» dice prima di fare il primo passo dentro la stanza. Amadeus lo afferra per il colletto e lo costringe a fare marcia indietro «Dove credi di andare.» dice mentre lo spinge contro la porta della sua camera. Si guardano per un momento, sorridendo entrambi e cercando di trattenersi dal ridacchiare. «Allora?» chiede Fiorello sottovoce e subito Amadeus si fionda sulle labbra lasciando tanti piccoli e rapidi baci «Tu dormi con me stasera.» risponde il conduttore sorridendo sulle sue labbra mentre con una mano sblocca la porta dietro di loro. I due non si separano neanche per un attimo, trasformando i piccoli baci di prima in un unico languido bacio, mentre inciampano dentro la stanza cercando alla ceca un interruttore. Cadono entrambi sul letto e Fiorello, schiacciato dal peso di Amedeo riesce ad accendere la luce del comodino. Appena riescono di nuovo a vedersi in faccia sono costretti ad interrompersi perché non riescono a fare a meno di sorridere.
«Cominciamo dal toglierci i cappotti, che dici?» propone Amadeus alzandosi in piedi, subito imitato da Fiorello ed entrambi lanciano i loro cappotti in un angolo della stanza, seguiti subito dalle eleganti scarpe e dalle calze. Fiorello arriccia le dita finalmente libere dalla costrizione delle calzature e guarda per terra «Non sono esattamente sicuro di come dovremmo procedere adesso.» ammette Fiorello evitando lo sguardo di Amadeus. Il conduttore sorride e si avvicina a lui lentamente «Adesso…» comincia a dire mentre gli sfila lentamente l’elegante giacca di Fiorello «…Capiamo insieme, con molta calma…» prosegue lasciando piccoli baci sulle sue labbra, poi lungo la mandibola fino ad arrivare al collo «…Che cosa vogliamo fare…» aggiunge mentre inizia a sbottonare i primi bottoni della camicia «Senza fretta e senza forzature.» conclude tornando a guardare Fiorello negli occhi per cercare il suo assenso. Lui resta quasi in trance. È così sopraffatto dalle emozioni da non sapere neanche che cosa sta provando di preciso. Lo sguardo che Ama gli sta rivolgendo è abbastanza per togliere qualsiasi preoccupazione dalla sua testa. Lo bacia con cautela, con delicatezza, assaporando ogni millimetro delle sue labbra e della sua bocca ed azzardandosi ad aggiungere la lingua al bacio. Amedeo non protesta, anzi, emette un sospiro soffocato che Fiorello non sarà mai capace di dimenticare. In un attimo la delicatezza viene dimenticata, si aggrappano l’uno all’altro come se ne dipendesse la loro vita, mordono l’uno le labbra dell’altro ed allungano le mani per sbottonarsi a vicenda le camicie. Fiorello toglie in fretta la giacca ad Amadeus e per poco non strappa la sua camicia mentre lo fa cadere sul letto.
Il conduttore ride «Preferirei arrivare intero a domani mattina, sai?» commenta e Fiorello resta un attimo bloccato dall’imbarazzo, poi Amadeus gli prende il viso tra le mani per abbassarlo e continuare a baciarlo. Fiorello inizia a scendere con i suoi baci lungo il collo, lungo la clavicola, sullo sterno, concentrandosi su ogni centimetro di pelle a sua disposizione. I sospiri di Amadeus aumentano e lo incoraggiano a continuare. Scende ancora fino ad arrivare al bordo dei pantaloni di Amedeo e quello che sfugge dalle sue labbra è decisamente un gemito soffocato. Fiorello si sente avvampare. È consapevole di essere stato lui la causa di quel suono ed è un potere che non sa come gestire. Si interrompe, continuando solo ad accarezzare delicatamente i fianchi dell’uomo sotto di lui «Ama… Io… Non so cosa voglio fare…» ammette a bassa voce, mordendosi le labbra come se si vergognasse profondamente di aver anche solo pensato una cosa simile. Amadeus si mette a sedere e guarda Fiorello negli occhi mentre gli accarezza una guancia «Puoi farmi tutto quello che vuoi.» dice serio e Fiorello deglutisce a fatica «O puoi anche non fare niente…» continua il conduttore facendo scorrere un dito lungo le braccia e il lungo il petto dell’altro uomo «… E lasciar fare me…» suggerisce con un sorriso «E possiamo anche non fare assolutamente niente. L’importante è che tu non ti senta costretto a fare nulla che tu non voglia. Basta solo che mi dici che cosa vuoi ed io ti accontenterò.» conclude Amadeus baciandolo ancora una volta.
Fiorello prende un respiro profondo cercando di schiarirsi la mente ed interrogarsi su cosa voglia esattamente. Non vuole fare errori, non vuole macchiare con dei brutti ricordi questo momento e per assicurarsi che questo accada deve essere sicuro, assolutamente sicuro di che cosa vuole. Una serie infinita di immagini gli passano per la testa e la maggior parte, per quanto piacevoli gli provocano solo del panico. Piccoli passi. Ha bisogno di andare a piccoli passi. Questa non è l’ultima notte che ha a disposizione sulla terra e non ha senso avere fretta di fare cose per cui non è veramente pronto. Basta mantenere le cose semplici, gli piacciono le cose semplici nonostante quello che gli altri possano pensare di lui. C’è in fondo un unico pressante desiderio che ha assolutamente bisogno di soddisfare in questo momento e decide di chiedere ad Amedeo di soddisfare quello. «Voglio toccarti.» dice semplicemente con la voce strozzata. Amadeus trattiene il respiro ed annuisce con forza, tornando a stendersi sul letto «Sono tuo, Fiore. Solo tuo.» dice con filo di voce.
Fiorello si ferma ad ammirarlo per un attimo: lo sguardo perso rivolto verso di lui, il petto arrossato dai baci che gli ha dato prima e l’intero corpo che trema, quasi impercettibilmente. Quando abbassa lo sguardo Fiorello nota per la prima volta l’erezione nei pantaloni di Amadeus, si rende conto di essere in condizioni simili e sente il desiderio di toccare l’altro uomo crescere sempre di più. ricomincia a baciare il petto di Amedeo mentre con le mani che tremano slaccia la sua cintura e gli sfila lentamente i pantaloni e i boxer. Non sa esattamente che reazione si aspettava di avere in questo momento, ma la sensazione che il suo cervello sia andato in cortocircuito sicuramente non è una sorpresa. Fiorello ricomincia a baciare Amedeo a bocca aperta, senza controllare la sua foga e fermandosi di tanto in tanto per mordergli le labbra, nel frattempo fa scendere una mano tra le sue gambe e inizia a toccare delicatamente la sua erezione. Ammira Amedeo che si scioglie letteralmente sotto di lui, mentre si morde le labbra per trattenere i gemiti. Non sa esattamente cosa dovrebbe fare quindi cerca di pensare a quello che piace a lui e tenta di riprodurlo nei movimenti della sua mano, mentre continua a lasciare baci ovunque riesca ad appoggiare la bocca.
Quando Fiorello crede che Amedeo non possa farlo impazzire più di così, lui spinge il bacino verso la sua mano e si lascia sfuggire un vero e proprio gemito «Ah… Rosario-» prova a parlare ma viene subito interrotto da una serie di piccoli gemiti che ormai non si cura più di trattenere. Fiorello viene preso da un profondo istinto di possessione e stringe la mano libera intorno al fianco di Amedeo «Dillo ancora.» sussurra «Dì ancora il mio nome.» aggiunge e subito Ama inizia a cantilenare il suo nome tra un gemito e l’altro, spezzando più volte ogni sillaba con i suoi sospiri. A questo punto Fiorello non riesce più a fermarsi e continua a toccare l’erezione di Ama, scorrendo per la sua lunghezza, soffermandosi sulla punta e non smette mai di baciare, mordere e succhiare il suo collo scoperto. Non gli importa di altro se non di far provare piacere ad Ama, ogni suo pensiero è concentrato solo su quell’obbiettivo. I gemiti che provengono dalla sua bocca sono musica alle sue orecchie e vorrebbe sentirli ancora e ancora e ancora. Ama si morde le labbra e si sforza di parlare mentre ansima «Ro- Ah… Rosari- Oh… Oddio… Ci sono quasi… Sto per-» riesce a dire con un filo di voce e Fiorello non riesce a rispondere, concentrato solo sul muovere la sua mano più velocemente, a lasciare sempre più baci sul collo di Amadeus, finché non viene nella sua mano con il suo nome sulle labbra.
Fiorello non può fare a meno di sentirsi fiero mentre osserva Ama che fatica a riprendere fiato, le guance rosse, la fronte imperlata di sudore, completamente sopraffatto. Sapere di essere stato lui ad avere quell’effetto gli dà una sensazione di potere e di piacere che non ha mai provato prima. Si alza per portargli un asciugamano e lo aiuta a ripulirsi dal seme che gli è rimasto sullo stomaco. Non può fare a meno di notare come tutto questo gli sembri naturale, quasi familiare, sicuramente giusto. Il conduttore riesce lentamente a mettersi seduto sul letto e baciarlo pigramente «Sei… Sei stato perfetto…» riesce a sussurrare con voce stanca, poi lo spinge leggermente per farlo sdraiare dove prima si trovava lui «E adesso voglio ricambiare il favore…» aggiunge con un sorriso. A Fiorello basta sentire quella frase per fremere in anticipazione. Ama può fargli qualsiasi cosa in questo momento, può anche decidere di calpestarlo e lui lo ringrazierebbe.
Amedeo, come ha fatto lui prima, inizia dal baciargli la mascella ed il collo, ma al contrario di lui si sofferma sulla sua giugulare per mordere delicatamente e succhiare la sua pelle. Scende molto lentamente, prendendosi tutto il tempo per lasciare una sottile scia di morsi e segni. Ogni centimetro della sua pelle sta bruciando e Fiorello sente di impazzire, vuole più contatto, più attenzioni, vuole sollievo, ma Ama non accenna a volerlo toccare dove più ne ha bisogno. Fiorello sospira ed emette dei leggeri lamenti, ma Amadeus sembra ignorarlo. Mentre continua a coprirlo di morsi e baci lo accarezza delicatamente con le mani lungo il petto, intorno ai fianchi, fa scivolare una mano sotto di lui e solleva leggermente il suo bacino per stringergli il culo, gli slaccia i pantaloni ma non glieli sfila. Fiorello si ritrova a muovere il bacino verso l’alto alla disperata ricerca di un qualsiasi tipo di frizione, ma Ama lo tiene fermo con una mano e ridacchia «Ho io il controllo adesso, Fiore… Dovrai essere paziente.» dice con uno sguardo di sfida. Ritorna a baciare il suo petto e succhia delicatamente uno dei suoi capezzoli. Fiorello si fa sfuggire un leggero gemito e subito si morde il labbro. Ama ride contro la sua pelle e continua la sua opera prima da una parte e poi dall’altra.
Quando finalmente il conduttore ricomincia la sua inesorabile discesa lungo il suo corpo, Fiorello è sicuro di non ricordarsi nemmeno come si chiama. Non c’è spazio per nessun pensiero nel suo cervello, troppo perso nelle attenzioni che Amadeus gli sta dedicando. Sente che i suoi baci arrivare al bordo dei suoi pantaloni ed è sicuro di star per perdere i sensi, non riesce neanche ad immaginare come si potrà sentire quando Ama starà effettivamente toccando la sua erezione. Il conduttore gli sfila i pantaloni e li getta ai piedi del letto, ma gli lascia addosso i boxer e Fiorello, confuso vorrebbe chiedere perché ma appena apre la bocca per provare a parlare, Amedeo bacia la sua erezione attraverso i boxer e tutto quello che esce dalla bocca di Fiorello è un lamento strozzato. «Ah… Ama… Ti prego… TI prego… Sto impazzendo… Ti prego…» comincia a cantilenare appena trova la forza di parlare. Amadeus alza lo sguardo per stabilire un contatto visivo e sorride «Dovrai essere più specifico con le tue richieste, Ciuri…» dice trattenendo una risatina. Fiorello butta la testa contro il cuscino e emette un lamento di frustrazione. Quest’uomo. Incredibile. Sempre tutto timido, nervoso, insicuro, ed è questo il momento in cui decide di dimostrargli di saper essere assolutamente in controllo della situazione? È questo il momento in cui decide di dimostrargli di poterlo costringere a fare qualsiasi cosa? Perfino pregarlo?
«Ti prego… Ama…» dice a fatica tra un respiro spezzato e l’altro «Fai qualcosa, toccami… Ho bisogno… Non resisto più… Ama… Ti prego… Toccami…» non riesce nemmeno a formare una frase completa, troppo perso nel suo bisogno, troppo concentrato sulla sua erezione dolorante e si sente patetico. «Dato che lo hai chiesto così bene…» scherza Amadeus abbassando di nuovo la testa. Prima di aiutarsi con le mani decide di tirare giù i suoi boxer con i denti per i primi centimetri e Fiorello si sente davvero morire. Crede che non possa essere peggio di così, che ormai non c’è niente che lo possa sconvolgere di più, ma Ama non lo tocca come ha fatto lui prima al suo posto, no, Ama lo prende in bocca. Il suono gutturale che gli esce dalle labbra è qualcosa di innaturale, che gli rimbomba nelle orecchie per svariati secondi. È questo il momento in cui Fiorello si rende conto, e non sa perché ci ha messo così tanto a capirlo, che questo chiaramente non è il primo rodeo di Amadeus. Perché i suoi movimenti non sono incerti, neanche un po’. Sa esattamente dove si può permettere di passare con delicatezza i suoi denti, dove lasciare baci e dove dare delle piccole leccate. Riesce a prendere la maggior parte della sua lunghezza in bocca senza apparente sforzo e lo succhia con la stessa naturalezza che avrebbe con un ghiacciolo. Non può fare a meno di buttare la testa all’indietro e stringere i pugni nelle lenzuola fino a che le sue nocche non diventano bianche.
Fiorello non riesce più a parlare, solo a gemere, così forte che pensa che probabilmente lo stiano sentendo fino a Genova. Ma non gliene frega niente. Ha appena scoperto che Amadeus è a quanto pare un dio dei pompini, ha tutto il diritto di reagire in quel modo. Per un breve momento si chiede perché, in tutti questi anni, non ha mai saputo questo dettaglio e poi si dà da solo dell’idiota. Perché quando mai una persona normale si mette a parlare delle proprie abilità sessuali con i propri amici? Soprattutto nel loro caso, dato che Fiorello non sapeva neanche dell’attrazione di Amedeo per il genere maschile… Sì dà dell’idiota di nuovo. Lo sapeva. In un qualche modo lo ha sempre saputo, semplicemente ha sempre sepolto l’informazione in un qualche angolo del suo cervello per anni ed anni. In fond- I suoi pensieri vengono interrotti da un improvviso risucchio di Ama che lo fa quasi urlare. «Oh- Oddio- Ama-» dice tra i gemiti e spinge il bacino verso la bocca del conduttore, che ha la sfacciataggine di gemere attorno alla sua erezione facendogli sentire ogni minima vibrazione. «AMA-» grida Fiorello con la voce che si spezza «CAZZ- Sto per venir-» non riesce nemmeno a finire la frase perché intanto Amedeo ha aumentato il ritmo e lui non riesce a non venire in quell’istante urlando ancora il suo nome. Non riesce nemmeno a spostarsi per non venire nella bocca di Ama perché lui lo tiene fermo, ed ingoia. Fiorello è abbastanza sicuro di essere morto a questo punto e butta la testa all’indietro, sfinito.
Quando riesce a riprendersi, Amedeo sta tornando nel letto dopo essersi dato una ripulita e sta sorridendo come un idiota. Fiorello cerca di ricambiare il sorriso, ma è talmente stanco che riesce appena ad alzare un angolo della bocca. «Stai bene?» gli chiede a bassa voce il conduttore, anche lui chiaramente molto stanco, mentre gli si sdraia accanto ed appoggia la testa contro la sua spalla. Fiorello emette uno sbuffo sorpreso «Se sto bene? Me lo stai chiedendo sul serio? Dopo il pompino fantastico che mi hai fatto? Dovrei chiedertelo io se stai bene, in confronto a quello che mi hai fatto tu io probabilmente sono sembrato un ragazzino alla sua prima volta…» comincia a dire e subito Amadeus lo interrompe «Ehi, ehi… Sei stato fantastico… E comunque volevo sapere se ti senti bene, nel senso di “non ti stai pentendo di nulla e non ti stai torturando mentalmente, vero?”» si spiega «Oh.» risponde Fiorello «Beh. No, non mi pento di nulla e non mi sto torturando… Solo…» aggiunge prima di interrompersi un momento, attirando ancora di più l’attenzione di Amadeus che si volta leggermente verso di lui in attesa che continui «Solo che continuo a chiedermi una cosa… Quanta esperienza hai esattamente… E non provare a dire “nessuna” perché non sono stupido, è piuttosto lampante che tu abbia dell’esperienza.» conclude Fiorello e attende la risposta restando sulle spine. Non ci sarebbe niente di male anche se Ama gli dicesse di essere stato con mille altri uomini, ma non riesce a fare a meno di sentirsi un po’ troppo inesperto in confronto a lui e… geloso.
Amadeus nasconde il volto contro la spalla di Fiore ed esita per un attimo prima di rispondere «In quasi quarant’anni solo due.» dice prima di fare una piccola pausa per permettere a Fiorello di assorbire la notizia «Entrambi già dopo che ci eravamo conosciuti… Tu sei stato il primo per cui io abbia… Provato qualcosa… È grazie a te che mi sono accorto di essere attratto dagli uomini… Però… Mi sembravi così… Irraggiungibile…» cerca di spiegare il conduttore ma fa fatica a completare il suo discorso quindi prende un respiro profondo nel tentativo di calmarsi prima di continuare. Incredibile che sia così nervoso adesso considerando con che sicurezza di comportava prima, pensa Fiorello mentre lo guarda seppellire sempre di più la faccia contro la sua spalla ed evitare a tutti i costi il suo sguardo. «Ero convinto che non ti avrei mai avuto, capisci? E così… Ho provato ad andare con un uomo per distrarmi da te, senza successo… La seconda volta è stata parecchi anni dopo, ho avuto un momento di… Sconforto… Ero riuscito a seppellire i miei sentimenti per te molto in profondità, ma ho avuto un periodo in cui sono tornati a galla e volevo solo dimenticarmene per non dover soffrire… Sono uscito con un tizio per qualche tempo… Ma ho concluso subito la storia quando mi sono reso conto che rischiavo solo di ferirlo perché non provavo niente per lui e continuavo a pensare solo a te.» riesce a concludere Amadeus.
Fiorello lo costringe a sollevare la testa per baciarlo e si rende conto che sta piangendo. «Da quanto hai questi sentimenti per me?» non riesce ad evitare di chiedere, anche se teme di sapere già la risposta. «Ho iniziato ad averli poco meno di un anno dopo che ci siamo conosciuti.» risponde il conduttore, ma la sua voce si spezza a metà frase. Fiorello lo stringe e lo bacia, lentamente e dolcemente. In tutti questi anni non si è mai reso conto che Amedeo si stesse tenendo questo peso dentro. Si chiede quanto deve averlo consumato. Trentacinque anni. Trentacinque fottuti anni.
Fiorello sa che anche lui prova dei sentimenti per Amedeo, ovviamente, ma non riesce a stabilire un momento preciso, non riesce a ricordare quando ha iniziato ad averli. Cerca di scavare nella sua testa per pensare a quando ha scoperto di essere attratto anche dagli uomini. Lo sa da sempre. Ma fa finta di non saperlo. Per uno della sua generazione, che viene dalla Sicilia poi, una cosa del genere è quasi un crimine. Ha sempre, sempre, sempre mentito a sé stesso, così tanto che ad un certo punto ha iniziato a credere alle sue bugie. Ripensa a quando ha conosciuto Amedeo, a quando erano giovani e facevano tutto insieme, a quando si è reso conto che era il suo migliore amico. E si accorge che sì, sono sempre stati amici, ma già dall’inizio il legame che sentiva di avere con lui è sempre stato più forte. Non lo ha mai definito amore perché non avrebbe mai potuto, ma era quello che sentiva. Chiamarlo amicizia era solo più facile. Si accorge in quel momento che se entrambi avessero avuto più coraggio non gli ci sarebbero voluti trentacinque anni per finire a questo punto.
«Ama…» mormora piano e si sdraia su un fianco così da trovarsi faccia a faccia con il conduttore prima di continuare «Mi dispiace… Mi dispiace che ci siano voluti tutti questi anni… Ormai non possiamo tornare indietro, ma spero che tu possa accettarlo comunque. Ti amo. Mi sono reso conto che ti amo da trentacinque anni, che ti amo profondamente come mai ho amato nessuno… Ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo… E adesso non smetterò mai di dirlo.» conclude con un sorriso appena accennato. Amadeus trattiene il respiro prima di spingersi in avanti per coprire le sue labbra di baci fino a perdere il fiato «Rosario… Ciuri… Non sai quanto ti amo… Ti amo, ti amo così tanto…» dice tra un bacio sorridendo sempre di più. Fiorello ricambia i suoi baci finché non diventano più lenti, più lunghi e più disordinati. Non riesce neanche a definire quello che prova, sa solo che si sente sopraffatto da una sensazione di immensa felicità, un’energia straordinaria che non accenna ad estinguersi presto.
#sanremo#amadello#amarello#amadello fanfiction#sanremo rpf fanfiction#Sanremo rpf#Non sono fiorello in incognito lo giuro#Sanremo 2020
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Angelo blu
Finalmente sono arrivat* con 'sta fanfiction promessa da giorni! Spero vi possa piacere, buona lettura!
Fandom: Sanremo RPF
Ship: Domille, Bossille, Achille Lauro/Boss Doms o comunque vogliate chiamare questa coppia fantastica.
Storiella non troppo angst e, a giudicare da ciò che hanno detto i miei amici, "adorabile". Ambientata a Roma ben prima che Lauro ed Edo diventassero in qualche modo famosi.
Note: ringrazio @lovegayships per avermi dato quest'idea💜, e @missaristocrat che ha betato ogni singolo dialogo in romanesco🖤
Word count: 2k
Lauro aveva avuto una giornata di merda, ma di quelle davvero orrende: sin dal mattino, sembrava che il mondo stesse complottando contro di lui e la sua sanità. E inoltre, non c'era un singolo istante di pausa.
Era buio, lui ed Edoardo avevano appena concluso una serata in una piccola discoteca. Ora erano troppo lontani da casa per avere davvero voglia di tornarci, ma non sapevano comunque dove andare o cosa fare.
"Ma se andassimo boh, che ne so, al Mc?" propose Edo, con le mani ficcate nelle tasche della giacca. Faceva un freddo assurdo quella notte.
"Se vabbè, perché ce sta n’Mc aperto de notte qui, vè?" ribatté Lauro, non senza una punta di ironia. Poteva ancora sentire i bassi risuonargli nel petto, gli occhi gli facevano quasi male per le luci. Camminarono in silenzio per un po' lungo il viale, ogni tanto i fari di un'auto illuminavano i loro volti stanchi.
Fu Edoardo a rompere nuovamente il silenzio, per indicare un'altura piuttosto lontana: "Sai che là ce sta un posto co’ ‘na vista stupenda?"
"Vabbè, ce voi andà?"
"A piedi? Ma che sei scemo?." E rise. Lauro adorava la sua risata: riusciva a mettergli allegria senza nemmeno parlare. Il più giovane scrollò le spalle: camminare non era un problema per lui, lo aveva fatto per tutta la vita. E comunque, farlo avrebbe forse potuto aiutarlo a smaltire tutta l'adrenalina, che gli faceva tremare le mani.
Alla fine comunque, presero un autobus scassato e vuoto, dove si sedettero in tutta comodità occupando due sedili a testa.
"Comunque avemo spaccato prima." esordì Lauro, poco prima che scendessero alla fermata più vicina. Edo annuì in assenso: apprezzava che Achille considerasse il loro rapporto come un duo. Non è che avessero già chissà quale nome: erano a malapena riusciti a trovare un posto dove esibirsi con qualche inedito tra le tante canzoni che avevano creato. Ma andava bene così.
Camminarono per un po', la salita era leggermente ripida da fare a piedi, ma niente che non si potesse fare. Parlarono del più e del meno, perchè non si erano visti per più di una settimana e sembrava importante raccontare ogni singolo istante della loro esistenza. Achille si era da poco lasciato con una ragazza, erano stati insieme circa 4 mesi. Arrivarono finalmente in cima all'altura, per sedersi vicino al guardrail, con il fiato un po' corto.
"C’ho pure scritto ‘na mezza canzone, ma non è ancora pronta."
"Ma com'è che ve siete lasciati?" Domandò Edoardo, estraendo il pacchetto di sigarette e l'accendino dalla tasca. Ne offrì una all'amico, che rifiutò con garbo, poco prima che il suo viso si rabbuiasse alla domanda.
"Che ne so? Casini. Cazzo, già lei stava fori de testa, in più s’è messa co’ uno pieno de problemi come me… non può uscì niente de buono. Ma sai, certe volte dici 'fanculo, famolo, e alla fine ce rimani sempre inculato."
"Non c’ho capito un cazzo." affermò il maggiore, prendendo un tiro dalla sigaretta che teneva stretta tra le labbra. Si mise più comodo, stendendo le gambe avvolte in un paio di jeans piuttosto stretti e altrettanto sdruciti.
"Manco io. Boh sai, forse non so’ fatto pe’ amà." Lauro sospirò, guardando dritto al cielo. Edoardo lo guardò un po' di traverso, pensando a quanto l'amico tendesse alla drammaticità. Tipico suo. Edoardo alzò le spalle, per non dar corda alle stronzate che Achille cercava di raccontarsi ogni giorno: "Non credo sia quello er problema."
Lauro roteò gli occhi, per poi guardare lontano. "Boh, forse me piace un'altra persona e n’ c’ho la testa pe’ fa finta de amà qualcun altro. Le cazzate non le so dì in generale, figurate a me stesso.."
"Ma perché ha letto qualche messaggio, o roba del genere?"
"No, figurate. Però se capiva che n’ ero innamorato. Er problema è che n’ so manco se me piace davvero un'altra persona o no. Forse so’ solo un cojone." Concluse, portandosi le dita alla bocca e mordicchiando distrattamente le unghie. Brutto vizio che ogni giorno si riprometteva di abbandonare, per poi fallire, come al solito.
"Forse dovresti esse sincero con te stesso pe ‘na vorta." quelle parole scossero il più giovane, che si sentì toccato nel profondo. Odiava mentirsi, ma non poteva farne a meno. Certe volte nascondersi le cose era il modo migliore per non finire sotto un treno.
"Cambiamo argomento o parlamo de me pe’ l'eternità?" Disse, infastidito e piuttosto colpito dalla schiettezza di Edoardo. Era sempre stato completamente onesto nei suoi confronti, ma mai a quel livello.
Proprio Edo in quel momento si passò una mano sul viso, quasi con rassegnazione, assumendo poi un'espressione quasi preoccupata: "Lauro, cazzo, è importante. Nun poi continuà a seppellì i sentimenti pe’ fa finta che va tutto bene e stampatte ‘n cazzo de soriso in faccia quando stai morendo dentro. Semo migliori amici pe ‘n cazzo?"
Lauro rimase in silenzio per un tempo indefinito, a guardare il vuoto. Edoardo nel frattempo aveva spento la cicca sulla terra secca, e solo una volta alzato lo sguardo si era reso conto delle lacrime che scorrevano sul volto quasi impassibile del minore.
"Oh, ma stai…?" Cercò di avvicinare una mano al volto dell'amico, ma poi si fermò a mezz'aria. Non era sicuro che fosse una buona idea.
"Odio sta qua." Sussurrò, per poi esalare un sospiro. Fortunatamente era seduto, perchè sentiva il corpo talmente stanco che se fosse stato in piedi sarebbe crollato sul momento.
Il crollo fu, piuttosto, mentale. Finì per rannicchiarsi con il viso sepolto nell'incavo fra gli avambracci le ginocchia che stringeva al petto.
Non gli piaceva piangere, gli capitava raramente, e stava di merda.
Presto respirare divenne più difficile del previsto: il suo petto sembrava non riuscire ad accogliere abbastanza aria. Il fiato si accorciò in fretta e Lauro si sentiva isolato, solo, con la parte più distruttiva di sé stesso.
Edoardo ci mise un po' a realizzare che cosa stesse succedendo. Degli attacchi di panico aveva solo letto da qualche parte sul web, e l'unica cosa che sapeva era di dover aiutare Lauro a respirare. Si inginocchiò accanto a lui, Achille sembrava davvero piccolo in quel momento: avvolto nella giacca pesante, rannicchiato, con le mani sulle orecchie per isolare chissà quali voci. Stava anche tremando, mentre la sua schiena si muoveva ritmicamente con il corpo alla ricerca di ossigeno.
"Lauro, me senti?" Edoardo lo chiese piano, cercando di tenere la voce bassa, così che potesse aiutare l'amico a calmarsi. Il cantante annuì, quasi incapace di parlare.
"Te posso toccà?" Domandò ancora, e solo quando ricevette un "sì" soffocato, prese le mani di Lauro e le strinse, intrecciando le loro dita che sembravano unirsi perfettamente.
Lauro pensò di stare per morire. Non solo stava avendo un attacco di panico in mezzo al nulla, ma il suo migliore amico era lì e gli teneva le mani e lo stava vedendo in quelle condizioni. Così debole e vulnerabile. Niente avrebbe potuto aiutarlo a quel punto.
Stupidissime lacrime continuavano a scorrergli lungo le guance, e non poteva controllarsi, non poteva nemmeno respirare decentemente. Non era del tutto cosciente di cosa stesse succedendo: la mancanza di aria gli rendeva la testa confusa, nel senso negativo della cosa.
"Cerca de pensà a cose belle." Propose Edo, prima di insultarsi mentalmente: come se quella cosa potesse essere d'aiuto. Lauro sembrò ignorare quel consiglio, più che altro perchè non poteva pensare a nulla di coerente. "Te capita spesso?"
"O-ogni tanto." Lauro inciampò sulle vocali, mentre si malediceva in ogni lingua per aver bevuto al locale e per non avere con sé dell'acqua. Tornò a concentrarsi sul respiro, i suoi occhi sembravano terrorizzati.
Erano già passati diversi minuti, e Edoardo stava facendo del suo meglio per ricordare tutte le informazioni che aveva letto a cuor leggero, senza immaginare che gli sarebbero servite un giorno. Non gli veniva in mente nulla, quindi fece semplicemente ciò che gli stava rimbalzando in testa da qualche secondo.
Il che significò baciare Lauro e sperare che non svenisse. Achille non smise realmente di tremare ma perlomeno, smise di respirare. Edoardo non era sicuro se fosse un bene o meno.
Durò qualche secondo. Lauro ne contò sei, Edo poteva giurare che fossero stati più di dieci, ma non aveva importanza. Una volta che si separarono, si guardarono negli occhi per un po'.
"M’hai appena…" il più giovane iniziò, non del tutto coerente, e lasciò la frase in sospeso. Il cuore gli batteva all'impazzata, ma almeno riusciva a controllare il proprio respiro.
Edoardo guardò dalla parte opposta, mentre la realizzazione di quello che aveva appena fatto lo investiva come un treno: "Ho letto che trattenè il respiro aiuta."
A quel punto, Lauro lo abbracciò e lo strinse, nascondendo il volto nell'incavo del suo collo. Edoardo non ebbe problemi a tenerlo lì, mentre si calmava.
Achille aveva le famose, famosissime farfalle nello stomaco e stava bene, si sentiva a casa, felice. E il suo cuore continuava a battere veloce, senza nessuna ragione apparente.
"Non me potevi semplicemente dì de trattenè il respiro?" Domandò quindi, la voce soffocata da un sorriso che gli spuntava sulle labbra e dai vestiti di Edoardo che sapevano di colonia e di erba.
Cazzo.
In quel momento tutto prese forma e senso: il perché non poteva amare la tipa con cui stava, perché il sesso non gli piaceva granché, perché il cuore gli batteva così forte e perché non gli aveva fatto schifo l'idea di baciare Edoardo.
Edoardo, cazzo. Era innamorato di Edo.
"Perchè te conosco troppo bene, figurate se me davi retta." Il maggiore rispose prima di sospirare: era tutto finito, dovevano solo tornare a casa. Magari potevano dormire da lui, perchè sicuramente casa di Lauro era invasa da qualche spacciatore, ed era meglio evitare per quella sera.
Il minore si accigliò a quelle parole, e alzò la testa per guardare negli occhi dell'altro: "Te sbaji. Farei quarsiasi cosa me chiedessi, qualriasi cosa pe te. Andrei all'inferno pe’ te, Edoà, e niente pò cambià ‘sta cosa." Confessò piano, senza riuscire a guardare l'altro negli occhi. Quelle parole erano vere, sentite; parole che aveva soffocato per anni cercando di farsi piacere altre persone e fallendo mirabilmente perché nessuna era Edo, nessuna lo faceva sentire come solo lui poteva.
Se ne stava già pentendo, però.
"’o so che te pò sembrà assurdo e improvviso, e forse tu non senti la stessa cosa-"
Ma Edoardo gli prese il mento e lo interruppe: "Statte zitto." sussurrò prima di baciarlo di nuovo, questa volta cercando di godersi ogni istante, ogni sensazione: il sapore al gin tonic delle labbra di Lauro, e il modo in cui si stavano curvando in un sorriso incontrollabile, per poi approfondire quel bacio. E il più piccolo intrecciò le dita tra i capelli tinti di Edo, un appiglio alla sopravvivenza perchè il suo cuore stava per esplodere di sentimenti, di felicità.
Si separarono dopo un po’, e nessuno questa volta si era impegnato a contare i secondi, ma entrambi avevano desiderato che durasse per sempre.
Gli occhi verdi di Lauro sembravano quasi gialli sotto la debole luce di un lampione poco lontano, e i lineamenti di Edoardo sembravano quelli di una scultura.
Si alzarono in piedi dopo qualche minuto speso in silenzio, seduti a tenersi la mano. Si accesero una sigaretta, per cercare di zittire la botta emotiva e, probabilmente, anche il desiderio di rimanere lì fino all’alba.
Nessuno dei due si pose il problema di cosa sarebbe successo dopo nella loro relazione, era come se non ce ne fosse nemmeno bisogno.
“Annamo a casa?” Domandò Lauro, finalmente calmo. C'era il suono di un sorriso nella sua voce, e ciò portò Edo a sorridere di rimando.
Il maggiore prese un lungo tiro dalla sigaretta, imitato immediatamente dall’altro. “Daje, vieni da me?”
“Daje.” Lauro, ovviamente, fece l'occhiolino e si beccò una leggera gomitata nello sterno. Entrambi risero, e passarono il tragitto inverso a piedi, poi in autobus e infine in auto, ridendo e parlando tranquillamente del più e del meno, del futuro, di cosa avrebbero fatto con la loro musica, dell’album e mille progetti.
Qualsiasi cosa fosse successa tra loro, non aveva fatto altro che unirli di più, e non serviva nemmeno parlarne con l’imbarazzo tipico di chi non sa bene come comportarsi dopo un evento simile.
Arrivati a casa, il divano rimase vuoto. Questa volta, al contrario delle precedenti, non servì proprio: dormivano nello stesso letto, stretti sicuramente, ma non per questo scomodi.
Tag list: taggherò la gente che ha commentato sotto i post dove parlavo di scrivere questa fic (ma alcuni non riuscivo a taggarli). Spero non vi dispiaccia!
@coralsin @shadowsofkpop @giulia-liddell @earthlingsander @waffleandcomics @irislvcia @marypapayagaya @slipperydevorak @kissesfromearth @lovegayships @beepbeepjesus @oopshiaddict @nalularry9194 @braiinz
#domille#bossille#achille lauro boss doms#achille lauro#achilleidol#boss doms#bossdoms#edoardo manozzi#edo e lau#my writing#italian writing
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Ho pubblicato la mia prima fanfiction
uwu.
Popo fiera.
E niente, se vi va leggetela.
#achille lauro#boss doms#bossille#domsille#sono due baby e hanno tutti i miei uwu#also yes#ho fame di attenzioni#sfamatemi#grazie
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FANFICTION AMADELLO COLLECTION! By Kikky
BOYS BOYS BOYS!
Ho finalmente pubblicato tutte le fic Amadello su AO3, compresa quella bonus (inedita!!1!11!) e ora via coi link:
Dopo-Festival (T)
Come i giovani d’oggi (E)
Una vita di attesa (M)
Una vita legata al polso (G)
Il vestito nuovo (E)
Quel qualcosa in più (T)
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Tutto quello che succede a Ibiza (non) rimane a Ibiza - prima parte
UPDATE 2021: visto che è passato quasi un anno dalla pubblicazione della mia prima fanfiction, ho deciso di darle una sistemata per riproporla a chi ancora non l’ha letta o a chi ai tempi piacque e vuole rileggerla... Perché oltre a Sanremo, anche Ibiza è Ibiza!
(Qui la seconda parte)
Parole: 2497
Fandom: Sanremo RPF (sta succedendo davvero, la mia prima fanfiction mai pubblicata è sull’ultima coppia che avrei pensato di shippare e di scrivere!)
Amadello a Ibiza nel 1990, precisamente dalla sera dell’EVENTO al KU, due chaotic bisexuals pazzi l’uno dell’altro, fine di una lunga slow burn e di un lungo oblivious mutual pining, first kiss, internalised homophobia (per il contesto storico e geografico), a little angst, jealous!Ama and a little touch-starved
Note: Claudio è Claudio Cecchetto (dormire, salutare... Andiamo, l’avete pensato tutt*), Leonardo è Leonardo Pieraccioni (mannaggia a te - leggendo capirete!), menzione del fatto che Ama ha finto per mesi di vivere a Milano quando in realtà faceva avanti e indietro da Verona e che il padre di Fiore è venuto a mancare durante il Festival di Sanremo del ‘90
Buona lettura e vi raccomando i commenti :-)!
Amedeo si trova al KU Club, il locale più trasgressivo di Ibiza, portato lì a forza, ma, invece di divertirsi come chiunque altro sembra fare, sta al bancone a bere il suo Margarita mentre guarda con desiderio l'ennesimo bellissimo ragazzo leggermente fuori dal coro divertirsi al posto suo, sentendosi contemporaneamente agitato ed entusiasta al pensiero di aver conquistato la sua amicizia.
Quella mattina stava bevendo il suo secondo caffè per nascondere i postumi della levataccia a cui si costringeva pur di far credere a tutti che viveva a Milano, quando Claudio gli aveva presentato quel ragazzo dai capelli lunghi e la pelle ambrata che sembrava uscito dalla copertina di un Harmony. Si chiamava Rosario Fiorello, anche lui siciliano, a quanto si diceva una star dei villaggi turistici con la capacità di far ridere chiunque si trovasse nelle sue vicinanze e a Milano principalmente perché gli avevano assicurato che era piena di ragazze. Sarebbe stato facile invidiare un tipo del genere (dal momento che tutte cadevano ai suoi piedi), ma gli ci era voluto poco per capire che era difficile odiarlo. Era bastato che scoprisse che condividevano la stessa origine che da quel momento Rosario aveva iniziato a provare per lui un affetto spontaneo, simile alla gioia di trovare un compaesano lontano da casa e nel giro di poco era nata una splendida amicizia.
Prima di conoscerlo, Amedeo aveva passato l'infanzia e l'adolescenza a ricercare l'approvazione dei ragazzi più carismatici, non potendone chiedere l'amore - l'educazione cattolica e quella dei genitori meridionali non gliel'avrebbero permesso -, e di colpo il migliore fra questi l'aveva eletto a suo migliore amico, il tutto senza che fosse costretto a far alcuna fatica. L'aveva reso la sua spalla, lo coinvolgeva nei suoi oramai leggendari scherzi al resto della squadra della radio e insieme avevano girato ogni luogo di Milano, collezionando così tanti aneddoti e storie che un giorno avrebbero potuto farci un libro. Ma Rosario non gli aveva offerto solo il lato divertente che lo rendeva 'Fiorello’: quando era morto suo padre, aveva avuto modo di conoscere il suo lato più fragile, che spesso e volentieri teneva nascosto e Amedeo l'aveva sostenuto come avrebbe fatto il migliore degli amici. Quell'evento paradossalmente li aveva avvicinati molto di più delle notti in bianco, portandoli a confidarsi le rispettive paure e desideri e man mano che questi venivano svelati, era come se ogni pudore scomparisse e la loro amicizia si fosse irrimediabilmente fortificata. E con quale coronamento…
“… Sai qual è la cosa più brutta? È che papà se n'è andato proprio durante il Festival… Adesso come farò a guardarlo?” aveva scherzato per la prima volta dopo essere tornato a Milano dal funerale.
“Lo guarderai, Ciuri, lo guarderai, anzi… Un giorno io e te ne faremo uno talmente bello che quando ripenserai al Festival ti verrà in mente solo quello!"
Ricordava ancora l'occhiata sorpresa che gli aveva rivolto. "Io e te a Sanremo? Figurati se ce lo fanno condurre a noi: e poi ci vedi me a Sanremo? Tu sei molto più da Rai di me…" "Non m'importa, gli obbligherò a prenderti: se vogliono me, dovranno prendere anche te!"
E lui, rivolgendogli un sorriso che se il mondo fosse stato più clemente lo avrebbe spinto a baciarlo per la gioia, gli aveva risposto: "Allora prometto che se mai, SE MAI, la Rai ti affidasse il Festival, sarò a farti da supporto morale!" Avevano suggellato la promessa con una stretta di mano per poi abbracciarsi, come fratelli. Peccato che in quel momento Amedeo si era sentito ancora più colpevole per i sentimenti che provava per lui di quanto gli fosse mai capitato.
Amedeo sta ripensando a quel momento quando dalla folla danzante riemerge Rosario che balla con un’affascinante bionda che non nasconde troppo quale finale vorrebbe dare alla sua serata. Amedeo la guarda e sente l'invidia scorrergli in corpo come un brutto veleno… Da una parte però come biasimarla, soprattutto quando il suo ballerino sembra posseduto dal demone della danza e balla meglio di tutti quelli che si trovano in pista? Come fa a muoversi in quel modo, senza fatica e senza imbarazzo? Se solo potesse andare verso Ciuri e sostituirsi alla bionda… No, non deve chiamare Rosario Ciuri, è il soprannome meno etero tra quelli con cui gli ha permesso di chiamarlo - anche se gli piace così tanto ed è il solo a poterlo usare -. Ma soprattutto, è stufo di stare a guardare gli altri divertirsi, in particolare qualcuno che non potrà mai avere. Butta giù l'ultimo sorso del suo Margarita e s'incammina faticosamente verso uno dei cubi. C'è odore di alcool, cloro, sudore, salsedine e altro che non è sicuro di voler conoscere, ma non sarà questo a fargli perdere di vista il cubo dal quale Rosario non potrà non vederlo e vedere come si diverte senza di lui. Soprattutto da quando sul cubo è salita la sosia di Madonna nel video di 'Hanky Panky’.
Le mani di Paloma hanno preso ad esplorare il suo corpo oltre i limiti del consentito in pubblico, ma Rosario la lascia fare, perché è la cosa meno trasgressiva che abbia visto fare in quel locale. Sta già pregustando l'inevitabile seguito di quel ballo quando qualcosa entra nel suo campo visivo… È Ama quello che sta ballando sul cubo? Ma soprattutto, sa di avere dietro due ballerini neri nudi e decisamente superdotati? Di colpo Paloma e le sue mani non sembrano più così tanto interessanti, così le chiede scusa per abbandonarla lì dove un momento prima stavano ballando per avvicinarsi quanto riesce al cubo e avvisare il suo amico della 'compagnia’.
"Ama, Ama!"
Niente, non lo sente. Can’t touch this è troppo forte e lui continua a ballare come se niente fosse. Rosario comincia a sbracciarsi per farsi notare, ma ancora niente. Potrebbe lasciar perdere, recuperare Paloma che forse è ancora in tempo, e invece rimane lì, a guardare il suo migliore amico ballare incosciente di essere solo. Gliel'ha sempre detto che il segreto per ballare bene è fingere di essere da solo con le cuffie nelle orecchie e ora eccolo lì, su un cubo a muovere i fianchi senza alcun pudore… Peccato solo non possa farsi avanti.
Di Amedeo Sebastiani la prima cosa che l'aveva colpito era stato il fatto che rideva ad ogni sua battuta, anche le peggiori. E siccome amava mettersi costantemente alla prova e soddisfare la propria vanità, Rosario si era sentito sempre spinto a dare il meglio per farlo ridere di gusto. Solo che a un certo punto i suoi continui successi avevano iniziato a soddisfare anche un'altra parte di sé, una parte che conosceva molto bene, ragion per cui si era sempre premurato di tenere il più nascosta possibile. Se voleva diventare qualcuno, se voleva continuare ad essere amato da tutti che passasse pure per un morto di figa: gli vengono comunque perdonate più cose che a un mezzo richione. I villaggi turistici per quello erano stati una liberazione: tra una signora annoiata e una ragazza in cerca di avventure aveva avuto modo di esplorare questa parte di sé con i loro corrispettivi maschili, sicuro che nessuno lo avrebbe mai tradito perché i pochi che lo sapevano erano la discrezione fatta persona - oltre che uomini molto aperti di mente -. Era sempre stato attento a evitare di prendersi sbandate in ambienti lavorativi ed ecco che nel giro di qualche tempo si era ritrovato a sbavare dietro quel figurino sempre così calmo ed educato. Quanto gli piaceva sconvolgerlo coinvolgendo nelle sue uscite senza fine per Milano portandolo nei posti più strani e spingendolo a lasciarsi andare: erano giovani, se non si divertivano ora, quando avrebbero potuto farlo? Spesso faceva ancora più casino di quanto avrebbe fatto normalmente pur di vedere le sue reazioni, perché in fondo era chiaro a tutti che Amedeo lo teneva sul palmo di una mano: se avesse potuto dimostrargli meglio quanto la cosa era reciproca, che lo considerava la persona più gentile, talentuosa e preparata che avesse conosciuto, che non smetteva mai di mostrare lati inediti che non facevano che renderlo più desiderabile che mai (chi l’avrebbe detto che sapeva cavalcare?)… Ma soprattutto, Amedeo era una delle poche persone a ispirargli fiducia e a fargli venire voglia di diventare un artista e una persona migliore; come quando suo padre era morto e per consolarlo al pensiero che non avrebbe più guardato il Festival senza pensarci gli aveva promesso che un giorno l'avrebbero condotto insieme e avrebbe avuto solo bei ricordi connessi a quello. Maledetto Claudio che li faceva sempre lavorare insieme: aveva idea di quanto fosse difficile sforzarsi di essere professionali quando avevi accanto un ragazzo che avrebbe rinunciato all'occasione della vita se non avessero preso anche il suo migliore amico?
Ma non è questo il momento di rimembrare la promessa e l'abbraccio che si sono scambiati in seguito, ora deve far scendere Amedeo dal cubo prima che quei due stalloni diventano troppo molesti. Non che gli dispiaccia la visione, anzi, è parecchio eccitante, ma è sicuro al cento per cento che il suo Ama non se ne sia accorto.
Prova a richiamarlo, stavolta più forte: "Ama, Ama!"
Finalmente si accorge di lui.
"Dietro di te!” gli urla indicandogli di guardare alle sue spalle.
E come volevasi dimostrare, quel nanosecondo che ci impiega per rendersi conto della situazione lo trasforma in un attimo da re della festa a ragazzino imbarazzato alla sua prima volta in discoteca. Rosario ovviamente scoppia a ridere a crepapelle, mentre guarda il suo amico preso d'assalto dai due suoi improvvisi compagni di ballo mentre cerca di scendere dal cubo. Fa per fare una battuta a Paloma, quando si ricorda di averla persa di vista e che sarà difficile ritrovarla in quella marmaglia di gente. Poi però lancia un'occhiata al suo amico in difficoltà e a Paloma non ci pensa più.
“Perché non c'erano le telecamere…"
"Meno male che non c'erano le telecamere!"
Sono in camera nel loro alberghetto dalla parte opposta dell'isola rispetto alla discoteca, a scolarsi qualche bottiglia di birra per rilassarsi dopo tutto il caos di cui facevano parte qualche ora prima. Rosario continua a ricordare divertito quell'istante, mentre Amedeo vorrebbe solo esser stato inghiottito dal cubo. E lui che pensava di mostrare che poteva divertirsi senza problemi anche senza il suo amico…
”… Sono salito pensando di trovare la sosia di Madonna…“
”… E hai trovato i suoi ballerini! Povero Ama, per stasera siamo entrambi in bianco!”
Amedeo si fa all'improvviso più attento mentre Rosario gli rivela come i suoi tentativi di salvargli la reputazione gli siano costati la perdita dell'affascinante spagnola che aveva rimorchiato. Non è sua abitudine gioire delle 'disgrazie’ altrui, ma in quel momento non può fare a meno di rallegrarsi per aver evitato l'ennesimo racconto di un'avventura che lo ecciterebbe e infurierebbe al tempo stesso. Fortuna che il suo amico non possa leggergli nel pensiero, anche se i suoi pensieri piacerebbero ad Amedeo: Rosario infatti sta bevendo la sua birra e non riesce a staccare gli occhi dal suo amico che sarà pure quello che arriva sempre preparato, sia sul piano musicale che su quello pratico, ma stasera ha tutti i segni della classica nottata ad Ibiza che lo rendono ancora più affascinante del solito. In questo momento il nome d'arte che gli ha dato Claudio non potrebbe calzargli meglio a pennello.
”… Che poi la canzone di sottofondo, Can’t touch this… A una certa ti stavano toccando ovunque!“
Ad Amedeo in quel momento le orecchie diventano bordeaux esattamente come quando si era ritrovato in mezzo ai due ballerini. Quando comincia a ridere per smorzare la tensione, Rosario capisce che quello è il momento di maggior vulnerabilità e inizia a toccarlo ovunque, scherzosamente, divertito dal suo crescente imbarazzo. Nei cinque anni che ha avuto l'occasione di conoscerlo, Amedeo ha imparato che Rosario è una persona molto fisica, del tipo che quando parla ti prende la mano o ti blocca un braccio per essere sicuro che lo stai ascoltando: è vero che il più delle volte lo fa spontaneamente, ma ogni volta che lo fa, Amedeo prega il Signore di non dar troppo a vedere quanto il suo corpo dipenda da quel contatto anche casuale. Peccato che adesso, tra le varie parti del suo corpo che abbia preso di mira, ce ne sia una particolarmente suscettibile al contatto fisico e una parte di lui spera che questa tortura finisca presto o potrebbe mandare all'aria una bella amicizia. Quando si rende conto di dove l’ha appena toccato, Rosario si ferma: l’ha fatto spontaneamente, Amedeo non ha reagito in maniera particolare, eppure gli rivolge uno sguardo come se non l'avesse mai visto o si fosse trasformato di colpo in un'altra persona. Le labbra di Rosario si piegano in uno di quei sorrisi che hanno il potere di sciogliere una persona come neve al sole e in un attimo Amedeo si ritrova le sue mani sulle spalle e la sua bocca sulla sua. Ha gli occhi ancora spalancati per la sorpresa quando inizia a baciarlo delicatamente, come se sapesse che quello è il suo primo bacio, dato a un uomo perlomeno. E prima che questo miracolo si riveli soltanto un sogno molto reale, chiude gli occhi per concentrarsi a ricambiare quella che oramai è la sua principale fonte di ossigeno.
Rosario non sa bene cosa l’ha spinto a fare quello che sta facendo. Si è lasciato guidare dal momento, ma non appena ha iniziato a baciarlo ha pregato tutti i santi che un'eventuale reazione negativa del suo amico non lo costringa a fare una battuta per uscire dall'imbarazzo di un rifiuto; ma quando sente la mano di Amedeo sulla nuca, è come se partisse una scarica elettrica che gli corre lungo tutta la schiena e lo spinge a baciarlo ancora più intensamente e a venir ricambiato con la stessa intensità.
"Ama! Fiore!"
Basta qualche colpo alla porta dato da Leonardo per far staccare i due, fino a qualche minuto prima improbabili, amanti.
"Minchia, Leo, la prossima volta prendi le chiavi la prossima volta, stavamo dormendo!” sbotta Rosario, alzandosi e andando ad aprire molto lentamente la porta, dando il tempo ad Amedeo di disfare i letti a supporto della bugia. E non appena entra Leonardo, i due si comportano come se fossero stati effettivamente svegliati all'improvviso. Fortuna che l'amico è troppo preso a raccontare cos’ha fatto con la ballerina di flamenco che frequenta da una settimana per accorgersi che i due non sono messi così male da essersi addormentati di colpo vestiti. E dal momento che anche questa notte non si dorme, una volta terminato il suo racconto, Rosario comincia a raccontare a Leonardo della loro serata, aneddoto dei ballerini compreso. Tutto sembra perfettamente nella norma. Peccato che Amedeo conosca abbastanza Rosario per capire che la sua voce sia appena più nervosa del normale e si passi le mani troppe volte nei capelli.
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