#Romolo e Remo
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Io ti amo Roma. Il tuo caos, la tua follia, il tuo bel sole che mi ha protetto fino in fondo... le sue strade larghe e piene di luce... ti prometto, tornerò anche solo in spirito.
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Romolo ed Ersilia – Liber Liber
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東京美術館に「ローマ」という展示会が開催されています。美術大好きのイタリア人としてはその機会は欠かせなかったので、先週末に行きました。
Qualche mese fa, quando ancora non ero stata resa schiava, mi ero resa conto che stavo perdendo il mio tempo libero nel weekend a fare poco e niente. E mi sono domandata: ma cosa facevo in Italia? Ah sì, andavo ai musei. Ma ci andavo sapendo cosa c'era dentro, perché conosco almeno una infarinatura della storia e della storia dell'arte europea, che mi appartiene.
Conosco e ho studiato anche quella giapponese che, per carità di Dio, ha i suoi pregi e il suo fascino ma... non credo sia all'altezza della nostra (sorry not sorry).
Quel giorno però mi misi a cercare qualcosa che avrebbe potuto interessarmi e incappai nella mostra perfetta per me: una mostra su ROMA, nel Tokyo Metropolitan Art Museum (più facile in giapponese ma vabbè, lo faccio per voi lettori). La mostra era una collaborazione con i Musei Capitolini di Roma, dove non sono mai stata.
La settimana scorsa non ho perso tempo, ho comprato il biglietto e ci sono andata.
Che meraviglia: ho di nuovo sentito quell'emozione spirituale e quella pace dei sensi che solo l'arte può dare. Mi era mancata, tantissimo. E nel provarla ho sentito anche l'angoscia di non poterla provare più facilmente come ho fatto fino a quando ero in Italia, dove TUTTO È ARTE.
In Giappone nei musei è proibito fare foto nel 90% dei casi quindi mi è venuta l'idea di fotografare le cartoline delle opere che c'erano dentro. Tra le più importanti: una replica della famosa lupa che allatta Romolo e Remo e la Venere Capitolina.
Avrei voluto fare un check up ravvicinato fotografico alla Venere come feci con quella di Jago a Bologna per ricordare la grazia, la perfezione di quell'opera così antica ma perfettamente sobria in tutti gli aspetti possibili. Ci ho girato in tondo due volte, a passo lento, per osservare tutto: il volto, le mani aggraziate, le cosce, le natiche, il sedere, la schiena...
Ma la sorpresa più bella è stata trovare senza nemmeno saperlo un quadro del Tintoretto e poi anche il mio amato Guido Reni (!!!) con la sua "Lucrezia". Firma immancabile del pittore, lo sguardo verso l'alto che in questo quadro ti scioglie peggio che nel San Sebastiano.
I giapponesi non facevo che guardare le cose e ripetere le solite esclamazioni del cazzo: sugoi, subarashii... "tanto non capirete mai a pieno la grandezza di quello che state vedendo, capre che non siete altro", dicevo nella mia testa. Ed infatti è stato pure scritto a chiare lettere che nell'era Meiji siamo stati proprio noi a far capire qualcosa di arte vera a sti poveri coglioni. In particolare furono Antonio Fontanesi, Vincenzo Ragusa e Giovanni Vincenzo Cappelletti a insegnare la nostra arte in questa povera terra di stupidi (nomi mai sentiti ma su cui dovrò assolutamente farmi una cultura).
La dimostrazione della loro stupidità è stata il bookshop che con la mostra non c'entrava quasi un cazzo. Infatti un'intera parete era piena di prodotti italiani artigianali e di alta qualità (dalla pasta di Gragnano ai grissini e ai cuneesi) proprio come se fossimo a una sagra Coldiretti. Il resto del bookshop era roba da merchandise come se la mostra fosse stato un concerto: magliette e felpe di tutti i tipi, gomme da cancellare con la forma dei busti, latte di cioccolatini con la Venere stampata, peluche della lupa (che è diventata tipo un mostriciattolo peloso) e per finire un tovagliolo con sempre la lupa mostricciolo e la scritta "dammi il latte" (perché ha appunto allattato Romolo e Remo).
Cosa non farebbero sti stronzi per vendere...
#c'è della genialità per carità di Dio#ma sono geniali solo in queste cacate del cazzo#che oltretutto ha banalizzato un'intera mostra d'arte#che dire#ps: le immagini della venere e di lucrezia le ho prese dal web sennò mi cacciavano a calci nel culo#my life in tokyo#東京美術館#東京#展示会#美術#イタリア美術
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La Piramide Cestia è una tomba romana a forma di piramide di stile egizio costruita a Roma tra il 18 e il 12 a.C. Si trova nelle immediate adiacenze di porta San Paolo ed è inglobata nel perimetro del posteriore cimitero acattolico, costruito tra il XVIII e il XIX secolo.
Molti visitatori che visitano Roma restano stupiti nel vedere una piramide in stile egizio alta 36 metri, con una base quadrata di circa 30 metri per lato. In realtà questo monumento è testimone di una storia molto antica e leggende misteriose.
Fu costruita per essere il mausoleo di Gaius Cestius Epulo, un facoltoso romano. La forma del monumento funebre deriva da una moda molto in voga all'epoca romana, infatti, nel 30 A. C., l'Egitto divenne una provincia romana e si iniziarono ad erigere costruzioni piramidali nella capitale dell'Impero Romano. Caio Cestio decise così di farsi costruire la propria tomba a forma di piramide al di fuori della città, lungo la via Ostiense.
La Piramide Cestia è l'unica sopravvissuta fino alla nostra epoca di quelle costruite a Roma, oltre all'obelisco di Piazza Montecitorio. La piramide fu successivamente inglobata nella cinta muraria costruita tra il 272 e il 279 su iniziativa dell’imperatore Aureliano.
In realtà, a ben vedere la Piramide Cestia presenta una struttura leggermente diversa dalle piramidi egizie. In particolare la punta è più acuta rispetto alle piramidi originali, probabilmente a causa dei materiali utilizzati dai romani. La differenza di forma potrebbe derivare anche dal fatto che i costruttori romani presero come modello di riferimento le piramidi nubiane, più appuntite rispetto a quelle di Giza.
Intorno a questo luogo, così suggestivo, si sono create delle leggende misteriose. Nel Medioevo si pensava, infatti, che i due mausolei fossero le tombe dei due fondatori, Romolo e Remo. Questa credenza è andata avanti fino a quando, nel 1600, all'interno della Piramide di Cestia è stata rinvenuta un'iscrizione che faceva riferimento a Gaius Cestius Epulo.
La Piramide Cestia è visitabile nel suo interno solo con un permesso speciale.
(Fonte, Angela Di Francesca ,Foto e Notizie storiche)
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Dåså, ännu en månad och laptopen är fortfarande på rehab. Samma spartanska lista som förra månaden med andra ord. En intressant lista att botanisera bland, om jag får säga det själv.
Adventurer of Tortuga, the / L'avventuriero della Tortuga (1965) [__]
Alien Factor, the (1978) [👎]
Beyond the Moon (1954) [__]
Den blodiga striden / Lancelot and Guinevere (1963) [__]
Ghost Ship (2002) [👍]
Jakten på dubbelgångare / Futureworld (1976) [��🔃]
Kriget Bortom Stjärnorna / Battle Beyond the Stars (1980) [👍]
Lost City, the (2022) [👍🔃]
Mitt i plåten! / The Cannonball Run (1981) [👍🔃]
Robin Hoods fiender / Rogues of Sherwood Forest (1950) [__]
Robin Hoods Våghalsar / Son of Robin Hood (1958) [__]
Run Hide Fight (2020) [👍]
Sandokan: Den blodiga hämnden / Sandokan, la tigre di Mompracem [__]
Terminal Man, the (1974) [👍]
The Takeover (2022) [👍]
Throne of Fire, the / Il trono di fuoco (1983) [__]
Vargbröderna Romulus och Remus / Romolo e Remo (1961) [👎]
Så, vad rekomenderas denna månad? Den nederländska thrillern "The Takeover" är defenitivt värd en chans för alla som någonsin uppskattat Sandra Bullocks klassiker "Nätet" och "Speed". Och vill man ha något på ett mer bekant språk? Testa "Run Hide Fight".
#the Adventurer of Tortuga#L'avventuriero della Tortuga#the Alien Factor#Beyond the Moon#Den blodiga striden#Lancelot and Guinevere#Sword of Lancelot#Ghost Ship#Jakten på dubbelgångare#Futureworld#Kriget Bortom Stjärnorna#Battle Beyond the Stars#the Lost City#Mitt i plåten!#The Cannonball Run#Robin Hoods fiender#Rogues of Sherwood Forest#Robin Hoods Våghalsar#Son of Robin Hood#Run Hide Fight#Sandokan: Den blodiga hämnden#the Terminal Man#the Takeover#the Throne of Fire#Il trono di fuoco#Vargbröderna Romulus och Remus#Romolo e Remo#senast sedda filmer#Sandokan: la tigre di Mompracem#månadens filmer
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Ferragosto, di Achille Campanile (1953)
(Giorgio de Chirico, L'enigma di una giornata, 1914)
Nell'aria immobile della città rimasta quasi vuota per il Ferragosto, tuonò il comando: "Tutto quello che è finto, diventi vero! Beninteso, quanto a statuaria". Immediatamente, dalla base del monumento a Cavour si alzò il leone di bronzo, diventò all'improvviso di carne e d'ossa e, dopo essersi stiracchiato e aver fatto uno sbadiglio accompagnato da un quasi impercettibile guaito, con un balzo leggero fu a terra e si voltò ad aspettare che Cavour lo raggiungesse. Cavour intanto, un po' impacciato dalla redingotta, cercava a fatica di venir giù dall'alto basamento, badando dove metteva i piedi e borbottando: "Piano, figliolo, io non sono un leone come te, e poi sto molto più in alto; avrebbero fatto meglio a metter te qua in cima e me laggiù". L'Italia, la formosa matrona in costume succinto, che sedeva sul basamento, l'aiutò a metter piede a terra e dié una spolveratina e una rassettatina alla redingotta dello statista, che nella discesa s'era un po' gualcita; poi la brigatella s'avviò verso il centro, Cavour con gli occhiali, il leone scodinzolante, la matrona solenne. Qualche raro passante già fissava la donna prosperosa, incerto se mettersi dietro. "Piano," diceva Cavour" venite dietro me. Cerchiamo di non perderci. Ormai la mia famiglia siete voi."
Il punto di ritrovo dei monumenti cittadini era stato fissato, naturalmente, in Piazza Duomo. Dove già scorrazzava e ruzzava una moltitudine di lupi e lupacchiotti latranti, cani e strane bestie, che fino a un momento prima servivano a sostenere i pluviali del Duomo. Erano stati i primi ad arrivare, per la buona ragione ch'erano già sul posto. Intanto si staccava dalle mensole, e con uno svolazzio leggero scendeva sul sagrato, una folla di santi, santoni e santerelli, con barba e senza, uomini e donne,��grandi e piccoli. Vittorio Emanuele II a cavallo galoppava in lungo e in largo intorno alla piazza con la sciabola sguainata divertendosi a mettere in fuga i lupi e i santerelli, seguito a passo di corsa da una doppia fila di piccoli bersaglieri scesi dal bassorilievo del basamento, e in atto di andare a un attacco alla baionetta. Nella lunga palandrana, veniva in fretta da via Orefici l'abate Parini, mentre, fiancheggiato da quattro valletti, Leonardo da Vinci in accappatoio e cuffia da bagno, traversava la Galleria, tra le scappellate dei tre o quattro perdigiorno presenti. Con un rumore zoppo di zoccoli sul selciato, arrivò al piccolo trotto stracco da via Mazzini il generale Missori sul suo cavalluccio a penzoloni. Intanto da Monforte arrivava San Francesco d'Assisi a braccia aperte. Dall'altissimo piedistallo, sempre a braccia aperte, aveva fatto un vol plané di trenta o quaranta metri. Roba da Santi. Da un'altra parte arrivava l'asso Baracca. S'udì avvicinarsi un coro di voci argentine: dal Monumentale arrivava dietro il Duomo una fila di vetture tranviarie piene zeppe d'Angeli che cantavano, di sconosciuti e di mezzi busti, i quali ultimi pagavano mezzo biglietto. Intanto, alla Stazione Centrale succedeva un parapiglia. Al comando iniziale, s'era visto un brulichio, un formicolio sulla facciata, sui fianchi e sul tetto, come se l'edifizio s'animasse tutto. C'era uno starnazzar d'ali, uno scrollarsi. In men che non si dica, vennero giù con fracasso certi strani e massicci cavalli alati, condotti per la cavezza da uomini nudi, o quasi. Roba da alzar l'idea. Fortuna che non c'erano vigili in giro. Scesero strani grifi e mostri, chimere, sfingi. Aquile come piovessero. Già s'allontanava verso il centro scodinzolando la lupa, seguita da Romolo e Remo. I due frugolini stentavano a tener dietro alla bestia, correndo a piedi nudi sull'asfalto rovente, nudi essi stessi come mamma li aveva fatti, e ridendo e giocando, ruzzando e facendo mille monellerie. In cima a una colonna dell'edifizio ferroviario, il toro che rappresentava Torino, scalpitava e sbuffava inferocito, non osando fare il gran salto. Qua e là per la città avvenivano altri episodi. In piazza Scala spuntarono gli Omenoni, col torcicollo per l'incomoda posizione in cui stavano da circa cent'anni. Nel cortile della Casa di riposo per i vecchi musicisti, Verdi s'alzò dalla poltrona di pietra, come si fosse seduto un momento prima. Non parliamo poi di Beccaria e di Manzoni: naturalissimi. Un certo contingente fu fornito anche dall'Arco del Sempione. Ma erano mezze figure, altorilievi. Il Napoleone nudo di Brera arrivava disinvolto, pavoneggiandosi, seguito da Gabrio Piola, Pietro Verri, Luigi Cagnola, Tommaso Grossi e certi Ottavio Castiglione e Bonaventura Cavalieri; i quali tutti esterrefatti, dicevano all'uomo del destino: "Non si può girare in costume adamitico". "Nel mio vocabolario" ribatté il fatal còrso, senza voltarsi "non esiste la parola impossibile."
Il pittore Hayez, con la papalina in testa e la tavolozza in mano, s'unì alla brigatella e per prima cosa buttò via la tavolozza. "Sono cent'anni che volevo liberarmene!" esclamò. "Mi hanno fatto il monumento con la tavolozza in mano. Credendo di farmi piacere. Come se non avessi abbastanza tenuto in pugno, nella vita, questo strumento di tortura." Per avere notizie circa il grande movimento che si sapeva essersi manifestato contemporaneamente in tutto il mondo, si cercò il monumento di un giornalista. Allora le statue fecero una curiosa scoperta: fra i monumenti non ce n'era nessuno di giornalista. Nessun giornalista era stato mai ritenuto degno d'un monumento. Fu giocoforza ascoltare la radio. Le notizie cominciavano ad arrivare, e venivano diffuse di momento in momento: a Firenze s'erano mossi il Biancone, Ercole e Caco, il Perseo, Proserpina in combutta coi suoi rapitori, Savonarola, il Porcellino. A Bologna, il Nettuno s'era messo alla testa d'una sollevazione. A Roma, i primi a scendere in piazza erano stati Mosè, le sfingi, le tartarughe. Il piedone di via Piè di Marmo s'avanzava da solo come un'immensa sogliola verso il Collegio Romano, per accodarsi al corteo diretto in Piazza Venezia e del quale facevano parte Madama Lucrezia, Pasquino, Marforio, il Tritone, i tritoncelli, le Naiadi e le Sirene di Piazza Esedra, che ebbero un successo strepitoso, Vittorio Emanuele II, grossissimo e dorato, il bersagliere di Porta Pia, il ferroviere, Goethe, Toti, alcuni imperatori romani. Chiudeva il corteo il muletto di Villa Borghese con le salmerie. Gioacchino Belli scese tra il popolino di Trastevere e cominciò a molestare le ragazze con la punta del bastone, rispondendo a tono ai loro insulti. Sull'Appia Antica si videro avviarsi intere famiglie avvolte nei sudari, scese dai monumenti sepolcrali.
A Recanati, il gobbino Leopardi s'avviò tutto fiero: "Sono l'unico monumento del mondo che abbia la gobba" ripeteva.
Un senso di panico si diffuse quando si seppe che dal colle di Arona stava scendendo a passi di gigante il San Carlone alto cento metri. A Venezia, i cavalli di San Marco, Tommaseo, Manin col leone, Paleocapa, tutti con un piccione sulla testa. A Torino, gente a cavallo da tutte le parti, con le spade sguainate. Giungevano dispacci dall'estero. A Parigi, poco. I monumenti in bronzo erano stati portati via durante la guerra. C'erano la Repubblica, De Musset. Nel foyer del Théâtre Français c'era un po' di confusione. Quel seccatore di Voltaire pretendeva assumere il comando. Napoleone in cima alla colonna Vendôme aspettava che lo facessero scendere. A Londra, l'Eros di Piccadilly scese nella piazza eseguendo sulle punte la Danza delle Ore. Nelson in cima alla colonna altissima, impossibilitato a scendere da quell'altezza, strillava: "Tiratemi giù!". A New York, la statua della Libertà s'imbarcò subito per l'Europa, ma a mezza strada ci ripensò e tornò indietro.
Ritornando a Milano, s'incontrava un signore che girava spaesato tenendo in mano l'epigrafe del proprio monumento: "A Agostino Bertani gli Italiani riconoscenti" e mormorando: "Ma chi ero?". La piccola sfinge o chimera di pietra che sta dalla parte interna della stazione di Milano e si vede solo dal treno, fra le locomotive e gli scambi. Come deve soffrire in quell'ambiente! Scese anche lei e andò al raduno. Mancava il Sant'Antonio della fontana di piazza Sant'Angelo.
"O dov'è andato?" si domandavano tutti. Con la sciabola trinciando l'aria, Vittorio Emanuele II galoppò a cercarlo in piazza Sant'Angelo. La statua era lì, nella consueta posizione. Come? Il Santo non era diventato vero? Sì, era diventato vero. Ma, appena diventato vero, invece di andarsene, era rimasto nella stessa identica posizione del monumento, a guardare incantato i pesci rossi nella fontana. E non si muoveva.
#ferragosto#achille campanile#letteratura del '900#racconto#italia#monumenti#piazze#personaggi#arte#giorgio de chirico
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*Ibrahim prende il telefono chiamando suo fratello Suleyman per avvisarlo che deve chiedere ai gemelli Romolo e Remo e Ade di riportare in vita il fratello minore di Walid,Hassan Bin Attash prima che Walid potrebbe decidere di fare esplodere la sua casa per vendetta e perché non ha fatto quello che gli aveva chiesto.
Suleyman ascolta suo fratello Ibrahim e dice che lo chiederà a Romolo,Remo e Ade quando riuscirà ad avere tempo.
La discussione si conclude e Ibrahim nel frattempo entra in paranoia avendo paura che Walid potrebbe fare esplodere la sua casa senza che lui sospetta ed è preoccupato per sua moglie Zainab al-Khalidi quindi ritorna da lei*
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OPS ABBIAMO BATTUTO IL RECORD INDOVINA UN PO' DI CHI ERA QUELLO VECCHIO, PIÙ SEGUITI DI SANREMO coff coff scusa questa era forte CAMBIAMO LA STORIA DEL PAESE COME ROMOLO E REMO COSA TI È SUCCESSO HAI FATTO SUCCESSO SENZA USCIR DI CASA FACENDO QUALCHE BALLETTO NON BASTA IL TALENTO MA VA COLTIVATO E TU CHE CAZZO PARLI SE NON HAI MAI STUDIATO
L'AMBIZIONE DI QUESTA GENERAZIONE È FARE I SOLDI NON IMPORTA COME IMPORTA IL FATTURATO, PORTA UN PO' DI CULTURA ANCHE SE TI FA PAURA TI SENTI STO CAZZO CON IL COLPO DI FORTUNA SEI UN MIRACOLATO
E SIAMO OVUNQUE, TI ABBIAMO INVASO TIKTOK MA NON FACCIO COME TE CHE MI GUARDI DA SNOB LA FAME DI FAMA TI HA ANNEBBIATO COME SMOG, SE LA POESIA È MORTA UCCIDETEMI DI COLPO
Odio la gente che si è messa i soldi in tasca sopra la mia pelle solo per riempirsi un po' la pancia non ti mettere il mio nome in bocca per farla più grossa fra l'hai fatta grossa guarda chi pesa sulla bilancia
SAI CHE LA MIA SQUAD GIOCA COME UN PSG SIAMO DIVENTATI UN CULT FACCIAMO SALIRE IL PIL TU PUOI SOLO CHIACCHIERARE PERCHÉ NON CI ARRIVI QUI, IO CHE PENSO SOLO ALL'ARTE MENTRE TU PENSI AI CONSENSI
🎶NUN FA CHELLA FACCIA TU LO SAI CHI SIAMO, MA QUALE GOMORRA GENNY SAVASTANO, NOI SIAMO LA TRAP DEL CINEMA ITALIANO, CAMBIAMO LA STORIA SOLO CON LO SGUARDO🎶
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L'Ara Pacis Augustae, comunemente nota come Ara Pacis
Data di Costruzione: L'Ara Pacis fu commissionata dal Senato Romano nel 13 a.C. e completata nel 9 a.C.
Posizione Originale: Originariamente, l'Ara Pacis fu eretta nel Campo Marzio, un'area pianeggiante utilizzata per assemblee e celebrazioni militari.
Materiale: L'altare è realizzato principalmente in marmo di Carrara, noto per la sua purezza e qualità.
Dimensioni: Il monumento è un recinto rettangolare che misura circa 11,6 metri di lunghezza, 10,6 metri di larghezza e 4,6 metri di altezza.
Pareti Esterne: Decorate con rilievi che rappresentano processioni di figure mitologiche, divinità e membri della famiglia imperiale, simbolizzando la pace e la prosperità.
Rilievi Interni: Presentano motivi vegetali e animali, simboleggiando l'abbondanza e la rinascita.
Pannelli Laterali: Due pannelli sono particolarmente famosi: uno raffigurante Enea che sacrifica ai Penati (dèi domestici) e l'altro la Lupa Capitolina che allatta Romolo e Remo, insieme ad altre figure mitiche legate alle origini di Roma.
Significato Storico: L'Ara Pacis celebra il ritorno di Augusto dopo tre anni di campagne in Hispania e Gallia e la stabilità che il suo governo ha portato all'Impero Romano. Rappresenta la pace (Pax Romana) e l'unità sotto il dominio di Augusto.
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Roma, in occasione della Giornata Mondiale dei Bambini: la lettera di benvenuto del sindaco Gualtieri
Roma, in occasione della Giornata Mondiale dei Bambini: la lettera di benvenuto del sindaco Gualtieri Il Sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha inviato una lettera di benvenuto a tutti i bambini e le bambine che parteciperanno alla "Giornata Mondiale dei Bambini" programmata per sabato 25 allo Stadio Olimpico e per domenica 26 maggio in piazza San Pietro. Si tratta del primo grande evento di avvicinamento al Giubileo che Roma si sta preparando ad accogliere. Il primo cittadino ha voluto esprimere il proprio sostegno all'incontro voluto da Papa Francesco, "che ringrazio per la Sua sensibilità e vicinanza alla città, convinto come sono che ciascuno potrà portare a Roma un germoglio di speranza dal Paese da cui proviene, assieme al proprio sorriso, ai propri desideri e pensieri sul futuro". Dopo aver ricordato quanto il simbolo della Lupa che allatta i due piccoli Romolo e Remo rappresenti per Roma il "sincero gesto d'amore" alla base della sua storia, il Sindaco ha ricordato che "prendersi cura amorevolmente dell'infanzia è un dovere di tutti e una vocazione di questa nostra città, della quale troppo spesso noi adulti ci dimentichiamo". Sono per tutti necessari quello "sguardo limpido sul mondo" e quella "giusta richiesta di fratellanza e cura del creato" che accompagnano i bambini, la cui voce abbiamo il dovere di far sentire forte e in tutto il mondo. La lettera verrà pubblicata sul sito ufficiale www.giornatamondialedeibambini.org, dove sono ancora aperte le iscrizioni per partecipare.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Romolo e Remo, fondatori di Roma
I gemelli che diedero inizio a una storia durata secoli, nel cuore del Lazio antico… Secondo le Storie di Tito Livio fu Ascanio, figlio dell’eroe troiano Enea, a sua volta discendente di Venere e del mortale Anchise, e della figlia del re Latino, la giovane Lavinia, che fondò la città d’Alba Longa, sulla riva destra del Tevere. Continue reading Romolo e Remo, fondatori di Roma
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Caino con Abele, Romolo con Remo, Giuda con Gesù e #Conte con la Juve: in quell'estate del 2014 iniziava a consumarsi uno dei peggiori tradimenti della storia e, per quanto mi riguarda, non esiste crepaccio, grotta o pianeta dove possa nascondersi quel parrucchino maleodorante
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Giovanni Nucci "Roma. I miti e gli eroi", presentazione
Per giovani lettori dagli otto anni Roma è un tessuto di storie, e questo libro ce le racconta tutte: la fuga di Enea dalle rovine Troiane, Venere e Marte, il cuore spezzato della regina Didone, il coraggio di Rea Silvia e la spietatezza di Amulio, Vertumno, Flora e il dio Fauno, Romolo e Remo e il destino deciso dal volo degli avvoltoi. Un intreccio senza tempo che ci racconta chi eravamo e chi…
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*Ibrahim riceve una chiamata da Walid Bin Attash che è ancora in Arabia Saudita nel centro riabilitativo saudita Mohammed Bin Naif counseling and care center che gli chiede che vuole suo fratello minore Hassan ritornare in vita quando possibile perché lo sanno entrambi che era morto d'infarto all'improvviso altrimenti farà esplodere la sua casa se rifiuta di farlo, Ibrahim intimorito dalle minacce di Walid perché lo conosce personalmente che è un tipo violento gli risponde che lo chiederà ai gemelli Romolo e Remo di farlo quando sarà possibile, Walid rimane soddisfatto e la chiamata si conclude.
Ibrahim per quest'oggi incontra la leadership di Naqshbandi Order of Men che ha chiesto se ha qualcuno di abbastanza forte per la futura leadership del partito Ba'ath arabo Iracheno ma Ibrahim dice che non ha nessuno di quella categoria e suggerisce di entrare in contatto con suo cugino Malik al-Badri che oltre assomigliare fisicamente al defunto Uday Hussein specifica anche che Malik è un ex soldato, è un sopravvissuto delle torture ed è in grado di estrarre informazioni dai nemici quando messi sotto tortura a sangue.
La leadership Naqshbandi Order of Men accetta la proposta perché infatti stavano cercando individui di questo genere anche perché lo stesso presidente islamista sciita Hussein Mounes non è molto diverso da loro quando si tratta di torture, Ibrahim dà la locazione di suo cugino Malik al-Badri e alla fine la discussione si conclude*
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Esistono innumerevoli versioni della leggenda di Romolo e Remo e della fondazione di Roma, tutte tese alla glorificazione degli antenati dei Romani e della gens Iulia. Ci sono stratificazioni tra diverse leggende, dettagli diversi e "rami laterali", di volta in volta tesi a togliere o ad aggiungere onore e diritti ai Romani. La leggenda della fondazione di Roma è riportata dallo storico romano Tito Livio nel libro I della sua Storia di Roma. Di essa riferiscono anche Dionigi di Alicarnasso, Plutarco, Varrone.
Questo racconto è da sempre stato ritenuto una favola, risalente al periodo fra il IV e il III secolo a.C.[senza fonte]. Per molti critici la città di Roma si era addirittura formata soltanto centocinquanta anni più tardi, all'epoca dei re Tarquini (fine del VII secolo a.C.) Tuttavia, sul colle del Palatino, durante alcuni lavori esplorativi, nel 2007 sarebbe stato ritrovato il lupercale: questo santuario, dove i Romani veneravano il Dio Luperco (Faunus lupercus), è collegato al racconto dell'allattamento di Romolo e Remo da parte della leggendaria lupa.
Romolo e Remo (o, secondo alcuni autori antichi, Romo sono, nella tradizione mitologica romana, due fratelli gemelli, uno dei quali, Romolo, fu il fondatoreeponimo della città di Roma e suo primo re. La data di fondazione è indicata per tradizione al 21 aprile 753 a.C. (detto anche Natale di Roma e giorno delle Palilie). Secondo la leggenda, erano figli di Rea Silvia (Rhea Silvia), discendente di Enea, e di Marte
Romulus und Remus by Joseph Binder
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