#Roberto Della Casa
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blackramhall · 2 years ago
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"Acqua gassata e bibitone siciliano disseta e ossigena le cellule grigie" - Natale Lo Gatto
Il commissario Lo Gatto - Dino Risi (1986)
Blackram Hall: The guy practically lives in a Clue board
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falcemartello · 1 month ago
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GIORNO DELLA MEMORIA 2025
"Campi di sterminio per chi non si vaccina"
(Giuseppe Gigantino, cardiologo)
"Mi divertirei a vederli morire come mosche"
(Andrea Scanzi, giornalista)
"Se fosse per me costruirei anche due camere a gas"
(Marianna Rubino, medico)
"I cani possono sempre entrare. Solo voi, come è giusto, resterete fuori"
(Sebastiano Messina, giornalista)
"Vagoni separati per non vaccinati"
(Mauro Felicori, assessore)
"Escludiamo chi non si vaccina dalla vita civile"
(Stefano Feltri, giornalista)
"I no vax fuori dai luoghi pubblici"
(Eugenio Giani, Presidente Regione Toscana)
"Potrebbe essere utile che quelli che scelgono di non vaccinarsi andassero in giro con un cartello al collo"
(Angelo Giovannini, sindaco di Bomporto)
"Stiamo aspettando che i no vax si estinguano da soli"
(Paolo Guzzanti, giornalista)
"Verranno messi agli arresti domiciliari, chiusi in casa come dei sorci"
(Roberto Burioni, virologo)
"Non chiamateli no vax, chiamateli col loro nome: delinquenti"
(Alessia Morani, deputato)
"Vorrei un virus che ti mangia gli organi in dieci minuti riducendoti a una poltiglia verdastra che sta in un bicchiere per vedere quanti inflessibili no-vax restano al mondo"
(Selvaggia Lucarelli, giornalista)
"I rider devono sputare nel loro cibo."
(David Parenzo, giornalista)
"I loro inviti a non vaccinarsi sono inviti a morire."
(Mario Draghi, Presidente del Consiglio)
"Gli metterò le sonde necessarie nei soliti posti, lo farò con un pizzico di piacere in più."
(Cesare Manzini, infermiere)
"Gli bucherò una decina di volte la solita vena facendo finta di non prenderla."
(Francesca Bertellotti, infermiera)
"Provo un pesante odio verso i no vax."
(J-Ax, cantante)
"Se riempiranno le terapie intensive mi impegnerò per staccare la spina."
(Carlotta Saporetti, infermiera)
"Non siete vaccinati? Toglietevi dal cazzo!"
(Stefano Bonaccini, Presidente Regione Emilia Romagna)
"Un giorno faremo una pulizia etnica dei non vaccinati, come il governo ruandese ha sterminato i tutsi."
(Alfredo Faieta, giornalista)
"Il greenpass ha l’obiettivo di schiacciare gli opportunisti ai minimi livelli."
(Renato Brunetta, ministro)
"E’ giusto lasciarli morire per strada."
(Umberto Tognolli, medico)
"Prego Dio affinché i non vaccinati si infettino tra loro e muoiano velocemente."
(Giovanni Spano, vicesindaco)
"Bisogna essere duri e discriminare chi non si vaccina, in ospedale, a scuola, nei posti di lavoro."
(Filippo Maioli, medico)
"Serve Bava Beccaris, vanno sfamati col piombo."
(Giuliano Cazzola, giornalista)
"Mandategli i Carabinieri a casa"
(Luca Telese, giornalista)
"Gli renderemo la vita difficile, sono pericolosi."
(Piepaolo Sileri, Viceministro)
"E’ possibile porre a loro carico una parte delle spese mediche, perché colpevoli di non essersi vaccinati."
(Sabino Cassese, costituzionalista)
"Non sarà bello augurare la morte, ma qualcuno sentirà la mancanza dei novax?"
(Laura Cesaretti, giornalista)
"Se arrivi in ospedale positivo, il Covid ti sembrerà una spa rispetto a quello che ti farò io."
(Vania Zavater, infermiera)
"I novax sono i nostri talebani."
(Giovanni Toti, presidente regione Liguria)
"Sono dei criminali, vanno perseguitati come si fa con i mafiosi."
(Matteo Bassetti, infettivologo)
Da Canale Telegram del ComitatoFortitudo
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vintagebiker43 · 2 months ago
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Nella sua rubrica del Foglio il giornalista Andrea Marcenero si dice dispiaciuto perché Sigfredo Ranucci non è morto mentre era a Sumatra nel 2005.
Le parole del figlio, Andrea Ranucci, sono da leggere:
"Caro Andrea,
fortunatamente mi sono imbattuto così poche volte nelle pagine del "giornale" in cui scrivi da non sapere né il tuo cognome né se tu - spero vivamente per la categoria di no - sia un giornalista professionista o un comico satirico, sono il figlio di Sigfrido Ranucci e nonostante alcune volte me ne sorprenda anche io, non sono ancora orfano di padre.
Vivo da sempre con il pensiero, il timore che ogni volta che saluto mio padre possa essere l'ultima, del resto credo sia inevitabile quando vivi per decenni sotto scorta, quando hai sette anni e ci sono i proiettili nella cassetta della posta di casa tua, quando vai a mangiare al ristorante e ti consigliano di cambiare aria perché non sei ben gradito nella regione, quando ti svegli una mattina e trovi scientifica, polizia, carabinieri e DIGOS in giardino perché casualmente sono stati lasciati dei bossoli, quando ricevi giornalmente minacce, pacchi contenenti polvere da sparo e lettere minatorie, o semplicemente quando ti abitui a non poter salire in macchina con tuo padre.
Ricordo perfettamente il periodo dello Tsunami e dell'isola di Sumatra, che giusto per precisione si trova in Indonesia e non India, quando papà con il parere contrario del suo Direttore Roberto Morrione decise di raccontare la vicenda in uno dei luoghi più martoriati dalle inondazioni, lontano dalle comodità e dai luoghi privilegiati dai quali tutti i media scrivevano.
È uno dei primi ricordi di cui ho contezza, avevo 5 anni, mia sorella 6, mio fratello forse 8, eravamo in macchina, erano circa 40 ore che nessuno riuscisse ad avere contatti con papà, mamma tratteneva le lacrime a fatica, sola con noi tre, faceva finta che andasse tutto bene, forse è stata la prima volta che ho avuto la sensazione che dovessi percepire la vita con papà come se fosse a tempo, con una data di scadenza.
Ebbene sì, è tornato sano e salvo e a distanza di 20 anni purtroppo per te, Andrea, per fortuna per noi e credo di poter dire per il paese è ancora qui, a svolgere il suo lavoro come sempre, vivo e vegeto anche se in tanti lo vorrebbero morto.
Il morto del giorno è il giornalismo italiano, ancora una volta, e chi è l'assassino è evidente a tutti.”
Chapeau. Solidarietà a Ranucci, viva ammirazione per il suo coraggio e la sua forza. Evviva Report, uno dei pochi presidi di democrazia ancora presenti, capace di incarnare l'idea per cui il giornalismo deve essere il cane da guardia del potere e non, come spesso capita nel nostro paese, il cane da compagnia o, addirittura, da riporto.
@CarloCunegato
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ilpianistasultetto · 3 months ago
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Volevo comunicare, con mio grande compiacimento, che anche questo Natale non saro' tra quelli che contribuiranno ad alzare il PIL nazionale, visto che mi astengo dallo shopping natalizio.
Mi dispiace per i commercianti che si chiederanno: "ma Roberto nemmeno quest' anno ha speso un cazzo! E 'sto PIL chi lo alza?"
Perdonatemi, ma lo sapete come la penso. Non vado nemmeno a sciare a Cortina, resto dentro la cortina di casa mia. Accontentatevi della gente che avrà capacità di spesa da poter sopperire anche alla mia. Non mi dite niente, non insistete, non mi cercate al citofono con quelle facce scure, mi spiacerebbe mandarvi a fanculo.
Il presepe, si, quello lo faccio, seppur nella versione atea, senza Giuseppe, Maria e Bambinello. Nella mangiatoia, accanto al bue e l'asinello, da diversi anni metto una bandierina arcobaleno, simbolo di pace, tolleranza e solidarieta'. .Ho riparato anche il motorino che fa sgorgare l'acqua nel fontanile.....
@ilpianistasultetto
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rideretremando · 2 months ago
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Caro Andrea, fortunatamente mi sono imbattuto così poche volte nelle pagine del "giornale" in cui scrivi da non sapere né il tuo cognome né se tu - spero vivamente per la categoria di no - sia un giornalista professionista o un comico satirico, sono il figlio di Sigfrido Ranucci e nonostante alcune volte me ne sorprenda anche io, non sono ancora orfano di padre.
Vivo da sempre con il pensiero, il timore che ogni volta che saluto mio padre possa essere l'ultima, del resto credo sia inevitabile quando vivi per decenni sotto scorta, quando hai sette anni e ci sono i proiettili nella cassetta della posta di casa tua, quando vai a mangiare al ristorante e ti consigliano di cambiare aria perché non sei ben gradito nella regione, quando ti svegli una mattina e trovi scientifica, polizia, carabinieri e DIGOS in giardino perché casualmente sono stati lasciati dei bossoli, quando ricevi giornalmente minacce, pacchi contenenti polvere da sparo e lettere minatorie, o semplicemente quando ti abitui a non poter salire in macchina con tuo padre.
Ricordo perfettamente il periodo dello Tsunami e dell'isola di Sumatra, che giusto per precisione si trova in Indonesia e non India, quando papà con il parere contrario del suo Direttore Roberto Morrione decise di raccontare la vicenda in uno dei luoghi più martoriati dalle inondazioni, lontano dalle comodità e dai luoghi privilegiati dai quali tutti i media scrivevano.
E' uno dei primi ricordi di cui ho contezza, avevo 5 anni, mia sorella 6, mio fratello forse 8, eravamo in macchina, erano circa 40 ore che nessuno riuscisse ad avere contatti con papà, mamma tratteneva le lacrime a fatica, sola con noi tre, faceva finta che andasse tutto bene, forse è stata la prima volta che ho avuto la sensazione che dovessi percepire la vita con papà come se fosse a tempo, con una data di scadenza.
Ebbene sì, è tornato sano e salvo e a distanza di 20 anni purtroppo per te, Andrea, per fortuna per noi e credo di poter dire per il paese è ancora qui, a svolgere il suo lavoro come sempre, vivo e vegeto anche se in tanti lo vorrebbero morto.
Il morto del giorno è il giornalismo italiano, ancora una volta, e chi è l'assassino è evidente a tutti."
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canesenzafissadimora · 7 months ago
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Una sera ho ricevuto una telefonata da un caro amico. Quando mi ha chiesto come stavo, non so perché gli ho risposto: «Mi sento molto solo».
«Vuoi che parliamo?» mi ha detto. «Vuoi che venga a casa tua?»
Io ho risposto di si. In meno di 15 minuti lui stava già bussando alla mia porta. E così io gli ho parlato per molte ore di tutto, del mio lavoro, della mia famiglia, dei miei dubbi e dei miei problemi, e lui sempre attento mi ascoltava.
Mi ha fatto bene la sua compagnia, soprattutto il suo ascolto e alla fine si è fatto giorno. «Ora vado, devo andare al lavoro».
«Ti ho tenuto sveglio per tutta la notte,» mi sono scusato io.
Lui mi ha detto: «Non c’è problema, per questo ci sono gli amici!»
L’ho accompagnato fuori e mentre lui camminava verso l’auto gli ho gridato da lontano: «A proposito, perché mi hai telefonato ieri sera così tardi?»
Lui è tornato verso di me e mi ha detto a voce bassa: «Sono stato dal dottore. Sai non sapevo come dirtelo ma ho un cancro». Io ci sono rimasto di stucco, ma lui con un sorriso mi ha detto: «Ne riparleremo, non preoccuparti per me. Stammi bene».
Mi è servito un po’ di tempo per rendermi conto della situazione e mi sono chiesto più volte: perché quando lui mi ha chiesto come stavo, io mi sono dimenticato di lui ed ho solo parlato di me? Come ha avuto la forza di sorridermi, di incoraggiarmi, di ascoltarmi? Da quel giorno ho incominciato a riflettere: cerco di essere meno drammatico con i miei problemi e di dedicare più tempo alle persone a cui voglio bene. Mi sono ricordato di una cosa che lessi una volta e che solo in quel momento capii esserne vera: Colui che non vive per servire… non serve per vivere.
La vita è come una scala, se tu guardi in alto, sarai sempre l’ultimo della fila, ma se tu guardi in basso, vedrai che ci sono molte persone che desidererebbero essere al tuo posto.
Roberto Vecchioni
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angelap3 · 9 months ago
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Samarcanda e la sua leggenda...
Per le sue cupole azzurre e i suoi mosaici Samarcanda , in Uzbekistan, viene definita "Sogno color turchese" ...
A questa città ,da sempre, è legata un'antica leggenda che parla dell'ineluttabilita' della morte a cui nessun uomo può sfuggire...
Si racconta che una volta c'era una un uomo che non voleva morire.
Era un uomo di una città chiamata Isfahan e una sera vide la Morte che lo aspettava seduta sulla soglia di casa.
"Cosa vuoi da me?" gridò .
E la Morte: "Sono venuta a...".
L'uomo non le lasciò completare la frase, saltò su un cavallo veloce e a briglia sciolta fuggì in direzione di Samarcanda.
Galoppò due giorni e due notti, senza fermarsi mai e all'alba del terzo giorno giunse a Samarcanda.
Qui, sicuro che la Morte avesse perso le sue tracce, scese da cavallo e si mise a cercare un alloggio.
Ma quando entrò in camera trovò la Morte che lo aspettava seduta sul letto.
La Morte si alzò, gli andò incontro e disse: "Sono felice che tu sia arrivato e in tempo, temevo che ci perdessimo, che tu andassi da un'altra parte o che tu arrivassi in ritardo.
A Isfahan non mi hai lasciata parlare.
Ero venuta per avvisarti che ti davo appuntamento all'alba del terzo giorno nella camera di questo albergo, qui a Samarcanda"...
A questa simbolica leggenda, negli anni 70, Roberto Vecchioni dedicò una famosa canzone intitolata per l'appunto "Samarcanda "...
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libero-de-mente · 2 months ago
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Sliding doors - la decisione
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Le sliding doors, le porte scorrevoli, vengono spesso utilizzate per definire quegli eventi, spesso delle decisioni, che una persona prende nella propria vita. Possono sembrare avvenimenti insignificanti, invece spesso possono innescare una serie di conseguenze a catena, che possono modificare radicalmente il corso della vita di chiunque.
Una porta scorrevole, già. Come quella di un reparto ospedaliero.
Era un'estate dei primi anni '90, una di quelle estati segnate dalle canzoni degli 883 nei Juke Box dei bar, delle musicassette con i Queen nelle autoradio delle auto, il mito di Baywatch in televisione e delle telefonate dai telefoni fissi. I telefonini sarebbero arrivati di lì a poco. Quell'estate Roberto si trovò ad affrontare in virus gastrointestinale molto aggressivo, a tal punto che fini ricoverato in un letto d'ospedale. Era giovane Roberto, un inguaribile sognatore, sempre ottimista. Quel suo ottimismo gli faceva ben sperare di rimettersi al più presto, e velocemente, per poter partire in vacanza con altre coppie di amici di lì una decina di giorni. Destinazione Spagna.
E fu mentre questi pensieri d'impazienza, quelli di tornare alla sua vita normale, giravano nella sua testa che i suoi occhi incrociarono quelli di Arianna. Un'infermiera che lavorava in quel reparto e che era di turno nel momento in cui lui venne ricoverato.
Arianna si presentò a lui per i soliti prelievi ed esami di routine che si fanno, quando una persona viene ricoverata. Quei suoi occhi lo colpirono dritto al cuore. Il sorriso di lei, poi, gli fece capire che quella strana sensazione che gli faceva fremere il corpo non era dovuto al virus gastrointestinale.
Nelle ore successive al suo ricovero Arianna passò spesso a controllare Roberto, a ogni passaggio la sua permanenza vicino a lui si allungava nel tempo. Era chiaro che le faceva piacere parlare con lui. Il suo sorriso, i suoi occhi e le sue mani non mentivano.
Era talmente chiara l'alchimia tra i due che Roberto, vincendo la sua proverbiale timidezza con le ragazze, divenne sempre più loquace e affascinava Arianna con piccoli racconti sulla sua vita.
Arianna, con i suoi occhi luminosi e un sorriso che sembrava scaldare l’ambiente, era un raggio di sole in quei giorni di grigia noia in cui Roberto rimase ricoverato.
Alla fine di ogni turno lei passava a salutarlo trattenendosi ben oltre il suo orario, lui per essere assicurato di rivederla le chiedeva, quale sarebbe stato il turno del giorno dopo. Impaziente di rivederla.
- "Lavoro qui" - gli ripeteva per rassicurarlo - ci sarò anche domani, non preoccuparti.
Roberto rimase ricoverato cinque giorni, tanto da saldare quelle due anime che si cercavano sempre con lo sguardo tra le corsie e i letti. Lui aspettava l'inizio del turno di lei sulla porta della camera, sospirando con sollievo quando la vedeva entrare. Lei guardava lui, in fondo al corridoio, con un'espressione che le illuminava il volto.
I giorni di degenza rafforzò un legame invisibile, che culminò il giorno delle dimissioni. Quando Arianna aiutò Roberto a prendere le sue cose, mettendogliele nello zaino, e lo salutò dandogli una carezza. Senza dire una parola, con due occhi che erano un invito a non desistere.
Roberto, una volta giunto a casa, pensò subito a come fare per rivederla. Non aveva un numero di telefono, un riferimento. Così il giorno dopo le dimissioni Roberto si presentò fuori dal reparto, una porta scorrevole, una sliding doors, separava lui dall'ambiente dove lei lavorava. Bloccato. Rimase paralizzato davanti a quella porta, inibito da delle decisioni già prese nella sua vita, da delle situazioni che avrebbe dovuto stravolgere e buttare all'aria. Con la paura di lasciare qualcosa di "certo" per un "incerto". Dopo un po' di tempo si arrese, tornando sui suoi passi.
Roberto non seppe mai se Arianna avesse provato lo stesso sentimento per lui. Forse, pensava, un giorno si sarebbero rincontrati per caso del resto non abitavano distanti, ma fino a quel momento, quelle emozioni provate sarebbero rimasto un segreto custodito nel cuore di entrambi.
Il futuro "certo" di Roberto non fu quello che desiderava, a distanza di anni Roberto ripensa ad Arianna, convinto che quello che allora era "incerto" sarebbe potuto diventare un vita appagante concreta.
Forse non era nel loro destino quella vita, ma il destino è un concetto complesso e affascinante, e le "sliding doors" ci ricordano che il nostro percorso di vita è influenzato da una combinazione di scelte e casualità.
Se ci fosse stato coraggio in quel cuore giovane, di superare quella porta scorrevole, chissà oggi che vita sarebbe. La loro, dico.
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vecchiorovere · 4 months ago
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"Una sera ho ricevuto una telefonata da un caro amico. Quando mi ha chiesto come stavo, non so perché gli ho risposto: «Mi sento molto solo».
«Vuoi che parliamo?» mi ha detto. «Vuoi che venga a casa tua?»
Io ho risposto di si. In meno di 15 minuti lui stava già bussando alla mia porta. E così io gli ho parlato per molte ore di tutto, del mio lavoro, della mia famiglia, dei miei dubbi e dei miei problemi, e lui sempre attento mi ascoltava.
Mi ha fatto bene la sua compagnia, soprattutto il suo ascolto e alla fine si è fatto giorno. «Ora vado, devo andare al lavoro».
«Ti ho tenuto sveglio per tutta la notte,» mi sono scusato io.
Lui mi ha detto: «Non c’è problema, per questo ci sono gli amici!»
L’ho accompagnato fuori e mentre lui camminava verso l’auto gli ho gridato da lontano: «A proposito, perché mi hai telefonato ieri sera così tardi?»
Lui è tornato verso di me e mi ha detto a voce bassa: «Sono stato dal dottore. Sai non sapevo come dirtelo ma ho un cancro». Io ci sono rimasto di stucco, ma lui con un sorriso mi ha detto: «Ne riparleremo, non preoccuparti per me. Stammi bene».
Mi è servito un po’ di tempo per rendermi conto della situazione e mi sono chiesto più volte: perché quando lui mi ha chiesto come stavo, io mi sono dimenticato di lui ed ho solo parlato di me? Come ha avuto la forza di sorridermi, di incoraggiarmi, di ascoltarmi? Da quel giorno ho incominciato a riflettere: cerco di essere meno drammatico con i miei problemi e di dedicare più tempo alle persone a cui voglio bene. Mi sono ricordato di una cosa che lessi una volta e che solo in quel momento capii esserne vera: Colui che non vive per servire… non serve per vivere.
La vita è come una scala, se tu guardi in alto, sarai sempre l’ultimo della fila, ma se tu guardi in basso, vedrai che ci sono molte persone che desidererebbero essere al tuo posto"
- Roberto Vecchioni
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anchesetuttinoino · 8 months ago
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Tutta la storia sembra sgorgare direttamente dalla penna di Tom Wolfe, il giornalista e scrittore americano inventore dell'espressione «Radical chic». I luoghi comuni sono più concreti che mai, nel condominio (occupato) di Alleanza Verdi e Sinistra. C'è il papà ingegnere di idee piuttosto liberali. Non può mancare la figlia scapestrata e di estrema sinistra. Poi abbiamo il politico equo e solidale con la casa al mare, ma senza frigo, per non consumare. E che dire del suo alleato. Parlamentare da più di 100mila euro di reddito e due case in Umbria. Lo stesso che dice che occupare le case degli altri non dovrebbe essere un reato.
Fin troppo facile smascherare il cortocircuito. Gli interpreti di questa sit-com rossoverde sono Roberto Salis e la figlia Ilaria. Con loro la coppia d'attacco più glam della nuova sinistra-sinistra: Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. I due, presi dalla foga di difendere a tutti i costi la loro beniamina, si sono lanciati in un elogio degli occupanti abusivi. Ilaria Salis è accusata di occupazione abusiva e deve 90mila euro all'Aler, l'Ente che gestisce le case popolari in Lombardia. Fratoianni fa da scudo umano alla neo eurodeputata: «Mi ritrovo nelle battaglie per il diritto alla casa, anche nelle occupazioni». Segue il socio Bonelli, secondo cui «in questo paese il tema del diritto alla casa è un tema che è stato trascurato da tutti i governi». Nella saga rossoverde spunta il padre della Salis, che due anni fa vergava questo tweet in risposta al senatore renziano Ivan Scalfarotto: «Quando vedete una proprietà privata siete spinti da un irrefrenabile desiderio di invaderla! Sempre della serie quello che è tuo è mio, quello che è mio è mio!» Adesso è il primo testimonial della figlia europarlamentare.
Il solito copione da «Radical chic». Ed ecco la recente intervista rilasciata da Bonelli all'edizione romana di La Repubblica. Una beffa. Una settimana fa il leader dei Verdi apre le porte della sua dimora con «affaccio sul mare» al quotidiano del gruppo Gedi. Siamo a Ostia, in una palazzina del 1908. La vera chicca è il frigo fantasma. L'elettrodomestico c'è. Ma è staccato. «Compro del pesce e lo preparo subito. Il freezer non lo uso mai. Per il risparmio energetico ho collocato dei riduttori di volume e di flusso», racconta il politico ecologista, angosciato dall'emergenza abitativa. L'oscura intervista, relegata nelle pagine locali, brilla sul web. «Urge indirizzo per occupargli casa», ironizza su X il giornalista Pierluigi Battista.
Fioccano le prese in giro. Eccone una: «Casomai vi venisse voglia di occupare la casa di Bonelli venite già mangiati». Troppo facile sfottere Fratoianni. Più di 100mila euro di reddito e consorte collega in Parlamento. Proprietario di un fabbricato a Foligno, con un altro in comproprietà. Al netto dell'ironia, bisogna segnalare il duro commento di Marco Bentivogli, ex leader dei metalmeccanici Cisl. «Quando i figli dei ricchi dicono che è lecito occupare le case degli operai non c'entra nulla né la sinistra, né il comunismo», scrive Bentivogli.
Che infierisce: «È solo uno dei giochini con cui chi ha tutto disprezza chi fatica dalla mattina alla sera e si è guadagnato tutto ciò che ha col lavoro». Infine smaschera i finti Robin Hood delle occupazioni: «Le occupazioni avvengono solo nei quartieri dove abita la classe lavoratrice». Tutto così scontato. Radical chic, senza fantasia.
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ninocom5786 · 1 month ago
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Per 30 anni ci avete raccontato la bugia della fine della storia.
Ci avete ripetuto che il comunismo era il male assoluto, che bisognava rinnegare tutto il nostro passato e vergognarsene.
Avete snaturato l'ANPI e la CGIL trasformandole in cinghie di trasmissione e collettori di voti.
Poi vi siete spinti più in là, il mea culpa non vi bastava più e avete detto che bisognava "capire le ragioni dei vinti".
Ha iniziato Violante omaggiando "i ragazzi di Salò" e De Gregori gli ha pure dedicato una canzone.
Poi vi siete inventati una data, il 10 Febbraio, "Il Giorno del Ricordo", dicendo che bisognava ricordare i crimini dei partigiani e che le vittime erano fascisti e collaborazionisti finiti ingiustamente nelle foibe.
Sono stati i governi di centrosinistra a depenalizzare il saluto romano e l'apologia di fascismo.
Poi "per superare gli steccati ideologici" avete iniziato a organizzare incontri coi "ragazzi di Casa Pound".
Avete appoggiato i crimini dell'estrema destra venezuelana contro i governi "populisti" di Chavez e Maduro. Li avete invitati in Italia e c'avete organizzato convegni insieme a Fratelli d'Italia. Poi avete detto che il Presidente di quel Paese non era quello votato dalla sua gente ma tale Guaidò, un tizio nominato dagli USA.
Poi avete romanticizzato il nazismo ucraino.
Avete edulcorato le loro svastiche, le loro braccia tese, gli omaggi al genocida Bandera. Ci avete raccontato che i fascisti fanatici e psicopatici del Battaglione Azov erano in realtà degli eroi e avete portato i loro vessilli perfino all'interno del corteo del 25 Aprile.
Mentre noi denunciavamo e urlavamo a gran voce tutto questo, voi ci davate dei rossobruni e facevate le liste di proscrizione su Repubblica o sul sito dei Wu Ming.
Dopo tutto questo, davvero avete il coraggio e l'impudenza di indignarvi per i saluti romani ad Acca Larenzia?
La Destra almeno ha il dono della chiarezza.
A differenza di questa oscena sinistrucola trasparente e inutile, non si è mai vergognata del proprio passato anzi lo ha sempre apertamente rivendicato e ostentato.
Il Presidente del Senato ha il busto del duce in salotto e i suoi ragazzi scendono in piazza in camicia nera a fare il saluto romano?
Muti!
La colpa è soltanto vostra, dei danni che avete fatto e delle macerie che ci avete lasciato.
Ora abbiate almeno il buongusto di tacere.
(Roberto Vallepiano)
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vintagebiker43 · 8 months ago
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«La "Storia di un impiegato" l'abbiamo scritta, io [De Andrè], Bentivoglio, Piovani, in un anno e mezzo tormentatissimo... "
...ed è proprio durante questo periodo di difficile gestazione che Fabrizio De Andrè e il produttore del disco Roberto Danè si imbattono in un brano trovato quasi per caso tra il numeroso materiale di propaganda politica che leggevano in cerca di ispirazione.
"C'era una ragazza che cantava questa canzone. Un inno del maggio parigino, anzi l'inno più famoso di quei giorni. Ce ne innamorammo subito e pensammo a una traduzione. Telefonai a Parigi, contattai amici discografici per avere la sub edizione di quel brano e poterlo così tradurre in Italia. Be', era strano, non si riusciva a stabilire un contatto preciso"
Tramite conoscenze nell'ambiente di estrema sinistra Roberto Danè riesce a trovare un contatto:
"Wolinski, che mi consegna con fare sospetto a una persona di sua fiducia. [...] Questa persona mi fa salire su un'auto malmessa [...] che a fatica riesce a muoversi [...] Bene, alla fine di un lungo giro che non finisce più, mi portano al quarto piano di una casa di periferia; e in quella stanza lontano da tutto e da tutti, vuota, incontro una ragazza, la ragazza della canzone, quella che cercavo. Era ricercata. Io non lo sapevo, l'ho scoperto lì; e ho scoperto anche che lei non voleva avere diritti su quella canzone.
Mi disse 'Ve la regalo, è una canzone di tutti'."
Quella ragazza che non volle nemmeno i diritti di autore si chiamava Dominique Grange, cantautrice militante nella Gauche Prolétairienne, e quel brano si intitolava "Chacun de vous est concerné" (Ognuno di voi è coinvolto), De Andrè ne fece "La Canzone del Maggio" e quando "Storia di un impiegato" viene pubblicato ci si limitò a scrivere: ''tratto da una canzone del maggio francese''.
Nella sua prima stesura De Andrè si era limitato a tradurre testualmente il brano, e solo successivamente vene introdotta la strofa:"Per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti" oscurando l'originale: "Voi non avete fermato il vento gli fate solo perdere tempo".
"Un impiegato ascolta, cinque anni dopo, una delle canzoni del maggio francese 1968. É una canzone di lotta: ricorda i fatti accaduti durante la rivolta nata dagli studenti e, rivolgendosi a quelli che alla lotta non hanno partecipato, li accusa e ricorda loro che chiunque, anche chi in quelle giornate si è chiuso in casa per paura, è ugualmente coinvolto negli avvenimenti."
(nella foto Dominique Grange)
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ilpianistasultetto · 11 months ago
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Drinnn-drinnn-drinnn... guardo il cell, 02 ecc..ecc..e' il prefisso di Milano, mi dico. Sara' mia figlia che chiama da casa di qualche suo amico.
-pronto!
- buongiorno sig. Roberto, sono Giuseppe dell'agenzia immobiliare di Milano. Ci siamo sentiti qualche mese fa per la sua casa di NoLo. Allora, ha deciso di venderla?
Io cado dalle nuvole, credevo di aver detto chiaro e tondo che non avevo nessuna intenzione di vendere, visto che ho acquistato quella casa da poco tempo..
- No, guardi, ci deve essere un equivoco..
- Ma non le interesserebbe prendere una casa piu' grande? Guardi, ne abbiamo una in via Marco Aurelio, a 100metri da casa sua. Un vero affare, da non perdere. Un bel primo piano di 100mq a soli 500mila euro. Sa, sig. Roberto, occasioni cosi non capitano tutti i giorni. Anzi, forse non le capiteranno mai piu'. Una casa cosi' non si prende per meno di 800mila euro.
Io: scusi, sig. Giuseppe, i 100mq delle agenzie immobiliari li conosco bene, saranno 80 a malapena. E poi, con tanti "cummenda" che sono a Milano, "l'affare del secolo" lo propone a un terrone romano come me? E poi ancora, se e' l'occasione della vita, perche' non la ferma lei e poi la rivende mettendosi in tasca bigliettoni e bigliettoni di plusvalenza come il duo LaRussa- Santanche' con villa Alberoni?
Ho riattaccato senza nemmeno salutare..
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susieporta · 8 months ago
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IL MOMENTO GIUSTO
Esiste una condizione fondamentale...
Che certe cose accadono da sole, e solo quando arriva il momento giusto, e tu non puoi forzarle a farle accadere, come l’amore ad esempio.
Al massimo puoi rimanere aperto, ricettivo e disponibile, cercando di non ostacolare.
Lo stesso vale anche per certi stati di coscienza superiore: accadono perché hai preparato il terreno giusto, ma non sei stato tu a farli accadere, nessuno ha il potere su questi stati trascendenti, e sarà la tua vanità, la tua avidità, e le tue aspettative, a farli sparire per mesi e mesi...perché volevi impossessartene, perché l’ego voleva impossessarsi dell’amore, della consapevolezza, della compassione, dell’umiltà, della bontà...quando hai sperimentato questi stati che ti sono accaduti.
Il problema è sempre l’ego ed il suo bisogno di possedere e di controllare ogni cosa, ed è così che ti lasci sfuggire tutto ciò che ha realmente valore nella vita.
Guardi una bella persona, e subito nella tua mente si formano il desiderio di possederla.
Guardi una bella casa o una bella automobile, e subito il desiderio di possesso.
Quando mangi, c’è un momento in cui il tuo corpo è più che soddisfatto, ma tu continui a mangiare per gola, per avidità, per riempirti al massimo fino a stare male.
E’ bello stare con le persone, a condividere l’amicizia, ma anche qui c’è uno stop se ti ascolti...se non ti perdi negli altri, e proseguire oltre è sintomo di paura della solitudine, di bisogno di attenzione, di bisogno di riconoscimento, di avidità, di possesso...e non è più naturale ciò che stai facendo, non è più condividere.
E nel momento in cui credi di essere riuscito a possedere, ecco che sparisce lo stato di gioia...ecco che sparisce lo stato di meditazione, la consapevolezza, l’amorevolezza, l’estasi, a causa del tuo desiderio di possesso.
Ogni cosa scompare quando cerchi di possederla.
Osserva te stesso e tutti i giochi del tuo ego: avidità, ambizione, gelosia, invidia, controllo, possesso.
Osserva l’interconnessione...
Se osservi coscientemente e comprendi fino in fondo l'avidità, allora anche la rabbia sparirà, e se scompare la rabbia, allora scomparirà anche la gelosia e l’invidia, e se scompare l’invidia e la gelosia, allora scomparirà anche la violenza...dov’è tutte queste emozioni sono figlie dell’egocentrismo e della vanità.
Quando cerchi di possedere e di controllare, anche solo mentalmente, al tuo interno, non ha importanza, tu hai già perduto l’oggetto del tuo possesso.
Osserva i giochi della tua mente.
Osserva l'avidità.
Osserva che il tuo ego non è mai contento e vuole sempre di più...l’ego è una macchina che sforna continuamente nuovi desideri, nuove ossessioni, nuove manie.
Non ti lascerà vivere in pace...
Che cos’è l’avidita se non il tentativo di riepirti di qualcosa per riempire un profondo buco di insoddisfazione?
Puoi riempirti di cibo, di sesso, di relazioni, di televisione, di soldi, di successo, di potere...solo per compensare che tu non hai te stesso.
Il buco che stai cercando di riempire, è dato dal fatto che tu hai molte cose, e che hai accumulato moltissime cose in vita tua, ma ancora non hai ancora te stesso.
Manchi tu all’appuntamento con la vita.
Inoltre...
Anche combattere l’ego è un desiderio, ovviamente.
Dovrai solo osservarlo coscientemente fino in fondo, in tutte le sue manifestazioni e sfumature, e cadrà da solo, un pezzetto alla volta.
Questo fa parte del Lavoro pratico su se stessi.
Roberto Potocniak
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greenbor · 3 months ago
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Dalla poesia di Tatiana Andena scelta da https://www.tumblr.com/scorcidipoesia liberamente improvvisato si base causale
Come un mobile che invecchia, il legno caldo, le sfaccettature, i profumi di casa assorbiti nel tempo, invecchierò sentendovi dentro ogni punto del mio corpo e della mia anima. Rivedrò i vostri tratti, lo sguardo pensoso o un ciuffo impossibile da pettinare, riascolterò le tonalità delle vostri voci, quel modo di affrontare la vita e star dentro le cose. Vi farò vivere ancora tanti anni e avrete un po’ della mia forza quando sarò forte, camminerete con me nelle strade nuove quando camminerò e ai bivi importanti in cui dovrò scegliere se fermarmi o proseguire, se indietreggiare o correre, sarete insieme a me nel quadro infinito in cui per sempre sarò la vostra bambina. Tatiana Andena
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angelap3 · 7 months ago
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Una sera ho ricevuto una telefonata da un caro amico. Quando mi ha chiesto come stavo, non so perché gli ho risposto: «Mi sento molto solo».
«Vuoi che parliamo?» mi ha detto. «Vuoi che venga a casa tua?»
Io ho risposto di si. In meno di 15 minuti lui stava già bussando alla mia porta. E così io gli ho parlato per molte ore di tutto, del mio lavoro, della mia famiglia, dei miei dubbi e dei miei problemi, e lui sempre attento mi ascoltava.
Mi ha fatto bene la sua compagnia, soprattutto il suo ascolto e alla fine si è fatto giorno. «Ora vado, devo andare al lavoro».
«Ti ho tenuto sveglio per tutta la notte,» mi sono scusato io.
Lui mi ha detto: «Non c’è problema, per questo ci sono gli amici!»
L’ho accompagnato fuori e mentre lui camminava verso l’auto gli ho gridato da lontano: «A proposito, perché mi hai telefonato ieri sera così tardi?»
Lui è tornato verso di me e mi ha detto a voce bassa: «Sono stato dal dottore. Sai non sapevo come dirtelo ma ho un cancro». Io ci sono rimasto di stucco, ma lui con un sorriso mi ha detto: «Ne riparleremo, non preoccuparti per me. Stammi bene».
Mi è servito un po’ di tempo per rendermi conto della situazione e mi sono chiesto più volte: perché quando lui mi ha chiesto come stavo, io mi sono dimenticato di lui ed ho solo parlato di me? Come ha avuto la forza di sorridermi, di incoraggiarmi, di ascoltarmi? Da quel giorno ho incominciato a riflettere: cerco di essere meno drammatico con i miei problemi e di dedicare più tempo alle persone a cui voglio bene. Mi sono ricordato di una cosa che lessi una volta e che solo in quel momento capii esserne vera: Colui che non vive per servire… non serve per vivere.
La vita è come una scala, se tu guardi in alto, sarai sempre l’ultimo della fila, ma se tu guardi in basso, vedrai che ci sono molte persone che desidererebbero essere al tuo posto.
Roberto Vecchioni
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