#Roberto Andò
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La stranezza
#La stranezza#Roberto Andò#Toni Servillo#Valentino Picone#Salvatore Ficarra#tomatoes#onions#movie#film
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FERITO A MORTE
Napoli è una città che ti ferisce a morte o ti addormenta. È questo l’assunto di base e la conclusione del magnifico testo di Raffaele La Capria, adattato per il teatro da Emanuele Trevi e portato in scena in questi giorni al Teatro Strehler di Milano per la regia di Roberto Andò, una coproduzione del Teatro di Napoli,Teatro Nazionale, Teatro dell’Emilia Romagna, Teatro Stabile di Torino. Andò è un napoletano non ortodosso, se mi si passa il termine, ovvero uno di quei napoletani, la cui “napolitanità” (io lo chiamerei di più “napoletanismo”) non gli ottunde le facoltà mentali e quindi non gli impedisce una visione critica della “capitale del Mezzogiorno d’Italia”. Appartiene cioè a quella schiera di artisti, registi, musicisti che, lontani dal manicheismo di maniera e dal facile folklore che ormai sembra dominante quando si cita Napoli, sa guardare in profondità i vizi e i vezzi della società e della popolazione napoletana. In realtà l’elenco potrebbe essere piuttosto nutrito e potrebbe comprendere registi come Paolo Sorrentino e Mario Martone, scrittori come Roberto Saviano, attori come Tony Servillo, ma anche musicisti come Peppe Barra o il compianto Pino Daniele. E così Andò ha scelto di trasporre per il teatro il romanzo di un napoletano, critico per eccellenza, quale fu Raffaele La Capria, scomparso nel giugno scorso e vincitore dello Strega nel 1961. Un romanzo che “parla di tutto e di niente” come dice lo stesso regista. Aggiungerei che di quel tutto e di quel niente, il romanzo parla estremamente bene. Il giorno della sua partenza da Napoli, un uomo, Massimo (Andrea Renzi), si lascia andare al ricordo di fatti, circostanze e parole, tante parole, del periodo compreso tra il 1943 e il 1951, raccontati attraverso i discorsi di un gruppo di persone, parenti tra loro, ma anche amici e amici degli amici, su una terrazza di un circolo partenopeo frequentato dalla buona borghesia della città e dai fantasmi di una nobiltà appena decaduta, ma sempre presente. C’è la Storia e c’è il ricordo intimo, ci sono gli intrighi e i segreti, c’è la memoria e la logorrea di una società borghese napoletana che, se non ancora disfatta, è in via di disfacimento. Questo è, a mio modo di vedere, il grande merito di La Capria, quello di saper vedere Napoli in maniera ferocemente critica senza cedere alle solite sirene del sentimentalismo e, soprattutto, della retorica. Del resto anche il teatro del grande Eduardo, al di là dei facili entusiasmi, è un teatro che ci restituisce una Napoli fortemente umana e allo stesso tempo lacerata da sentimenti che, qualche volta, sembrano provenire dall’essenza stessa della città. Nei desideri di alcuni protagonisti c’è Milano, come alternativa del fare, di fronte ad una città senza reali prospettive. Su un romanzo bellissimo interviene la grande maestria con cui Emanuele Trevi ha saputo far diventare la parola romanzesca, una parola teatrale, operazione complessa e alquanto pericolosa. Una scena articolata su due livelli la terrazza nella parte superiore e il salone del circolo (ma anche i salotti e le camere dei personaggi) in quella inferiore e in più un “avamposto-dormeuse” posto sul ciglio del palco dal quale spesso il Massimo, adulto, guarda alla scena come ad una rimemorazione nostalgica o fastidiosa. Ottima quindi la soluzione per cui ha optato lo scenografo Gianni Carluccio di ricorrere, sapientemente, all’aggiunta di un velario semi trasparente, sul quale scorrono fondali marini che rimandano, oltre che alla fisionomia della città di mare, anche all’inconscio “placentico” del protagonista. Peccato per le poche repliche proposte dallo Strehler, per uno spettacolo che meriterebbe molte più rappresentazioni.
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Samarcanda e la sua leggenda...
Per le sue cupole azzurre e i suoi mosaici Samarcanda , in Uzbekistan, viene definita "Sogno color turchese" ...
A questa città ,da sempre, è legata un'antica leggenda che parla dell'ineluttabilita' della morte a cui nessun uomo può sfuggire...
Si racconta che una volta c'era una un uomo che non voleva morire.
Era un uomo di una città chiamata Isfahan e una sera vide la Morte che lo aspettava seduta sulla soglia di casa.
"Cosa vuoi da me?" gridò .
E la Morte: "Sono venuta a...".
L'uomo non le lasciò completare la frase, saltò su un cavallo veloce e a briglia sciolta fuggì in direzione di Samarcanda.
Galoppò due giorni e due notti, senza fermarsi mai e all'alba del terzo giorno giunse a Samarcanda.
Qui, sicuro che la Morte avesse perso le sue tracce, scese da cavallo e si mise a cercare un alloggio.
Ma quando entrò in camera trovò la Morte che lo aspettava seduta sul letto.
La Morte si alzò, gli andò incontro e disse: "Sono felice che tu sia arrivato e in tempo, temevo che ci perdessimo, che tu andassi da un'altra parte o che tu arrivassi in ritardo.
A Isfahan non mi hai lasciata parlare.
Ero venuta per avvisarti che ti davo appuntamento all'alba del terzo giorno nella camera di questo albergo, qui a Samarcanda"...
A questa simbolica leggenda, negli anni 70, Roberto Vecchioni dedicò una famosa canzone intitolata per l'appunto "Samarcanda "...
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Firenze al tempo di Roberto Sanseverino
Giostre e Tornei
Nella Firenze dei Medici la società era costituita per lo più da mercanti e imprenditori, che avevano lasciato la gestione della guerra ai mercenari.
La classe al potere si sentiva per questo legata alla necessità di dimostrare il proprio valore nell’arte militare. Da questo nasceva l’importanza e la frequenza di giostre e giochi militari, momenti nati per dimostrare pubblicamente la propria abilità guerresca e ribadire il proprio diritto al comando.
Le manifestazioni che si svolgevano nelle piazze principali della città erano per cui una dimostrazione del potere politico delle diverse famiglie fiorentine e gli arbitri in alcuni casi si dimostrarono tutt’altro che imparziali.
Nei giochi d’arme, così come nel torneo, non vi era per questo solo una valenza di tipo marziale ma anche un profondo significato politico. Le vittorie venivano spesse decise in anticipo assegnate più per motivi diplomatici che per reale maestria del vincitore.
Così accadde in una giostra del 17 febbraio 1470 quando Roberto Sanseverino contestò in maniera piuttosto vigorosa la scelta del vincitore fatta da giudici non del tutto imparziali....
Vuoi sapere come andò a finire ? Acquista il libro “Roberto Sanseverino Condottiero del rinascimento italiano tra arte militare e politica” autore Eugenio Larosa edito da Edizioni Chillemi.
#15th century#giostra#torneo#libro medievale#storia medievale#medioevo#firenze#lorenzo de medici#Roberto Sanseverino#piazza della signoria#rinascimento
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Pronostici basati su nient'altro che vibes:
Miglior film
Esterno notte, regia di Marco Bellocchio
Il signore delle formiche, regia di Gianni Amelio
La stranezza, regia di Roberto Andò
Le otto montagne, regia di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch
Nostalgia, regia di Mario Martone
Miglior regia
Marco Bellocchio - Esterno notte
Gianni Amelio - Il signore delle formiche
Roberto Andò - La stranezza
Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch - Le otto montagne
Mario Martone - Nostalgia
Miglior regista esordiente
Carolina Cavalli - Amanda
Jasmine Trinca - Marcel!
Niccolò Falsetti - Margini
Giulia Steigerwalt - Settembre
Vincenzo Pirrotta - Spaccaossa
Migliore sceneggiatura originale
Gianni Di Gregorio e Marco Pettenello - Astolfo
Susanna Nicchiarelli - Chiara
Marco Bellocchio, Stefano Bises, Ludovica Rampoldi e Davide Serino - Esterno notte
Gianni Amelio, Edoardo Petti e Federico Fava - Il signore delle formiche
Emanuele Crialese, Francesca Manieri e Vittorio Moroni - L'immensità
Roberto Andò, Ugo Chiti e Massimo Gaudioso - La stranezza
Migliore sceneggiatura adattata
Salvatore Mereu - Bentu
Massimo Gaudioso e Kim Rossi Stuart - Brado
Francesca Archibugi, Laura Paolucci e Francesco Piccolo - Il colibrì
Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch - Le otto montagne
Mario Martone e Ippolita Di Majo - Nostalgia
Miglior produttore
Lorenzo Mieli per The Apartment e Simone Gattoni per Kavac Film - Esterno notte
Alberto Barbagallo per Bibi Film, Attilio De Razza per Tramp Limited con Medusa Film e Rai Cinema - La stranezza
Wildside, Rufus, Menuetto, Pyramide Productions, Vision Distribution in collaborazione con Elastic, con la partecipazione di Canal+ e Cine+ in collaborazione con Sky - Le otto montagne
Medusa Film, Maria Carolina Terzi, Luciano e Carlo Stella per Mad Entertainment, Roberto Sessa per Picomedia e Angelo Laudisa per Rosebud Entertainment Pictures - Nostalgia
Carla Altieri e Roberto De Paolis per Young Films e Nicola Giuliano, Francesca Cima, Carlotta Calori e Viola Prestieri per Indigo Film con Rai Cinema - Princess
Miglior attrice protagonista
Margherita Buy - Esterno notte
Penélope Cruz - L'immensità
Claudia Pandolfi - Siccità
Benedetta Porcaroli - Amanda
Barbara Ronchi - Settembre
Miglior attore protagonista
Alessandro Borghi - Le otto montagne
Ficarra e Picone - La stranezza
Fabrizio Gifuni - Esterno notte
Luigi Lo Cascio - Il signore delle formiche
Luca Marinelli - Le otto montagne
Migliore attrice non protagonista
Giovanna Mezzogiorno - Amanda
Daniela Marra - Esterno notte
Giulia Andò - La stranezza
Aurora Quattrocchi - Nostalgia
Emanuela Fanelli - Siccità
Miglior attore non protagonista
Fausto Russo Alesi - Esterno notte
Toni Servillo - Esterno notte
Elio Germano - Il signore delle formiche
Filippo Timi - Le otto montagne
Francesco Di Leva - Nostalgia
Migliore autore della fotografia
Francesco Di Giacomo - Esterno notte
Giovanni Mammolotti - I racconti della domenica - La storia di un uomo perbene
Maurizio Calvesi - La stranezza
Ruben Impens - Le otto montagne
Paolo Carnera - Nostalgia
Miglior compositore
Fabio Massimo Capogrosso - Esterno notte
Stefano Bollani - Il pataffio
Michele Braga ed Emanuele Bossi - La stranezza
Daniel Norgren - Le otto montagne
Franco Piersanti - Siccità
Migliore canzone originale
Se mi vuoi (musica, testo e interpretazione di Diodato) - Diabolik - Ginko all'attacco
Caro amore lontanissimo (musica di Sergio Endrigo, testo di Riccardo Sinigallia, interpretata da Marco Mengoni) - Il colibrì
Culi culagni (musica di Stefano Bollani, testo di Luigi Malerba e Stefano Bollani, interpretata da Stefano Bollani) - Il pataffio
La palude (musica e testo di Niccolò Falsetti, Giacomo Pieri, Alessio Ricciotti e Francesco Turbanti, interpretata da Francesco Turbanti, Emanuele Linfatti e Matteo Creatini) - Margini
Proiettili (ti mangio il cuore) (musica di Joan Thiele, Elisa Toffoli ed Emanuele Triglia, testo e interpretazione di Elodie e Joan Thiele) - Ti mangio il cuore
Miglior scenografo
Andrea Castorina, Marco Martucci e Laura Casalini - Esterno notte
Marta Maffucci e Carolina Ferrara - Il signore delle formiche
Tonino Zera, Maria Grazia Schirippa e Marco Bagnoli - L'ombra di Caravaggio
Giada Calabria e Loredana Raffi - La stranezza
Massimiliano Nocente e Marcella Galeone - Le otto montagne
Miglior costumista
Massimo Cantini Parrini - Chiara
Daria Calvelli - Esterno notte
Valentina Monticelli - Il signore delle formiche
Carlo Poggioli - L'ombra di Caravaggio
Maria Rita Barbera - La stranezza
Miglior truccatore
Federico Laurenti e Lorenzo Tamburini - Dante
Enrico Iacoponi - Esterno notte
Paola Gattabrusi e Lorenzo Tamburini - Il colibrì
Esmé Sciaroni - Il signore delle formiche
Luigi Rocchetti - L'ombra di Caravaggio
Miglior acconciatore
Alberta Giuliani - Esterno notte
Samantha Mura - Il signore delle formiche
Daniela Tartari - L'immensità
Desiree Corridoni - L'ombra di Caravaggio
Rudy Sifari - La stranezza
Miglior montatore
Francesca Calvelli con la collaborazione di Claudio Misantoni - Esterno notte
Simona Paggi - Il signore delle formiche
Esmeralda Calabria - La stranezza
Nico Leunen - Le otto montagne
Jacopo Quadri - Nostalgia
Miglior suono
Esterno notte
Il signore delle formiche
La stranezza
Le otto montagne
Nostalgia
Migliori effetti speciali visivi
Alessio Bertotti e Filippo Robino - Dampyr
Simone Silvestri e Vito Picchinenna - Diabolik - Ginko all'attacco!
Massimo Cipollina - Esterno notte
Rodolfo Migliari - Le otto montagne
Marco Geracitano - Siccità
Miglior documentario
Il cerchio, regia di Sophie Chiarello
In viaggio, regia di Gianfranco Rosi
Kill me if you can, regia di Alex Infascelli
La timidezza delle chiome, regia di Valentina Bertani
Svegliami a mezzanotte, regia di Francesco Patierno
Miglior cortometraggio
Le variabili dipendenti, regia di Lorenzo Tardella
Albertine Where Are You?, regia di Maria Guidone
Ambasciatori, regia di Francesco Romano
Il barbiere complottista, regia di Valerio Ferrara
Lo chiamavano Cargo, regia di Marco Signoretti
Miglior film internazionale
Bones and All, regia di Luca Guadagnino
Elvis, regia di Baz Luhrmann
Licorice Pizza, regia di Paul Thomas Anderson
The Fabelmans, regia di Steven Spielberg
Triangle of Sadness, regia di Ruben Östlund
David Giovani
Corro da te, regia di Riccardo Milani
Il colibrì, regia di Francesca Archibugi
L'ombra di Caravaggio, regia di Michele Placido
La stranezza, regia di Roberto Andò
Le otto montagne, regia di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch
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Ossigeno - 16
16. Batticuore
Era pomeriggio inoltrato, Zlatan era a casa di alcuni amici e stavano facendo l'aperitivo quando ricevette una telefonata da parte di Ignazio. «Ciao Zlatan, che fai?» «We Ignazio, sono a casa di Roberto.» «Stasera sei impegnato?» «Non dovrei, perché?» «Niente, volevo invitarti a bere una cosa. Ho una bella novità.» Zlatan avvertì una pugnalata allo stomaco. Una bella notizia, certo. Sveva era incinta... «Sì? E di che si tratta?» «Te lo dico quando vieni. A stasera.» «Ok, a stasera.» Ripose il telefono in tasca e respirò profondamente. Perché stava reagendo così? Era vero, voleva provarci con Sveva ma non era di certo l'unica donna affascinante sulla faccia della terra. Non era mica innamorato di lei. Era solo... attratto. Molto attratto. Quindi quella sera sarebbe andato al Garden Flower, avrebbe fatto gli auguri a Sveva e ad Ignazio e avrebbe brindato con loro. Senza sconvolgimenti nè patemi d'animo.
Quando arrivò al Garden Flower, il locale era pieno. Ignazio era vicino al bancone e sprizzava felicità da tutti i pori. Zlatan si lasciò contagiare da quell'allegria e tutto sorridente lo abbracciò. «Allora, amico, ti vedo abbastanza contento. Cosa dovevi dirmi?» Non voleva dire all'amico che lo sapeva già, avrebbe dovuto spiegargli il modo in cui ne era venuto a conoscenza. «La famiglia si allarga. Stiamo per avere un altro bambino.» «Ma è fantastico! Congratulazioni» abbracciò nuovamente l'amico e gli diede due pacche sulla spalla. «Grazie Zlatan. Cosa posso offrirti?» «Un prosecco, grazie. Immagino che Sveva sia felicissima di diventare madre.» «Madre? Vuoi dire zia! Sì sì, ha detto che vorrebbe una femminuccia. Il nipotino maschio già ce l'ha...» Zlatan rimase perplesso. Zia? Quindi non era lei ad essere incinta? «E dov'è la futura mamma? Vorrei farle gli auguri.» «Valentina è fuori in giardino con Sveva.» Zlatan si sentì improvvisamente più leggero e felice, sentì allentarsi la morsa di un peso sul cuore che non sapeva nemmeno di avere. Qualcosa dentro di lui scattò, mettendolo in allarme. Probabilmente teneva a Sveva più di quello che credeva. Ma non ci voleva pensare adesso, ora era troppo felice e voleva vederla. Aspettò il suo prosecco e poi si diresse in giardino con Ignazio. Lei era seduta nella penombra, il viso illuminato dalla flebile luce di una candela a forma di fiore poggiata al centro del tavolo e sorrideva dolcemente al nipotino che aveva in braccio. Era bellissima e a lui cominciò il batticuore. Quando alzò gli occhi e incontrò il suo sguardo la vide trattenere il respiro. Le sorrise, desideroso di raggiungerla e abbracciarla per sentire il suo profumo, ma lei gli rispose con in sorriso debole e concentrò tutta la sua attenzione sul fratello. Si ricordò di come era scappato dal suo studio solo qualche ora prima. Era comprensibile che fosse fredda con lui. Doveva trovare un modo per rimanere da solo con lei e scusarsi per come si era comportato. E doveva anche trovare una scusa valida. Forse sarebbe stato più giusto dirle la verità ma probabilmente l'avrebbe fatta incazzare sul serio se le avesse detto di aver aperto le sue analisi. Andò ad abbracciare Valentina e si sedette di fronte a Sveva. Si guardò intorno ed individuò un arco nascosto dal un albero. Quel posto sarebbe andato benissimo per parlare con lei, c'era anche una panchina. Si stava scervellando per trovare le parole giuste da dirle quando Ignazio e Valentina se ne andarono e li lasciarono da soli. Zlatan si alzò e si sedette accanto a lei. «Quindi... stai per diventare di nuovo zia. Auguri.» «Grazie» rispose lei, girandosi a guardarlo negli occhi. «Ignazio mi ha detto che speri che sia femmina.» Lei sorrise. «Sì, mi piacerebbe.» «Sveva... scusami per oggi.» «Non so come interpretare il tuo gesto. Sei scappato.» Zlatan sorrise imbarazzato. Si alzò dalla sedia e le porse la mano. «Ti va di fare due passi? Ci sediamo lì, così possiamo parlare con calma» le indicò la panchina seminascosta dall'albero. Sveva guardò prima la panchina e poi lui. Sorrise impercettibilmente e allungò la mano verso quella di Zlatan. Non si aspettava di provare la sensazione che provò quando Sveva mise la mano nella sua. Era così morbida e calda. La strinse e la lasciò andare riluttante, mentre i loro occhi rimanevano incollati. Avrebbe potuto baciarla lì, in quel preciso istante in mezzo a tutta quella gente e dio solo sapeva quanto lo desiderava. Costrinse il suo corpo a muoversi. «Non sono proprio scappato, ero solo un po' sconvolto» le disse mentre camminavano. «Perché? È successo qualcosa?» Zlatan prese un bel respiro. «Pensavo che tu stessi aspettando un bambino.» Sveva lo guardò perplessa. «Io?» «Sì. L'infermiera aveva detto che erano le tue analisi e involontariamente ho letto 'Test di gravidanza'... ma ti giuro, non volevo farmi gli affari tuoi, è stato un caso. Ho abbassato lo sguardo sui fogli che mi avevi dato e...» Sveva rise. «Okay, Zlatan okay! È tutto a posto, non fa niente. Piuttosto, perché eri sconvolto? Voglio dire, se anche fossi stata incinta...» Zlatan si mise di fronte a lei e le accarezzò dolcemente il viso. Sveva rimase in silenzio, le labbra leggermente dischiuse e gli occhi fissi nei suoi. «Perché poi non avrei potuto più fare una cosa che desidero da un po'» disse piano. «Cosa?», sussurrò Sveva. Zlatan si chinò su di lei e le sfiorò le labbra. Aveva il cuore a mille. Prese il viso di Sveva in entrambe le mani e le diede un bacio dolce, perdendosi nella morbidezza delle sue labbra. «Questo» sussurrò sulla sua bocca. Lei aprì gli occhi. «Zlatan...» Lui la baciò di nuovo e questa volta con passione. Sveva ricambiò il suo bacio, lo accolse nella sua bocca e lo assaporò a sua volta, sentendosi sempre di più preda di una passione intensa. Il mondo intorno a loro scomparve, non c'era più il gran vociare della gente, c'erano solo loro due e i loro cuori che battevano all'impazzata. Zlatan si staccò e le accarezzò la guancia con un dito. Sorrise e si allontanò di poco. «Buonanotte, Sveva» le disse. Si guardarono ancora negli occhi, poi lui si girò e se ne andò.
Sveva si sedette sulla panchina, sconvolta. Zlatan l'aveva baciata. Zlatan. Si erano baciati. Davvero. Era successo davvero. Non era una di quelle fantasie che si affacciavano nella sua testa ultimamente e a cui lei puntualmente sbatteva la porta in faccia, soffocandole con altri tipi di pensieri. Aveva il batticuore. Era stato un bacio bellissimo. Zlatan aveva detto che voleva farlo già da un po'. E anche lei. Perché se n'era andato così presto? Voleva tanto essere in un altro posto in quel momento, essere da sola con lui e poterlo baciare ancora. Che bello che era e che sguardo stupendo... quando la guardava la faceva sentire speciale. Si sentiva euforica come una ragazzina che aveva appena ricevuto il suo primo bacio. Rimase sveglia tutta la notte, a pensare e ripensare a quel bacio.
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A Estranha Comédia da Vida
I, 2022
Roberto Andò
7/10
Realidade Virtual
Roberto Andò e os seus cúmplices na escrita do argumento deste filme, Ugo Chiti e Massimo Gaudioso, brincam com a ousadia criativa inovadora de Luigi Pirandello (1867-1936), poeta, romancista e dramaturgo italiano, vencedor do prémio Nobel da literatura em 1934.
Pegando na sua mais famosa peça, "Seis Personagens à Procura de um Autor", inventam uma viagem do dramaturgo à Sicília, onde trava conhecimento com dois singulares personagens, agentes funerários, dramaturgos e atores amadores, que o inspiram e se tornam, eles próprios, parte do enredo e elenco da peça que emerge na sua cabeça, confundindo ficção e realidade.
Interessante, sobretudo para quem conhece a peça e a obra de Pirandello. Os outros ficarão, talvez, um pouco confusos com o enredo do filme, mas atrevo-me a dizer, que isso não deixaria de agradar aos seus autores, Pirandello e Andò...
Virtual Reality
Roberto Andò and his co-writers for this film, Ugo Chiti and Massimo Gaudioso, play with the innovative creative boldness of Luigi Pirandello (1867-1936), an Italian poet, novelist and playwright who won the Nobel Prize for Literature in 1934.
Taking his most famous play, "Six Characters in Search of an Author", they invent a trip by the playwright to Sicily, where he meets two unique characters, undertakers, playwrights and amateur actors, who inspire him and become part of the plot and cast of the play that emerges in his head, mixing fiction and reality.
Interesting, especially for those who know the play and Pirandello's work. Others may be a little confused by the film's plot, but I dare say that this would certainly please its authors, Pirandello and Andò...
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SCRIVERE COL CINEMA | Dal 25 al 27 luglio ad Ancona la prima edizione degli incontri di cinema e letteratura a cura di Paolo Mereghetti
SCRIVERE COL CINEMAIncontri di cinema e letteratura a cura di Paolo MereghettiOspiti della prima edizione: Roberto Andò,Maria Sole Tognazzi, Barbara Ronchi e PifANCONA | 25-27 luglio 2024 Nasce SCRIVERE COL CINEMA – Incontri di cinema e letteratura a cura di Paolo Mereghetti, progetto promosso e sostenuto da Fondazione Marche Cultura, Marche Film Commission, ATIM e dal Comune di Ancona,…
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21 mar 2024 17:48
“IL POTERE? TUTTI CREDONO CHE SIA INCARNATO DA CHI COMPARE IN TV E SUI GIORNALI. SBAGLIATO. È INVISIBILE” – DAGO AFFIDA A “OGGI” LA SUA LEZIONE SU CHI COMANDA: “IL POTERE STA NEGLI APPARATI, IN QUELLO CHE VIENE DEFINITO “DEEP STATE”, LO STATO PROFONDO: I POLITICI PASSANO, LORO RESTANO – A ROMA DA SOLO NON CONTI NULLA, CONTI SOLO SE RIMANI UNITO AD ALTRI UGUALI A TE - NELLA CAPITALE SI CONTANO PIÙ DI 30 CIRCOLI: NAUTICI, GOLFISTICI, VENATORI, SCACCHISTICI, TENNISTICI, IPPICI. OH, SAREMO MICA DIVENTATI TUTTI CANOTTIERI? PER ESSERE AMMESSI SERVE L’AFFIDABILITÀ - I PARVENU ENTRANO NELLA STANZA DEI BOTTONI E CREDONO DI POTER FARE TUTTO QUELLO CHE VOGLIONO - NON AVETE IDEA DI CHE COSA MI HANNO FATTO IN 24 ANNI QUELLI CHE COMANDANO: INTIMIDAZIONI, QUERELE, LA GUARDIA DI FINANZA CHE VIENE A SIGILLARMI LA CASA, LA PUBBLICITÀ CHE SPARISCE…”
Stefano Lorenzetto per “OGGI”
Il Mercury, cinema a luci rosse, si trovava a 700 metri dalla basilica di San Pietro, in via Porta di Castello 44. «Proprietario dei muri era il Vaticano. Sul finire degli anni Ottanta, con l’arrivo delle videocassette, andò in crisi. Fu trasformato nel Muccassassina, il locale notturno più trasgressivo della Capitale: frocioni, drag queen, dark room, Cicciolina e la ventenne Vladimir Luxuria a fare da buttadentro», racconta Roberto D’Agostino. Lei che ne sa del patrimonio immobiliare ecclesiastico? «Ma scusi, se poi i preti lì ci hanno messo l’ufficio stampa del Giubileo! E oggi ospita il centro conferenze della Lumsa, la Libera Università Maria Santissima Assunta».
Mai fare domande di cui si conosce già la risposta: il fondatore di Dagospia sa tutto. La Città Eterna per lui non ha segreti, se non altro perché la osserva dal terrazzo di un doppio attico affacciato a 360 gradi su quella che ha sempre chiamato «Roma godona» e ora è diventata Roma Santa e Dannata, titolo (con rispettose iniziali maiuscole) del suo docufilm girato insieme a Marco Giusti, disponibile su RaiPlay. Tant’è che è stato chiamato a parlarne all’Istituto italiano di cultura a Londra, su invito del direttore Francesco Bongarrà, in occasione della mostra Legion life in the Roman army al British Museum, aperta fino al 23 giugno.
Più dannata che santa, si direbbe dal docufilm.
«Mi ha sempre stupito che il buon Dio si sia inventato una città santa mettendoci accanto il diavolo. Una Gerusalemme, il Vaticano, che ha intorno una Babele, Roma. Già nel 1834 per il poeta Giuseppe Gioachino Belli, impiegato pontificio, era “caput mundi” ma anche “la chiavica der monno”».
Capitale e fognatura del globo.
«Non che Milano sia la capitale morale. È che qui non ci siamo mai fatti intortare da filosofie, dogmi, ideologie. Il cattolicesimo è l’unica religione inclusiva: accoglie tutti e tutti assolve. Sa che Bene e Male sono due facce della stessa medaglia e quella medaglia siamo noi. Nessuno può scagliare il primo sampietrino. Negli anni Sessanta conobbi lo sceneggiatore Gore Vidal, snobissimo e antipaticissimo. Gli chiesi: com’è che voi gay venite tutti a Roma, non avete i festini a Hollywood? Mi rispose: “Perché qui si scopa”».
Molto esplicito.
«Al Palatino hanno rinvenuto un’epigrafe in greco che recita: “Ho imparato che a Roma la via diritta è un labirinto”. Nel quartiere San Lorenzo, dove abitavo, vidi Pier Paolo Pasolini nella trattoria Pommidoro che flirtava con un quindicenne: era Ninetto Davoli. Oggi chiamerebbero i carabinieri».
A Roma c’è il potere. Lei è un uomo di potere?
«Iooo? Da solo non conti nulla. Il simbolo di Roma antica è il fascio, un mazzo di verghe con la scure. L’insegna del comando. Abramo Lincoln ci appoggia sopra le mani nel monumento di Washington. Conti solo se rimani unito ad altri uguali a te».
Traduca il concetto.
«La Dc erano dieci partiti legati come un fascio e ha governato per 40 anni. Nella Capitale si contano più di 30 circoli: nautici, golfistici, venatori, scacchistici, tennistici, ippici. Oh, saremo mica diventati tutti canottieri? Per essere ammessi in quei club esclusivi devi esibire un’unica patente: l’affidabilità. Nel 1977, quando mi proposi a Rai 2 per Odeon, il rotocalco televisivo, fui portato al cospetto di un alto dirigente di viale Mazzini, il quale chiese al curatore Brando Giordani: “È affidabile?”. “Sì”, rispose il giornalista. “Bene, allora buon lavoro, arrivederci”, concluse quello. Nient’altro».
Accipicchia, un vero talent scout.
«Più che circoli ristretti, diciamo che sono logge. Devi conoscerne le regole e rispettarle».
E quali sarebbero le regole del potere?
«Mai associarlo al sesso, mai ai soldi, mai al tradimento. Invece i parvenu scesi dal Nord entrano nella stanza dei bottoni e, ubriachi di hybris, credono di poter fare tutto quello che vogliono. Bettino Craxi flirtò con Moana Pozzi. Silvio Berlusconi organizzò i festini a Palazzo Grazioli. Matteo Renzi arrivò a Palazzo Chigi e nominò capo dipartimento degli Affari giuridici e legislativi Antonella Manzione, che era stata comandante dei vigili urbani di Firenze con lui sindaco. Tutt’e tre spazzati via».
La prima volta in cui vide il potere da vicino?
«Fu quando Francesco Cossiga si rivolse a me perché veniva ritenuto un folle e quindi nessun organo di stampa gli pubblicava i comunicati, neppure l’Adnkronos del suo amico Pippo Marra. Una mattina sono nel suo studio di via Quirino Visconti. Da Washington chiamano Kossiga, l’amerikano con la kappa: gli Usa hanno bisogno di far decollare dall’Italia i loro cacciabombardieri per la guerra nel Kosovo.
L’ex presidente telefona al premier Romano Prodi, il quale da buon cristiano gli obietta che lui non uccide e nega il permesso. Allora Cossiga cerca Massimo D’Alema, che pur di prendere il posto di Prodi avrebbe sganciato una bomba atomica. “Vuoi diventare presidente del Consiglio?”, gli chiede. Conclusione: D’Alema è il primo comunista a diventare capo del governo italiano e gli americani possono far partire gli aerei dal Belpaese».
Come mai, nonostante le sue delazioni, la lasciano libero di campare? Il potere è tollerante?
«Scherza? Lei non ha idea di che cosa mi hanno fatto in 24 anni quelli che comandano: intimidazioni, querele, la Guardia di finanza che viene a sigillarmi la casa, la pubblicità che sparisce. Io non ho alle spalle John Elkann o Carlo De Benedetti».
Provi a identificarlo, questo maledetto potere.
«Tutti credono che sia incarnato da chi compare in tv e sui giornali. Sbagliato. Il potere è invisibile. Sta sotto, negli apparati, in quello che viene definito “deep State”, lo Stato profondo: Consulta, Corte dei conti, Ragioneria generale, servizi segreti, funzionari dei ministeri. Si fanno chiamare “servitori dello Stato”, non sono né di destra né di sinistra. I politici passano, loro restano. Rimasero persino dopo la caduta di Benito Mussolini».
Ma lei li tiene tutti sotto tiro. Come ci riesce?
«Faccio e ricevo telefonate. Chi si rivolge a me sa che non tradirò mai la sua fiducia. E uso un algoritmo inglese, Kilkaya. Mi svela che cosa piace ai lettori. Costa meno di un dipendente, 1.500 euro al mese: vede in tempo reale su che cosa cliccano».
Si maligna che il suo potere le derivi da un solido legame con i servizi segreti.
«Assurdo. Una delle sorprese della mia vita fu incontrarli. M’aspettavo qualcosa alla John le Carré o alla Graham Greene, agenti 007 divenuti romanzieri, invece mi venne da ridere. Fu tutt’altra cosa quando conobbi il capo stazione della Cia».
Parla di Robert Gorelick, mandato in Italia dalla Central intelligence agency dal 2003 al 2008?
«Lasciamo perdere. I servizi francesi e inglesi sì che sono fantastici. E quelli vaticani? Superlativi».
Lei sarebbe disponibile a fare la spia per davvero, pur di proteggere il Paese in cui vive?
«Scherza? Mi offende. Il sito si chiama così solo perché ho fuso il nomignolo Dago con Spia, la rubrica che tenevo sull’Espresso. Mi sento un po’ Tacito, un po’ portineria elettronica. Tagliare i panni addosso agli altri è forse l’ultima trincea del libero pensiero, sostenevano Fruttero e Lucentini. Il gossip è una risorsa strategica della politica. Dalla Recherche di Marcel Proust a Monica Lewinsky, passando per il Watergate, è tutto un pettegolezzo».
Il cerimoniale della Repubblica suddivide le cariche in 7 categorie e 121 classi. Dopo il capo dello Stato, vengono cardinali, presidente del Senato, presidente della Camera, presidente del Consiglio dei ministri. Perché un porporato conta più del Parlamento e del governo?
«Non lo sapevo. Molti sottovalutano il potere di Santa Madre Chiesa. Lo scoprii nel 1999, quando mi preparavo a lanciare Dagospia e fui ricevuto in Vaticano da un tizio che costruiva i siti per tutte le diocesi del mondo. Le pare che una struttura così, salda da 2 mila anni, si faccia scalfire dalle chiacchiere dei giornali? Io sono fortunato, ho sempre avuto fede. Un prete pedofilo non mi turba. A Roma abbiamo avuto papa Borgia, si figuri».
Quanto conta Sergio Mattarella?
«Tantissimo. Il potere invisibile coltiva la virtù del silenzio. Infatti l’ho ribattezzato la Mummia sicula, anche se al Colle dispiace. Lei ha mai letto un’intervista con Enrico Cuccia? Se il capo di Mediobanca avesse parlato, sarebbe stata la sua fine».
Papa Francesco rilascia un’intervista al mese.
«Fa i dispetti a Paolo Ruffini e Andrea Tornielli, i capi della comunicazione vaticana. Ma è l’unico al mondo che ha avuto il coraggio di dire che l’Ucraina, senza aiuti, soccomberà nel giro di un mese, quindi non le resta che trattare con la Russia».
Sarà lo Spirito Santo o il potere a scegliere il prossimo pontefice?
«Io spero che venga eletto Matteo Maria Zuppi».
Nel 2010 riteneva che gli italiani più potenti fossero Gianni Agnelli e Maurizio Costanzo. Oggi?
«Siamo indebitati fino al collo. Il potere ce l’ha la nostra creditrice, l’Unione europea. E scopriamo che l’Avvocato è stato il più grande evasore fiscale di questo Paese, ecco che cosa resta del suo mito».
Come mai non prende sul serio Giorgia Meloni?
«Draghi di qua, Draghi di là... All’inizio le avevo dato fiducia: l’ho chiamata la Draghetta. Quelli sopra di lei speravano che diventasse una democristiana, che creasse un vero partito conservatore. Invece è stata colta dalla sindrome di Carlito’s way ,ha presente? Al Pacino esce dal carcere, vuol cambiare vita, ma il passato lo trapassa: arrivano le cambiali da pagare e resta incastrato.
Meloni s’è sentita dire dallo zoccolo duro del Msi: “Ahò, siamo stati per mezzo secolo nelle fogne, ora ci prendiamo ciò che è nostro”. E lei, che non si fida di nessuno, ha trovato nei vecchi sodali della sezione Colle Oppio la sua sicurezza. È diventata la Ducetta. Ha scambiato l’autorevolezza con l’autoritarismo».
«Pipparoli», «smanaccioni», «twittaroli»: maltratta gli internauti con nomignoli urticanti.
«Ma no, è che allungano la mano perché non riescono ad allungare altro. Che cos’è in fin dei conti l’erotismo? Un racconto per chi legge, vedi Le mille e una notte .Eil Decameron del Boccaccio».
Da 1 a 10, quanto potere ha Instagram?
«Dieci».
E TikTok?
«Non lo conosco, lo vedo poco. Tutti i social, da Facebook a X, appartengono alla tragedia dell’essere umano. Siamo d’accordo sul fatto che Aristotele e Platone erano un po’ più acculturati di Matteo Salvini? Ebbene, perché i Greci crearono la filosofia, il teatro, le arti, l’Olimpo, Zeus, Venere, cioè un mondo parallelo?
E noi perché abbiamo inventato il cinema e la tv? Perché quando ci guardiamo allo specchio non ci piace ciò che appare, vediamo l’insoddisfazione più totale. Internet appaga le attese e le pretese dell’uomo. Se lei deve scegliere una sua foto, selezionerà quella in cui ha l’aspetto più seducente. Siamo tutti influencer».
Vanità delle vanità. Gran brutta malattia.
«La disperazione che vedo in giro nasce dal fatto che non esistono più né idee né ideali né ideologie: abbiamo solo noi stessi. Il corpo è il display per mostrare agli altri non ciò che siamo, ma ciò che vorremmo essere. Sparita la realtà, siamo diventati una fiction. Con questa ferraglia che ho addosso io comunico al mondo che avrei voluto essere Keith Richards, il chitarrista dei Rolling Stones. Purtroppo non avevo lo stesso talento».
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"Letizia" di Franco Zecchin
"Una volta in più siamo grati alla fotografia, al suo essere silenziosa e capace di senso. Franco dice qui molto di Letizia, dice molto di più di quanto si possa dire a parole, cercando di evocarla. È un commiato, forse, e come tale un modo per trattenere Letizia ancora qui con noi. E riesce a non essere solo il commiato di Franco da Letizia, il suo modo singolare di fare i conti col senso di una vita, ma anche il nostro commiato da una donna che ha avuto il destino di diventare un'icona, un simbolo, una messaggera di ciò che chiediamo alla vita per essere degna d'essere vissuta."
Dalla prefazione di Roberto Andò.
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Con il nuovo allestimento dello spettacolo Clitennestra
comunicato stampa nell’adattamento e regia di Roberto Andò tratto da La casa dei nomi di Colm Tóibín con Isabella Ragonese nel ruolo della regina assassina si inaugura mercoledì 18 ottobre alle ore 21.00 al Teatro Mercadante il 20esimo anniversario del Teatro di Napoli – Teatro Nazionale. Lo spettacolo resterà in scena fino a domenica 29 ottobre e poi in tournée a Palermo, Catania, Massa, Torino,…
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Weekend a teatro nel segno delle donne
Da Dora Maar, compagna di Picasso, scampatagli grazie alla sua capacità di perdonare, alla prima moglie di Barbablù, nel Malamore di Concita De Gregorio che Lucrezia Lante Della Rovere porta a Prato; e poi Clitennestra, la regina di Micene, che vive per vendicare la morte della figlia sacrificata dal padre sull’altare degli Dei, con Isabella Ragonese diretta da Roberto Andò, a Massa e Torino, nel…
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Buon compleanno Pinocchio
Questa volta, noi di Vortici.it decidiamo di raccontarvi una storia che inizia così… Una sera Carlo Lorenzini stava seduto nella libreria dell’editore Paggi. Era triste, non parlava per due motivi: il primo aveva bisogno di soldi. Il secondo, aveva promesso di scrivere un racconto a puntate, ma non aveva idee. Tornato a casa, gli venne in mente un ragazzo di strada che aveva incontrato giorni prima, un monello sudicio che si era tuffato nell’Arno, soltanto per infrangere i regolamenti municipali. Quella stessa notte Lorenzini iniziò a scrivere. Senza alcuna convinzione, il giorno dopo portò all’editore il primo capitolo: «Come andò che maestro Ciliegia, falegname, trovò un pezzo di legno, che piangeva e rideva come un bambino…».
Così nasceva Pinocchio, era il 1881 e iniziava così, la pubblicazione a puntate di Storia di un Burattino sul Giornale per Bambini, uno dei primi periodici per l’infanzia usciti in Italia.
Era il 1883, 140 anni fa, il racconto a puntate diventava un romanzo intitolato: Le Avventure di Pinocchio. Storia di un burattino. Veniva stampato dalla Libreria Editrice Felice Paggi di Firenze. Le illustrazioni erano di Enrico Mazzanti e segnarono in modo indelebile l’iconografia dei personaggi. Carlo Lorenzini per il suo nuovo lavoro, "Pinocchio", usò uno pseudonimo. Non voleva confondere quella che riteneva la sua ben più seria attività di pubblicista e scrittore con quella di autore per l’infanzia. Si firmò Carlo Collodi. Il nome Collodi era quello del paese d’origine di sua madre Angiolina (Collodi è una frazione del comune italiano di Pescia, in provincia di Pistoia, in Toscana), il luogo, dove trascorreva le vacanze estive dai nonni alla fine dell’anno scolastico. Il primo finale del racconto era tragico, terminava con l’impiccagione di Pinocchio per mano degli assassini, che non erano nient’altro che il Gatto e la Volpe. Ai lettori quel finale non piacque. Così Collodi lo cambiò facendo diventare il burattino un bambino. Non immaginava di certo il successo che avrebbe avuto il suo libro. Con il tempo, Le Avventure di Pinocchio diventò il libro non religioso più tradotto al mondo, dopo Il Piccolo Principe. Si contano circa 280 versioni in lingue, idiomi e dialetti diversi. In Italia è il libro più venduto dopo i Promessi Sposi. Nel 1940 Disney creò il celebre cartone animato, edulcorando però la storia secondo i suoi gusti cinematografici. Il Grillo Parlante non veniva più ucciso da Pinocchio con una martellata, come avveniva nel racconto.
Le vicende di Pinocchio hanno fornito lo spunto a innumerevoli interpretazioni, non solo in chiave pedagogica, ma anche sociologica, storica e psicanalitica e hanno stimolato la fantasia di moltissimi scrittori, registi, attori e illustratori. Si tratta del libro più tradotto della letteratura italiana e probabilmente uno dei più tradotti e conosciuti al mondo, anche grazie alle innumerevoli trasposizioni cinematografiche che si sono susseguite nel corso degli anni. Pinocchio è divenuto fumetto, opera teatrale, musical, ma soprattutto un punto di riferimento obbligato per il cinema: dalla già citata versione animata della Disney a Luigi Comencini (con cui siamo cresciuti), alle versioni più recenti targate Roberto Benigni e Matteo Garrone.
Alcuni personaggi come la Fata Turchina, il Gatto e la Volpe, Mangiafuoco, Lucignolo, il Grillo parlante, Geppetto e la balena e luoghi come il Paese dei Balocchi, sono entrati a far parte del patrimonio culturale popolare. Il nome di Collodi sarà per sempre legato a Pinocchio. Eppure l’ambizione dell’autore non era la letteratura per l’infanzia, ma il teatro. Non riuscì però a creare testi teatrali rilevanti e non si rivelò neppure uno scrittore eccelso. Ironia della sorte, per sopravvivere dovette lavorare proprio all’ufficio della censura teatrale. Poi si trovò un posto in Prefettura. A Firenze Collodi condusse un’esistenza tranquilla, un po’ grigia. Lui stesso si definiva: «un vegetale che nasceva e fioriva abbarbicato tenacemente fra le fessure del lastricato della sua città». Collodi morì solo com’era vissuto. Erano passati sette anni dalla pubblicazione di Pinocchio, ma non era ancora riuscito a godere dei vantaggi economici derivati dal successo della sua opera. Non aveva figli Collodi. Ma per la nostra gioia ne ha lasciato uno, frutto della sua fantasia. Pinocchio, appunto, che quest’anno compie 140 anni. Nell’archivio dell’Editore Bemporad di Firenze, si conservano bozzetti e tavole degli illustratori che si sono succeduti con il compito di dare forme e colori a Pinocchio.
Nel corso del tempo si comprese, infatti, quanto la parte iconica dovesse evolversi insieme all’evoluzione sociale e di gusto del Paese. Oggi, l’Editore Giunti stampa, ogni anno, trentamila copie, con una buona percentuale in cinque lingue.
Si potrebbe dire che l’approccio moderno di Collodi derivi dalla consapevolezza che la sensibilità degli Italiani è talmente varia che ognuno si deve affidare alla propria consapevolezza. Pinocchio rappresenta un’opera non ancora conclusa, come dimostrano le schiere di esordienti che vorrebbero continuarne la storia. Ma il libro termina con il ritorno alla realtà: il burattino che ritorna bambino. Pensandoci bene l’unico che si assume la responsabilità di mantenere una promessa fatta, è proprio Pinocchio! La morale della favola è una sola: nessuna bugia ma dire sempre la verità!
Per altre piccole curiosità su questi 140 anni speciali: - 140 anni Pinocchio, pace Fondazione-Disney sul marchio - Tenute Piccini, omaggio a Collodi con Pinocchio in etichetta Potrebbe interessarti anche la nostra rubrica Curiosità Immagine di copertina e altre immagini: Pixabay Read the full article
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➡️🌼🙏Domenica 17 Settembre 2023
S. Roberto Bellarmino (mf); S. Colomba; S. Satiro ; S. Ildegarda di B.
24.a del Tempo Ordinario
Sir 27,30 – 28,7, NV 27,33 – 28,9; Sal 102; Rm 14,7-9; Mt 18,21-35
Il Signore è buono e grande nell’amore
👉🕍📖❤️VANGELO
Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
+ Dal Vangelo secondo Matteo 18, 21-35
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
Parola del Signore.❤️🙏
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Pistoia: Cinema sotto le stelle, i film nel mese di agosto
Pistoia: Cinema sotto le stelle, i film nel mese di agosto. Il programma è a cura di Mabuse Cinema in collaborazione con il Comune di Pistoia. Gli spettacoli avranno inizio alle 21.20 al costo di 6 euro (biglietto intero) o 5 euro (ridotto per bambini da 3 a 14 anni, adulti sopra i 65 anni). E' possibile abbonarsi con 5 ingressi a 25 euro e 10 ingressi a 45 euro. Per quanto riguarda la sezione dei film "Cinema revolution" - CR (pellicole italiane ed europee) il biglietto costa 3,50 euro. Di seguito i film in programma dal 1° al 31 agosto. Martedì 1° agosto Guardiani della Galassia vol.3 (Usa, 2023; 150') di James Gunn, con Chris Pratt, Zoe Saldana, Dave Bautista. Mercoledì 2 agosto Ritorno a Seoul (Francia-Cambogia, 2022; 117') di Davy Chou, con Ji-min Park, Kwang-rok Oh. Giovedì 3 agosto Il piacere è tutto mio (Gbr, 2022; 97') di Sophie Hyde, con Emma Thompson, Daryl McCormack. Venerdì 4 agosto The Whale (Usa, 2022; 117') di Darren Aronofsky, con Brendan Fraser, Sadie Sink, Hong Chau. Sabato 5 agosto Le otto montagne (Italia-Francia-Belgio, 2022; 147') di Felix Van Groeningen, Charlotte Vandermeersch. con Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Filippo Timi. Domenica 6 agosto La quattordicesima domenica del tempo ordinario (Italia, 2023; 98') di Pupi Avati, con Gabriele Lavia, Edwige Fenech, Massimo Lopez. Lunedì 7 agosto Emily (Gran Bretagna, 2022; 130') di Frances O'Connor, con Emma Mackey, Oliver Jackson-Cohen, Fionn Whitehead. Martedì 8 agosto Spider-man – Across the Spider-Verse (Usa, 2023; 140') di Joaquim Dos Santos, Kemp Powers, Justin K. Thompson. Animazione Mercoledì 9 agosto Animali selvatici (Romania, 2022; 125') di Cristian Mungiu, con Marin Grigore, Judith State. Giovedì 10 agosto La stranezza (Italia, 2022; 103') di Roberto Andò, con Toni Servillo, Salvo Ficarra, Valentino Picone. Venerdì 11 agosto Everything everywhere all at once (Usa, 2022; 139') di Dan Kwan, Daniel Scheinert, con Michelle Yeoh, Stephanie Hsu, Ke Huy Quan. Sabato 12 agosto Rapito (Italia, 2023; 134') di Marco Bellocchio, con Enea Sala, Leonardo Maltese, Paolo Pierobon. Domenica 13 agosto L'ultima notte di Amore (Italia, 2023; 120') di Andrea Di Stefano, con Pierfrancesco Favino, Linda Caridi, Antonio Gerardi, Francesco Di Leva. Lunedì 14 agosto I peggiori giorni (Italia, 2023; 116') di Massimiliano Bruno, Edoardo Leo, con Antonella Attili, Claudia Gerini, Edoardo Leo, Ricky Memphis. Martedì 15 agosto Indiana Jones e il Quadrante del Destino (Usa, 2023; 142') di James Mangold, con Harrison Ford, Phoebe Waller-Bridge, Mads Mikkelsen. Mercoledì 16 agosto Una relazione passeggera (Francia, 2022; 100') di Emmanuel Mouret, con Sandrine Kiberlain, Vincent Macaigne. Giovedì 17 agosto Stranizza d'amuri (Italia, 2023; 134') di Giuseppe Fiorello, con Gabriele Pizzurro, Samuele Segreto, Fabrizia Sacchi. Venerdì 18 agosto Barbie (Usa, 2023; 114') di Greta Gerwig, con Margot Robbie, Ryan Gosling. Sabato 19 agosto Last Film Show – anteprima (India-Francia, 2021; 110') di Pan Nalin, con Bhavin Rabari, Bhavesh Shrimali. Domenica 20 agosto Mission: Impossible Dead Reckoning – Parte Uno (Usa, 2023; 163') di Christopher McQuarrie, con Tom Cruise, Hayley Atwell, Ving Rhames. Lunedì 21 agosto Il corsetto dell'imperatrice (Austria-Francia, 2022; 105') di Marie Kreutzer, con Vicky Krieps, Florian Teichtmeister. Martedì 22 agosto Super Mario Bros (Usa, 2023; 92') di Aaron Horvath, Michael Jelenic, con Chris Pratt, Anya Taylor-Joy, Charlie Day. Mercoledì 23 agosto Forever Young (Francia-Italia, 2022; 126') di Valeria Bruni Tedeschi, con Nadia Tereszkiewicz, Sofiane Bennacer, Louis Garrel (vietato ai minori di 14 anni). Giovedì 24 agosto Le otto montagne (Italia-Francia-Belgio, 2022; 147') di Felix Van Groeningen, Charlotte Vandermeersch. con Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Filippo Timi. Venerdì 25 agosto Jeanne du Barry – La favorita del re – anteprima (Francia, 2023; 116') di Maïwenn, con Maïwenn, Johnny Depp. Sabato 26 agosto Il Sol dell'Avvenire (Italia, 2023; 95') di Nanni Moretti, con Nanni Moretti, Margherita Buy, Silvio Orlando. Domenica 27 agosto Barbie (Usa, 2023; 114') di Greta Gerwig, con Margot Robbie, Ryan Gosling. Lunedì 28 agosto Decision to leave (Corea del Sud, 2022; 138') di Park Chan-wook, con Hae-il Park, Wei Tang. Martedì 29 agosto La sirenetta (Usa, 2023; 135') di Rob Marshall. Animazione Mercoledì 30 agosto Delta (Italia, 2022; 105') di Michele Vannucci, con Alessandro Borghi, Luigi Lo Cascio. Giovedì 31 agosto Denti da squalo (Italia, 2023; 104') di Davide Gentile, con Tiziano Menichelli, Stefano Rossi Giordani, Virginia Raffaele, Edoardo Pesce.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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