#Rifrazioni
Explore tagged Tumblr posts
Text
"Rifrazioni" all'Accademia nazionale di San Luca.
2 notes
·
View notes
Text
“Questo diario è il mio kief, il mio hashish, la mia pipa d’oppio.
È la mia droga e il mio vizio. Invece di scrivere un romanzo, mi sdraio con questo libro e una penna e indulgo in rifrazioni e diffrazioni”
(Anaïs Nin - Egon Schiele)
6 notes
·
View notes
Photo
Marc Camille Chaimowicz
L’opera di Marc Camille Chaimowicz si distingue a prescindere dalla pratica artistica: da oltre cinquant’anni, questo artista coniuga la scultura, la performance, l’installazione, l’architettura, la pittura, il video, la fotografia e il design con le arti della moda, del tessuto e dell’arredamento. A partire dagli anni ’70, si dedica all’allestimento del suo appartamento londinese per farne un’opera in situ. Rivendica allora il privato come spazio di costruzione del sé, rispetto a un ambiente percepito come alienante. Simile a un’oasi sognata, questa dimensione fittizia viene di volta in volta rivelata nelle sue mostre, condivisa con lo spettatore. Paraventi, mobili da toeletta, vasi e console dai toni pastello, il cui repertorio formale evoca frutti, fiori e parti del corpo, rimandano a un tabù sociale, mentre le arti applicate e gli interni domestici sono considerati minori o femminili.
Offuscando i confini tra arte e design, sollevando questioni legate all’identità e al genere, Marc Camille Chaimowicz trasforma l’intimità in uno spazio politico.
Nato dopo la Seconda guerra mondiale da padre polacco e madre francese, Marc Camille Chaimowicz si trasferisce da bambino nel Regno Unito. Studia a Ealing, Camberwell e alla Slade School of Art di Londra. In una nuova epoca artistica che si preoccupa di avvicinare l’arte alla vita spesso mediante le performance, l’esistenza di Marc Camille Chaimowicz si trasforma in una specie di grande laboratorio. L’artista vive infatti negli spazi espositivi, arreda le hall degli alberghi, decorandole con i propri oggetti, in cui serve il tè agli ospiti con tanto di sottofondo musicale. Abbandona la performance allorché questa viene identificata come pratica ufficiale dell’arte, troppo poco sovversiva. Allora, tra il 1975 e il 1979, allestisce il proprio appartamento in Approach Road. Carta da parati, tende e video di sé in azione: tutto è immaginato, disegnato, progettato su misura per trasformare questi interni in un luogo propizio alle fantasticherie. A partire dagli anni ’80, oggetti e mobili prendono posto nei musei all’interno di scenografie quasi teatrali. Da allora, le centinaia di mostre su questo artista internazionale organizzate a Londra, New York e Basilea ‒ solo per citarne alcune ‒ propongono una successione di interni.
-
La sua storia è quella che rivela con meno facilità e spiega, forse, perché lavora nelle rifrazioni. È nato nella Parigi del dopoguerra, da padre polacco e madre francese. Non hanno mai parlato della guerra. “Non ne parliamo. Non l'abbiamo mai fatto", dice, come se i suoi genitori fossero vivi e tutte le regole familiari fossero ancora in vigore. Suo padre, che aveva una laurea in matematica, ottenne un lavoro all'Institut Curie di Parigi e in seguito fu coinvolto nella prima elettronica. Quando Chaimowicz, che ha due sorelle più giovani, aveva circa 8 anni, la famiglia si trasferì nel Regno Unito. "Vedi, i miei genitori erano molto ingenui", spiega con il suo sorriso astulo. “Avevo sentito che il sistema educativo inglese era molto buono. Non avevano sentito parlare del sistema di classe”.
Chaimowicz, che non parlava inglese, arrivò nel dopoguerra quando il sistema educativo britannico a due livelli lasciò gli alunni meno accademici al freddo. Armato, a 16 anni, con pochissime qualifiche, andò all'Ealing Art College, poi alla bohémien Camberwell School of Art, e fece una laurea post-laurea in pittura alla famosa Slade School of Fine Art. Quando arrivò, aveva bruciato tutti i suoi dipinti. Rispettava teorici e artisti concettuali come Victor Burgin e Gustav Metzger, ma non riusciva a identificarsi con nessuno di loro. Simpatico per le correnti emergenti nel femminismo, ha trovato quel mondo dell'arte intellettuale molto maschile. "La mia mente era attratta dall'ideologia di sinistra", ricorda. "Ma la pratica di sinistra ha prodotto un'arte che non potevo godere. Mancava di piacere, colore e sensualità. Tutte le cose che contano per me”. A Slade, la premessa classica che devi soffrire per la tua arte era pervasiva, ma Chaimowicz non ne aveva niente. “Le persone che stavo guardando non sembravano aver sofferto fino a quel punto. Fragonard sembrava divertirsi. Ho pensato: voglio essere come Fragonard!” Dopo la laurea, Chaimowicz è stato premiato con uno spazio studio a East London da Acme, un programma senza scopo di lucro che collabora con le scuole d'arte di Londra per concedere agli artisti in erba un posto sovvenzionato per creare, e si è offerto volontario in uno studio di design di tessuti a Lione. Man mano che il suo interesse per le arti applicate si evolveva, è emerso anche il suo senso del lavoro come evoluzione della sua vita. Bonnard e Vuillard erano una luce guida. “È stato un periodo molto ricco in termini di pratica. Penserei: voglio un po' di carta da parati, ma non c'è niente che mi piaccia e non posso davvero permettermelo comunque. Forse potrei fare la mia carta da parati”, dice. “Stavo dando la priorità al mio stile di vita, nella misura in cui c'erano lamentele su di me alla sede centrale. Altri artisti stavano camminando lungo la strada vedendomi al piano terra del mio studio con tende floreali, bevendo il tè con gli amici e socializzando, e dicevano: 'Questo ragazzo non sta lavorando! È fraudolento, sta sprecando spazio prezioso!' ” Da quella stessa trasgressione, Chaimowicz ha costruito una carriera.
(via Close Watch | Frieze) + Via + Via
3 notes
·
View notes
Text
Guardo intorno tranquilla e coerente ma pochi sanno quante donne ci sono in me. Non mi adeguerò al mondo, io sono adatta a me stessa.
Questo diario è il mio kief, il mio hashish, la mia pipa d'oppio. È la mia droga e il mio vizio. Invece di scrivere un romanzo, mi sdraio con questo libro e una penna e indulgo in rifrazioni e diffrazioni.
( Il "Diario" è il libro di Anaïs Nin )
2 notes
·
View notes
Text
Sei di Spade.
"La fittizia separazione tra Vita e Morte, tra Amore e Dolore"
L'Altro è prezioso.
Quando viene a "mancare", lascia un vuoto. Un "vuoto" pieno di esperienze, di suggestioni, di rifrazioni.
In questa Dimensione di Coscienza l'Altro è "fugace". Entra nel nostro Campo Energetico mediante l'Incarnazione e poi scompare, attraverso un processo che viene chiamato Morte.
Non lo vediamo più.
E frantuma, attraverso la sua assenza, il precedente equilibrio interiore.
Tutto è destinato percettivamente a scomparire dal nostro Campo Incarnato prima o poi. E' solo questione di Tempo.
Ma qualcosa rimane impigliato dentro al nostro Sentire.
Nella sacra Relazione con l'Altro, qualcosa di profondamente "suo" rimane impresso in maniera indelebile nella nostra Struttura e interagisce per sempre con il nostro "mondo emotivo e creativo".
E modifica dopo modifica, interazione dopo interazione, oggi siamo lo straordinario risultato di mille e mila sguardi e parole, anche di chi non c'è più.
Ciascuno ha contribuito, anche senza esserne consapevole, al funzionamento di chi siamo oggi, al Maschile e al Femminile che manifestiamo nella nostra quotidianità . E questo è straordinario.
Nessun sorriso o pianto, nessun abbraccio dato o mancato è andato perso nella nostra Struttura. Tutto è rimasto dentro di noi a costruire i mattoni della nostra attuale esperienza terrena.
Chi ancora crede che questo Mondo sia un castigo, una punizione, una terribile gabbia, è perché non è guarito nella sua prigionia più profonda: la Relazione. Visibile ed invisibile.
Non ha "guardato ancora oltre".
Non ha compreso la Bellezza dell'Ombra e la Pienezza della Luce. La dolcezza dell'Invisibile e la Plasticità della Materia.
Siamo tutti "vasi vicini e comunicanti".
Siamo "tutti Presenti", anche nell'illusione dell'Assenza.
Sia che l'Altro sia ancora "tangibile" o si sia già disincarnato, le frequenze che lo compongono sono comunque presenti in maniera indelebile nel nostro Campo vibrazionale e interagiscono costantemente con il nostro Sistema.
Che il nostro vissuto sia di voler eliminare e cancellare chi ci ha profondamente ferito, di condannare chi ha "sbagliato", di rimuovere chi non c'è più, di allontanare chi ci ha abbandonati o traditi, queste esperienze di Relazione continuano a vivere anche nel nostro più arduo e resistente processo di rifiuto e negazione.
Ed in realtà, sotto sotto, lavorano silenziosamente per il costante progresso della Struttura.
Tutto è un Dono. E va riportato alla Verità. Va ripulito dal dolore. Va portato a Coscienza per essere restituito al nostro Sistema nella sua "linfa originale".
I Codici Antichi ci stanno lasciando.
Ma non i Doni lasciati in eredità da chi ci ha preceduto.
Essi, ripuliti dalla distorsione, stanno assumendo un lento processo di re-integrazione attraverso le nuove Strutture Cristalline.
E questo è commovente.
Ogni persona che ha transitato su questo Pianeta è stata portatrice di Progresso, anche coloro che apparentemente si sono opposti con tutte le forze allo stesso.
Non siamo qui per giudicare l'Ombra. Ma per seppellire dell'Ombra solo ciò che ha concluso il suo "carattere formativo".
Non perché questo Pianeta sia una scuola. Non per come la intendiamo noi.
L'Anima non necessita di apprendimento.
Sulla Terra c'è già tutto.
Si può già vivere nella Bellezza e nella Ricchezza se solo ci concedessimo di riscoprire umanamente l'immenso Potere che alberga dentro al nostro Cuore.
Questo luogo di Coscienza è già un Paradiso, se abbiamo il coraggio, la pazienza e la costanza di accorgerci delle leggi che lo regolano.
Nessun Dono di chi "ci ha preceduto" nell'esperienza materiale è
perso.
E' stato mediato e distorto dal Trauma. Questo sì.
Ma una volta elaborato emotivamente e fisicamente questo "dissesto" vibrazionale, tutto può potenzialmente ritornare all'Essenza, alla Verità dell'Origine e riprendere ad essere espressione pura e limpida di chi siamo veramente.
E nel ricordo amorevole di ogni nostro predecessore, di ogni nostra Relazione del Passato, di ogni Anima che ha attraversato il nostro Campo Emotivo, auguro a tutti voi di consacrare questi giorni alla Riconoscenza.
Al netto dei traumi, siamo tutti legati dalla stessa straordinaria esperienza: l'Amore.
E chi ancora non lo riconosce dentro, chi ancora soffoca questo anelito attraverso il Rancore e la Rabbia, sappia che "il Dolore è solo un'altra forma di profondo Amore per l'Altro e per la Vita".
Buon viaggio nella terra di Mezzo, dove visibile e invisibile si incontrano in un dolcissimo abbraccio senza fine.
Mirtilla Esmeralda
1 note
·
View note
Text
RIFRAZIONI. 15 curatori x 15 artisti
15 curatori hanno scelto 15 artisti per restituire uno spaccato diversificato e sfaccettato del panorama artistico contemporaneo
0 notes
Text
Renata Mohlo
Elegante da morire
Baldini+Castoldi, Milano 2024, 192 pagine, brossura, ISBN 9791254941447
euro 18,00
email if you want to buy [email protected]
Milano, sbadata e rampante. Giorni nostri. Un cadavere giace nella toilette di un noto ristorante. L’acqua del rubinetto corre, il rotolo di carta igienica pure, e lo stiletto di una décolleté griffata affonda nel corpo esanime dell’illustre defunta. Lei, Madame Jesais Tout, ma all’anagrafe Gaetana Pizzuto; lei, direttrice onnipotente di una patinata rivista di moda, che decide ascese e cadute con un cenno del capo; lei, che «un tempo era buona, ma poi ha dimenticato tutto»; ebbene, lei ora viene avvolta in un tappeto afghano e chiusa nel freezer, per occultarne l’omicidio prima che la gente mormori. E quando Ignazio Scognamiglio, ispettore sgualcito e incline alla disfatta, sarà assoldato sottotraccia alla ricerca di colpevoli e moventi (a profusione), in passerella sfileranno rivalità antiche e figli rinnegati, portinaie chiromanti e parvenu dell’haute couture, fenomenologie del merletto e vendette servite gelide. Intessendo un noir che è anche satira tagliente, l’autrice realizza un affresco ironico e corale, quello della moda tutta brillio ma con i suoi chiaroscuri – lì dove «è tutto falso, la fantasia è altrove» – qui restituita con spensierata, ma a tratti tenera, efferatezza. Come si dice, «Adoro!»
Al piano di sotto
Quando un luogo banale diventa lo scenario di qualcosa di straordinario.
Tutto era dorato, ma era sorprendentemente argenteo quel che si vedeva dello stiletto in acciaio. Brillava superbo, illuminato dal raggio di luce che, penetrando da una feritoia in alto a sinistra, colpiva con precisione il tacco di una décolleté griffata. Una fibbia a forma di rondine, con la sua coda affusolata e biforcuta, giaceva un po’ più in là sul pavimento, mentre la punta della scarpa veniva inghiottita dal buio. Unico elemento vivido in quell’immensa scatola di marmo con venature ambrate, il rosso di un sottile rivolo di sangue che formava una chiazza frastagliata.
Gli specchi riflettevano ogni cosa all’infinito, in un gioco di rifrazioni che rasentava per perfezione quello delle piramidi, e il rumore dell’acqua, che sgorgava da un rubinetto d’oro dimenticato aperto, come una dolce reminiscenza orientale, si confondeva con i suoni sincopati di un pezzo di Dizzy Gillespie.
I soffitti alti e altrettanto specchiati moltiplicavano la scena: a terra giaceva un corpo elegante anche nella morte. Il tubino nero di YSL continuava imperterrito a fasciare un corpo inerme, minuto e in una posa scomposta. Come una farfalla trafitta da uno spillo, Madame Jesais Tout, la potente direttrice di «Cloud», aveva smesso di respirare. Era successo proprio mentre era in bagno, nel momento più intimo e riservato. Sembrava si volesse aggrappare alla carta igienica, che continuava a srotolarsi nella sua rosata ingenuità, producendo un ritmico cigolio. La porta era chiusa e chi avesse bussato sarebbe passato alla successiva pensando semplicemente che qualcuno si fosse asserragliato lì dentro per starsene un attimo in pace, per farsi di coca o per consumare una fugace avventura con uno degli aitanti camerieri. Le gambe piegate all’indietro, le braccia aperte a croce e i capelli di un rosso pompeiano lunghi di extension sparpagliati in ciocche disordinate, defunte già da tempo, enfatizzavano la perentorietà di tutta quella lussuosa pietra tombale, investita della responsabilità di conferire sacralità al luogo dove si fa pipì.
La scena poteva sembrare un’installazione dello Studio Azzurro. Un po’ macabra, certo, ma, si sa, il gusto dell’orrido aveva conquistato tutti e anche l’animo più sensibile aveva imparato a farci i conti. Si era ormai smesso di immaginare il bello per rallegrarsi, per elevarsi. Erano tempi duri. Tra gli stucchi dei salotti che contavano echeggiavano ancora le risate al ricordo della reazione di un giovane stilista, che, all’inaugurazione di una mostra, fu insultato da Klevis Klapman, fratello di Albin ed esponente della Young British Art. Il poveretto, di fronte a un manichino dall’aspetto efebico con un fallo piantato sulla fronte, aveva osato sorridere e sussurrare qualcosa tipo «Ma non ci credo!», scambiando un’occhiata d’intesa con un ragazzotto chinato ad armeggiare con una presa di corrente. Peccato che il ragazzotto fosse l’autore di quel capolavoro. Sollevando lo sguardo, gli avrebbe urlato «Sei davvero privo di fantasia!» di fronte al Gotha dell’arte e della moda che, all’unisono, si mise a fissare il poveruomo come se fosse un pipistrello morto caduto nella minestra. La sua carriera ovviamente finì lì, nessuno lo invitò più e così tornò a fare le pizze al paesello. Essere insultati pubblicamente da un artista d’avanguardia avrebbe rovinato chiunque.
Stupirsi o giudicare non era quindi chic. Il cinismo era quanto di più elegante ci fosse. Questa è la ragione per la quale quel delitto fu scoperto solo molte ore dopo dalla donna delle pulizie del più noto ristorante non solo della città, ma del mondo, perché apparteneva a uno degli stilisti più in voga.
03/05/24
1 note
·
View note
Text
N.E. 02/2024 - "Quasi apparenze", poesia di Riccardo Carli Ballola
Non è scrivendo poesie che salverò me da me – quella parte che non vorrei morisse con me – mi è chiaro che il bello di questo pensiero futuribile casca sotto le grinfie di un presente che macina le nostre imperfezioni senza nessun riguardo con l’occhio sbilanciato verso la dissoluzione. La realtà è un solco di apparenze che prima brillano poi svaniscono nelle rifrazioni del ricordo,…
View On WordPress
0 notes
Text
Chiara Bersani e il corpo politico
Per me tutto è politico: lo è con chi fai sesso, con chi mangi, con chi vai al cinema. Quindi, il corpo, dal momento che esiste, è già politico, indipendentemente dalla scelta di esporlo oppure no. Anche scegliere di non far vedere il proprio corpo è una scelta politica. Io faccio un atto politico quando scelgo di portare il mio corpo negli spazi senza chiedermi se quegli spazi siano adatti al mio corpo.
Chiara Bersani è un’artista attiva nell’ambito delle Performing Arts, del teatro di ricerca e della danza contemporanea.
Autrice, interprete, regista e coreografa, si muove attraverso linguaggi e visioni differenti. I suoi lavori, presentati in circuiti internazionali, nascono come creazioni in dialogo con spazi di diversa natura e sono rivolti prevalentemente a un pubblico “prossimo” alla scena.
La sua ricerca si basa sul concetto di Corpo Politico e sulla creazione di pratiche volte ad allenarne la presenza e l’azione. L’opera “manifesto” di questa ricerca è Gentle Unicorn.
Nel 2018 ha vinto il Premio UBU come miglior nuova attrice/performer under 35. Molto importante è stato il suo discorso durante la consegna del riconoscimento:
Io non voglio più essere un’eccezione!
Desidero leggere questo premio come un’assunzione di responsabilità da parte del teatro italiano nei confronti di tutti quei corpi che per forma, identità, appartenenza, età, provenienza, genere, faticano a trovare uno spazio in cui far esplodere le loro voci. Se io, con il mio corpo disabile oggi sono qui, a ricevere un riconoscimento così prezioso, è perché qualcuno da chissà quanti anni ha iniziato lentamente a smussare gli angoli di un intero sistema.
Se il mio corpo è qui è grazie a tutti i maestri che hanno scelto di accogliermi come allieva anche se questo significava adattare i loro metodi ai miei movimenti.
Sono profondamente convinta di essere un simbolo. Questo, insieme al fatto di essere la prima interprete con disabilità fisica evidente premiata agli Ubu, mi ha fatto sentire come una piccola bandierina, qualcosa che poteva avere senso solo se avesse aperto lo sguardo su un mondo che viene troppo poco guardato, ancora molto sommerso, quello del teatro off, del teatro indipendente e degli attori con corpi non conformi che lavorano ugualmente e si formano con grande fatica.
Nell’agosto 2019 all’Edimburgh Fringe Festival con Gentle Unicorn ha vinto il primo premio per la categoria danza del Total Theatre Awards.
È sostenuta dal circuito Advancing Performing arts project – Feminist Future, un progetto cofinanziato dal Programma Europa Creativa dell’Unione Europea, fino al 2024.
Nata a San Rocco al Porto, in provincia di Lodi, nel 1984, è affetta da osteogenesi imperfetta, patologia rara che ha reso il suo corpo particolarmente vulnerabile. Un corpo divergente che ha trasformato in opera d’arte e opportunità d’interrogazione attraverso le sue performance.
Mentre frequentava l’università a Parma, ha frequentato il corso di teatro di Lenz Rifrazioni e in quel contesto ha scoperto le possibili e inesplorate identità che il suo corpo poteva assumere.
Un nuovo corpo possibile che ha ribaltato il suo rapporto con lo spazio, la femminilità, il nudo e il movimento, esplorando confini e valicando i limiti della danza contemporanea.
Dopo aver lavorato con importanti compagnie internazionali ha iniziato a creare le sue opere. Gentle unicorn è stato il suo primo lavoro che parla in modo inequivocabile di corpo politico.
Fionde è invece una performance “delivery” nata durante la pandemia da Covid-19 nata dal disagio di non poter raggiungere le persone care.
La persona disabile è la mosca bianca in un mondo che tendenzialmente vuole prendersi cura di lei—più o meno autenticamente—, e la discriminazione diventa più subdola. Questa attitudine di cura mette sempre alle persone disabili un costante obbligo di gratitudine verso le altre persone. Siamo obbligate a dire una parola di gentilezza, piuttosto che una parola reale. E in parte è anche perché per noi è complesso incontrarci e fare comunità, il che implica la necessità di più tempo per mettere a fuoco certi paradigmi. In Italia, per esempio, si sta registrando una spinta verso questi temi grazie al femminismo intersezionale e a Internet, dove si possono creare facilmente alleanze articolate.
Il presupposto che il nostro corpo non sia desiderabile è la base per cui tante persone disabili accettano di partecipare a relazioni abusanti.
L’intersezionalismo sta permettendo di fare cordata, migliorando la situazione, anche perché è fondamentale ricordare che le persone disabili hanno, come tutte, diversi orientamenti sessuali, diverse identità di genere, diverse provenienze. Anche qui, ci sono delle buone pratiche che bisognerà sviluppare. Il fatto che i nostri corpi fatichino a essere presenti sul posto limita la nostra capacità di partecipare a molti eventi e questo è un problema.
0 notes
Text
Batte, gratta, saggia il mio zoccolo di cavallo. Scruta, il mio occhio. Fosse ricco come il suo, con quegli angoli avventurosi, sfuggentissimi, che prendono e portano il raggio chi sa dove, e captano agevolmente di lato; sì che ogni sorpresa è possinile; tanto vero che hanno bisogno d'essere difesi da uno scherno, a guida dello sguardo. Al paragone la mia palpebra è timorosa, vigliacca: chiude e rifiuta. Chi me la dà, dove la trovo quella soprannaturale possibilità di accogliere bagliori? Eppure di bagliori ho bisogno, dato che di continuo mi si spezza il filo della storia. In me, il baleno (e devo considerarlo un regalo) somiglia una fulminea follia: passa quasi senza che io ci abbia creduto. È passato, e già ne dubito; se pure me ne ricordo. In quel cavallo, invece, che pieno, esteso approvvigionamento di verità fulgenti, magari tremende, che rifrazioni rivelatrici e favolose insieme, fra tante incredibili sfaccettature.
Gianna Manzini, Ritratto in piedi
1 note
·
View note
Link
0 notes
Text
RIFRAZIONI ROTAZIONISTE
View On WordPress
0 notes
Text
Milano: Apre al pubblico “FuturLiberty”, la mostra che indaga le connessioni tra Futurismo e Liberty
Milano: Apre al pubblico “FuturLiberty”, la mostra che indaga le connessioni tra Futurismo e Liberty. Apre al pubblico mercoledì 5 aprile la mostra “FuturLiberty”, promossa da Comune di Milano – Cultura e realizzata dal Museo del Novecento e Palazzo Morando | Costume Moda Immagine, in collaborazione con Liberty e la casa editrice Electa. L’esposizione, con la curatela scientifica di Ester Coen e la direzione artistica di Federico Forquet per i tessuti, approfondisce le vicende del movimento futurista in un inedito raccordo tra pittura e arti applicate nelle due sedi dell’Area Musei d’Arte moderna e contemporanea del Comune di Milano. Le opere dei protagonisti del movimento futurista, Giacomo Balla, Gino Severini, Umberto Boccioni, Carlo Carrà e Fortunato Depero dialogano con i dipinti vorticisti degli inglesi coevi, come Percy Wyndham Lewis e Christopher Nevinson, partendo dal manifesto Vital English Art del 1914 firmato dalla “caffeina d’Europa”, Filippo Tommaso Marinetti. Questi artisti hanno rappresentato, a loro volta, la fonte di ispirazione che ha guidato Federico Forquet e il design team di Liberty nella creazione di due nuove collezioni. Le avanguardie ispiratrici del Futurismo e Vorticismo esprimono la rottura con il passato attraverso uno sguardo acuto verso il futuro, influenzando la cultura che si manifesta nel costume e in tutte le forme del quotidiano. Forza, energia, dinamismo sono elementi che rispecchiano la vitalità delle forme che in diverse epoche hanno accompagnato lo slancio creativo dei designer di Liberty. Il progetto conta oltre 200 opere nelle due sedi. Al Museo del Novecento la mostra si sofferma sull’interdisciplinarità dei movimenti d’avanguardia. Un viaggio inedito e affascinante in otto sezioni, attraverso Futurismo e Vorticismo con opere fondamentali della collezione del Museo del Novecento, di cui 15 importanti autori come Boccioni, Balla, Severini e Carrà, insieme ad altri prestiti provenienti da prestigiose istituzioni italiane e internazionali tra le quali MART di Rovereto, GAM di Torino, Banca d’Italia, Tate, British Council, Estorick Collection, Ben Uri Gallery and Museum, William Morris Gallery di Londra, Sainsbury Centre di Norwich, messe a confronto con i design delle collezioni Liberty. Inoltre, un approfondimento è dedicato alle architetture Liberty di Milano con la proiezione di immagini degli edifici ‘in stile’ della città. Un percorso che affianca le architetture e decorazioni con i disegni dell’archivio londinese, sottolineando l’influenza stilistica dei motivi floreali e geometrici in uno stretto legame fra le due città. A Palazzo Morando | Costume Moda Immagine l’accento è posto sulla creatività che caratterizza la storia di Liberty e dei suoi designer di ieri e di oggi. Per la prima volta, dopo la mostra al Victoria&Albert Museum di Vienna che nel 1975 ne ha celebrato il centenario, saranno esposti in sette sale dipinti, disegni, arazzi, stoffe, arredi, fotografie e un’ampia selezione di materiali inediti dall’archivio di Liberty, a partire dalla collaborazione con William Morris. La mostra illustra le influenze che hanno caratterizzato il percorso di alcuni maestri, fra cui William Morris, Bernard Nevill e Federico Forquet, e le idee, che nelle diverse epoche hanno ridisegnato il futuro guardando al passato. Il tessuto collega l’inizio e la fine del viaggio attraverso forme, colori, pattern e rifrazioni di luce. La mostra è accompagnata da una guida del percorso espositivo al Museo del Novecento e a Palazzo Morando | Costume Moda Immagine pubblicata da Electa, a cura di Ester Coen.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
Text
Noroo e il colore salva pianeta alla Design Week di Milano: si chiama mirage ed è il luogo di riflessione, visione, speranza e guarigione
Mirage è il colore salva pianeta e nuovo trend nel design presentato da Noroo Group, industria coreana leader in Asia nel settore della produzione di colori, presente alla Milano Design Week dal 17 al 23 aprile - spazio Torneria di via Novi 5 in zona Tortona - MIRAGE è uno spazio dai confini e dalla luce labile, un luogo insolito lontano dalle aree abitate dalla coscienza e tangente le aree frequentate dal sogno. Il luogo del MIRAGGIO è un luogo di solitudine, di protezione, di riflessione e di stupore, di guarigione in cui la visione si riflette e si smaterializza perdendo l’orizzonte, per poi ritrovarlo nei riflessi e nelle rifrazioni della luce. Noroo che ha una sede anche a Milano, ogni anno, con il suo color trend book Cover All, anticipa le tendenze del colore nel design, nell’arte, nell’architettura e da quest’anno anche nel settore della mobilità. Sulla scia del successo del Fuorisalone milanese del 2019, in cui aveva lanciato il colore delle maree con l’installazione Tides, un colore fluido che variava con i ritmi della natura, quest’anno Noroo Milan Design Studio propone Mirage una installazione realizzata in collaborazione con UAUproject. “Si tratta di una installazione – spiega la designer e architetto Jihye Choi - basata sul concetto del Miraggio come una momentanea tregua offerta dalla luce. Un miraggio potrebbe sembrare uno degli artifici offerti dalla natura, ma si può anche pensare ad esso come il modo della natura di mostrarci la speranza in tempi che sembrano essere particolarmente impegnativi. Da Flexibility (flessibilità), la parola chiave dell’edizione Cover All 07, abbiamo immaginato la foresta come ispirazione concettuale, che rappresenta l’armoniosa coesistenza, l’intelligenza della natura, e il suo simbolismo misterioso. Nella foresta dei Miraggi presenze insolite fuoriescono da prismi di luce iridescente, grandi crisalidi colorate protese verso l’alto, come totem nelle fiabe sono oggetti magici portatori di mistero occultati dentro la foresta, oggetti nascosti e lontani dalla città dove i mondi del tipico e dell’archetipico si scontrano collassando” conclude Choi.
L'installazione accoglie i visitatori per sfuggire alla realtà e alla mondanità della vita quotidiana attraverso una tregua offerta dalla luce. I Miraggi sono erroneamente quasi sempre associati ai deserti, tuttavia avvengono in molti luoghi, anche in climi estremamente freddi, nelle montagne, e persino nelle foreste
0 notes
Link
0 notes