Renato Balestra, Celeblueation: l’arte della couture in mostra a Firenze
“Celeblueation”, appare quasi un enigma fonetico, una parola a suo modo elegante che sprigiona grazia intrigante: ma, se la contempli con l’orecchio ben agganciato al gusto, ne sciogli facilmente l’incastro per scoprire l’indizio prezioso che racchiude lì al centro, nel cuore. Proprio come uno scrigno che svela il suo tesoro.
Proprio come fosse uno splendente ricamo di suoni applicato a impreziosire il tessuto straordinario che si dipana nell’evento di cui è a titolo: “Celeblueation” è la mostra antologica di Renato Balestra, un viaggio intenso nella sua vita di couturier allo stesso tempo profondamente italiano e brillantemente internazionale.
Lì, nel cuore del titolo, c’è infatti il richiamo al celeberrimo “Blu Balestra”: la sfumatura speciale divenuta firma inconfondibile della maison, nonché fil-rouge d’amore spontaneo dello stilista per questa tinta e le sue suggestioni, che in tante forme han costellato le esperienze e le creazioni.
E che, per l’occasione, diviene luce splendente con cui la mostra dipinge i luoghi in cui è ospitata: ora è il turno di Firenze, dove l’iconico Blu Balestra illuminerà la facciata della Fondazione Zeffirelli dal prossimo 8 gennaio, fino al 2 febbraio 2020.
La mostra “Celeblueation” è, infatti, un evento itinerante: ha già distribuito la sua bellezza nelle tappe di Domodossola (Museo Civico di Palazzo San Francesco), Monza (Villa Reale), Napoli (Certosa e Museo di San Martino) e Forte dei Marmi (Fortino lorenese), ed ora, in occasione di “Pitti Immagine Uomo 97”, “Celeblueation” è accolta nella suggestiva sede della Fondazione Zeffirelli, più precisamente è immersa nella meraviglia della Sala della Musica, ovvero l’oratorio del complesso monumentale di San Firenze risalente alla seconda metà del Seicento, l’unica architettura completamente barocca di Firenze.
Un allestimento site specific prova di vera complicità tra moda e arte, un’alchimia che sublima l’esposizione che si compone di circa 300 pezzi tra bozzetti, disegni e abiti: ma che qui si amplia con un’inedita selezione di elementi che raccontano gli esordi di Renato Balestra, quando la sua grande passione per la pittura era ancora parte integrante dell’espressione creativa da cui nasceva la sua moda.
E che si unisce ad un’altra profonda passione, quella dedicata al teatro: in mostra saranno anche i disegni che Renato Balestra ha realizzato per le celebri opere teatrali come “La Cenerentola” di Gioacchino Rossini, “Il Cavaliere della Rosa” di Richard Strauss, “La Turandot” di Giacomo Puccini, arricchita ora dalla sezione con le creazioni dei costumi disegnati per “Il lago dei cigni” messo in scena dal Teatro dell'Opera di Belgrado, una produzione per la quale, per la prima volta, Renato Balestra ha posto la sua talentuosa firma creativa anche sulle scene.
Moda e teatro, Balestra e Zeffirelli, un’alchimia che è stata anche un’onorevole amicizia tra loro: «Annuncio con grande entusiasmo – dice Renato Balestra - che la mia Celeblueation sarà esposta durante la 97a edizione di “Pitti Uomo” nella prestigiosa Fondazione Zeffirelli, a Firenze. Franco Zeffirelli è stato un grandissimo artista e anche un grande uomo. Ho avuto l'onore di essergli amico e la gioia di aver collaborato ai costumi di scena di Così è (se vi pare) di Luigi Pirandello. Ricordo quanta passione metteva nel suo lavoro e i suoi risultati così eclatanti. Grazie a “Pitti Uomo” quindi, e alla Fondazione del più grande Maestro del teatro, della cultura, vera gloria italiana; e un grazie particolare a Pippo Zeffirelli che ha creduto e collaborato a questa prestigiosa iniziativa».
“Celeblueation” è dunque la celebrazione di una vita dedicata all’arte della moda: un percorso nell’unicità raffinata dello stile Renato Balestra che nel tempo ha plasmato l’essenza raffinata del gusto Made in Italy riconosciuto e amato nel mondo, ha abbigliato anche grandi realtà italiane come Alitalia e il Senato della Repubblica, ha vestito di straordinarie opere sartoriali donne altrettanto straordinarie, regine, principesse, first lady, attrici e celebrità, tutte preziose amanti e testimoni dell’esclusiva arte della bellezza e alta sartorialità italiana creata da Renata Balestra.
Un omaggio al suo poliedrico talento creativo e all’eclettica personalità artistica che sin dagli esordi lo hanno reso un generoso creatore di bellezza vera, quella allacciata alle emozioni: e di quel lusso che, con la modestia delicata e colta che lo contraddistingue, secondo Renato Balestra nulla ha a che fare con il mero sfarzo, bensì è questione di buon gusto e glamour, di saper indossare il bell’apparire e le buone maniere come in una sinfonia che aspira alla perfezione.
Di dar vita al sogno attraverso la moda e vestirne la realtà ogni giorno.
Silvia Scorcella
{ pubblicato su Webelieveinstyle }
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Emilio Schuberth, Federico Emilio (Emilio Federico). – Nacque l’8 giugno 1904 a Napoli, figlio di Gotthelf e di Fortura Vittozzi. Venne alla luce nel pieno centro storico di Napoli, nel quartiere Vicaria. Respirò ben presto l’energia creativa e l’umanità teatrale che da sempre vivono nel ‘ventre di Napoli’. Sulle sue origini vi sono notizie contrastanti. In realtà – come riportato nel certificato di nascita – Federico Emilio (noto come Emilio Federico) all’età di 15 anni fu riconosciuto da Gotthelf Schuberth, «un magnate ungherese», che gli diede il proprio cognome. Anche la sua formazione è avvolta da un alone di leggenda: si fa riferimento a scuole d’arte frequentate a Vienna e a Shanghai, in aggiunta all’Accademia di belle arti di Napoli, che potrebbero in qualche maniera spiegare l’estro e la versatilità di Schuberth, vero «sarto pittore». Nel 1929 sposò Maria Jelasi e ben presto i coniugi si trasferirono, negli anni ’30, da Napoli a Roma, dove Schuberth cominciò un periodo di apprendistato nella sartoria Montorsi, dove dimostra una spiccata dimestichezza nel combinare la seta ai merletti per il settore biancheria: dalla loro unione nacquero due figlie, Annalise e Gretel. Nel 1938 decide di mettersi in proprio ed inaugura, insieme a sua moglie, un primo negozio di modisteria in via Frattina in cui non esponeva cappelli già confezionati, ma li creava volta per volta secondo le esigenze delle sue clienti. Lo venne così a conoscere la contessa Ratti, nipote di Pio XI, che lo incoraggiò a realizzare modelli per abiti femminili, introducendo nel suo atelier donne dell’alta aristocrazia. Sommerso dalle mille richieste delle clienti, nel 1940 costituì e inaugurerà la ditta individuale Schuberth Emilio e l’atelier di alta moda in via Lazio. La clientela continuò ad aumentare, tanto da trasferire, sempre nello stesso anno, i locali dell’atelier in via XX Settembre n. 4, diventando dal secondo dopoguerra meta fissa degli itinerari nella capitale di regine e di attrici del cinema e del teatro, di signore dell’aristocrazia e della politica provenienti da tutto il mondo. Era infatti chiamato la ‘quinta basilica di Roma’. Il suo stile singolare presentava una donna classica e ricercata, che amava i tessuti lussuosi e le sapienti combinazioni dei materiali. Busto sottile e spalle importanti, i suoi abiti, sintesi di fasti ottocenteschi e hollywoodiani: motivo dell’appellativo che gli venne definito “sarto delle dive“.
Tutte sognavano un abito Schuberth per il giorno del matrimonio tanto che veniva inserito nell’invito: “La sposa indosserà un abito di Schuberth”. Quello che tutte ricercavano in Schuberth non erano semplicemente abiti meravigliosi, ma il sentirsi dive.
L’atelier, costruito sul modello francese, era arredato con poltrone, divani di raso, lumi di vetro di Murano, grandi specchi completi di cornici e alle finestre tende che incorniciavano un ritratto di Schuberth eseguito dall’artista maceratese Aldo Severi. Nel suo lavoro di grande rigore e ricerca della perfezione si avvalse sin dagli inizi di uno stuolo di disegnatori, come, tra gli altri, Pino Lancetti, Renato Balestra, Lino Pellizzoni, Giulio Coltellacci, Elio Costanzi, Guido Cozzolino. Schuberth, intuendo profondamente i sentimenti e gli ardori del suo tempo, si immerse a pieno titolo in questo processo creando un suo stile, lo stile ‘schubertiano’, e una moderna comunicazione: trasformò l’abito in linguaggio e il corpo in motore di un cambiamento sociale ed estetico. Precursore in tutto
… amò circondarsi di leggende, sempre in anticipo coi tempi, alimentò il mito per produrre la sorpresa per rompere i luoghi comuni di una società restia ad una svolta epocale.
Fu eccentrico protagonista della vita mondana romana e delle cronache di costume, immergendosi nella magia della ‘Dolce vita’. Anche le nozze delle due figlie, – Gretel nel 1958 con Carlo Rappa e Annalise con De Santis nel 1960 – celebrate a Roma in stile quasi cinematografico, si trasformarono in eventi pubblici trasmessi dai cinegiornali e seguiti dalla stampa.
Gretel – 1958
Annalise – 1960
Schuberth divenne artefice del proprio successo: stravagante, imprevedibile, magnetico, fu il primo a spostare l’attenzione della stampa e dell’opinione pubblica sul creatore di moda, nuovo protagonista della cronaca, del cinema e della cultura.
Schuberth è stato il primo a esibire anelli vistosi a forma di serpente con occhi di smeraldo avvolgentesi attorno al mignolo. È stato il primo a indossare la pelliccia in persiano al mattino e in visone pastello la sera. È stato il primo a usare il parrucchino, il fondo tinta, il trucco agli occhi […] Schuberth non si è mai vestito come un uomo ma come un artista, l’artista che era.
Una delle prime clienti che la contessa Ratti portò nell’atelier di Schuberth fu Maria Francesca di Savoia. Per il matrimonio di Maria Pia, figlia maggiore di Umberto II e di Maria José, con Alessandro di Iugoslavia, Schuberth realizzò, come dono di nozze, tre modelli e partecipò ai preparativi dell’evento.
Oltre a Eva Perón, in visita a Roma nel luglio del 1947, e a Narriman d’Egitto, in viaggio di nozze a Sanremo con re Fārūq (re Farouk) nel 1951, furono conquistati dallo stile schuberthiano anche i reali d’Inghilterra, e la regina Sharifa Dina che, qualche settimana prima delle nozze con il sovrano di Giordania Hussein nell’aprile 1955, scelse i modelli dei suoi vestiti nell’atelier di Schuberth.
Ma fu soprattutto Soraya Esfandiary-Bakhtiari, moglie dello scià dell’Iran Mohammad Reza Pahlavi, a consolidare il suo successo. In quegli anni era infatti diventata un’assidua cliente che ordinava abiti tramite telegrafo. Fuggita a Roma dopo il tentato golpe di Mossadeq del 1953, Soraya era scappata da Teheran con il solo vestito che aveva indosso; il 18 agosto si presentò in atelier e Schuberth, in quattro ore, le preparò in emergenza cinque abiti per la giornata. Non appena la situazione in Iran si stabilizzò, Soraya tornò in atelier e ordinò un intero guardaroba che portò con sé a Teheran.
Frequentavano assiduamente l’atelier di Schuberth anche attrici e dive del cinema e dello spettacolo che cooperarono alla costruzione del consenso e alla trasformazione della vita dello stilista in una sorta di palcoscenico girevole a spettacolo infinito. Gina Lollobrigida, Sophia Loren, Valentina Cortese furono fra le clienti più legate a Schuberth che seppe valorizzarne la bellezza trasformando le loro immagini di dive da vero ‘arbitro di eleganza’. Inoltre, durante gli anni Cinquanta, furono numerosi i film e le riviste alla cui realizzazione la casa di moda Schuberth collaborò o per le cui attrici protagoniste confezionò abiti.
Memorabili sono le sue larghe gonne a ruota sovrapposte; caratteristico l’abbondare di tulle e di lustrini, che ne fanno un maestro di stile per le soubrette della rivista. Perfino le semplici vestaglie e le gonne logore o sbrindellate che Gina Lollobrigida indossa in Pane, amore e fantasia, La provinciale, La romana mostrano il tocco di classe del loro creatore.
Dalla fine degli anni Quaranta la stampa aveva cominciato a interessarsi a Schuberth e alle sue creazioni, essendo uno tra i protagonisti delle manifestazioni organizzate per la diffusione della moda italiana dall’Ente della moda di Torino. Nel dicembre 1948 al Casino de la Vallée di Saint Vincent ‘l’estroso e discusso Dior d’Italia’ partecipò a una sfilata di abiti; l’anno seguente, nel mese di settembre, sfilò nel salone delle Stelle del Casinò del Lido di Venezia. La sua partecipazione al gran gala della moda fu continuativa, presentando negli anni modelli come Mi sento audace, Viaggio d’amore, Ho scoperto l’amore. Emilio Schubert aveva compreso che la comunicazione era fondamentale nel suo lavoro e ad ogni evento mondano non mancava di mettere in scena, con un fare istrionico, le sue apparizioni, accompagnandosi con dodici scintillanti modelle e facendo sfoggio di costosi gioielli che adoperava in particolare per calamitare l’attenzione dei media.
Accolto l’invito di Giovanni Battista Giorgini, il 12 febbraio 1951 partecipò a Firenze, nella residenza fiorentina di villa Torrigiani, al debutto della moda italiana con la prima sfilata di First Italian High Fashion Show per compratori internazionali e stampa statunitense che riscosse un successo straordinario. Si cominciarono a spalancare così le porte dei mercati internazionali e, in particolar modo, di quelli statunitense e tedesco. Nel mese di settembre del 1951, accanto alle collezioni francesi come Dior, Balmain, Lanvin, Balenciaga, Schiaparelli, furono acquistati dai grandi magazzini Bergdorf Goodman di New York e presentati alla stampa statunitense dieci modelli (tra cui Cifrario segreto, Molto amata, Oggi ho venti anni, Celeste orizzonte) di Schuberth. Nel 1952 la ‘Carovana volante della moda’, composta da Fercioni, Vanna, Marucelli, Tizzoni, Antonelli, Carosa, Gabriellasport e Schuberth, fu accolta a New York nel Grand Central Palace con servizi radiofonici e televisivi nel quadro delle manifestazioni New York Fair of Italian manufacturers. Nel 1953 gli abiti di Schuberth, accanto a quelli di Carosa, Mirsa, Elza Volpe, furono scelti dal buyer australiano, David Jones, che volle organizzare la ‘Italian Parade’ a Sydney.
Tra i suoi viaggi non mancava di fare ritorno nella sua città natale: nel 1953, al Circolo della stampa, durante uno spettacolo dedicato alla canzone napoletana, andarono in scena abiti di Schuberth ispirati ai celebri motivi napoletani, mentre ad aprile del 1954, pochi mesi dopo l’inaugurazione, il teatro S. Ferdinando ospitò una passerella di abiti di Schuberth dai titoli tanto suggestivi: Come una volta, Incontro con destino, Cuore in vacanza, Via dell’ingenuità.
Sempre nello stesso anno, fu invitato a partecipare al I Congresso della moda e dell’abbigliamento e del tessile, promosso dal Centro mediterraneo della moda e dell’artigianato, sede Mostra d’Oltremare.
Schuberth, «ciclonico e inesauribile», seppe in effetti coniugare mirabilmente la grande perizia sartoriale di tradizione napoletana, che nel tempo reinventava e riproponeva, con l’assemblaggio di tecniche diverse e l’utilizzo di nuovi tessuti. Eccelse nell’arte del ricamo, realizzato con conterie e perline di fiume, corallini, strass, pietre preziose incastonate con fili metallici. Creò colori di tessuti sfumati, utilizzò tessuti stampati e tessuti nuovi prodotti in laboratorio: dai rhodia al nylon,
agli acrilici, al tulle artificiale, abbinato a materiali preziosi e tessuti poveri ma naturali.
Nel maggio del 1954 fu organizzata dal Comitato italiano del Congresso internazionale dei tessili artificiali e sintetici e ospitata a Venezia, a Palazzo Grassi, dal Centro internazionale delle arti e del costume, la mostra del tessuto «I tessili dell’avvenire»: la collezione di Schuberth di quell’anno spaziava dai rasi ai modernissimi tessuti Rhodiatoce,
fondata – sottolineava Gianna Manzini, Vanessa per i lettori – sul presupposto di conciliare l’inconciliabile e cioè il desiderio di novità ad oltranza che rende temerarie le donne e il desiderio».
In quegli anni si dedicò anche all’insegnamento presso l’Accademia Koefia di Roma, fondata nel 1951 dalla contessa Toni Alba Koefia.
Nel 1953 Schuberth, insieme alle sorelle Fontana, Ferdinandi, Fabiani, Giovannelli-Sciarra, Mingolini-Gugenheim, Garnett e Simonetta, fondò a Roma il Sindacato italiano dell’alta moda (SIAM), sancendo la centralità di Roma in questo ambito. Dopo un tentativo non andato a buon fine, nel 1954, il SIAM organizzò la prima Rassegna di alta moda italiana nella cornice di Castel Sant’Angelo. Schuberth fu accolto come il ‘re dei re’ per la linea Fanfara e per i suoi cinque abiti da sera di morbidissima seta, denominati Porcellane di Sassonia.
Nel 1955 Schuberth fece produrre da Adam, ditta parmense produttrice di essenze, il profumo Schu Schu, il primo di una serie; Tale profumazione fu suggellata anche dalla collaborazione tra Schuberth e René Gruau. L’immagine pubblicitaria ritraeva, sotto al titolo del profumo in alto a sinistra, l’araldica aquila schuberthiana, e l’indicazione della internazionalizzazione del prodotto, New York, Roma, Berlino. Seguiranno poi le fragranze Coquillages e Taffetas.
Durante una tournée in Germania, sempre nel 1955, fu padrino di Arwa Stretch, marca tedesca di calze estensibili che, dopo aver entusiasmato il pubblico berlinese, conquistò le donne italiane. Nel campo delle calze per signora, collaborò poi negli anni Sessanta anche con il Calzificio del Mezzogiorno di Latina. Nel settembre del 1957 Schuberth si recò in Germania, prima a Düsseldorf poi a Wiesbaden, per una sfilata di modelli per l’inverno e per definire il piano produttivo e distributivo dei modelli di pronto moda con la ditta Italmodell GmbH: per il suo arrivo inventò un evento mediatico, lanciando la promessa di regalare un abito della nuova collezione alle cacciatrici di autografi. All’alta moda affiancò, dal 1957, alcune linee di moda pronta – Miss Schuberth, e in seguito, Lady X, Signorinella – stringendo un accordo con Delia Soldaini Biagiotti, per l’esportazione negli Stati Uniti e in Germania.
Nel 1958 prese parte – insieme a numerose altre case di moda – alla costituzione a Roma della Camera sindacale della moda italiana, di cui fu nominato presidente del collegio dei revisori; nel 1962 tale Camera fu ribattezzata con il nome di Camera nazionale della moda italiana. Nel gennaio 1960, per il XIX compleanno della moda a Palazzo Pitti, la collezione di Schuberth, battezzata International look e dedicata alle donne di tutto il mondo, provocò scalpore nel pubblico e nella stampa: le indossatrici sfilarono con i capelli rasati. A marzo dello stesso anno inaugurò una nuova boutique nel prestigioso palazzo Torlonia di via Condotti, destinata anche a una clientela medio-borghese che poteva scegliere capi ideati da Schuberth e confezionati dalla ditta di confezioni Stylbert di Arezzo.
Molto noto negli anni ’60 per il suo stile stravagante e onirico, è considerato come colui che ha rivoluzionato, grazie alla spettacolarizzazione della moda, il ruolo del “sarto“, pressoché invisibile, trasformandolo nella figura dello “stilista” odierno. Maestro indiscusso della moda italiana.
Oltre che su occhiali, biancheria intima, biancheria da tavolo, cravatte, costumi da bagno, nel 1965 il suo nome apparve legato alla bambola Jenni, realizzata dalla Italo Cremona, ambasciatrice del made in Italy. Nell’aprile 1967 all’Esposizione universale di Montréal fu allestita una sezione ‘costumi’ in cui, insieme a creazioni di note case di moda, vi erano anche modelli Schuberth.
Durante la sua carriera, furono tanti i riconoscimenti conferitigli. Nei primi anni Settanta, con il declino dell’alta moda, Schuberth aveva cominciato a produrre prêt-à-porter «ma era stato il suo dolore più grande, assicurano i suoi collaboratori». Nel 1967 partecipò al filmato promozionale, Vedette 444, per il battesimo della prima locomotiva del gruppo E.444 delle Ferrovie dello Stato, avvalorando un curioso parallelismo: la costruzione meccanica della locomotiva venne paragonata alla creazione di una vedette della moda nell’atelier di Schuberth.
Schuberth è stato “personaggio“, oltre che sarto famoso, capace di recitare una parte istrionica nella società dello spettacolo dell’epoca. Fu il primo stilista a partecipare a programmi televisivi come La via del successo (1958) e Il Musichiere (1959) non soltanto da costumista, ma anche esibendosi come cantante, e ad aprire le porte del suo atelier alle cineprese per diversi film, tra cui Margherita fra i tre (1942) e Femmina incatenata (1949). Come maestro della moda italiana, i suoi studenti includevano Valentino e Roberto Capucci. Fu maestro di Laura Biagiotti.
Schuberth si spense a Roma il 4 gennaio 1972 a causa di un collasso cardiocircolatorio. Le figlie, Annalise e Gretel, hanno donato l’archivio paterno all’Università di Parma.
La sua moda ha irrorato la contemporaneità
per contrasto – come lui affermò – creando un mondo fittizio, in opposizione alla realtà: un mondo basato sull’illusione che alimenta le illusioni di tutti i poeti: quella della dolcezza e della grazia femminile. Anche se fosse una leggenda, non sarebbe del tutto inutile a temperare la brutalità della vita odierna. Considerate dunque la mia moda come un contro-veleno e sarete nel vero.
Nel 2007 un gruppo di imprenditori napoletani ha deciso di dare nuova vita alla maison Emilio Schuberth, ma sempre tenendo fede all’identità originale del brand.
Non c’ è lo stilista di grido al timone creativo, non c’ è il grande gruppo, ma la volontà di riproporre al mercato l’ essenza ed il valore di un marchio che fatto la storia del made in Italy, riproponendo quel lifestyle capace di far sognare. E’ questo l’ intento con cui la E.M.I. Italia (che sta per Emilio Moda Italia) capitanata da Elena Perrella, docente di comunicazione della moda all’ Università di Napoli ma soprattutto grande appassionata di moda, ne ha rilevato il marchio. La sfida della Perrella è la collezione battezzata Emilio Schuberth Couture, presente da qualche stagione soprattutto su alcuni mercati esteri, Russia e Paesi Arabi in testa, debutta ora una linea di prêtà-porter, chiamata semplicemente Schuberth, che unisce artigianale e contemporaneo, prodotta dall’azienda napoletana F.F.C con uno stile dalle radici ben salde e una creatività che parte da un grande studio anatomico per pezzi.
Nuova revisione del marchio a partire dai tre profumi, rieditati con un packaging tutto nuovo, Schu, Taffetà e Coquillage, con la Extraordinary Fragrance di Napoli, sino al tessile casa, collezione autunno/inverno 2011/12 realizzata dalla fiorentina Annamaria Biancheria, per arrivare alle borse prodotte su licenza dalla Garis di Varese.
aggiornato al 4 gennaio 2020
Autore: Lynda Di Natale Fonte: treccani.it, emilioschuberth.it, repubblica.it, wikipedia.org, web
Emilio Schuberth #emilioschuberth #schuberth #creatoridellostile #creatoridellamoda #perfettamentechic #felicementechic Emilio Schuberth, Federico Emilio (Emilio Federico). – Nacque l’8 giugno 1904 a Napoli, figlio di Gotthelf e di Fortura Vittozzi.
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