#NoirLab
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The Universe is under no obligation to make sense to you
l ph: NOIRLab l quote: Neil deGrasse Tyson
#space#astrophotography#astronomy#noirlab#universe#nebula#stars#night#solar system#sky#galaxy#planets#seven sisters#The Vela#carina nebula#god's hand nebula#words#quotes
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Jupiter, the gas giant ©
#visible#infrared#ultraviolet#space#planet#jupiter#astrophotography#noirlab#universe#solar system#stars#night sky#astronomy#galaxy#cosmos
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DESI Map !
A slice of the 3D map of galaxies collected in the first year of the Dark Energy Spectroscopic Instrument (DESI) Survey. Earth is at the tip, with the furthest galaxies plotted at distances of 11 billion light-years. Each point represents one galaxy.
This version of the DESI map includes 600,000 galaxies — less than 0.1% of the survey's full volume.
Credit: DESI Collaboration/NOIRLab/NSF/AURA/R. Proctor
#art#cosmos#cosmic#universe#blast#space#wallpaper#desi map#3D map#galaxies#galaxy#dark energy spectroscopic instrument#survey#NOIRlab
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Pickering's Triangle image taken with the Mayall 4-meter Telescope
A wide-field image of Pickering's Triangle taken with the U.S. National Science Foundation's Mayall 4-meter Telescope at Kitt Peak National Observatory. Pickering's Triangle is part of the Cygnus Loop supernova remnant.
Credit: T.A. Rector/University of Alaska Anchorage, H. Schweiker/WIYN and NOIRLab/NSF/AURA (Available under Creative Commons Attribution 4.0 International)
#t a rector#university of alaska anchorage#h schweider#wiyn#noirlab#national science foundation-ocean observatory initiative#aura#pickering's triangle#astronomy#space#mayall 4-meter telescope#cygnus loop supernova#nature
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Consultabile online il nuovo Siena Galaxy Atlas 2020

Siena, un nuovo atlante con 380mila galassie, pubblicato online il Siena Galaxy Atlas 2020. È online il Siena Galaxy Atlas, un atlante dettagliato di quasi 400mila galassie, compilato utilizzando i dati dei telescopi NoirLab di Nsf e progettato per essere il principale atlante galattico digitale per le galassie grandi. Si tratta di un tesoro di informazioni, utili per lo studio di vari aspetti dell’universo, dalla formazione ed evoluzione delle galassie alla materia oscura e alle onde gravitazionali. Tutti i dettagli su ApJ.

Ngc 520, una collisione di due galassie iniziata più di 300 milioni di anni fa, è in realtà composta da due galassie a disco che alla fine si fonderanno per formare un sistema più grande e massiccio. Ngc 520 fu scoperta da William Herschel nel 1784 ed è una delle galassie più grandi e luminose del Siena Galaxy Atlas. Crediti: Ctio/ NoirLab/ Doe/ Nsf/ Aura; J. Moustakas (Siena College); T.A. Rector (University of Alaska Anchorage/Nsf’s NoirLab) & M. Zamani (Nsf’s NoirLab) & D. de Martin (Nsf’s NoirLab) Gli astronomi cercano da tempo di mappare i cieli notturni, non solo per avere una visione il più possibile completa dell’universo in cui viviamo, ma anche per supportare ulteriori ricerche. I cataloghi di oggetti astronomici servono a molti scopi: possono aiutare gli scienziati a individuare modelli generali in una popolazione di oggetti, a scoprire nuovi fenomeni come ad esempio eventi astronomici transienti, e a identificare quelli che potrebbero essere i candidati migliori per osservazioni mirate. Tuttavia, queste risorse devono essere regolarmente aggiornate per tenere conto dei risultati ottenuti grazie ai continui miglioramenti tecnologici dei telescopi. Ora è stato pubblicato un nuovo atlante con informazioni dettagliate su oltre 380mila galassie con un livello di precisione mai raggiunto prima. Si chiama Siena Galaxy Atlas (Sga) ed è una raccolta di dati provenienti da tre survey completate tra il 2014 e il 2017, note come Desi Legacy Surveys, effettuate per identificare le galassie target per la survey del Dark Energy Spectroscopic Instrument (Desi). I dati sono stati raccolti presso l’Osservatorio interamericano di Cerro Tololo (Ctio) e l’Osservatorio nazionale di Kitt Peak (Kpno), entrambi programmi del NoirLab della National Science Foundation (Nsf), e presso lo Steward Observatory dell’Università dell’Arizona. Le Desi Legacy Surveys hanno utilizzato strumenti all’avanguardia sui telescopi gestiti da NoirLab: la Dark Energy Camera Legacy Survey (DeCaLS), effettuata utilizzando la Dark Energy Camera (DeCam) costruita dal Doe sul telescopio da 4 metri Víctor M. Blanco al Ctio in Cile; la Mayall z-band Legacy Survey (MzLS) con la fotocamera Mosaic3 sul telescopio da 4 metri Nicholas U. Mayall al Kpno; e la Beijing-Arizona Sky Survey (Bass) realizzata con la fotocamera 90Prime sul telescopio Bok da 2,3 metri, gestito dallo Steward Observatory e ospitato presso Kpno. I dati delle Desi Legacy Imaging Surveys, così come una copia dell’intero Siena Galaxy Atlas, vengono forniti alla comunità astronomica tramite la piattaforma scientifica Astro Data Lab e l’Astro Data Archive presso il Community Science and Data Center (Csdc) di NoirLab. Sga contiene anche dati aggiuntivi provenienti da una survey condotta dal satellite Wide-field Infrared Survey Explorer (Wise) della Nasa, rielaborati da Aaron Meisner, astronomo del NoirLab. Queste survey hanno catturato immagini nelle lunghezze d’onda ottiche e infrarosse per mappare un’area totale di 20mila gradi quadrati – quasi la metà del cielo notturno, rendendola tra le più grandi survey sulle galassie. Riunendo questa ricchezza di informazioni in un unico posto, Sga offre dati precisi sulla posizione, la forma e le dimensioni di centinaia di migliaia di grandi galassie relativamente vicine. Oltre all’enorme numero di oggetti registrati, i dati nella raccolta Sga raggiungono anche un nuovo livello di accuratezza ed è la prima risorsa di questo tipo a fornire dati sui profili di luce delle galassie.

Mosaico ottico di 42 galassie del Siena Galaxy Atlas 2020 ordinate per diametro angolare crescente da sinistra in alto, a destra in basso. Le galassie vengono scelte casualmente da una distribuzione di probabilità uniforme nel diametro angolare. La barra bianca orizzontale nell’angolo inferiore sinistro di ciascun pannello rappresenta 1 minuto d’arco e i ritagli del mosaico vanno da 3,2 a 13,4 minuti d’arco. Questa figura illustra l’enorme gamma di tipologie, dimensioni, colori e profili di luminosità superficiale, struttura interna e ambienti delle galassie presenti nell’atlante. Crediti: Ctio/ NoirLab/ Doe/ Nsf/ Aura/ J. Moustakas «Le grandi galassie vicine sono importanti perché possiamo studiarle in modo più dettagliato di qualsiasi altra galassia nell’universo; sono i nostri vicini cosmici», osserva John Moustakas, professore di fisica al Siena College a capo del progetto Sga. «Non solo sono straordinariamente belle, ma contengono anche la chiave per comprendere come si formano e si evolvono le galassie, inclusa la nostra, la Via Lattea». Sga si basa su diversi cataloghi compilati nei secoli scorsi. L’iconico Catalogue des Nébuleuses et des Amas d’Étoiles (Catalogo delle nebulose e degli ammassi stellari), pubblicato nel 1774 dall’astronomo francese Charles Messier, fu una pietra miliare importante, così come lo fu il Nuovo Catalogo Generale delle Nebulose e degli Ammassi di Stelle (Ngc), pubblicato nel 1888 da John Louis Emil Dreyer. Più recentemente, nel 1991, gli astronomi hanno realizzato il Terzo Catalogo di Riferimento delle Galassie Luminose (Rc3). Negli ultimi due decenni sono stati pubblicati molti altri preziosi atlanti di galassie, ma la maggior parte di essi si basa sulle misurazioni su lastre fotografiche dell’Rc3, oppure mancano un numero significativo di galassie. Poiché Sga utilizza immagini digitali catturate con strumenti altamente sensibili, rappresenta un miglioramento sostanziale sia nella qualità che nella completezza dei dati. «Precedenti compilazioni di galassie erano afflitte da posizioni, dimensioni e forme errate delle galassie e contenevano anche voci che non erano galassie ma stelle o artefatti», spiega Arjun Dey, astronomo del NoirLab coinvolto nel progetto. «Sga ripulisce tutto questo per gran parte del cielo. Fornisce inoltre le migliori misurazioni della luminosità delle galassie, qualcosa che non avevamo mai avuto prima in modo affidabile per un campione di queste dimensioni».

IC 4212 è una galassia spirale barrata situata nella costellazione della Vergine. Si trova vicino all’equatore celeste, il che significa che in alcuni periodi dell’anno è visibile almeno in parte da entrambi gli emisferi. Crediti: Ctio/ NoirLab/ Doe/ Nsf/ Aura; J. Moustakas (Siena College); T.A. Rector (University of Alaska Anchorage/Nsf’s NoirLab) & M. Zamani (Nsf’s NoirLab) & D. de Martin (Nsf’s NoirLab) Questa risorsa versatile guiderà il progresso in numerosi rami dell’astronomia e dell’astrofisica aiutando gli scienziati a trovare i migliori campioni di galassie per l’osservazione mirata. Ad esempio, Sga migliorerà la ricerca su come i modelli di formazione stellare variano nelle diverse galassie, sui processi fisici alla base della vasta gamma di morfologie che le galassie mostrano e su come la distribuzione delle galassie è correlata al modo in cui la materia oscura si diffonde nell’universo. Agendo come una mappa, Sga aiuterà anche gli astronomi a individuare le sorgenti di segnali transitori come le onde gravitazionali e a comprendere gli eventi che ne danno origine. «Sga diventerà il più importante atlante galattico digitale per le grandi galassie», afferma Dey. Tuttavia, sottolinea, Sga non è riservato solo ai ricercatori accademici, ma è liberamente consultabile online per chiunque desideri conoscere meglio il nostro angolo di universo. «Il rilascio pubblico di questi dati spettacolari contenuti nell’atlante avrà un impatto reale non solo sulla ricerca astronomica, ma anche sulla capacità del pubblico di visualizzare e identificare le galassie relativamente vicine», conclude Chris Davis, direttore del programma Nsf per NoirLab. «Gli astrofili più appassionati lo apprezzeranno particolarmente in quanto risorsa a cui rivolgersi per saperne di più su alcuni degli obiettivi celesti che osservano». Per saperne di più: Leggi su The Astrophysical Journal l’articolo “Siena Galaxy Atlas 2020” di John Moustakas, Dustin Lang, Arjun Dey, Stéphanie Juneau, Aaron Meisner, Adam D. Myers, Edward F. Schlafly, David J. Schlegel, Francisco Valdes, Benjamin A. Weaver, and Rongpu Zhou - Esplora il Siena Galaxy Atlas 2020 Read the full article
#Cataloghiastronomici#galassie#grandigalassie#materiaoscura#NoirLab#nuovoatlante#ondegravitazionali#SienaGalaxyAtlas#telescopioNsf#vialattea
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Gamma Ray Burst (Id: noirlab2319a, Release date: 22 June '23), space art by Mark A. Garlick & Mahdi Zamani. Article:
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Great discovery For the first time astronomers observe a planet devoured by its star
Gran descubrimiento Por primera vez astrónomos observan un planeta cer devorado por su estrella Un equipo de astrónomos registró la primera evidencia de una estrella moribunda, similar al Sol, devorando un exoplaneta, gracias a observaciones realizadas con el telescopio de Gemini Sur en Chile, que opera NOIRLab de NSF y Observatorio AURA La evidencia irrefutable de este evento quedó registrada…

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This image was taken as part of Advanced Observing Program (AOP) program at Kitt Peak Visitor Center during 2014.
Cleopatra’s Eye, or NGC 1535, is a planetary nebula in the constellation Eridanus. This nebula has an unusual structure that is similar to the better-known NGC 2392, with an outer region and a brighter inner center.
A planetary nebula forms when a star approximately the size of our Sun dies, exhaling its outer layers into space as the core turns into a white dwarf star. Through early telescopes these objects resembled planets – giving them their name – but planetary nebulae are unrelated to actual planets.
Hubble observed this nebula as part of a study of over 100 planetary nebulae with nearby stars. The proximity of the stars indicated a possible gravitational connection between the nearby stars and the central stars of the nebulae. Observations of the distance between NGC 1535’s central star and its possible companion suggest that Cleopatra’s Eye is indeed part of a gravitationally bound binary star system.
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How Will The Universe End? A Changing Understanding of Dark Energy May Provide A New Answer
— By Adithi Ramakrishnan | March 19, 2025 | Associated Press

This Image Provided By NSF's NOIRLab Shows the Trails of Stars Above Kitt Peak National Observatory, Where a Telescope is Mapping the Universe to Study a Mysterious Force Called Dark Energy. NSF's NoirLab via Associated Press
New York (AP) — Scientists are homing in on the nature of a mysterious force called dark energy, and nothing short of the fate of the universe hangs in the balance.
The force is enormous - it makes up nearly 70% of the universe. And it is powerful - it is pushing all the stars and galaxies away from each other at an ever faster rate.
And now scientists are getting a little closer to understanding how it behaves. The big question is whether this dark energy is a constant force, which scientists have long thought, or whether the force is weakening, a surprising wrinkle tentatively proposed last year.
Results presented at a meeting of the American Physical Society Wednesday bolster the case that the force is weakening, though scientists are not yet certain and they still haven't worked out what this means for the rest of their understanding of the universe.
The updated findings come from an international research collaboration that is creating a three-dimensional map to see how galaxies have spread and clustered over 11 billion years of the universe's history. Carefully tracking how galaxies move helps scientists learn about the forces that are moving them around.
Called the Dark Energy Spectroscopic Instrument, the collaboration released its first analysis of 6 million galaxies and quasars last year and has now added more data, bringing the count to nearly 15 million. Their updated results, taken with other measurements - exploding stars, leftover light from the young universe and distortions in galaxy shape - support the idea presented last year that dark energy may be waning.
"It's moving from a really surprising finding to almost a moment where we have to throw out how we've thought about cosmology and start over," said Bhuvnesh Jain, a cosmologist with the University of Pennsylvania who was not involved with the research.
It's not time to completely rule out the idea that dark energy is constant because the new results are still shy of the gold standard level of statistical proof physics requires. The collaboration aims to map around 50 million galaxies and quasars by the end of its survey in 2026. And other efforts around the globe have an eye on dark energy and aim to release their own data in the coming years, including the European Space Agency's Euclid mission and the Vera C. Rubin Observatory in Chile.
"We want to see several different collaborations having similar measurements" at that gold standard to be sure that dark energy is weakening, said cosmologist Kris Pardo with the University of Southern California who was not involved with the new research.
If dark energy is constant, scientists say our universe may continue to expand forever, growing ever colder, lonelier and still.
If dark energy ebbs with time, which now seems plausible, the universe could one day stop expanding and then eventually collapse on itself in what's called the Big Crunch. It might not seem like the cheeriest fate, but it offers some closure, said cosmologist and study collaborator Mustapha Ishak-Boushaki of the University of Texas at Dallas.
"Now, there is the possibility that everything comes to an end," he said. "Would we consider that a good or bad thing? I don't know."
The Associated Press Health and Science Department receives support from the Howard Hughes Medical Institute's Science and Educational Media Group and the Robert Wood Johnson Foundation. The AP is solely responsible for all content.
— Adithi Ramakrishnan is a Science Reporter for The Associated Press, Based in New York. She Covers Research and New Developments Related to Space, Early Human History and More.
#Science#Universe#Dark Energy#Changing Understanding#New Revelation#Mysterious Force#NSF's NOIRLab#Kitt Peak National Observatory#Telescope 🔭#Mapping | Universe#Adithi Ramakrishnan#Associated Press
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Telescopes Illuminate the Christmas Tree Cluster
#Christmas Tree Cluster#NGC 2264#T.A. Rector#B.A. Wolpa#Frattare & J.Major#NASA/CXC/SAO#NRAO/AUI/NSF#NOIRLab/NSF/AURA#NASA/NSF/IPAC/CalTech/Univ. of Massachusetts#NASA/CXC/SAO/L
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2025 March 15
Tololo Totality Image Credit & Copyright: Petr Horálek/CTIO (Cerro Tololo Observatory) /AURA/NSF/ NOIRLab
Explanation: On March 14 the Moon was Full. In an appropriate celebration of Pi day, that put the Moon 3.14 radians (180 degrees) in ecliptic longitude from the Sun in planet Earth's sky. As a bonus for fans of Pi and the night sky, on that date the Moon also passed directly through Earth's umbral shadow in a total lunar eclipse. In clear skies, the colors of an eclipsed Moon can be vivid. Reflecting the deeply reddened sunlight scattered into Earth's shadow, the darkened lunar disk was recorded in this time series composite image from Cerro Tololo Observatory, Chile. The lunar triptych captures the start, middle, and end of the total eclipse phase that lasted about an hour. A faint bluish tint seen just along the brighter lunar limb at the shadow's edge is due to sunlight filtered through Earth's stratospheric ozone layer.
∞ Source: apod.nasa.gov/apod/ap250315.html
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We are like butterflies who flutter for a day and think it's forever —Carl Sagan
l Trapezium region of Orion Nebula l NOIRLab
#space#orion nebula#astrophotography#astronomy#stars#galaxy#universe#solar system#planets#sky#words#quotes#carl sagan
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Gigapixel Supernova
Eleven thousand years ago, a star exploded in the constellation Vela, blowing off its outer layers in a spectacular shock wave that remains visible today. Today's image is a piece of a 1.3-gigapixel composite image of the supernova remnant. (Image credit: CTIO/NOIRLab/DOE/NSF/AURA; via Colossal) Read the full article
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Brown Dwarf !
NOIRLab/NSF/AURA/P. Marenfeld/Acknowledgement: William Pendrill
#art#cosmos#cosmic#universe#blast#space#wallpaper#stars#space wallpaper#NOIRlab#brown#dwarf#william pendrill#AURA#P.Marenfeld
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Fotografata la Mano di Dio nella nebulosa di Gum
La Mano di Dio immortalata dalla DeCam, un globulo cometario nella nebulosa di Gum. In questa immagine della Dark Energy Camera risalta il globulo cometario noto come Cg 4, una struttura solo apparentemente minacciosa a cui è stato dato il soprannome di "Mano di Dio". Non è ancora chiaro come queste nubi così difficili da individuare ottengano la loro struttura distintiva, ma gli astronomi ipotizzano che sia una conseguenza delle stelle calde e massicce che le circondano A circa 1300 anni luce di distanza, nella costellazione della Poppa, una mano spettrale sembra emergere dal mezzo interstellare e protendersi verso il cosmo. Questa struttura solo apparentemente minacciosa è Cg 4, un cosiddetto globulo cometario a cui è stato dato il soprannome di “Mano di Dio”. Si tratta di uno dei tanti globuli cometari presenti nella Via Lattea, la cui morfologia ha origini che sono ancora oggetto di dibattito tra gli astronomi.

Il globulo cometario Cg 4, soprannominato Mano di Dio, è uno dei tanti globuli cometari presenti all’interno della Via Lattea. Questa immagine è stata catturata dalla Dark Energy Camera montata sul telescopio di 4 metri Víctor M. Blanco presso l’Osservatorio Interamericano di Cerro Tololo. Crediti: Ctio/NoirLab/Doe/Nsf/Aura, T.A. Rector (University of Alaska Anchorage/Nsf’s NoirLab), D. de Martin & M. Zamani (Nsf’s NoirLab) I globuli cometari sono una sottoclasse delle nebulose oscure note come globuli di Bok: dense nubi isolate di gas e polveri cosmiche circondate da materiale caldo e ionizzato. Sono tra gli oggetti più freddi conosciuti in campo astrofisico, con temperature interne dell’ordine di 10 kelvin. Quando queste nubi presentano una scia simile a una lunga coda e vengono chiamate globuli cometari per la loro vaga somiglianza con le comete, anche se di fatto non hanno nulla in comune. Le caratteristiche tipiche di un globulo cometario sono difficili da notare in questa immagine catturata con la Dark Energy Camera (DeCam), montata sul telescopio di 4 metri Víctor M. Blanco presso il Cerro Tololo Inter-American Observatory (Ctio), del NoirLab dell’Nsf. La sua testa polverosa – con un diametro di 1,5 anni luce – e la sua debole coda – lunga circa 8 anni luce – fanno di Cg 4 un globulo di Bok relativamente piccolo. Individuati per la prima volta nel 1976 da immagini scattate con il telescopio Uk Schmidt in Australia, i globuli cometari sono rimasti a lungo inosservati dagli astronomi perché molto deboli. Le loro code, avvolte da scura polvere stellare, bloccano la maggior parte della luce. Ma con il suo speciale filtro H-alfa, DeCam è stata in grado di cogliere il debole bagliore rosso dell’idrogeno ionizzato presente all’interno della testa di Cg 4 e intorno al suo bordo esterno. Questa luce si produce quando l’idrogeno si eccita dopo essere stato bombardato dalle radiazioni delle stelle calde e massicce vicine. L’intensa radiazione generata da queste stelle massicce sta gradualmente distruggendo la testa del globulo e spazzando via le minuscole particelle che disperdono la luce stellare. Tuttavia, Cg 4 contiene abbastanza gas per alimentare la formazione attiva di diverse nuove stelle della dimensione del Sole.

In questo primo piano, sembra che Cg 4 stia per divorare la galassia a spirale Eso 257-19 (Pgc 21338). In realtà, questa galassia si trova a più di cento milioni di anni luce da Cg 4 e sembra esserle vicina solo per un allineamento prospettico. Vicino alla testa del globulo cometario si trovano due giovani oggetti stellari: stelle nella fase iniziale della loro evoluzione, prima di diventare stelle di sequenza principale, che spesso presentano caratteristiche come getti, flussi bipolari, dischi protoplanetari e altri indicatori della nascita di una nuova stella. Crediti: Ctio/NoirLab/Doe/Nsf/Aura, T.A. Rector (University of Alaska Anchorage/Nsf’s NoirLab), D. de Martin & M. Zamani (Nsf’s NoirLab) Sebbene gli astronomi abbiano osservato queste strutture in tutta la Via Lattea, la stragrande maggioranza di esse, compresa Cg 4, si trova all’interno di un’enorme macchia di gas incandescente chiamata Nebulosa di Gum, un probabile resto di supernova esplosa circa un milione di anni fa. Attualmente, la Nebulosa di Gum è nota per contenere almeno 31 globuli cometari, oltre a Cg 4. Il meccanismo con cui questi oggetti assumono la loro forma distintiva non è del tutto noto, ma gli astronomi hanno sviluppato due idee sulle loro origini. La prima è che potrebbero essere state originariamente delle nebulose sferiche – come la ben nota Nebulosa Anello – successivamente sconvolte dall’esplosione di una supernova vicina, forse la stessa che ha creato la Nebulosa di Gum. La seconda idea è che i globuli cometari siano modellati da una combinazione di venti stellari e dalla pressione delle radiazioni provenienti dalle vicine stelle calde e massicce. In effetti, tutti i globuli cometari trovati all’interno della Nebulosa di Gum sembrano avere code che puntano lontano dal centro della nebulosa, dove si trovano il resto della supernova Vela e la pulsar Vela. Quindi è possibile che i venti stellari della pulsar e la pressione delle radiazioni stiano modellando i globuli vicini. La Mano di Dio, un globulo cometario forgiato da una pulsar, immortalato dalla Dark Energy Camera Read the full article
#DarkEnergyCamera#DECam#globulidiBok#globulocometario#ManodiDio#NebulosaAnello#NebulosadiGum#NoirLab#pulsardellevele
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Supermassive black holes exist at the center of most galaxies, and modern telescopes continue to observe them at surprisingly early times in the universe's evolution. It's difficult to understand how these black holes were able to grow so big so rapidly. But with the discovery of a low-mass supermassive black hole feasting on material at an extreme rate, seen just 1.5 billion years after the Big Bang, astronomers now have valuable new insights into the mechanisms of rapidly growing black holes in the early universe. LID-568 was discovered by a cross-institutional team of astronomers led by International Gemini Observatory/NSF NOIRLab astronomer Hyewon Suh. They used the James Webb Space Telescope (JWST) to observe a sample of galaxies from the Chandra X-ray Observatory's COSMOS legacy survey.
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