#Museo Bassi Abano Terme
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DONNA MUSA ARTISTA. Ritratti di Cesare Tallone tra Otto e Novecento
Cesare Tallone (1853 – 1919) è stato un artista di grande successo, ritrattista della Regina Margherita e fondatore di una delle prime scuole di pittura femminili.
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Eve Arnold – Tutto sulle donne
di Cristina Sartorello
-- La Casa-Museo Villa Bassi di Abano Terme, dedica alla fotografa Eve Arnold un’ampia retrospettiva, interamente centrata sui suoi celebri ed originali ritratti femminili. Quella proposta in Villa Bassi, dal Comune di Abano Terme–Assessorato alla Cultura, da Suasez e da Magnum Photos, con la curatela di Marco Minuz, è la prima retrospettiva italiana su questo tema dedicata alla grande fotografa statunitense.
© Eve Arnold, "Modelle, Harlem New York, 1950" Magnum Photos
Eve Arnold, nata Cohen, figlia di un rabbino emigrato dalla Russia in America, contende ad Inge Morath, di cui abbiamo visto le opere nella mostra a Treviso alla Casa dei Carraresi, sempre a cura di Marco Minuz, il primato di prima fotografa donna ad essere entrata a far parte della Magnum. Furono infatti loro due le prime fotografe ad essere ammesse a pieno titolo nell’agenzia parigina fondata da Robert Capa nel 1947. Un’agenzia, prima di loro, riservata solo ai grandi fotografi uomini come Henri Cartier Bresson o Werner Bischof.
Nel 1951 Henri Cartier–Bresson chiamò Eve Arnold in Magnum, colpito dagli scatti newyorkesi della fotografa: erano immagini di sfilate nel quartiere afroamericano di Harlem a New York; quelle stesse immagini, rifiutate in America per essere troppo “scandalose”, vennero pubblicate dalla rivista inglese Picture Post.
Nel 1952 Eve Arnold si trasferisce con la famiglia a Long Island dove realizza uno dei reportage più toccanti della sua carriera: "A baby's first five minutes", raccontando i primi cinque minuti di vita dei piccoli nati al Mother Hospital di Port Jefferson; era stata lei stessa povera ed ha voluto documentare la povertà, aveva perso un figlio ed era ossessionata dal parto, inoltre era interessata alla politica e voleva sapere come influenzava le nostre vita.
© Eve Arnold, da "A baby's first five minutes, Long Island 1959" /Magnum Photos
Nel 1956 si reca con un’amica psicologa ad Haiti per documentare i segreti delle pratiche Voodoo.
Chiamata a sostituire il fotografo Ernst Haas per un reportage su Marlene Dietrich, inizia la frequentazione con le celebrities di Hollywood e con lo star system americano. Nel 1950 l’incontro con Marilyn Monroe fu iniziò di un profondo sodalizio interrotto solo dalla morte dell’attrice. Per il suo obiettivo Joan Crawford ha svelato i segreti della sua magica bellezza. Nel 1960 documenta le riprese del celebre film ”The Misfits” (gli spostati) con gli attori Marilyn Monroe, Clark Gable e Montgomery Clift, John Houston alla regìa e con sceneggiatura di Arthur Miller, allora marito di Marylin ed in seguito, dopo il divorzio, marito proprio di Inge Morath che sicuramente Eve Arnold aveva incontrato e conosciuta in Magnum come testimonia una mostra tenuta tempo fa in Giappone.
La Morath è uno dei nove fotografi a documentare la realizzazione dell’ultimo film completato dalla diva, che arrivava sempre in ritardo sul set accompagnata dal suo astrologo: tutti gli scatti realizzati dalla fotografa sono stati poi pubblicati nel fotolibro “An Appreciation” del 1987.
Nell’arco di dieci anni ed in sei diverse occasioni, Eve farà per Marylin un centinaio di ritratti molto diversi tra loro, per tono ed atmosfera, riuscendo a cogliere così le diverse anime dell’attrice americana.
Trasferitasi a Londra nel 1962, Eve Arnold continua a lavorare con e per le stelle del cinema ma si dedica anche ai reportage di viaggio in molti Paesi del Medio ed Estremo Oriente tra i quali Afghanistan, Cina e Mongolia.
© Eve Arnold, da "China/Mongolia, Hsishuang Panna" /Magnum Photos
Tra il 1969 e il 1971 realizza il progetto “Dietro al velo”, che diventa anche un documentario, testimonianza della condizione della donna in Medio Oriente.
Che si tratti delle donne afroamericane del ghetto di Harlem, dell’iconica Marilyn Monroe, di Marlene Dietrich o delle donne nell’Afghanistan del 1969, poco cambia. L’intensità e la potenza espressiva degli scatti di Eve Arnold raggiungono sempre livelli di straordinarietà. La fotografa americana ha sempre messo la sua sensibilità femminile al servizio di un mestiere troppo a lungo precluso alle donne e al quale ha saputo dare un valore aggiunto del tutto personale.
«Paradossalmente penso che il fotografo debba essere un dilettante nel cuore, qualcuno che ama il mestiere. Deve avere una costituzione sana, uno stomaco forte, una volontà distinta, riflessi pronti e un senso di avventura. Ed essere pronto a correre dei rischi». Così Eve Arnold definisce la figura del fotografo. Benché il suo lavoro sia testimonianza di una lotta per uscire dalla definizione limitante di “fotografa donna”, la sua fortuna fu proprio quella capacità di farsi interprete della femminilità, come “donna fra le donne”.
© Eve Arnold, da "Afghanistan, 1969" /Magnum Photos
La Arnorld disse: “Mi sono trovata nella condizione privilegiata di fotografare qualcuno che, in un primo momento pensavo avesse un dono per l’obiettivo, ma che si è poi rivelato un vero e proprio talento; ai miei occhi nessuno è ordinario o straordinario, vedo semplicemente persone davanti al mio obiettivo”.
Questa donna, morta a 99 anni, è stata una fotografa nel mondo delle donne, provata dalla vita, subendo la forte discriminazione di essere ebrea, dell’essere donna in un mondo prettamente maschile, in un mestiere al maschile, spinta continuamente a conoscere nuove realtà poiché la curiosità era il suo motore, la curiosità della vita, che la portò a pubblicare 16 libri fotografici, a conoscere i grandi del mondo. Fu insignita di importanti onorificenze, ma lei preferì la gente comune, per cui decise di donare all’Università di Yale, per i giovani studenti di fotografia, come ultimo atto di altruismo, il suo enorme archivio fotografico.
“Sono una donna e volevo conoscere le donne”.
a dx © Eve Arnold, "Egyptian Woman, Valley of the Kings, 1970" /Magnum Photos
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La mostra è visitabile ad Abano Terme (Padova) fino all’8 dicembre 2019 a Villa Bassi in via Appia Monterosso, 52, il giovedì, venerdì, sabato e domenica pomeriggio dalle ore 16.00 alle 19.00, e la domenica anche di mattina dalle ore 10.00 alle 12.30, con un unico biglietto di ingresso - € 11,00 intero ed € 8,00 ridotto - al Museo ed alla Mostra (non si possono dividere le due cose perché la mostra si sviluppa anche all’interno del Museo oltre che nell’ipogeo).
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Museo Villa Bassi, Abano Terme, Una splendida cornice per Eve Arnold . #museovillabassi #evearnold #curvacontinua (presso Abano Terme) https://www.instagram.com/p/B61HNsYo_kR/?igshid=qm5thiyxy94t
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Ad Abano Terme (Pd), presso la Casa Museo Villa Bassi, dal 17 Maggio all’ 08 Dicembre 2019 verrà presentata la mostra fotografica di Eve Arnold ‘Tutto sulle donne‘, a cura di Marco Minuz. http://incircolarte.it/tutto-sulle-donne/
Marilyn Monroe, Hollywood, USA, 1960 © Eve Arnold / Magnum Photos
Marlene Dietrich at Columbia records studios, New York, USA, 1952 © Eve Arnold / Magnum Photos
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La fotografia “senza guerra” di Robert Capa in mostra ad Abano Terme
di Carlo Maccà
--- Fra i Santuari della Fotografia, che su questo sito avevamo cominciato ad visitare insieme qualche anno fa (visite purtroppo interrotte dalla pandemia), è certamente da collocare il Museo Villa Bassi di Abano Terme. Qui sale e salette dello spazioso seminterrato sono destinate a importanti mostre di fotografia, che si espandono anche ai piani superiori negli spazi non occupati stabilmente dalla collezione Bassi-Rathgeb di pitture e oggetti d’arte.
Santuario che esige dai devoti alla Santa Fotografia almeno un pellegrinaggio all’anno. Pellegrinaggio, peraltro, assai meno gravoso di altri più carichi di indulgenze, ma che possono richiedere, per esempio: lungo avvicinamento al sito, superamento di ponti, attraversamento di calli, lenta navigazione su mezzi affollati, e infine arrivo già troppo stanchi per un pieno godimento della mostra; nell’attesa poi d’un rinnovo delle pene del Purgatorio al ritorno. In pratica l’impegno di un’intera giornata, lecito solo a chi non ha superato una certa età. Villa Bassi ha l’enorme vantaggio di essere situata in un ambiente arioso nell’immediata periferia di Abano, da un lato vicinissimo al centro abitato e raggiungibile senza fatica anche a piedi dalla zona termale, dall’altro servito a pochi passi da un parcheggio per le auto, a sua volta vicino al percorso stradale di avvicinamento alla località.
Le mostre fotografiche a Villa Bassi s’avvalgono dell’appoggio di fondazioni e di enti di gran nome, come la Fondazione Magnum, che nel 2019 ha messo a disposizione il fondo Eve Arnold, e ora il fondo Robert Capa. La mostra attuale, aperta fino al 5 giugno, s’intitola Robert Capa. Fotografie oltre la guerra (http//www.museovillabassiabano.it/project/ro), e si presta ad una ideale integrazione di altre mostre sullo stesso autore non lontane nel tempo e nei luoghi, da quella di Bassano (2018, con reportages di guerra e ritratti di personalità) a quella da poco conclusa a Modena (dove si potevano godere i meno noti scatti a colori). Abano propone immagini monocromatiche dei reportages più pacifici, a dimostrazione che i drammi bellici non esaurivano l’interesse, l’impegno e l’abilità documentaria di Capa.
Tralasciando il percorso materiale della visita, condizionato dalla struttura dell’ambiente museale, ma comunque agevole e godibile, sarà più utile a invogliare una visita un breve excursus cronologico sui principali temi esibiti.
Non poteva mancare una immagine del suo primo servizio – un comizio di Trotskij - commissionato nel 1932 a Endre Ernő, quando non era ancora Robert, dallo studio fotografico berlinese per cui lavorava.
Nel 1939, dopo la guerra civile spagnola (e la morte di Gerda Taro che documentava la ritirata dell’esercito Repubblicano) Capa realizzò un servizio al seguito del 33mo Tour de France (assenti i nostri ciclisti, fra i quali Gino Bartali che l’aveva vinto l’anno precedente, per decisione del governo italiano perché la Francia ospitava i Repubblicani fuggiaschi dalla Spagna dopo la sconfitta).
Più che la corsa, a Capa interessa la vita che la contorna. Nella foto a sinistra dell’immagine qui sopra, una squadra di ciclisti si rifocilla mentre il direttore sportivo li conciona (per chi è troppo giovane e immagina le macchine al seguito cariche delle bici di ricambio: attorcigliato attorno alle spalle del ciclista più vicino si vede un tubolare di ricambio fai-da-te in caso di foratura); in quella a destra, abluzioni con secchi d'acqua dopo l’arrivo. Fra le altre immagini del servizio, una spiritosa coppia di foto mostra uno stesso gruppo di tifosi che, tutti insieme, si sporgono dal marciapiede prima in un verso per vedere i corridori che sopraggiungono e poi nell’altro verso mentre si allontanano.
In una saletta, uniche immagini di guerra (noblesse oblige, non se ne poteva fare a meno) sono esposti tre degli 11 scatti - “i magnifici 11” - emersi dallo sbarco in Normandia del 1944: tuttavia, per le loro peculiari composizioni e le grandi dimensioni delle stampe, sembrano evidenziare quasi più le valenze grafiche che quelle drammatiche.
Un’intera sezione è dedicata ai servizi fotografici e cinematografici (schermo TV sulla destra della foto seguente) degli anni 1948-1950 sui primi anni di vita dello stato di Israele.
Capa mostra una particolare sensibilità e condivisione per i problemi psicologici creati della destinazione d’ufficio dei nuovi immigrati – “i pastori, i calzolai, i rabbini, gli studenti” - soprattutto quando si tratta di collocarli in un Kibbutz. Didascalie traducono domande e risposte dei vari soggetti: un artigiano: “Vuole un lavoro in una grande città. È il tipo di vita alla quale è abituato”; una signora non anziana: “Cosa posso fare se mio marito vuole lavorare ad Haifa?”. Oppure, con uno studente che vuole proseguire subito nella carriera scolastica: “Le lezioni sono in ebraico, non capirebbe” - “Bene, però non tutti si possono adattare, non è il mio caso” - “Le daranno più di quanto lei possa offrire loro, le insegneranno l’ebraico …… e quando sarà pronto per l’università, la lasceranno andare …… prenda una decisione e torni”.
Ai piani superiori, un ampio settore raccoglie fotografie di scene cinematografiche riprese in Francia e in Italia dalla fine degli anni ’40 in poi, appese con suggestivi effetti sullo sfondo di antichi affreschi, già offesi dai colpi di scalpello inferti in altre epoche per fare ben aderire alla parete un nuovo intonaco e recuperati qualche decennio fa con i restauri disposti dal Comune della città termale quando divenne proprietario della villa. Qui sotto, Riso Amaro, 1949:
E ancora, Ingrid Bergman, attrice e amante di Robert, in Arco di Trionfo.
La guerra; Robert Capa non l’amava:
“Spero di restare disoccupato come fotografo di guerra”. Speranza delusa fino alla sua fine, decisa da una mina antiuomo esplosa sotto il suo piede sul terrapieno accanto alla strada sul quale era salito per aggiustare l’inquadratura. ”Se la tua foto non vale, è perché eri troppo lontano”.
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Postilla: quando si parla di “mostri sacri”, è difficile riuscire a scansare luoghi comuni e retorica, anche se ci si compiace di non copiarli, come invece sembra sia consuetudine, dai comunicati stampa.
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