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#Morti 17 ottobre
perfettamentechic · 11 months
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17 ottobre … ricordiamo …
17 ottobre … ricordiamo … #semprevivineiricordi #nomidaricordare #personaggiimportanti #perfettamentechic
2019: Bill Macy, nome vero Wolf Martin Garber, è stato un attore televisivo, cinematografico e teatrale americano, meglio conosciuto per il suo ruolo nella serie televisiva Maude. (n. 1922) 2017: Danielle Darrieux, all’anagrafe Danielle Yvonne Marie Antoinette Darrieux, è stata un’attrice francese, attiva dagli anni trenta.  (n. 1917) 2015: Danièle Delorme, all’anagrafe Danièle Girard, è stata…
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gregor-samsung · 11 months
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" Domenica 17 ottobre 1993
Cara Mimmy, ieri i nostri «amici su in collina» ci hanno rammentato che sono sempre là, e che possono uccidere, ferire, distruggerci… Ieri è stata davvero una giornata spaventosa. 590 bombe. Dalle 4,30 del mattino fino alla sera. Sei morti e cinquantasei feriti. Questo è il bilancio della giornata di ieri. Souk-bunar è stato il quartiere più preso di mira. Non abbiamo notizie della zia Melica. Dicono che metà delle case siano state sventrate. Siamo scesi in cantina. In quella fredda, buia, stupida cantina che odio con tutte le nostre speranze. Sembrava che non dovesse più accadere, che fosse la fine, che tutto sarebbe finito ben presto. CHE QUESTA STUPIDA GUERRA SAREBBE TERMINATA! Signore, perché rovinano tutto quello che abbiamo? A volte penso che sarebbe meglio se continuassero a bombardare; eviteremmo 'così di dover fare la terribile fatica di riabituarci. Si tira un attimo il fiato, e poi tutto RICOMINCIA. Sono convinta che non finirà mai. Alcuni non vogliono che finisca, gente malvagia che odia i bambini e la gente come noi. Continuo a pensare che siamo da soli in questo inferno, che nessuno pensa a noi, che nessuno ci sta dando una mano. Invece ci sono delle persone che pensano a noi e a cui noi stiamo a cuore. Ieri la troupe della televisione canadese è venuta insieme a Janine per vedere se eravamo riusciti a sopravvivere a quei folli bombardamenti. Un gesto gentile. Umano. E quando abbiamo visto che Janine era venuta con un sacco di provviste, siamo scoppiati a piangere. C'era anche Alexandra. Le persone umane si preoccupano di noi, pensano a noi, quelle disumane ci vogliono distruggere. Perché? Mi chiedo in continuazione: perché? Noi non abbiamo fatto niente. Siamo innocenti, ma impotenti! Zlata "
Zlata Filipović, Diario di Zlata. Una bambina racconta Sarajevo (traduzione di Raffaella Cardillo e Maria Teresa Cattaneo), Rizzoli, 1994¹; pp. 165-166.
[Edizione originale: Le journal de Zlata, Fixot et éditions Robert Laffont, S.A., Paris, 1993]
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silenziodorato · 9 months
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Volete le fonti attendibili come tutti noi ma non salteranno MAI fuori che i malori improvvisi in netto aumento sono dovuti al vaccino perché si scatenerebbe il disastro da parte di chi si è inoculato. I vaccinati non fanno altro che smentire ogni nostra supposizione o teoria perché hanno paura di riconoscere che abbiamo ragione e che potrebbero essere i prossimi sulle epigrafi. Ci sta.
Comunque a quello che mi ha dato del ritardato ricambio il complimento. Dire novax solo perché ho scelto di non farmi inoculare qualcosa che è stato pronto in pochi mesi significa semplicemente che non mi sono fidato di QUESTO vaccino ma ho fatto benissimo tutti gli altri compreso antinfluenzale. Capra.
E molti sono esattamente nella mia situazione, non ci hanno visto chiaro durante la "pandemia" e vedere virologi e presunti esperti dire uno il contrario dell'altro in tv non ha fatto che alimentare i nostri dubbi.
I siti comunque dove puoi trovare fonti attendibili sono: pickline, disinformazione.it, guarda fuori dal coro che almeno loro la verità non hanno paura di dirla, la Dottoressa Barbara Balanzoni che nonostante sia stata radiata per il suo coraggio lei continua a dire la verità, vedi Montagner che aveva detto che sarebbero morti molti vaccinati, il paragone, la verità, ecc.. le fonti ci sono ma avete bisogno di credere solo a quelli che condividono il vostro stesso pensiero per non aver paura.
In ogni caso i vaccini ad mRNA saranno stati studiati da 20 anni ma preparare un vaccino in neanche un anno contro qualcosa che neanche si sapeva bene come agiva o si diffondeva è assurdo.
E hanno cambiato parecchie versioni sul magico vaccino. Prima immunizzava e poi no, prima era sicuro e poi rischi miocarditi o pericardite o addirittura di rimanerci secco, prima non contagiavi e ora contagi, prima non prendevi il covid e poi si, prima non finivi in ospedale e poi basta vedere che molti in terapia intensiva o con danni da vaccino sono proprio i cretini che ci hanno creduto. Se invece di curare con Tachipirina e vigile attesa avessero CURATO non sarebbe servito il vaccino ammazzatutti. Io non so cosa hai visto tu in ospedale mentre facevi il tuo tirocinio ma di certo il covid non era mortale. Dimostrami che non c'è un aumento di malori improvvisi e decessi e dammi tu le fonti attendibili se sostieni che io non stia ragionando correttamente.
Caro anonimo, buonasera.
Mi hai scritto un messaggio davvero lungo, perciò, cerco di rispondere.
La prima cosa che dici è che le fonti attendibili e scientifiche che ti ho richiesto non le hai e non ci sono “perché si scatenerebbe il disastro da parte di chi si è inoculato.” Ora, io tralascio volontariamente l’assurdità di questa affermazione perché chi si è vaccinato ha scelto di farlo e, inoltre, ti ripeto per la millesima volta che non ci sono questi malori e questi effetti indesiderati di cui parli. Vorrei direttamente passare alla parte in cui citi “disinformazione.it” e “pickline”, ma hey aspetta non avevi detto che non hai fonti perché si scatenerebbe un disastro? E questi siti cosa sono? Te lo dico io, fonti.
Disinformazione.it non ne parlo perché manco serve sprecarci parole
Pickline (anche qui boh) ha degli articoli sulle vaccinazioni covid. In un articolo risalente al 17 settembre 2023 viene detto in breve che due milioni di euro sono stati sprecati perché il covid cambia nel tempo e dunque certe dosi non erano più funzionali: che questo sia vero o no, se io ho del cibo scaduto lo butto anche se l’ho pagato, non è che lo mangio lo stesso e mi faccio venire un’intossicazione alimentare perché non posso sprecare soldi. Poi c’è un articolo del 31 ottobre 2023 sulle morti improvvise che dice che due giovani di 13 e 22 sono morti improvvisamente e c’è scritto che i cittadini si chiedono se “esiste un legame tra le morti improvvise, i danni al cuore, le pericarditi silenti, fattori genetici, malattie infettive pregresse e non, Covid incluso, eventuali vaccini effettuati”. Va bene, ci sono le parole “covid” e “vaccini” ma, se hai mai fatto una comprensione del testo più o meno verso le elementari, potrai vedere anche tu che questa è una domanda NON risposta da nessun medico o scienziato e SENZA basi scientifiche. Più o meno è come fare un articolo dicendo “molti cittadini si chiedono se gli unicorni esistano.” Eh, sono felice che se lo chiedano, ma la risposta? Non c’è, fine. E non c’è perché Non. Ci. Sono. Basi. Scientifiche. Non. Ci. Sono. Dati. Oggettivi. E. reali.
Altro articolo, il 5 agosto 2023, tornando indietro. Parla delle “morti sospette” dopo il vaccino del Covid e l’accesso ai dati su queste morti. In pratica sto articolo vuole dire che il ministero ha dei dati che non vuole fornire sulle morti avvenute entro 14 giorni dal vaccino e secondo questi no vax (perché questo sono) praticamente il ministero non fornisce questi dati perché le morti sono dovute al vaccino. Ovviamente, come tutti gli articoli dei no vax, è tutto infondato e basato sul nulla, proprio come l’unicorno di cui parlavo prima. A volte bisognerebbe ripassare il metodo scientifico. O forse no perché spoiler: non siete e non siamo tutti scienziati, anche se dopo il covid ha iniziato ad andare di moda.
Poi citi gente che è inutile commentare, insulti l’anonimo che ti ha insultato quindi sostanzialmente lo ripaghi con la stessa moneta, successivamente dici di non essere novax dopo avere detto TUTTE le argomentazioni dei novax, avere inoltrato articoli basati sull’aria fritta e su robe novax, e dopo avere detto testuali parole: “In ogni caso i vaccini ad mRNA saranno stati studiati da 20 anni ma preparare un vaccino in neanche un anno contro qualcosa che neanche si sapeva bene come agiva o si diffondeva è assurdo.”
Su questa mi ci voglio soffermare, non solo perché è letteralmente la frase standard dei novax, ma anche perché fa morire dal ridere la contraddizione interna che c’è. Praticamente dici che i vaccini a mRNA saranno pure studiati da 20 anni ma il vaccino è stato preparato in un anno. Prontoo? Parlo con le tue sinapsi? Ci siete? Se una cosa è studiata da 20 anni, ossia 240 mesi, non è preparata in un anno, ma come te lo devi dire? Can we try in english? Ad ogni modo, ti invito NUOVAMENTE a dirmi cos’è l’mRNA, perché continui a parlare “di roba che c’è dentro al vaccino” eppure non mi sai spiegare cosa c’è. Sei contro a una cosa che non sai cos’è sostanzialmente e ti arrabbi che noi che sappiamo cosa c’è perché lo studiamo siamo pro.
Le versioni sul vaccino non sono cambiate, l’idea di base è sempre stata quella, mio caro anonimo, fare un vaccino ad mRNA. Il virus è ciò che cambia, perché ci sono tante varianti, dunque bisogna starci dietro. Al giorno d’oggi il Covid è così, come dite voi “una semplice influenza” proprio grazie al vaccino, ma se avessi un minimo di conoscenza scientifica e non leggessi novax.sonocontroilvaccinosenzamotivo.it lo sapresti.
E ora delle VERE FONTI ATTENDIBILI
https://www.istat.it/it/files//2022/03/Report_ISS_ISTAT_2022_tab3.pdf dove puoi vedere grafici e statistiche dell’Istat sulle vaccinazioni che hanno diminuito i decessi (conoscendoti, non credi manco all’Istat, è sicuramente un complotto)
https://www.salute.gov.it/portale/vaccinazioni/archivioFakeNewsVaccinazioni.jsp
https://www.salute.gov.it/portale/vaccinazioni/archivioFakeNewsVaccinazioni.jsp
Infine parliamo di te, che mi hai scritto nel messaggio che pubblicherò dopo questo che mi sono ammutolita perché non so cosa dire, che mi hai fornito fonti e sono sparita. Eccomi, caro anonimo, ci metto la faccia e ci metto le conoscenze scientifiche, tu cosa ci hai messo?
Ps. Quando parli di “noi”, inevitabilmente parli dei novax, di cui fai parte, pur dicendo di non farne parte. Almeno accetta la parte in cui hai scelto di essere.
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ciclistasingolo · 1 year
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SABRAESHATILA.“Celodisserolemosche”
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17 set 2020
Fisk, Israele, libano, Palestina, Sabra, Sharon, shatila
by Redazione
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Vogliamo ricordare Robert Fisk, scomparso il 30 ottobre, riproponendovi l’articolo che il grande giornalista scrisse quando tra i primi ad arrivare nei campi profughi di Sabra e Shatila a Beirut dopo il massacro di migliaia di palestinesi nel settembre del 1982
di Robert Fisk – settembre 1982
Roma, 17 settembre 2020 Nena News – “Furono le mosche a farcelo capire. Erano milioni e il loro ronzio era eloquente quasi quanto l’odore. Grosse come mosconi, all’inizio ci coprirono completamente, ignare della differenza tra vivi e morti. Se stavamo fermi a scrivere, si insediavano come un esercito – a legioni – sulla superficie bianca dei nostri taccuini, sulle mani, le braccia, le facce, sempre concentrandosi intorno agli occhi e alla bocca, spostandosi da un corpo all’altro, dai molti morti ai pochi vivi, da cadavere a giornalista, con i corpicini verdi, palpitanti di eccitazione quando trovavano carne fresca sulla quale fermarsi a banchettare.
Se non ci muovevamo abbastanza velocemente, ci pungevano. Perlopiù giravano intorno alle nostre teste in una nuvola grigia, in attesa che assumessimo la generosa immobilità dei morti. Erano servizievoli quelle mosche, costituivano il nostro unico legame fisico con le vittime che ci erano intorno, ricordandoci che c’è vita anche nella morte. Qualcuno ne trae profitto. Le mosche sono imparziali. Per loro non aveva nessuna importanza che quei corpi fossero stati vittime di uno sterminio di massa. Le mosche si sarebbero comportate nello stesso modo con un qualsiasi cadavere non sepolto. Senza dubbio, doveva essere stato così anche nei caldi pomeriggi durante la Peste nera.
All’inizio non usammo la parola massacro. Parlammo molto poco perché le mosche si avventavano infallibilmente sulle nostrae bocche. Per questo motivo ci tenevamo sopra un fazzoletto, poi ci coprimmo anche il naso perché le mosche si spostavano su tutta la faccia. Se a Sidone l’odore dei cadaveri era stato nauseante, il fetore di Shatila ci faceva vomitare. Lo sentivamo anche attraverso i fazzoletti più spessi. Dopo qualche minuto, anche noi cominciammo a puzzare di morto.
Erano dappertutto, nelle strade, nei vicoli, nei cortili e nelle stanze distrutte, sotto i mattoni crollati e sui cumuli di spazzatura. Gli assassini – i miliziani cristiani che Israele aveva lasciato entrare nei campi per «spazzare via i terroristi» – se n’erano appena andati. In alcuni casi il sangue a terra era ancora fresco. Dopo aver visto un centinaio di morti, smettemmo di contarli. In ogni vicolo c’erano cadaveri – donne, giovani, nonni e neonati – stesi uno accanto all’altro, in quantità assurda e terribile, dove erano stati accoltellati o uccisi con i mitra. In ogni corridoio tra le macerie trovavamo nuovi cadaveri. I pazienti di un ospedale palestinese erano scomparsi dopo che i miliziani avevano ordinato ai medici di andarsene. Dappertutto, trovavamo i segni di fosse comuni scavate in fretta. Probabilmente erano state massacrate mille persone; e poi forse altre cinquecento.
Mentre eravamo lì, davanti alle prove di quella barbarie, vedevamo gli israeliani che ci osservavano. Dalla cima di un grattacielo a ovest – il secondo palazzo del viale Camille Chamoun – li vedevamo che ci scrutavano con i loro binocoli da campo, spostandoli a destra e a sinistra sulle strade coperte di cadaveri, con le lenti che a volte brillavano al sole, mentre il loro sguardo si muoveva attraverso il campo. Loren Jenkins continuava a imprecare. Pensai che fosse il suo modo di controllare la nausea provocata da quel terribile fetore. Avevamo tutti voglia di vomitare. Stavamo respirando morte, inalando la putredine dei cadaveri ormai gonfi che ci circondavano. Jenkins capì subito che il ministro della Difesa israeliano avrebbe dovuto assumersi una parte della responsabilità di quell’orrore. «Sharon!» gridò. «Quello stronzo di Sharon! Questa è un’altra Deir Yassin.»
Quello che trovammo nel campo palestinese di Shatila alle dieci di mattina del 18 settembre 1982 non era indescrivibile, ma sarebbe stato più facile da raccontare nella fredda prosa scientifica di un esame medico. C’erano già stati massacri in Libano, ma raramente di quelle proporzioni e mai sotto gli occhi di un esercito regolare e presumibilmente disciplinato. Nell’odio e nel panico della battaglia, in quel paese erano state uccise decine di migliaia di persone. Ma quei civili, a centinaia, erano tutti disarmati. Era stato uno sterminio di massa, un’atrocità, un episodio – con quanta facilità usavamo la parola «episodio» in Libano – che andava ben oltre quella che in altre circostanze gli israeliani avrebbero definito una strage terroristica. Era stato un crimine di guerra.
Jenkins, Tveit e io eravamo talmente sopraffatti da ciò che avevamo trovato a Shatila che all’inizio non riuscivamo neanche a renderci conto di quanto fossimo sconvolti. Bill Foley dell’Ap era venuto con noi. Mentre giravamo per le strade, l’unica cosa che riusciva a dire era «Cristo santo!». Avremmo potuto accettare di trovare le tracce di qualche omicidio, una dozzina di persone uccise nel fervore della battaglia; ma nelle case c’erano donne stese con le gonne sollevate fino alla vita e le gambe aperte, bambini con la gola squarciata, file di ragazzi ai quali avevano sparato alle spalle dopo averli allineati lungo un muro. C’erano neonati – tutti anneriti perché erano stati uccisi più di ventiquattro ore prima e i loro corpicini erano già in stato di decomposizione – gettati sui cumuli di rifiuti accanto alle scatolette delle razioni dell’esercito americano, alle attrezzature mediche israeliane e alle bottiglie di whisky vuote.
Dov’erano gli assassini? O per usare il linguaggio degli israeliani, dov’erano i «terroristi»? Mentre andavamo a Shatila avevamo visto gli israeliani in cima ai palazzi del viale Camille Chamoun, ma non avevano cercato di fermarci. In effetti, eravamo andati prima al campo di Burj al-Barajne perché qualcuno ci aveva detto che c’era stato un massacro. Tutto quello che avevamo visto era un soldato libanese che inseguiva un ladro d’auto in una strada. Fu solo mentre stavamo tornando indietro e passavamo davanti all’entrata di Shatila che Jenkins decise di fermare la macchina. «Non mi piace questa storia» disse. «Dove sono finiti tutti? Che cavolo è quest’odore?»
Appena superato l’ingresso sud del campo, c’erano alcune case a un piano circondate da muri di cemento. Avevo fatto tante interviste in quelle casupole alla fine degli anni settanta. Quando varcammo la fangosa entrata di Shatila vedemmo che tutte quelle costruzioni erano state fatte saltare in aria con la dinamite. C’erano bossoli sparsi a terra sulla strada principale. Vidi diversi candelotti di traccianti israeliani, ancora attaccati ai loro minuscoli paracadute. Nugoli di mosche aleggiavano tra le macerie, branchi di predoni che avevano annusato la vittoria.
In fondo a un vicolo sulla nostra destra, a non più di cinquanta metri dall’entrata, trovammo un cumulo di cadaveri. Erano più di una dozzina, giovani con le braccia e le gambe aggrovigliate nell’agonia della morte. A tutti avevano sparato a bruciapelo, alla guancia: la pallottola aveva portato via una striscia di carne fino all’orecchio ed era poi entrata nel cervello. Alcuni avevano cicatrici nere o rosso vivo sul lato sinistro del collo. Uno era stato castrato, i pantaloni erano strappati sul davanti e un esercito di mosche banchettava sul suo intestino dilaniato.
Avevano tutti gli occhi aperti. Il più giovane avrà avuto dodici o tredici anni. Portavano jeans e camicie colorate, assurdamente aderenti ai corpi che avevano cominciato a gonfiarsi per il caldo. Non erano stati derubati. Su un polso annerito, un orologio svizzero segnava l’ora esatta e la lancetta dei minuti girava ancora, consumando inutilmente le ultime energie rimaste sul corpo defunto.
Dall’altro lato della strada principale, risalendo un sentiero coperto di macerie, trovammo i corpi di cinque donne e parecchi bambini. Le donne erano tutte di mezza età ed erano state gettate su un cumulo di rifiuti. Una era distesa sulla schiena, con il vestito strappato e la testa di una bambina che spuntava sotto il suo corpo. La bambina aveva i capelli corti, neri e ricci, dal viso corrucciato i suoi occhi ci fissavano. Era morta.
Un’altra bambina era stesa sulla strada come una bambola gettata via, con il vestitino bianco macchiato di fango e polvere. Non avrà avuto più di tre anni. La parte posteriore della testa era stata portata via dalla pallottola che le avevano sparato al cervello. Una delle donne stringeva a sé un minuscolo neonato. La pallottola attraversandone il petto aveva ucciso anche il bambino. Qualcuno le aveva squarciato la pancia in lungo e in largo, forse per uccidere un altro bambino non ancora nato. Aveva gli occhi spalancati, il volto scuro pietrificato dall’orrore.
Tveit cercò di registrare tutto su una cassetta, parlando lentamente in norvegese e in tono impassibile. «Ho trovato altri corpi, quelli di una donna con il suo bambino. Sono morti. Ci sono altre tre donne. Sono morte.»
Di tanto in tanto, premeva il bottone della pausa e si piegava per vomitare nel fango della strada. Mentre esploravamo un vicolo, Foley, Jenkins e io sentimmo il rumore di un cingolato. «Sono ancora qui» disse Jenkins e mi fissò. Erano ancora lì. Gli assassini erano ancora nel campo. La prima preoccupazione di Foley fu che i miliziani cristiani potessero portargli via il rullino, l’unica prova – per quanto ne sapesse – di quello che era successo. Cominciò a correre lungo il vicolo.
Io e Jenkins avevamo paure più sinistre. Se gli assassini erano ancora nel campo, avrebbero voluto eliminare i testimoni piuttosto che le prove fotografiche. Vedemmo una porta di metallo marrone socchiusa; l’aprimmo e ci precipitammo nel cortile, chiudendola subito dietro di noi. Sentimmo il veicolo che si addentrava nella strada accanto, con i cingoli che sferragliavano sul cemento. Jenkins e io ci guardammo spaventati e poi capimmo che non eravamo soli. Sentimmo la presenza di un altro essere umano. Era lì vicino a noi, una bella ragazza distesa sulla schiena.
Era sdraiata lì come se stesse prendendo il sole, il sangue ancora umido le scendeva lungo la schiena. Gli assassini se n’erano appena andati. E lei era lì, con i piedi uniti, le braccia spalancate, come se avesse visto il suo salvatore. Il viso era sereno, gli occhi chiusi, era una bella donna, e intorno alla sua testa c’era una strana aureola: sopra di lei passava un filo per stendere la biancheria e pantaloni da bambino e calzini erano appesi. Altri indumenti giacevano sparsi a terra. Quando gli assassini avevano fatto irruzione, probabilmente stava ancora stendendo il bucato della sua famiglia. E quando era caduta, le mollette che teneva in mano erano finite a terra formando un piccolo cerchio di legno attorno al suo capo.
Solo il minuscolo foro che aveva sul seno e la macchia che si stava man mano allargando indicavano che fosse morta. Perfino le mosche non l’avevano ancora trovata. Pensai che Jenkins stesse pregando, ma imprecava di nuovo e borbottava «Dio santo», tra una bestemmia e l’altra. Provai tanta pena per quella donna. Forse era più facile provare pietà per una persona giovane, così innocente, una persona il cui corpo non aveva ancora cominciato a marcire. Continuavo a guardare il suo volto, il modo ordinato in cui giaceva sotto il filo da bucato, quasi aspettandomi che aprisse gli occhi da un momento all’altro.
Probabilmente quando aveva sentito sparare nel campo era andata a nascondersi in casa. Doveva essere sfuggita all’attenzione dei miliziani fino a quella mattina. Poi era uscita in giardino, non aveva sentito nessuno sparo, aveva pensato che fosse tutto finito e aveva ripreso le sue attività quotidiane. Non poteva sapere quello che era successo. A un tratto qualcuno aveva aperto la porta, improvvisamente come avevamo fatto noi, e gli assassini erano entrati e l’avevano uccisa. Senza pensarci due volte. Poi se n’erano andati ed eravamo arrivati noi, forse soltanto un minuto o due dopo.
Rimanemmo in quel giardino ancora per un po’. Io e Jenkins eravamo spaventati. Come Tveit, che era momentaneamente scomparso, Jenkins era un sopravvissuto. Mi sentivo al sicuro con lui. I miliziani – gli assassini della ragazza – avevano violentato e accoltellato le donne di Shatila e sparato agli uomini, ma sospettavo che avrebbero esitato a uccidere Jenkins e l’americano avrebbe cercato di dissuaderli. «Andiamocene via di qui» disse, e ce ne andammo. Fece capolino in strada per primo, io lo seguii, chiudendo la porta molto piano perché non volevo disturbare la donna morta, addormentata, con la sua aureola di mollette da bucato.
Foley era tornato sulla strada vicino all’entrata del campo. Il cingolato era scomparso, anche se sentivo che si spostava sulla strada principale esterna, in direzione degli israeliani che ci stavano ancora osservando. Jenkins sentì Tveit urlare da dietro una catasta di cadaveri e lo persi di vista. Continuavamo a perderci di vista dietro i cumuli di cadaveri. Un attimo prima stavo parlando con Jenkins, un attimo dopo mi giravo e scoprivo che mi stavo rivolgendo a un ragazzo, riverso sul pilastro di una casa con le braccia penzoloni dietro la testa.
Sentivo le voci di Jenkins e Tveit a un centinaio di metri di distanza, dall’altra parte di una barricata coperta di terra e sabbia che era stata appena eretta da un bulldozer. Sarà stata alta più di tre metri e mi arrampicai con difficoltà su uno dei lati, con i piedi che scivolavano nel fango. Quando ormai ero arrivato quasi in cima persi l’equilibrio e per non cadere mi aggrappai a una pietra rosso scuro che sbucava dal terreno. Ma non era una pietra. Era viscida e calda e mi rimase appiccicata alla mano. Quando abbassai gli occhi vidi che mi ero attaccato a un gomito che sporgeva dalla terra, un triangolo di carne e ossa.
Lo lasciai subito andare, inorridito, pulendomi i resti di carne morta sui pantaloni, e finii di salire in cima alla barricata barcollando. Ma l’odore era terrificante e ai miei piedi c’era un volto al quale mancava metà bocca, che mi fissava. Una pallottola o un coltello gliel’avevano portata via, quello che restava era un nido di mosche. Cercai di non guardarlo. In lontananza, vedevo Jenkins e Tveit in piedi accanto ad altri cadaveri davanti a un muro, ma non potevo chiedere aiuto perché sapevo che se avessi aperto la bocca per gridare avrei vomitato.
Salii in cima alla barricata cercando disperatamente un punto che mi consentisse di saltare dall’altra parte. Ma non appena facevo un passo, la terra mi franava sotto i piedi. L’intero cumulo di fango si muoveva e tremava sotto il mio peso come se fosse elastico e, quando guardai giù di nuovo, vidi che solo uno strato sottile di sabbia copriva altre membra e altri volti. Mi accorsi che una grossa pietra era in realtà uno stomaco. Vidi la testa di un uomo, il seno nudo di una donna, il piede di un bambino. Stavo camminando su decine di cadaveri che si muovevano sotto i miei piedi.
I corpi erano stati sepolti da qualcuno in preda al panico. Erano stati spostati con un bulldozer al lato della strada. Anzi, quando sollevai lo sguardo vidi il bulldozer – con il posto di guida vuoto – parcheggiato con aria colpevole in fondo alla strada.
Mi sforzavo invano di non camminare sulle facce che erano sotto di me. Provavamo tutti un profondo rispetto per i morti, perfino lì e in quel momento. Continuavo a dirmi che quei cadaveri mostruosi non erano miei nemici, quei morti avrebbero approvato il fatto che fossi lì, avrebbero voluto che io, Jenkins e Tveit vedessimo tutto questo, e quindi non dovevo avere paura di loro. Ma non avevo mai visto tanti cadaveri in tutta la mia vita.
Saltai giù e corsi verso Jenkins e Tveit. Suppongo che stessi piagnucolando come uno scemo perché Jenkins si girò. Sorpreso. Ma appena aprii la bocca per parlare, entrarono le mosche. Le sputai fuori. Tveit vomitava. Stava guardando quelli che sembravano sacchi davanti a un basso muro di pietra. Erano tutti allineati, giovani uomini e ragazzi, stesi a faccia in giù. Gli avevano sparato alla schiena mentre erano appoggiati al muro e giacevano lì dov’erano caduti, una scena patetica e terribile.
Quel muro e il mucchio di cadaveri mi ricordavano qualcosa che avevo già visto. Solo più tardi mi sarei reso conto di quanto assomigliassero alle vecchie fotografie scattate nell’Europa occupata durante la Seconda guerra mondiale. Ci sarà stata una ventina di corpi. Alcuni nascosti da altri. Quando mi inchinai per guardarli più da vicino notai la stessa cicatrice scura sul lato sinistro del collo. Gli assassini dovevano aver marchiato i prigionieri da giustiziare in quel modo. Un taglio sulla gola con il coltello significava che l’uomo era un terrorista da giustiziare immediatamente. Mentre eravamo lì sentimmo un uomo gridare in arabo dall’altra parte delle macerie: «Stanno tornando». Così corremmo spaventati verso la strada. A ripensarci, probabilmente era la rabbia che ci impediva di andarcene, perché ci fermammo all’ingresso del campo per guardare in faccia alcuni responsabili di quello che era successo. Dovevano essere arrivati lì con il permesso degli israeliani. Dovevano essere stati armati da loro. Chiaramente quel lavoro era stato controllato – osservato attentamente – dagli israeliani, dagli stessi soldati che guardavano noi con i binocoli da campo.
Sentimmo un altro mezzo corazzato sferragliare dietro un muro a ovest – forse erano falangisti, forse israeliani – ma non apparve nessuno. Così proseguimmo. Era sempre la stessa scena. Nelle casupole di Shatila, quando i miliziani erano entrati dalla porta, le famiglie si erano rifugiate nelle camere da letto ed erano ancora tutti lì, accasciati sui materassi, spinti sotto le sedie, scaraventati sulle pentole. Molte donne erano state violentate, i loro vestiti giacevano sul pavimento, i corpi nudi gettati su quelli dei loro mariti o fratelli, adesso tutti neri di morte.
C’era un altro vicolo in fondo al campo dove un bulldozer aveva lasciato le sue tracce sul fango. Seguimmo quelle orme fino a quando non arrivammo a un centinaio di metri quadrati di terra appena arata. Sul terreno c’era un tappeto di mosche e anche lì si sentiva il solito, leggero, terribile odore dolciastro. Vedendo quel posto, sospettammo tutti di che cosa si trattasse, una fossa comune scavata in fretta. Notammo che le nostre scarpe cominciavano ad affondare nel terreno, che sembrava liquido, quasi acquoso e tornammo indietro verso il sentiero tracciato dal bulldozer, terrorizzati.
Un diplomatico norvegese – un collega di Ane-Karina Arveson ��� aveva percorso quella strada qualche ora prima e aveva visto un bulldozer con una decina di corpi nella pala, braccia e gambe che penzolavano fuori dalla cassa. Chi aveva ricoperto quella fossa con tanta solerzia? Chi aveva guidato il bulldozer? Avevamo una sola certezza: gli israeliani lo sapevano, lo avevano visto accadere, i loro alleati – i falangisti o i miliziani di Haddad – erano stati mandati a Shatila a commettere quello sterminio di massa. Era il più grave atto di terrorismo – il più grande per dimensioni e durata, commesso da persone che potevano vedere e toccare gli innocenti che stavano uccidendo – della storia recente del Medio Oriente.
Incredibilmente, c’erano alcuni sopravvissuti. Tre bambini piccoli ci chiamarono da un tetto e ci dissero che durante il massacro erano rimasti nascosti. Alcune donne in lacrime ci gridarono che i loro uomini erano stati uccisi. Tutti dissero che erano stati i miliziani di Haddad e i falangisti, descrissero accuratamente i diversi distintivi con l’albero di cedro delle due milizie.
Sulla strada principale c’erano altri corpi. «Quello era il mio vicino, il signor Nuri» mi gridò una donna. «Aveva novant’anni.» E lì sul marciapiede, sopra un cumulo di rifiuti, era disteso un uomo molto anziano con una sottile barba grigia e un piccolo berretto di lana ancora in testa. Un altro vecchio giaceva davanti a una porta in pigiama, assassinato qualche ora prima mentre cercava di scappare. Trovammo anche alcuni cavalli morti, tre grossi stalloni bianchi che erano stati uccisi con una scarica di mitra davanti a una casupola, uno di questi aveva uno zoccolo appoggiato al muro, forse aveva cercato di saltare per mettersi in salvo mentre i miliziani gli sparavano.
C’erano stati scontri nel campo. La strada vicino alla moschea di Sabra era diventata sdrucciolevole per quanto era coperta di bossoli e nastri di munizioni, alcuni dei quali erano di fattura sovietica, come quelli usati dai palestinesi. I pochi uomini che possedevano ancora un’arma avevano cercato di difendere le loro famiglie. Nessuno avrebbe mai conosciuto la loro storia. Quando si erano accorti che stavano massacrando il loro popolo? Come avevano fatto a combattere con così poche armi? In mezzo alla strada, davanti alla moschea, c’era un kalashnikov giocattolo di legno in scala ridotta, con la canna spezzata in due.
Camminammo in lungo e in largo per il campo, trovando ogni volta altri cadaveri, gettati nei fossi, appoggiati ai muri, allineati e uccisi a colpi di mitra. Cominciammo a riconoscere i corpi che avevamo già visto. Laggiù c’era la donna con la bambina in braccio, ecco di nuovo il signor Nuri, disteso sulla spazzatura al lato della strada. A un certo punto, guardai con attenzione la donna con la bambina perché mi sembrava quasi che si fosse mossa, che avesse assunto una posizione diversa. I morti cominciavano a diventare reali ai nostri occhi.
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paoloxl · 2 years
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17 ottobre 1977 la strage di Stammheim
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La notte tra il 17 e il 18 ottobre 1977 i militanti della RAF – Rote Armee Fraktion Andreas Baader, Gudrun Ensslin e Jan Carl Raspe furono trovati morti nella loro cella. Il primo ucciso da un colpo di pistola alla nuca, la seconda impiccata ad un filo elettrico, il terzo trovato in fin di vita in cella a causa di una botta in testa, morì il giorno seguente in ospedale.
Inolte Irmagard Moller, altra militante della RAF venne salvata in ospedale nonostante le gravissime ferite (quattro coltellate al petto). Il 5 settembre 1977 la RAF rapì a Colonia il presidente della confidustria tedesca, nazista, era stato gestore dell industrie di Boemia e Moravia ai tempi dell’occupazione nazista, Hans-Martin Schleyer. La RAF comunicò che l’ industriale sarebbe stato tenuto prigioniero fino alla liberazione dei sei detenuti a Stammheim. La reazione dello Stato tedesco fu dura, per legge, venne decretato il totale isolamento di tutti i militanti della RAF detenuti nelle carceri della Germania Federale. Il 9 maggio 1976 dopo anni di duro isolamento e di sciopero della fame collettivo dei mebri della RAF contro le condizioni inumane della loro detenzione Ulrike Meinhof fu trovata impiccata alle sbarre della cella.
Anche in questo caso la polizia e la direzione del carcere parlarono di suicidio collettivo, fu da subito evidente che non poteva trattarsi di un suicidio.
Sia perchè non era credibile che dei detenuti in regime di isolamento, che giornalmente venivano cambiati di cella e che erano sorvegliati a vista dai secondini, fossero riusciti a far entrare armi nel carcere e sia per le modalità con cui si sarebbero ammazzati. Il 19 ottobre con una lettera inviata al giornale francese Liberation, la RAF annunciò di aver posto fine, dopo 43 giorni, alla “miserabile e corrotta esistenza” di Hanns-Martin Schleyer.
Il giorno successivo la legge che imponeva l’isolamento per i militanti della RAF in galera fu revocata dal presidente tedesco.
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marcoleopa · 2 years
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Il memorabile intervento del senatore Roberto Scarpinato al Senato. Lo riportiamo integralmente. Da incorniciare
"Noi siamo le nostre scelte On.le Meloni, e lei ha scelto da tempo da che parte stare"
"Signora Presidente del Consiglio, il 22 ottobre scorso Lei e i suoi ministri avete prestato giuramento di fedeltà alla Costituzione.
Molti indici inducono a dubitare che tale giuramento sia stato sorretto da una convinta e totale condivisione dei valori della Costituzione e dell’impianto antifascista e democratico che ne costituisce l’asse portante.
Sono consapevole che nel corso della campagna elettorale, lei Signora Presidente ha testualmente dichiarato: “la destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia ormai da decenni, condannando senza ambiguità la privazione della democrazia e le infami leggi anti-ebraiche”.
Concetto che ha ribadito nelle sue dichiarazioni programmatiche.
Tuttavia lei sa bene che il fascismo non è stato solo un regime politico consegnato alla storia della prima metà del Novecento, ma è anche un’ideologia che è sopravvissuta al crollo della dittatura e all’avvento della Repubblica, assumendo le forme del neofascismo.
Un neofascismo che si è declinato anche nella costituzione di formazioni politiche variamente denominate che sin dai primi albori della Repubblica hanno chiamato a raccolta e hanno coagulato tutte le forze più reazionarie del paese per sabotare e sovvertire la Costituzione del 1948, anche con metodi violenti ed eversivi, non esitando ad allearsi in alcuni frangenti persino con la mafia.
Un neofascismo eversivo del nuovo ordine repubblicano che è stato coprotagonista della strategia della tensione attuata anche con una ininterrotta sequenza di stragi che non ha uguali nella storia di nessun altro paese europeo, e che ha vilmente falcidiato le vite di tanti cittadini innocenti, considerati carne da macello da sacrificare sull’altare dell’obiettivo politico di sabotare l’attuazione della Costituzione o peggio, di stravolgerla instaurando una repubblica presidenziale sull’onda dell’emergenza.
Ebbene non è a mio parere certamente indice di convinta adesione ai valori della Costituzione, la circostanza che Lei e la sua parte politica sino ad epoca recentissima abbiate significativamente eletto a figure di riferimento della vostra attività politica, alcuni personaggi che sono stati protagonisti del neofascismo e tra i più strenui nemici della nostra Costituzione.
Mi riferisco, ad esempio, a Pino Rauti, fondatore nel 1956 di Ordine Nuovo che non fu solo centro di cultura fascista, ma anche incubatore di idee messe poi in opera nella strategia della tensione da tanti soggetti, alcuni dei quali riconosciuti con sentenze definitive autori delle stragi neofasciste che hanno insanguinato il nostro paese, tra i quali, per citare solo alcuni esempi, mi limito a ricordare Franco Freda, Giovanni Ventura, Carlo Digilio, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tremonti, tutti gravitanti nell’area di Ordine Nuovo.
A proposito di padri nobili e di figure di riferimento, mi pare inquietante che il 14 aprile del 2022 il deputato di Fratelli di Italia Federico Mollicone abbia organizzato nella sala capitolare di questo Senato un convegno dedicato alla memoria del generale Gianadelio Maletti, capo del reparto controspionaggio del Sid negli anni ‘70, condannato con sentenza definitiva a 18 mesi di reclusione per favoreggiamento dei responsabili della strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 che causò 17 morti e 88 feriti e che diede avvio al periodo stragista della strategia della tensione.
Proprio i depistaggi delle indagini posti in essere in quella strage e in tante altre stragi da personaggi come il generale Maletti, hanno garantito sino ad oggi l’impunità di mandanti ed esecutori, segnando l’impotenza dello Stato italiano a rendere giustizia alle vittime e verità al Paese.
Ebbene il deputato Mollicone ha definito il generale Maletti come un “uomo dello Stato che ha sempre osservato l’appartenenza alla divisa”.
Dinanzi a simili affermazioni, viene da chiedersi, Presidente Meloni, quale sia l’idea di Stato della sua parte politica.
Lo Stato di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino, e di tante altre figure esemplari che hanno sacrificato le loro vite per difendere la nostra Costituzione, oppure lo Stato occulto di personaggi come Maletti, traditori della Costituzione, che hanno garantito l’impunità dei mandanti eccellenti di tante stragi e dato assistenza e copertura agli esecutori neofascisti?
E mi sembrano coerenti con il suo quadro di valori di ascendenza neofascista, antinomici a quelli costituzionali, alcune significative iniziative politiche da Lei assunte nel recente passato.
Mi riferisco, ad esempio, al suo sostegno nel 2018 alla proposta di legge di abolire la legge 25 giugno 1993, n. 205 (c.d. legge Mancino) che punisce con la reclusione chi pubblicamente esalta i metodi del fascismo e le sue finalità antidemocratiche.
E ancora, a proposito della incoerenza del suo quadro di valori con quelli costituzionali, mi pare significativa la sua proposta di abrogare il reato di tortura subito dopo che tale reato fu introdotto dal legislatore il 14 luglio 2017, a seguito della sentenza di condanna del nostro paese emessa dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo per le violenze ed i pestaggi posti in essere dalle Forze di Polizia alla Scuola Diaz in occasione del G8 svoltosi nel luglio del 2001 a Genova.
La sua parte politica definì testualmente tale nuovo reato “una infamia” e lei Presidente Meloni dichiarò che il reato di tortura impediva agli agenti di fare il proprio lavoro.
Ho citato tali precedenti perché sia chiaro che non bastano né la sua presa di distanza dal Fascismo storico, né la cortese e labiale condiscendenza del neo Presidente del Senato Ignazio La Russa al discorso di apertura dei lavori del nuovo Senato della senatrice Liliana Segre, vittima della violenza fascista, per dichiarare chiusi i conti con il passato ed inaugurare una stagione di riconciliazione nazionale, che sarà possibile solo se e quando questo paese avrà piena verità per le tutte le stragi del neofascismo e quando dal vostro Pantheon politico saranno definitivamente esclusi tutti coloro che a vario titolo si resero corresponsabili di una stagione di violenza politica che costituì l’occulta prosecuzione della violenza fascista nella storia repubblicana.
Un paese che rimuove il suo passato dietro la coltre della retorica, quella retorica di stato che Leonardo Sciascia definiva il sudario dietro il quale si celano le piaghe purulente della Nazione, è un paese di democrazia incompiuta e malata, sempre esposto al pericolo di rivivere il passato rimosso.
E a questo riguardo desta viva preoccupazione la volontà da Lei ribadita di volere mettere mano alla Costituzione per instaurare una repubblica presidenziale che in un paese di democrazia fragile ed incompiuta, in un paese nel quale non esiste purtroppo un sistema di valori condivisi, potrebbe rilevarsi un abile espediente per una torsione autoritaria del nostro sistema politico, per fare rivivere il vecchio sogno fascista dell’uomo solo al comando nella moderna forma della c.d. democratura o della democrazia illiberale.
I problemi irrisolti del passato si proiettano sul futuro anche sotto altri profili che hanno una rilevanza immediata.
Può una forza politica che si appresta a governare con simili ascendenze culturali, ampiamente condivise dalle altre forze politiche della maggioranza, Lega e Forza Italia, attuare politiche che pongano fine alla crescita delle disuguaglianze e della ingiustizia sociale che affligge il nostro paese?
La risposta è negativa.
Perché questa crescita delle disuguaglianze e della ingiustizia non è frutto di un destino cinico e baro, ma il risultato di scelte politiche a lungo praticate dall’establishment di potere di questo paese che ha surrettiziamente sostituto la tavola dei valori della Costituzione con la bibbia neoliberista, i cui principi antiegualitari e antisolidaristici sono ampiamente condivisi dal grande e piccolo padronato nazionale.
Lei signora Presidente e la sua maggioranza politica non siete l’alternativa all’ establishment.
Come attesta anche la composizione della sua squadra di governo e la crescente condiscendenza dei Palazzi del potere nei confronti del suo governo, siete piuttosto il suo ultimo travestimento che nella patria del Gattopardo consente al vecchio di celarsi dietro le maschere del nuovo, creando l’illusione del cambiamento.
Voi siete stati storicamente e resterete l’espressione degli interessi del padronato.
E quanto alla sua dichiarata intenzione di mantenere una linea di fermezza contro la mafia, mi auguro che tale fermezza sia tenuta anche nei confronti della pericolosa mafia dei colletti bianchi, che va a braccetto con la corruzione, anche se mi consenta di nutrire serie perplessità al riguardo tenuto conto che il suo governo si regge sui voti di una forza politica che ha tra i suoi soci fondatori un soggetto condannato con sentenza definitiva per collusione mafiosa che mai ha rinnegato il proprio passato, e che grazie al suo rapporto privilegiato con il leader del partito, continua a mantenere tutt’oggi una autorevolezza tale da consentirgli di dettare legge nelle strategie politiche in Sicilia.
Perplessità che si accrescono tenuto conto dell’intenzione anticipata dal neo Ministro delle Giustizia di tagliare le spese per le intercettazioni, strumenti indispensabili per le indagini in tale materia, di abrogare il reato di abuso di ufficio, e di dare corso ad una serie di iniziative che hanno tutte la caratteristica di limitare i poteri di indagine della magistratura nei confronti della criminalità dei colletti bianchi.
Noi siamo le nostre scelte On.le Meloni, e lei ha scelto da tempo da che parte stare.
Certamente non dalla parte degli ultimi, non dalla parte della Costituzione e dei suoi valori di eguaglianza e di giustizia sociale, non dalla parte dei martiri della Resistenza e di coloro che per la difesa della legalità costituzionale hanno sacrificato la propria vita."
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archivio-disattivato · 10 months
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Genocidio israelo-statunitense a Gaza: 62° giorno. Stragi efferate in aree ed edifici pieni di rifugiati. Bilancio attuale: 17.177 morti e oltre 46.000 feriti
Scritto il 07/12/2023 
Israele ha compiuto un nuovo, efferato massacro contro civili sfollati nella scuola di Aleppo, nei pressi dell’ospedale indonesiano, nel campo di Jabalya.
I soldati israeliani hanno giustiziato i cittadini e decine di corpi sono sparsi nel cortile della scuola.
I numero di morti accertati ha superato le 17.000.
23 palestinesi sono stati uccisi e decine di altri sono rimasti feriti, giovedì mattina, nei bombardamenti israeliani nella Striscia di Gaza.
Fonti locali hanno riferito che 17 palestinesi sono stati uccisi e decine di altri feriti, la maggior parte dei quali bambini e donne, in un attacco israeliano che ha preso di mira la casa della famiglia Al-Mashi, nel campo di Al-Maghazi, che ospitava sfollati. I bombardamenti hanno causato danni anche a una casa vicina.
Sei palestinesi sono stati uccisi e altri feriti nel bombardamento aereo di una casa nel campo di Shabura, a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza.
Gli aerei di occupazione hanno lanciato attacchi sulle case delle famiglie Asfura, Al-Najjar, ​​Abu Al-Asal e Awidah, in via Al-Nuzha e nelle vicinanze della Moschea Al-Khalifa.
L’artiglieria d’occupazione ha bombardato anche la scuola Abu Hussein, a Jabalya, nel nord della Striscia di Gaza, lasciando sul terreno numerosi morti e feriti.
I cittadini di Jabalya sono stati costretti a seppellire decine di cadaveri in una fossa comune all’interno del campo, con i continui bombardamenti israeliani e l’assedio da parte dei carri armati e dei cecchini dell’occupazione.
Nel sud della Striscia di Gaza, gli aerei dell’occupazione hanno continuato i loro attacchi sulle case dei cittadini e in varie parti della città di Khan Yunis, in concomitanza con l’intenso bombardamento della costa di Khan Yunis e Rafah da parte delle navi da guerra.
Gli aerei hanno bombardato terreni agricoli a Khirbet Al-Adas e una casa della famiglia Sadiq in strada Jalal, e hanno lanciato incursioni nelle vicinanze di strada 5 e nelle aree orientali di Khan Yunis.
Morti e feriti sono arrivati ​​all’ospedale Nasser di Khan Yunis in seguito al bombardamento aereo delle case dei cittadini a est della moschea Salah al-Din e del quartiere di al-Majaida nel centro di Khan Yunis.
A Deir al-Balah, nel centro della Striscia di Gaza, gli aerei di occupazione hanno bombardato una casa in strada Al-Baraka, hanno lanciato una serie di attacchi su Nuseirat, hanno bombardato una casa della famiglia Al-Sharif in strada Jaffa, nella città di Gaza, e lanciato una raffica di bombe di gas velenoso a est del quartiere di Sheikh Radwan, provocando soffocamento tra i cittadini.
Numerosi morti e feriti sono arrivati ​​all’ospedale dei martiri di Al-Aqsa a Deir Al-Balah.
Dallo scorso 7 ottobre, l’esercito di occupazione israeliano conduce una guerra devastante nella Striscia di Gaza, che fino a martedì sera ha provocato 16.300 morti, tra cui oltre 7.100 bambini e 4.885 donne, oltre a 43.700 feriti, oltre alla massiccia distruzione delle infrastrutture e una “catastrofe umanitaria senza precedenti”, secondo fonti ufficiali palestinesi e delle Nazioni Unite.
(Fonti: Quds Press, Quds News network, PIC, ministero della Salute di Gaza; credits foto e video: Quds News network, Quds Press, ministero della Salute di Gaza e singoli autori).
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I beduini di Israele vittime di Hamas. Ecco chi sono gli abitanti del deserto
Tra i 1400 cittadini israeliani uccisi da Hamas nell’attacco del 7 ottobre non ci sono stati soltanto ebrei, ma anche arabi: per l’esattezza 17 beduini. Altri beduini sono stati apparentemente presi con la forza da Hamas e portati a Gaza, dove adesso sono tenuti prigionieri, se sono ancora vivi, insieme agli altri 200 e passa ostaggi. Uno dei beduini morti nell’attacco di Hamas si chiamava Abd…
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lamilanomagazine · 11 months
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Alla Biblioteca Crocetta "Taffo: ironia della morte"
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Alla Biblioteca Crocetta "Taffo: ironia della morte" Modena. Diventata famosa per le sue campagne irriverenti, la Taffo Funeral Services è l’agenzia funebre che è riuscita a catturare grande attenzione sui social e persino a creare un’enorme community di fan, grazie a una strategia di comunicazione controcorrente basata sul black humor. Ma come si vende l’invendibile? Ridere della morte è davvero possibile? A rispondere sabato 28 ottobre, alle 17, alla Biblioteca Crocetta, sarà Riccardo Pirrone, l’inventore delle campagne che hanno reso famosa Taffo. L’incontro fa parte della rassegna “Halloween senza zucca. Incontri alternativi per ragazzi e adulti attorno al Giorno dei Morti”, promosso dal sistema delle Biblioteche del Comune di Modena (per informazioni e prenotazioni: https://biblioteche.comune.modena.it). In dialogo con Barbara Pederzini, Pirrone presenterà il libro “Taffo: ironia della morte. Riderne è l’unico modo per uscirne vivi” (Baldini & Castoldi 2020) nel quale racconta come è nato il successo di Taffo e come si combattono e sovvertono i tabù. Tramite copy persuasivi e scelte coraggiose, con un’ironia sempre pungente e a volte emozionale, Pirrone, Ceo e digital strategist dell’agenzia creativa romana KiRweb, è riuscito a dissotterrare e portare alla fama nazionale una semplice agenzia funebre. Ma il libro è anche una sorta di guida per chiunque lavori o voglia avvicinarsi al mondo del digital marketing.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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jangany-sottotraccia · 11 months
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18 ottobre 2023
15:20 Arrivati adesso! Silvio
15:40 Noi ancora in mezzo all'horombé ma credo si intraveda Jangany. Ezio
17:00 Siamo un po' morti e per qualche giorno non parlateci di viaggi trasporti macchine, strade e similari. Ringraziamo di essere arrivati interi. Silvio
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londranotizie24 · 11 months
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Il Primo giorno della mia vita è il film di ottobre di CinemaItaliaUk
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Di Redazione In24 @ItalyinLDN @ICCIUK @ItalyinUk @inigoinLND Una nuova opportunità per gli amanti dei film Made in Italy: questo mese CinemaItaliaUk propone Il primo giorno della mia vita di Paolo Genovese. Cinema Italiano a Londra: Il Ritorno sul Grande Schermo di Paolo Genovese Torna l'autunno, torna la voglia di guardare un bel film italiano. E questo mese CinemaItaliaUk torna a proporre i migliori film italiani sul grande schermo: è la volta di Il Primo Giorno della Mia Vita di Paolo Genovese, in programma ai Riverside Studios di Londra domenica 29 ottobre alle ore 17. E per coloro che desiderano godere del buon cinema dal comfort di casa, ista anche per tornare il servizio di streaming di CinemaItaliaUk. Il film propone una storia sulla forza di ricominciare quando tutto intorno sembra crollare. Il film ha ottenuto 3 candidature ai Nastri d'Argento, In Italia al Box Office Il primo giorno della mia vita ha incassato 2,2 milioni di euro. Un uomo misterioso regala a quattro sconosciuti sull'orlo del suicidio la possibilità di vedere come sarebbe la vita senza di loro. Troveranno la forza di ricominciare e di innamorarsi nuovamente della vita? E' questo in pratica il film che vede protagonisti Toni Servillo e Margherita Buy. Nel cast ci sono anche Valerio Mastandrea, Sara Serraiocco, Gabriele Cristini, Vittoria Puccini e Lino Guanciale. E "Il Primo Giorno della Mia Vita" conferma lo stile narrativo illuminante di Genovese, un regista che desidera stimolare la riflessione e aiutare a cambiare la nostra prospettiva sulla vita. Arianna ha perso la figlia e non se ne dà pace. Napoleone è un motivatore che riesce a spronare tutti tranne che se stesso. Emilia è un'eterna seconda confinata sulla sedia a rotelle che ha messo fine alla sua ascesa nella ginnastica artistica. E Daniele è uno youtuber riluttante sfuggito ai bulli ma non alla propria mancanza di autostima. Un uomo misterioso intercetta i quattro nel momento in cui hanno deciso di farla finita, e ora deambulano insieme a lui, né morti né vivi. L'uomo ha intenzione di fornire loro una prospettiva diversa dalla quale guardare la propria situazione durante una settimana in cui rimarranno sospesi nel tempo, senza bere né mangiare, e senza che nessuno si accorga della loro presenza. Ma non è facile far cambiare idea a chi si sentiva arrivato al capolinea della propria vita. Per acquistare i biglietti è possibile andare sul sito dei Riverside Studios. Qui il trailer del film. https://www.youtube.com/watch?v=oWElOMT3j9w   ... Continua a leggere su www.
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gregor-samsung · 2 years
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“ Le «vittime di Nord-Ost», come le chiamano oggi – cioè le famiglie che hanno perso qualcuno durante l’assalto [del teatro Dubrovka], e gli ostaggi che il 26 ottobre [2002] hanno riportato delle menomazioni –, hanno citato in giudizio per danni morali lo Stato, e il Comune di Mosca nella fattispecie. Le vittime sostengono che, per evitare dissapori con Putin e l’FSB, le autorità locali non avevano provveduto a organizzare un’assistenza medica adeguata e tempestiva. Le responsabilità si fanno ancora più gravi se si considera che il sindaco della capitale – nonché capo del potere esecutivo cittadino – Jurij Lužkov è stato tra i pochi a far pressione sul presidente affinché usasse le armi chimiche contro i suoi concittadini. Le prime denunce vennero presentate nel novembre del 2002 al tribunale Tverskoj di Mosca (un tribunale di distretto, lo scalino più basso della gerarchia). Il 17 gennaio del 2003, quando il giudice federale Marina Gorbačëva esaminò i primi tre casi, il numero delle denunce era salito a sessantuno e l’ammontare dei danni richiesti era l’equivalente in rubli di sessanta milioni di dollari: il prezzo della «menzogna di Stato» dichiarava la parte lesa. Quel che chiedevano, infatti, era di «conoscere le vere ragioni per cui i loro cari erano morti», una verità che non riuscivano a strappare in quanto l’FSB aveva segretato ogni informazione sul caso. Avendo essi chiamato in causa quell’FSB in cui anche Putin aveva prestato servizio e che il presidente continuava a tutelare, la vigilia delle udienze si svolse in un clima incandescente di propaganda sfrenata dei mass media ai danni dei querelanti. Le autorità li accusarono pubblicamente di voler svuotare le casse dello Stato, di voler «mettere le mani sui soldi dei pensionati e degli orfani» e di voler lucrare sulla morte dei propri cari. Igor’ Trunov, l’avvocato che aveva accettato di difendere le «vittime» (i nomi più altisonanti avevano rifiutato, temendo le ire del Cremlino), venne fatto oggetto di nefandezze di ogni sorta e accusato dei crimini peggiori. Insomma, le autorità fecero di tutto, usarono ogni potente mezzo a loro disposizione per intimidire i querelanti. Volevano passare per vittime. E invece erano carnefici. “
Anna Politkovskaja, La Russia di Putin, traduzione di Claudia Zonghetti, Adelphi (collana Gli Adelphi, n°639), 2022⁴; pp. 303-304.
[1ª Edizione originale: Putin’s Russia, The Harvill Press, London (UK), 2004]
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valeria-manzella · 11 months
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\Fratelli e sorelle, già sono morti moltissimi\Per favore, non si versi altro sangue innocente, né in Terra Santa, né in Ucraina o in qualsiasi altro luogo\Basta\Le guerre sono sempre una sconfitta, sempre\La preghiera è la forza mite e santa da opporre alla forza diabolica dell’odio, del terrorismo e della guerra\Invito tutti i credenti ad unirsi alla Chiesa in Terra Santa e a dedicare martedì prossimo, il 17 ottobre, alla preghiera e al digiuno\Papa Francesco\Angelus\
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carmenvicinanza · 11 months
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Cristina Cattaneo
Se a tutti i morti fossero riservate le stesse attenzioni, il mondo sarebbe un posto migliore.
Dare un nome alle persone prima di seppellirle è un dovere di civiltà che si assolve soprattutto per i vivi.
È un fatto di salute mentale: i parenti hanno bisogno di piangere su una tomba.
Lui non ce l’ha ancora, purtroppo. Indossava una giacca leggera. Ho scucito la fodera ed è saltato fuori un foglio prestampato avvolto nel nylon. Era la pagella, con i voti di matematica, fisica e scienze, vicini alla media del 10. Che aspettative avrà avuto questo quattordicenne del Mali o della Mauritania?
E il ragazzo di 17 anni partito dal Gambia che teneva in tasca la tessera dei donatori di sangue?
E quello che s’era annodato un angolo della maglietta con dello spago rosso? Credevo che dentro il rigonfiamento ci fosse hashish. Invece era un pugnetto della terra natia.
Il caso di Yara mi ha insegnato che le cose più importanti sono quelle invisibili.
All’inizio, appena tornavo a casa la sera, buttavo tutti i vestiti in lavatrice, non riuscivo a farmelo passare. Poi ho capito che l’odore della morte ce l’avevo nella testa.
Cristina Cattaneo è la medica legale più famosa d’Italia.
Anatomopatologa, è a capo del Laboratorio di antropologia e odontologia forense dell’Università di Milano (Labanof) che lavora al primo progetto europeo nato per ridare l’identità alle persone morte in mare.
Nata il 18 gennaio 1964 a Casale Monferrato, si è laureata in biologia nel 1987 alla McGill University di Montreal, in Canada. Due anni dopo ha ottenuto il Master in Osteologia, Paleopatologia e Archeologia Funeraria all’Università di Sheffield, UK, e nello stesso ateneo ha conseguito il Dottorato (PhD) in Scienze Pure. Nel 1994 si è laureata in Medicina e Chirurgia a Milano dove si è poi specializzata in Medicina Legale.
Dal 1999 è consulente tecnica e perita esperta in patologia forense, antropologia e medicina forense clinica per la Procura della Repubblica e Tribunale di Milano e di altre procure e tribunali in Italia, Svizzera, Francia e Regno Unito per autopsie giudiziarie, sopralluoghi, identificazione, abuso su minori, abuso sessuale, e altre forme di maltrattamento.
Come direttrice del LABANOF lavora sui corpi ritrovati dopo i naufragi di Lampedusa del 3 ottobre 2013 e del 18 aprile 2015, che hanno causato oltre 800 morti.
Ha redatto oltre 250 pubblicazioni, molte delle quali su riviste scientifiche e principalmente su temi di identificazione di cadaveri e resti umani, identificazione di persone vive tramite metodi fisiognomici, patologia forense, medicina forense clinica; è autrice di 32 capitoli di libri ed enciclopedia.
Per raccontare la sua esperienza ha scritto il libro “Naufraghi senza volto. Dare un nome alle vittime del Mediterraneo”.
Sono tante le storie dietro ai corpi a cui cerca di dare un’identità. Dal ragazzo ghanese con addosso due tessere: una della biblioteca, l’altra da donatore di sangue, al giovane eritreo con in tasca un sacchetto di terra per non scordarsi del proprio paese fino al bambino del Mali che aveva nella cucitura interna del giubbotto una pagella scolastica scritta in arabo e in francese.
Nel 2019 ha pubblicato Corpi, scheletri e delitti. Le storie del Labanof e nel 2020 L’amore e il tempo con Francesco Alberoni.
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Minori morti in mare: un'emergenza umanitaria
Secondo i dati diffusi da Save the Children, in 10 anni, dal 2014 al 2023, oltre 1.100 minori sono morti o dispersi in mare. Si tratta di un numero drammatico, che rappresenta una vera e propria emergenza umanitaria. Minori morti in mare: emergenza da non ignorare La maggior parte dei minori che perdono la vita in mare sono africani, provenienti da paesi come la Libia, il Sudan e il Mali. Questi bambini e adolescenti fuggono da guerre, violenze e povertà, e intraprendono un viaggio pericoloso e rischioso per raggiungere l'Europa, in cerca di una vita migliore. Il Mediterraneo è un mare pericoloso, caratterizzato da condizioni meteorologiche avverse e da forti correnti. I migranti che tentano di attraversarlo spesso viaggiano su imbarcazioni precarie e sovraffollate, che non sono in grado di affrontare le condizioni del mare. Nel 2023, solo nei primi nove mesi dell'anno, sono stati registrati oltre 100 morti o dispersi tra i minori che hanno tentato di attraversare il Mediterraneo. Il 3 ottobre, in occasione del decimo anniversario del naufragio di Lampedusa, in cui persero la vita 368 persone, tra cui molti minori, Save the Children ha lanciato un appello all'Europa affinché si impegni a trovare una soluzione a questa crisi. I dati di Save the Children I dati diffusi da Save the Children si basano su un'analisi condotta dall'organizzazione sui dati raccolti da diverse fonti, tra cui l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (IOM) e le autorità italiane. Secondo questi dati, il numero di minori morti o dispersi nel Mediterraneo è aumentato negli ultimi anni. Nel 2014, i minori rappresentavano solo l'1% del totale dei morti e dispersi, mentre nel 2023 la loro percentuale è salita al 4,3%. La maggior parte dei minori che perdono la vita in mare sono ragazzini di età compresa tra i 15 e i 17 anni. Tuttavia, non sono rari i casi di bambini molto piccoli, anche di pochi mesi. Le cause delle morti Le cause delle morti di minori in mare sono diverse. In alcuni casi, i bambini e gli adolescenti muoiono annegati, a causa del naufragio delle imbarcazioni su cui viaggiano. In altri casi, muoiono per malnutrizione, malattie o altre cause legate alle condizioni difficili del viaggio. La risposta dell'Europa L'Europa ha adottato una serie di misure per prevenire le morti di minori in mare. Tuttavia, queste misure non sono state sufficienti a fermare questa tragedia. Nel 2015, l'Unione Europea ha lanciato l'operazione Mare Nostrum, una missione di ricerca e soccorso in mare. Tuttavia, l'operazione è stata sospesa nel 2017, e sostituita dall'operazione Sophia, che ha un focus più ampio sul contrasto all'immigrazione illegale. L'Europa ha inoltre implementato un sistema di corridoi umanitari, che consente ai migranti di arrivare in Europa in modo sicuro e legale. Tuttavia, questo sistema è stato criticato per essere troppo limitato. La richiesta di Save the Children Save the Children ha chiesto all'Europa di istituire un sistema di ricerca e soccorso efficace e coordinato, in grado di garantire la sicurezza dei migranti che attraversano il Mediterraneo. L'organizzazione ha inoltre chiesto di aumentare l'accesso ai corridoi umanitari. "È necessario che l'Europa prenda provvedimenti urgenti per prevenire le morti di minori in mare", ha dichiarato Francesco Saverio Bertoni, direttore generale di Save the Children Italia. "Questi bambini e adolescenti sono vittime di una crisi umanitaria, e hanno diritto alla protezione". Foto di Jim Black da Pixabay Read the full article
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e-o-t-w · 1 year
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Eyes on the world #155
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Anche luglio scorre velocemente e quasi si avvia al termine.
Settimana intensa in diversi ambiti, a partire dalla consueta guerra in Ucraina, passando per importanti novità a tema immigrazione, fino alle ultime sulla vicenda di Patrick Zaki e sulle sperimentazioni in materia di Alzheimer.
Prima di scioglierci, cominciamo 👇
🇺🇦 SALTA L’ACCORDO SUL GRANO, ATTACCO AL PONTE IN CRIMEA E AI PORTI UCRAINI: LA SETTIMANA IN BREVE
(1) Partiamo come sempre dalla guerra in #Ucraina, che questa settimana ha lasciato strascichi importanti (tanto per cambiare). La scorsa settimana il presidente russo Vladimir #Putin è tornato a parlare della situazione con il noto gruppo di mercenari #Wagner, dichiarando al giornale russo Kommersant di aver proposto al loro leader Yevgeny #Prigozhin di entrare nell’esercito regolare russo. L’offerta sarebbe però stata rifiutata, nonostante la promessa di mantenere comunque una discreta autonomia anche sotto il controllo del Cremlino. Inoltre, in base a quanto emerso dal ministero della Difesa bielorusso, sembra che diversi soldati del gruppo Wagner stiano addestrando tuttora soldati dell’esercito locale (mostrando anche un video che testimonierebbe l’affermazione, ma del quale non ci sono conferme “indipendenti”). Si è poi tornato a discutere dell’accordo sul #grano, scaduto il 17 luglio. Il presidente turco #Erdogan ha provato a mediare venerdì scorso parlando con l’omologo Putin, che – a detta sua – avrebbe rassicurato sull’estensione dell’accordo, che consentiva alle navi ucraine di attraversare il Mar Nero ed esportare grano e cereali. Lunedì però il portavoce di Putin Dmitri Peskov ha annunciato che il patto non verrà esteso. Il motivo? L’incidente avvenuto sul ponte che collega la #Crimea alla Russia (via d’accesso fondamentale per il passaggio dei mezzi militari russi), chiuso al traffico lunedì proprio dal Cremlino in seguito a delle esplosioni avvenute la stessa mattina. Di queste è stata accusata l’Ucraina, che avrebbe attaccato il ponte utilizzando dei droni marini, in base a quanto rivelato da alcune fonti anonime ucraine alla BBC e al Washington Post. L’attacco non ha danneggiato l’infrastruttura del ponte, ma solo la superficie della strada, provocando due morti e un ferito. Si tratta dello stesso ponte colpito l’8 ottobre 2022, quando l’esercito ucraino provocò una forte esplosione che ne causò il crollo parziale. Tornando all’accordo sul grano, è molto probabile che sia questo il motivo per cui non sia stato ancora rinnovato, con la Russia che potrebbe anche avanzare nuove richieste e ottenere condizioni migliori da un’eventuale nuova firma. Come se non bastasse (e probabilmente proprio questo motivo), da giorni la Russia sta colpendo duramente i porti di Odessa e Mykolaiv, con missili e droni che hanno danneggiato numerose infrastrutture. Dal canto suo l’Ucraina non sta comunque ottenendo grossi risultati da quando ha iniziato la sua controffensiva, merito anche dell’esercito russo e del rafforzamento delle sue linee di difesa. Uscendo per un attimo dal fronte, la camera bassa del parlamento russo (la Duma) ha approvato un disegno di legge molto controverso che limita i diritti delle persone trans nel paese e al momento aspetta l’ok della camera alta, nonché del presidente Putin. Questi ultimi due passaggi sono ormai delle formalità e, con l’entrata in vigore, sarà vietato sottoporsi a interventi chirurgici per la riassegnazione del sesso, ma anche cambiare nome e genere su documenti e atti pubblici. Lo stato quindi non riconoscerà chiunque abbia fatto una transizione di genere, non concederà di adottare bambini a chi ha subito interventi chirurgici di tale genere e consentirà di annullare il matrimonio se uno o entrambi i coniugi si fossero sottoposti a tale operazione. Infine, sta cominciando a prendere piede la gestione temporanea forzata delle filiali russe di multinazionali ancora presenti sul territorio. Le prime due aziende a subire tale trattamento sono state Carlsberg e Danone, con il governo che ha nominato persone vicine a Putin per gestirle.
🇹🇳 NUOVO ACCORDO TRA TUNISIA E UE: 1 MLD DI € PER SUPPORTARE ECONOMIA E LOTTA ALL’IMMIGRAZIONE
(2) L’#UE si è mossa sul tema #immigrazione a cavallo tra la scorsa e questa settimana, con un accordo che farà discutere per molto tempo. Ma andiamo con ordine. Domenica scorsa, a Cartagine, è stato firmato il “memorandum d’intesa” tra UE e #Tunisia, che sancisce aiuti finanziari per quasi un miliardo di euro al governo del paese africano, con l’obiettivo di limitare le partenze dei migranti dalle coste tunisine. 900 milioni saranno inviati sotto forma di prestiti (erogati a rate nei prossimi anni e da restituire a tassi agevolati), 2 contributi da 150 milioni per il bilancio nazionale e uno da 105 milioni per impedire – presumibilmente con la forza – le partenze dei migranti. Presenti all’incontro la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, accompagnata dalla presidente del consiglio italiana Giorgia #Meloni e l’ormai prossimo all’uscita premier olandese Mark Rutte, e Kais #Saied, presidente della Tunisia. L’accordo è stato criticato da più parti, dal momento che sostanzialmente dà la possibilità ai paesi africani di potersi occupare a modo proprio dei migranti (con i risultati sotto gli occhi di tutti) senza che l’Europa venga ritenuta legalmente responsabile di ciò che accade, ma fermandosi al finanziare tali azioni e liberandosi del problema della gestione degli sbarchi. Accordi simili sono in corso tra UE e Turchia, ma anche tra Italia e #Libia, la cui nota Guardia costiera viene regolarmente finanziata per occuparsi della questione, principalmente attraverso azioni ostili in mare contro le ONG e centri di detenzione mascherati da “centri di accoglienza”. Questa è tornata operativa anche nell’ultima settimana, quando ha attaccato a colpi di mitra un peschereccio italiano che si trovava in acque internazionali (a 150 km dalla città di Misurata, proprio in Libia). La nave ha subito gravi danni ed è alla deriva, ma nessuno dell’equipaggio di 5 persone è stato ferito. Un elicottero da ricognizione e una nave della marina italiana si sono recati sul posto per soccorrere l’equipaggio e in caso riportare il peschereccio in Sicilia. Tornando alla situazione migratoria, il #RegnoUnito è tornato in cima alle cronache per una particolare nave attraccata nel porto della penisola di Portland (nel sud del paese). Si tratta di una chiatta lunga 91 metri, larga 27 e delle dimensioni di un palazzo di 3 piani, utile a ospitare circa 500 persone in attesa della risposta alla loro richiesta d’asilo. Verrà utilizzata dal governo britannico per coloro che proveranno ad attraversare illegalmente il canale della Manica e non saranno espulsi senza che la loro richiesta venga esaminata. Gli attivisti per i migranti hanno parlato con preoccupazione delle possibili condizioni di vita all’interno della nave.
🇪🇬 PATRICK ZAKI È FINALMENTE LIBERO: IL PRESIDENTE EGIZIANO AL SISI HA CONCESSO LA GRAZIA
(3) Sembra che sia stata messa la parola fine alla vicenda con al centro Patrick #Zaki, attivista e studente egiziano dell’università di Bologna detenuto in #Egitto tra il febbraio 2020 e il dicembre 2021 con motivazioni politiche (venne incarcerato per un suo articolo critico nei confronti del governo egiziano). A inizio settimana, il tribunale di Mansura lo aveva condannato a 3 anni di carcere. L’anno e 10 mesi che ha già scontato era derivato da un’incarcerazione preventiva, con il processo vero e proprio rinviato diverse volte; l’8 dicembre 2021 venne scarcerato, ma in seguito alla nuova condanna, sarebbe dovuto tornare dietro le sbarre. A cambiare totalmente le carte in tavola è stato l’intervento del presidente dell’Egitto, Abdel Fattah al Sisi, che ha concesso la grazia a Zaki, mettendo fine all’intera vicenda. Non è chiaro come si sia arrivati a questa decisione, ma sembra che a giocare un ruolo decisivo siano stati i rapporti sempre più intensi tra i due governi (italiano ed egiziano, specialmente su tavoli riguardanti energia, agricoltura e commercio).
🧫 RISULTATI INCORAGGIANTI DALLE SPERIMENTAZIONI DI UN NUOVO MEDICINALE PER L’ALZHEIMER
(4) Ultimo slot eccezionalmente dedicato alla #medicina, per via di alcune scoperte su un farmaco (#donanemab) che – in base a quanto emerso dalle prime sperimentazioni – rallenterebbe la progressione dell’#Alzheimer, ritardando l’aggravarsi dei segni clinici sia l’impossibilità a compiere gesti di vita quotidiana. Sul Journal dell’American Medical Association sono stati pubblicati i risultati della sperimentazione, con il farmaco che sarebbe capace di rimuovere la beta-amiloide, la proteina che causa le placche che contraddistinguono la malattia. Su 1.700 pazienti con Alzheimer in fase iniziale, dopo un anno e mezzo il 35% circa di quelli trattati con donanemab hanno visto la malattia progredire più lentamente, mentre allargando il campo anche a coloro ai quali è stato somministrato il placebo, si arriva a un valore di 22% del totale. Il rallentamento è stato di circa 4,36 mesi. In generale, la metà dei pazienti trattati con il farmaco non hanno mostrato peggioramenti clinici per almeno un anno, a differenza del 29% dei pazienti con il placebo. I prossimi obiettivi della sperimentazione metteranno in luce il bilanciamento di rischi e benefici dovuti alla somministrazione di tale medicinale.
E brevi siano 👇
🇮🇳 Si chiama Chandrayaan-3 la missione indiana che porterà sulla Luna un robot rover per esplorarne il polo sud. La spedizione servirà soprattutto per appurare la presenza di acqua (sotto forma di ghiaccio) e, di conseguenza, fornire informazioni sulla creazione di una base con esseri umani che sia sostenibile. L’allunaggio dovrebbe avvenire tra il 22 e il 23 agosto e avrà una durata di un paio di settimane circa.
☔ Nonostante le temperature record del periodo, ci sono alcune parti di pianeta che non stanno attraversando un buon momento “meteorologicamente” parlando. Parliamo dell’est asiatico, alle prese con alluvioni e piogge torrenziali che stanno creando grossissime difficoltà a stati come India, Giappone e – da poco – anche Corea del Sud. L’unione di questi fenomeni è costata la vita a oltre 100 persone, un bilancio – purtroppo – destinato ad aumentare per via di un ciclone tropicale in arrivo nelle Filippine. Restando in tema, ma tornando in Italia, in settimana il maltempo si è abbattuto sul Nord Italia, soprattutto in Trentino, Friuli e Veneto. Tra grandinate inaspettate e forte vento, i feriti sono stati centinaia, con danni molto estesi per strade e immobili.
🇬🇹 Confusione in #Guatemala. In seguito alle elezioni presidenziali del 25 giugno, un tribunale aveva sospeso il partito giunto secondo per numero di voti (Movimiente Semilla, guidato dal leader di centrosinistra Arévalo) per presunte irregolarità nella raccolta firme dei 5mila iscritti, impedendogli quindi di partecipare al ballottaggio del prossimo 20 agosto. Le accuse sono subito apparse pretestuose, poiché provenienti dal procuratore Rafael Curruchiche, figura parecchio contestata dalle opposizioni per aver alimentato lo stato di grave corruzione in cui versano le istituzioni. Tuttavia, la sua decisione è stata bloccata provvisoriamente dalla Corte Costituzionale guatemalteca, che consentirà quindi ad Arévalo di prendere parte all’ultimo atto delle presidenziali.
🇮🇷 Dopo essere stata “ritirata” per oltre 10 mesi (esattamente da quando sono iniziate le proteste per la morte di Mahsa Amini), la polizia religiosa tornerà a pattugliare le strade dell’#Iran, verificando – in primis – il corretto utilizzo del velo da parte delle donne. Queste avevano iniziato a uscire sempre più spesso senza, in segno di protesta contro le azioni della stessa polizia che portarono alla perdita della vita della giovane donna lo scorso anno.
🇺🇸 Alla fine un piano di cancellazione dei debiti studenteschi sembra poter prendere piede in #USA. Le cifre di cui si parla al momento ammontano a circa 39 miliardi di dollari per un totale di circa 800 mila persone. Dovrebbero essere cancellate le restituzioni di specifici prestiti erogati a persone con basso reddito, che dopo 20 o 25 anni di pagamenti mensili per restituirli sarebbero stati estinti (pratica non sempre eseguita dalle società che gestivano il pagamento per conto del governo). Un altro piano, simile ma ben più ambizioso, del presidente Joe Biden (bocciato poi dalla Corte Suprema) intendeva cancellare 430 miliardi di dollari di debiti provenienti dai prestiti studenteschi.
🎾 Si è conclusa l’edizione 2023 di #Wimbledon, il torneo di tennis più famoso al mondo. Markéta Vondroušová (n.42 al mondo) ha trionfato a sorpresa nel singolare femminile, battendo in finale la n.6 Ons Jabeur e salendo fino alla top 10 della classifica generale WTA. Anche la finale maschile non ha tradito le attese, con un eccellente Carlos Alcaraz che ha sconfitto in 5 set il favorito Novak Djokovic, laureandosi tra i più giovani campioni di Wimbledon nella storia (in compagnia di Boris Becker e Bjorn Borg).
✈ Aeroporto di Catania in tilt domenica sera, in seguito a un incendio sviluppatosi dal piano inferiore fino al terminal partenze del piano superiore. Non ci sono stati morti o feriti, né sono note le cause che hanno scatenato le fiamme. I voli in partenza e in arrivo sono stati inizialmente sospesi fino alle 14 di mercoledì e dirottati principalmente verso Palermo, Comiso e Reggio Calabria (se non addirittura cancellati). Nel tardo pomeriggio di lunedì il terminal C, non raggiunto dall’incendio, ha riaperto ed è tornato in parte operativo, mentre per quanto riguarda il terminal A invece la riapertura è slittata al 25 luglio.
🇨🇳 Un salto rapido in #Cina, dove per il secondo trimestre di quest’anno l’economia continua a crescere meno di quanto auspicato. Il PIL si è alzato solo dello 0,8% rispetto ai primi 3 mesi dell’anno. Le cause principali sono state individuate nelle esportazioni più basse rispetto persino al periodo pre-pandemico, disoccupazione giovanile accentuata e domanda interna altrettanto debole. A mancare è probabilmente il traino del mercato immobiliare, che per anni ha contribuito alla crescita cinese. Come se non bastasse, a limitare ulteriormente gli investimenti delle multinazionali in Cina ci sono anche le recenti norme anti-spionaggio entrate in vigore. In sostanza è aumentato il numero di casi in cui si può essere accusati di tale reato, con casistiche molto vaghe che possono riguardare anche attività commerciali, come indagini di mercato, informazioni sui concorrenti e partner commerciali.
📧 Restiamo in Cina, ma per un caso che riguarda anche gli USA e l’ambasciatore americano in Asia. Il Wall Street Journal e la CNN hanno sentito in forma anonima dei funzionari che avrebbero parlato di hacker legati al governo cinese che avrebbero sottratto centinaia di migliaia di mail dall’account di Nicholas Burns (il suddetto ambasciatore) e da altri funzionari americani, sfruttando una falla nel cloud di Microsoft. Questa sembra essere stata risolta, ma il danno resta piuttosto grave, poiché le mail conterrebbero conversazioni riservate e dettagli organizzativi riguardo alcune visite da tenere in Cina.
🇲🇦 Israele e #Marocco continuano la loro azione di riavvicinamento, dopo che il re marocchino Muhammad VI ha reso noto che Israele ha ufficialmente riconosciuto la sua sovranità nei territori del Sahara occidentale, che da decenni il Marocco si contende con il cosiddetto Fronte Polisario, organizzazione militare e politica che reclama da anni quei territori. Il premier israeliano Netanyahu avrebbe inviato una lettera indirizzata proprio al re con tale comunicazione all’interno.
🇮🇱 Rimaniamo un attimo a #Israele, giusto per segnalare la ripresa delle proteste sulla contestatissima riforma della giustizia, pronta a superare i prossimi due voti in parlamento nel corso della prossima settimana. I manifestanti hanno bloccato le stazioni ferroviarie e numerose strade.
🇰🇪 Situazione tesa anche in #Kenya, dove l’aumento di una serie di tasse ha causato parecchi disordini guidati dallo storico leader dell’opposizione ed ex premier Raila Odinga. L’Alta Corte del Kenya aveva dichiarato incostituzionale tale aumento, ma il governo ha risposto applicando solo quello dell’IVA sulla benzina, che a cascata ha fatto aumentare i prezzi di moltissimi beni di consumo e ha causato i suddetti disordini (soprattutto nella capitale Nairobi).
🗂 Un’insolita indagine ha preso piede a Mazara del Vallo, in provincia di Trapani. Un politico e un carabiniere sono stati arrestati con l’accusa di aver sottratto illecitamente dei documenti appartenenti al caso della latitanza di Matteo Messina Denaro dal sistema informatico dell’Arma, per provare a rivenderle. Tra i coinvolti anche l’ex paparazzo Fabrizio Corona e Moreno Pisto, direttore del quotidiano online Mow.
🇦🇫 In #Afghanistan è andata in scena una protesta tanto curiosa quanto degna di nota. A Kabul, un gruppo di donne ha protestato contro la decisione del governo talebano (comunicata a inizio luglio) di chiudere i parrucchieri e i saloni di bellezza per donne. Pur trattandosi di una manifestazione pacifica, la polizia ha usato la violenza per disperdere alcune donne. Si tratta di circa 12 mila attività in tutto il paese costrette a chiudere e oltre 50 mila donne afghane che perderanno il lavoro.
🇹🇭 Niente da fare per Pita Limjaroenrat e il suo nuovo tentativo di essere nominato primo ministro della #Thailandia. Nonostante avesse vinto le elezioni di maggio, Camera e Senato (che devono votare il premier in seduta comune) avevano respinto la sua candidatura la scorsa settimana, mentre un secondo tentativo di eleggerlo non è neanche avvenuto a causa dell’opposizione della giunta militare che governa il paese.
🇹🇷 Dopo anni di politiche poco sostenibili, la #Turchia continua a correre ai ripari aumentando per la seconda volta in due mesi i tassi di interesse per ridurre l’inflazione. Questa nuova spinta ha consentito di far entrare nel mercato azionario nuovi miliardi di dollari provenienti da investitori stranieri e fatto aumentare le riserve di valuta estera di 14 miliardi da fine maggio.
🇰🇵 Curiosità della settimana se l’aggiudica Travis King, un soldato americano inviato in Corea del Sud che ha attraversato senza permesso il confine che divide le due Coree durante una visita alla Joint Security Area, ovvero il punto in cui i due eserciti sono sostanzialmente a contatto tra loro. King era rinchiuso in un carcere in Corea del Sud per aggressione ed era pronto per essere inviato nuovamente negli Stati Uniti. L’uomo sembra essere stato arrestato in Corea del Nord adesso.
📅 Fissato per maggio 2024 il processo sui documenti riservati trovati nella villa di Mar-a-lago dell’ex presidente americano Donald Trump. I capi d’accusa contro di lui sono ben 37, con la violazione di 7 leggi federali. Trump si è già dichiarato non colpevole.
🍚 L’India, maggior esportatore di #riso al mondo, ha deciso di vietare le esportazioni con effetto immediato con l’obiettivo di contenere i prezzi nel mercato interno. Le recenti precipitazioni hanno danneggiato moltissime coltivazioni, facendo alzare il prezzo del 3% solo nell’ultimo mese. A farne le spese saranno in primis molti paesi asiatici e soprattutto africani.
🇮🇳 Non ci muoviamo dall’India per un caso di cronaca molto controverso. È diventato virale un video in cui due donne sono state fatte sfilare nude davanti a centinaia di uomini nello stato del #Manipur, noto per via delle violenze etniche che proseguono da mesi tra le comunità Meitei (della quale fanno parte gli uomini in questione) e Kuki (alla quale appartengono le due donne). Il video risale a maggio, ma la polizia ha iniziato a indagare solo ora vista la mancanza di prove. 4 uomini identificati nel video sono stati arrestati e dovranno rispondere dello stupro delle donne e dell’uccisione degli uomini che erano con loro. La diffusione del video ha causato fortissime proteste in tutto lo stato e in molte altre città indiane, coinvolgendo anche diversi esponenti dell’opposizione.
🇪🇺 Qualche novità dalla corsa alla terza rata del #PNRR, bloccata dal mancato raggiungimento di alcuni obiettivi prefissati dall’UE. Il governo italiano ha presentato alla Commissione Europea una proposta per modificarne uno alla base del blocco, quello riguardante la costruzione di nuovi alloggi universitari, rinunciando a una parte dei fondi della terza che verrebbero recuperati all’interno della quarta rata (prevista entro la fine del 2023). La risposta della Commissione ancora non è arrivata, ma sembra che possa essere accettata.
Alla prossima 👋
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