#Luigi Croscenzi
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Origini italiane dell'artistico fotografico, Giuseppe Cavalli e Paolo Monti nelle fotografie di Ferruccio Ferroni
di Nicola Bustreo
--- La fotografia italiana ha vissuto un periodo mitico in cui persone e idee si mischiavano tra loro, divenendo solo recentemente la base per una cultura fotografica in Italia.
Questo triangolo fotografico tra Giuseppe Cavalli, Paolo Monti e il giovane Ferruccio Ferroni caratterizzò gli anni dal secondo dopoguerra fino alla prima metà degli anni ’60, raccontando il senso di una generazione di autori e le idee di quelli che possiamo definire i primi intellettuali della fotografia.
© Samuele Galeotti, Ferruccio Ferroni nel suo studio (Senigallia, 2006)
Le discussioni, prettamente epistolari che fungevano da sottofondo alle fotografie per una ricerca di nuova fotografia, rappresentarono due punti di vista ben differenti nei confronti di questo linguaggio visivo.
Lo scontro tra Giuseppe Cavalli e Paolo Monti divenne emblematico perché raccontava due idee di fotografie che avrebbero visto la loro fine e la loro conferma solo grazie a un terzo protagonista, Luigi Crocenzi e alla sua visione di istituzionalizzare la fotografia e concludere così quel processo di nobilitazione iniziato vent’anni prima.
Il primo, l’avvocato Cavalli, prediligeva una cultura crociana dell’immagine. Questa filosofa prevedeva la divisione dell’atto artistico in impressione, che in alcuni casi si evolveva in espressione, visione soggettivata della realtà o di un concetto. Proprio grazie a quest’idea progressiva di fenomenologia artistica, Cavalli applicò uno specifico elemento tecnico trasformandolo nel significante dell’opera d’arte. Ecco che l’high-key assume una funzione caratterizzante ispirata agli artisti degli anni Venti tedeschi del Bauhaus e di figure culturali di spicco come Sougez, Man Ray, Brandt e Weston, dei quali era possibile rintracciare alcune opere nelle riviste del tempo.
© Ferruccio Ferroni, Scala (1950)
Mentre faceva il suo corso la visione cavalliana attraverso il gruppo fotografico de La Bussola, si presentava sulla scena nazionale anche il Circolo Fotografico de La Gondola, che ebbe tra i suoi fondatori anche Paolo Monti.
Il background del dirigente naturalizzato veneziano, prendeva spunto dalle correnti dell’espressionismo tedesco che in ambito fotografico divennero maggiormente identificabili nelle azioni espositive della Subjective Fotografie di Otto Steinert. La presenza di una forte soggettività nell’atto interpretativo dello scatto fotografico portò a una caratterizzazione dei suoi neri contrastati. Erroneamente considerati agli antipodi Cavalli e Monti dovrebbero essere invece considerati speculari l’uno all’altro. Questo perché’ definiscono una linea comune sul piano critico, ma divergono solamente nel presupposto di realizzazione finale dell’opera fotografica.
In questa situazione storica si innesca la figura di Ferruccio Ferroni, che rappresentò una boa estetica per due importanti tradizioni fotografiche. Boa perché’ attorno ad esso si possono riassumere oltremodo due decenni di scontri tra i sostenitori della fotografia neorealista e quella artistica.
© Ferruccio Ferroni, La finestra di Lidia (1952)
Il “giovane” Ferroni appartiene storicamente e cronologicamente all’avvocato Cavalli e alla sua essenzialità formale dei toni alti. Basta ricordare le immagini della prima meta’ degli anni 50 come “Villa abbandonata”, “Scale” oppure “Marina n 2”, “Fiori bianchi e neri” tutte espressioni chiare della politica dell’Avvocato Cavalli, alle quali l’autore riesce a consegnare dei misteriosi valori simbolici. Sucessivamente, Ferroni però diviene socio del Circolo Fotografico La Gondola ed entra in contatto con Paolo Monti. Il feeling è evidente soprattutto per Monti che distoglierà l’attenzione del nuovo discepolo dalla fotografia dell’Avvocato Cavalli. La prova di questa acquisizione sarà la fotografia “Architettura della materia”, nella quale la passionalità e l’espressionismo tedesco degli anni Venti e della Subjective Fotografie, tanto care al presidente gondoliere, sono evidenti. Altra immagine che è divenuta icona e’ “La finestra di Lidia”. Proprio da questa immagine si capisce l’espressività, e la forte soggettività attribuibile all’immagine fotografica da parte dell’autore. Sarà lo stesso Ferroni che racconterà “ <che il famoso afflato lirico o sentimentale che sia non l’ho mai sentito, nel senso che il vero fotografo è sempre all’erta con sensi, cuore e cervello pronti e scattanti. E ti dirò anche i momenti più emozionanti sono quelli della camera oscura. Lì, […] è il nostro vero regno, dove nasce l’immagine creata>. Questa riflessione del carteggio del 1954 tra Ferroni e Vicenzo Balocchi, altro militante de La Bussola, dimostra il pensiero del nostro autore ma anche la tendenza a muoversi verso una concezione più libera dell’interpretazione della realtà. Questa lettera risalente al 23 novembre, é il risultato di una definitiva e chiara influenza montiana. E ciò avviene il 25 agosto dello stesso anno quando Paolo Monti scrisse: <Sarò estremamente sincero con te dicendoti che le tue dimissioni dal Misa non mi sorprendono.[…] ad ogni modo io penso che la tua crisi, più che la tua personale, sia di un’ ambiente cioè della tua intolleranza a proseguire in gruppo, anche perché molto probabilmente le accuse che ti fanno sono originate da quei principi teorici a cui io non credo> e ancora di più Monti affina la sua analisi sull’abbandono del Misa proponendo questo quesito: <Cosa vuol dire tecnicismo? Avevo notato nel gruppo Misa una troppo evidente compiacenza per la tecnica formalistica, ma non in te certamente, ma negli altri che ora forse ti accusano.[…] il fatto è che tutta l’arte moderna passa per queste strettoie intellettuali e metafisiche e solo raramente la lirica allo stato puro può passare nelle opere>.
© Ferruccio Ferroni, Architettura della materia (1953)
Le parole di Monti dimostrano come la fotografia si stesse dirigendo verso una riflessione sempre più alta e culturalmente ben definita. C’era nell’idea del dirigente veneziano il concetto del tecnicismo come di qualcosa affiliato all’estetica e per questo una sorta d’implementazione del rapporto tra arte e fotografia. Questo dialogo, ma anche la diatriba creata attorno all’autore marchigiano, rappresenta una cultura fotografica parallela a quella del neorealismo che riuscì ad imporsi negli anni 50 e 60 per la maggiore immediatezza dei fini dell’immagine. La diffusione del neorealismo fu possibile grazie alle riviste che valorizzarono in tal senso una fotografia documentaria e reportagistica, bloccando la fazione più artistica che aveva iniziato a porre le basi di un dialogo estetico ma anche teorico. Il lirismo fece in modo di trasformare l’aggettivo “artistico” in una suppellettile del linguaggio fotografico. La congiunzione culturale invece della fotografia “artistica” presente nel triangolo fotografico Cavalli-Monti-Ferroni fu colta’ da un altro intellettuale Luigi Croscenzi che di li a pochi anni iniziò a pensare alla struttura del Centro per la cultura nella Fotografia, coinvolgendo lo stesso Cavalli ma soprattutto Paolo Monti appena uscito dalla parabola amatoriale del Circolo e lanciatosi nell’avventura del professionismo. L’artisticità della fotografia, sicuramente è associare ad una soggettiva interpretazione del reale e alla sua resa più marcata. La scelta del tecnicismo all’interno di una filosofia estetica e teorica sono stati alla base di entrambi i maestri della fotografia italiana. Ferroni, nella sua breve parentesi produttiva, ha sicuramente contribuito in maniera determinante alla definizione pratica di questa idea. E’ importante tuttavia, ricordare che mentre lo scontro/incontro aveva luogo e Luigi Crocenzi cominciava a porre le basi per il Centro per la Cultura nella Fotografia, dagli anni del neorealismo si staccava la produzione del buon “anarchico” Nino Migliori, il quale fece della libertà e dell’errore fotografico la costituzione del contesto per la nascita delle sue sperimentazioni fotografiche, ma inevitabilmente anche artistiche.
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Le mostre e l' attività del CRAF nel 2015
di Walter Liva
La Giunta Regionale del Friuli Venezia Giulia, nella sua seduta del 2 aprile, ha approvato la convenzione triennale tra la Regione stessa e il CRAF.
La firma di questa convenzione era prevista nella Riforma dei finanziamenti alle iniziative culturali varata lo scorso anno (legge regionale 16 del 2014 che definisce le Norme in materia di attività culturali) che al CRAF, ha destinato l’Art.25 (Attività del Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia):
“La Regione promuove la conservazione e la valorizzazione del patrimonio fotografico di interesse regionale e lo sviluppo dell'attività fotografica e a tal fine riconosce al Centro di ricerca e archiviazione della fotografia (CRAF) la funzione di polo di riferimento regionale per le attività di ricerca, studio, raccolta, censimento, archiviazione, conservazione, digitalizzazione e valorizzazione.”
La Regione sostiene perciò l'attività del CRAF con specifici finanziamenti, da utilizzare secondo indirizzi e modalità definiti in un'apposita Convenzione della durata di tre anni.
“Per le finalità di cui al comma 1 la Regione sostiene l'attività istituzionale e di interesse pubblico del CRAF mediante specifici finanziamenti da utilizzare secondo gli indirizzi e le modalità definiti in un'apposita convenzione di durata triennale”.
In essa si stabilisce che la Regione promuove la conservazione e la valorizzazione del patrimonio fotografico di interesse regionale e lo sviluppo dell'attività fotografica e a questo scopo riconosce al CRAF la funzione di polo di riferimento regionale per le attività di ricerca, studio, raccolta, censimento, archiviazione, conservazione e digitalizzazione, che peraltro ha già visto digitalizzare almeno metà del patrimonio conservato di circa 450.000 opere, tra positivi, diacolor e negativi.
Va anche detto che si tratta della prima regione in Italia a riconoscere un centro per la fotografia
.Guido Guidi,Spilimbergo 1991
Tra gli archivi conservati, ampio spazio riguarda all’epopea del neorealismo in fotografia, con l’archivio di Luigi Crocenzi, collaboratore de Il Politecnico e di Elio Vittorini e fondatore del CCF (Centro per la Cultura nella Fotografia) di Fermo e gli archivi degli autori appartenuti al Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia sorto a Spilimbergo nel 1955 (Aldo Beltrame, Carlo Bevilacqua, Gianni Borghesan, ma sono conservati anche importanti materiali di Italo Zannier, Giuliano Borghesan, Fulvio Roiter e Toni Del Tin), ma anche archivi altrettanto rilevanti quelli di Carlo Dalla Mura, che collaborò con Il Mondo di Pannunzio; Toni Nicolini fotografo del Touring Club Italiano, Carlo Leidi fondatore dello Slow Food, Tullio Stravisi per vent’anni Presidente del Circolo Fotografico Triestino, Gianenrico Vendramin che si dedicò al mondo contadino friulano, Ilo Battigelli, tra i primi fotografi in Arabia Saudita, Catia Drigo, scomparsa prematuramente e molti altri ancora.
Accanto agli archivi, il CRAF conserva anche tutto quanto è stato il frutto delle campagne fotografiche sul territorio regionale.
Nella sua attività quotidiana, il CRAF supporta le Istituzioni associate delle quali alcune privilegiano le tematiche della memoria locale, altre invece la possibilità di esporre delle mostre, altri sono più interessati a valorizzare la presenza di studenti nel loro territorio, e il CRAF nei limiti del possibile, dà risposte alle più diverse problematiche.
Già nel 1998, con il Consorzio Universitario di Pordenone, l’Erich Lessing Archives di Vienna e il Fox Talbot Museum di Lacock Abbey aveva realizzato l’Ikons Center, archivio virtuale in tre lingue che presentava le eccellenze dei tre partners ed ora la Regione Friuli Venezia Giulia, riconoscendo il CRAF quale polo di riferimento regionale affida al medesimo il compito di concorrere allo svolgimento del complesso di attività indicate sulla base di un piano annuale che prevede, per l'attività legata alla conservazione degli archivi fotografici anche iniziative di censimento e quindi di conservazione e archiviazione vera a propria oltre che di digitalizzazione
Maria Mulas, Coosje van Bruggen, Biennale di Venezia 1984
Il CRAF garantisce anche la fruizione pubblica della biblioteca specializzata attivando i consueti servizi biblioteconomici e partecipando ai Sistemi bibliotecari riconosciuti dalla regione.
Oggi sono conservati oltre 10.000 libri di fotografia, tra cui preziosi incunaboli del XIX° secolo e almeno 50.000 riviste delle quali gran parte provengono dall’Archivio de Il Diaframma di Lanfranco Colombo e che ripercorrono innanzitutto la storia della fotografia italiana dal dopoguerra ad oggi.
Tra le diverse attività indicate nella convenzione, le mostre fotografiche vengono intese in particolare come momento di valorizzazione del patrimonio archiviato e hanno rappresentato già da almeno vent'anni il «biglietto da visita» della stessa Regione FVG in prestigiosi Musei di tutto il mondo.
I progetti formativi, nel corso degli anni hanno visto più di 3000 partecipanti provenienti da Italia, ex Jugoslavija, Austria, Repubblica Ceca. Germania, Stati Uniti, Grecia.
A questi vanno aggiunte le iniziative estive della LABA – Libera Accademia di Belle Arti – di Firenze che negli ultimi 5 anni ha portato consistenti gruppi di studenti a frequentare i corsi estivi nel territorio introducendo un’ idea di «turismo culturale».
Completato l'impegno annuale nell'attività di acquisizione, trasferimento e conservazione dei fondi e degli archivi fotografici (nel 2014 il CRAF – Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia - è venuto in possesso degli archivi di Carlo Dalla Mura, di Francesco Krivec e ha completato il trasferimento dell'archivio di Toni Nicolini) portando la consistenza patrimoniale a oltre 450.000 immagini, l'attività del CRAF per il periodo estivo si concentrerà innanzitutto sulla valorizzazione del patrimonio archiviato attraverso le mostre che costituiranno la rassegna espositiva est diffusa nel territorio quale servizio alle diverse comunità.
Novità sarà è anche il ritorno al nome iniziale della rassegna dato nel 1987, Friuli Venezia Giulia Fotografia a ratificare ciò che sta maturando nel rapporto tra la Regione friuli Venezia Giulia e il CRAF dopo l' inserimento del Centro spilimberghese nella Legge Regionale n.16 (Norme regionali in materia di attività culturali) dell'agosto dello scorso anno.
Mario Giacomelli, da "Paesaggi 1963-1970
Il programma espositivo del 2015 vedrà un prologo a Lignano Sabbiadoro dal 2 aprile ( e fino al 24 luglio) con le Fotografie della Grande Guerra.Da André Kertesz e Carlo Wulz alle foto d'archivio dell'Esercito Italiano, quindi dal 9 luglio al 13 settembre alla Galleria Tina Modotti di Udine I Paesaggi di Mario Giacomelli; il giorno dopo a Cormons (Museo Civico del territorio, dal 10 luglio al 23 agosto) l'omaggio a Carlo Bevilacqua. Lo sguardo e il silenzio.
L'11 luglio a Spilimbergo avrà luogo la cerimonia di consegna del Premio Friuli Venezia Giulia Fotografia, giunto alla 29a edizione a Massimo Siragusa e Claude Andreini e di seguito l'apertura della loro mostre, Lo spazio condiviso e Chicago a Palazzo Tadea (11 luglio-30 agosto).
Lo stesso giorno a San Vito al Tagliamento si aprirà la mostra delle fotografe croate Slavka Pavic e Jelena Blagovic (11 luglio – 9 agosto).
Jilena Blagovic, Family Silver 2009
Il giorno seguente sarà dedicato alle nuove proposte, con la mostra degli studenti del prestigioso FAMU di Praga a Villa Ciani di Lestans mentre al Palazzo Polcenigo di Cavasso Nuovo, Fotografia e contemporaneità, vedrà esposte le opere di ex studenti del CRAF oramai affermati fotografi che espongono in prestigiosi Musei ed insegnanti in Università europee e degli Stati Uniti (12 luglio-30 agosto).
Il 23 luglio (fino all'11 ottobre) a San Vito al Tagliamento sarà la volta di Guardando a Est, trent'anni di lavori realizzati in regione fino ad oggi da Guido Guidi, il 24 luglio alla Galleria Civica d'arte Celso e Giovanni Costantini a Castions di Zoppola (fino al 20 settembre) Fotografia e ritratto, a distanza di vent'anni dalla mostra curata da Italo Zannier e presentata dall'Alinari alla Biennale di Venezia. Nelle Sale Espositive della Provincia dal 24 luglio fino all'27 settembre aprirà La Fotografia francese del Novecento, frutto della collaborazione con il Chateau d'Eau di Tolosa, la galleria Civica di Modena, le Gallerie Paci Contemporary, Minini e Ken Damy di Brescia, Martini e Ronchetti di Genova, Fratelli Alinari Firenze, Scuola di Fotografia della Natura, Fondazione Lartigue, famiglia Lacroix.
Il Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini e Catherine Colonna, Ambasciatrice di Francia in Italia hanno dato il loro patrocinio alla mostra.
L'International Award of Photography alla sua XXa edizione verrà conferito al fotografo ed editore francese Claude Nori, fondatore delle Editions Contrejours e di Camera International.
La cerimonia avrà luogo a Pordenone nella Sala Consiliare della Provincia sabato 24 luglio alle ore 16.30 a cui seguirà l'inaugurazione della mostra.
Ampio spazio verrà anche dedicato alla veicolazione delle mostre prodotte, in particolare d'intesa con gli Istituti Italiani di Cultura e nel 2015 verrà privilegiato l'Istituto Italiano di Cultura di Zagabria.
L'attività del CRAF vedrà riproposti anche diversi workshops (con Guido Guidi e Roberto Salbitani) e corsi sulla conservazione e tutela della fotografia aperti alla più ampia partecipazione.
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