#Lettera a Franco
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marcogiovenale · 2 years ago
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fernando arrabal al teatro della pergola
Fernando Arrabal al Teatro della Pergola   https://www.controradio.it/podcast/fernando-arrabal-al-teatro-della-pergola/
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2023 in books
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Solo dopo averlo comprato mi sono resa conto che l'immagine in copertina fosse un piatto rotto.
Non so se avrò mai la forza di rileggerlo tutto dall'inizio alla fine - ci sono racconti e poesie e lettere tutti incentrati sui terremoti, la maggior parte nel centro Italia, ma non sempre, e non sempre nello stesso secolo. Mi sono identificata nelle persone che morivano lentamente sotto le macerie, nelle persone sopravvissute che hanno perso qualsiasi cosa - sicurezza, amore, ricordi, il posto in cui tornare - nei ricostruttori, nei delusi.
Le immagini sono strazianti, taglienti ed evocative. Bellissimo libro, ma ci vuole forza a leggerlo.
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angelap3 · 8 months ago
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Non la leggerà nessuno...è troppo lunga
Noi siamo nel nostro corpo e anche fuori. Non c’è nessuno che raccoglie il sudore con cui abbiamo aperto la portiera di una macchina in un pomeriggio estivo, non c’è nessuno che conserva lo sguardo con cui abbiamo guardato un cane in un’alba invernale. La nostra vita non ha un dio che la segue e neppure un dio che la precede. Si svolge in disordine, nel disordine delle altre creature. Da qualche parte c’è un albero che potrebbe rimproverarci di avergli staccato una foglia in un momento di distrazione. Non ricordiamo il nome di un vecchio che davanti a una fontana riempiva una bottiglia d’acqua. Non c’è un deposito per queste scene.
Ora ho il cuore come un pulcino e la punta si solleva, si apre, come se potessi nutrirlo di qualcosa. Posso solo scrivere, caro mio cuore, non posso darti altro a quest’ora. Sono le due di notte, non posso chiamare nessuno. Qui non ho neppure la connessione, non posso connettermi con qualche nottambulo in rete. Domani mattina, se vuoi, possiamo andare in un paese. Facciamo quello che abbiamo fatto sempre. Io guardo e tu se vuoi mi fai paura, mi fai credere che ti stai spaccando, lo hai fatto tante volte. La morte passa per il cuore. O forse sei tu caro mio cuore a passare per la morte e io ti seguo mentre fingo di fare la mia vita, io sto con te, cerco di proteggerti perché sei tu che mi fai camminare, sei tu che ti gonfi nell’amarezza e ti fai timido nella gioia. Ora io potrei dormire, lasciarti solo in questa stanza. Non so cosa fai di notte quando non ci sono, quando mi giro nel letto per finire un sogno. Io e te insieme non abbiamo risolto niente, non ci siamo dati nessuna felicità, l’abbiamo sempre evitata. Io e te quando stiamo con gli altri siamo a disagio, perché parliamo tra di noi e non con loro. Ora tu sei diventato una ripida salita e vorresti che io salissi fino in cima. A volte ti fai lago con un mulinello in mezzo. E mi ricordo di quando stavi appoggiato al centro di una ragnatela. In macchina, quando prendevo un fosso, temevo che potessi cadere, come se nel corpo ci fosse il vuoto, come se avessi solo te caro mio cuore nel mio corpo. Per farti spazio me ne sono uscito pure io dal mio corpo, non so quando è accaduto. E non ho lasciato entrare niente, è un cinema senza sedie il mio corpo, una chiesa senza banchi. Sei di nuovo deluso questa sera, lo so, tu ti fai sempre deludere. La realtà non è il tuo posto, non so se il tuo disagio dipende da come marcia il mondo, penso che sia per altro, e non lo sappiamo né tu né io cosa sia.
Ora mi fai male o sono io che ti faccio male. Io so che non sei un muscolo ma una bestia. Chi vede in me una bestia è perché sta vedendo te. Io quando scrivo cerco di farti vedere, mi piace esporti ma non ci riesco. Come si fa a dire quello che sento adesso sulla tua punta, un misto di amaro e debolezza, una crepa e un coltello, tu sei una voragine con me dentro. Ma ogni cuore ha un peso, ogni cuore si strofina a un muro, ogni cuore ha un buio alle sue spalle che nessuno illuminerà mai. I cuori sono come i paesi, non ce ne sono due uguali. Comunque dovremmo farcela ad arrivare fino a domani e può darsi anche che ci sia il sole. Lo so che il sole ti piace e ti fa stare tranquillo. Non saremo felici, stanne certo, ci sarà sempre qualcuno che proverà a incentivare la nostra pena, a sminuire la gioia appena accenna a prendere corpo. Non sono paranoico, credimi, è che forse io e te non stiamo bene insieme, sappiamo solo spiarci, siamo troppo gelosi uno dell’altro. Ora non so più che dirti, che dire. Non ti so dare una soluzione, un luogo, una vita che ci possa esaudire. Posso darti la mia impazienza come tu mi dai la tua. So che fino a quando moriremo sarà sempre così, non avremo pace. E va bene, lo abbiamo detto, lo abbiamo ripetuto, chi voleva saperlo lo ha saputo...
Franco Arminio (Lettera al mio cuore)
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abr · 1 year ago
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Autonomia differenziata: “Non ci sono più le condizioni per proseguire, serve una modifica alla legge Calderoli per evitare disuguaglianze e problemi alla finanza pubblica”, titolona la Busiada aka la Stampa.
E' virgolettato di Giuliano Amato, Franco Bassanini, Franco Gallo e Alessandro Pajno in una lettera in cui spiegano perché lasciano la Commissione Cassese, in polemica sulla definizione dei livelli essenziali di assistenza.
(traduzione: ma quali "livelli essenziali", secondo gli statalisti della magna grecia i livelli assistenziali di tutte le regioni van garantiti pari per tutti a quelli dei più virtuosi, a spese dei più virtuosi. E i "problemi alla finanza pubblica" non sono l'eccesso di spesa ma il rischio che alla Bestia rimanga un po' d'appetito) .
Il solo fatto che burosauri parassiti assistenzialisti come Amato (l'Andreotti dei sinistri) Bassanini Gallo e tal Pajno lascino la commissione, rende persino inutile leggersi la proposta Calderoli: è prova che deve esser proposta di legge BUONA E GIUSTA DA APPROVARE IMMANTINENTE. Grazie per la lecture.
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mucillo · 11 months ago
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Lettera di Natale di Franco Arminio
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Natale e i giorni che lo circondano sono una spina feroce per i dolenti. Il Natale dei vecchi nelle case di cure, il Natale dei carcerati, il Natale negli ospedali. Ma questi giorni sono feroci anche per chi sta a casa e ha la stanza del figlio vuota, il figlio morto a Natale diventa un ferro rovente che ti rovista il cuore. Il Natale di chi sta a casa e sente che è passato troppo tempo e non hai più venti anni e nemmeno quaranta. Il Natale dei bambini circondati da merci più che da da persone, il Natale degli scapoli, quelli che quando tornano a casa la sera sentono il vento che fischia dietro la porta e non ti viene voglia di spostare un bicchiere, di lavare un piatto. Il Natale degli amori sgretolati, delle diffidenze, delle bugie che diciamo agli altri e a noi stessi. Il miserabile Natale di chi ha successo e ne vuole avere ancora di più, il Natale dei delinquenti che prima o poi saranno scoperti, il Natale di chi è stato lasciato e di chi non è stato mai trovato, il Natale del fegato malato, del dente guasto, il Natale degli occhi gonfi, il Natale delle rughe, dei capelli caduti, il Natale di chi non si ama più e di chi non ha amato mai.
Una festa così dovrebbe essere una grande occasione di federare le nostre ferite, dovrebbe essere la festa della verità su chi siamo e su chi vorremmo diventare, da soli e assieme agli altri. E invece abbiamo delegato il nostro dolore ai dolciumi, come se un torrone potesse essere l’avvocato della nostra ansia, un panettone il muro contro l’angoscia.Natale dovrebbe essere il tempo della poesia. La poesia al posto della tombola, la terna di Leopardi, la quintina di Dante. La poesia serve a spiegare la disperazione e a far fiorire la gioia, tutte e due le cose assieme. La poesia serve a lasciare un poco di vuoto dentro di noi, serve a tenere spazio per il ritorno dei miracoli.Nella giostra orrenda delle merci ci siamo dimenticati che in fondo Natale è la festa dei miracoli.
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francescacammisa1 · 4 months ago
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Se vuoi raggiungere il cuore della tua vita cercalo nel cuore del mondo. Non è un luogo preciso, non è in un palazzo del potere, è nelle strade in cui cammini. Devono salire i canti, le poesie, passioni intime e passioni civili. Serve una missione che sia di tutti, serve la grande lotta per abolire le ingiustizie, serve la grande sensualità della rivoluzione per buttare per aria i nidi della paura e della pigrizia, serve qualcosa che ci faccia uscire dall’infermeria. Si tratta di convincerci che se alziamo le nostre fiamme il buio del mondo si va a nascondere. 
Franco Arminio – Lettera a chi non c’era - Parole dalle terre mosse
Lorenzo Quinn Artist
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ambrenoir · 4 months ago
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Lettera agli stronzi
Cari stronzi,
siete tanti e questo vi dà coraggio.
Girate col cartellino in tasca:
ammonire è il vostro passatempo.
Non avete faccende importanti
nella vostra vita,
date la caccia alle miserie degli altri
per dimenticare le vostre.
Io vi riconosco appena aprite la bocca,
vi sento anche quando non vi vedo,
siete registi falliti, creativi che non hanno mai creato niente, poeti
della cenere, fotografi dello sbadiglio,
militanti della purezza immaginaria.
Il vostro tempo è scaduto,
la fiamma della vostra candela
si allunga perché è alla fine.
Sta per venire il tempo dei silenziosi
dei gentili. Il rancore è un ferro vecchio,
Dio è tornato a farci compagnia,
e noi porteremo sulla punta delle dita
il suo chiarore.
Franco Arminio
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missviolet1847 · 1 year ago
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Lettera agli ebrei italiani | il manifesto
Il manifesto» ha pubblicato questo testo la prima volta il 24/5/1989 e una seconda volta il 18 gennaio 2009. I problemi e le domande che pone restano ancora oggi aperti e immutati. Semmai «solo» aggravati.
Ripubblicato 2 giorni fa 4 novembre 2023
# Franco Fortini
# ebraismo # Stato di Israele # antisemitismo # politica israeliana # sionismo # Palestina
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canesenzafissadimora · 2 years ago
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Lo so perché mi sono svegliato alle tre e mezza e perché sono rimasto un'ora nel letto a cercare vanamente di prendere sonno. Lo so perché ora sono qui a scrivere, ma questo non è un tribunale a cui chiedere giustizia. Ricordiamocelo sempre. Hanno inventato un gioco e ci siamo messi dentro. Ognuno fa quello che può per farsi notare. Accade da sempre tra gli umani. Accade che siamo in una cornice di mancanza, come se tutti si aspettassero qualcosa di più dalla vita e dagli altri, ma la vita e gli altri non sono qui per darci qualcosa di più. Quello che c'è, quello che abbiamo è comunque enorme, anche questo sonno rotto è un lusso e il fatto che adesso fuori sia passata una macchina e fra poco mi posso bere un bicchiere d'acqua o posso prendermi un pezzo di cioccolata.
La vicenda romagnola ancora una volta ci ha ricordato che il comportamento degli umani dipende dalla cornice in cui si trovano: lì il fango ha liberato la voglia di essere utili, ha liberato una bontà che normalmente è disoccupata e spesso si tramuta in accidia, rancore gratuito. Sì, esiste il rancore gratuito, esistono persone che sono al mondo per stupirti con la loro cattiveria. Non lo fanno apposta e non c'è niente da fare, è come chiedere alla pioggia di non cadere, alla neve di non sciogliersi. E si tratta comunque di sciocchezze, di piccoli attentati al nostro io, a cui dovremmo attentare da soli e magari preoccuparci d'altro, preoccuparci delle ingiustizie sociali. Non sono un fatto eccezionale, esistono come esiste che nel terremoto cade un casa e non un'altra, come nell'alluvione si allaga una strada e non un'altra. Chi spala il fango cerca di mettere il bene dove è arrivato il male. Chi non si batte contro le ingiustizie sociali non sta spalando il fango, sta in qualche modo facendo un'omissione di soccorso. Non siamo tenuti ad allarmarci per tutto e per tutti, ma dobbiamo saperlo che la povertà è una sventura come un terremoto, come una malattia. Ogni giorno le nostre piccole sventure sono un lusso rispetto a sventure più grandi e bisogna nutrire gratitudine per il fatto che siamo sulla terra, bisogna ringraziare un Dio generoso ogni volta che riusciamo a orientare lo sguardo verso l'essenziale, ogni volta che non ci facciamo distrarre dal penoso esercizio di commentare la fatuezza del giorno. Ora dico grazie al fatto che ho gli occhi aperti, che posso scrivere una lettera, posso leggermi una pagina di Kafka, posso tornare a letto e stare con gli occhi chiusi e poi ritrovarmi nella meraviglia del giorno, magari più tardi arriva un cielo azzurro che manca da molti giorni.
Franco Arminio
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bicheco · 2 years ago
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Servitù volontaria
Va letta e riletta, la lettera di Ricardo Franco Levi, “Commissario Fiera del Libro di Francoforte del 2024”, che comunica al “professore carissimo” Carlo Rovelli di aver annullato la sua lezione alla Buchmesse dell’anno prossimo per i delitti di pacifismo e leso Crosetto. “Con grande pena, ma senza infingimenti”. Per non trasformare “un’occasione di festa e giusto orgoglio nazionale in motivo di imbarazzo per chi rappresenterà l’Italia… al massimo livello istituzionale”. Il dolente scrivente avverte tutto “il peso di questa lettera, che mai avrei voluto scrivere” (sic) e spera “che possa contribuire a non farmi perdere la sua amicizia”. Gran finale: “Con l’augurio di poter presto leggere un suo nuovo libro… le invio il migliore dei saluti”. Manca solo l’epigrafe che Longanesi voleva stampare sul Tricolore: “Tengo famiglia”.
La lettera è un reperto d’epoca, anzi d’epoche, perché avrebbe potuto scriverla qualunque prototipo d’intellettuale italiano in uno qualsiasi degli ultimi sei o sette secoli. È un capolavoro di servitù volontaria, dunque non richiesta, che spiega perché qui l’unica cultura degna di nota è quella autoritaria, qualunque sia l’autorità: l’intellighenzia non si concepisce come contropotere, ma come protesi e lingua del potere. Ha sempre bisogno di un padrone da servire. Se il padrone ordina, obbedisce. Se l’ordine non arriva, lo previene. Se il padrone cade, se ne cerca un altro. E non cambia mai idea, non avendone di proprie: cambia soltanto padrone. Il tapino Ricardo (con una c sola) – già giornalista per insufficienza di prove di Sole 24 ore, Corriere, Giorno, Messaggero e Stampa, fondatore-affondatore dell’Indipendente “liberal��� (senza e), sottosegretario di Prodi, portavoce di Veltroni e ora presidente degli editori – è persino sincero, nella sua viscida cortigianeria censoria. Per lui, come per ogni maggiordomo, un intellettuale che critica il potere non è normalità democratica: è un’anomalia da stroncare prima che faccia precedente. Più del censore, che ora si rende due volte ridicolo con la retromarcia per ordine del governo, fanno pena i censori del censore (tipo Crosetto, che aveva invitato Rovelli a occuparsi di buchi bianchi e non del buco nero dei suoi conflitti d’interessi armati). Sono come Levi: per 15 mesi hanno stilato liste di fantomatici putiniani, silenziato e insultato i pacifisti, tentato di chiudere i programmi che li ospitano, ostracizzato artisti e autori russi (memorabile, ieri, il teatrino di Vespa e altri camerieri ai piedi di Zelensky). Ora la censura “liberal” e “progressista” si salda con quella della destra, che ne raccoglie i frutti senza neppure muovere un dito. Come disse Mussolini negli ultimi giorni di Salò: “Come si fa a non diventare padrone in un Paese di servi?”.
Marco Travaglio
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marcogiovenale · 11 months ago
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lettera agli ebrei italiani / franco fortini. 1989
Franco Lattes Fortini   Ogni giorno siamo informati della repressione israeliana contro la popolazione palestinese. E ogni giorno più distratti dal suo significato, come vuole chi la guida. Cresce ogni giorno un assedio che insieme alle vite, alla cultura, le abitazioni, le piantagioni e la memoria di quel popolo e – nel medesimo tempo – distrugge o deforma l’onore di Israele. In uno spazio che…
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agrpress-blog · 6 months ago
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L'addio a Franco di Mare: emozioni e ricordi alla cerimonia funebre Nel cuore di Roma, nella suggestiva chi... #FrancoDiMare #funerali #giornalismo https://agrpress.it/laddio-a-franco-di-mare-emozioni-e-ricordi-alla-cerimonia-funebre/?feed_id=5334&_unique_id=664c250da157b
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bongianimuseum · 8 months ago
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Pavilion Locust Valley, “Generazione Marginali Attivi Ovunque – Active Marginal Generation Everywhere”
Presentazione di Sandro Bongiani
Salerno, 4 aprile 2024
Dopo la mostra del progetto internazionale dal titolo “LiberaMente / Is Contemporary Art a Prison?” a cura di Sandro Bongiani, presentato ufficialmente il 2 ottobre 2023 presso la Galleria Sandro Bongiani Vrspace ecco un altro importante appuntamento sul tema  dello straniero ovunque, ovvero,“Generazione Marginali Attivi Ovunque, in cui viene segnalata la condizione  di diverse generazioni di artisti marginali attivi che in modo originale e solitario hanno continuato a lavorare nell’isolamento  collettivo, alcuni anche per diversi decenni non curandosi  minimamente del mercato e del sistema ufficiale dell’arte producendo nel tempo opere per certi versi non conformi ai dettami imposti dal mercato e proseguendo in un cosciente viaggio  isolato e personale. Sono presenti a questo evento collettivo, ognuno con una propria personale artisti importanti come: Ray Johnson, Guglielmo Achille Cavellini, Shozo Shimamoto, Clemente Padin, Lamberto Pignotti, Giovanni Fontana, Paolo Scirpa, Marcello Diotallevi, Giuliano Mauri, Giulia Napoleone, Pietro Lista, Paolo Gubinelli, Giovanni Leto, Coco Gordon, Anna Boschi, John M. Bennett, Nicolò D’Alessandro, Enzo Patti, Serse Luigetti, Franco Panella, Ryosuke Cohen, Ernesto Terlizzi, Mauro Magni, Andrea Bonanno, Gabi Minedi, Raffaele Boemio, Ruggero Maggi e Reid Wood.
L’espressione “Stranieri Ovunque” scelto da questa 60. Biennale Internazionale di Venezia 2024 ci vuole far intendere che ovunque si vada e ovunque ci si trovi  l’artista nel profondo sarà sempre uno straniero. Non viene mai per niente sottolineata la condizione di disagio dell’artista poco compreso dal sistema dell’arte. Questa è l’altra faccia della medaglia per niente  indagata a questa 60. Biennale di Venezia. Inoltre, ci preme sottolineare al curatore Adriano Pedrosa che aveva preso  in prestito il titolo di questa biennale da un’opera «Foreigners Everywhere» (2005) del collettivo italo-britannico Claire Fontaine, che in un tempo non recente ma già remoto rispetto l’opera di Claire Fontaine vi è stato un autentico “stranger” come il siciliano Ignazio Corsaro  vissuto per diverso tempo a Napoli fino alla sua scomparsa avvenuta nel 2013 che dal 1986 in poi ha indagato insistentemente la condizione dell’artista “stranger” producendo a proprie spese  senza alcun finanziamento pubblico da parte delle istituzioni  un  insolito bollettino semestrale edito a  Napoli dal titolo “Lo Straniero”, in cui metteva in evidenza l’isolamento dell’artista contemporaneo di fronte a un sistema arrogante che costringe e umilia. Infatti, nell’anno III  numero 5 del semestrale Lo Straniero del 1988 scriveva: “Prima o poi anche tu sbatterai contro “lo straniero” perché il vero straniero non è un estraneo ma te stesso”. Nello stesso numero in una lettera/confessione il qui presente, immaginando di essere Caravaggio, (chi più di lui può essere considerato uno straniero), rispondeva:  Caro Ignazio, approfitto di questa occasione per parlare di un necessario “armistizio” tra chi si contende l’arte, da una parte l’artista, che sceglie questa professione perché spera di sfuggire alla morsa alienata della vita a vedere il mondo a modo suo alla ricerca della libertà. Dall’altro i mercanti, gli speculatori e i profeti dell’ultima ora che vedono nell’attività creativa lo strumento che fa leva sulle ambizioni dell’uomo: ricchezza, potere, successo. Un armistizio implicherebbe un riposo dell’arte,  gli artisti, finalmente nella quiete dei loro studi potrebbero dedicarsi con passione e pazienza alle loro ricerche inutili, senza preoccupazioni, come uomini saggi e felici piuttosto che cambiavalute angosciati. ”Da diverso tempo abbiamo deciso di dare la giusta attenzione a generazioni di artisti del panorama contemporaneo; in particolare alle generazioni nate tra gli anni 20’ e gli anni 70’ non pienamente considerati  da parte della critica e dal sistema dell’arte spesso confuso  e arrogante che preferisce proporre insistentemente proposte deboli, valorizzando  volutamente artisti a servizio del potere culturale, come in questa Biennale di quest’anno incentrata  sull’emigrazione intesa come osservatorio privilegiato del presente con una decisa e massiccia presenza  a Venezia di artisti provenienti dal sud del mondo di matrice indigena, ovvero artisti provenienti da comunità o aree geografiche considerate marginali. Tutto ciò ci appare un deludente  stratagemma  per buttare fumo negli occhi e nascondere di fatto i veri problemi che da diverso tempo agitano le coscienze e le proposte libere relegate, purtroppo, ai margini dal sistema ufficiale dell’arte, di artisti volutamente in controtendenza rispetto alle “inscenate”  imposte dal sistema  culturale planetario dell’arte, presenze già da tempo trascurate e rimaste in ombra rispetto le dinamiche di mercato e dagli approcci sensazionalistici che caratterizzano l’arte di oggi.  Ad un tema  generico scelto da  questa biennale abbiamo preferito segnalare la condizione difficile e marginale attiva di 28 artisti di diverse generazioni e  latitudini del mondo costretti a vivere  da “straniero sempre”, non semplicemente nel senso geografico del termine  ma soprattutto  umano e esistenziale. 
Ecco una sorta di convinta rilettura non visibile quest’anno a Venezia ma presente  per l’occorrenza in un padiglione  del tutto virtuale, con un’area immaginaria di 28 sale presso il Pavilion Locust Valley in cui sono stati coinvolti 28 artisti in altrettanti mostre personali in un lucido e suggestivo percorso, ognuno con la propria specifica personalità e intensità creativa per una condivisione globale via web  a 360 gradi in tutto il mondo a basso contenuto di emissioni CO2.
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piccolopeccato · 8 months ago
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"Lettera agli stronzi”: una poesia di Franco Arminio
Cari stronzi,
siete tanti e questo vi dà coraggio.
Girate col cartellino in tasca:
ammonire è il vostro passatempo.
Non avete faccende importanti
nella vostra vita,
date la caccia alle miserie degli altri
per dimenticare le vostre.
Io vi riconosco appena aprite la bocca,
vi sento anche quando non vi vedo,
siete registi falliti, creativi che non hanno mai creato niente, poeti
della cenere, fotografi dello sbadiglio,
militanti della purezza immaginaria.
Il vostro tempo è scaduto,
la fiamma della vostra candela
si allunga perché è alla fine.
Sta per venire il tempo dei silenziosi
dei gentili. Il rancore è un ferro vecchio,
Dio è tornato a farci compagnia,
e noi porteremo sulla punta delle dita
il suo chiarore.
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dominousworld · 8 months ago
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IL DISCEPOLO PERFETTO
a cura di Franco Giovi Non si addice allo gnostico essere scostante e sgraziato con chi l’avvicina. Poiché è segno di un uomo che non conosce le ragioni degli esseri. (liber gnosticus, 125) Chiamo nostra razza non quella di chi a noi è congenere per natura, ma quella che lo è per condizione. (lettera 53) Se vuoi sapere a che punto ti trovi, non paragonarti a quello che eri, ma a quello che sei…
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francescacammisa1 · 1 month ago
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Per i terremoti non ci sono cure, non dipendono dal riscaldamento climatico, non sono i nostri comportamenti che portano la terra a tremare. E la stessa cosa accade nel profondo di noi stessi, non possiamo entrare e uscire a piacimento della nostra inquietudine, possiamo solo provare qualche esercizio di consolazione. Il punto è imparare a tremare, sapere che venire al mondo significa stare sulla bocca del cratere. Ogni giorno può entrare nella nostra pelle una spina e noi a nostra volta possiamo entrare nella spina, farci piccolissimi, volare via come una foglia.
Franco Arminio – Lettera a chi non c’era - Parole dalle terre mosse
Ph Jake Chessum
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