#Lapide commemorativa
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pier-carlo-universe · 17 days ago
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La memoria è vita: Inaugurazione della lapide commemorativa delle vittime del Ponte Morandi ad Arquata Scrivia.
Un evento per onorare il passato e costruire il futuro.
Un evento per onorare il passato e costruire il futuro.Sabato 1 febbraio 2025, alle ore 16.00, il Comune di Arquata Scrivia ospiterà una cerimonia commemorativa presso l’atrio del Palazzo Comunale, per ricordare le 43 vittime del crollo del Ponte Morandi avvenuto il 14 agosto 2018. Un’occasione carica di emozione e significato, che vedrà la partecipazione di autorità, associazioni locali,…
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gennarocapodanno · 9 months ago
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Via Tino di Camaino, 22
Napoli, 17 maggio 2024: anniversario dell’assassinio di Maurizio Estate Cerimonia commemorativa con lo svelamento della nuova lapide Foto e lapide di Maurizio Estate            “ Il 17 maggio cade il trentunesimo anniversario del brutale assassinio di Maurizio Estate, vittima innocente della criminalità e medaglia d’oro al valore civile, spirato tra le braccia del padre, dopo che gli avevano…
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delectablywaywardbeard-blog · 11 months ago
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Fosse Ardeatine, ministri Roth e Sangiuliano rendono omaggio alle vittime
ROMA (ITALPRESS) – In occasione dell’ottantesimo anniversario della strage delle Fosse Ardeatine, stamane, la Ministra di Stato per la Cultura e i Media del Governo federale della Germania, Claudia Roth, e il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano sono stati al Mausoleo delle Fosse Ardeatine per deporre una corona di fiori davanti alla lapide commemorativa dell’eccidio.Presente anche il…
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realvotivastore · 5 years ago
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Croci e crocifissi in bronzo per lapidi, tombe e cappelle cimiteriali. Croce in bronzo con decorazione dorata - Linea Olla Fela
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aki1975 · 4 years ago
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Milano - Santo Stefano - Lapide commemorativa dell’assassinio del Duca Galeazzo Maria Sforza - XVIII sec.
Nel 1441 il Duca di Milano Filippo Maria Visconti dà in sposa la figlia Bianca Maria al condottiero Francesco Sforza che aveva fronteggiato nel conflitto con Venezia per poi morire nel 1450. Dopo tre anni di repubblica ambrosiana, Francesco Sforza riesce a farsi Duca ed inizia a ricostruire il Castello di Porta Giovia e ad edificare la Ca’ Granda. 
Il figlio Galeazzo Maria, divenuto Duca nel 1466 alla morte del padre, sposò Bona di Savoia, ma venne assassinato nella Chiesa di Santo Stefano nel 1476.
Gli successe Gian Galeazzo con la reggenza della madre e fu supportato dal segretario Cicco Simonetta finchè lo zio, Ludovico il Moro prese il potere e sposò Beatrice d’Este nel 1491, ma fu scacciato dai francesi che erano scesi a Napoli nel 1494 con Carlo VIII e con Luigi XII nel 1500 e Milano resto in mano agli stranieri per più di quattro secoli.   
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maddalenarobin · 5 years ago
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Quando torneremo a viaggiare torneremo da Walter Benjamin. Percorreremo il suo ultimo tragitto e ci fermeremo nel luogo in cui scelse di morire. Partiremo da Marsiglia; perché lì era arrivato, in una giornata d’agosto, da una Parigi occupata dai tedeschi. Uno tra i tantissimi esuli, che erano scesi a sud e si erano bloccati di fronte al mare. Avrebbe voluto rifugiarsi in Inghilterra ma, non essendo riuscito a ottenere un permesso d’uscita francese, aveva deciso di andare a piedi fino in Spagna, attraversando i Pirenei, come facevano centinaia di altri profughi e di lì trovare un imbarco verso gli Stati Uniti. “Non senza amarezza mi piego all’infausta costellazione che sembra sovrastarci”. Con queste parole il 20 agosto 1940, Benjamin lasciò Marsiglia con un passaporto rilasciato dall’American Foreign Service e il visto di transito del consolato spagnolo; portava la sua pesante cartella di cuoio nero, dentro la quale era il suo ultimo manoscritto la cosa più importante per lui: “Il manoscritto deve salvarsi. Vale più della mia stessa vita”. Con lui erano quella che sarebbe diventata la seconda moglie di Erich Fromm, e il di lei figlio sedicenne.
Da Marsiglia ci muoveremo anche noi in direzione sud lungo la costa del Golfo del Leone; attraverseremo la Camargue e poi giù fino al porto di Sète e ancor più giù fino a Narbonne e poi Perpignan fino ad arrivare a Port-Vendres, a 18 km dal confine con la Spagna.
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Perché fu a a Port-Vendres che i tre profughi si fermarono, da Lisa Fittko (moglie di Hans Fittko che era stato internato con Benjamin nel campo di Verruche), che li avrebbe aiutati ad oltrepassare il confine.
Seguendo i passi di Benjamin percorreremo la Route Lister, una via usata da tempo immemore dai contrabbandieri, perché, passando attraverso i vigneti carichi dell’uva dolce e scura di Banyuls, si snoda ai piedi di un costone che protegge dalla vista delle guardie francesi di pattuglia. Benjamin, che soffriva di cuore, risalì con molta fatica quell’ultimo tratto verso la libertà, camminava molto lentamente e respirava a fatica, ma ce la fece e, mentre il sole calava sul 25 settembre 1940, lui e i suoi compagni di viaggio raggiunsero la vetta ed entrarono in Spagna.
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Chissà cosa provò davanti allo stupefacente panorama che si presentò ai suoi occhi, con l’azzurro intenso del Mediterraneo e la ferrigna scogliera che precipitava a picco nel turchese della costa spagnola. Certo è che entrò in Spagna pieno di speranza; ma quella speranza si infranse immediatamente all’ufficio della dogana di Portbou.
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Proprio da quel giorno, infatti, entrava in vigore un decreto emanato dal governo Petain, in accordo con Madrid, che impediva agli apolidi di entrare in Spagna se non muniti di un’autorizzazione di espatrio francese. Hannah Arendt, ricordandolo, scrisse: “La sfortuna gli si era incollata sulla pelle. Un giorno prima Benjamin sarebbe passato senza problemi”. Per Benjamin invece la libertà era diventata impossibile. Il giorno dopo sarebbe dovuto ritornare nella repubblica di Vichy e per lui ciò significava la deportazione e il campo di sterminio. Quella notte stessa Benjamin decise di suicidarsi, scrisse un’ultima lettera indirizzata ad Adorno e si uccise con le compresse di morfina, che aveva portato con sé proprio per non cadere in mano ai nazisti: “la mia situazione senza speranza non mi lascia altra scelta che uccidermi. È in un piccolo villaggio dei Pirenei, dove nessuno mi conosce, a Port-Bou, che la mia vita finisce”.
Fu sepolto nel cimitero comunale, i suoi compagni di viaggio pagarono l’affitto del loculo per soli cinque anni. Dopo tale periodo il suo corpo fu calato in una fossa comune, il che rese impossibile la sua identificazione. Impressionate dal suicidio di Benjamin, le guardie di frontiera consentirono agli altri fuggiaschi di proseguire. A Portbou finirà anche il nostro viaggio; ci fermeremo lì ,in quel minuscolo villaggio di frontiera spagnolo, che ti accoglie con un Guernica strizzato tra i condomini, a rendere omaggio alla memoria di un grande uomo nell’unico modo possibile: riflettendo sulle guerre di ogni tempo e natura, sulla barbarie di un mondo, che da sempre si fa dominare dal capitale, sull’indifferenza verso i più deboli, che ne sono vittime indifese e invisibili. E non c’è posto migliore per farlo di questo monumento “in memoriam”, ideato dallo scultore Dani Karavan e da lui chiamato Passatges (con riferimento all’opera incompiuta di Benjamin, Passagenwerk), inteso come un luogo di passaggio del divenire storico.
Il monumento si tuffa nel mare, di fronte ad una piccola scogliera; si trova a pochi metri dal cimitero municipale, dove una lapide commemorativa suggella i resti del filosofo berlinese. Scendendo le scale di quel non-luogo che, coperte da un tunnel in acciaio conducono verso il mare, il nostro cammino è interrotto da una parete di vetro, sulla quale è inciso, un frammento di Benjamin: “È compito più arduo onorare la memoria di esseri anonimi che non quella di persone celebri. La costruzione storica si consacra alla memoria di coloro che non hanno un nome”. Credo sia proprio questo ciò che chiede ora Benjamin, il nostro “essere qui” non dovrà essere solo un pellegrinaggio al luogo in cui lui visse le sue ultime ore. A Portbou convergono molte vite, sono quelle di chi, ancora oggi, condivide con Benjamin la condizione di prigioniero, improvvisamente privato di ogni diritto e che non riesce più a comprendere dove si collochino la linea dell’amicizia, quella della lealtà, quella della dignità di sé. Quella di Benjamin era la dimensione del fuggitivo, del profugo, una condizione che rappresenta la genealogia delle molte scene che riempiono la nostra quotidianità. La nostra quotidianità, che è il sistema politico malato e incancrenito in cui viviamo, che impone un linguaggio pubblico escludente, in cui la paura e l’odio per il diverso non ammettono la possibilità di pensare a una politica di accoglienza. Inevitabile è anche pensare al suicidio: Una vita che si interrompe è un libro chiuso per sempre e, se il libro è stato chiuso volontariamente, si possono solo fare ipotesi. Perché si uccise? Fu un atto di libertà, come scrive Hannah Arendt in Le origini del totalitarismo: “uccidersi in condizioni drammatiche quando la propria vita è in mano ai tuoi carnefici, o rischia di divenire loro preda, corrisponde a un atto di libertà. Ovvero è la dimostrazione che ancora si possiede una personalità e dunque si è ancora proprietari del proprio corpo”? Oppure non aveva più voglia di lottare e ha deciso di lasciare che il mondo si chiudesse su di lui perché lo sforzo di immaginare la sopravvivenza era superiore alla sua immaginazione. Non c’era salvezza, e desiderava uccidersi. Era certo che, tra poco, ci sarebbe stata un’altra guerra mondiale, distruggendo per sempre la civiltà umana. Nel 1940, attraverso Angelus Novus Benjamin, esprimeva la sua visione messianica della storia, l’attesa perpetuamente insoddisfatta di una redenzione a venire, in cui l’essere umano sarà portato lontano dal tempo e dal progresso, lasciandosi alle spalle le tragedie e gli orrori che l’umanità ha creato, seminando morte e distruzione ad ognuno dei suoi passi. Riscattare questi orrori e rendere giustizia alle vittime non è secondo Benjamin, un compito di una divinità né della storia dell’umanità: le macerie della storia non trovano giustificazione, non acquisiscono dignità per ciò che hanno prodotto o per quello che hanno rappresentato e la storia dell’uomo è da sempre la storia di sangue e morte. Per questo l’Angelo di Klee guarda angosciato il passato, mentre il vento lo spinge via, quando vorrebbe restare tra quelle vittime per tenerle strette a sé, per garantire ad esse un significato di qualche tipo. L’unica redenzione possibile è quella offerta dalla memoria: solo serbando il ricordo delle vittime, e perciò testimoniando della loro morte, dell’insensatezza della loro sconfitta e delle loro sofferenze, si può interrompere il giogo della visione della storia ufficiale, raccontata dai vincitori, dell’engeliano “carro trionfale che incede su cumuli di cadaveri”.
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“C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradio, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che gli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta”. Se l’Angelo della Storia ha il viso rivolto al passato, verso dove o verso cosa era rivolto quella notte di settembre il viso di Walter Benjamin, uomo libero, filosofo ed ebreo errante dal 1933? Seduti a Portbou, di fronte al tramonto sul Mediterraneo cercheremo di capire.
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  La strada verso Portbou e gli ultimi sguardi di Walter Benjamin Quando torneremo a viaggiare torneremo da Walter Benjamin. Percorreremo il suo ultimo tragitto e ci fermeremo nel luogo in cui scelse di morire.
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corallorosso · 6 years ago
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La mia città: Saluti romani e Bella Ciao L’Eccidio congela la città La piazza di Schio ancora una volta divisa. Ieri mattina centro storico blindato da una massiccia presenza di forze dell’ordine per le cerimonie commemorative collegate all'Eccidio di Schio, avvenuto nella notte tra il 6 e 7 luglio del 1945. Da un lato l’iniziativa organizzata davanti alle ex carceri di via Baratto da Continuità Ideale, a cui ha aderito anche Veneto Fronte Skinhead, per un totale di circa 150 partecipanti tra militanti e simpatizzanti. E subito dopo quella promossa dal comitato Schio Antifascista, con ampia partecipazione da parte di Anpi, Avl, Cgil e Rifondazione, celebrata da altrettante persone nel cortile della biblioteca davanti alla lapide dei partigiani fratelli Bogotto. A 74 anni da quei fatti, le cerimonie si sono svolte quest’anno con limitati disagi per i cittadini poiché le strade sono state chiuse al traffico solamente nei momenti di effettivo svolgimento delle iniziative. Molto evidente invece il quasi raddoppio delle presenze di manifestanti della destra estrema delle due associazioni, non solo appartenenti a gruppi locali, ma soprattutto provenienti da diverse province venete e da Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Trentino Alto Adige. Arrivati in centro con un pullman doppio, hanno effettuato un breve corteo fino alle carceri. Quindi hanno commemorato le 54 vittime del fuoco partigiano con la tradizionale deposizione di una corona di fiori, dando poi lettura dei nomi e proponendo un momento di riflessione e commento storico, accompagnati da saluti romani di massa. «Vista l’impossibilità di reperire un lefevriano, quest’anno non ci sarà un momento di preghiera ufficiale, saremo senza preti - ha sottolineato Luigi Tosin, presidente di Continuità Ideale - e ne facciamo volentieri a meno». Il corteo antifascista è partito invece da piazza Rossi, stavolta senza striscioni o cori, e tranquillamente ha raggiunto la lapide dei fratelli Giacomo, Germano e Natalino Bogotto. Nel ricordarli, il portavoce delle sezioni Anpi Val Leogra, Antonio Angelina, ha ribadito «l’impossibilità a riconoscere ancora la valenza del Patto di concordia civica, non vogliamo neanche più sentirne parlare vista la costante e numerosa presenza di fascisti ogni anno a Schio, affiancati anche da amministratori politici locali. Negli ultimi anni abbiamo sempre firmato un accordo per non vedere presenze fasciste, ma ogni volta eccoli qua a fare le loro rappresentazioni, non solo alla domenica ma anche alla messa commemorativa. Quando bisogna agire, ci aspettiamo che i nostri amministratori politici intervengano e prendano posizione. Purtroppo invece - conclude il portavoce - li vediamo dall'altra parte, mentre qui con noi non ce n'è neanche uno». E per concludere la cerimonia, gli antifascisti hanno intonato le note di “Bella Ciao”. Silvia Dal Ceredo (il giornale di vicenza)
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paolocentofanti · 2 years ago
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Canale Fede e Ragione: Il Presidente Meloni alla cerimonia per i giornalisti ebrei perseguitati dalle leggi razziali
Canale Fede e Ragione: Il Presidente Meloni alla cerimonia per i giornalisti ebrei perseguitati dalle leggi razziali
Il Presidente Meloni: leggi razziali punto più basso della storia italiana. Così il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nel suo intervento all’inaugurazione, presso la sede dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio, della lapide commemorativa dei giornalisti ebrei perseguitati a seguito delle leggi razziali. “Le leggi razziali – ha affermato il premier – rappresentano il punto più basso della…
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tradizioni-barcellona · 2 years ago
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🔹 Felice Alessandro Giunta Cerimonia di scopertura della lapide commemorativa Giovedì 20 Ottobre 2022 ♦️ ore 10:00 Presso Palacultura Barcellona Pozzo di Gotto (Me) #Sicilia Tradizioni Barcellona Pozzo di Gotto - Sicilia Arte - Storia - Cultura Fede e Devozione Popolare #Tradizioni_Barcellona_Pozzo_di_Gotto_Sicilia #Sicilia_Terra_di_Tradizioni (presso Palacultura Bartolo Cattafi) https://www.instagram.com/p/Cj20a6XIgFE/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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claudiodangelo59 · 2 years ago
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Spinazzola . Lapide commemorativa dei Caduti di Dogali. Quando il ricordo di chi per la Patria era “sacro” nutrimento per le giovani generazioni e culto religioso per il popolo italiano.
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25 aprile, Mattarella depone corona su lapide commemorativa eccidio Boves
Il presidente della Repubblica rende omaggio alla prima citta’ martiresource
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cinemanews97 · 3 years ago
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Monumenti ai Caduti nelle Marche
Monumenti ai Caduti nelle Marche
Macerata: Monumento ai Caduti. Progetto dell’architetto Cesare Bazzani. Inaugurato il 1 ottobre 1933Monumento nazionale di Castelfidardo e SacrarioCerreto d’Esi e FabrianoCastelraimondo e Castel Santangelo sul NeraAncona e Urbisaglia con lapide commemorativa ai caduti della 1 Guerra mondiale situata sulla torre civica Foto di http://www.pixabay.com/it/users/cretulaurentiu-3181825/
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locuslocus · 6 years ago
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Germano Contro il muro di una casa, una lapide commemorativa, messa lì apposta per me che passavo, intitolata al signor Germano:
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mariodavidmascia · 3 years ago
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RICORDARE LA PRIMA NAVE DI PROFUGHI EBREI VERSO ISRAELE È stato approvato oggi all'unanimità dal Consiglio Comunale di Genova il mio ordine del giorno 'fuori sacco' che impegna il Sindaco e la Giunta in vista dell'anniversario del 14 dicembre 2021, "ad installare un piccolo monumento e/o una targa commemorativa" a perenne ricordo della storica partenza dal porto di Genova, il 14 dicembre 1945, della “Hannah Senesh”, la prima nave che portó 252 ebrei, profughi dei campi di sterminio nazisti, verso la nuova Patria d’Israele. È una iniziativa di cui mi sono fatto volentieri portavoce e ho voluto condividere con tutti i capigruppo in Consiglio comunale, perché nasce da una richiesta indirizzata al nostro Sindaco Marco Bucci dal Presidente di APAI - Italia Israele Bruno Gazzo e dal Presidente della Comunità Ebraica di Genova, Ariel Dello Strologo". La 'Hanna Senesh', ribattezzata così in onore della giovane eroina nazionale che il giorno della sua esecuzione (7 novembre 1944) scrisse nel diario 'nel mese di luglio avrò 23 anni/ho scommesso su un numero/i dadi hanno girato/ho perso fu la prima nave a salpare verso Israele rompendo l'embargo imposto dalle forze di sicurezza britanniche:l'equipaggio del Quarto Battaglione del Palmach e gli attivisti di 'Hamossad for Aliyah Bet' organizzarono una festa per il capitano italiano Ansaldo e il suo equipaggio nel kibbutz Beit-Oren e durante la festa Ansaldo parlò calorosamente del significato umanitario dell'impresa, con parole talmente profonde da fornire ispirazione alla famosa poesia scritta in seguito da Natan Alterman dal titolo 'Un discorso di risposta a un capitano italiano. L'auspicio è che l'installazione, magari di un pietrone grezzo ovoidale con una lapide inserita, venga realizzata in testata ai magazzini del Cotone, perché fonti storiche riportano che l'imbarco avvenne da uno dei moli all’estrema sinistra del porto". (presso Porto Antico di Genova) https://www.instagram.com/p/CU-pOwGgVhE/?utm_medium=tumblr
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paoloxl · 6 years ago
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Forza Nuova commemora Ettore Muti: proteste e striscioni della Rete antifascista
Domenica mattina la Rete Antifascista di Ravenna si è opposta alla commemorazione da parte dei neofascisti degli Arditi d’Italia e di Forza Nuova del gerarca fascista Ettore Muti davanti al cimitero monumentale della città, appendendo uno striscione contro il movimento di estrema destra. 
“Ci siamo ritrovati accerchiati da Polizia, Polizia Municipale, Carabinieri, Digos e Ros perché non riteniamo né giusto, né legittimo che avvengano tali manifestazioni esplicite di apologia di fascismo- commentano i membri della rete - Eravamo in tanti a cantare "Bella Ciao" mentre i forzanovisti gettavano nel canale una corona commemorativa di fronte a una lapide a Ettore Muti. 
La Rete Antifascista Ravennate invita tutti coloro che rifiutano questo clima di odio e chi lo perpetra, all’interno delle istituzioni e non, a far sentire la propria voce e la propria presenza, a scendere nelle piazze, a urlare a squarciagola il proprio pensiero. Non lasciamo spazio di azione a questi anacronistici tentativi di propaganda populista e spicciola". Nella notte, inoltre, sono comparsi in giro per la città alcuni manichini appesi a testa in giù ritraenti lo stesso Muti.“
una prima commento da un compagno di Ravenna. 
Compagni ciò che è successo in questi giorni a Ravenna, dimostra che rispondere con ogni mezzo necessario ai fascio populisti, razzisti....è necessario e possibile!...abbiamo vinto una battaglia in una piccola città...è possibile vincere la guerra, bisogna organizzarsi e combattere su tutti i fronti, considerando che ogni compagno deve dare quel che può a seconda delle proprie possibilità....ma deve dare tutto quel che può!...ogni vittoria non è mai e mai sarà merito del singolo ma frutto della lotta collettiva!....ora e sempre RESISTENZA...VIVA L'ANTIFASCISMO MILITANTE!...MORTE AI FASCIO POPULISTI E A TUTTI I RAZZISTI, CRIMINALI E SERVI DEI PADRONI!
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paolocentofanti · 2 years ago
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Il Presidente Meloni alla cerimonia a Roma per i giornalisti ebrei perseguitati dalle leggi razziali
Il Presidente Meloni alla cerimonia a Roma per i giornalisti ebrei perseguitati dalle leggi razziali
Il Presidente Meloni: leggi razziali punto più basso della storia italiana. Così il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nel suo intervento all’inaugurazione, presso la sede dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio, della lapide commemorativa dei giornalisti ebrei perseguitati a seguito delle leggi razziali. “Le leggi razziali – ha affermato il premier – rappresentano il punto più basso della…
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