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#Lago Maggiore tra misteri
dominousworld · 1 year
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Lago Maggiore tra misteri, spie e intrighi
Lago Maggiore tra misteri, spie e intrighi
a cura della Redazione 05 giugno 2023 Lago Maggiore – Una spia del Mossad in pensione è stata uccisa insieme a due agenti dei servizi segreti italiani e una donna russa in un misterioso incidente sul Lago Maggiore, dove un’imbarcazione che trasportava dozzine di agenti dei servizi segreti si è misteriosamente capovolta. L’incidente è avvenuto la sera del 28 maggio. I funzionari della regione…
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personal-reporter · 1 year
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Il Cuore Incantato del Lago Maggiore: Episodio 3 - "Il Segreto del Medaglione"
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Con il segreto dell'isola segreta custodito gelosamente, Riccardo e Sofia tornarono a Ponte Blu portando con sé il medaglione e le meravigliose scoperte fatte alla Rocca di Arona. Si riunirono con gli anziani del paese e con Carlo, il saggio custode del lago, per condividere la loro avventura e rivelare l'esistenza dell'isola segreta. Gli anziani, ascoltando con grande attenzione, capirono che il destino del lago era profondamente intrecciato con la protezione dell'isola segreta e del Cuore del Lago. Ciascuno di loro vide nel medaglione il simbolo di una profezia antica, e compresero che Riccardo e Sofia erano stati scelti per svolgere un ruolo cruciale nella sua realizzazione. Carlo, che aveva osservato il lago e i suoi misteri per decenni, spiegò che il Cuore del Lago era la fonte di energia vitale che nutriva il lago e la sua bellezza senza tempo. Era un'essenza magica che manteneva l'equilibrio tra la natura e l'umanità, e proteggerlo era essenziale per garantire la prosperità della regione. Tuttavia, c'era un altro elemento rivelato dal manoscritto e dal libro antico. La profezia prediceva l'arrivo dell'Ordine degli Abissi, un'organizzazione oscura che avrebbe cercato di sfruttare il potere del lago per i propri scopi malefici. Era compito di Riccardo e Sofia scongiurare questa minaccia e proteggere il Cuore del Lago a tutti i costi. Con determinazione e coraggio, Riccardo e Sofia decisero di addestrarsi per prepararsi alla battaglia contro l'Ordine degli Abissi. L'anziano Carlo e gli altri custodi del lago li guidarono, insegnando loro antichi incantesimi e strategie di difesa per sostenere il potere magico del lago. Intanto, le notizie sull'esistenza dell'isola segreta e del Cuore del Lago si diffusero rapidamente tra gli abitanti di Ponte Blu. Alcuni erano entusiasti all'idea di poter visitare l'isola e sperimentare la sua magia, ma altri si mostrarono più scettici, temendo che la sua rivelazione potesse attirare persone con intenzioni malvagie. In questo periodo, Riccardo e Sofia dovettero anche affrontare sfide personali. Le loro famiglie e amici li supplicarono di abbandonare la pericolosa missione e di restare al sicuro a Ponte Blu. Tuttavia, il loro amore per il lago e la determinazione di proteggere il Cuore del Lago li spinsero a continuare la loro avventura, fiduciosi che la profezia li avrebbe guidati verso il giusto cammino. Mentre la data della lotta contro l'Ordine degli Abissi si avvicinava, Riccardo e Sofia si interrogavano sul significato del simbolo inciso sul medaglione. Continuarono a esaminare il libro antico e cercarono indizi nelle storie e nelle leggende del lago, sperando di trovare la chiave per sconfiggere i nemici del lago e proteggere la sua magia. I giorni che precedettero lo scontro finale furono tesi, ma Riccardo e Sofia erano pronti a mettere in gioco tutto per salvare il lago e la sua bellezza. Non sapevano cosa avrebbe riservato loro il destino, ma erano pronti ad affrontare ogni sfida per preservare il Lago Maggiore e la sua connessione con la natura. Il loro viaggio nel mistero del lago era solo all'inizio, e il segreto del medaglione avrebbe rivelato il suo potere in un modo che non avrebbero mai potuto immaginare. Seguiranno... Episodio 4: "La Forza dell'Amicizia" Episodio 5: "Il Segreto del Cuore del Lago" Episodio 6: "L'Antica Profezia" Episodio 7: "La Forza dell'Unità" Episodio 8: "La Battaglia per la Libertà" Episodio 9: "L'Alleanza Segreta" Episodio 10: "La Chiave del Mistero" Episodio 11: "La Rinascita dell'Oscurità" Episodio 12: "Il Giorno dell'Equilibrio" Episodio 13: "Il Richiamo della Natura" Episodio 14: "Un Futuro Incantato" Epilogo: "Il Leggendario Lago Maggiore" Autore Riccardo Reina Opera di fantasia letteraria soggetta a diritti d'autore. È vietata la riproduzione anche parziale senza l'autorizzazione dell'autore. Per info scrivere a [email protected]   Read the full article
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“Nelle sue ossa” di Maria Elisa Gualandris
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Una scomparsa mai denunciata Nelle sue ossa” di Maria Elisa Gualandris edito da bookabook è il libro d’esordio della giornalista. Maria Elisa Gualandris inaugura il suo percorso letterario con un giallo, un argomento che, come lei stessa ci ha detto nell’intervista, conosce molto bene. L’autrice, infatti, si occupa da sempre di cronaca nera e giudiziaria e per il suo romanzo si è ispirata a fatti di cui si è appassionata nel corso della sua carriera lavorativa. La protagonista del romanzo, Benedetta Allegri, è una giornalista come lei, che si imbatte nel mistero di alcune ossa ritrovate durante il restauro di una villa sul Lago Maggiore. La giovane giornalista è supportata nelle sue indagini dal commissario Giuliani e insieme scopriranno che le ossa sono di una studentessa scomparsa nel 1978. Nessuno ne ha mai segnalato la sparizione alla Polizia, così Benedetta Allegri si incaponisce e decide di renderle giustizia, scoprendo che la piccola cittadina sul lago nasconde misteri e numerosi segreti. Maria Elisa Gualandris è una giornalista professionista che scrive di cronaca nera e giudiziaria. Vive sul Lago Maggiore e ogni mattina conduce il programma “Giornale e Caffè” su Rvl La Radio. Nel 2016 ha creato il blog I libri di Meg per condividere la sua passione per la lettura ed è stata finalista al concorso “GialloStresa” nel 2013 con il racconto Pesach, (Eclissi). Nelle sue ossa è il suo primo romanzo.   Cinque Colonne Magazine l’ha intervistata e ci siamo fatti raccontare qualche dettaglio in più non solo sul suo romanzo ma anche sulle difficoltà incontrate nella stesura del libro. Lago maggiore, foto concessa da Maria Elisa Gualandris “Nelle sue ossa” di Maria Elisa Gualandris “Nelle sue ossa” è la sua prima “fatica” letteraria. Quando si è resa conto che era pronta per pubblicare un romanzo? Buongiorno! In realtà non mi sono mai sentita veramente pronta. Però, quando la storia era ormai “maturata”, l’avevo letta e riletta, e la sentivo mia, ho deciso di buttarmi. E così, durante il lockdown di marzo, ho mandato il manoscritto alla casa editrice. Lei è una giornalista e si occupa di cronaca nera e giudiziaria. Il crimine è il suo pane quotidiano. Ha scelto di scrivere un giallo perché il genere rispecchia ciò che fa nel quotidiano oppure la sua passione ha origini diverse? Ho scelto di scrivere di un argomento che conoscevo bene, per non rischiare di avventurarmi su terreni impervi.  E comunque la cronaca, i misteri, e in particolare i cold case sono da sempre una mia passione, anche nelle letture. La protagonista del suo romanzo è Benedetta Allegri, una giornalista come lei, possiamo considerarla il suo alter-ego? Non esattamente un alter ego perché ci sono molte differenze tra noi. Benedetta è molto coraggiosa e testarda e non esita a mettersi nei guai per combattere per ciò in cui crede. Inoltre, è una giornalista molto precaria, mentre io dopo molto lavoro e sacrifici fortunatamente oggi riesco a vivere di questo lavoro. Certamente ci unisce la passione per il giornalismo. Incuriosiamo un po’ i lettori. Il ritrovamento delle ossa della studentessa Giulia, le è stato ispirato da uno dei tanti casi di cronaca su cui ha lavorato oppure è stata una sua invenzione? Non tanto da casi su cui ho lavorato, ma che ho seguito. Mi hanno sempre molto colpita le storie di ragazze “scomparse” come Elisa Claps. Penso anche al caso di Lidia Macchi, che ancora non ha avuto giustizia. Nel corso della stesura di “Nelle sue ossa”, qual è stato il momento più difficile che ha affrontato? Non so, dare spessore ai personaggi, non rendere la storia prevedibile oppure raccapezzarsi tra scalette scritte e fogli volanti?! Per me la maggiore difficoltà è stata riuscire a organizzare la storia, dando il giusto equilibrio ai momenti di azione e a quelli di stasi, a cercare di depistare il lettore. La cosa in assoluto che più mi ha messa in crisi è stata la necessità di far soffrire Benedetta, perché è così che funziona: il protagonista di un romanzo deve comunque passarne di tutti i colori. Che progetti ha per il futuro? Pensa di scrivere un altro giallo?    Al momento sto scrivendo un secondo romanzo che avrà come protagonista Benedetta e i suoi amici in un’altra avventura. Non so ancora se troverò una casa editrice che lo pubblicherà, ma, in ogni caso, non smetterò di scrivere. Read the full article
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pleaseanotherbook · 4 years
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La notte su di noi di Alessia Litta
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Perché? Perché continuava a pensare a lui? Aveva giurato a se stessa che non si sarebbe mai fatta attrarre da quell’uomo. E invece non faceva che cercarlo con lo sguardo e indugiare su di lui, fantasticando l’impossibile.
“La notte su di noi” è l’ultimo libro di Alessia Litta che uscirà su amazon il 24 febbraio. Si tratta di un mistery in cui non manca una buona dose di romanticismo e passione, che si consuma in mezzo alle montagne francesi, una storia che non manca di suspance e colpi di scena in pieno stile Alessia Litta.
Quando Daphne arriva nella piccola città montana di Saint-Valloire, con tutte le intenzioni di cominciare una nuova vita, certo non si aspetta di ritrovarsi come vicino di casa l'arrogante e sexy Capitano di Polizia: Adrien Duval. Le scintille sono immediate, i litigi all'ordine del giorno, mentre un'attrazione bruciante sembra consumare entrambi. Quando poi scopre che di Duval ce ne sono addirittura tre - tre fratelli capaci di far girare la testa a ogni donna - Daphne comincia a temere che quel trasferimento non sia stato per niente una buona idea. Eppure, non ha scelta. Saint-Valloire potrebbe essere l'unico posto in cui sentirsi al sicuro, e l'unico in cui nascondersi dall'uomo che le dà la caccia.
Accettare di leggere questo libro in anteprima è stato un riflesso, visto che sono innamorata delle storie della Litta fin dall’inizio della nostra conoscenza. Nonostante i cambi di setting e atmosfera la genuinità delle sue storie è sempre palpabile e riconoscibile. Anche in questo caso rimanere catturati dalla trama è molto semplice. Daphne è una ragazza che sta cercando di lasciarsi alle spalle un passato difficile, che cerca solo un po’ di calma e tranquillità per rimettere a posto i pezzi della sua esistenza sparsi. Crede di aver trovato un posto in cui scomparire ma c’è qualcosa di meglio in serbo per lei. Daphne è abituata a scappare, a ricostruirsi da capo e da sola a contatto di mondi che non la vogliono totalmente. Ma è certa di sapersi rialzare dopo le sue cadute, o perlomeno ci prova. Sulla collina in cui ha trovato una casa in affitto trascorre le sue giornate a dipingere e a ridisegnare i confini dei suoi ricordi. Vuole sicurezza, solitudine, muri solidi a circondare il suo cuore ferito e si ritrova a doverli abbattere nel momento in cui inizia a lasciarsi andare. L’incontro con Adrien Duval non promette niente di buono o forse ha solo tutte le avvisaglie per uno scoppio improvviso. Adrien è un capitano di polizia, un uomo integerrimo, sicuro di sé, tutto d’un pezzo che non si lascia prendere alla sprovvista da niente, che sa quello che vuole e anche lui in un certo modo deve rimettere insieme i cocci del suo cuore e fare i conti con le conseguenze delle scelte che ha preso. Adrien non si lascia penetrare facilmente, è rimasto scottato troppo duramente, eppure non resta indifferente alla sua vicina per un istinto innato da salvatore, per un’attrazione che non si può negare. La storia procede per più piani, la conoscenza tra i due protagonisti, l’inserimento di Daphne nelle dinamiche di una cittadina a misura d’uomo come Saint-Valloire e l’investigazione sul passato della ragazza inquietante e frammentato. La storia procede veloce mentre il puzzle si fa sempre più chiaro e i personaggi si avvicinano sempre di più, sia perché Adrien è solo il maggiore dei Duval: infatti ha due fratelli Luc e Raoul, il proprietario del pub del paese, punto di ritrovo fondamentale per tutta la comunità. Non mancano fraintendimenti e confessioni strappalacrime, che aggiungono meraviglia alla romance tra i protagonisti. Scoprire la verità diventa fondamentale e l’indagine aggiunge dettagli e spessore alle vicende. Non c’è solo una storia d’amore passionale e sconvolgente, c’è anche un senso del dovere fortissimo, un’unione familiare che supera gli spazi delle proprie vite e finisce per ficcanasare dove non dovrebbe e in mezzo c’è anche un’amicizia capace di supere tutto e mettersi in gioco completamente anche se sembrava essersi spezzata tanto tempo prima.
Perdersi tra le strade di Saint-Valloire poi è facilissimo. Una delle cose che adoro delle storie della Litta sono le descrizioni minuziose e vivide dei luoghi in cui sceglie di ambientare le vicende, ogni scelta è curatissima, e ogni immagine chiarissima negli occhi dei lettori. La Francia è un’emanazione della storia e quasi un nuovo personaggio capace di catturare l’attenzione in ogni momento.
 Il particolare da non dimenticare? Un lago…
 La storia di un mistero da risolvere e di due persone forti che si devono perdonare e mettersi completamente in gioco per poter essere davvero felici. Lo stile inconfondibile della Litta è sempre in grado di regalare ai suoi lettori un racconto speciale e unico immerso in una ambientazione da favola.
Buona lettura guys!
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Ringrazio immensamente Alessia Litta che come al solito è di una gentilezza estrema con me e mi ha regalato la splendida opportunità di leggere questa storia in anteprima.
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dariomassi · 8 years
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Lungo il celebre sentiero del Picco di Circe (541 metri s.l.m.), il punto più alto del Parco Nazionale del Circeo. Tempo di percorrenza 2 ore e 15 minuti (itinerario EE).
Panorama pazzesco. Il mare circonda il promontorio da tre lati: da una parte le Isole Pontine - Gavi, Zannone, Palmarola, Ventotene, Santo Stefano e la maggiore, Ponza - dall'altro Sperlonga con il Golfo di Gaeta e qui, alle mie spalle, il lungomare ed il lago di Sabaudia.
La Canon è pronta sul treppiedi. Io, senza fiato, mi godo quest'aria maledettamente bella e fresca sul volto, resto immerso in uno dei paesaggi che nei secoli ha ispirato poeti, scrittori e viaggiatori; un fascino avvolto tra antiche rovine e misteri delle leggende omeriche.
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wdonnait · 4 years
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Claretta Petacci, la donna che amò Mussolini
Nuovo post pubblicato su https://www.wdonna.it/claretta-petacci-la-donna-che-amo-mussolini/109680?utm_source=TR&utm_medium=Tumblr&utm_campaign=109680
Claretta Petacci, la donna che amò Mussolini
Clarice Petacci (nota come Claretta o Clara) fu l’amante di Benito Mussolini.
Fu una donna bellissima ma che andò incontro ad un triste destino. Infatti, la Petacci venne fucilata insieme al dittatore il 28 Aprile del 1945. Ma cosa sappiamo esattamente della donna che amò il Duce? Scopriamo qualcosa in più!
Claretta Petacci e Benito Mussolini
Clara nacque il 28 febbraio del 1912. Figlia di Giuseppina Persichetti e del medico Francesco Saverio Petacci, era sorella del chirurgo Marcello Petacci e dell’attrice Maria Petacci.
Sin da giovanissima la Petacci, inviava al Duce numerose lettere di ammirazione. Lo seguì così tanto da riuscire ad attirare la sua attenzione. Qualche anno dopo, lei si sposò con il sottotenente della Regia Aeronautica Riccardo Federici, ma il loro matrimonio non andò a buon fine.
Infatti, nel 1936 si separò da lui (all’epoca il divorzio non era ancora possibile ) e già frequentava Mussolini, il quale aveva ben 29 anni in più di lei. Nel frattempo però, Benito era sposato con Rachele Guidi (nota come “donna Rachele”) anche se la tradiva con altre donne. Basti pensare ad Ida Dalser, con la quale ebbe il figlio Benito Albino Mussolini.
Fatto sta che Mussolini iniziò a frequentare la Petacci in maniera assidua, ospitandola spesso nel suo studio di Capo del governo, situato a Palazzo Venezia. Ovviamente, la relazione tra i due non era vista di buon occhio, specialmente da alcuni gerarchi del fascismo. Secondo questi ultimi era fonte di scandalo e avrebbe potuto portare ad una corruzione del regime.
Ma l’aspetto più assurdo riguarda il fatto che Claretta non avesse alcuna intenzione di ufficializzare il tutto. Lei si accontentava tranquillamente nell’avere il ruolo di “compagna segreta di Mussolini”. Stando ad alcune indiscrezioni, non lo avrebbe mai messo sotto pressione per lasciare donna Rachele.
Claretta Petacci morte
Nel momento in cui cadde il regime fascista, Clara Petacci fu arrestata il 25 luglio 1943.
Successivamente, riuscì a liberarsi grazie alla firma dell’armistizio di Cassibile. Una volta che uscì di prigione, Claretta di trasferì molto vicino alla residenza del Duce, più precisamente a Gardone.
Viste le varie restrizioni, la donna intraprese con lui un rapporto epistolare. Sapeva benissimo che non poteva esporsi più di tanto. Ma nel 1945 effettuò una fuga verso il lago di Como (Bonzanigo di Mezzegra) dove riuscì a raggiungere Benito. Questa mossa costò cara ad entrambi, in quanto fucilati dai partigiani il 28 aprile.
In fin dei conti, la donna non era reduce da particolari condanne. Forse, il suo unico errore fu quello di inserirsi in questioni che non le riguardavano, frapponendosi tra Mussolini e gli esecutori della sentenza. Oppure, c’è chi sostiene che poteva essere una scomoda testimone. E sempre lo stesso giorno, i partigiani uccisero anche suo fratello Marcello e altre persone complici della fuga di Benito.
Il 30 aprile, avvenne la sepoltura della salma di Claretta, in una fossa del Campo 16 del Cimitero Maggiore (Milano). Fu un ordine del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), il quale decise anche di lasciarla anonima, onde evitare oltraggi.
Per assicurarsi di ciò, due giorni dopo ripresero il cadavere della Petacci e lo trasferirono in una fossa del campo 10. Lì rimase fino al 1956, anno in cui la portarono a Roma, tumulandola nella tomba di famiglia, presso il Cimitero Comunale Monumentale Campo Verano. L’ultimo aggiornamento sulla tomba di Claretta Petacci risale al 2017. A seguito di una raccolta fondi, andò incontro a restaurazione.
Claretta Petacci lettere
Insomma, la storia tra Claretta Petacci e Benito Mussolini fu ricca di misteri.
Ciò che resta però è la corrispondenza epistolare, che i due hanno avuto per ben 15 anni e nel periodo antecedente alla morte. Stando ad alcune fonti, il contenuto delle lettere si troverebbe attualmente nell’Archivio di Stato di Roma.
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italianaradio · 5 years
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Zodiac: 10 cose che non sai sul film di David Fincher
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Zodiac: 10 cose che non sai sul film di David Fincher
Zodiac: 10 cose che non sai sul film di David Fincher
Zodiac: 10 cose che non sai sul film di David Fincher
Se Zodiac non ci fosse, sarebbe un film decisamente da inventare. Originale, esplosivo, misterioso e mentalmente coinvolgente, il film di David Fincher costringe lo spettatore a stare attaccato alla sua poltrona, protagonista di una spirale di mistero senza fine.
Realizzato nel 2007, Zodiac comprende un cast che dire stellare è dire poco, composto da Mark Ruffalo, Jake Gyllenhaal, Robert Downey Jr., Brian Cox, Chloe Sevigny e Anthony Edwards.
Ecco, allora, dieci cose da sapere su Zodiac.
Zodiac film
1. Lo script di Zodiac era molto lungo. Pare che la sceneggiatura di Zodiac fosse molto lunga, composta da circa 200 pagine e questo voleva dire solo una cosa: il film sarebbe andato decisamente per le lunghe. Per prevenire qualsiasi tipo di problema che potesse causare una lunghezza del film fuori misura, il regista David Fincher decise di chiedere ai membri del suo cast di parlare e recitare in maniera veloce. La soluzione si è rivelata efficace, tanto che il film dura “appena” 157 minuti (162 in director’s cut).
2. Zodiac ha richiesto 18 mesi di ricerche. Il regista David Fincher, lo sceneggiatore James Vanderbilt e il produttore Bradley J. Fischer ci hanno messo ben 18 mesi per condurre delle ricerche riguardo gli omicidi commessi da Zodiac. I tre hanno intervistato i testimoni, membri delle famiglie coinvolte, sospettati, investigatori ancora coinvolti e quelli in pensione, le uniche due vittime sopravvissute e il sindaco di San Francisco e di Vallejo.
3. Zodiac ha omaggiato l’Ispettore Callaghan: il caso scorpio è tuo!. Il film Zodiac, oltre a raccontare una storia vera, ha avuto anche tempo e modo di omaggiare l’Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo! del 1971: in questo film, infatti, il nemico era Scorpio e si basava sull’assassino Zodiac.
Killer dello Zodiaco
4. Zodiac ripercorre i misteri insoluti del Killer dello Zodiaco. Il film di David Fincher si basa sul libro di Robert Graysmith, Zodiac Unmasked: the Identity of America’s Most Elusive Serial Killer, ripercorrendo tutti i misteri insoluti che ruotano attorno alla figura denominata Killer dello Zodiaco. Egli, persona dall’identità ignota, è ritenuto colpevole dell’assassinio di cinque persone, morti avvenute nella California del nord tra il 1968 e il 1969: in realtà le vittime accertate furono sette, ma due di loro riuscirono a salvarsi, mentre Zodiac ebbe modo di affermare, diverse volte, di averne uccise ben 37. I crimini commessi avvennero tra Vallejo, Lago Berryessa, San Francisco e Benicia e l’identità del killer è rimasta sconosciuta fino ai giorni nostri, tanto da essere ancora uno dei maggiori cold case ancora attivi su territorio statunitense.
5. Le vittime erano tutte giovanissime. Un particolare che rendeva noto il killer, era quello di uccidere sempre dei ragazzi molto giovani, di età compresa tra i 16 e 22 anni, con un unico caso in cui la vittima ne aveva 29. Tra le vittime presunte, l’età media oscillava sempre tra questi due parametri, arrivando al massimo a 25 anni. Le vittime accertate, in ordine cronologico, sono David Arthur Faraday e Betty Lou Jensen (di 17 e 16 anni) uccisi con una pistola il 20 dicembre del 1968. A loro sono seguiti Michael Reanult Mageau e Darlene Elizabeth Ferrin (19 e 22 anni), colpiti sempre con un’arma da fuoco nel luglio del 1969 e Bryan Calvin Hartnell e Cecelia Ann Shepard (20 e 22 anni) accoltellati nel settembre del 1969. L’ultima vittima accertata risale a Paul Lee Stine, di anni 29, ucciso con una pistola nell’ottobre dello stesso anno. Di queste sette vittime si sono salvate solo Micheal Mageau e Bryan Hartnell.
6. Il killer era un fan di lettere e crittogrammi. Dopo i primi omicidi compiuti, il Killer dello Zodiaco si mise a mandare una serie di lettere ad alcuni quotidiani in cui autoaccusava degli omicidi, allegando anche un crittogramma che, a detta sua, nascondeva la sua vera identità. Tra il 1969 e il 1970, il killer utilizzava questo metodo per comunicare con le autorità, continuando a spedire lettere con messaggi cifrati, la cui maggior parte di essi sono rimasti ancora irrisolti. L’ultima lettera accertata come autentica risale al gennaio del 1974 a cui sono susseguite, nel corso degli anni, una serie di lettere e di biglietti di cui ancora non è chiaro se siano davvero del killer o di qualche emulatore.
Zodiac trailer
7. Il trailer di Zodiac da non perdere. Se il film di Fincher è un assoluto masterpiece, anche il trailer non va così lontano da questa definizione, tanto che merita decisamente un visione prima di vedere il film per intero.
Zodiac cast
8. Mark Ruffalo ha incontrato l’investigatore del caso Zodiac. Per poter dare un’interpretazione più veritiera e realistica possibile, Mark Ruffalo ha avuto l’occasione di incontrare David Toschi, l’investigatore principale del caso Zodiac, sia sul piano reale, sia nel film. Di questo incontro, l’attore è rimasto piuttosto sorpreso dal fatto che Toschi si ricordasse ogni singolo dettaglio di ogni singolo caso che riguardava il killer dello Zodiaco.
9. Jake Gyllenhaal è stata la prima scelta. Dopo i mesi dedicati alle ricerche, Fincher ha puntato subito l’attenzione su Jake Gyllenhaal per interpretare il ruolo di Robert Graysmith. Nel caso in cui l’attore avesse rifiutato la proposta, Fincher avrebbe assegnato il ruolo alla sua seconda scelta, Orlando Bloom.
10. Ruffalo e Gyllenhall devono ringraziare Jennifer Aniston. Se Mark Ruffalo e Jake Gyllenhall sono stati coinvolti in questo progetto, ciò è stato grazie anche alla buona parola di Jennifer Aniston. Pare, infatti, che Fincher nella fase di pre-produzione avesse chiesto alla Aniston chi erano stati i suoi migliori partner sullo schermo. Lei ha risposto che Ruffalo e Gyllenhall erano i migliori, lavorando con loro in The Good Girl (2002) e Vizi di famiglia (2005).
Zodiac streaming ita
Chi volesse vedere o rivedere uno dei film capolavoro di David Fincher, è possibile farlo grazie alla piattaforme streaming di Chili, iTunes, Tim Vision, INfinity e Google Play, con disponibilità anche della versione ita e sub ita.
Fonti: IMDb, chasingthefrog
Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
Zodiac: 10 cose che non sai sul film di David Fincher
Se Zodiac non ci fosse, sarebbe un film decisamente da inventare. Originale, esplosivo, misterioso e mentalmente coinvolgente, il film di David Fincher costringe lo spettatore a stare attaccato alla sua poltrona, protagonista di una spirale di mistero senza fine. Realizzato nel 2007, Zodiac comprende un cast che dire stellare è dire poco, composto da Mark […]
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Mara Siviero
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emme-malcolm · 6 years
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Casa sul lago
31/05/2018
Malcolm: Emma ha terminato le sue preghiere e come al solito Malcolm ha passato un po’ di tempo in estremo silenzio all’uscio della stanza, ad osservarla, come un angelo custode invisibile. Qualche minuto prima che Emma finisca lui ritorna alle sue attività che la sera lo vedono quasi sempre impegnato nella lettura: praticamente spende il 70% del suo tempo a divorare libri, il resto è un occuparsi della casa, imparare l’ebraico con Emma di recente o uscire per qualche passeggiata nei dintorni. La sua vita è tutta contenuta in queste piccole cose e nel riguardare ogni sera le foto di quella scatola, quando Emma si sta preparando per andare a dormire e dunque c’è un momento di assicurata solitudine. È tutto un incastrarsi di routine, un equilibrio ormai consolidato e ben congegnato su come funzionare materialmente in quanto coppia all’interno di una medesima casa. Dunque al momento Malcolm si trova sulla long-chaise nella sala, seduto o semisdraiato; quella poltrona è la sua preferita, soprattutto di sera. Occhiali da lettura inforcati, sotto la luce calda dell’ambiente immerso nel silenzio che discende dalla televisione mai accesa da lui; un libro fra le mani, libri che continuano ad accumularsi  in quella casa, tanto da confondere la passione con l’ossessione. Un giorno ci finirà seppellito vivo dai libri, sempre in estremo ordine. Cosa sta leggendo? Be’, questa sera è uno di quei momenti in cui lo si può trovare a leggere la Bibbia, una vecchia Bibbia dalle pagine ingiallite, attualmente aperta sul Libro dei Numeri.
Emmeline: Le sue preghiere sono sempre così raccolte, senza spazio per i respiri in un bisbigliare costante, così intense nei momenti di confessione così come nei momenti di richiesta da lasciarla per qualche minuto quasi ciondolante e disorientata e solo negli ultimi due giorni molto più rinfrancata. Scivola fuori dalla stanza richiudendo la porta alle proprie spalle con cura e senza fretta, una porta che non lascia mai aperta una volta che lei è fuori. Capelli sciolti che cadono sulla camicia lunga e larga, su un paio di jeans stretti e ai piedi le ciabattine di spugna con le orecchie da gatto. Cammina senza far rumore, una presenza leggera che sbuca nell’ampio spazio di sala e cucina col suo viso serio ma disteso e gli occhi che se ne vanno subito da lui respirando profondamente, come sempre, quasi ogni volta avesse bisogno di rendersi conto che è ancora lì, con lei, suo. Si aggira dalle parti del tavolo nemmeno fosse un felino indeciso che si struscia sornione contro le gambe del tavolo prima di deviare verso il frigorifero che apre andando ad arraffare una mela verde. Non le serve lavarla ancora, le sistema tutte con acqua e bicarbonato prima di metterle in fresco e quindi ora già se ne torna soddisfatta dando un bel morso, piccoli passi che la portano da lui costeggiando il lato sinistro della poltrona di Malcolm, fermandosi lì di fianco e chinandosi ad accoccolarsi a terra ma col busto che piano viene avanti. Silenziosa ed allo stesso tempo curiosa con gli occhi azzurri che vanno a sbirciare la vecchia bibbia, cerca di poggiarsi su di lui, sul braccio o forse perfino con la testa sul suo torace, osservando le pagine tra le sue dita lunghe <Bemidbàr> mormora piano.
Malcolm: Si distoglie un momento dalla lettura quando Emmeline appare nella sala, le getta un’occhiata tranquilla a verificare la presenza di quella stanchezza che ha imparato a conoscere dopo la preghiera serale. Come sempre non le dice nulla ma, trovandosi osservato, le sorride appena nel dedicarle a sua volta un’osservazione breve, prima di tornare alla Bibbia. Può sentire il frigo aprirsi, il morso alla mela croccante. Poi lei lo raggiunge sulla sinistra, perciò di nuovo un’occhiata viene poggiata su Emma, stavolta dal basso verso l’alto. Fa per dire qualcosa ma la vede accoccolarsi a terra e poi poggiarsi. Lui solleva il braccio così da farle posare la testa sul suo torace e circondarle così le spalle, posando la propria mano sinistra sulla sua testa, sui capelli rossi, infondendo qualche lenta e lieve carezza. La bibbia è rimasta sorretta dalla mano destra e trova anche il sostegno delle gambe distese. <Significa “nel deserto”, dico bene?> replica alla parola in ebraico pronunciata da Emma. Questa è una cosa che sapeva già e non viene dalle loro lezioni; da buon conoscitore della bibbia non sorprende che conosca qualche parola tutto sommato. Una domanda quasi retorica, seguita da un’altra più pragmatica. <Non stai scomoda così?> a terra e poggiata su di lui, probabilmente storta. <Possiamo … sederci sul divano.> sarebbe più comodo per Emma si suppone. Ma soprattutto: <Stai bene?>
Emmeline: Gli occhi non hanno potuto certo fare a meno di cogliere quel sorriso lieve come sempre, uno ancora da mettere nel forziere insieme agli altri osservandoli nel loro diventare molti, molti di più rispetto a quelli che sarebbe riuscita ad immaginare. E’ una collezionista insaziabile ed i suoi tesori non sono fatti di materia ma di quello sfarfallio che solo le emozioni riescono a dare, la materia è così lontana da lei e ha fatto il suo ingresso solo nel momento iniziale in cui lo ha visto lì disteso ed avvolto nella sua eleganza matura dove altri potrebbero leggere soltanto distacco. La materia è causa di uno sfarfallare riverso, le ha colorato le guance e poi è forse stato messo a tacere dalla soddisfazione che ha trovato nel gusto della mela, un blando antidoto per ora efficace. Forse non si è accorta del suo tentativo di parlare, forse per una volta non era così importante parlare ma adagiare la propria stanchezza dello spirito su di lui per trovare nuova forza senza tuttavia rubarne a lui. Sono movimenti lenti che fanno parte di lei e di quella consueta eleganza da piuma che ormai lui conosce bene. Di nuovo non c’è materia in quel mezzo abbraccio, ma la sensazione di essere accolta in un luogo senza pari che le fa chiudere gli occhi per qualche momento a concentrarsi su ogni filo di capello che scorre tra le dita di Malcolm <Esatto… che ne pensi della collera? E’ sempre stato un aspetto che mi ha fatto riflettere> le punizioni di un Dio che tanti definiscono buono <Non saprei ora, forse tra quindici minuti si addormenteranno le gambe ma… a te piace stare qui e a me piace stare qui> preme un po’ di più la guancia sul suo torace, la testa che si lascia accarezzare quieta ad esprimere una gratitudine piena <Si, non preoccuparti mi… mi impegno tanto nel parlarci perché… per un breve periodo ho pensato di essermi persa> non lo chiama pregare, per lei sembra quasi essere un semplice ed appassionato dialogo, non rivela di quelle richieste tanto forti e tanto sentite da dilaniarle il cuore, per lei è un contatto da dover mantenere e dimostrare ogni giorno. Emerge una piccola confessione sul filo di una voce piccola e concentrata unicamente in quello spazio che li comprende quasi la casa fosse tutta soltanto lì, in un paio di metri quadrati, la casa non è un luogo <Tu stai bene?> alza appena la testa, la mela è temporaneamente dimenticata nella mano destra e lei alza naso, mento ed occhi su di lui e sul labbro superiore perfettamente simmetrico e senza quella virgola nel mezzo, una forma così semplice.
Malcolm: Cosa pensa della collera divina? È una domanda che non si aspetta e che le guadagna uno sguardo vagamente sorpreso, pensieroso. Ha bisogno di tacere per qualche momento, se ne va con la mente a varie riflessioni che si succedono veloci. <Be’, è uno dei grandi misteri di Dio no?> domanda retorico e un po’ evasivo. <Il profeta Osea considerava che la collera divina fosse nient’altro che la sofferenza di Dio nel vedere il proprio amore rifiutato.> aggiunge, lasciando l’argomento su un piano più … accademico. Il che la dovrebbe dire lunga. <E Giovanni, nell’Apocalisse, spiega che l’amore rifiutato, per essere totalmente amore, ha davanti a sé l’unica strada di assumere pienamente il rifiuto. Quindi la collera diventa sofferenza per misericordia: Cristo non resiste al male e compie l’atto estremo della misericordia.> conclude la sua spiegazione, chiudendo quella bibbia che ormai non leggeva più. Parole calme quanto estremamente serie, quell’indole professorale che torna ad emergere, prendendo in prestito parole e pensieri di altri. Poi cerca di cambiare discorso, chiedendole se stia bene lì, se stia bene in generale. <Okay, restiamo qui.> accetta, continuando ad accarezzarla, a sua volta riempito nell’anima dai momenti che riesce a trovare con lei, in quest’esistenza dai ritmi  lenti e metodici che riesce a dargli la maggiore tranquillità possibile. Emma si era sentita persa, per un breve periodo. Si domanda quale sia stato. Ma comprende bene il suo dire, annuisce con un cenno del capo, rilassato sullo schienale della long-chaise. <Sono felice che non ti senta più persa.> commenta soltanto. Non ha bisogno di grandi discorsi, gli bastano parole semplici, poche, stillate, profondamente sentite. <Non sono preoccupato. Ti ammiro.> aggiunge con naturalezza, ancora poche parole, ponderate, basse. Lui sta bene? La vede alzare la testa e guardarlo, lui fa lo stesso, serio e granitico ma nel modo sereno che ha con lei. Alcuni istanti di silenzio, per calibrare i suoi pensieri, così tanti a riguardo che si perde per quel breve tacere. Poi sorride appena, in quel modo che per lo più assottiglia gli occhi e piega solo di poco le labbra: <Sì. Direi di sì.> quella vita per ora lo fa stare bene, per quanto terribilmente isolata sia. È una prigione d’oro, la migliore prigione d’oro che chiunque possa immaginare, e forse il paradiso è questo, forse la vita è questa: si passa da una prigione all’altra cercando la libertà di essere felici.
Emmeline: Lo sguardo sorpreso è sulla propria testa rossa, non ne può vedere il pieno colore azzurro ma forse intuire la breve variazione nel respiro, questo forse può sentirlo e rendersi conto di riuscire a sentire il rumore della vita entrargli dentro, in quel corpo così vicino e così distante; il suo rossore rinnovato, nascosto nel suo starsene abbracciata ad ascoltarlo e breve nella capacità che ha di trascendere e concentrarsi sulla voce, su quelle piccole lezioni che hanno estorto discorsi più ampi ed un uso prolungato della sua voce graffiante ma soffice prima che sia il momento di tornare a piccoli e sporadici pensieri, leggeri come farfalle e sorprendenti come i colori delle loro ali <E quindi rimanere nella sofferenza conduce a conseguenze estreme, il perdono non sarebbe bastato?... C’è un limite perfino al perdono> respira profondamente e cammina oltre in quel piccolo spazio <O… questo è ciò che fa il vostro Messia, il sacrificio è un perdono, quel perdono di cui il padre non è capace> la voce se ne va morendo, timorosa di aver detto qualche eresia e di venir bacchettata lì senza possibilità d’appello; mai così timorosa o forse è solo sintomo della stanchezza che ancora le lambisce l’anima provata da troppe cose eppure ancora intatta. Restare lì le arriccia un sorriso di vittoria sulle labbra e sul naso, sapeva che non avrebbe insistito oltre, sapeva che quello è il suo spazio, quel piccolo mondo calmo che lei invade con la presenza del proprio corpo <Sto facendo ammenda> replica seria abbassando per un istante gli occhi che cadono di lato mentre il labbro inferiore viene succhiato all’interno della bocca. Col viso rivolto verso di lui il rossore è già quasi completamente sfumato e solo il labbro martoriato porta il rosso di quell’intensa attività <Non è semplice, a volte penso di essere solo ancora profondamente ingenua, a volte invece mi sembra solo assurdo averlo pensato> che lui la ammiri è un’ammissione che per l’ennesima volta le separa le labbra sorprese ed alza appena le sopracciglia. Come ogni volta è incredula e fatica a trovare il senso che dovrebbe essere solo nell’enorme forza che dimostra… eppure c’è stato un momento buio ma le parole, la confessione è stata talmente blanda da passare in secondo piano rispetto all’ordine ristabilito. Per il resto del tempo tace rimanendo a guardarlo, un placido contatto visivo e poi un morso alla mela nella quale affonda la bocca <Cedere è nella natura umana> la fine del boccone da un lato della bocca, parla piano per quella che sembra essere un’altra confessione.
Malcolm: Quelle domande e quelle considerazione di Emma lo trovano ancora una volta pensieroso, talora perfino un po’ più cupo nello sguardo, perso ancora una volta chissà dove. Alcuni secondi di silenzio, in cui le dita smettono di accarezzare la testa rossa, poi un brevissimo respiro tirato su nervosamente dalle narici: <Non lo so Emma. Davvero non sono la persona giusta a cui chiedere.> sentenzia, calmo ma serissimo, riprendendo solo ora ad accarezzarla per qualche momento ancora. <Ammenda?> domanda quando viene messo di fronte a questa prospettiva che lo perplime un po’. <Per cosa dovresti fare ammenda?> gli risulta incredibile che Emma debba farsi perdonare qualcosa da Dio. L’angelo del Signore, come l’ha definita, che male potrebbe aver compiuto tanto da dover fare ammenda? E tutto quello che Emma dice suscita nuove domande, nuova necessità di comprenderla fino in fondo: <Cosa intendi?> chiede infatti, in merito all’ingenuità. Non capisce ora come ora ed è una sensazione strana; ha letto  la sua sorpresa, la serietà, il modo in cui morde il labbro inferiore. Ma non comprende, è fastidioso non comprenderla. È pericoloso non comprenderla. Così, nel pericolo, tace ed aspetta una risposta, facendosi via via più interdetto e confuso.
Emmeline: Si stringe nelle spalle per qualche momento, gli occhi ben aperti su di lui in un’attenzione piena e del tutto semplice ed innocente a non voler sentire il leggero peso dello sbaglio di aver chiesto qualcosa alla persona sbagliata <Non ci siamo mai posti limiti di questo genere nel parlare e tutto sommato non ci si dovrebbero porre limiti a confrontare ciò di cui si conosce poco> sa bene che probabilmente il disagio non è quello di non sapere e lascia correre annuendo comunque, attenta a sentir ricominciare le carezze sulla testa <Per essermi persa. Non era accaduto per caso, avevo davvero deciso di perdermi e prendere una strada che avrebbe ceduto ai sussurri di un ragionamento distorto… pensai… che tutto questo fosse solo ingenuità e che davanti ad un mondo così terribile servisse a ben poco continuare ad avere speranze. E invece. Continuare ad avere fiducia e perdonare è l’unico modo> un breve riassunto di se stessa che forse non quantifica nel giusto modo il peso di quella colpa che sente. Lascia che il silenzio faccia sedimentare quelle poche parole, schiude le labbra ed esita ed il respiro rimane sospeso per qualche tempo, nessun angelo è totalmente privo di quella piccola scintilla scura di un desiderio del tutto egoistico <Stiamo bene, qui, insieme… abbiamo fatto un ottimo lavoro> stende un sorriso di quelli che allargano le narici, lieto e quasi a sottintendere un ringraziamento.
Malcolm: Sospira appena lui alle prime parole di Emma, sa di essere stato forse duro in quella chiusura per non approfondire il discorso. <Lo so, lo so.> ma di sofferenza, perdono e sacrificio, forse si va per terreni impervi e minati. Che sia Dio o l’uomo. Torna ad accarezzarla per qualche momento ancora, per farle sentire che è tutto a posto, che depone le sue spine da riccio per non continuare su quella strada. Quindi la ascolta, sollevato di sentir spiegare ad Emma le proprie ragioni, la propria intimità. Ascolto puro ed attento, minuzioso. Le lascia definire anche il silenzio ed infine sorride appena in risposta al sorriso della ragazza. Annuisce, quanto mai sentito. E si prende del tempo lui, osservandola e stendendo carezze poco più ampie, stavolta sulle spalle coperte dalla camicia. Vuole dire qualcosa ma sappiamo com’è, fatica a tradurre in voce le proprie profondità. <Non…> deglutisce, quasi timoroso, distoglie lo sguardo, ma non c’è traccia di negatività in questa reazione, anzi è sereno. <E’…> ce la può fare. Incespica nei suoi pensieri, arrossisce colorando la carnagione pallida per non essere in grado di tirare fuori qualcosa di degno a parole. Qualsiasi cosa possa progettare di dire è incompleta, imperfetta, piena di obiezioni. <A volte credo che…>  si stringe nelle spalle, con un gesto nervoso, e sbuffa un quasi impercettibile sorriso, disagiato in questo tentativo testardo di esprimere qualcosa. Qualcosa di molto forte, qualcosa che alla fine si traduce in un occhi lucidi e una lacrima che scende sul volto, sereno. Ed è la serenità che conta di più di qualsiasi parola. La destra che non è impegnata ad abbracciare Emma si solleva velocemente per asciugare la lacrima come se nulla fosse. Nascondere ciò che non si può nascondere. Non ci tenta più a dire quello che cercava senza successo di dire. Inspira, cambia argomento, imbarazzatissimo dal fallimento dell’espressione. <Devi riuscire a perdonarti Emma> afferma, tornando al discorso di prima. Ora più serio in volto, cerca i suoi occhi. C’è ben più che un consiglio dentro quelle poche parole. Forse le parla quasi più da padre che non da amante: <Tu… tu guarisci.> in senso assoluto e generale. <Tu non hai nulla… nulla, di cui chiedere perdono.> scuote lievemente il capo per affermare quella negazione <Né a Dio, né a qualcuno.> sono parole forti, quelle che azzarda ad affermare a voce bassa, serissimo. <Fare ammenda…> un principio di frase, poi un pensiero che attraversa la mente, perfetto per quello che vuole dire, gli fa cambiare la frase: <C’era un poeta italiano che scrisse: “La morte si sconta vivendo”> lascia sedimentare queste parole, opportunamente tradotte. Scuote di nuovo il capo: <Hai già scontato tutto Emma.> probabilmente non è mai stato così serio ed intenso nel dirle qualcosa, tanto che prova a sollevarsi dallo schienale, mettersi seduto senza per questo doverla necessariamente allontanare. <Ora… ora è tempo che tu sia felice. Capisci?> che poi detto da lui sembra estremamente incoerente. Ma tant’è.
Emmeline: Non ha alcuna fretta, non per lui e nei suoi confronti, non ne ha mai avuta e mai si sognerebbe di averne nonostante la curiosità trovi terreno fertile in lei ad insinuarsi nelle fessure facendo tremare le vene che si bloccano nel momento in cui la coda di un occhio fuggito, non per vergogna o preoccupazione ma per riguardo nei suoi confronti a lasciarlo libero di tentare di esprimersi, coglie la goccia salata che tenta di abbandonare il suo sguardo. Tremare appena è istintivo e perfettamente nella norma sotto le dita di Malcolm scivolate sui capelli lunghi per arrivare alle proprie spalle. Quel tocco la conforta, sarebbe andata avanti protendendo la mano libera, l’altra forse dimentica della mela stretta tra le dita, per potersi prendere anche quella lacrima di cui comprende forse l’umore ma di cui non può conoscere il significato. Desiste osservandogli le dita e poi rimanendo incastrata sulla sua bocca che non parla, non riesce ad esprimersi con altro che una lacrima piena di contegno mentre lei è arrossita quasi per simpatia, probabilmente tentando di cogliere quella riflessione che non trova luce, tutto chiuso, tutto celato nell’animo quasi le parole conosciute dall’uomo non fossero sufficienti… ma è davvero possibile? Eppure ha sorriso, ha tentato strenuamente <Credi che…> stringe all’istante le labbra ricacciandole dentro alla bocca, non riesce a non chiedere e a non volere quel pensiero tanto profondo da poter essere forse la benedizione su quella sensazione di stanca rassegnazione ad una qualche colpa. Quando lui riesce a consigliarla lei solleva il viso e lo volta appena di più per andare a guardare fuori dalla finestra rimanendo a vagare nel buio delle luci fioche sull’acqua oltre la veranda. “La morte si sconta vivendo” è un pensiero intenso e senza intenzione ma al tempo stesso una piccola goccia di cianuro nel lago di Emma che deglutisce e batte le palpebre velocemente per un paio di volte. Lui la conosce, l’unico al mondo a conoscerla così profondamente da farle capire cosa quelle parole significhino e la goccia di cianuro non l’avvelena, è una consapevolezza che osserva dall’esterno, la constatazione di un fatto passato che Malcolm delinea nella mente di lei come l’espiazione di ogni peccato. Riesce a farla sorridere, non un sorriso pieno sulle labbra ma sicuramente colmo di riconoscenza per quel dipinto che le ha lasciato nell’animo, nuovi gentili tratti che cambiano luci ed ombre del suo animo. Prima che lui si alzi e lei segua i movimenti del corpo sottile, respira una sola intensa volta chiudendo gli occhi per ricevere l’assoluzione intrecciata in quelle parole pur rimanendo in parte convinta delle sue colpe nel breve attimo di distanza negli occhi che si riaprono su di lui <Io sono felice, ogni secondo sono felice, da quando sono tornata ed è per questo che prego, perché non smetta né nel mio cuore né nel tuo, perché è questo quello che meritiamo… abbiamo vissuto tutto, probabilmente tutto tranne quello che abbiamo la possibilità di vivere adesso ed è questo il tempo… la felicità non serve a nulla se vissuta da sola, è come una statua di sale lasciata nell’acqua> una breve pausa e la mano libera se ne va a cercare la sua per stringere le dita con intenso vigore <Quindi… non nascondermi i tuoi pensieri, fai un altro tentativo per me te ne prego e… e poi dimmi che vuoi andare via perché… perché questo tempo diverso merita un luogo diverso> magari non le parole giuste ed è così raro che si perda in quella scelta solitamente così puntuale, ma le parole le si spezzano nell’emozione di quei passi in una felicità che lui le dice di poter avere e di poter prendere. Non chiede, non direttamente, dipinge solo i contorni di qualcosa che hanno cominciato a vivere e a condividere.
Malcolm: Al momento lascia perdere quel pensiero così difficoltoso da esprimere, bello eppure quasi impossibile da esprimere degnamente, un pensiero complicato. Lo rimanda. Non si preoccupa che Emma guardi fuori, nel momento in cui lui le parla. È raro che si permetta di spingersi così oltre, di solito non si azzarda a toccare con le parole un luogo così delicato, di solito accoglie ma non incide, abbraccia, esplora, ma non esplicita, non desidera cambiare o giudicare. Ora però ha sentito la necessità di consigliare. Lui che la conosce relativamente poco eppure ha potuto leggere certe cose sorprendenti dentro di lei, fin dall’inizio. Fin dal vinile, fin dalla casa sul lago. Così ora, mentre lei è voltata e Malcolm sembra dunque quasi sussurrarle nell’animo come una presenza invisibile, ne può assorbire la reazione, quel sorriso che vale più di ogni parola. La può accompagnare con quella mano dietro le sue spalle, sorreggerla, sostenerla, come lei guida e sostiene lui nel loro reciproco equilibrio, lui perfettamente a metà fra un padre ed un compagno, ma in ogni caso totalmente devoto a lei. Questo non cambia il fatto che si senta piccolo, goffo, inadeguato, davanti alla preziosità di cui ha scelto implicitamente di prendersi cura; Emma è una figura globale, indefinibile, realizzazione e salvezza. Talvolta ha così tanta paura che tutto questo d’improvviso svanisca, si sgretoli, si dissolva; c’è mancato così poco perché succedesse e lui venisse risbattuto giù. Lei sorride, torna a guardarlo, incastrando gli occhi in quelli azzurri del suo vecchio uomo, tondi e vicini, torna a parlare. Quel discorso lo induce via via ad abbassare lo sguardo; la felicità, un concetto a cui si rapporta con non poco cinismo. La felicità, un’utopia. Qualcuno scriveva che l’utopia è l’orizzonte mobile che ti permette di continuare a camminare, e forse è proprio così. Ma i suoi tempi benedetti sono passati e lui sta scontando la condanna, una condanna che ha contorni precisi, un nome preciso, l’ira di Dio per avere forse pace e felicità vera nella vita futura. Deglutisce nervosamente, perso. Forse è per questo che Emma gli stringe la mano, richiamandolo alla realtà. Emma è un miracolo inaspettato che potrà rendere vivibile questo tempo che rimane, Emma è la sua ultima possibilità di redimersi. Felicità. Si sente in colpa per non riuscire a provarla, se non per pochi attimi, scorci, sprazzi; il massimo a cui può ambire è la serenità, l’accettazione del suo essere e della punizione. Sospira per cacciare via il pensiero, per tornare a lei che gli chiede di tentare di nuovo nell’esprimere ciò che aveva lasciato incompleto. E anche… <And-andare.. via?> ripete, rialzando lo sguardo su di lei, incredulo. Una specie di fulmine a ciel sereno. Andare via? Così, di punto in bianco, questa prospettiva salta fuori dal nulla. Non si può dire che la accolga tranquillamente, lo getta nella confusione. La fissa ancora senza dire nulla, come se gli avessero fatto appena crollare la terra sotto i piedi. <Io… io stavo per dire… che…> cerca di dire, ansioso, cercando di alzarsi in piedi sgusciando dalla parte opposta della long-chaise, sulla destra. Ha bisogno di muoversi e di metabolizzare quelle parole: “Andare via”. Si toglie gli occhiali che finora ha tenuto, prende un respiro perché gli pare che l’aria manchi. Andare via. <Che…> prova a proseguire, dandole le spalle per ora, ha bisogno di nascondersi per aprirsi. <Avrei voluto stare qui, così, insieme… fino alla fine.> solo che da un pensiero che lo ha commosso, realizzazione massima di ciò che uno come lui può sperare, ora è diventato un pensiero che si scontra con l’angoscia di quell’ “andare via”. La cosa gli toglie il respiro. Forse era anche prevedibile, vista la chiusura che ha elaborato da settimane nei confronti di tutto ciò che non è quella casa e di chiunque non sia Emma. Andare via significa affrontare di nuovo il mondo, uscire dal proprio guscio, verso un ignoto “andare via”, uscire dalla “perfezione” così faticosamente raggiunta e costruita. Almeno dal suo punto di vista, nella sua illusione tutta personale. Smuove nervosamente le mani che sfrega con tutti i palmi sui pantaloni.
Emmeline: E lui vorrebbe convincerla che non ha colpe. Ai suoi occhi è così evidente quanto sia semplice sbagliare ogni volta, tanto da perdere la sua mano sulle spalle e costringerlo a sgusciare via in un gesto ed una necessità che comprende ma che ben presto si farà così pesante per ogni centimetro di lui, della loro vicinanza, che ha perso in quella sua stupida ostinazione a chiedere, a voler sapere e a sfogliare pagine che non sempre devono esser passate tra le dita. Il suo è un lavoro così delicato e non ha idea di quanto poco o tanto le sia riuscito, ha dentro le speranze e l’illusione che possa bastare e che non sia mai fallibile. Il sostegno è stato respiro zuppo di vita, il semplice incontro degli sguardi un abbraccio che è realizzazione di speranze che hanno faticato ad essere espresse e sollievo da un vuoto prolungato fino a raggiungere quasi la metà della sua intera, piccola vita. Nel viso del solo uomo degno della sua devozione rintraccia le carezze lievi di minuscole espressioni che per lei sono come i pensieri notturni che fanno scivolare tranquilli nel sonno, quei bei pensieri, e cose belle che da bambini ogni genitore dice di pensare appena prima di spegnere la luce. E’ la sua cosa bella eppure i pensieri e quella conciliazione che ha più volte tentato di trovare giungendo però solo ad un nuovo distacco, quei pensieri sembrano uccidere miseramente l’idea così tonda, piena e perfetta che le parole di lui riescono a confessare. Stare insieme, così, fino alla fine, di qualsiasi tipo essa sia perché ad un passo dalla fine di tutto ci sono già stati ed è successo orribilmente appena prima che quel tutto, tondo e pieno, potesse avere inizio. Come dargli torto? Emma si ritrova ad annaspare tornando col viso verso la finestra e non trovando più così tanta luce sull’acqua come le era sembrato prima. Quelle parole riempiono e svuotano in una dicotomia talmente sublime da strapparle la fibra della propria interezza lasciando uscire dagli occhi una fiumana di lacrime totalmente mute <Io…> non è incespicare, è cadere e fermarsi per dover fare lo sforzo di non piombare di nuovo giù <Io…> ma è così difficile esprimere la colpa che brucia per aver toccato quel pensiero meraviglioso, quel “sempre” definito in altro modo <Io…> cosa vorrebbe dire Emma che possa liberare quella dichiarazione d’eternità dall’ombra che lei, lei sola, sembra averci buttato sopra, una coltre impietosa <Io…> tiene il viso basso ed affoga l’incapacità in un nuovo morso alla mela, svogliato e compiuto con la sola scusa di non sembrare in realtà così inadatta. Respira e lascia che il sapore dolce ed aspro del frutto la pizzichi risvegliando un velo di quella sua capacità di vedere le cose al di là dei possibili confini ed orizzonti. Scompone i concetti e guardando nel vuoto li osserva distinti ed insieme sotto un’altra luce, con occhi diversi pur senza cambiare il senso profondo del pensiero di Malcolm <Noi…> è cambiato tutto, non esiste un’esistenza separata, no un “io” capace di opporsi a quei tentennamenti e quelle ansie, il nervosismo delle sue mani sulla stoffa <Noi saremo sempre qui, così, insieme fino alla fine. Qui, così, insieme fino alla fine non è un luogo ma siamo semplicemente noi> non ha cuore di dire altro e si nasconde in un altro morso ancora accovacciata vicino a quella lunga poltrona tentando di fermare quelle lacrime spontanee.
Malcolm: Le spalle avvolte nella camicia bianca, i capelli grigi, la schiena ed i fianchi magri, lo proteggono in qualche misura. Proteggerlo da cosa? Non da Emma in sé, ma dalla confusione e la conseguente ansia che lo hanno invaso. Non aveva percepito il desiderio di Emma di andare via, questo bisogno di fuga. Cosa ha di sbagliato questo luogo? Cosa ha di sbagliato questa loro vita? Sembra tutto così insensato. Perché devono ricominciare da qualche altra parte? Perché le cose non possono restare immutate come sono ora e fino alla fine, al riparo dalla crudeltà del reale? Perché bisogna ricominciare? Perché non ci può essere una stabilità, una sicurezza? Perché non può semplicemente lasciarsi andare, riposare, proseguire quella quotidianità semplice ed essenziale, metodica, fatta di abitudini, rituali, spazi familiari? Perché dovrebbe mai voler abbandonare tutto questo? Strofina le mani sulla stoffa, isolandosi, concentrandosi a controllare la valanga che lo ha investito senza preavviso. Non riesce a pensare lucidamente, la sua testa è un turbinio sovraffollato di domande e di angosce, ricordi e paure che si accavallano. Respira, calmati, Malcolm. Con l’aria stravolta deve tornare a prendere la Bibbia che aveva lasciato chiusa sulla long-chaise e andare a riporre quel libro dalla copertina nera e minimale, con la scritta “Holy Bible” a caratteri dorati, nel suo spazio preciso della libreria, dove tutti i volumi sono ordinati per colore e secondariamente per altezza. I movimenti sono nervosi e frenetici, nei confronti dei libri sfoga delle compulsioni forti, li risistema più volte in modo abbastanza sconclusionato. Alle sue spalle Emma cerca di trovare una spiegazione, o meglio una promessa per quell’andare via. Lui la ascolta in silenzio, continuando a togliere un po’ fuori i libri dal loro allineamento perfetto, uno per uno, rimettendoli a posto immediatamente. Si odia. Si odia perché prova rabbia e repulsione per quell’illusione venuta meno in un colpo; la sua testa va ben oltre una semplice richiesta, non è la richiesta il problema, quanto l’affrontare tutto ciò che la richiesta comporta e che, inconsciamente, sapeva essere necessario. Lui non è un animale capace di stare nell’ozio, sebbene non ozi mai per davvero; il lavoro è stato la sua vita da sempre, il suo istinto di predatore e di cacciatore può forse essere messo da parte senza ripercussioni? Lo stesso istinto che si risveglia d’improvviso insieme a quella tempesta di rabbia violenta che prova a controllare. Lo stesso istinto che ha castrato smettendo di informarsi, lui che comprava e leggeva tre quotidiani al giorno. Si è forzato ad isolarsi completamente per perseguire un ideale impossibile, per smettere di affrontare le sue paure, chiuso in una campana di vetro. Ed ora quella domanda, quella richiesta, ha solo tolto il velo di fronte a quella follia spacciata per paradiso. Continua ancora ad isolarsi in quella compulsione, di disallineare e riallineare i libri, incapace di dire una parola e non perché non abbia assorbito quello che Emma ha detto. E’ da quasi tre anni che la sua vita non riesce ad essere stabile, che non riesce più ad afferrare nulla di durevole, a tenersi un lavoro, a restare in un posto, a trovare una continuità emotiva. New Orleans, New York, New Orleans, Londra, New Orleans, chissadove. Smette di colpo quella compulsione, una manciata di momenti dopo che Emma ha finito di parlare. I pensieri d’altronde sono così terribilmente veloci, confusi eppure incredibilmente precisi nell’affondarsi tra le pieghe del cervello, che non richiedono poi molto tempo. Quello che richiedono è tanta, troppa energia. È cambiato così all’improvviso da far quasi paura. Sembra che voglia girarsi verso Emma, esausto e di conseguenza col volto spento e apatico. E lo fa, si volta, ma in modo lento e indeciso. Cerca qualcosa da dire, appare confuso nella propria immobilità. Riflette ancora su quelle parole: noi, così, insieme, fino alla fine. Andare via per essere sempre loro, andare via  per costruire una nuova vita. Forse per lei può avere un senso, perché è giovane, lei ne ha bisogno. È questo il pensiero chiave su cui pondera, restando lì in piedi, immobile, con lo sguardo fisso in un punto vuoto, quasi fosse un automa. Lei ha una vita davanti, lui ha solo il tramonto davanti. Cosa è disposto a sacrificare per darle la vita di cui ha bisogno? Oh ma che domande, Malcolm. Sai bene che non esiteresti un istante per dare anche la tua stessa vita per lei, questo è ben chiaro da molto tempo ormai. E intanto si è di nuovo perso nei propri pensieri troppo vividi, restando terribilmente muto e statico. Dovrebbe ricordarsi di parlare, magari. <Promettimi…> riscopre la sua voce che subito si macchia di un’ondata di pianto, arreso dopo la rabbia e l’ansia. Ma il pensiero sfugge, a subconscia protezione; questo “shock” l’ha quasi disorientato. Che stava dicendo? Oh sì. <Sono così stanco Emma> ammette basso e senza che sembri neanche un lamento, quanto una fredda constatazione priva di sentimenti, un vuoto su cui si è aperta all’improvviso la tenda. Forse non è esattamente questo ciò che stava dicendo, ma ha poca importanza. <Non…> scuote appena il capo, che già è qualcosa in quell’immobilità <Non… non ho più la forza di essere un giornalista.> confessa, ma è abbastanza confuso da lasciar capire che può essere un semplice prodotto del momento di instabilità che si è presentato. Qualcosa che ha taciuto per settimane, nascondendolo anche a sé stesso nella speranza intrinseca che non si presentasse mai il momento della resa dei conti. Ma ora Emma sta chiedendo la propria vita che è anche la loro vita, e lui cosa può darle? Respira lentamente. <Promettimi> ecco cosa stava dicendo <promettimi che un giorno ritorneremo qui.> gli occhi gli si macchiano di lacrime e tutto diventa sfocato, nebuloso. <Questa casa è più che un luogo.> nella resa incondizionata a quel bisogno di Emma, chiede solo una promessa, sul filo del pianto che viene fuori dall’essere semplicemente esausto e confuso. <Io… io voglio ritornare qui quando…> porta nervosamente il dorso della mano davanti alla bocca, non riuscendo a trattenere le lacrime. <V-vo-levo … morire q-qui, dav-davanti …a questo lago…> le parole vengono mormorate fra i singhiozzi, tant’è che si capiscono appena. <Voglio… voglio essere qui..> non conclude un concetto che s’è capito benissimo comunque. <An-andiamo via..> e annuisce, sebbene sia scoppiato a piangere.
Emmeline: Non ha di certo la forza di continuare a guardare o di continuare a mordere quella mela, molte cose le hanno stretto lo stomaco quasi fino a farlo scomparire e quei pochi morsi pesano incontrando il rifiuto di un’ansia e un’agitazione che non trovano un confine. Si è voltata solo un istante ed osservarlo spostare e riordinare i libri le è bastato, è fin troppo per lei, per farle comprendere cosa stia accadendo. Riuscirà a perdonarsi anche questo? Ha già pagato anche per questo? E’ semplicemente insopportabile e d’un tratto ogni cosa è nulla. Si alza lentamente e va verso la cucina, apre lo sportello e getta la mela nella pattumiera con pochi gesti meccanici e totalmente impersonali, il meccanismo di gesti solamente utili a raggiungere quella conseguenza priva di uno scopo. Lo lascia parlare e lo lascia addentrarsi mentre i suoi occhi s’asciugano all’istante ed il viso resta serio a concentrarsi sulle parole rimanendo col solo sostegno di se stessa. Il cielo con un dito e poi l’impatto con il terreno, un sussulto soltanto spezza quel niente che l’accompagna perché è questa la sua formidabile capacità, l’eredità di qualcosa di orrendo… azzerare. Se ne va a togliersi le ciabattine sistemandole con cura al bagno evitando di girarsi verso la porta della camera chiusa, si china a fare un paio di risvolti ai jeans stretti per accorciarli e poi si ferma nel mezzo del corridoietto guardando di sfuggita verso la veranda <Non c’è bisogno di andare> decreta con calma e con voce profonda e ferma <Non ha senso andare e poi tornare, andare e poi tornare, per me è lo stesso e non voglio far perdere tempo a te e a me. Non è necessario. Non c’è nemmeno bisogno di chiedermi di promettere, nessun bisogno> prende un respiro spezzato dal deglutire, quel po’ di mela si agita dentro al suo minuscolo stomaco di ragazza e cammina per raccogliere il cellulare lasciato sul tavolo per tenerlo stretto in mano, saldamente stretto <Vado a fare una passeggiata qui sotto in spiaggia, ho bisogno di camminare. Sta tranquillo te ne prego> un discorso chiuso, non tenta nemmeno di spiegare per timore che altre parole possano ulteriormente confondere e fare di una semplice idea un muro insormontabile. Chiude per istante gli occhi scuotendo appena la testa e sospirando per scacciare via qualcosa che si ripresenta di nuovo in quel meccanismo che scatta per preservarla. Ha rovinato tutto, può perdonarsi anche per questo? I passi non hanno fretta per arrivare fino alla porta, l’hanno soltanto nel momento in cui passa davanti alla porta della camera cui concede uno sguardo gelido. Fuggire, può perdonarsi anche per questo? Apre la porta ed esce a piedi nudi sul ballatoio osservando a destra e a sinistra per concedere del tempo prima di sforzarsi a chiudere la porta e andare.
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colospaola · 7 years
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Un’idea per una passeggiata fuori porta, un giro in moto, è quella del Sacro Monte di Varese e del Parco del Campo dei fiori. Facilmente raggiungibile si trova a nord del centro di Varese, sul monte Orona nelle Prealpi varesine.
Luogo di culto e storia, inserito nel parco regionale del Parco dei Fiori, in un contesto ambientale di valore, con sentieri che consentono camminate per tutti i gusti, immersi nella natura e che offrono paesaggi spettacolari. Una vista che abbraccia il Lago di Varese, il Lago Maggiore, le prealpi luganesi, le Orobie, la catena delle Alpi fino al Monviso e alle Alpi Marittime, la pianura padana e l’appennino con i contrafforti emiliani. La vetta maggiore del Campo dei Fiori è la punta di Mezzo a quota 1.227, mentre a Punta Paradiso, si trova la “Cittadella di scienze della natura”, con l’Osservatorio astronomico Schiaparelli, fondato nel 1956 da Salvatore Furia.
Il complesso del Sacro Monte di Varese è stato inserito nel luglio 2003, nel patrimonio dell’Unesco, assieme ad altri otto siti simili come “Paesaggio culturale dei Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia”.
E’ una storica e nota meta di visite e pellegrinaggi composto da quattordici cappelle, splendidamente collocate nell’ambiente naturale, dedicate a un Mistero del Rosario. Probabilmente già utilizzato come luogo di culto ai tempi dei primi abitanti che avevano colonizzato il lago di Varese con palafitte, 4/5mila anni a.C. poi dai Celti. Dal medioevo è diventato una nota meta di pellegrinaggio per i devoti lombardi e del Canton Ticino. Si può raggiungere con mezzi pubblici o privati, percorrendo la suggestiva strada che porta in vetta, attraverso storiche ville liberty, palazzi della ricca borghesia imprenditoriale, boschi, pinete, lasciando poi i mezzi nell’apposito piazzale, vicino al Santuario. Si può raggiungere anche con la spettacolare funicolare, in stile liberty, che parte poco sotto la Prima Cappella e porta dritto nel cuore del borgo del Sacro Maria del Monte. Una corsa in funicolare pari a 1 Euro.
Nel 1474 fu edificato nella zona più elevata del monte un monastero, fondato dalle beate Caterina da Pallanza e Giuliana da Verghera (Beata Giuliana), dove ancora oggi sono ospitate le Suore Romite Ambrosiane.
All’inizio del Seicento il frate cappuccino Giovanni Battista Aguggiari e la madre badessa suor Tecla Maria Cid, iniziarono a edificare un acciottolato che seguisse il percorso del monte con quattordici Cappelle sui Misteri del Rosario, nasceva così la Via Sacra delle Cappelle del Rosario. Quest’ ambizioso progetto fu portato avanti per tutto il XVII secolo da scultori come Bussola, e pittori come Nuvolone e Morazzone, che lavorarono seguendo l’architetto Giuseppe Bernascone, mentre a sovvenzionare i lavori ci pensò la città di Varese. Creando così un percorso sacro, di circa 2 km che parte dalla Prima Cappella, a quota 550 slm, fino a raggiungere il santuario di Santa Maria del Monte a 820 metri.
Verso la fine del Novecento sono stati eseguiti alcuni lavori di restauro delle Cappelle voluti dal vescovo Pasquale Macchi, prima Arciprete del Santuario e poi Segretario del Papa Paolo VI.
Quasi all’inizio della Via Sacra si trova la Chiesa dell’Immacolata, mentre le 14 cappelle che celebrano i Misteri del Rosario si snodano lungo un tragitto scandito da tre archi ogni cinque cappelle, l’Arco dei Misteri Gaudiosi, l’Arco dei Misteri Dolorosi e l’Arco dei Misteri Gloriosi. La terza cappella è stata dipinta negli anni 80′ da Renato Guttuso, con un affresco che è un’esplosione di colori raffigurante la “Fuga in Egitto”.
Le cappelle della Via Sacra finiscono poco prima della fontana del Mosè, ideata all’inizio dell’Ottocento con uno stile neoclassico dall’architetto Francesco Maria Argenti di Viggiù.
Superata la scalinata, si arriva nella Piazza del Santuario con la torre campanaria ideata da Giuseppe Bernasconi nel 1598, il pozzo, inquadrato da due colonne ioniche, collegate da un architrave e un monumento bronzeo dedicato a Paolo VI, di Floriano Bodini, mentre a destra, in alto, si trova la seicentesca Chiesa dell’Annunciata. Piazza che è anche uno dei principali e spettacolari punti per ammirare il panorama. Santuario che da alcuni anni è facilmente raggiungibile con un comodo ascensore, posizionato proprio sotto la piazza, che ha facilitato l’accesso ad anziani e disabili.
Nel Santuario della Madonna Assunta si trova sull’altare principale il quindicesimo mistero del Rosario, l’Incoronazione della Madonna.
Nel 2013 lo scavo nella piccola cripta romanica a tre navate, ha riportato alla luce, reperti, mura e pavimenti che documentano chiaramente la preesistenza di un ben più antico edificio di culto mariano, a oggi non noto. Ritrovamenti che oggi sono visitabili a pagamento.
Il Sacro Monte, però è anche un piccolo borgo antico, abitato, dove il tempo sembra sospeso, ricco di viuzze e scalinate ripide, tra lanterne e numerose ville in stile liberty, ristoranti, bar caratteristici dalla lunga e particolare storia, spesso con terrazze che garantiscono la vista sottostante. Inoltre conta su due musei, il Museo Baroffio, posizionato sulla parte posteriore del Santuario, con uno dei più spettacolari terrazzi del Sacro Monte. Al suo interno la storia di Santa Maria del Monte tra sculture romaniche, miniature preziose, paliotti sforzeschi e dipinti dal XV al XVIII secolo, sino alla sezione di arte sacra contemporanea. Artisti varesini come Borghi, Frattini, Montanari, Quattrini, Tavernari, in mostra accanto a maestri italiani (Biancini, Cantatore, Conti, Minguzzi, Radice, Sironi, Sassu) e ad alcuni protagonisti assoluti dell’arte europea del XX secolo come Buffet, Rouault e Matisse.
Il secondo museo è Casa Museo Lodovico Pogliaghi, di proprietà della Veneranda Biblioteca Ambrosiana. Una casa-atelier, posta sulla parte finale della salita, prima del borgo, dove il grande ed eclettico artista lombardo, ha lavorato per anni a qualcosa di unico, come nel caso del gesso a grandezza naturale del portone del Duomo di Milano. Una gran mole di bozzetti e sculture dell’artista, reperti di tutte le epoche. Ogni stanza è diversa dall’altra e si viene condotti in un vero e proprio mondo a parte.
Santa Maria del Monte conta anche su un emporio dove si possono trovare opere di carattere sacro e non solo.
Sabato 17 marzo, dopo la chiusura invernale, riapriranno tutti i musei del complesso del Sacro Monte di Varese, Centro Espositivo Mons. Macchi, Casa Museo Pogliaghi, Museo Baroffio e del Santuario e la Cripta.
Il calendario del 2018 sarà molto ricco di eventi e appuntamenti, tra visite tematiche, percorsi e campus per bambini e concerti che popoleranno il sito.
Due sono gli appuntamenti con i quali il Sacro Monte di Varese aprirà la nuova stagione.
Il primo sarà la presentazione della monografia artistica Guido Villa, Cicli pittorici, prevista per sabato 17 marzo alle 17, presso le Sala Conferenze del Centro Espositivo Mons. Pasquale Macchi presso la prima cappella, a ingresso gratuito.
Il volume, ideato da Graziano Campanini insieme a Paola Locatelli, edito da Pendragon di Bologna, vede una cospicua selezione delle opere e dei cicli pittorici realizzati dall’artista vercellese, come Montagne, Ritratti e omaggi, Pittura sociale, Arte sacra, Nature morte, Sport, Africa, Video scenografie, Teatrini poetici, Copertine e manifesti, dove Villa usa un segno grafico-pittorico denso e ricco d’intensità cromatica.
Uomo di poche parole, Guido Villa si esprime attraverso un’arte prorompente, con un’esecuzione veloce e impetuosa, dove crea immagini, usando veloci pennellate e segni dall’andamento fluido e sinuoso.
Interverranno alla presentazione della monografia, ideata da Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte di Varese, l’editore Antonio Bagnoli, il curatore Graziano Campanin, direttore del Museo della Sanità e dell’Assistenza presso il complesso monumentale di Santa Maria della Vita a Bologna, e monsignor Franco Givone, ora parroco di Gattinara, ma per molti anni Missionario a Isiolo – Kenya e quindi testimone della realizzazione del Ciclo di dipinti dell’Esodo dello stesso Villa.
Il secondo appuntamento è la prima visita tematica di approfondimento del ciclo d’incontri sul Sacro Monte Contemporaneo, Lello Scorzelli: inaugurazione della formella ritrovata della Via Crucis, prevista per domenica 25 marzo alle 15 presso il Centro Espositivo Monsignor Pasquale Macchi nella prima cappella al Sacro Monte di Varese.
Nato a Napoli nel 1921 e deceduto a Roma nel 1997, Scorzelli, figlio del pittore Eugenio, iniziò la propria formazione da autodidatta e in seguito frequentò l’Accademia di Belle Arti di Napoli.
Verso la fine degli anni Trenta iniziò l’attività espositiva, con alcune Mostre Sindacali della sua città natale e in seguito alla Biennale di Venezia del 1942, quindi alla Mostra del Ritratto svoltasi a Napoli nel 1945 e a una mostra collettiva degli artisti campani nello stesso anno.
Nel dopoguerra andò a vivere a Firenze per studiare il Rinascimento italiano, grazie alla lettura della Vita di Benvenuto Cellini poi, ispirato dalla figura umana, realizzò numerosi nudi femminili, ma si affermò come ritrattista, modellando nel bronzo immagini che mostravano la sua abilità nel restituire con viva penetrazione psicologica il carattere dei personaggi, come il Ritratto di Orio Vergani del 1947.
Tra le sue opere c’è il bassorilievo in bronzo per la facciata del Nuovo Teatro San Ferdinando di Napoli, eseguito nel 1953 su incarico di Eduardo De Filippo.
Dagli anni Sessanta si dedicò intensamente all’arte sacra, lavorando per la Santa Sede su commissione di Paolo VI, che gli mise a disposizione uno studio in Vaticano, oltre ad alcune opere per la chiesa di Santa Maria sopra Minerva a Roma, il monumento commemorativo di Paolo VI per la cattedrale di Brescia e la Fontana del Guerraccino per la città di Napoli.
Il Museo Baroffio e del Santuario e il Museo Pogliaghi, propongono un biglietto unico vantaggioso per turisti e appassionati d’arte che vogliano visitare le due sedi museali del Sacro Monte. Il biglietto cumulativo, fissato a 5 €, consente anche di distanziare nel tempo l’accesso al secondo museo, avendo la validità di un mese.
12 € biglietto cumulativo (permette la visita ai tre musei e ha validità di sei mesi: Casa Museo Pogliaghi, Museo Baroffio e Cripta)
12 € biglietto famiglia (2 adulti + 2 o più bambini)
È attiva una convenzione con le Autolinee Varesine che permette ai visitatori di entrambi i musei del Sacro Monte di viaggiare gratuitamente. Esibendo il biglietto di visita del Museo Baroffio e della Casa Museo Pogliaghi è possibile scendere gratuitamente da Santa Maria del Monte utilizzando gli autobus della linea urbana C (partenza da piazzale Pogliaghi).
La convenzione non include l’utilizzo della funicolare.
Nel periodo di apertura della funicolare, è prevista una corsa ogni 10 minuti. Per chi utilizza l’autobus, è garantita una corsa ogni 20‘ (ogni 30′ nei festivi) in partenza dalle stazioni e dal centro di Varese, effettuata dalla linea urbana “C” e in arrivo e/o partenza dalla stazione del Vellone vi è la coincidenza con la funicolare. Biglietto funicolare+bus 1,40 Euro.
Sacro Monte di Varese, le novità della primavera 2018 Un'idea per una passeggiata fuori porta, un giro in moto, è quella del Sacro Monte di Varese…
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welcometomylife42 · 7 years
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Ci sono tante cose che non mi sono chiare, tantissime. Tanti misteri ancora circolano e la scienza cerca di risolverli ma, davvero, credete che siano quelli i veri dubbi? No perché onestamente sono molto più sconcertata dalle opere dell'uomo che dalla meraviglia della fisica e del mondo.
Ora solo una domanda: perché cazzo siamo ancora qui?
Cara Natura, sì proprio te, mi spieghi come mai ancora ci sopporti? Perché non ci hai ancora distrutti? Perché permetti ancora certi abusi e certe vergogne?
Gli uomini parlano della salvezza di un dio da parte del demonio, lo identificano spesso col fuoco no? Beh il demonio credo sia l'uomo stesso e basta. Togliamo il credo.
Credo forse di essere ipocrita o non so che altro agli occhi di persone comuni che elogiano l'umanità e le sue futili creazioni distruttive, ma vedere andare a fuoco un bosco è straziante. Per me molto più straziante di altre tragedie. Dove muore qualcuno che non vuole ciò, fa male. Che sia un animale, una pianta o una persona. In quest ordine di solito, so di essere "malata mentalmente" ma tifo molto di più per la salvezza di un animale innocente.
Che dolore.
Non parlo solo di qua, parlo anche del Piemonte.
Sarò sincera, sentire parlare di fuochi che distruggono boschi e campi nel Sud Italia mi ha fatto una grande tristezza, vedere alberi in fiamme o delle immagini di quello che c'è ora...è qualcosa che ti lascia un deserto di ghiaccio, di vuoto, di puro dolore. Che poi per ora sono immagini, tra una settimana, se sarà possibile ritornare là, vedrò tutto davanti ai miei occhi.
La selva dei suicidi di Dante mi torna sempre in mente, amo quell'immagine che ha descritto, quando ho visto le foto...non so per un attimo ho pensato allo stesso.
Si sanno le ragioni dell'incendio, nel "pisciatoio d'Italia" l'autocombustione è decisamente impossibile.
Certo che l'uomo è davvero intelligente. Dai cazzo non vi rendete conto che distruggere l'ambiente così egoisticamente distrugge voi stessi? Ogni singolo ramo bruciato è ossigeno in meno, non per il bosco, ma per tutti. Ogni singolo animale morto è in realtà la non nascita di centinaia di animali successivi. Ogni singolo centimetro di terra che è ridotto in cenere è una nuova battaglia che riparte da zero.
Solo io trovo gli alberi meravigliosi? Sono così poetici, così significativi. Durante l'autunno poi diventano arte pura.
Natura, Natura, Natura...dai un colpo di grazia a chi ti sta facendo tutto questo.
Non c'è pace migliore per me oltre allo stare in un bosco. Non c'è "casa", non c'è calma, non c'è armonia per me, non c'è un briciolo di equilibrio nel mio caos totale, non c'è serenità, effettivamente non ci sarei nemmeno io...
Non c'è un altro luogo dove posso essere così me stessa, come nel bosco.
I miei più cari e fedeli amici di infanzia oltre agli animali?
Gli alberi.
Alberi che aiutavo e trattavo con cura, che proteggevo dagli altri bambini, che chiamavo per nome, che per me erano fondamentali...che nella maggior parte dei casi poi hanno tagliato.
Solo io piango per gli alberi no?
Mi ricordo la mia "macchina del tempo", quel bellissimo alloro multiforme e anziano, dove mi nascondevo tra le radici e speravo di poter viaggiar con lui, avanti e indietro nel tempo.
(Devo dire che almeno lui seguiva i miei viaggi mentali)
Ricordo quando lo hanno tagliato per costruire un largo muro e un enorme marciapiede.
Lacrime.
E l'albero sul lago? Mezzo dentro e mezzo fuori dall'acqua?
E la quercia?
E le betulle?
E il mio pino silvestre?
E l'albicocco metà vivo e metà morto?
E il noce?
E i faggi?
Dove sono ormai tutti?
Uomo, credi davvero di meritarti questo mondo che tanto violenti?
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  La Bambola e il Giocattolo
in una delle più belle residenze medievali
del Lago Maggiore
  Il Museo della Bambola alla Rocca di Angera e lo sfondo del Lago Maggiore
      Presso la Rocca di Angera, nella parte meridionale del Lago Maggiore, l’esposizione di una delle collezioni più importanti d’Europa, in questo settore, vista la grande qualità, varietà e rarità della collezione, il Museo della Bambola e del Giocattolo.
Il museo si sviluppa attraverso dodici sale, tra l’ala Borromea e l’”oratorio”, a queste sono state affiancate sezioni monotematiche separate, di cui, una dedicata alle bambole e ai giocattoli provenienti da culture extraeuropee, ed è situata nelle “scuderie“, un’altra, nelle tre sale al primo piano, che ospita la collezione del Petit Musée du Costume di Tours, raccolta da Gisele Pesché, consistente in una straordinaria collezione di automi francesi e tedeschi, animati e prodotti durante il XIX secolo.
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Il Museo della Bambola e del Giocattolo
    Attraverso le dodici sale dedicate al Museo della Bambola, si possono ammirare oltre 1300 pezzi storici di bambole, realizzate a partire dal XVIII secolo a oggi.
I materiali sono quelli che si utilizzavano durante le epoche di fabbricazione, dal legno alla cartapesta, porcellana, cera, porcellana, biscuit, tessuto, tutte riccamente abbigliate e munite di corredi in miniatura.
Nelle esposizioni troviamo inoltre molti giocattoli di vario tipo, accessori domestici, rari modelli di mobili, case di bambola completamente arredate, negozi in miniatura, giochi di società e didattici, libri, riviste, fotografie, raccolte di ex-libris a soggetto infantile, figurine e tutto assolutamente attinente al mondo dei bambini.
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Museo della Bambola parte delle collezioni presenti
Ambientazioni al Museo della Bambola
Fondato nel 1988 dalla principessa Bona Borromeo Arese, il percorso storico e l’impianto didattico è ampiamente documentato e accompagna i visitatori attraverso un fantastico viaggio nel tempo alla riscoperta del gioco ma non sono solo oggetti ludici, si trovano, infatti molti collegamenti tra le bambole antiche e moderne, la società, intesa come l’insieme di individui uniti da diversi rapporti di varia natura e l’educazione, nonché i legami con moda, arte e costume dei tempi passati e di oggi.
Bambole, automi e giocattoli di vario tipo, con un’unica prerogativa, essere capolavori dell’ingegno e creatività di maestri scultori, artigiani e orologiai,che hanno creato automi dai movimenti ritmati e lenti, su motivi e liriche conosciute, si estendono lungo un percorso con meravigliosi effetti di luci e suoni.
Grazie ai coniugi Pesché e alla loro collezione, è stato recentemente possibile aprire presso l’Isola Madre “La Stanza del Collezionista”, una vera e propria ricostruzione del loro salotto francese, ricco di oggetti curiosi e rari, dipinti, sculture, tutti rappresentativi di un tempo passato.
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La Rocca di Angera
    Angera sul Lago Maggiore, chiamata anche la “città del castello” fu importante porto fluviale, che in epoca romana metteva in collegamento la Gallia Cisalpina, parte dell’Italia settentrionale, con la Rezia, nell’antichità comprendeva Svizzera, Baviera, Svevia, Austria, Trentino-Alto Adige, la provincia di Belluno ed alcune valli della Lombardia settentrionale, tra cui la Valtellina e in seguito, in epoca medievale, era a capo di una Pieve comprendente i paesi delle due sponde del lago, nel territorio si contavano 20 edifici religiosi, l’importanza strategica, soprattutto militare, sentì a partire dell’XI secolo, al posto dell’attuale Rocca di Angera, l’esigenza di edificare una struttura fortificata, che divenne proprietà degli arcivescovi di Milano.
La Rocca di Angera
Nel Duecento la struttura passò in mano alla famiglia Visconti, i quali la trasformò in una maestosa fortezza, in posizione dominante su tutto il paese, acquistata poi, dalla famiglia Borromeo.
Oggi la fortezza porta il nome di Rocca Borromea di Angera, dal cognome della famiglia che ancora oggi è proprietaria del palazzo.
La rocca è visitata da moltissimi turisti, non solo per la bellezza delle bambole e dei meccanismi giocattolo, conservati presso il Museo della Bambola e del Giocattolo ma anche per altri motivi, la sorprendente bellezza delle Sale Storiche, il percorso all’interno è abbellito da preziosi affreschi, antiche tele e decorazioni originarie tornate alla luce dopo le recenti opere di restauro e con l’aggiunta dell’allestimento, della Sala delle Maioliche, una straordinaria collezione composta da trecento pezzi rarissimi di manifattura olandese, francese, tedesca, italiana, spagnola, persiana e cinese..
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la sala della Giustizia con il ciclo di affreschi del Maestro di Angera
La Sala delle Cerimonie nella Rocca di Angera
La Rocca composta da cinque diversi corpi di fabbrica, costruiti in epoche diverse, tra il XI al XVII secolo, l’Ala Scaligera, l’Ala Viscontea, la Torre di Giovanni Visconti e l’Ala dei Borromeo.
Vi si trovano le sale del Buon Romano, della Mitologia, delle Cerimonie, di San Carlo, dei Fasti Borromeo, artisticamente molto interessante è la Sala di Giustizia, che ospita il ciclo di affreschi del secolo XIII, di un anonimo maestro, denominato “Maestro di Angera”.
Gli affreschi nella rappresentazione, narra vicende legate alla vita dell’arcivescovo Ottone Visconti, in particolare, la sua vittoria sui Torriani nella battaglia di Desio nel 1277.
Altro motivo di visita è dato dal mistero che avvolge il luogo, una caverna magica, che in passato si pensasse potesse collegare questo mondo, ad altri abitati da creature magiche.
Alla base della Rocca, una piccola insenatura nella roccia, di circa 5 metri di larghezza, soprannominata “la tana del lupo”dove sono stati ritrovati resti risalenti al II secolo d.C., qui in passato si celebravano i riti per il dio Mitra, importantissima divinità dell’induismo e della religione persiana ed anche un dio ellenistico e romano, guerriero buono e generoso da cui il nome “mitra” ovvero “amico”.
Molti credono che all’interno della grotta ci abitino delle fate e siano le custodi di una porta magica che ogni 100 anni si apre per poter condurre i “prescelti” dal dio, verso nuovi e misteriosi mondi.
Inoltre il 27 giugno di ogni anno, i seguaci dei misteri e occultismo ma anche solo i curiosi, fanno in modo di ritrovarsi lungo le sponde del Lago Maggiore, nei pressi di Angera, per vedere, secondo la leggenda, il lago in tempesta e i fatti strani e misteriosi che si verificano in quel giorno, in seguito alla vicenda della bellissima Olivia De’ Valvassori e l’atroce delitto che ne seguì.
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  Bambola e giocattolo al Museo nella Rocca di Angera La Bambola e il Giocattolo in una delle più belle residenze medievali del Lago Maggiore Presso la Rocca di Angera, nella parte meridionale del…
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personal-reporter · 1 year
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Il Lago Maggiore e il mistero dei fratelli Mazzardi
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I fratelli Mazzardi sono protagonisti di una leggenda che circonda il Lago Maggiore. Si dice che i due fratelli furono uccisi e gettati nel lago con un sasso al collo, dando origine a molte storie e misteri. Secondo la leggenda, i fratelli Mazzardi erano due giovani pescatori che vivevano sulle rive del Lago Maggiore. Un giorno, i due fratelli scomparvero misteriosamente, e non furono mai più visti vivi. Si dice che i fratelli Mazzardi fossero stati uccisi da un gruppo di malviventi, che li avevano gettati nel lago con un sasso al collo per farli affondare. Nonostante le ricerche, i corpi dei due fratelli non furono mai trovati, e la loro scomparsa rimase un mistero. Anche se la leggenda dei fratelli Mazzardi è molto diffusa, non ci sono fonti storiche che confermino l'esistenza dei due giovani pescatori. Tuttavia, la leggenda ha avuto un grande impatto sulla cultura popolare del Lago Maggiore, e ancora oggi è considerata una delle storie più suggestive e misteriose della zona. Il Lago Maggiore è ricco di leggende e misteri che lo rendono un luogo affascinante e misterioso. Altre storie affascinanti riguardano ad esempio la Cascata dei Dannati, un luogo in cui si dice che le anime dei dannati siano intrappolate per l'eternità. Oppure, la leggenda delle streghe di Sambuchetto, un antico villaggio sulle rive del lago dove si dice che le streghe si riunissero per praticare la magia nera. Inoltre, il lago Maggiore è stato anche teatro di avvistamenti di creature mostruose, come serpenti giganti, che si dice abitino le acque del lago. In conclusione, la leggenda dei fratelli Mazzardi è una delle storie più suggestive e misteriose del Lago Maggiore. Nonostante non ci siano fonti storiche che confermino l'esistenza dei due giovani pescatori, la leggenda ha avuto un grande impatto sulla cultura popolare della zona, e ancora oggi suscita fascino e mistero tra i visitatori e gli appassionati di leggende e misteri. FONTI - IlParanormale.com: I mostri del Lago Maggiore - IlParanormale - Sperling & Kupfer Editore: Luoghi misteriosi: itinerario sul lago Maggiore Foto di Astrid Schmid Cit.Aut."omnis homo ius habet somnia" Read the full article
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personal-reporter · 1 year
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Il Lago Maggiore e le streghe di Sambuchetto
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Le streghe di Sambuchetto sono una delle leggende più affascinanti e misteriose che circondano il Lago Maggiore. Secondo la leggenda, Sambuchetto era un antico villaggio sulle rive del lago, dove le streghe si riunivano per praticare la magia nera. La leggenda delle streghe di Sambuchetto è stata tramandata di generazione in generazione, e ancora oggi suscita fascino e mistero tra i visitatori del Lago Maggiore. Si dice che le streghe si riunissero in una grotta nascosta tra le montagne, dove praticavano riti e incantesimi per invocare il potere delle tenebre. Secondo la leggenda, le streghe di Sambuchetto erano donne malvagie e spietate, che usavano i loro poteri per fare del male agli abitanti del villaggio e ai viaggiatori che attraversavano il lago. Si dice che le streghe avessero il potere di trasformarsi in animali, come gatti neri o corvi, e che usassero questi poteri per spaventare e tormentare le loro vittime. Nonostante la suggestione della leggenda, non ci sono fonti storiche che confermino l'esistenza delle streghe di Sambuchetto. Tuttavia, la leggenda ha avuto un grande impatto sulla cultura popolare del Lago Maggiore, e ancora oggi è considerata una delle storie più affascinanti e suggestive della zona. Il Lago Maggiore è ricco di leggende e misteri che lo rendono un luogo affascinante e misterioso. Altre storie affascinanti riguardano ad esempio la Cascata dei Dannati, un luogo in cui si dice che le anime dei dannati siano intrappolate per l'eternità. Oppure, la leggenda dei Castelli di Cannero, antiche rovine sulle sponde del lago, che sono avvolte da misteri e leggende. Inoltre, il lago Maggiore è stato anche teatro di avvistamenti di creature mostruose, come serpenti giganti, che si dice abitino le acque del lago.In conclusione, le streghe di Sambuchetto sono una delle leggende più affascinanti e suggestive del Lago Maggiore. Nonostante non ci siano fonti storiche che confermino l'esistenza delle streghe, la leggenda ha avuto un grande impatto sulla cultura popolare della zona, e ancora oggi suscita fascino e mistero tra i visitatori e gli appassionati di leggende e misteri. Foto di Jakub Zeman Cit.Aut."omnis homo ius habet somnia" Read the full article
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personal-reporter · 1 year
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Lago Maggiore e la Cascata dei Dannati
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Il Lago Maggiore è un luogo affascinante e ricco di misteri e leggende. Tra le storie più suggestive, spicca quella della Cascata dei Dannati, un luogo misterioso e suggestivo che si trova sulle rive del lago. Secondo la leggenda, la Cascata dei Dannati è un luogo in cui le anime dei dannati sono intrappolate per l'eternità. Si dice che le acque della cascata siano così fredde e profonde da non permettere ai corpi di emergere, e che le anime dei dannati siano costrette a vagare per l'eternità in un limbo oscuro e spaventoso. La Cascata dei Dannati si trova in una zona remota del Lago Maggiore, in un luogo in cui la natura è ancora incontaminata e selvaggia. La cascata è alta circa 20 metri e si trova in una gola stretta e profonda, circondata da alte pareti rocciose. Nonostante la bellezza del luogo, la Cascata dei Dannati è considerata un luogo maledetto e pericoloso. Si dice infatti che chi si avvicina troppo alla cascata rischia di essere risucchiato dalle acque gelide e di finire intrappolato per l'eternità insieme alle anime dei dannati. Nonostante la suggestione della leggenda, la Cascata dei Dannati ha una spiegazione scientifica. Si tratta infatti di una cascata temporanea, che si forma solo in determinati periodi dell'anno, quando le acque del lago sono particolarmente alte e il fiume che alimenta la cascata è in piena. Nonostante ciò, la leggenda della Cascata dei Dannati continua a suscitare fascino e mistero, e il luogo è ancora oggi meta di escursionisti e turisti che vogliono scoprire il fascino di questo luogo affascinante e suggestivo. Inoltre, la Cascata dei Dannati non è l'unica leggenda che circonda il Lago Maggiore. Altre storie affascinanti riguardano ad esempio le streghe di Sambuchetto, un antico villaggio sulle rive del lago dove si dice che le streghe si riunissero per praticare la magia nera. Oppure, la leggenda dei Castelli di Cannero, antiche rovine sulle sponde del lago, che sono avvolte da misteri e leggende. Inoltre, il lago Maggiore è stato anche teatro di avvistamenti di creature mostruose, come serpenti giganti, che si dice abitino le acque del lago. In conclusione, il Lago Maggiore è un luogo affascinante e misterioso, ricco di leggende e storie che lo rendono ancora più suggestivo. La Cascata dei Dannati è solo una delle tante storie che circondano questo luogo magico, che continua a suscitare fascino e mistero tra i visitatori e gli appassionati di leggende e misteri. Cit.Aut."omnis homo ius habet somnia" Read the full article
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personal-reporter · 1 year
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Inchiostro 2023 a Crema
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Il festival letterario Inchiostro festeggia la quinta edizione e venerdì 16, sabato 17 e domenica 18 giugno, trasforma Crema nella capitale del libro dove i chiostri del Sant’Agostino, la Sala Da Cemmo e CremArena ospiteranno più di 50 scrittori in arrivo da tutta Italia e dall’estero, 35 eventi, e 20 editori indipendenti. Tutto questo in una kermesse dedicata ai lettori, capace di raccontare storie in maniera informale e per dare uno sguardo alla nuova narrativa italiana contemporanea. Ideato e diretto da Lorenzo Sartori, voluto e sostenuto dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Crema il festival è realizzato in collaborazione con il Museo Civico Cremasco e la Biblioteca Civica Clara Gallini. Vite diverse è il sottotitolo di questa edizione in cui molte delle storie presentate suggeriscono la possibilità di vivere vite diverse da quelle che sono capitate. Molte le voci che si intrecciano nel corso del festival, a partire da quella di un maestro assoluto del noir, Sandrone Dazieri, che inaugura Inchiostro presentando il suo libro Il male che gli uomini fanno  un thriller straordinario, dal ritmo incalzante, capace di entrare nella mente degli esseri umani, che siano vittime o mostri, e dando un’anticipazione del romanzo di prossima uscita Il figlio del mago. Sabato 17 giugno tra le voci di Inchiostro ci saranno quelle di Sandro Frizziero che offre un ritratto sulle inquietudini esistenziali nella provincia veneta, quelle di Paola Varalli, Rosa Teruzzi e Matteo Severgnini che nell’appuntamento Giallo a Mezzogiorno conducono con le loro indagini fra lago d’Orta, Maggiore e di Como. In sala Pietro da Cemmo c’è Davide Zilli professore di Italiano al mattino, cantautore-pianista di sera, che ci fa esplorare le connessioni tra i grandi poeti del passato e la musica di oggi, Luca Ammirati sui sentimenti di un’intera generazione  e di Mattia Insolia ( con un romanzo potente, in cui i figli guardano ai genitori scoprendoli inadeguati. Domenica 18 giugno ad aprire l’ultima giornata di festival è un appuntamento realizzato in collaborazione con la sezione cremasca dell’Anpi con Lorenzo Gambetta e Pedalando per la libertà,  un omaggio a quelle donne che si sono distinte come staffette partigiane. Invece Paolo Roversi presenta in anteprima Alla vecchia maniera, un mistery tra Simenon e Chandler, mentre Beatrice Salvioni a soli 28 anni arriva al festival con La Malnata, un romanzo di formazione tradotto in 32 Paesi, storia di amicizia tra due ragazzine nella Monza ai tempi del Fascismo. A chiudere  Inchiostro tocca a Fabio Geda  che presenta il suo ultimo romanzo La scomparsa delle farfalle, ritratto di una generazione che nessuno ha ancora raccontato, quella di chi è stato adolescente nella seconda metà degli anni Novanta. Molti degli appuntamenti del festival Inchiostro sono in un percorso di formazione per docenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado che potranno ricevere un attestato per il riconoscimento dei crediti formativi, grazie alla collaborazione con gli Istituti Sraffa-Marazzi e Galileo Galilei. Read the full article
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colospaola · 7 years
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Un’idea particolare per trascorrere l’ormai prossimo Ferragosto, tra arte, cultura e natura, ce la offre il FAI (Fondo Ambiente Italiano), che mette a disposizione alcuni tra i suoi beni, per la festa estiva per eccellenza.
Diverse le possibilità per la data di martedì 15 agosto, sparse un po’ ovunque, ne segnaliamo alcune tra Liguria, Lombardia, Trentino, Piemonte e Veneto.
In Liguria, l’appuntamento con la venticinquesima edizione dei “Concerti all’Abbazia di San Fruttuoso”, rassegna promossa dal FAI in collaborazione con l’Associazione Culturale Echi di Liguria, che nelle passate edizioni ha visto esibirsi tanti apprezzati artisti e ha registrato la presenza di un sempre più numeroso e affezionato pubblico.
In occasione di Ferragosto è atteso il concerto “A mandolin Journey” interpretata dal “Carlo Aonzo Trio” con Carlo Aonzo (mandolino), Lorenzo Piccone (chitarra) e Luciano Puppo (contrabbasso).
Anticipo sabato 12 agosto con un concerto jazz del Back and Forth the King’s Path, protagonista la formazione The Buddy Bolden Legacy, con Fabrizio Cattaneo (tromba), Roberto Colombo (chitarra), Stefano Guazzo (sassofono soprano e clarinetto) e Alberto Malnati (contrabbasso e voce).
L’Abbazia di San Fruttoso è un vero e proprio gioiello sul mare, tra Camogli e Portofino, raggiungibile a piedi attraverso il parco naturale di Portofino oppure direttamente via mare con i vari servizi dei battelli. Offre un colpo d’occhio spettacolare, incastonato com’è nella roccia proprio sul mare con una spiaggia davanti.
San Fruttuoso nei secoli è stata monastero benedettino, poi per un periodo covo di pirati, abitazione di pescatori quindi per secoli proprietà dei principi Doria.
Biglietti
Chiostro inferiore: € 24
Chiostro superiore: € 18
Iscritti FAI: sconto € 2
E’ obbligatoria la prenotazione telefonica
Altro appuntamento con il Fai, in Liguria presso l’ottocentesca Casa Carbone, a Lavagna. Un momento di elegante convivialità nei colori del tramonto estivo all’interno della suggestiva cornice del giardino della casa museo, un’oasi di tranquillità nel pieno centro di Lavagna.
Per tutta l’estate “Casa Carbone” offre la possibilità ai suoi ospiti di degustare un aperitivo speciale nella suggestiva ed elegante cornice del giardino, un’oasi di tranquillità nel pieno centro di Lavagna, con piante ornamentali ed esotiche, fiori coloratissimi e profumati e agrumi. In caso di maltempo gli aperitivi si svolgeranno nel piano terra della Casa Museo. Aperitivo all’interno del giardino di Casa Carbone sarà curato dal Bar pizzeria Black&White di Lavagna.
Biglietti
Ingresso al bene
Intero: 5 €
Iscritti FAI e National Trust: gratuito
Ridotto (bambini 4-14 anni): 2 €
Residenti del Comune di Lavagna: 2,50 €
In aggiunta, per tutti coloro che desiderano partecipare all’aperitivo: 4 €.
L’ingresso di Casa Carbone è in Piazza Cordeviola 15, a Lavagna.
FAI – Casa Carbone
Tel. 0185-393920
In Lombardia gli eventi sono concentrati in provincia di Varese, con pic-nic nei siti gestiti dal FAI.
Martedì 15 agosto 2017, dalle ore 10 alle 18, il Monastero di Torba a Gornate Olona, Villa Della Porta Bozzolo a Casalzuigno e Villa Panza a Varese, offrono la possibilità di consumare un picnic, che non preveda l’accensione di fuochi, nei loro caratteristici giardini per trascorrere un Ferragosto in famiglia circondati dalla natura.
Il Monastero di Torba a Gornate Olona, si propone come uno scenario ideale per passare un Ferragosto unico e divertente tra natura e arte. Il grande prato sottostante la torre sarà a completa disposizione dei visitatori, che potranno stendere le proprie coperte, rilassarsi e mettersi a proprio agio nel consumare il pranzo portato da casa o acquistato presso il ristorante del Monastero stesso. Visite guidate durante tutta la giornata accoglieranno coloro che vorranno scoprire i misteri e la storia di quest’antico luogo che trova le sue origini nel V secolo d.C.
Per i bambini giochi e sfide a squadre in cui protagonista è l’acqua: bolle di sapone artistiche, bandiera storica con l’acqua, e un’intrigante caccia al tesoro acquatica.
Per i più piccoli (bimbi tra i 2 e i 5 anni) uno spazio dedicato all’affascinante mondo dei travasi, per giocare con acqua colorata e tanti materiali differenti.
Il divertimento è comunque assicurato anche in casa di pioggia con sfide d’astuzia, risoluzione di misteri e giochi d’abilità a tappe nelle stanze e nelle sale del Monastero.
Il Monastero di Torba è immerso nella natura, proprio di fronte all’edificio scorre la pista ciclabile del Parco dell’Olona che seguendo il percorso della vecchia ferrovia della Valmorea, porta, attraverso aree naturalistiche protette alla splendida Castiglione Olona, con il suo centro medievale, definito un pezzo di Toscana in Lombardia, dove visitare la Chiesa, il Battistero con le opere di Paolo Schiavo, il Vecchietta e Masolino da Panicale.
Inoltre proprio dietro il Monastero di Torba, si trova un sito patrimonio dell’Unesco, come Castelseprio, con il suo parco archeologico di epoca longobarda, immerso nel verde.
Biglietti
Intero: € 8
Ridotto (bambini 4-14 anni): € 4
Famiglia (2 adulti + 2 bambini 4-14 anni): € 20
Cestino da pic-nic (panino, frutto, acqua): € 5
Cestino da pic-nic comfort (primo piatto, frutto, acqua): € 8
Prenotazione obbligatoria fino ad esaurimento posti.
Per info e prenotazioni: 0331 820301/ 328 8377206 [email protected]
Ristoro: La Cucina del Sole
Tel. 0331.820301
Villa della Porta Bozzolo a Casalzuigno, a pochi chilometri da Laveno e dal Lago Maggiore. Tipica Villa di Delizie tardo seicentesca, concepita come residenza di campagna dedicata allo svago e al diletto nel pieno godimento della natura, dell’arte e della musica, si completa nel suo vasto parco, con un giardino all’italiana caratterizzato da un significativo patrimonio di piante e fiori. La spettacolare scalinata ad ampi gradoni che portano verso la montagna che sovrasta la villa è uno dei suoi elementi caratterizzanti.
Dal 2010 il parco si è ulteriormente arricchito di uno splendido roseto di notevole valore botanico, concepito come museo della storia della rosa, con oltre un migliaio di varietà di rose galliche e botaniche.
Il giardino della splendida Villa Della Porta Bozzolo si propone come luogo ideale per ospitare il classico pic-nic d’estate, offrendo anche attività di intrattenimento per tutta la famiglia. Inoltre, si potranno effettuare visite guidate alle suggestive sale affrescate della Villa.
Per i bambini divertenti giochi e sfide a squadre in cui protagonista è l’acqua: bolle di sapone artistiche, bandiera storica con l’acqua, e un’intrigante caccia al tesoro acquatica.
Per i più piccoli (bimbi tra i 2 e i 5 anni) uno spazio dedicato all’affascinante mondo dei travasi, per giocare con acqua colorata e tanti materiali differenti.
Biglietti
Intero: € 8,50
Ridotto (bambini 4-14 anni): € 5
Famiglia (2 adulti + 2 bambini 4-14 anni): € 20
Ristoro: Ristorante La Cucina di Casa
Tel. 0332 651793
Per informazioni e prenotazioni: 0332/624136 – 328/8377206; [email protected]_
Pic-nic anche a Villa Panza, che si trova sul colle di Biumo, proprio dietro il centro storico di Varese. Una tappa per magari spostarsi poi al Campo dei Fiori con il Sacro Monte o sui vicini laghi.
Villa Panza è immersa in uno splendido parco di 33,000 metri quadrati, venne edificata, in una posizione dominante, intorno alla metà del XVIII secolo su una preesistente “casa da nobile” per volere del marchese Paolo Antonio Menafoglio, rientra nel contesto delle cosiddette “ville di delizia”. Dopo vari passaggi di proprietà seguiti alla morte del marchese nel 1823 la Villa venne acquistata dal duca Pompeo Litta Visconti Arese, discendente di uno dei più facoltosi e illustri casati milanesi e committente dei nuovi lavori affidati a Luigi Canonica, allievo del Piermarini e architetto di Stato in età napoleonica. Al Canonica si devono la costruzione di un nuovo Salone di rappresentanza, e la realizzazione dell’ala dei rustici, destinata alle scuderie e alle rimesse per le carrozze. Il parco venne ridisegnato “all’inglese” con vaste zone verdi e luoghi romantici come il laghetto e la collina con la grotta per la ghiacciaia.
Dopo un periodo di abbandono, nel 1935, il complesso di Biumo fu acquistato dal milanese Ernesto Panza di Biumo, che diede inizio a un’importante opera di ristrutturazione, affidandone il progetto all’architetto Piero Portaluppi.
Alla morte di Ernesto Panza, la Villa di Biumo passò ai suoi quattro figli: Giulia, Alessandro, Giuseppe e Maria Luisa. Tra questi, fu Giuseppe ad abitarla e ad amarla più degli altri, legando la Villa di Varese alla propria celeberrima collezione di arte contemporanea, oggi parzialmente distribuita tra i maggiori musei internazionali.
Dalle ore 10 alle 18 i piccoli ospiti saranno intrattenuti da due animatrici che proporranno attività creative, giochi e animazioni in collaborazione con LaborArs. Un’avventura nel colore alla scoperta dei monocromi esposti nel museo – David Simpson – Phil Sims – Alfonso Fratteggiani Bianchi che si concluderà con la realizzazione di un monocromo polimaterico.
Alle ore 11.30, 14.30 e 16.30 uno speciale BIM BUM BART con visita attiva alla mostra di Robert Wilson, che permetterà ai bambini di esplorare i fantastici mondi animati dai personaggi dei video Portraits e, durante le attività in laboratorio, potranno realizzare il proprio autoritratto mobile con una speciale tecnica ispirata all’artista.
I genitori e coloro che vorranno potranno ammirare la mostra del maestro della cultura visuale e performativa contemporanea, grazie alle visite guidate previste alle ore 11.30 e alle 15.30.
A completare la giornata uno speciale picnic da gustare all’ombra delle piante secolari del parco della Villa a cura del Ristorante “Luce”, su prenotazione.
Ingresso in Villa
Iscritti FAI: € 6,00
Intero: € 10,00, compreso Ganzfeld
Bambini (4 – 14 anni): € 6,00
Studenti (15 – 26 anni): € 10,00
Famiglie (2 adulti + 2 bambini): € 30,00
Ingresso gratuito per chi s’iscrive al FAI (o rinnova l’iscrizione) al momento della visita.
Prezzi
BIM BUM BART
Iscritti FAI: € 5,00
Intero: € 10,00
Genitori accompagnatori iscritti FAI: gratuito
Genitori accompagnatori intero: € 5,00
Ristoro: Ristorante Luce di Villa Panza: tel. 0332/283960
Piemonte, evento di Ferragosto con il FAI, al Castello del Manta, nei pressi di Saluzzo, in provincia di Cuneo.
Misterioso e affascinante, il Castello della Manta, dal 1984 è stato concesso al FAI, che ha provveduto al suo mantenimento e al suo restauro.
Un complesso-fortezza situato in collina, quasi a ridosso delle Alpi Cozie, nato nel 1200 e sviluppato poi nei secoli seguenti con ampliamenti e modifiche varie. Nei secoli è diventato palazzo signorile dalla nobile famiglia dei Saluzzo della Manta, che ne mantenne la proprietà per oltre quattrocento anni. L’attuale fisionomia del complesso è, infatti, il risultato dei tanti ampliamenti e rimaneggiamenti operati nel corso dei secoli dai diversi discendenti della dinastia.
Nel Salone baronale è custodita una delle più stupefacenti testimonianze della pittura del gotico internazionale, considerata tra le più importanti d’Europa.
Tra le particolarità del complesso, un enigmatico dipinto della seconda metà del Cinquecento, raffigurante un mappamondo che tra i vari continenti presenta i contorni dell’Antartide in maniera chiara e ben delineata, con una tonalità di colore verdeggiante, come se fosse non ricoperto dai ghiacci perenni.
Di particolare pregio è l’adiacente Chiesa di Santa Maria, di origine quattrocentesca.
Nella giornata di Ferragosto, ogni ora, a partire dalle ore 10.30 e fino alle ore 18, il pubblico, accompagnato dalle guide del FAI, avrà la possibilità di visitare gli splendidi interni del Castello e della Chiesa di Santa Maria del Rosario, con i loro preziosi affreschi quattrocenteschi e cinquecenteschi. Un’occasione per trascorrere una piacevole giornata di relax e cultura nelle sale e nel giardino del Castello.
Un’attenzione particolare sarà dedicata ai bambini, dai 5 ai 12 anni, che potranno cimentarsi in FAIr Play Family, un divertente percorso gioco da compiere in autonomia con la famiglia. Si può scegliere tra sessanta diverse attività, ciascuna delle quali è abbinata a una cartolina: è possibile richiederne più di una e tra le varie proposte ci sono giochi di movimento, di fantasia e di vera e propria esplorazione. Ai piccoli basterà un po’ d’immaginazione per dare inizio al divertimento e trasformarsi in un elfo invisibile, in un cavaliere senza macchia, in un mitico avventuriero a caccia d’indizi oppure in un insuperabile collezionista di tracce.
In occasione della prima visita sarà consegnato il “Passaporto dell’esploratore” su cui i bambini potranno collezionare timbri diversi per ciascun bene che scopriranno. A ricordo della bella avventura i piccoli riceveranno anche una spilla esclusiva caratteristica del bene visitato, un luogo ancora pieno di vita, ricco di antiche vicende da raccontare e che va conservato con cura come un prezioso tesoro da tramandare.
La manifestazione si svolgerà anche in caso di maltempo.
Biglietti
Adulti: 10 €
Ridotto (da 4 a 14 anni): 5 €
Iscritti FAI e residenti nel Comune di Manta: 5 €
Contatti
FAI – Castello della Manta
Tel. 0175-87822
In Trentino al Castello di Avio, Sabbionara di Avio, in provincia di Trento
Durante la giornata, allo scoccare di ogni ora circa, nell’imponente Palazzo Baronale una particolare animazione teatrale riporterà tutti, come per magia, nel Seicento ai tempi della disputa sulla proprietà del castello tra la famiglia Castelbarco e il principe vescovo di Trento. Gli attori in costume narreranno le leggende che da secoli aleggiano su quest’affascinante maniero. Un accampamento medioevale sarà allestito per dare la possibilità agli ospiti di conoscere le armi, le armature e le tecniche di combattimento del tempo e si potranno inoltre ammirare ricostruzioni in miniatura di macchine da guerra e strumenti di assedio.
Il bar ristorante della proprietà sarà aperto con ampia scelta di vini e menu a base di prodotti del territorio e per chi lo desidera, su prenotazione, sarà possibile acquistare dei cestini per gustare un picnic tra le mura del castello.
Biglietti
Intero: € 8.00
Ridotto (bambini 4-14 anni): € 4.00
Iscritti FAI e Residenti: € 3,00
Biglietto famiglia (2 adulti + 2 bambini): € 20.00
Ristoro
Nella proprietà è presente un bar ristorante con ampia scelta di vini e menù a base di prodotti del territorio. I cestini picnic si possono acquistare su prenotazione.
Costo cestino picnic: € 8,50
Piatto unico presso la Locanda: € 13,50.
Locanda del Castello – Casa del vino della Vallagarina.
Per info e prenotazioni: cell. 3288756047
Disponibilità di consumazione di pranzo al sacco in un piccolo spazio all’interno del Castello.
In Veneto, il Fai organizza un pic-nic a Villa dei Vescovi, Luvigliano di Torreglia, in provincia di Padova.
Villa dei Vescovi, è una villa d’ozio d’inizio Cinquecento, ispirata all’antichità, domina la campagna dei Colli Euganei con vista su Abano e dintorni. Venne edificata come dice il nome stesso per il soggiorno estivo dei vescovi padovani. E’ il risultato di un raffinato esperimento della cultura umanista in cui architettura e natura si fondono negli spazi delle logge e delle terrazze. Spazio anche al grande parco-giardino dove poter fare unna passeggiata tra le vigne, nell’orto e nel frutteto, per godersi al meglio la natura e il paesaggio.
Un Ferragosto con il FAI in questa villa padovana per riscoprire la bellezza del tempo speso nella bellezza: attività per bambini in villa e nel parco, visite speciali per gli adulti e visite animate per i più piccini, menù a misura di bimbo e per famiglie.
Per i bimbi in programma la visita in costume sul tema antichi romani, mentre al pomeriggio sono previsti laboratori con diverse tematiche. Per gli adulti visite guidate alla villa, anche su tematiche particolari. Sia nel parco che dentro la villa verranno allestiti delle aree rivolte ai più piccini, dove poter trascorrere del tempo in allegria e serenità.
Evento in collaborazione con Kidpass.
Orari
Martedì 15 agosto, dalle ore 10.00-19.00
Mercoledì 01 novembre e venerdì 8 dicembre, dalle ore 10.00-17.00
Orari visite:
Adulti: 10.30, 11.30, 12.30 – 14.30, 15.30, 16.30
Bambini: 11.00 visita animata
Orari laboratori: 15.00 – 16.30
Età consigliata: visita dai 6 agli 11 anni, laboratori dai 3 ai 10 anni. Massimo partecipanti 40 bambini per la visita e 25 bambini per turno di laboratorio pomeridiano.
Su prenotazione.
Biglietti
Iscritti FAI e residenti Torreglia: gratuito
Intero: € 10
Ridotto (bambini 4-14 anni): € 3
Famiglia (2 adulti + fino a 4 bambini): € 23
Laboratorio manifestazione: € 4
Visita manifestazione: € 2
Ristoro: possibilità di pic nic e menù famiglia.
Obbligatoria la prenotazione per i cestini.
Contatti
FAI – Villa dei Vescovi
Via Vescovi, 4
35038 Luvigliano di Torreglia (PD)
Tel. 049 9930473
IDEE PER FERRAGOSTO CON IL FAI Un'idea particolare per trascorrere l'ormai prossimo Ferragosto, tra arte, cultura e natura, ce la offre il FAI (Fondo Ambiente Italiano), che mette a disposizione alcuni tra i suoi beni, per la festa estiva per eccellenza.
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