#La Banda degli Onesti
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suonatore di clarinetto in via Rasella
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La Banda degli Onesti
La Banda degli Onesti La Banda degli Onesti La banda degli onesti è un film del 1956 diretto da Camillo Mastrocinque, con protagonisti Totò, Peppino De Filippo e Giacomo Furia. Scritto e sceneggiato da Age & Scarpelli, il film consacrò il sodalizio artistico di Totò e Peppino ed è considerato uno dei migliori della coppia. La storia ha inizio quando Totò e Peppino si sono stufati di mangiare…
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La banda degli onesti! Totò colpisce ancora…
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Il Carnevale Magionese è pronto a colorare vie e piazze del paese, con la grande parata de "La Mascherata di Toni" Non poteva mancare il Carnevale Magionese, evento storico che la Proloco organizza ormai da anni la domenica e il martedì a conclusione del periodo ca...
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...anche Miša le apprezzava, ma preferiva di gran lunga evocare tutte le forze oscure che ogni posizione celava dentro di sé, come un brulicante mondo sottomarino; o accumulare nubi e nubi di complessità sulla scacchiera in modo che all'improvviso la folgore si abbattesse. _______________
L'aveva detto diverse volte, in passato: occorre agguantare l'avversario e trascinarlo nel fitto di una foresta dove le regole saltano - dove due più due fa cinque e per uscirne vivi esiste appena un impervio sentiero, una viuzza nascosta tra felci rovi e tronchi caduti, percorribile da un giocatore solo. Certo gli stili arditi esistevano già da tempo, ma ad essi Miša aggiungeva una nuova sfumatura: il puro rapimento del paradosso, e la scelta deliberata della continuazione più interessante, in luogo della più efficace. Perché l'efficacia era banale, un ideale di poco conto. _______________
...rammentava il corpo della madre steso su di lui per proteggerlo, il cuore di lei battente nel fragore degli aerei, il suo respiro strozzato, il volto nell'erba del campo dov'erano fuggiti. (Quella sensazione di assoluta sicurezza in mezzo al massimo pericolo: proprio ciò che avrebbe provato anni dopo scatenando i suoi attacchi nei tornei). [...] E, in forma oscura, si manifestava in Miša una certezza che l'avrebbe accompagnato per sempre: quel gioco non era soltanto una tregua per esuli e lavoratori; era la paziente tessitura di un altrove. Un mondo nuovo, dove fucili e bastoni non costringevano gli alfieri a muoversi e la vittima era in grado di rifarsi sul carnefice. Un'altra occasione: girare il tavolo, pretendere rivincita, esattamente quanto la realtà negava. [...] Niente botte, carceri, confische di beni o minacce, e nemmeno il futuro cui altri si dedicano con tanta abnegazione, edificato cadavere su cadavere. _______________
...anche la gioia terrena ammette forme di martirio. Bevo e fumo perché rifiuto l'ascetismo dei fanatici: per la vita sono onnivoro e voglio conciliarla con la mia ossessione, ma non ho le forze di affrontarla in tutta la sua massa incalcolabile di variazioni e contromosse. Dà alla testa persino a me, esattamente come può accadere a un fabbro o a un postino; essere un genio, in fondo, non cambia nulla. Dunque bere perdonava le colpe e smussava i difetti, rendeva più pure le risate. A torto o a ragione, un ubriaco si vendica dell'intero cosmo: potete schiacciarmi, mutilarmi, fare ciò che volete di me - ma io sono sbronzo, conosco la vanità di ogni programma a lungo termine, e questo non me lo toglierete mai. Tanto vale giocare. Infine, l'alcool leniva il dolore incessante. Quanta sofferenza può produrre un corpo? Quanta ne può sopportare? _______________ Miša era un patito delle ore in cui le persone si svegliano di colpo da un incubo e ricapitolano senza volerlo i propri fallimenti, seppellendosi nelle lenzuola fino al mento e mormorando a fior di labbra tutti gli insulti che l'indomani non diranno al capo o al marito o al collega, gonfiandosi il cuore di amarezza e temendo oscure rappresaglie: le ore d'ambra, come le aveva chiamate una volta, pensando al colore gettato da certi lampadari, uniche pozze di luce rimaste nei ristoranti e sotto le quali, mentre fuori il buio paralizzava nei letti gli onesti cittadini, lui cercava ancora di rubare tempo al tempo: ordinando un altro giro o lanciando un applauso alla banda che sudava sui violini, fra i camerieri che spazzavano mestamente a terra e si portavano le mani ai fianchi indolenziti. Poi le sedie sui tavoli, il silenzio improvviso, tre colpi di interruttore spegnevano le lampade, e lui trascinava un collega altrove per giocare lampo. [...] Per lui il tempo assomigliava a un lago che non doveva essere attraversato lentamente, bensì prosciugato alla svelta. Se andavi abbastanza veloce, se avevi il coraggio di bruciarti nel processo, l'infelicità non poteva raggiungerti davvero: la graduale trasformazione in un essere umano disilluso e incapace di stupore, un destino che riguardava la stragrande maggioranza del pianeta, non sarebbe avvenuta. _______________
Del resto scegliere di ardere il proprio genio è a sua volta opera geniale: soltanto i mediocri credono sia possibile incrementarlo giorno dopo giorno, o proteggerlo dagli urti. Il talento sepolto non porta frutti, e forse nemmeno il talento investito con oculatezza. Solo quanto dissipato è realmente vivo. _______________ Il passato lo sovrastava come una condanna e nessuno sapeva cosa significasse assistere da vivo, e già da molto tempo, alla sua trasformazione in leggenda: gli anni d'oro, il declino e le rinascite, e tutte le storielle che giravano continuamente di bocca in bocca, alimentandosi a vicenda e componendo un'aneddotica non priva, temeva, di apocrifi - Il cittadino Michail Nechem'evi? Tal' ha fatto così e cosà. Non ci badava molto, ma ogni tanto aveva un sussulto di tristezza, la vecchia paura in nuove forme. Era diventato campione troppo giovane, troppo giovane era caduto; l'immagine dell'astro che brucia nel cielo notturno gli era venuta a noia, e temeva che la sua intera biografia fosse ridotta a poche istantanee: sguardi, sbronze, frasi fulminanti. Del resto, pensava, abbiamo tutti il goffo bisogno di chiuderci in una formula - il Patriarca, il Mago di Riga - perché il mistero ci atterrisce quanto il nostro destino di ignoranza: nulla sappiamo realmente degli altri, nulla sapremo mai di loro. Così Miša celava momenti da custodire ben lontano dalla fama: non le sbronze o la bottigliata in testa all'Avana ma la quiete del suo secondo matrimonio: la figlia Žanna fatta ballare sulle ginocchia una sera d'estate, mentre Gelja gli carezza dolcemente i capelli; non le scappatelle cui è incapace di resistere - le donne lo adorano, lui adora le donne, le seduce con la sua parlantina e le porta a letto e poi non sa più come comportarsi - bensì un assolato mattino di giugno a Riga, nell'appartamento di Gor'kij iela, lui e Salli nudi fra le lenzuola, il cielo ardesia ritagliato dalla finestra. Una fetta di cha?apuri con un bell'uovo giallissimo e tutto colante sopra, in un ristorante di Tbilisi dall'insegna in metallo brunito. _______________
...quando la vita si riempiva di screzi e ferite, l'allegra generosità non era più sufficiente, e i suoi sentimenti intensi ma volatili parevano avere effetti peggiori dell'odio o dell'indifferenza _______________ Il capriccio, pensò ora con l'onestà dei febbricitanti: l'incapacità di resistere al capriccio, ecco cosa mi ha perseguitato. Ho fatto quel che volevo perché ero sicuro del perdono altrui. Amare sembrava semplice, e lui certo amava, ma prendersi devotamente cura degli altri era assai più arduo. [...] Doveva, sì: perché in alcuni di noi pulsa qualcosa che non ci appartiene fino in fondo, un bisogno terribile e che pure occorre sfamare, la cui violenza ci rende più sfuggenti e insieme - ecco il paradosso, il suo piccolo ricatto quotidiano - più desiderabili. _______________ ...forse, aveva buttato lì, la certezza di vedere qualcuno che arde davvero. Tutti pensavano di ardere, ogni singolo imbecille in quel paese di imbecilli poteva battersi il petto e dirti che ardeva per te o il Partito o il lavoro o la poesia, ma erano per lo più sciocchezze da disperati. Pochissimi ardevano come lui, con candore e noncuranza: era un uomo davanti al quale tutto il resto perde rilievo, una creatura che esercita il diritto cui ognuno segretamente aspira - vivere al di là delle incombenze e del potere. «È molto pericoloso», aveva concluso. «Hai qualcosa di pericoloso» _______________ Se vivi come si deve, crepi come si deve: bell'affare. Perché non provare qualcosa di diverso? _______________ Perché con i pezzi Miša offriva sull'altare le stolide certezze che ognuno possiede fin da quando impara il gioco: una torre vale più di un cavallo e un cavallo più di due pedoni: questa ragioneria da mercante non significava nulla per lui, che immolava materia in cambio di tempo, velocità, mobilità; oro in cambio di fiamme. [...] «Una mossa sbagliata e crolla tutto», dicevano di certe combinazioni perfettamente calcolate: ma nel suo stile le mosse sbagliate trovavano in qualche modo cittadinanza: perché riteneva che errore e correttezza non fossero concetti opposti bensì fusi e lavorati insieme nella fragile lega del rischio. Anche vincere era in fondo meno importante di esporsi per cercare bellezza; era una conferma del suo scopo primario: forzare i limiti della probabilità, battere a colpi di maglio un cateto fino a renderlo più lungo dell'ipotenusa. Voleva che la gente ripercorresse le sue partite borbottando: Ma come diavolo...? Voleva che le sue creazioni fossero narrabili solo con il lessico dell'incanto o del sortilegio; voleva la magia. ________________ Questo miraggio delle partite o delle vite senza sbagli: no, Miša si teneva volentieri il fallimento. Si teneva la vulnerabilità e lo scompiglio. Tanto valeva ubriacarsi o combinare pasticci, ma rispettare sempre la dignità del singolo essere umano: gentilezza e generosità erano migliori di una rettitudine che, nel nome di se stessa, non esitava a calpestare gli altri. _______________ Il fato. In Occidente affibbiavano a quella parola significati astratti e poetici, citando Eschilo o Shakespeare, ma senza mai capirla davvero, come un bimbo che si pavoneggia con un'espressione troppo complessa. In Unione Sovietica il fato era cosa di tutti i giorni. Una porta che si apre di colpo e da cui entrano persone incaricate di distruggerti o, con l'avvento di un potere meno atroce, ridurti al completo silenzio. Non occorrevano opere d'arte per capire quanto ogni essere umano dipendesse da forze più vaste e incontrollabili. Allora il vero modo di sfuggire al sistema, pensava Miša, non è combattere né fuggire. È tentare di fregarsene. [...] Devi solo garantire a te stesso un luogo al riparo dall'arbitrio, dalle idee che gli altri hanno di te, dalla trama che vincola e strozza la società intera: un millimetro dove nessuno può scrutare.
Giorgio Fontana, Il mago di Riga
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I premi 2022 Corralito Myrta Merlino Carta Straccia La Notizia - Huffington Post Italia - Open Rododendro Furio Colombo Banda degli Onesti a Soumahoro e PD Mani bucate Giuseppe Conte Cetto La Qualunque Luigi Di Maio Asino d'Oro Balenghi #tagadala7
— Mario Calandra (@MariusKalander) Jan 3, 2023
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La banda degli onesti
#La banda degli onesti#Camillo Mastrocinque#Totò#Antonio De Curtis#Peppino#Peppino De Filippo#coffee#movie#film
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Una espulsione sei costretto a comminarla perché il comportamento indecente di Lautaro Martinez era davanti a tutte le telecamere. Però, se il gioco è fermo per un intero minuto (ricontrollato dalle immagini televisive), non fai battere un calcio d’angolo sull’1-1 perché il recupero sarebbe scaduto da 6 secondi? Il bello è che gli interisti si sentono già derubati, quando invece dovrebbero ringraziare l’arbitro.
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A volte è difficile fare la scelta giusta, perché o sei roso dai morsi della coscienza o da quelli della fame.
-Totò 'La banda degli onesti'
Bon appetit!
Pentesilea
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La banda degli onesti (The Band of Honest Men) (1956)
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bisogna fare la poesia onesta (replica)
#avete fatto la poesia onesta?#fate un po&039; la poesia onesta#la banda degli onesti#la rivincita degli onesti
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La banda degli onesti. Ma quanto è divertente anche dopo 60 anni. Gioielli di un cinema che non esiste più. Ahimè
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Quali altri reati devono commettere le Forze dell'Ordine perché la Destra li condanni senza sconti? di Giuseppe Cassarà È noto che la passione che questo paese ha per le forze dell’ordine è quasi erotica: la Beneamata non si tocca e se si tocca lo si fa con i guanti di velluto, attenti a non sgualcire la divisa. Le ragioni sono tante: da una parte la fissazione congenita che l’italiano ha per l’autorità, per l’uomo forte, per il padre-padrone. Un retaggio di cui non riusciamo a liberarci, basti guardare a quando Salvini andava in giro travestito da carabiniere, raccogliendo consensi a mani basse. Il Capitano aveva capito che la divisa infiamma gli animi, e ne aveva fatto un vessillo elettorale. (...) Queste non sono illazioni, sono fatti. Fatti che portano i nomi di Cucchi, di Aldrovandi, della scuola Diaz. Fatti che la Destra italiana si è sempre, semplicemente, rifiutata di vedere, e di condannare. All’interno della Caserma Levante di Piacenza si consumavano reati da banda criminale, da mafia vecchio stile. Torture, refurtiva rubata, spaccio, prostituzione, consumo di droga. Ed è solo la punta dell’iceberg: solo negli ultimi giorni, mentre Piacenza occupava la scena, un carabiniere di Bari è stato arrestato perché rivendeva la refurtiva degli spacciatori; tre carabinieri sono stati mandati a processo per l’omicidio di Serena Mollicone; in una caserma di Roma, in via Petrarca, al muro era appesa una bandiera di Casapound. Fatti, fatti e ancora fatti. Cui se ne aggiungerebbero altri, nascosti in quei buchi neri che sono molte delle caserme italiane. Che inglobano anche gli onesti, che ci sono e sono tanti, ma che sono alle volte sopraffatti dalla forza dei numeri. Come l’unico carabiniere non indagato di Piacenza, che al telefono col padre diceva ‘gli altri fanno cose che non mi piacciono’. Ma nulla ha fatto, però, per tentare di fermarli. E nonostante tutto questo, nonostante il marcio venga fuori a fiumi, da parte dei fan del manganello libero che si trovano a rappresentare la destra italiana arrivano le levate di scudi: ‘sono mele marce’, ‘si ma non bisogna fare di tutta l’erba un fascio’. Troppo facile contestargli che è esattamente quello che fanno ogniqualvolta un migrante commette un reato. Questo si potrebbe fare con una destra che possieda un’onestà intellettuale. Si potrebbe, allora, passare ai fatti, come in parte si sta facendo: per esempio il Viminale ha tolto dalle mani della polizia i taser. Non è molto, ma è un inizio. Che speriamo porti a una riforma generale delle forze dell’ordine che certo non salva dalle mele marce ma almeno le sa riconoscere subito. Perché Giuseppe Mottola, il capo della banda di Piacenza - premiato, per amor di paradosso, per i suoi ottimi risultati nella lotta allo spaccio - aveva 23 conti in banca, mercedes, porche cayenne, motociclette e una villa con piscina, il tutto con lo stipendio di un appuntato dei carabinieri. Pensare che le Forze dell’Ordine non si siano accorte di quanto stava succedendo è un’ingenuità che non possiamo più permetterci.
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ITALIA MIA. 🇮🇹❤️
Tu che da queste colline
ampie, come turgidi seni
e le verdi chiome di mille vallate
La bocca di neve ed il soffio
casto, del biancospino
Le cime alte nei cieli,
velo di sposa
T'ho sognata un milione di volte,
altre mille e più io t'ho amata
Ogni goccia versata sia vino, non
sangue, disseta e loda
Loda, ama e abbi cura di questi
volti: onesti, figli e fratelli
Resti alto il valore e la bandiera
Altro non dico, solo
«T'amo»
E d'un profondo, strenuo amore
Tu fosti la vita, la patria, l'orgoglio
così umanamente mi nutro di te
E sei carne, sei sangue, sei gioia, sei
Pace.
Italia mia, forse non veggio
che lumi confusi, voci smorzate di pianto
guerre sventrate di là della linea
— dolce
d'orizzonte e del mare
Come fosse la Terra tua
un unico corpo: inane, triste e
malato
Ma tu resti la bella
e dolce immortale,
t'amo d'un amore cieco
Tutto ciò che sono e voglio
è d'essere italiana.
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