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L’ORATORIO DI SAN LORENZO ALL’ALPE SECCIO IN VALSESIA
(Testo e foto di Katia Ceretti - è severamente vietata la riproduzione delle foto senza il permesso dell’autore - ALBUM COMPLETO: https://www.flickr.com/photos/96501208@N06/albums/72157672260026876 )
-la Crocifissione
Bentrovati cari amici!
Siete ancora in vacanza? Fortunelli! A me tocca stare tutto il giorno nella mia stanzetta a lavorare e scrivere come un forsennato. Per fortuna con me c’è il mio fedele gatto Enea, insostituibile amico di questi momenti di lavoro solitario. Qualche giorno fa sono andato a trovare una vecchia conoscenza, ultima donna della zona che pratica ancora oggi una umile ma assai gratificante ed impegnativa professione: quella del pastore. La coraggiosa ed intrepida donna in questione è la signora Carla, ormai anziana; pensate che sua madre, quando ebbe le doglie, incinta di lei, scese dall’Alpe dove si trovava sino al paese sottostante. Come? Volete sapere dove si trovava la donna? All’Alpe Seccio, sita nel Comune di Boccioleto, in Valsermenza, valle laterale della Valsesia.
Ebbene: la futura madre percorse tutto l’impervio sentiero in discesa per raggiungere la levatrice nel paese. Per arrivare da Boccioleto all’Alpe ci vogliono circa due ore e una per donna con le doglie la faccenda si complica enormemente. Per noi oggi quelle due ore di sentiero forse sembrano una montagna immensa da scalare a piedi ma ancora nel XXI secolo per la signora Carla è un gioco da ragazzi. La vita dura a contatto con la selvaggia natura tempra l’anima e il corpo. Prima di addentrarmi nella descrizione di ciò che voi tanto bramate vedere desidero soffermarmi ancora un po’ su questa personalità sublime e affascinante. La conobbi una mattina d’agosto; ella era intenta a guidare con un bastone due vacche verso i verdi prati. Levava parole che mi parevano incomprensibili. Quando mi vide accennò uno stentato saluto, mostrandomi diffidenza. Arrivai alla chiesetta di cui parleremo tra poco, restai incantato dal suo interno e così, in stato di euforia, scrissi di getto qualche riga di commento a quello che avevo visto, abbinando la chiesa alla pace dei sensi che tutto quel luogo emanava. Uscito dall’oratorio proseguì nel mio cammino e perlustrai il borgo. Passò un’oretta quando rividi la signora Carla davanti a me, ma sempre ad una certa distanza, questa volta sorridermi e chiedermi cosa ne pensassi del posto. Lei già conosceva la mia risposta, e io lo seppi poco dopo, avendomi confessato di aver sbirciato nel quaderno dei commenti della chiesa. Quelle poche righe che scaturirono come limpida sorgente dal mio cuore, senza premeditazione alcuna, la toccarono nel profondo tanto da iniziare a raccontarmi della sua dura vita, fatta di sacrifici ma aiutata da un altro pastore sulla quarantina. Aprì il suo cuore puro a me e io ne fui lusingato come un bambino al quale i genitori concedono le loro attenzioni. Ma il gesto che ricorderò con un’estrema dolcezza fino a quando avrò respiro è quello di avermi posto un cucciolo di cane pastore, che aveva a malapena due mesi di vita, nelle braccia. Io lessi quell’atto come di genuina fiducia, di madre che lascia prendere in braccio il proprio neonato da chi più ama. Queste sono le piccole cose che per me risultano grandi e che sono capaci di riempire l’esistenza. E allora penso a quanto poco basterebbe per essere sereni se tutti fossero simili alla signora Carla. Ma adesso mi trovo costretto ad interrompere il racconto per addentrarmi nel dettaglio. Immaginate la valle immensa, il sole sopra le vostre teste, la frescura della montagna avvolgervi le membra, il suono continuo dei campanelli degli animali al pascolo. E accanto a voi la donna-pastore: solo così potrete apprezzare pienamente ciò che sto per mostrarvi.
Andiamo!
Siamo davanti all’Oratorio di San Lorenzo. La tradizione vuole che questo, sull’Alpe Seccio a 1388 m s.l.m., sia stato il primo eretto in Valsesia. Esso è di modeste dimensioni: misura circa 10 metri in lunghezza e 5 in larghezza. La facciata si presenta a capanna semplice, realizzata in pietra, nella tipico edificio rustico degli ambienti montani. La copertura a doppio spiovente è sempre in pietra tagliata sottilmente; sul timpano impera una croce cava dalla quale entra la luce a mo’ di finestrella. L’abside semicircolare è situato proprio su uno sperone roccioso, in tal modo esso non è percorribile esternamente nella sua interezza. Nessun documento consente di risalire con precisione alla fondazione dell'oratorio per come esso si presenta oggi; un'iscrizione presente all'interno della navata, sopra la porta laterale, attesta come la consacrazione dell'edificio sia avvenuta il 24 aprile 1446. Purtroppo nel XVIII secolo, probabilmente in seguito all'aumentare della popolazione, si decise l’abbattimento della parete Sud; questo comportò l’asportazione dell’affresco dell’Ultima Cena e, ad oggi, visibile solo in parte. Al suo posto venne edificata la cappella di San Grato che ha l’unico vantaggio di rendere più visibili gli affreschi Quattrocenteschi. A completare la decorazione della parete dovevano esserci altri Santi ma questo non possiamo affermarlo con certezza.
-(sopra) San Cristoforo
Sulla parete esterna, sul lato nord, alzando lo sguardo vediamo un San Cristoforo e la Ruota della Fortuna. Riguardo alla seconda sappiamo che essa era un simbolo ben conosciuto in epoca medievale e era la rappresentazione profana che simboleggiava l'imprevedibilità delle vicende umane. Ancora oggi si trova nei tarocchi. Di San Cristoforo si narra che fosse secondo alcuni un gigante oppure un uomo molto forte e burbero che viveva romito nei boschi quando un giorno un fanciullo gli chiese di trasportalo a nuoto dalla parte opposta del fiume. Egli acconsentì e se lo mise sulle spalle. L’uomo forzuto si sentì mancare le forze a causa di quel piccoletto! Com'era possibile? Il ragazzo gli rivelò che egli aveva portato sulle spalle Gesù Cristo e con esso tutto il peso del mondo. In tal modo Cristoforo divenne Santo. In alcune raffigurazioni medievali egli può anche venire ritratto con la faccia di un cane (Cristoforo Cinocefalo): questa particolarità è molto interessante poiché ci riconduce al’universo egiziano e al Dio Anubi che, come il nostro Santo, traghettava le anime. Analogie affascinanti che mi fanno capire quanto le Civiltà siano legate reciprocamente tra di loro creando notevole complessità.
-(sopra) San Cristoforo Cinocefalo
Entriamo. Dobbiamo lasciare agli occhi il tempo di abituarsi all'oscurità per poter godere la ricca decorazione delle pareti datati al 1446. Un colore verde scuro tendente al bluastro colpisce immediatamente il nostro sguardo; poi arriva il rosso che funge da colore dominante e contrastante. Volgiamo il nostro occhio attento verso l’altare: nel catino absidale troviamo Cristo Pantocratore attorniato dai quattro evangelisti (il Tetramorfo);
-Cristo Pantocratore e il Tetramorfo
al di sotto, in posizione centrale non a caso, San Lorenzo; alla sua destra il martirio che il santo subì ossia quello sella graticola. Al principio dell'agosto 258 l'imperatore Valeriano aveva emanato un editto, secondo il quale tutti i vescovi, i presbiteri e i diaconi dovevano essere messi a morte: Lorenzo fu ucciso a 33 anni, dopo lo stesso Papa Sisto II, il 10 agosto. La Notte di San Lorenzo è tradizionalmente associata al passaggio dello sciame meteorico delle Perseidi, fenomeno popolarmente ed erroneamente chiamato stelle cadenti ma anche poeticamente lacrime di San Lorenzo, considerato evocativo dei carboni ardenti su cui il santo fu martirizzato. Alla sinistra troviamo l’affresco che vede sempre protagonista San Lorenzo al quale l’Imperatore Valeriano ordina di consegnare il tesoro della chiesa.
-San Lorenzo e la tortura della graticola
-San Lorenzo davanti a Valeriano
Nell’arco trionfale possiamo osservare l’Angelo dell’Annunciazione a sinistra e, a destra, la Vergine inginocchiata su uno scrittoio: presto sarà madre per volere dello Spirito Santo. Al sommo capo dell’arco troneggia Dio che rivolge il suo sguardo alla Maria annunciata. Sotto questa scena troviamo San Giovanni Battista, riconoscibile dall'Agnello sacrificale, e San Gregorio Magno. Da notare che il frescante, forse un certo Johannes Andreas, che ad ora resta figura sconosciuta, per tentare di dare un abbozzo di prospettiva riempie i pavimenti con decorazioni a piccoli ciottoli, elemento tipico della scuola di un altro pittore attivo però nel novarese: il Cagnola. Sopra ogni figura campeggia una iscrizione, questo per rendere maggiormente comprensibile a chi all'epoca sapeva leggere, la santa iconografia.
-l’Annunciazione
Sulla parete sud abbiamo la splendida Ultima Cena, della quale come dicevo poc'anzi se ne è salvata meno della metà. Non è la prima volta che troviamo questa raffigurazione. Ricordate la chiesa di San Lorenzo a Settimo Vittone?
-particolari Ulrima Cena
Anche lì essa era presente. Notiamo alcuni particolari della tavola riccamente imbandita: succose arance disposte in diagonale, ancora a segnalare la difficoltà nel renderle di prospettiva, sono presenti più volte a ricordare che lì non c’era lo scorbuto, malattia tipica di chi non assumeva abbastanza vitamina C. Questi apostoli erano tutti sani e robusti: guai a far mancare i preziosi agrumi in scene di questo tipo! Per ogni Apostolo vi è una coppa dorata contenente del liquido e un cucchiaio, ancora bicchieri trasparenti molto simili ai nostri nei quali è contenuto del vino rosso; infine del pesce, simbolo di Cristo, dei coltelli, dei gamberi di fiume e delle ciliegie. La tovaglia è decorata da un ricamo di colore blu mentre sotto il tavolo si nota un treppiede, sostegno di quest’ultima.
-particolare Ultima Cena
-L’ultima Cena
I piedi degli Apostoli sembrerebbero essere sorti, piegati verso l’interno in posizione anti naturalistica, come se avessero un difetto fisico. Semplicemente osserviamo per l’ennesima volta la difficoltà dell’artista di rendere i personaggi in prospettiva, quindi li si raffigurano disposti frontalmente e paratatticamente e, in certi casi, di profilo, più raramente di tre quarti; non che questa non fosse ancora stata scoperta...Giotto da Bondone fu il primo ad usarla sistematicamente sul finire del Duecento. Probabilmente il nostro Johannes doveva essere stato legato ancora ad uno stile più arcaico che ricorda vagamente la pittura bizantina ma da essa al contempo se ne discosta in quanto palesa tendenze già chiaramente goticheggianti, per esempio nel modo di adornare le vesti, gli arredi e nella resa dei volti. Oserei anche affermare che non tutti i visi qui dipinti siano stati fatti dalla medesima mano: osservate l’Anunciazione e San Gregorio Magno: il viso della Vergine è meno accurato mentre quello del secondo personaggio risulta a mio parere più fine, curato, seppur in entrambi ci siano degli elementi di egual rusticità: le orecchie sono raffigurate frontalmente quando la figura è frontale, come fossero a sventola. Ed ecco che ancora l’assenza di prospettiva crea queste gaffe!
-San Gregorio Magno
Infine ecco rappresentati San Bernardo e San Nicola.
Sulla parete nord abbiamo Santa Caterina con l’attributo della ruota dentata; Sant’Anna, la Vergine il Bambino; Sant’Antonio; sopra la porta dell’ingresso laterale Santa Apollonia con l’attributo della tenaglia in quanto le furono strappati tutti i denti; San Lazzaro grondante di sangue; San Marco identificabile da un piccolo leone sul libro che tiene in mano e la Crocifissione.
-affreschi parete nord
Concludendo per quanto concerne gli affreschi interni, poniamo ancora lo sguardo sull’altare, stranamente conservatosi originario, che vede Cristo in Pietà mentre cioè esce dal sepolcro, cena che preannuncia la sua risurrezione.
-altare: Cristo in Pietà
Sul mantello della Madonna nel riquadro della Crocifissione si trova una scritta che indica la celebrazione di un matrimonio (“francescho à sposato tredezina 1544 die 20 Ianrii”). La tradizione vuole che la chiesa fosse dotata anche di un cimitero (sulla cui collocazione però le varie fonti divergono) in cui trovavano sepoltura i morti di Seccio e i morti di Dorca, frazione attualmente nel comune di Rimasco, situata oltre lo spartiacque della Val Cavaione.
-Sant’Anna, la Vergine e il Bambino
-Santa Caterina
Amici, anche questa avventura è passata. Tutto fugge perciò impariamo a godere del tempo presente. Come sempre mi auguro di avervi appassionati e incuriositi ad andare in visita all’Alpe Seccio. Se incontrate la signora Carla non lasciatevi intimorire dalle apparenze, spesso ingannevoli: avvicinatevi e chiedetele della sua vita; vedrete che si aprirà a Voi e avrete modo di conoscere un mondo scomparso, seppur in vita sino a mezzo secolo fa. Vedrete che ne resterete incantati e vi disintossicherete dall’amara e violenta città. Se Dio vorrà ci rivedremo per studiare assieme una nuova chiesa romanica o gotica che sia.
A presto e buon riposo d’anima e corpo.
Il sempre Vostro Guala
(- Informazioni per visite: l’oratorio resta aperto durante tutta l’estate. Chiedere le chiavi alla Signora Carla. L’Alpe Seccio è raggiungibile solo a piedi -).
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