#Investigazioni Scientifiche
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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Macabro Ritrovamento a Isola Sant'Antonio: Indagini dei Carabinieri in Corso. Il corpo di un uomo affiora dal fiume Po. Le autorità si mobilitano per far luce sull'accaduto
Alle 12:30 di oggi, 9 novembre, i Carabinieri della Compagnia di Tortona e la Sezione Investigazioni Scientifiche di Alessandria sono intervenuti a Isola Sant'Antonio, nei pressi del ponte sul fiume Po, in seguito alla segnalazione del ritrovamento di un
Alle 12:30 di oggi, 9 novembre, i Carabinieri della Compagnia di Tortona e la Sezione Investigazioni Scientifiche di Alessandria sono intervenuti a Isola Sant’Antonio, nei pressi del ponte sul fiume Po, in seguito alla segnalazione del ritrovamento di un cadavere. Il corpo, emerso dall’acqua dopo una probabile lunga permanenza, è apparso martoriato ma, contrariamente a quanto inizialmente…
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lamilanomagazine · 7 months ago
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Palermo: maxi incendio nella Riserva Naturale di Capo Gallo
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Palermo: maxi incendio nella Riserva Naturale di Capo Gallo. I Carabinieri della Compagnia San Lorenzo hanno dato esecuzione a un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Palermo, nei confronti di un 26enne, per i reati di disastro ambientale colposo e incendio boschivo colposo. L'attività, coordinata dalla Procura della Repubblica, è stata condotta dal Nucleo Operativo della Compagnia San Lorenzo e ha consentito di acquisire un grave quadro indiziario a carico dell'indagato il quale, il 24 luglio 2023, si sarebbe reso protagonista della condotta che ha determinato il propagarsi di un incendio che ha distrutto circa 650 ettari (6,5 chilometri quadrati) di vegetazione, di cui quasi 600 rientranti nella Riserva Naturale Orientata di "Capo Gallo". Si è trattato di uno degli incendi più violenti e distruttivi tra quelli che hanno attanagliato il Capoluogo, causando anomale concentrazioni in area di diossine e furani. L'indagine ha avuto avvio grazie alla minuziosa attività informativa della Stazione di Partanna Mondello che ha consentito, tra l'altro, di analizzare dei filmati di una telecamera da parte dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo e quindi alla ricostruzione della dinamica degli eventi. Le successive intercettazioni telefoniche e ambientali, supportate dall'assunzione di dichiarazioni testimoniali e da tradizionali metodi di indagine portati avanti anche grazie al contributo dei militari della Stazione, dalla Sezione Investigazioni Scientifiche e dai colleghi Forestali del Centro Anticrimine Natura, hanno fatto emergere gravi indizi di colpevolezza sul 26enne, già peraltro condannato, con sentenza definitiva a seguito di patteggiamento del 2017, per danneggiamento a seguito di incendio, violenza privata e reati in materia di armi ed esplosivi, avendo lanciato, in concorso con altri, bottiglie "molotov" contro un edificio occupato abusivamente. Determinanti, inoltre, per la ricostruzione della vicenda e quali riscontri alle acquisizioni investigative, sono stati gli accertamenti tecnici effettuati dal Centro Anticrimine Natura e dalla Task Force del Nucleo Informativo Antincendio Boschivo del Comando per la Tutela Forestale e dei Parchi, che l'Arma dei Carabinieri ha inviato da Roma per la specifica esigenza, grazie a cui è stata individuata la "zona d'inizio incendio" ed evidenziato che le fiamme avevano distrutto la vegetazione presente, costituita principalmente da macchia mediterranea, determinando un'alterazione dell'ecosistema irreversibile - o comunque in parte eliminabile, ma solo in un ciclo temporale lungo e a condizioni onerose - e causato danni ad edifici, costruzioni e specie vegetali protette. Il 26enne era già in carcere dall'ottobre dello scorso anno in forza di una misura cautelare perché indagato per aver posto in essere maltrattamenti, emersi nel corso della presente indagine, nei confronti della compagna e del figlio di quest'ultima di soli 3 anni.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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siciliatv · 11 months ago
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Catania, tredicenne violentata da branco nei bagni della Villa Bellini
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Una tredicenne è stata violentata nei giardini comunali della Villa Bellini di Catania da sette persone, probabilmente tutti egiziani. Secondo quanto si è appreso, le Procure distrettuale e dei minorenni hanno già disposto e fatto eseguire dai carabinieri il fermo di sei sospettati, un settimo è irreperibile. Tre dei sette non sarebbero maggiorenni, compreso l’irreperibile. La ragazzina sarebbe stata violentata da due degli indagati sotto gli sguardi degli altri cinque. La tredicenne era con il fidanzato 17enne che è stato minacciato, bloccato e tenuto lontano. Gli abusi sarebbero avvenuti nei bagni pubblici della Villa Bellini. La tredicenne si è accasciata a terra per la violenza subita, piangendo per il dolore e lo choc, con accanto il suo fidanzato, anche lui in lacrime. Ad accorgersi di loro e a prestare i primi aiuti sono stati dei passanti della trafficatissima e centralissima via Etnea, in questi giorni affollata anche di devoti di Sant’Agata. Sono stati subito chiamati i carabinieri che sono intervenuti per avviare le indagini. Le due Procure contestano agli indagati la violenza di gruppo aggravata. Gli abusi sarebbero stati commessi alle 19.30 circa dello scorso 30 gennaio. All’identificazione dei fermati si è giunti grazie alla testimonianza della vittima e del fidanzato e agli accertamenti svolti. Sull’accaduto sono state aperte due inchieste e sono stati emessi i fermi dalla Procura distrettuale, con il procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e il sostituto Anna Trinchillo, e da quella per i minorenni, diretta dalla procuratrice Carla Santocono. Uno degli indagati avrebbe collaborato e fornito riscontri a carabinieri e alle due Procure che indagano. E’ un egiziano che avrebbe dato indicazioni per identificare gli altri suoi connazionali che sono stati poi fermati. La vittima, secondo quanto si è appreso, avrebbe riconosciuto uno degli aggressori. Le due procure hanno disposto accertamenti tecnici sui cellulari sequestrati agli indagati. Si cercano contatti ed eventuali video nei loro smartphone e per accertare a quale cella telefonica erano agganciati quando è avvenuta l’aggressione. Agli atti delle due inchieste confluiranno anche le immagini registrate dai sistemi di sorveglianza presenti nel giardino comunale e nella zona esterna, anche di privati. Carabinieri del nucleo Investigativo e della Sezione investigazioni scientifiche hanno raccolto anche diverse tracce biologiche per essere poi comparate con il Dna degli indagati. Uno dei legali delle sette persone fermate ha rimesso il mandato. L’avvocato Giovanni Avila ha ritenuto di non accettare l’incarico, che gli era stato affidato d’ufficio, di difendere un minorenne che è tra i fermati. Il penalista ha già notificato la sua decisione ritenendo di “non poterla accettare, non sussistendo i profili per assumere l’incarico”. Read the full article
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Omicidio di Gissi, oggi duplice sopralluogo dei Ris
Duplice sopralluogo questa mattina a Gissi (Chieti) da parte dei Carabinieri del Ris di Roma per compiere accertamenti irripetibili nell’ambito delle indagini sull’omicidio di Carolina D’Addario, la sarta 84enne uccisa il 23 dicembre scorso in casa, con una coltellata, da Flavio Meo, 59 anni. Gli specialisti nelle investigazioni scientifiche dell’Arma sono andati prima nell’abitazione della…
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pietroalviti · 2 years ago
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Ceccano, i RIS in azione per il rogo dell'Infinito caffè
Continuano le indagini scientifiche dei carabinieri per l’incendio all’Infinito caffè di Ceccano. Una piccola folla di curiosi assiste, stamane, alle operazioni dei carabinieri del Reparto di investigazioni scientifiche che stanno raccogliendo ogni elemento utile alle indagini. L’intervento degli specialisti mostra come gli investigatori non vogliano trascurare alcun particolare per una vicenda…
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paoloxl · 5 years ago
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La notte del 21 luglio 2001 attorno alle 23.30, il primo reparto mobile di Roma, in tenuta antisommossa, comandato da Vincenzo Canterini, fa irruzione nelle scuole Diaz e Pascoli, (la prima utilizzata dai manifestanti come dormitorio, la seconda come centro stampa), per effettuare una perquisizione ai sensi dell’articolo 21 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
La perquisizione si conclude con 93 arresti e 82 feriti, di cui tre prognosi riservate.
Degli 82 feriti, 63 vengono condotti in ospedale, e i rimanenti 19 vengono portati direttamente nella caserma di Bolzaneto.
Tutti le persone ospitate all’interno della scuola vengono tratte in arresto con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale e associazione a delinquere finalizzata alla devastazione e saccheggio e detenzione di bottiglie molotov.
Da subito e nei giorni successivi, alti funzionari di polizia e il ministro degli Interni dichiarano che: – le pattuglie poi entrate nelle scuole furono aggredite dal lancio di oggetti e da una sassaiola; – le ferite e le contusioni riportate dai manifestanti arrestati erano pregresse; – all’atto dell’irruzione l’agente Nucera era stato colpito da una coltellata da parte di un non identificato aggressore; – all’interno della scuola Diaz erano state sequestrate “armi, oggetti da offesa ed altro materiale che ricollegavano il gruppo dei giovani in questione ai disordini e alle violenze scatenate dai Black Block”, ed in particolare erano state ritrovate due bottiglie Molotov.
Riguardo al lancio di oggetti e alla sassaiola: da subito le affermazioni dei funzionari di polizia, tra cui Francesco Gratteri, non trovano riscontro nelle dichiarazioni rilasciate da Di Bernardini (che dirigeva la Squadra Mobile di Roma) durante gli interrogatori effettuati dal PM Enrico Zucca nei giorni successivi; nemmeno i poliziotti e i funzionari che hanno descritto la sassaiola nelle loro relazioni, ne sanno qualcosa: ai magistrati si sono limitati a dire che l’avevano scritto perché qualcuno, non si sa chi, glielo aveva detto. Spartaco Mortola, il numero uno della Digos di Genova, ha negato l’evidenza dei filmati girati dalla scuola Pascoli (l’edificio antistante alla scuola Diaz/Pertini) al momento dell’irruzione. In una nota inviata al capo della Polizia il 05 agosto 2001 Mortola ha dichiarato che “poiché l’immagine è concentrata soprattutto sul portone d’ingresso ed a causa dell’oscurità, non si nota apparentemente il lancio di oggetti contundenti, dai piani superiori all’indirizzo delle forze dell’ordine, anche se lo scrivente conferma, anche in questa sede, che il lancio di oggetti ci fu”.
Per quanto riguarda le ferite riportate dai manifestanti, dai certificati medici di ricovero risulta che durante l’irruzione delle forze di polizia nella scuola Diaz/Pertini sono state ferite 82 persone, tre delle quali in modo molto grave. Il 4 settembre 2001 Vincenzo Canterini, comandante del VII nucleo sperimentale antisommossa del I Reparto Mobile di Roma, ha dichiarato al comitato parlamentare d’indagine che nella scuola Diaz/Pertini “vi sono state persone che, entrando, hanno visto lanciarsi contro delle sedie e quindi hanno reagito”. Uno degli uomini di Canterini, invece, descrive pestaggi immotivati, compiuti in assenza di reazione. Nella relazione di servizio consegnata al questore Colucci il 22 luglio 2001, il vice sovrintendente della Polizia di Stato Vincenzo Compagnone ha dichiarato che nella scuola “notavo operatori ed altri accanirsi e picchiare come belve dei ragazzi, uno di questi era a terra in una pozza di sangue e non dava segni di vita”.
Per quanto riguarda la presunta aggressione subita dall’agente Nucera, la versione dei fatti sostenuta dalle forze di polizia, e il racconto dello stesso Nucera, sono stati smentiti dai Carabinieri del RIS (Reparto Investigazioni Scientifiche) di Parma in due perizie in cui è dichiarato che le lacerazioni su giubbotto e corpetto sono incompatibili con l’aggressione denunciata.
Per quanto riguarda le armi e gli oggetti da difesa: il bottino recuperato dalle forze dell’ordine era fatto di coltellini svizzeri, macchine fotografiche, libri, fazzoletti di carta, assorbenti interni, maschere antigas e un piccone; successivamente si venne a sapere che il piccone era stato raccolto dal cantiere aperto presente all’interno della scuola.
Per quanto riguarda le bottiglie Molotov: nel verbale di perquisizione corredato da tredici firme di alti funzionari della polizia di Stato, si descrive il ritrovamento di due bottiglie molotov, ma le indagini successive hanno rivelato una verità differente.
Il Vicequestore aggiunto Pasquale Guaglione, infatti, ha dichiarato ai PM genovesi Enrico Zucca e Francesco Pinto che quelle bottiglie sono state in realtà ritrovate da lui in un cespuglio sul lungomare di Corso Italia nel pomeriggio del giorno precedente.
Il 12 maggio 2003 il GIP Anna Ivaldi dispone l’archiviazione delle indagini contro i manifestanti per il reato di resistenza, con un’ordinanza di archiviazione in cui si afferma che “non può affermarsi, neppure con un minimo grado di certezza, che coloro che si trovavano nella Diaz e che vennero poi arrestati abbiano lanciato oggetti sulle forze di polizia“… Deve poi escludersi essi abbiano posto in essere atti di resistenza nei confronti del personale di polizia, una volta che questo riuscì ad accedere all’interno della Diaz“…
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babbooette · 3 years ago
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Perché l'universo si dà la pena di esistere? La teoria unificata è così cogente da determinare la sua propria esistenza? Oppure ha bisogno di un creatore e, in tal caso, questi ha un qualche altro effetto sull'universo? E chi ha creato il creatore?
Fino a oggi la maggior parte degli scienziati sono stati troppo occupati nello sviluppo di nuove teorie che descrivono che cosa sia l'universo per porsi la domanda perché? D'altra parte, gli individui professionalmente qualificati a chiedersi sempre perché, essendo filosofi, non sono riusciti a tenere il passo col progresso delle teorie scientifiche. Nel Settecento i filosofi consideravano di propria competenza l'intero sapere umano, compresa la scienza, e discutevano problemi come: l'universo ha avuto un inizio? Nell'Ottocento e nel Novecento la scienza divenne però troppo tecnica e matematica per i filosofi o per chiunque altro tranne pochi specialisti. I filosofi ridussero a tal punto l'ambito delle loro investigazioni che Wittgenstein, il filosofo più famoso di questo secolo, disse: «L'unico compito restante per la filosofia è l'analisi del linguaggio». Quale caduta dalla grande tradizione della filosofia da Aristotele a Kant!
Se però perverremo a scoprire una teoria completa, essa dovrebbe essere col tempo comprensibile a tutti nei suoi principi generali, e non solo a pochi scienziati. Noi tutti - filosofi, scienziati e gente comune - dovremmo allora essere in grado di partecipare alla discussione del problema del perché noi e l'universo esistiamo. Se riusciremo a trovare la risposta a questa domanda, decreteremo il trionfo definitivo della ragione umana: giacché allora conosceremmo la mente di Dio.
Stephen Hawking - Breve storia del tempo
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abouthappyness · 3 years ago
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Air on Map Tea®️
Ris petto Il Reparto Investigazioni Scientifiche, in sigla RIS, affrontano…(di) Petto..rima Dis petto Cos petto
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pier-carlo-universe · 3 months ago
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"Autopsia" di Patricia Cornwell: Il Ritorno di Kay Scarpetta e un Intricato Mistero da Risolvere. Recensione di Alessandria today
Patricia Cornwell riporta in scena la sua famosa protagonista, Kay Scarpetta, in un thriller che mescola scienza forense, suspense e indagini intricate.
Patricia Cornwell riporta in scena la sua famosa protagonista, Kay Scarpetta, in un thriller che mescola scienza forense, suspense e indagini intricate. Con “Autopsia”, Patricia Cornwell ci riporta nel mondo della medicina legale e delle indagini forensi attraverso il personaggio iconico di Kay Scarpetta, protagonista indiscussa di numerosi best-seller. Dopo un periodo di lontananza dal mondo…
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lamilanomagazine · 7 months ago
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Lucca, arrestato a Bari un membro della banda di ladri che investì un Carabiniere a Barga
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Lucca, arrestato a Bari un membro della banda di ladri che investì un Carabiniere a Barga  È stato catturato a Bari, mentre rientrava in Italia dall’Albania, uno dei presunti componenti della banda che la notte tra l’8 ed il 9 settembre del 2023, a Barga, si era reso autore del tentativo d’investire un militare impegnato nelle importanti attività di prevenzione di reati predatori, che in quel periodo avevano interessato l’area della Garfagnana e delle Media Valle. Nella circostanza, il militare era stato costretto anche ad esplodere dei colpi d’arma da fuoco per sottrarsi alla violenza in atto, mirando e attingendo una delle ruote dell’auto usata dai malviventi che, pur con il veicolo danneggiato, erano riusciti ad allontanarsi, per poi abbandonarlo a qualche chilometro di distanza. Immediata era scattata la cinturazione della zona con l’attivazione di posti di blocco in tutta l’area interessata, coordinata dal Comando di Compagnia, che aveva consentito qualche ora dopo d’intercettare nuovamente la banda che nel frattempo, per guadagnare la fuga, aveva rubato in zona un’altra autovettura incautamente lasciata dal proprietario aperta e con le chiavi inserite. Ne era scaturito un nuovo inseguimento ed un’ulteriore fuga a piedi dei malviventi che si erano dileguati poi tra i boschi facendo perdere le proprie tracce. Da quel momento erano proseguite le indagini da parte del Nucleo Operativo di Castelnuovo di Garfagnana, supportate dalla qualificata collaborazione tecnica della sezione investigazioni scientifiche del Comando Provinciale Carabinieri di Firenze, che ha eseguito decine di campioni sulle autovetture sequestrate, arrivando così, in tempi brevi, all’identificazione dei presunti malviventi, tutti con pregiudizi penali, che infine avrebbero trovato riparo all’estero. La notizia era stata mantenuta nel più totale riserbo al fine di evitare la compromissione delle ulteriori indagini e la cattura dei presunti responsabili, ai quali è stata attribuita anche la presunta responsabilità di altri furti avvenuti nei giorni precedenti in Garfagnana e Media Valle, sempre utilizzando veicoli a noleggio, intestati a prestanome. Da qui la denuncia del terzetto, sia per i reati predatori quanto per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, quindi l’emissione di un provvedimento di custodia cautelare emesso dal GIP presso il Tribunale di Lucca nei confronti dell’uomo identificato quale presunto conducente della vettura Link & Ko con la quale aveva tentato l’investimento del militare e con la quale la banda si muoveva in quei giorni. L’uomo è stato arrestato dalla Polizia Marittima di Bari a seguito di un controllo alla frontiera mentre faceva nuovo accesso nel territorio italiano proveniente dall’Albania, ritenendosi evidentemente oramai indenne, visto il tempo trascorso, da provvedimenti giudiziari nei suoi confronti.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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ifattinews · 4 years ago
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Strangola il marito poi chiama i carabinieri e si autodenuncia
A Borghetto Borbera, nell’alessandrino, una signora di 60 anni ha chiamato il pronto intervento al 112 e poi ai militari ha raccontato di aver strangolato il marito. La donna ha chiamato i carabinieri davanti al figlio. I carabinieri e la sezione investigazioni scientifiche del nucleo di Alessandria sono subito intervenuti e si sono recati nell’appartamento della donna. Sembra che prima avrebbe…
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Uomo ucciso nel Bolognese, fermato il coinquilino
C’è un fermo per il delitto di Andrea Beluzzi, 54enne trovato morto ieri in casa a San Giovanni in Persiceto nel Bolognese, colpito da diverse coltellate al petto. Si tratta del suo coinquilino di 48 anni, che aveva chiamato il 118 facendo scattare poi l’intervento dei carabinieri. In seguito agli elementi raccolti dai militari, dalla sezione investigazioni scientifiche, e dal medico legale, il…
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giancarlonicoli · 4 years ago
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2 feb 2021 10:40
“IL CASO CHE MI SCONVOLSE DI PIÙ? ERIKA E OMAR” - PARLA LUCIANO GAROFANO, EX CAPO DEI RIS DI PARMA E IN PRIMA LINEA SULLA SCENA DEL CRIMINE: “FALCONE E LA MOGLIE POTEVANO SALVARSI. DONATO BILANCIA ERA UN ISTRIONICO CHE UCCIDEVA PERCHÉ SI SENTIVA VESSATO. A COGNE L'OPINIONE PUBBLICA SEGUÌ L’EMOTIVITÀ. SU ROSA E OLINDO NOI NON TROVAMMO NIENTE. E MOLTI SUICIDI MERITEREBBERO PIÙ ATTENZIONE: DAVID ROSSI, MARIO BIONDO MA ANCHE TIZIANA CANTONE...”
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Giovanni Terzi per “Libero quotidiano”
Ci sono due frasi di Arthur Conan Doyle, lo scrittore e drammaturgo britannico creatore di Sherlock Holmes, che riecheggiano nella mia memoria quando penso a quanto siano cambiate le indagini investigative negli ultimi anni: «Nella matassa incolore della vita scorre il filo rosso del delitto, e il nostro compito sta nel dipanarlo, nell'isolarlo, nell'esporne ogni pollice». Ci fa comprendere quanto sia importante l'attenzione al particolare, al dettaglio. Se poi viene seguita da quest'altra frase, «… il mondo è pieno di cose ovvie che nessuno si prende mai la cura di osservare», rimarca come spesso la soluzione dei casi sia sotto i nostri occhi, o meglio, nel luogo del crimine.
Di questo parliamo con Luciano Garofano, biologo e generale in congedo dell'arma dei Carabinieri, colui che ha comandato il famoso Ris di Parma - il Reparto Investigazioni Scientifiche dell'Arma - facendolo diventare un riferimento nazionale per le indagini sciemtifiche.
Da quando lei iniziò molte cose nelle indagini sono cambiate e si sono evolute a livello scientifico?
«Credo che siamo in un periodo in cui la scienza ha consentito una vera e propria rivoluzione dal punto di vista delle possibilità di analisi. Sono nati test che ci permettono di vedere tracce invisibili ad occhio nudo. Se ci pensate, fino a poco tempo fa non avevamo né la possibilità di analizzare il Dna, né avevamo a disposizione microscopi analitici che permettono di vedere e esaminare l'invisibile. Questo lo dico perché una volta si analizzava solo ciò che l'occhio vedeva».
Uno dei primi casi che lei ha affrontato è stato quello della strage di Capaci. Vuole raccontare questa sua esperienza?
«È stato il mio primo grande caso, anche se ricordo con emozione pure la strage di Bologna. Insieme al dottor Aldo Spinella, all'epoca responsabile del Laboratorio di biologia della polizia di Stato, e grazie all'amicizia e alle relazioni che lo stesso Falcone aveva con l'Fbi, siamo riusciti a dare un contributo decisivo al caso. Le indagini sui famosi mozziconi di sigaretta avevano contribuito ad individuare i soggetti responsabili di quella efferata strage. In seguito uno di loro divenne collaboratore di giustizia, e credo che fu anche grazie ai miei modi di interloquire con lui che poi si pentì».
Pochi ricordano che l'autista di Falcone si salvò perché non guidava. Pensa che se fossero stati seduti dietro, il giudice e la moglie si sarebbero salvati?
«Non posso dirlo, e credo che questo faccia parte di casualità e destino. La logica direbbe che visto che Costanza, l'autista che si era seduto dietro lasciando Falcone e la Morvillo davanti, si salvò, lo stesso sarebbe potuto accadere anche al contrario. Però, mi creda, con un esplosivo così elevato, cento chili, è difficile, anzi impossibile, fare ipotesi. La mafia aveva organizzato per ammazzare tutti».
Quest'anno è scomparso Donato Bilancia, il killer delle prostitute. Come si riuscì a prendere?
«È stato il trionfo della collaborazione tra indagini tradizionali e nuova scienza fatta di Dna e balistica. La scienza analizzava, ma parallelamente sul terreno, localmente, si cercava di stringere attorno a qualcuno che avesse caratteristiche compatibili. Se da una parte noi avevamo un residuo di Dna, questo sarebbe rimasto privo di valore senza la modalità classica di investigazione. Se ci penso abbiamo arrestato, in quaranta giorni, un killer che aveva commesso in sei mesi diciassette omicidi. Di questo devo ringraziare l'intuito investigativo dell'allora colonnello Filippo Ricciarelli e dei suoi uomini. Devo dire che siamo stati premiati perché tutta la parte tecnica si è fondata, dal punto di vista logistico, su un unico laboratorio. I reperti, infatti, approdavano a Parma, e questo ha consentito di dire che era la stessa mano che si macchiava dei tanti delitti».
Che personalità aveva Donato Bilancia?
«Era un istrionico che uccideva perché si sentiva vessato dalle persone che frequentavano assieme a lui le bische clandestine. Uccideva per vendetta e frustrazione.
Bilancia è stato per me il serial killer più atipico del mondo; era mosso da una vera e propria furia omicida e per lui uccidere divenne una sfida».
A cosa portarono le indagini tradizionali?
«Alle somiglianze tra le vittime. Queste frequentavano le bische clandestine. Inoltre alcune testimonianze come quella decisiva del trans che si finse morto».
Un delitto che fece diventare mediatica la cronaca nera fu quello di Cogne. Perché, secondo lei, molti ancora credono nella innocenza della Franzoni?
«Come in tanti casi accade, a chi non legge le risultanze processuali, di rimanere vittima di pregiudizi o suggestioni. Oggi, spesso, l'opinione pubblica segue l'emotività e non è obiettiva sui dati. Le faccio un esempio...».
Mi dica.
«Noi abbiamo seguito l'ipotesi di una terza persona quando abbiamo rilevato tracce diverse di sangue nel garage, ma poi si sono verificate essere di un animale. Quella di Cogne fu un'indagine incredibile, avevamo a Parma costruito una stanza apposta che ci facesse fare le prove di come si erano distribuite le macchie di sangue sul pigiama, sul piumone e sul muro».
E siete così arrivato alla mamma?
«Non noi, il giudice. L'esperto non dà il nome dell'assassino, ma ne fa emergere le caratteristiche utili affinché il giudice possa decidere».
Però molti altri casi nella storia del crimine sono rimasti irrisolti: perché?
«Spesso quello che non è recuperabile è l'attività sulla scena del crimine. Ciò che tu perdi e contamini alla fine non recuperi e tendenzialmente rende difficile ogni ricostruzione. Spesso c'è poca organizzazione e ritengo che sarebbe urgente e necessario una adeguata formazione».
Mi faccia un esempio.
«Spesso c'è arroganza tra chi arriva e decreta, ad esempio, un suicidio. L'esempio di Tiziana Cantone, a cui nessuno ha mai fatto una autopsia, è solo l'ultimo di una lunga lista».
Altri esempi?
«L'omicidio di Chiara Poggi. I primi interventi - i Ris vennero dopo - sono stati fatti in modo superficiale. Inoltre anche le testimonianze dovrebbero tutte essere video registrate. Un giudice, sempre, si trova a decidere senza vedere le prime sit (sommarie informazione testimoniali) che spesso potrebbero divenire decisive. In questo modo la testimonianza perde di valore».
Cos'altro manca per rendere più giusta l'investigazione?
«Avvalersi di tecniche psicologiche da attuare durante l'interrogatorio. Sarebbe importante arricchirsi di queste competenze».
Un altro delitto che mostra crepe investigative è quello di Erba.
«Noi, i Ris, non abbiamo trovato niente per quello che sono stati i nostri accertamenti (né nel camper né nell'appartamento) che potesse avere un nesso causale dell’omicidio. Altri hanno trovato una traccia che è servita per l'incriminazione di Rosa e Olindo».
Sul caso dell'omicidio di via Poma a Simonetta Cesaroni?
«Ho grande rispetto per una sentenza passata in giudicato e quindi Busco deve essere considerato innocente. Da parte mia, non sono d'accordo sulle analisi delle tracce su reggiseno e corpetto che, secondo me, dimostrano una responsabilità chiara».
E cosa dire di tanti "suicidi" imperfetti, da David Rossi a Mario Biondo?
«I suicidi sono molto insidiosi. Ci si appiattisce sull'ipotesi del suicidio perché apparentemente accontenta tutti: così è stato per molti casi e, mi creda, meriterebbero più attenzione e protocolli condivisi».
Tra tutti i casi che lei ha seguito, ce n'è uno che le è rimasto impresso? Perché?
«Anche se cerchi di distaccarti dagli aspetti emotivi, spesso non ci riesci. Così l'omicidio di Novi Ligure compiuto da Erika e Omar mi sconvolse; forse anche perché avevo io figli della stessa età dei protagonisti. Mai compreso e mai dato spiegazione a come una sorella sia riuscita a compiere un delitto così efferato nei confronti del fratellino dodicenne».
Insomma, c'è più scienza ma meno certezza di prendere l'assassino. Come mai? Ci manca il saggio "commissario Nardone"?
«Credo che abbiamo tutti gli strumenti per arrivare alle soluzioni dei casi senza pregiudizi e credendo al valore di ogni ruolo. Forse a volte manca l'umiltà».
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pietroalviti · 2 years ago
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Giulia Bartoli, dal Liceo di Ceccano ai RIS dei Carabinieri
Giulia Bartoli, dal Liceo di Ceccano ai RIS dei Carabinieri
E’ stata assegnata al RIS, il Reparto Investigazioni Scientifiche, di Messina con il grado di tenente dei Carabinieri nella sezione di biologia. Giulia Bartoli, già studentessa al Liceo di Ceccano, ha raggiunto uno dei suoi obiettivi: laureata in scienze biologiche, ha frequentato il Corso di preparazione all’Antropologia Molecolare e Forense presso il Centro di Antropologia Molecolare per lo…
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ultimenotiziepuglia · 5 years ago
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paoloxl · 7 years ago
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La notte del 21 luglio 2001 attorno alle 23.30, il primo reparto mobile di Roma, in tenuta antisommossa, comandato da Vincenzo Canterini, fa irruzione nelle scuole Diaz e Pascoli, (la prima utilizzata dai manifestanti come dormitorio, la seconda come centro stampa), per effettuare una perquisizione ai sensi dell’articolo 21 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. La perquisizione si conclude con 93 arresti e 82 feriti, di cui tre prognosi riservate. Degli 82 feriti, 63 vengono condotti in ospedale, e i rimanenti 19 vengono portati direttamente nella caserma di Bolzaneto. Tutti le persone ospitate all’interno della scuola vengono tratte in arresto con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale e associazione a delinquere finalizzata alla devastazione e saccheggio e detenzione di bottiglie molotov. Da subito e nei giorni successivi, alti funzionari di polizia e il ministro degli Interni dichiarano che: – le pattuglie poi entrate nelle scuole furono aggredite dal lancio di oggetti e da una sassaiola; – le ferite e le contusioni riportate dai manifestanti arrestati erano pregresse; – all’atto dell’irruzione l’agente Nucera era stato colpito da una coltellata da parte di un non identificato aggressore; – all’interno della scuola Diaz erano state sequestrate “armi, oggetti da offesa ed altro materiale che ricollegavano il gruppo dei giovani in questione ai disordini e alle violenze scatenate dai Black Block”, ed in particolare erano state ritrovate due bottiglie Molotov. Riguardo al lancio di oggetti e alla sassaiola: da subito le affermazioni dei funzionari di polizia, tra cui Francesco Gratteri, non trovano riscontro nelle dichiarazioni rilasciate da Di Bernardini (che dirigeva la Squadra Mobile di Roma) durante gli interrogatori effettuati dal PM Enrico Zucca nei giorni successivi; nemmeno i poliziotti e i funzionari che hanno descritto la sassaiola nelle loro relazioni, ne sanno qualcosa: ai magistrati si sono limitati a dire che l’avevano scritto perché qualcuno, non si sa chi, glielo aveva detto. Spartaco Mortola, il numero uno della Digos di Genova, ha negato l’evidenza dei filmati girati dalla scuola Pascoli (l’edificio antistante alla scuola Diaz/Pertini) al momento dell’irruzione. In una nota inviata al capo della Polizia il 05 agosto 2001 Mortola ha dichiarato che “poiché l’immagine è concentrata soprattutto sul portone d’ingresso ed a causa dell’oscurità, non si nota apparentemente il lancio di oggetti contundenti, dai piani superiori all’indirizzo delle forze dell’ordine, anche se lo scrivente conferma, anche in questa sede, che il lancio di oggetti ci fu”. Per quanto riguarda le ferite riportate dai manifestanti, dai certificati medici di ricovero risulta che durante l’irruzione delle forze di polizia nella scuola Diaz/Pertini sono state ferite 82 persone, tre delle quali in modo molto grave. Il 4 settembre 2001 Vincenzo Canterini, comandante del VII nucleo sperimentale antisommossa del I Reparto Mobile di Roma, ha dichiarato al comitato parlamentare d’indagine che nella scuola Diaz/Pertini “vi sono state persone che, entrando, hanno visto lanciarsi contro delle sedie e quindi hanno reagito”. Uno degli uomini di Canterini, invece, descrive pestaggi immotivati, compiuti in assenza di reazione. Nella relazione di servizio consegnata al questore Colucci il 22 luglio 2001, il vice sovrintendente della Polizia di Stato Vincenzo Compagnone ha dichiarato che nella scuola “notavo operatori ed altri accanirsi e picchiare come belve dei ragazzi, uno di questi era a terra in una pozza di sangue e non dava segni di vita”. Per quanto riguarda la presunta aggressione subita dall’agente Nucera, la versione dei fatti sostenuta dalle forze di polizia, e il racconto dello stesso Nucera, sono stati smentiti dai Carabinieri del RIS (Reparto Investigazioni Scientifiche) di Parma in due perizie in cui è dichiarato che le lacerazioni su giubbotto e corpetto sono incompatibili con l’aggressione denunciata. Per quanto riguarda le armi e gli oggetti da difesa: il bottino recuperato dalle forze dell’ordine era fatto di coltellini svizzeri, macchine fotografiche, libri, fazzoletti di carta, assorbenti interni, maschere antigas e un piccone; successivamente si venne a sapere che il piccone era stato raccolto dal cantiere aperto presente all’interno della scuola. Per quanto riguarda le bottiglie Molotov: nel verbale di perquisizione corredato da tredici firme di alti funzionari della polizia di Stato, si descrive il ritrovamento di due bottiglie molotov, ma le indagini successive hanno rivelato una verità differente. Il Vicequestore aggiunto Pasquale Guaglione, infatti, ha dichiarato ai PM genovesi Enrico Zucca e Francesco Pinto che quelle bottiglie sono state in realtà ritrovate da lui in un cespuglio sul lungomare di Corso Italia nel pomeriggio del giorno precedente. Il 12 maggio 2003 il GIP Anna Ivaldi dispone l’archiviazione delle indagini contro i manifestanti per il reato di resistenza, con un’ordinanza di archiviazione in cui si afferma che “non può affermarsi, neppure con un minimo grado di certezza, che coloro che si trovavano nella Diaz e che vennero poi arrestati abbiano lanciato oggetti sulle forze di polizia“… Deve poi escludersi essi abbiano posto in essere atti di resistenza nei confronti del personale di polizia, una volta che questo riuscì ad accedere all’interno della Diaz“…
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