#Incastrarsi
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'Haragei' è una parola giapponese che non esiste forse in nessun'altra lingua al mondo e anche tradurla è un affare molto complicato.
Volendo, potremmo dire che è la comunicazione non verbale, ma non è solo quello.
Il fatto è che quando parliamo, le parole che ci scambiamo non sono che una piccola parte di quello che davvero ci diciamo.
Quando entriamo in contatto con qualcuno, in realtà, facciamo anche delle prove di incastro: con gli occhi, con la voce, con le mani, col respiro, proviamo a vedere se chi abbiamo di fronte si incastra bene con noi.
Haragei è incastrarsi a vicenda senza dirselo.
Haragei è intuirsi ad occhi chiusi, sapere che nel buio, là fuori, c'è qualcuno come noi.
— Enrico Galiano
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(Dedicando frasi a persone che non esistono.)
♡ ︎
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Ho perso l’abitudine dello sviscerare quello che sento, quello che vedo, con le parole. Avere dalla mia parte le immagini è un aiuto, ci danzo attorno con qualche lettera in fila per farne una cornice, per guidare lo sguardo, ma nulla di più. Solo che poi finisco per sentire troppo e sento la necessità di decomprimere.
E’ un mondo fatto per due, e questo mi fa paura. Ho imparato così bene a stare da sola da non capire davvero ciò che voglio, sento la necessità di carezze balsamiche fatte col dorso di una mano, di baci dati con la punta delle dita, e mi chiedo: è ciò che voglio o ciò che sento di dover desiderare? Sono così bloccata dall’ansia o semplicemente, in realtà, non è quello che bramo? In questa vita da grandi, le settimane passano svelte svelte, un po’ come quando giro le pagine dell’agenda. Contare i giorni che mancano a qualcosa, tranquillizzarmi sapendo di averne a sufficienza, è una strategia che ho fatto mia quando ancora non sapevo dare un nome alle cose. Ora le cose arrivano semplicemente, e se conto quei giorni non bastano mai, mi sembra di non avere il potere di fermare nulla. Il primo di giugno mi sembra passato da due giorni appena. Continuo a pensare che l’idea di te che mi sono dipinta nella testa sia l’unica opzione di vita felice possibile, l’unico amore (non necessariamente romantico, anche se ho la tendenza a romanticizzare tutto) che potrebbe incastrarsi con me. Ma le idee restano idee e il tempo continua scorrere troppo veloce. Chissà se ci pensi mai, a come sarebbe stato, se.
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"HARAGEI" è una parola giapponese che non esiste forse in nessun'altra lingua al mondo, e anche tradurla è un affare molto complicato.
Potremmo dire che è la comunicazione non verbale, ma non è solo quello.
Il fatto è che quando parliamo, le parole che ci scambiamo non sono che una piccola parte di quello che davvero ci diciamo.
Quando entriamo in contatto con qualcuno, in realtà, facciamo anche delle prove di incastro: con gli occhi, con la voce, con le mani, col respiro, proviamo a vedere se chi abbiamo di fronte si incastra bene con noi.
"HARAGEI " è incastrarsi a vicenda senza dirselo.
"HARAGEI " è intuirsi ad occhi chiusi, sapere che nel buio, là fuori, c'è qualcuno come noi.
- Enrico Galiano
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Ci sono corpi che si incastrano perfettamente....ma,la sensazione più sconvolgente è quando ad incastrarsi sono anche le menti ♠️🔥
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Neanche io mi innamorerei di me, perché non sono una persona facile
Non ho sentimenti facili.
Sorrido sempre ma poche cose mi piacciono davvero
E spesso sbaglio
Perché cerco casino che sia anche ordine.
Neanche io mi innamorerei di me
Ma dico sul serio, rendo complicato tutto anche un puzzle da dieci pezzi
Perché incastrarsi non è una cosa superficiale, per incastrarsi ci vuole logica
E poi rifletto troppo sulle cose, penso troppo e guardo poco
Perché mi piacciono le persone che non guardano chiunque, quelle che sanno stare da sole
Perché la solitudine è un punto di forza.
Io te lo sconsiglio uno come me, potresti non reggere il passo alla mia nostalgia
Potrebbe non piacerti che nel mare io ci vedo poesia
Te lo sconsiglio uno come me, perché sogno troppo
E non so essere superficiale.
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Incastrarsi perfettamente
To fit in perfectly
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Da qualche tempo ritorna il tema del rapporto con gli altri, e perché questo si deteriori sempre, continuamente, come una condanna.
Ho smesso di considerarla una condanna derivante da mie mancanze o da mancanze altrui ma più come una naturale conseguenza delle cose.
Quando una persona ha ricevuto amore nella sua vita, lo vedi: lo vedi da come cammina, come si muove nello spazio, lo vedi con la sicurezza che queste persone possiedono nel parlare con gli altri, nel raggiungere i propri obiettivi, nell’avere una solida autostima. E questo avviene perché è come se dietro di loro avessero una corazza di amore solido apposta tra le scapole.
Le persone che non sono state viste, non sono state amate, le riconosco: da come parlano, da come si muovono - è come se girassero scorticate a nudo.
Ormai posso dirlo con certezza, i miei genitori non mi hanno mai voluto autenticamente bene, perché a loro volta erano persone che non sono state amate e protette da chi era chiamato a farlo, e quando non ti viene insegnato e trasmesso l’amore non riesci neanche a provarlo, e se lo provi lo provi a condizioni, lo provi a fasi alterne, lo provi a intermittenza; generando, conseguentemente, una prole confusa, una prole che non capisce quando è amata se lo è davvero e in base a cosa.
Io penso che mio padre abbia cominciato a volermi autenticamente bene e dunque a stimarmi come essere umano quattro anni prima della sua morte. A quel punto ero ormai grande, si chiacchierava dei più svariati temi, riconosceva che avevo dell’intelletto, e forse anche dei valori, ci trovavamo sempre io e lui a parlare o in silenzio. Per questo, dopo il suo suicidio, la cosa straziante è stata dover accettare che lui avesse deciso di andarsene proprio quando avevamo appena cominciato a volerci bene davvero.
Le mie storie sentimentali si infrangono sempre nello stesso punto: questo vuoto desertico che nessuno sente ma comprende solo per vie cognitive. Avendo avuto ormai la mia buona dose di esperienza nei rapporti umani posso dire con certezza che l’unica persona che nella mia vita ho autenticamente amato è stata mia sorella, perché il suo vuoto combacia col mio, abbiamo attraversato lo stesso inferno. È simile a quando due soldati che hanno passato la trincea assieme poi diventano inseparabili. Il motivo è semplice: solo loro due possono realmente capirsi. Ed è anche il motivo per cui i tossicodipendenti finiscono con i tossicodipendenti, i punk con i punk, i letterati con i letterati, non è semplice etichettismo egoico di appartenenza, il filo comune è sempre lo stesso: l’esigenza di sentirsi capiti e di capire veramente qualcuno.
Talvolta questo porta a dinamiche disastrose (vedi i tossicodipendenti), e infatti non ho alcuna intenzione di morire in due di overdose, (per ora), il punto è capire quanto questo vuoto interiore che mi porto dietro dalla nascita possa incastrarsi con quello di un’altra persona. Non è facile, non è impossibile, ma richiede una consapevole solitudine autoindotta. Il problema principale, credo, sia capire cosa sia l’amore per noi e cosa vogliamo ricavarne da questo sentimento sempre più astratto e confuso, ed io voglio ricavarne la comprensione autentica, sentita, sincera. Per farci che poi? Niente, tutto? Il punto è che non mi interessa il fine utilitaristico di questo processo, sono certa che potrebbe non portarmi necessariamente ad avere dei figli, una famiglia e una casa felice e accomodante; il punto essenziale è che se il discrimine è sentirsi capiti e capire l’altro anche solo nello spazio di un’ora, per alcune persone, vale più di cento case, cento bambini e cento cene; vale più di qualsiasi miraggio di felicità.
Non so dove mi porterà questa ostinata ricerca, probabilmente da nessuna parte, ma per la prima volta nella mia vita non ho più intenzione di cedere pezzi di me a favore di qualcuno, affinché sia più “adattabile” a non so quale schema sano e funzionale di coppia.
“La gente ti toglierebbe volentieri pezzi di te, se potesse; ma questo è Frankestein, non è amore”.
Ed io stavolta voglio tenermi tutta intera.
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Secondo una legge fondamentale fisica per avere una sfere serve che: Due mani vadano poste su di una semisfera, altri due mani vanno poste sulla semisfera opposta, sicché per avere una sfera è necessario che 4 mani spingano le semisfere l'una verso l'altra fino ad incastrarsi in tutte le loro dimensioni.
RelaxBeach© (Tutti i Diritti Riservati 27/07/2024
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Ho smesso di rincorrere le persone quando ho capito che due mondi non possono incastrarsi col volere di uno solo.
Ho smesso di rincorrere le persone quando il posto che concedevo non era uguale a quello che mi veniva concesso.
Ho smesso di rincorrere le persone quando ho imparato che la mia dignità deve essere tutelata piú di un affetto.
Ho imparato. Oggi do in base a quanto ricevo. Concedo posti che hanno lo stesso ruolo e lo stesso livello di quello che mi viene concesso. Non regalo piú niente. Mi dai cento, ti do cento. Mi dai zero... zero avrai. Non trattengo, non rincorro, ma con serenità...lascio andare.
💋
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Grazie a quell’abbraccio sento i miei spigoli, i miei difetti, le mie spine. E li sento già smussati, addolcirsi, e incastrarsi con dolcezza nei vuoti di lei.
|| Alessandro D’Avenia
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Ho smesso di rincorrere le persone quando ho capito che due mondi non possono incastrarsi col volere di uno solo.
Ho smesso di rincorrere le persone quando il posto che concedevo non era uguale a quello che mi veniva concesso.
Ho smesso di rincorrere le persone quando ho imparato che la propria dignità deve essere tutelata più di un affetto.
Ho imparato... Oggi do in base a quanto ricevo.
Concedo posti che hanno lo stesso ruolo e lo stesso livello di quello che mi viene concesso. Non regalo più niente.
Mi dai cento, ti do cento, mi dai zero... Zero avrai.
Non trattengo, non rincorro, ma con serenità ...
Lascio andare.
Buona notte ♠️
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Haragei è una parola Giapponese che non esiste forse in nessun’altra lingua al mondo, e anche tradurla è un affare molto complicato. Volendo, potremmo dire che è la comunicazione non verbale, ma non è solo quello. Il fatto è che quando parliamo, le parole che ci scambiamo non sono che una piccola parte di quello che davvero ci diciamo. Quando entriamo in contatto con qualcuno, in realtà, facciamo anche delle prove di incastro: con gli occhi, con la voce, con le mani, col respiro, proviamo a vedere se chi abbiamo di fronte si incastra bene con noi. Haragei è incastrarsi a vicenda senza dirselo.
Haragei è intuirsi ad occhi chiusi,
sapere che nel buio…
la fuori,
c’è qualcuno come noi.
Enrico Galiano - "Felici contro il mondo"
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Mi piace che il mio blog sia una miscellanea di più cose, partendo dalle semplici immagini e finendo agli scritti; l'ho sempre reso un posto dove mi sono sentita libera di scrivere tutto e quando lo faccio mi piace in qualche modo dare una forma artistica a ciò che scrivo, ma stasera sento proprio che deve emergere quella parte che spesso cerco di filtrare, e cioè quella che si è rotta veramente il cazzo di incastrarsi sempre negli stessi fottuti meccanismi. Stasera parlerò al mio blog come se fosse un mucchio di persone emotivamente irrisolte, e gli dirò che mi devono scendere da dosso, per tradurre in italiano un'espressione della mia regione, perché veramente ne ho pieni i coglioni. Ma risolvetevi i vostri cazzo di drammi emotivi prima di donarvi alle persone. Che poi manco vi sapete donare visto che siete sempre attaccati alla grande, mistica figura del passato, sempre ancora troppo ingombrante quando vi avvicinate a me. Non rendetemi parte di un passato e di un presente a cui non voglio partecipare e vedete di andarvene a fanculo.
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Il Lorem Ipsum ci salverà
Ora, se mi chiedi chi siano la viscontessina Vacca di Vacconia (lo senti, il femminismo intersezionale che vola dalla finestra?) e la marchesina Sticazzi di Sticazzonia, potrei certamente inventarmi qualcosa dal nulla e ne verrebbe fuori roba magari anche divertente.
Ma la verità è che sono, ovviamente, dei segnaposto. Dei lorem ipsum più fantasiosi di un semplice lorem ipsum, ma che hanno la stessa funzione: mettere in un angolo i dettagli e permettere a chi scrive di andare avanti senza incastrarsi in piccolezze.
Forse non ti starò dicendo nulla di sconvolgente e stiamo magari parlando di acqua calda, ma io questo trucchetto non l'avevo mai usato prima - da brava tonta. L'ho messo in atto solo durante la primissima stesura del mio romanzo.
Mi ero accorta che il mio problema numero uno durante la scrittura era ultra focalizzarmi sui dettagli. Nomi. Diciture giuste di materiali e oggetti di altre epoche. Precisazioni storiche e geografiche. Ancora, dettagli, tutta roba che non sposta di una virgola il peso della narrazione ma che ha il potere di inchiodarti e di farti passare ore e ore ad annegare tra decine di schede aperte su Google.
E cosa succede quanto ti inchiodi? Che la voglia di scrivere salta dalla finestra (insieme al femminismo di prima). Almeno, funziona così per me.
Quindi, meno dettagli, più lorem ipsum da compilare in un secondo momento, più marchesine Sticazzi di Sticazzonia e più flussi di scrittura indisturbati e divertenti. C'è sempre tempo per pipparti un intero pomeriggio di ricerche per rendere verosimile e accurato ciò che scrivi: per adesso, scrivi.
#consigli di scrittura#scrittura#scrivere#scrittrice#libro#book#writing#writer#writing tips#writing life#writers on tumblr
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Ho smesso di rincorrere le persone quando ho capito che due mondi non possono incastrarsi col volere di uno solo.
Ho smesso di rincorrere le persone quando il posto che concedevo non era uguale a quello che mi veniva concesso.
Ho smesso di rincorrere le persone quando ho imparato che la propria dignità deve essere tutelata più di un affetto.
Ho imparato…
Oggi do in base a quanto ricevo. Concedo posti che hanno lo stesso ruolo e lo stesso livello di quello che mi viene concesso. Non regalo più niente.
Mi dai cento, ti do cento, mi dai zero… Zero avrai.
Non trattengo, non rincorro, ma con serenità …
Lascio andare.
©Silvia Nelli
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