#Il racconto di Sonečka
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“ Com'era Marina Cvetaeva?
Lasciamolo dire a sua figlia Alja (Arjadna), da una pagina del suo diario nel dicembre del 1918, quando la bambina, peraltro molto precoce, ha appena sei anni: «La mia mamma è molto strana. La mia mamma non assomiglia per niente a una mamma. Le mamme sono sempre contente della loro prole e specialmente dei bambini, però a Marina non piacciono i bambini piccoli. I suoi capelli sono rosso chiari, con dei riccioli dalle parti. Ha gli occhi verdi, il naso con una gobba e le labbra rosee. È alta, mi piacciono le sue mani. La sua festa preferita è l'Annunciazione. È triste, svelta, ama le poesie e la musica. Anche lei scrive poesie. È paziente, sopporta fino all'estremo. Si arrabbia e ama. Deve sempre correre da qualche parte. Ha un'anima grande. Una voce tenera. Cammina molto rapida. Marina ha sempre le mani con tanti anelli. Di notte Marina legge. Guarda sempre come se prendesse in giro. Non vuole che le si facciano domande stupide, altrimenti si arrabbia molto. Certe volte cammina come sperduta, ma improvvisamente si riprende come svegliandosi, comincia a parlare e di nuovo se ne va da qualche parte» [Arjadna Efron, Stranicy vospominanij, Parigi, 1979, pp. 36-37]. “
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Brano tratto dall’introduzione di Giovanna Spendel a:
Marina Cvetaeva, Il racconto di Sonečka, a cura di Giovanna Spendel, La Tartaruga edizioni (collana Le tascabili), Milano, 2012 [1ª ed.ne 1982]; p. 7.
[Versione originale: Повесть о Сонечке, 1939(?)]
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E adesso, mentre scrivo, sento contro le costole la pietra della balaustra, oltre la quale entrambi, chissà perchè, ci sporgevamo stranamente per avvistare non so se il passato, il futuro o il presente che si stava formando contro di noi.
Marina Cvetaeva, Il racconto di Sonečka (trad. Giovanna Spandel)
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[Sonečka][Marina Cvetaeva]
Scritto nel 1937, quando ormai tutto annunciava la catastrofe finale, all'ombra della perdita e del dolore, il racconto-epitaffio è smagliante, luminoso, sembra irradiare vitalità e tepore. [Sonečka][Marina Cvetaeva]
Marina Cvetaeva conobbe l’attrice Sof’ja (Sonečka) Gollidej – il suo «più grande amore femminile» – alle soglie del 1919, il «più nero, pestilenziale, mortifero» degli anni postrivoluzionari, quando in una Mosca misera e affamata «si affratellò a una banda di commedianti»: gli attori allievi del Secondo Studio presso il Teatro d’Arte. Ventidue anni – ma con l’aspetto di una ragazza-bambina –,…
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