Tumgik
#Il mio granata preferito
box-box-stay-out · 11 months
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SANABRIAAAAAAA🤎🤎🤎
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Test fuori dagli schemi. Divertitevi!
Partiamo dalle cose principali:
1. Età = 20. 2. Altezza = 1 metro e 75 centimetri. 3. Capelli lunghi o corti = Lunghi. 4. Posta una tua foto = Dato che non mi sento ancora pronta la posto più in là. 5. Fumi? Se sì quale marca di sigarette? = Fumavo le camel blu, ora non fumo più. 6. Look naturale o costruito? = Naturale. 7. Caratteristica dei tuoi occhi = D’estate e d’inverno sono verde acqua, mentre in primavera ed in autunno verde smeraldo. 8. Che fai nella vita? = Cerco lavoro. 9. Ti senti bella o brutta? = Orrenda. 10. Hai tatuaggi? Se sì, quali? = Sì, ho un tatuaggio (l’infinito con la scritta Family e le zampe del cane e del gatto). 11. Hai piercing? Se sì, quali? = No, perché non mi piacciono. Ora passiamo alle cose interessanti. Hai mai:
12. Perso la verginità. = Sì. 13. Fatto sesso in luoghi pubblici. = Sì. 14. Fumato erba. = No. 15. Fatto uso di droghe pesanti. = No. 16. Bevuto tanto da vomitare. = Sì, molte volte. 17. Tradito. = No. 18. Rubato. = Sì, un cartello stradale. 19. Deluso qualcuno. Se sì (e vuoi dirlo), chi e perché? = I miei genitori, perché non andavo molto bene a scuola. 20. Detto una bugia per far star meglio qualcuno. = No. L’ultima volta che: 21. Hai abbracciato qualcuno. = 16-11-2020. 22. Hai baciato qualcuno. = 16-11-2020. 23. Hai fatto l’amore. = 16-11-2020. 24. Hai bevuto. = 31 dicembre 2019. 25. Ti sei sentito in imbarazzo. = 15-11-2020. 26. Hai pensato di fuggire. = 15-11-2020. 27. Hai pianto. = 14-11-2020 / 15-11-2020. 28. Hai riso fino a sentirti male. = Aprile 2012. 29. Hai avuto la febbre. = Febbraio 2019. 30. Ti sei fatto film mentali che non avevano senso. = Marzo 2020. Ora prendi il tuo telefono e dimmi: 31. L’ultimo messaggio ricevuto. = Manca poco. 32. La foto più bella che hai nel rullino. = La foto con il mio ragazzo. 33. L’applicazione che usi di più. = Instagram. 34. Il messaggio che più ti ha fatto emozionare. = Tu sei abbastanza eccome. 35. La persona più importante della tua rubrica. = Il mio ragazzo. 36. La persona che odi di più nella tua rubrica. = Mio fratello. 37. La nota che hai salvato che ti piace di più. = L’ultimo post della mia migliore amica. 38. Il video che più ti fa ridere. = Non ne ho. 39. La cosa che non cancelleresti mai dal telefono. = L’ultimo messaggio della mia migliore amica. 40. La canzone che ascolti sempre. = All Of Me John Legend. Ora invece devi scegliere: 41. Treno o aereo? = Aereo. 42. Thè caldo o freddo? = Entrambi, basta che sia al limone. 43. Amare o essere amata? = Amare. 44. Baciare o essere baciata? = Essere baciata. 45. Piangere o fingere di stare bene? = Fingere di stare bene. 46. Dolce o salato? = Salato tutta la vita. 47. Film o telefilm? = Entrambi. 48. Cinema o streaming? = Streaming. 49. Spotify o YouTube? = In giro Spotify, a casa YouTube. 50. Cuore o cervello? = Cuore. Come approcci con chi ti interessa:
51. Mandi tu il primo messaggio o aspetti di riceverlo? = Aspetto di riceverlo. 52. Ti esponi o resti vaga? = Resto vaga. 53. Esprimi i tuoi sentimenti o li maschero? = Esprimo i miei sentimenti. 54. Lasci correre o sei pignola? = Lascio correre. 55. Combatti per far rimanere o lasci andare? = Combatto per far rimanere. 56. Sei gelosa o no? = Sì, sono gelosa. 57. Cerchi di dominare o vuoi essere dominata? = Voglio essere dominata. 58. Baci per prima o aspetti che sia l’altro a farlo? = Aspetto che sia l’altro a farlo. 59. Solitamente fingi che non ti importa? = No. 60. Esci in pubblico o preferisci evitare? = Esco in pubblico. Ora arriviamo alle cose personali:  61. Ami qualcuno? = Sì. 62. Il tuo più grande rimpianto? = Di non aver trascorso il tempo giusto con la mia migliore amica. 63. Il tuo più grande rimorso? = Di non essere riuscita a salvare la mia migliore amica. 64. Ti manca qualcuno? = Sì, la mia migliore amica ed il mio fratellino. 65. La tua paura più grande? = Le persone, l’altezza, il buio ed i ragni. 66. L’esperienza che ha segnato di più la tua vita? = La morte di mio fratellino e tutto il mio passato. 67. L’amore che avresti voluto che durasse? = Quello di adesso. 68. La cosa più immorale che hai fatto in amore? = Saltare scuola un giorno intero per andare da lui. 69. Se potessi tornare indietro, c’è qualcosa che diresti o che non diresti? = Sì, ed è una frase che volevo dire, ma non ero riuscita: “Non farlo, se no ti seguo”. 70. Ti piaci? = No e credo che lo si capisca anche dal blog. 71. La cosa che cambieresti a tutti i costi del tuo carattere? = La sensibilità e la timidezza. 72. La cosa che ti ha fatto piangere di più nella tua vita? = L’abbandono. 73. Il problema psicologico più grande che hai? = Soffro di depressione grave acuta. 74. La delusione più grande che hai ricevuto? = La mancata presenza di mio fratello al mio diciottesimo. 75. La volta in cui ti sei sentita più stupida? = Quando ho ballato sotto la pioggia. 76. Il nome che ti fa battere il cuore? = Non è un solo nome, ma sono quattro: “Nino (mio ragazzo), Andrea (mio fratellino, colui che non c’è più), Raya (mia migliore amica, colei che non c’è l’ha fatta) e Sic (amo le Moto). Passiamo all’arte:
77. La canzone con la melodia che più ti emoziona? = See You Again. 78. La citazione di una canzone che ti rispecchia? = E’ inutile sentirsi liberi avendo una gabbia dentro (Gemitaiz). 79. La canzone che esprime la tua situazione? = Fix You. 80. Il tuo cantante preferito? = Gemitaiz e Mostro & LowLow. 81. Il film che ti ha fatto piangere di più? = Colpa delle stelle. 82. E quello che ti ha fatto ridere di più? = Notte prima degli esami. 83. Sai disegnare? = No, sono negata. 84. L’arte che più ti piace? = Classica. 85. Libro preferito? = Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino. 86. Quando ascolti una nuova canzone, poni attenzione più sul testo o sulla melodia? = Testo. L’atmosfera si riscalda:
87. Hai mai pensato di far sesso con qualcuno di irraggiungibile? = Sì. 88. Hai mai ripensato a un avvenimento hot vissuto? = No. 89. Sei mai stata attratta da qualcuno del tuo stesso sesso? = No. 90. E del sesso opposto? = Sì. 91. La persona più bella del tuo stesso sesso? = La mia migliore amica. 92. Hai mai vissuto situazioni imbarazzanti hot? = No. 93. A che età la prima volta? Com’è stata? = 20. Orrenda ma bella allo stesso tempo. 94. La cosa più strana che ti è successa in quel campo? = Nessuna. Dulcis in fondo. Vorrei ma non posso.
95. Il luogo che più ti piacerebbe visitare? = Thailandia. 96. Il messaggio che vorresti inviare? = Ti amo, ma ho paura di essere ferita anche da te. 97. La cosa che vorresti fare più di tutte? = Il bagno nel mare a mezzanotte. 98. La cosa che vorresti comprare? = La casa dei miei sogni. 99. La camera dei tuoi sogni? = Metà Interista metà granata. 100. L’incontro con la star che vorresti? = Gemitaiz e Ermal Meta insieme a Fabrizio Moro.
- tagli-su-polsi-doloranti
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marcaperro-blog · 6 years
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MEXICAN SPITFIRE
Mi chiamo Costanza Alma Jiménez Del Boca. Sono stata una ballerina, una cantante e un’attrice. Ho recitato per Cecile De Mille e D.W. Griffith, sono comparsa in 37 pellicole che mi hanno fatto guadagnare una stella sulla Walk of Fame, ma le interpretazioni più memorabili si consumarono tutte fuori dal set. Sono balzata agli onori della cronaca a causa di un’esistenza burrascosa fatta di grandi successi e scarti di botteghino, di folli passioni e dubbie frequentazioni, di pugili e gangster, di fiumi d’alcol e barbiturici... un’esistenza colata a picco nella tazza di un water, la notte di Halloween di quasi un secolo fa. Questo almeno è quello che tramandano le leggende. Si scomodò tutta Los Angeles per il mio funerale. Il sindaco, il presidente dell’Academy, Orson Welles e persino quella gran piantagrane di Bettie sfilarono a testa china per i viali dell’Hollywood Memorial, precedendo il lungo corteo di ammiratori affranti. L’unica a versare lacrime autentiche fu Dolores. L’unico a non farsi vedere fu Lui. La camera ardente venne tenuta aperta un’intera giornata affinché le centinaia di persone accorse da ogni angolo della città potessero ammirarmi - fasciata nello splendido abito di chiffon bianco che avevo scelto per l’occasione - e rivolgermi una preghiera d’addio. Tra i numerosi epiteti che mi ha affibbiato la stampa "sputafuoco messicano" è senz’altro il mio preferito. Rende bene l’dea. I giornalisti dicevano che avevo bruciato le tappe e incendiato i cuori di molti... ma l’unico a rimetterci per davvero fu il mio. Non diedi mai peso ai linciaggi mediatici e ai nomignoli poco lusinghieri che vedevo spesso stampati vicino al mio nome. Consideravo quelle riviste carta straccia, roba buona per pulirsi il culo, per lucidare gratis un’immagine appannata o garantirsi la pensione. Come accadde alla cameriera di casa Del Boca. Quella che tirò fuori la mia testa dal gabinetto, per intenderci. Juanita non dovette più spolverare una mensola in vita sua. Campò di rendita grazie alle interviste che di tanto in tanto le facevano, vuoi per una ricorrenza, vuoi per riempire un buco di cronaca. La sua memoria invece di sfaldarsi e cedere al logorio del tempo sembrava rinvigorirsi a ogni confessione. Al pari di un abile prestigiatore, quella faina tirava fuori dal cilindro dettagli sempre più vividi sulla mia morte. Il tono cambiava a seconda del giornale: se l’intervista doveva comparire su una testata scandalistica di bassa lega, i racconti si riempivano di dettagli macabri e raccapriccianti come i grumi di vomito che aveva tolto dai miei capelli e le occhiaie viola che avevano deturpato il mio volto appena trapassato. Se a sganciare i verdoni era una rivista destinata alle povere casalinghe frustrate, i toni rasentavano un pietismo bieco. Fu così che Juanita, durante una delle sue miracolose reminiscenze, ripeté le parole che giurava di avermi sentito bisbigliare nel mio ultimo anelito di vita. "Chiedo perdono..." le parve di udire. Forse avrà ingannato le casalinghe piagnucolose e i lettori poco attenti, ma chi mi conosceva veramente, sapeva che non avrei mai chiesto scusa. Mai. Prendersela per queste cose comunque non serve a niente, soprattutto a Hollywood dove la dignità è una valuta molto rara e di solito fa rima con convenienza. In quell’universo di cartapesta è impensabile salvarsi dallo scannatoio mediatico, puoi solo fare buon viso a cattivo gioco e approfittarne. Il primo consiglio utile che uscì dalla bocca del mio agente fu quello di fregarmene e di cavalcare gli umori dei rotocalchi: del resto essere sempre in prima pagina garantiva nuovi ingaggi, visibilità, passapartout illimitato per letti e film importanti. Non dovevo compiere grandi sforzi per essere rincorsa dalla stampa: facevo tutto quello che mi passava per la testa, fottendomene delle conseguenze. Come la volta in cui rincorsi Gary in stazione brandendo la mia calibro 22. Adoravo quella pistola, le avevo fatto fare l’impugnatura in madreperla e non esitavo a usarla. Povero Gary, come sbiancò quando partì il colpo! Non credeva che avrei avuto il fegato di sparargli. Per sua fortuna non ho una buona mira. Sì, il soprannome di sputafuoco mi calzava a pennello. Su una cosa ci avevano azzeccato quei giornalistucoli della domenica... Il mio temperamento avrebbe fatto invidia a una granata. Ero sempre pronta ad accendere la miccia.
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iltorosiamonoi · 6 years
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Davi' risponde al piccolo tifoso viola:"La tua lettera mi ha consolato..."
Davi’ risponde al piccolo tifoso viola:”La tua lettera mi ha consolato…”
Martino, il bimbo di 6 anni tifoso della Fiorentina, è riuscito nel suo intento. Davì, il bambino tifoso del Torino immortalato dalle telecamere mentre piangeva per la sconfitta dei granata contro i viola in Coppa Italia, quella lettera l’ha letta. E l’ha apprezzata molto.
“La tua lettera mi ha consolato molto. E Belotti è il mio giocatore preferito, insieme a Sirigu e Modric,anche se non è del…
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true-trauma · 7 years
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La freschezza di Mondo Marcio.
Io solo ora sto ascoltando un po’ più di canzoni dall’album di Mondo Marcio del 2016, La freschezza del Marcio. All’inizio conoscevo solamente pezzi come Mr. Fucker feat. J-Ax o Scoppia la bomba con Fabri Fibra, o ancora Piatti rotti e Questo cuore, queste stelle.
Al momento in cuffia ho Knock down, con Clementino. Il pezzo in sé è molto simpatico, perché è strutturato come un incontro di boxe: la prima strofa di Marcio e la seconda di Clementino, con il ritornello che riprende, tra le altre parole, quelle del suo pezzo Fight rap del 2012. Ogni ritornello, tra l’altro, finisce con le presentazioni dei due rapper di ciascuna strofa, esattamente come ad un incontro di boxe. Il pezzo è un insieme di punchline fighe, e in questo Marcio e Clementino sono forse i due rapper più bravi di tutta Italia, affiancati ad artisti come Marra e Il Guercio.
Ascoltando nel suo complesso l’album, mi sembra di capire che Marcio sia uno dei pochi rapper che non segue le mode. Il suo rap non è stato molto contaminato dalle sonorità trap, almeno in questo disco. Non si è tirato indietro dal fare cose un po’ più old school, ma con un suono 2.0, essendo ormai nel 2016/2017. Non si + tirato indietro nemmeno dal fare pezzi come Questo cuore, queste stelle, decisamente più pop musicalmente parlando, e anche dal punto di vista concettuale del testo e del pezzo. Marcio non è esattamente il mio artista preferito, a casa ho solamente un solo album suo, ovvero Cose dell’altro Mondo, in cui, tra l’altro, è contenuta Fight rap. Oggettivamente parlando, però, non posso dire che Marcio sia un cattivo artista. Tutt’altro. Come artista è un artista comunque abbastanza completo, che riesce a fare cose fighissime, come Mr. Fucker, Scoppia la bomba, Granata e Knock down, giuto per citare quelle dell’ultimo album, o cose più pop come Questo cuore, queste stelle. L’unico che ha fatto una specie di album a tema Mina, con Nella bocca della tigre, in cui campionava, in ogni canzone, un pezzo di Mina, grandissima artista, molto vocalmente dotata, una delle poche che in Italia ad una certa età riesce ancora a fare paura e spaccare con la voce, e potrebbe benissimo insegnare a qualunque altra cantante italiana.
Soprattutto nel suo ultimo disco, Marcio ha dimostrato tantissimo la sua bravura, forse un po’ meno nelle produzioni, che ha iniziato ad acquistare anche da altri produttori della penisola, che spaccano una cifra, ma molto coi testi.
Non dico che aspetto con ansia il suo nuovo disco, che più volte ha annunciato in fase di preparazione, però sarei curioso di sapere come verrà strutturato e cosa potremmo trovare dentro: se inserirà un po’ più di musica trap, come han già fatto molti suoi colleghi di fama, come Fibra, Gué, Marra e molti altri.
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I poeti dimenticati tra i monti toscani
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I poeti dimenticati tra i monti toscani
Per l’amor di Dio, ci mancherebbe altro! Il Pascoli è sempre il
Pascoli e i paragoni che andrò a fare possono essere effettivamente irriverenti. Lungi da me quindi fare certi confronti impari, d’altronde certi versi come questo non s’inventano a caso:
Al mio cantuccio, donde non sento se non le reste brusir del grano il suon dell’ore vien col vento dal non veduto borgo montano, suono che uguale, blando cade, come una voce che persuade (L’Ora di Barga 1907) Comunque sia, proprio al tempo del Pascoli e nei decenni seguenti la Garfagnana ha avuto la sua bella  schiera di poeti locali, conosciuti però solamente negli ambiti nostrali e poi purtroppo miseramente ed ingiustamente dimenticati. Questo articolo allora rivuole dare lustro a tutti quei cantori di versi che per lungo tempo sono stati all’ombra del grande Giovanni Pascoli. Eppure anche quelli nella loro modestia erano poeti di tutto rispetto, dotati di tecniche metriche innate, di fantasia e di sentimenti profondi. Il tutto nasceva dalla spontaneità poichè nessuno insegnava loro come fare versi e la loro lingua non era il forbito e melodioso italiano di inizio secolo ma bensì il dialetto garfagnino che per molti secoli fu l’unico mezzo di espressione. Ci si sentiva liberi così da ogni inceppo della cultura, la creatività non veniva ostacolata e la metrica scorreva spontanea. Molti di questi personaggi erano persone particolari, estroverse e divertenti come Luigi Prosperi nato a Careggine nel 1832 e semplicemente conosciuto come il “Chioccoron”(per saperne di più leggi http://paolomarzi.blogspot.it/2014/03/il-chioccoron-il-poeta-che-oso-farsi.html). Di famiglia modesta, finita la scuola cominciò a lavorare nei campi, ma già il maestro elementare aveva visto in lui un’abilità innata nel comporre versi e la passione per la letteratura per il “Chioccoron” diventò quasi maniacale. Nelle osterie del paese non mancava occasione che gli amici lo invitassero a“poetare”, riusciva a declamare “a braccio”poesie talvolta piccanti e irriguardose nei confronti delle autorità locali, tant’è che il sindaco un giorno mandò i carabinieri per riportarlo all’ordine, il Prosperi fuggì nel bosco e dalla cima di un colle cantò una quartina rimasta memorabile:
“Son venuti gli angioletti per portarmi alle prigioni non pensavano i minchioni c’io passato avrei i colletti” 
L’apice il “Chioccoron” lo toccò quando menzionò in una sua poesia i quattro artefici dell’Unità d’Italia: Vittorio Emanuele II, Garibaldi, Mazzini e Cavour, questa “composizione gravemente denigratoria” (come al tempo fu definita) giunse perfino a Roma dove fu pubblicata, arrivando addirittura nelle mani del Re d’Italia Umberto I che convocò al Quirinale il poeta garfagnino, fra un rimbrotto ed un altro il re lo perdonò regalandogli anche una banconota da 50 lire; – Comprateci il pane per la vostra famiglia!– affermò il re. Oggi al “Chioccoron” è dedicata la biblioteca comunale di Careggine. Amico e nemico del “Chioccoron” era il “Boccabugia” di Vergemoli al secolo Andrea Jacopo Vanni altro poeta estemporaneo. Rimarranno epiche le sfide del giovedì mattina (giorno di mercato) nella piazza principale di Castelnuovo Garfagnana, quando a “colpi” di versi incantavano e meravigliavano una platea divertita e numerosa. Il “Boccabugia” era così chiamato per la totale assenza di denti, ma questo non lo fermava nel suo declamare. La sua figura ironica e beffarda aleggia ancora a Vergemoli, dato che dal 1972 ogni anno la seconda domenica di agosto un concorso di poesia estemporanea vive ancora nel suo nome. Personalmente parlando, Pietro Bonini poeta castelnovese, aveva qualcosa di più degli ultime due citati. Per trenta lunghi anni scrisse versi in dialetto garfagnino, poesiole niente di più, ma avevano il pregio di essere immediate, aderenti ai fatti, alle persone e agli aspetti della natura. Nel 1916 pubblicò un libro con un titolo indovinatissimo che rispettava in pieno la sua arte popolare: “Cose da contà a vejo”: “Dico quello che penso e nulla più vojo parlà come si parla qui,  e se a qualcun qualcosa non va giù che si ni vadi a fassi binidi” Alcuni letterati parlavano del Bonini come se venisse da una famiglia agiata. Altri pensavano che non avesse nemmeno un titolo di studio e forse la tesi giusta è questa, dato che lui stesso in uno dei suoi componimenti diceva: “Da cicco mi mandavino alla scòla senza sapè che ci dovevo fà e infatti c’imparai una cosa sola: la strada per andacci e per tornà” Giovan Battista Santini (nato a Castiglione Garfagnana nel 1882) invece era tutt’altro tipo, era un’artista a tutto tondo: era pittore, scrittore e poeta.
Santini
Quando il tempo si faceva uggioso e la luce non era favorevole per dipingere i suoi quadri, allora si metteva a scrivere. Pubblicò un libro di poesie intitolato“All’ombra del torrione”, anche questo libro in rigoroso dialetto garfagnino. Una poesia di lui (fra le tante) mi è piaciuta molto, perchè attuale e perchè ci fa capire che nonostante tutto i tempi cambiano ma la musica è sempre la solita:
Politica “Se tu leci un qualunque manifesto della schifa campagna’letttorale, sia rosso, bianco, verde, o liperale  non ci n’è un che s’appresenti onesto Cambia ‘l colore ma nun cambia ‘l testo  per via che la promessa è sempre uguale: pace, lavoro; e, cosa principale, lipertà d’esse porco e disonesto. Se ci fai caso, vederai che questo lo promettono avanti l’elezioni; ma doppo, che votando, hai fatto ‘l gesto ditto sovran, di nominà i mangioni,  abbadà di stà ‘n guardia e d’esse lesto, sennò ti pijn a calci ni cojoni”
Il Togno della Nena mentre declama
Il Togno della Nena nato nell’800 fra tutti i poeti garfagnini era il più attuale e al passo con i tempi. Il professor Guglielmo Lera (uno dei maggiori esperti di cultura locale)sul periodico “La Garfagnana” così scriveva di lui:” Come tutti i veri poeti dialettali il Pennacchi canta le cose che l’hanno colpito: le conquiste spaziali, la fame nel mondo, la guerra del Medio Oriente, quella del Vietnam, il…festival di Sanremo”. A conferma di ciò la famosa legge sul divorzio del 1970 stuzzicò la fantasia del “Togno”:
Il Divorzio Bella robba davero! Ma dich’io, in du èn finiti i poveri itagliani? li vojen fa vinì peggiod’i cani, che cambin sempre cagna, giuraddio? E’ inutile che adesso il parlamento  facci la cuncurrenza al Padreterno io arispetto le leggi del guverno ma un sagramento è sempre un sagramento (ndr: della poesia queste sono rispettivamente la terza e la decima quartina sulle undici dell’intera versione) Fra tutti questi cantori non poteva mancare sicuramente Alfezio Giannotti di Eglio. La sua fu una vita tormentata, presto rimase orfano del padre e dovette quindi farsi carico di tutti i fratelli, questo non gli impedì di proseguire gli studi su Dante, Foscolo e Giusti. Nel 1911 dette alle stampe il suo primo libro di poesie, “Raffiche“. Tre anni più tardi fu ammesso ad un concorso letterario di una nota rivista dell’epoca: “Juventus”, al quale potevano partecipare solo poeti già affermati. Fu un vero trionfo, vinse su circa mille concorrenti. Dietro l’angolo però l’aspettava la prima guerra mondiale, tornò al paesello con una gamba amputata, nonostante tutto continuò a comporre poesie e a scrivere su dei quotidiani firmandosi con lo pseudonimo “il Grillorosso”. La sventura si accanì definitivamente contro di lui il 7 ottobre 1944, durante un bombardamento una granata lo uccise mentre andava a soccorrere un ferito.
Silvano Valiensi (il primo a sinistra) insieme a mio padre (il terzo in piedi)
Questo poeta invece l’ho lasciato volutamente per ultimo, perchè è  il mio preferito e perchè ho avuto l’onore di essere suo amico. Silvano Valiensi nato a Vergemoli nel 1923 (ma trasferito da sposato a Gallicano), in paese era conosciuto semplicemente come “il maestro”, era una persona che tutti amavano per la sua bonarietà-burbera dei vecchi maestri elementari di una volta. La sua fu una vita spesa in gioventù nel gruppo partigiano Valanga, nella scuola, nell’amore che aveva per le Apuane e infine aveva una forte passione per la poesia, interesse quasi sempre celato, mai pubblicizzato, tranne che in alcune rare apparizioni ai concorsi poetici. Le sue poesie infatti girano intorno a quella che fu la sua vita, la mente per esempio ritorna alle lotte partigiane e ai compagni morti:
…cari compagni miei, tutti ventenni caduti fra le rocce,in mezzo al timo e alle gialle ginestre, arsi dal sole, con su le labbra spente, le parole: “Ho dato tutto per la libertà” Non potevano mancare poesie rivolte alle sue montagne: le Apuane che amava scalare in ogni stagione: …d’estate sotto il sole mi bruciavo; d’inverno fra le raffiche del vento, fra la tormenta e il ghiaccio ero contento; di tutto il resto mi dimenticavo… Tornava anche a galla la nostalgia dei tempi andati quando: Sapeimo legge e scrice gnente male e ‘n più vangà ‘na porca (n.d.r: lo spazio fra due solchi della terra) e segà ‘l fieno (per leggere ancora di Valiensi leggi http://paolomarzi.blogspot.it/2014/05/silvano-valiensi-partigianomaestro-e.html)
Finisce qui questo breve viaggio nei poeti garfagnini di una volta, un viaggio che ci ha fatto conoscere una porzione di gente di Garfagnana che forse in buona parte ignoravamo. Quindi non è vero come dicevano una volta che la Garfagnana era terra di lupi e di briganti…ma è più giusto dire: terra di lupi, briganti e poeti…
Bibliografia:
“Il vernacolo garfagnino e i suoi poeti” di Gian Mirola. Nuova grafica lucchese 1973
“Profili di uomini illustri della Garfagnane della Valle del Serchio” di Giulio Simonini Banca dell’identità e della memoria 2009
“Faccio versi così come si cantas quando qualcosa dentro mi fa male” di Silvano Valiensi. Unione dei comuni della Garfagnana 2014
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sportpeople · 7 years
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Partita della vita e dai molteplici significati, quella che vede affrontarsi Genoa e Torino alla penultima di campionato.
Il Genoa deve assolutamente vincere per garantirsi la certezza aritmetica di rimanere in serie A, a prescindere dai risultati che porteranno a casa, nella stessa giornata, il Crotone e l’Empoli, impegnate rispettivamente contro Juventus e Atalanta.
Il mister rossoblu Juric, all’indomani della indecorosa sconfitta contro il già retrocesso Palermo, ha parlato molto chiaramente: il Genoa dovrà giocare solo per sé stesso e per i suoi sostenitori, puntando a vincere la partita e fregandosene dei risultati degli altri campi.
Il momento, in casa rossoblu, è davvero drammatico, soprattutto dopo la già citata umiliazione subita a La Favorita, un’autentica doccia fredda per tutta la tifoseria del Vecchio Balordo.
Tifoseria che, come sempre, già dopo poche ore dalla sconfitta di Palermo ha deciso di stringersi ancora una volta e fino alla fine attorno alla propria squadra.
Attraverso le parole di alcuni leader storici della Gradinata Nord, è partito l’appello rivolto a tutto il popolo rossoblu.
Quella di Domenica 21 Maggio contro il Toro, sarà la partita della vita e a scendere in campo, oltre agli undici calciatori che indossano la maglia rossoblu, dovrà essere tutto il popolo genoano, ognuno con indosso la propria maglia del Genoa.
Perciò, come già era avvenuto in occasione della partita vinta a Marassi contro l’Inter, l’appello rivolto alla tifoseria del Grifone è di recarsi tutti insieme “al campo” a sostenere la squadra, in qualunque settore dello stadio, per tutti i novanta minuti, indossando con orgoglio la storica maglia rossoblu.
E questo appello è stato prontamente raccolto tanto che, fin dal mio arrivo a Genova a metà mattinata, la prima cosa che salta all’occhio, girando per la zona del porto antico, è la moltitudine di maglie rossoblu di ogni età che passeggiano sotto il sole, fianco a fianco con i tanti turisti presenti in città, che li guardano incuriositi ed allo stesso tempo divertiti.
Con l’avvicinarsi dell’ora della partita, la marea rossoblu aumenta e comincia ad incanalarsi in direzione Marassi.
Così, per le strade del centro, nelle stazioni dei treni e della metropolitana è tutto un trionfo di rosso e di blu che raggiunge il suo apice lungo la direttrice che dalla stazione di Brignole conduce allo stadio Ferraris.
Lì, la marea rossoblu monta inesorabile lungo le due sponde del Bisagno e nelle vie parallele, fino ad infrangersi contro le mura dello stadio, o meglio del “Tempio”, come lo chiamano da sempre i genoani.
Sono quasi in 30.000 oggi, sugli spalti del Ferraris, sicuramente tanti se si considera che in palio non c’è nessuna coppa o qualificazione europea e men che meno la supremazia cittadina, ma soltanto l’ennesima partita della speranza, per poter rimanere aggrappati al calcio che conta.
Davvero tanti, quei quasi 30.000 cuori rossoblu , soprattutto se si tiene conto del fatto che qui in Liguria è ormai primavera inoltrata e che giornate di sole come questa, al tifoso medio sano di mente, dovrebbero invogliarlo ad andare al mare piuttosto che a patire sotto il sole l’ennesima sofferenza a causa della propria squadra del cuore.
Va detto inoltre, per dovere di cronaca, che anche la società Genoa CFC va nella stessa direzione della tifoseria e, per l’occasione, decide di ribassare i prezzi di ingresso di tutti i settori. Tutti, tranne il settore ospiti (!).
A proposito di ospiti, la settimana che precede l’incontro è stata carica di tensioni a causa delle dichiarazioni inopportune di diversi addetti ai lavori che, anziché stemperare gli animi, in virtù dell’antica amicizia tra le due tifoserie, hanno preferito gettare benzina sul fuoco accennando a possibili vendette in virtù di quell’episodio del 2009 in cui il Genoa, ancora in corsa per un posto in Champions League, sconfisse il Toro, condannandolo alla retrocessione in serie B.
A questi personaggi, come sempre succede in questi casi, hanno finito per fare eco i tanti semplici tifosi che, attraverso i social network, non perdono l’occasione per sfogare le proprie frustrazioni ed il rancore represso, spargendo veleno e seminando zizzania.
Per quanto si tratti di innocui “deliri da social”, la cui unica controindicazione è quella di scatenare una guerra virtuale tra pochi, circoscritti, “fenomeni da tastiera”, il risalto che ne dà certa stampa è ancora una volta eccessivo ed inopportuno.
Ci pensano quindi gli ultras del Toro, a fugare ogni possibile dubbio e perplessità sulla solidità del rapporto tra le due tifoserie, anche in occasione di una partita così delicata. E così, prima del fischio d’inizio, dal settore ospiti emerge un piccolo striscione, esposto in maniera da essere chiaramente visibile da tutta la Gradinata Nord, con la scritta “CHI CONTA, STA COI GENOANI”.
Oltre a questo, è giusto menzionare il fatto che le due tifoserie, prima e dopo la partita, si sono incontrate fuori dallo stadio per il consueto scambio di saluti.
Una volta dentro lo stadio, poi, il clima disteso ed il reciproco pensiero “rumorosamente” rivolto ai rispettivi rivali, hanno definitivamente ribadito come gli anonimi deliri di singoli individui dietro una tastiera non possono intaccare un’amicizia che va avanti da oltre quarant’anni.
Il tifo degli ospiti è di buon livello e rimane costante lungo tutto l’arco del match, con qualche coro secco che si fa sentire nella bolgia del Ferraris.
Certo è che per i granata oggi è davvero difficile riuscire ad essere incisivi nel tifo, vuoi per la posizione infelice del settore ospiti (un incrocio tra una gabbia ed una piccionaia) ma, soprattutto, a causa del clima infernale prodotto dalle due gradinate locali.
I granata si fanno comunque notare con numerosi battimani e con una bella sciarpata.
Dalla parte opposta dello stadio, anche quest’oggi la Gradinata Nord accoglie l’ingresso dei propri giocatori con uno striscione che cita testualmente una delle frasi storiche pronunciate da quel grande allenatore e grande genoano che fu Franco Scoglio, “il Professore”: NOI SIAMO IL GENOA E CHI NON NE È CONVINTO POSI LA BORSA E SI TOLGA LE SCARPE.
Lasciate momentaneamente da parte le velleità di contestazione alla squadra e nei confronti dell’attuale proprietà del Genoa CFC, gli sforzi della Nord, come preannunciato in settimana, sono rivolti esclusivamente a sostenere i propri colori e spronare la squadra alla vittoria.
Se oggi mi chiedessero qual è il verso del Grifone, mitologico animale in parte leone e in parte aquila, simbolo del Genoa CFC oltre che della città di Genova, di sicuro risponderei: il ruggito. Sì, perché è questo il verso che sento provenire dalla gradinata Nord per tutti i novanta minuti di gioco, il ruggito di orgoglio, d’amore e di rabbia di tutto un popolo, pazzo d’amore per la propria squadra del cuore, troppe volte tradito e ferito ma mai sconfitto.
La sensazione che provo vedendo una Gradinata Nord come quella di oggi, così come già mi era accaduto in passato nell’arco degli ultimi trent’anni, è che può perdere il Genoa ma i Genoani, no. Ed allora, di fronte a quel muro umano che è oggi la Gradinata Nord, dove novemila e passa cuori-grifoni in maglia rossoblu scendono idealmente in campo al fianco dei propri giocatori, l’unica cosa che mi sento di dire è che la partita contro il Toro non l’ha vinta la squadra allenata da Juric ma bensì loro, i ragazzi della Nord, assieme ai grifoni della Sud che, coordinati dai Figgi do Zena, hanno raccolto l’appello e tifato a loro volta a gran voce, facendo eco ai cori che provenivano dal tempio del tifo rossoblu.
Davanti a tutto questo, le mie parole diventano inutili e superflue, perciò preferisco lasciar parlare le immagini che, da sole, non hanno bisogno di altre spiegazioni.
Testo di Giangiuseppe Gassi. Foto di Giangiuseppe Gassi e Antonio Scaringi.
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Galleria Scaringi:
  Genoa-Torino, oggi come allora la Nord ruggisce ancora Partita della vita e dai molteplici significati, quella che vede affrontarsi Genoa e Torino alla penultima di campionato.
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È stato annullato purtroppo però...
Se fosse stato goal...
C'è un motivo per cui Tonny Sanabria è il mio granata preferito
Non riesce a fare goal normali, brutti, noiosi 🥹
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I poeti dimenticati tra i monti toscani
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I poeti dimenticati tra i monti toscani
Per l’amor di Dio, ci mancherebbe altro! Il Pascoli è sempre il
Pascoli e i paragoni che andrò a fare possono essere effettivamente irriverenti. Lungi da me quindi fare certi confronti impari, d’altronde certi versi come questo non s’inventano a caso:
Al mio cantuccio, donde non sento se non le reste brusir del grano il suon dell’ore vien col vento dal non veduto borgo montano, suono che uguale, blando cade, come una voce che persuade (L’Ora di Barga 1907) Comunque sia, proprio al tempo del Pascoli e nei decenni seguenti la Garfagnana ha avuto la sua bella  schiera di poeti locali, conosciuti però solamente negli ambiti nostrali e poi purtroppo miseramente ed ingiustamente dimenticati. Questo articolo allora rivuole dare lustro a tutti quei cantori di versi che per lungo tempo sono stati all’ombra del grande Giovanni Pascoli. Eppure anche quelli nella loro modestia erano poeti di tutto rispetto, dotati di tecniche metriche innate, di fantasia e di sentimenti profondi. Il tutto nasceva dalla spontaneità poichè nessuno insegnava loro come fare versi e la loro lingua non era il forbito e melodioso italiano di inizio secolo ma bensì il dialetto garfagnino che per molti secoli fu l’unico mezzo di espressione. Ci si sentiva liberi così da ogni inceppo della cultura, la creatività non veniva ostacolata e la metrica scorreva spontanea. Molti di questi personaggi erano persone particolari, estroverse e divertenti come Luigi Prosperi nato a Careggine nel 1832 e semplicemente conosciuto come il “Chioccoron”(per saperne di più leggi http://paolomarzi.blogspot.it/2014/03/il-chioccoron-il-poeta-che-oso-farsi.html). Di famiglia modesta, finita la scuola cominciò a lavorare nei campi, ma già il maestro elementare aveva visto in lui un’abilità innata nel comporre versi e la passione per la letteratura per il “Chioccoron” diventò quasi maniacale. Nelle osterie del paese non mancava occasione che gli amici lo invitassero a“poetare”, riusciva a declamare “a braccio”poesie talvolta piccanti e irriguardose nei confronti delle autorità locali, tant’è che il sindaco un giorno mandò i carabinieri per riportarlo all’ordine, il Prosperi fuggì nel bosco e dalla cima di un colle cantò una quartina rimasta memorabile:
“Son venuti gli angioletti per portarmi alle prigioni non pensavano i minchioni c’io passato avrei i colletti” 
L’apice il “Chioccoron” lo toccò quando menzionò in una sua poesia i quattro artefici dell’Unità d’Italia: Vittorio Emanuele II, Garibaldi, Mazzini e Cavour, questa “composizione gravemente denigratoria” (come al tempo fu definita) giunse perfino a Roma dove fu pubblicata, arrivando addirittura nelle mani del Re d’Italia Umberto I che convocò al Quirinale il poeta garfagnino, fra un rimbrotto ed un altro il re lo perdonò regalandogli anche una banconota da 50 lire; – Comprateci il pane per la vostra famiglia!– affermò il re. Oggi al “Chioccoron” è dedicata la biblioteca comunale di Careggine. Amico e nemico del “Chioccoron” era il “Boccabugia” di Vergemoli al secolo Andrea Jacopo Vanni altro poeta estemporaneo. Rimarranno epiche le sfide del giovedì mattina (giorno di mercato) nella piazza principale di Castelnuovo Garfagnana, quando a “colpi” di versi incantavano e meravigliavano una platea divertita e numerosa. Il “Boccabugia” era così chiamato per la totale assenza di denti, ma questo non lo fermava nel suo declamare. La sua figura ironica e beffarda aleggia ancora a Vergemoli, dato che dal 1972 ogni anno la seconda domenica di agosto un concorso di poesia estemporanea vive ancora nel suo nome. Personalmente parlando, Pietro Bonini poeta castelnovese, aveva qualcosa di più degli ultime due citati. Per trenta lunghi anni scrisse versi in dialetto garfagnino, poesiole niente di più, ma avevano il pregio di essere immediate, aderenti ai fatti, alle persone e agli aspetti della natura. Nel 1916 pubblicò un libro con un titolo indovinatissimo che rispettava in pieno la sua arte popolare: “Cose da contà a vejo”: “Dico quello che penso e nulla più vojo parlà come si parla qui,  e se a qualcun qualcosa non va giù che si ni vadi a fassi binidi” Alcuni letterati parlavano del Bonini come se venisse da una famiglia agiata. Altri pensavano che non avesse nemmeno un titolo di studio e forse la tesi giusta è questa, dato che lui stesso in uno dei suoi componimenti diceva: “Da cicco mi mandavino alla scòla senza sapè che ci dovevo fà e infatti c’imparai una cosa sola: la strada per andacci e per tornà” Giovan Battista Santini (nato a Castiglione Garfagnana nel 1882) invece era tutt’altro tipo, era un’artista a tutto tondo: era pittore, scrittore e poeta.
Santini
Quando il tempo si faceva uggioso e la luce non era favorevole per dipingere i suoi quadri, allora si metteva a scrivere. Pubblicò un libro di poesie intitolato“All’ombra del torrione”, anche questo libro in rigoroso dialetto garfagnino. Una poesia di lui (fra le tante) mi è piaciuta molto, perchè attuale e perchè ci fa capire che nonostante tutto i tempi cambiano ma la musica è sempre la solita:
Politica “Se tu leci un qualunque manifesto della schifa campagna’letttorale, sia rosso, bianco, verde, o liperale  non ci n’è un che s’appresenti onesto Cambia ‘l colore ma nun cambia ‘l testo  per via che la promessa è sempre uguale: pace, lavoro; e, cosa principale, lipertà d’esse porco e disonesto. Se ci fai caso, vederai che questo lo promettono avanti l’elezioni; ma doppo, che votando, hai fatto ‘l gesto ditto sovran, di nominà i mangioni,  abbadà di stà ‘n guardia e d’esse lesto, sennò ti pijn a calci ni cojoni”
Il Togno della Nena mentre declama
Il Togno della Nena nato nell’800 fra tutti i poeti garfagnini era il più attuale e al passo con i tempi. Il professor Guglielmo Lera (uno dei maggiori esperti di cultura locale)sul periodico “La Garfagnana” così scriveva di lui:” Come tutti i veri poeti dialettali il Pennacchi canta le cose che l’hanno colpito: le conquiste spaziali, la fame nel mondo, la guerra del Medio Oriente, quella del Vietnam, il…festival di Sanremo”. A conferma di ciò la famosa legge sul divorzio del 1970 stuzzicò la fantasia del “Togno”:
Il Divorzio Bella robba davero! Ma dich’io, in du èn finiti i poveri itagliani? li vojen fa vinì peggiod’i cani, che cambin sempre cagna, giuraddio? E’ inutile che adesso il parlamento  facci la cuncurrenza al Padreterno io arispetto le leggi del guverno ma un sagramento è sempre un sagramento (ndr: della poesia queste sono rispettivamente la terza e la decima quartina sulle undici dell’intera versione) Fra tutti questi cantori non poteva mancare sicuramente Alfezio Giannotti di Eglio. La sua fu una vita tormentata, presto rimase orfano del padre e dovette quindi farsi carico di tutti i fratelli, questo non gli impedì di proseguire gli studi su Dante, Foscolo e Giusti. Nel 1911 dette alle stampe il suo primo libro di poesie, “Raffiche“. Tre anni più tardi fu ammesso ad un concorso letterario di una nota rivista dell’epoca: “Juventus”, al quale potevano partecipare solo poeti già affermati. Fu un vero trionfo, vinse su circa mille concorrenti. Dietro l’angolo però l’aspettava la prima guerra mondiale, tornò al paesello con una gamba amputata, nonostante tutto continuò a comporre poesie e a scrivere su dei quotidiani firmandosi con lo pseudonimo “il Grillorosso”. La sventura si accanì definitivamente contro di lui il 7 ottobre 1944, durante un bombardamento una granata lo uccise mentre andava a soccorrere un ferito.
Silvano Valiensi (il primo a sinistra) insieme a mio padre (il terzo in piedi)
Questo poeta invece l’ho lasciato volutamente per ultimo, perchè è  il mio preferito e perchè ho avuto l’onore di essere suo amico. Silvano Valiensi nato a Vergemoli nel 1923 (ma trasferito da sposato a Gallicano), in paese era conosciuto semplicemente come “il maestro”, era una persona che tutti amavano per la sua bonarietà-burbera dei vecchi maestri elementari di una volta. La sua fu una vita spesa in gioventù nel gruppo partigiano Valanga, nella scuola, nell’amore che aveva per le Apuane e infine aveva una forte passione per la poesia, interesse quasi sempre celato, mai pubblicizzato, tranne che in alcune rare apparizioni ai concorsi poetici. Le sue poesie infatti girano intorno a quella che fu la sua vita, la mente per esempio ritorna alle lotte partigiane e ai compagni morti:
…cari compagni miei, tutti ventenni caduti fra le rocce,in mezzo al timo e alle gialle ginestre, arsi dal sole, con su le labbra spente, le parole: “Ho dato tutto per la libertà” Non potevano mancare poesie rivolte alle sue montagne: le Apuane che amava scalare in ogni stagione: …d’estate sotto il sole mi bruciavo; d’inverno fra le raffiche del vento, fra la tormenta e il ghiaccio ero contento; di tutto il resto mi dimenticavo… Tornava anche a galla la nostalgia dei tempi andati quando: Sapeimo legge e scrice gnente male e ‘n più vangà ‘na porca (n.d.r: lo spazio fra due solchi della terra) e segà ‘l fieno (per leggere ancora di Valiensi leggi http://paolomarzi.blogspot.it/2014/05/silvano-valiensi-partigianomaestro-e.html)
Finisce qui questo breve viaggio nei poeti garfagnini di una volta, un viaggio che ci ha fatto conoscere una porzione di gente di Garfagnana che forse in buona parte ignoravamo. Quindi non è vero come dicevano una volta che la Garfagnana era terra di lupi e di briganti…ma è più giusto dire: terra di lupi, briganti e poeti…
Bibliografia:
“Il vernacolo garfagnino e i suoi poeti” di Gian Mirola. Nuova grafica lucchese 1973
“Profili di uomini illustri della Garfagnane della Valle del Serchio” di Giulio Simonini Banca dell’identità e della memoria 2009
“Faccio versi così come si cantas quando qualcosa dentro mi fa male” di Silvano Valiensi. Unione dei comuni della Garfagnana 2014
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