#Gli anni di Geiger
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15 luglio … ricordiamo …
15 luglio … ricordiamo … #semprevivineiricordi #nomidaricordare #personaggiimportanti #perfettamentechic
2021: Libero De Rienzo, attore, regista e sceneggiatore italiano. Era il figlio di Fiore De Rienzo, attore e giornalista. (n. 1977) 2020: Sibylle Geiger, costumista e scenografa svizzera. (n. 1930) 2020: Carlotta Barilli, è stata un’attrice italiana, che fu attiva in cinema, in teatro e in televisione particolarmente fra gli anni sessanta e i settanta. (n. 1935) 2019: Barbara Valmorin, nome…
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Incoerenza del paradosso del gatto di Schrödinger
In una nuova variante del paradosso del gatto di Schrödinger, l’interpretazione più diffusa della meccanica quantistica sembra incoerente. In un articolo pubblicato su Nature Communications nel 2018, è stata presentata la nuova versione del paradosso del gatto di Schrödinger. Questa variante ha messo in difficoltà la prima, nonché più comune, interpretazione della meccanica quantistica: quella di Copenaghen. Ma prima di capire come ciò sia stato possibile, facciamo un passo indietro per ricordare brevemente in cosa consiste l’interpretazione in questione e qual è la versione originale del paradosso. L’interpretazione di Copenaghen
Celebre fotografia (colorizzata) scattata durante il quinto Congresso Solvay, tenuto al International Solvay Institutes for Physics and Chemistry tra il 24 e il 29 ottobre 1927, riguardante gli elettroni e i fotoni. Tra i partecipanti ci sono anche Heisenberg, Bohr e Schrödinger. Credit: Marina Amaral. A grandi linee, le grandezze fisiche che descrivono le particelle quantistiche sono, in un certo senso, affette da incertezze intrinseche alla loro stessa natura; non possono esistere strumenti di misura in grado di superare tali incertezze. Possiamo descrivere tali oggetti, quindi, solo in termini probabilistici; le probabilità che una quantità ha di assumere certi valori sono decodificati matematicamente nella cosiddetta ‘funzione d’onda’ (spesso indicata con la lettera greca Ψ). Quest’ultima, però, quando per esempio viene misurata una proprietà come la posizione dell’elettrone, fornisce sempre un valore preciso. E anche misure immediatamente successive forniscono lo stesso valore. Il modo più diffuso di intendere il fenomeno appena descritto, la suddetta interpretazione di Copenaghen, è stato formulato negli anni ’20 dai pionieri della meccanica quantistica Niels Bohr e Werner Heisenberg, e prende il nome dalla città in cui visse il primo di loro. Secondo tale interpretazione, l’atto di osservare un sistema quantistico fa collassare la funzione d’onda da una curva estesa sui possibili valori a un singolo punto (cioè un preciso valore). Il paradosso del gatto di Schrödinger
Illustrazione dell’apparato sperimentale immaginario descritto nel paradosso del gatto di Schrödinger. Con l’esperimento mentale più famoso al mondo, nel 1935 il fisico Erwin Schrödinger ha voluto criticare un particolare aspetto dell’interpretazione di Copenaghen, cioè il ‘principio di sovrapposizione’. Ma non lo fece parlando direttamente di particelle quantistiche, bensì con la scherzosa analogia di un gatto chiuso in una scatola. Ecco come egli stesso lo descrisse in Die gegenwärtige Situation in der Quantenmechanik (traducibile come ‘La situazione attuale della meccanica quantistica’), nel ventitreesimo volume di Die Naturwissenschaften (oggi noto come The Science of Nature), a pagina 812: Si possono anche costruire casi del tutto burleschi. Si rinchiuda un gatto in una scatola d’acciaio insieme alla seguente macchina infernale (che occorre proteggere dalla possibilità d’essere afferrata direttamente dal gatto): in un contatore Geiger si trova una minuscola porzione di sostanza radioattiva, così poca che nel corso di un’ora forse uno dei suoi atomi si disintegrerà, ma anche, in modo parimenti probabile, nessuno; se l’evento si verifica il contatore lo segnala e aziona un relais di un martelletto che rompe una fiala con del cianuro. Dopo avere lasciato indisturbato questo intero sistema per un’ora, si direbbe che il gatto è ancora vivo se nel frattempo nessun atomo si fosse disintegrato, mentre la prima disintegrazione atomica lo avrebbe avvelenato. La funzione Ψ dell’intero sistema porta ad affermare che in essa il gatto vivo e il gatto morto non sono degli stati puri, ma miscelati con uguale peso. Dovrebbe essere chiaro, però, che si tratta a tutti gli effetti di un’analogia. La teoria dei quanti, infatti, riguarda i costituenti microscopici della materia, come le particelle elementari, gli atomi e via dicendo. Mettere in gioco dei corpi macroscopici ‒ i quali ci tornano più facili da immaginare rispetto a quelli microscopici ‒ è solo un espediente divulgativo volto a semplificare un concetto altrimenti troppo complicato da trasmettere in questa sede (per chi è interessato ad approfondire, invece, tra le fonti in fondo c’è un testo accademico che illustra il paradosso in termini tecnici). La nuova versione del paradosso
Infografica della nuova versione del paradosso del gatto di Schrödinger. Credit: Nature. Già nel lontano 1967, il fisico Eugene Wigner propose una versione alternativa del paradosso in cui il gatto e il veleno vengono sostituiti con un suo amico che viveva all’interno di una scatola e un dispositivo di misurazione in grado di fornire due risultati (per semplciità, come analogo macroscopico, considera il lancio di una moneta, la quale può dare solo testa o croce). La domanda da porsi ora è: la già citata funzione d’onda collassa quando l’amico di Wigner viene a conoscenza del risultato? Se le leggi della teoria quantistica, oltre che allo strumento di misura, vanno applicate anche all’amico, allora egli dovrebbe trovarsi in uno stato incerto che in qualche modo combini entrambi i risultati finché Wigner non apre la scatola. La variante proposta dai fisici Daniela Frauchiger e Renato Renner è ancora più complicata di quella precedente. Essi immaginano di avere due Wigner, ognuno dei quali fa un esperimento su un proprio amico ciascuno chiuso in una scatola diversa. Uno dei due amici (chiamiamola Alice) può, per esempio, ‘lancia una moneta’ e – usando la sua conoscenza della fisica quantistica – preparare un ‘messaggio quantistico’ da inviare all’altro amico (chiamiamolo Bob). Usando la sua conoscenza della teoria quantistica, Bob può rilevare il messaggio di Alice e indovinare il risultato del suo lancio. Quando i due Wigner aprono ognuno la propria scatola, in alcune situazioni potrebbero concordare sull’uscita (testa o croce), ma altre volte no. Il paradosso, quindi, consiste nel fatto che nel secondo caso un Wigner otterrebbe testa e l’altro croce per lo stesso lancio di moneta. Notiamo, però, che attualmente quello appena esposto rimane un mero esperimento mentale; in futuro, invece, potrebbe forse essere fattibile facendo interpretare i ruoli di Alice e Bob a due computer quantistici. Ma ancora non esistono computer quantistici abbastanza sofisticati per farlo. Fonti: Nature Communications, Nature, SpringerLink, Cambridge University Press. Read the full article
#CongressoSolvay#ErwinSchrödinger#gattodiSchrödinger#interpretazionediCopenaghen#meccanicaquantistica#paradossoquantistico#sistemaquantistico#teoriadeiquanti
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Riesumo l’argomento per presentarvi il mio autoregalo di natale, in leggero anticipo, segnalandolo @kon-igi che nella notte dei tempi mi aveva chiesto dove acquistare online un rivelatore gamma.
Giochino interessante questo “radiacode” preso a 250€ sconto black fraidei.
La particolarità è un rivelatore a scintillazione CsI (ioduro di cesio) con un “fotomoltiplicatore a stato solido” o SiPM che è l’ultima diavoleria della tecnica (a prezzi accessibili) in questo campo. Il SiPM sostituisce gli ingombranti, delicati ed energivori tubi fotomoltiplicatori e consuma così poco da funzionare settimane (!) con le piccole pile ricaricabili. La ficata è che, rispetto ai contatori geiger, lo scintillatore CsI+SiPM è PROPORZIONALE all’energia che il raggio gamma lascia nel materiale, e quindi è possibile fare una spettrometria dei gamma che consente (in linea di massima) di identificare gli elementi radioattivi che li hanno emessi. Cosa interessante per capire se si tratta di roba naturale o artificiale, il grado di pericolosità e come agire con saturanti o chelanti.
In più questo giocattolo si collega via bluetooth al cellulare oppure via USB al PC e permette di scaricare i dati, incluso il profilo della radioattività misurata nel tempo momento per momento negli ultimi minute/ore/giorni/settimane/mesi, e addirittura visualizzare sulla cartina il percorso fatto con i livelli di radiazioni rilevati.
A titolo di esempio vi allego anche lo spettro dalle lancette di un vecchio orologio, che conteneva radio per rendere perennemente luminose le cifre (roba anni 30-40)
KON-ICE: UGOL ULULÌ UGOL ULULÀ
Ritorna la rubrica di post-apocalyptic life hacks di cui le persone ansiose avrebbero fatto volentieri a meno.
Oggi tratteremo un argomento conviviale, a cui di solito si fa accenno durante le partite di briscola alla bocciofila o davanti a un bicchiere di vino mentre rimirate il tramonto…
L’AVVELENAMENTO DA RADIAZIONI
In realtà il termine è impreciso perché presuppone l’ingresso di una sostanza nociva alla funzionalità biologica del nostro organismo, mentre i danni da radiazioni possono avvenire anche per irradiamento, quindi userò il termine tecnico medico
SINDROME DA RADIAZIONE ACUTA
In questo spazio, però, intendo trattare una specifica evenienza che in caso di detonazione di ordigno nucleare riguarderebbe meno gli sventurati che dovessero trovarsi nel blast radius
(nell’immagine ho fatto detonare un Topol SS-25 russo da 800 chilotoni in testa ai miei amici d’infanzia)
e più gli sventurati a lungo termine che dovessero trovarsi nei flussi e nei depositi del FALLOUT, cioè la caduta di materiale polverulento irradiato dall’esplosione nucleare e trasportato mediante correnti dalla troposfera fino a terra.
Molti di voi non erano nati o erano troppo piccoli per ricordarlo compiutamente ma quando ci fu il fattaccio dell’esplosione del reattore di Cernobyl (che vi ricordo non essere stata una detonazione nucleare per fissione ma un ‘banale’ incendio a 33.000.000 kilowatt termici causati dal ‘fuoco di grafite’) avvenne l’espulsione di una enorme quantità di cenere satura di ISOTOPI RADIOATTIVI, tra cui, in soldoni, sostanze normalmente presenti sulla tavola periodica degli elementi (e quindi in natura) ma alterati artificialmente nella loro stuttura atomica affinché possiedano una carica radioattiva elevata.
Se alcuni isotopi sono estranei alla nostra biologia (uranio, plutonio etc) e quindi a un loro ingresso nel nostro organismo segue una più o meno breve espulsione (dopo gli inevitabili danni di rito), purtroppo esistono equivalenti radioattivi di sostanze che normalmente il nostro corpo usa per funzioni organiche fondamentali alla nostra sopravvivenza (calcio, potassio, iodio etc)
In parole povere, se entriamo in contatto con materiale da ricaduta radioattiva, il nostro organismo potrebbe depositare gli isotopi di calcio o di iodio nelle nostre ossa e nella nostra tiroide, elementi che irradierebbero tali organi in modo costante per tutta la loro ‘vita radioattiva’ (la cosiddetta ‘emivita’… il tempo che impiegano a dimezzare la loro emissione di radiazioni).
Se l’emivita del Plutonio è di 80 milioni di anni, va un po’ meglio con lo Iodio-131 (prodotto di fissione del plutonio) che invece dimezza la sua potenza dopo solo 8 giorni… ma sono 8 giorni in cui può fare DANNI ENORMI alla vostra tiroide (tant’è che a dosi MICROSCOPICHE viene utilizzato in ambito medico per ‘seccare’ una tiroide disfunzionale).
Dopo il disastro di Chenobyl del 26 aprile 1986, l’Italia venne parzialmente investita da una nube di fallout
e in quelle zone del Nord Italia maggiormente a rischio ai bambini e alle persone carenti di iodio furono somministrate pastiglie di POTASSIO IODURO affinché la tiroide si saturasse e non necessitasse dello Iodio-131 presente in atmosfera.
Ora, per cortesia… questo mio post ha valore puramente didattico e vi scongiuro di non fare come quei trumpiani che dopo l’elogio dell’idrossiclorochina anti-covid da parte del loro presidente si avvelenarono con una versione chimicamente simile venduta per disinfettare gli acquari.
SE UTILIZZATE SALE IODATO LA VOSTRA TIROIDE HA GIÀ TUTTO LO IODIO DI CUI HA BISOGNO
(se non avete la tiroide perché ve l’hanno tolta, il sale iodato è inutile e lo iodio-131 vi farebbe comunque ‘na pippa)
Ogni altro integratore farmaceutico di iodio sarebbe equivalente a quei complessi mutivitaminici tanto pubblicizzati la cui utilità è farvi fare pipì costose… e se riuscite a recuperare una boccetta di tintuta di iodio vintage dalla cassetta di pronto soccorso della vostra bisnonna sappiate che a berla ci potreste tirare il calzino.
Detto questo, io vi vo nel culo perché sono una persona speciale meglia di voi e nel mio zaino di sopravvivenza da prepper ho un flacone di SOLUZIONE GALENICA DI LUGOL FORTE che mi sono fatto fare in laboratorio dalla mia compagna perché dopo le prediche mi piace razzolare in mezzo al fallout.
Lascio la parola a @ziouranio (nomen omen) che ne sa a mille (sievert) più di me.
P.S.
Un amen per Otto che fra poche ore verrà privato dei suoi testicoli :(
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Gli argomenti che toccano il futuro delle batterie accendono spesso aspre discussioni tra gli appassionati di tecnologia. La rivelazione della società californiana NDB probabilmente infiammerà il dialogo, perché si dice pronta a realizzare delle batterie ai nano-diamanti, usando scorie nucleari riciclate, che non hanno bisogno di carica. La loro durata è compresa tra un decennio e 28.000 anni.
Niente paura, è solo un piccolo "generatore nucleare"
Di fatto, le batterie ai nano-diamanti di NDB sono piccoli "generatori nucleari" con un cuore composto da parti di reattori nucleari in grafite che hanno assorbito le radiazioni delle barre di combustibile nucleare diventando a loro volta radioattive.
La grafite radioattiva che componeva i reattori nucleari è piena dell’isotopo radioattivo del carbone conosciuto come Carbonio-14, il quale decade per emissioni di elettroni ad azoto. NDB purifica questa grafite e la usa per coltivare nano-diamanti realizzati in singoli cristalli (SCD).
La coltivazione industriale dei diamanti a singolo cristallo (Single Crystal Diamond) è una tecnica usata da tempo. I diamanti non vengono quindi estratti dal suolo, ma sono sintetici, realizzati solitamente tramite depositi sotto pressione di vapori chimici e di plasma eccitato dalle microonde.
I nano-diamanti fungono sia da dissipatori di calore sia da semiconduttori. La grafite è incapsulata nel nano-diamante sintetico, a sua volta coperto da uno strato di nano-diamante realizzato dal Carbonio-12, che non è radioattivo e che anzi previene le perdite di radiazioni e funge da scudo super resistente.
I nano-diamanti della batterie nucleari di NDB sono impilati su un piccolissimo circuito integrato che fa uso di un supercondensatore per distribuire istantaneamente la carica.
La batteria di uno smartphone durerà 9 anni
La loro dimensione ridotta consente a NDB di fare assumere alla batteria qualsiasi forma, compresa quelle delle batterie AA, ma anche AAA, così come le 18650 usate anche per le sigarette elettroniche o anche le 2170, formato usato dalle batterie Tesla. Si possono però prevedere anche batterie per i pacemaker, che godrebbero di una carica infinita, quindi non sarebbero sostituite, eliminando gli interventi chirurgici di questo tipo sui pazienti.
NDB non specifica chiaramente le potenze in gioco, ma parla di una densità di potenza superiore a quella delle batterie agli ioni di litio. Per densità di potenza si intende il rapporto tra la potenza e l’unità di volume che la eroga. Il fatto stesso che NDB affermi di poter creare qualsiasi tipo di batteria basata sui nano-diamanti che incapsulano scorie radioattive di grafite, fa capire che la tecnologia non pone limiti in questo senso.
È sufficiente guardare anche le applicazioni previste da NDB - che naturalmente devono essere osservate anche come strumento di marketing - ma l’elenco comprende l’automotive, l’industria aerospaziale, l’elettronica di consumo, la tecnologia medica, quella industriale e quella di difesa.
Soffermandosi sull’elettronica di consumo, NDB mostra il disegno di uno smartphone che indica la carica rimanente della sua batteria: 9 anni.
Quanta sicurezza dà una batteria che ha per cuore scorie nucleari?
Le parole “radioattivo”, “scoria” e “nucleare” usate nello stesso contesto generano comprensibili preoccupazioni. È normale quindi pensare alla sicurezza fornita dalle batterie ai nano-diamanti. NDB dice che i livelli di radiazione di una cella saranno inferiori ai livelli di radiazione prodotti dal corpo umano stesso.
Inoltre, i nano-diamanti, compreso il loro strato protettivo realizzato in diamante, rendono le batterie indistruttibili e totalmente sicure, per esempio in un incidente d'auto, dice NDB.
Più economiche delle batterie al litio. Sparirà l'usa e getta
Come se l’idillio di una batteria non ricaricabile super sicura che dura fino a 28.000 anni non fosse abbastanza, NDB aggiunge che le sue batterie saranno molto più economiche di quelle agli ioni di litio. Il motivo non è da cercare tanto nell’economicità della tecnologia e della sua realizzazione, ma di quella del materiale nucleare di scarto.
A coloro che hanno scorie radioattivi nucleari non sembrerà vero di potersi sbarazzare di stock così pericolosi, vendendoli a NDB. Il loro prezzo, di conseguenza potrebbe aumentare, ma c’è un altro vantaggio dato da queste batterie: la riduzione (o la scomparsa) dei costi indiretti legati alla realizzazione delle batterie agli ioni di litio.
Costi che sono anche ambientali. I costi di trasporto dell’energia e quelli infrastrutturali potrebbero essere abbattuti. In futuro, per le batterie potrebbe sparire il concetto di usa e getta.
Tornando alla batteria dello smartphone che dura 9 anni, è possibile che si cambi il telefono nel corso di quel periodo di tempo tenendo però la sua batteria, che quindi tornerà a essere separata dal dispositivo e sarà montata su quello nuovo appena acquistato.
Sul mercato tra meno di due anni
Le batterie ai nano-diamanti di NDB non sono affatto lontane. Sono state rallentate dalla COVID-19, ma l’azienda afferma di aver completato un prova concettuale, ed è pronta a iniziare a costruire il prototipo commerciale una volta che i suoi laboratori riapriranno dopo la chiusura dovuta alla pandemia.
NDB prevede che una versione commerciale a bassa potenza arriverà sul mercato in meno di due anni, mentre la versione ad alta potenza è prevista tra cinque anni. NDB afferma di essere molto più avanti rispetto alla concorrenza, se si considerano i brevetti in corso di registrazione per la sua tecnologia e i suoi processi di produzione.
Commenti
- Niente caricabatterie quindi... Al suo posto, nella confezione di vendita troverete un pratico ed utile contatore Geiger :)
- Un diamante è per sempre :)
- E quegli apparecchi che quando si impallano bisogna aspettare che finisca la carica della batteria per poterli spegnere?
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THO-RADIA: Metodo scientifico per la bellezza
THO-RADIA: Metodo scientifico per la bellezza
THO-RADIA: La morte ti fa bella Se si passasse con un contatore Geiger sopra una tomba di una delle “donne radioattive”, i livelli di radiazione sarebbero ancora così alti che farebbero saltare gli aghi sulla scala, a quasi 90 anni dalla sepoltura. I beni commerciali a base di radio erano diventati la norma, dai dentifrici alla lana per neonati, dai giocattoli per i bambini all’acqua potabile.…
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Le Centrali non erano state costruite tutte in una volta, ma erano cresciute durante un certo numero di anni. Dapprima erano state installate delle piccole unità nelle centrali elettriche e idrauliche, per regolare automaticamente i voltaggi, il flusso delle acque e le condizioni dei circuiti. Altre unità sostituirono via via i telefonisti. Cervelli elettronici entrarono in funzione per misurare il flusso del traffico e regolare di conseguenza semafori e limiti di velocità. Nelle banche tutte le operazioni furono assunte dalle calcolatrici automatiche. E nelle biblioteche passarono sotto il controllo delle calcolatrici l'entrata e l'uscita dei libri. Gli autobus, e altri servizi dai percorsi fissi, cominciarono ad essere guidati automaticamente. Così era cresciuta la Centrale. Man mano che sempre nuovi compiti venivano assunti dalle calcolatrici, i tecnici la coordinavano, la collegavano con circuiti speciali e installavano degli archivi elettronici centrali, in modo che un regolatore del traffico a nord potesse essere informato in qualsiasi momento delle condizioni del traffico nelle principali arterie del sud. Poi, quando fu inventata la micromemoria, i tecnici costruirono una unità centrale, che funzionava in contatto diretto con gli archivi centrali. In questo modo la Centrale poteva sbrigare quasi tutti i servizi d'ordinaria amministrazione della città senza bisogno di controllo umano. Il sistema aveva funzionato bene. E continuava a funzionare bene dopo tre anni che gli abitanti della città erano fuggiti di fronte al ticchettio dei contatori Geiger.
Walter M. Miller Jr., Servocittà, (traduzione di Gilberto Tofano; 1ª ed.ne or.le Dumb Waiter, 1952); tratto da: Le meraviglie dl possibile - Antologia della fantascienza, a cura di Sergio Solmi e Carlo Fruttero, Einaudi, 1966⁶ [1ª ed.ne it.na 1959], p. 283.
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Il Museo di storia naturale, 1918. Tutti i bambini di Milano sono stati almeno una volta al Museo di Storia Naturale e non pochi genitori tornano con i propri figli per rivivere classici immutati e scoprire cose nuove. Anche se non c’è più il minerale radioattivo Pechblenda che faceva gracchiare il contatore Geiger, conforta l’idea di provare ancora un brivido davanti al diorama dell’Anaconda che dal 1965 ipnotizza la preda non sfigurando al confronto dei sei nuovi diorami sulle foreste pluviali dell’asia e dell’africa allestiti nel 2017. E tranquillizza sapere che il leggendario Triceratopo esposto negli anni ’70 convive pacificamente con il più recente dinosauro Tito. Se l’attenzione del visitatore si rivolge giustamente al contenuto del Museo, è interessante scoprire la storia dell’edificio che lo racchiude: un’architettura eclettica, severa e ricca di rimandi storici, che oggi sembra far parte da sempre del paesaggio dei giardini pubblici. Il Museo fronteggia solitario i nobili palazzi di corso Venezia, e solo nel 1930 verrà affiancato dal Planetario, piccolo satellite neoclassico disegnato da Piero Portaluppi. Il Museo, inaugurato parzialmente nel 1892, è un prodotto della cultura milanese di fine ‘800, un’opera pubblica all’avanguardia per l’Italia di allora dove si uniscono, sotto la guida di una decisa volontà politica, varie istituzioni scientifiche con l’apporto di collezioni private. Sia la concezione – non solo esposizione di reperti ma luogo di didattica e ricerca – sia l’architettura, imponente ma razionale, lo inseriscono di diritto nel novero dei suoi omologhi internazionali. Alla data dell’inaugurazione, Milano, come parte della Lombardia, conosce da almeno vent’anni uno sviluppo industriale senza precedenti, vivendo appieno le innovazioni dell’epoca: il vapore, le ferrovie, l’acciaio, l’elettricità, il motore a scoppio. Piccole officine o botteghe artigiane diventano fabbriche specializzate, come fino ad allora erano state prevalentemente le industrie tessili, per fabbricare di tutto, in tutte le zone. Nel periodo 1870-1891 nascono imprese come Pirelli, Tecnomasio Italiano, Ceramica Richard, Officine meccaniche Riva, Edoardo Bianchi, Breda, Ercole Marelli, e le aziende di strumenti scientifici Salmoiraghi e Koristka. Tra il 1896 e il 1910 nasceranno la Borletti, la De Angeli Frua, la Falk, e non ultime, l’Isotta Fraschini, l’Alfa, le moto Gilera. A fine secolo sono attivi, alcuni da decenni, gli editori e stampatori Vallardi, Pirola, Treves, Ricordi, Sonzogno, Hoepli, Bietti, Paravia, in parte impegnati nella divulgazione scientifica. Scapigliati e musicisti animano la vita culturale, si fondano scuole professionali, crescono le Società di Mutuo soccorso. Il Museo verrà concluso nel 1907, sarà bombardato, cambierà molte volte gli allestimenti, continuando la sua missione di centro di ricerca e di divulgazione, fino ai restauri del 2013 che gli restituiscono l’aspetto originario. Il percorso, a partire dalla ricca documentazione raccolta dal volume citato, racconta la lunga storia dell’edificio, che nel suo impianto spaziale e decorativo riflette la cultura dell’epoca, ancora legata a modelli della classicità, ma cosciente dei cambiamenti in atto.
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La Calabria tra bellezze e problemi
Il primo numero della rubrica “L’occhio verde del Petilino”,del nuovo anno, nasce ponendo una domanda legata alle notizie, vicende, degli ultimi mesi del 2016: "la Calabria è la regione più bella del mondo oppure è una regione di veleni ?"
Per noi calabresi è la regione più bella del mondo, è la nostra terra, straordinaria dal punto di vista ambientale, paesaggistico, con tre parchi Nazionali, un’area marina protetta, parchi regionali, il 20 % di territorio protetto. Un continuo di natura, di paesaggi mozzafiato, dai monti al mare, purtroppo, poco valorizzato e poco conosciuto dai calabresi.
La notizia, però, dello scorso 17 novembre, che la Calabria è stata eletta come la più bella regione al mondo dall'ultima edizione di "Best region award 2016", concorso che si è svolto a Washington, organizzato da National Geographic, è stata una "bufala", uno scherzo del web che ha prodotto tante vittime. Lo stesso governatore Oliverio è caduto nella trappola: durante un incontro pubblico sul referendum che si è tenuto nei giorni successivi a Siderno, alla presenza della ministra Madia, ha informato la platea di questa prestigiosa fascia ricevuta dalla nostra regione.
La seconda parte della domanda: la Calabria è una regione di veleni ?
Sicuramente, un dato certo, è una regione ad alta criminalità organizzata che opera in un contesto di forte arretratezza socioeconomica. Una situazione che la vede, come altre regioni meridionali, maggiormente esposta alle azioni criminali.
La trasmissione “Le Iene” di Italia 1 più volte, nel mese di novembre, si è occupata del possibile inquinamento radioattivo in Calabria, dei tanti "misteri” sulle navi dei veleni. La trasmissione ha affrontato la vicenda, di diversi anni fa, dei cugini Fausto e Augusto Squillacioti che durante una battuta di pesca, nel tratto di mare del comune di Montauro (Calalunga) avrebbero rinvenuto una palla di fango che, presa tra le mani, provocò inizialmente un forte prurito, pochi anni dopo furono accomunati dallo stesso triste destino, morirono per una leucemia mieloide, una malattia che colpisce in Italia due persone ogni 100 mila, che ha come unico fattore di rischio l’alta esposizione a radiazioni. L’inviato ha misurato, in questo tratto di spiaggia, alti livelli di radioattività, con valori fino a 30 volte più del normale, addirittura paragonabili al livello di qualche anno fa registrato a Chernobil, utilzzando come strumento un contatore geiger, lo stesso in dotazione al Liceo di Petilia. Una misurazione non scientifica, con uno strumento non professionale, che ha però lasciato un forte sgomento e angoscia. Più specifici accertamenti, e speriamo chiarimenti, sono in corso ad opera dei Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Catanzaro e da parte dell’Arpacal -Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente della Calabria -.
Una triste storia che ebbe inizio nei primi anni '80, come denunciato dalla Legambiente e dal WWF. Il Mediterraneo divenne vittima di un "intrigo internazionale", il luogo delle cosiddette navi a perdere, cioè scafi che vennero affondati volutamente insieme al loro carico di morte, scorie tossiche e radioattive. Secondo la Commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti della XIII legislatura sarebbero 39 gli affondamenti che non convincono, avvenuti tra il 1979 e il 1995.
Il capitano di corvetta Natale De Grazia che collaborò attivamente con in pool investigativo della Procura di Reggio Calabria, relativamente al traffico di rifiuti tossici, radioattivi, morì improvvisamente il 12 dicembre 1995, l'esame autoptico, le perizie stabilirono la causa tossica della morte, probabile avvelenamento, tesi sostenuta dal pentito Francesco Fonti.
Legambiente, in quegli anni, conia il termine “Ecomafia” ed intraprende una battaglia durata 20 lunghi anni che ha portato lo scorso anno all’entrata in vigore della Legge sugli ecoreati.
Temi scottanti, con tanti segreti e morti, legati ai traffici illegali di rifiuti o al miraggio dello sviluppo industriale. Comunque, se fossero veri questi sversamenti in mare e sulla terra ferma, dopo alcuni decenni, quali effetti potrebbero avere sulla salute dei calabresi? Un fatto accertato scientificamente è che l'inquinamento ambientale è collegato a vari tipi di cancro, da qui è nata l'esigenza di istituire registri per le patologie tumorali. I registri tumori sono strutture impegnate nella raccolta di informazioni sui malati di cancro in un dato territorio. La Regione Calabria, con la Legge regionale n. 2 del 12 febbraio 2016, ha istituito Il Registro tumori di popolazione della Regione Calabria, ad oggi è attivo il Registro di Catanzaro - Vibo Valentia, è in fase di attivazione quello di Cosenza - Crotone. I primi dati che emergono dal registro dei tumori della provincia di Crotone, come ha dichiarato il Dott. Carmine La Greca, nel corso del servizio del Tg3, dello scorso 26 dicembre, mostrano una situazione preoccupante. Un eccesso di tutte le patologie tumorali nella città di Crotone, alta incidenza di tumori allo stomaco e alla prostata in tutta la provincia di Crotone. Una situazione già riscontrata dallo studio epidemiologico “Sentieri” (lo Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento), che per quanto riguarda Crotone ha certificato “eccessi di mortalità”. E così sarà almeno fino al 2018 quando, stando alle previsioni del progetto realizzato dal Ministero della Salute, si toccherà il picco dei decessi per malattie oncologiche. Quanti veleni ci sono sotto la città di Crotone e provincia ?
La città di Crotone e il Crotonese sono vittime di una passata e "dismessa" industrializzazione.
Le ex Montedison e Pertusola, per oltre 70 anni, hanno lavorato: zinco, cadmio, piombo, rame e arsenico, contaminando gravemente questo pezzo di Calabria, lasciando come eredità disoccupazione e tumori. Un territorio che aspetta da decenni la bonifica, dove i famosi cubilot delle fabbriche, ricchi di metalli pesanti, sono stati utilizzati per i sottofondi delle strade, dei parcheggi e delle scuole.
Legambiente ha lanciato nei giorni scorsi lo slogan “Rigeneriamoci”, per la campagna tesseramento 2017. Una campagna per costruire qualità e rigenerare città e territori, strumenti e azioni per rigenerare la legalità. Occorre però un coinvolgimento attivo dei cittadini, una cittadinanza attiva. Le associazioni insieme ai cittadini e alle scuole, devono prendersi cura del proprio territorio, partecipare attivamente alla sua tutela. Un difesa dell’ambiente per difendere la salute pubblica.
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Arrestati tre venezuelani che stavano progettando di uccidere il presidente colombiano
Tre venezuelani, in possesso di fucili mitragliatori ed esplosivi, sono stati arrestati sulle coste caraibiche della Colombia. Secondo quanto dichiarato dalle autorità colombiane i tre stavano progettando di uccidere il presidente Iván Duque. La notizia è stata resa nota lo scorso 29 dicembre con un video postato su Twitter dal ministro degli Esteri della Colombia, Carlos Holmes. Nel breve video, Holmes ha detto che i servizi di intelligence colombiani hanno scoperto prove di una "credibile minaccia per la vita" o del presidente Duque precisando che le indagini sulla presunta operazione di assassinio, iniziate alcuni mesi fa, sono state condotte con la collaborazione di "agenzie di intelligence straniere". Holmes , nel video, ha poi esortato i colombiani a farsi avanti con qualsiasi informazione in loro possesso che potrebbe aiutare le indagini che sono ancora in corso. Il 30 dicembre, diversi giornali colombiani avevano riferito che il monito lanciato su Twitter di Holmes era stato innescato dopo l'arresto di due venezuelani avvenuto il 21 dicembre scorso nella città settentrionale di Valledupar, in Colombia. I due uomini, identificati nei rapporti dei media come Pedro José Acosta e José Vicente Gómez, entrambi 22, erano in possesso di fucili di altra precisione. Il 26 dicembre, un terzo venezuelano, identificato nei rapporti dei media come Geiger Vásquez, 35 anni, è stato arrestato nella città di Barranquilla mentre trasportava una borsa contenente un fucile mitragliatore Uzi, oltre a munizioni e diverse granate. Secondo alcuni funzionari del governo il tentativo di uccidere il presidente Duque potrebbe essere stato sponsorizzato da gruppi ribelli di sinistra, come l'Esercito di liberazione nazionale (ELN), attivi nel confine colombiano-venezuelano. Da quando ha assunto la presidenza colombiana ad agosto, Duque ha guidato gli sforzi internazionali per imporre sanzioni al governo venezuelano di sinistra del presidente Nicolas Maduro, che sta per iniziare il suo secondo mandato. Lunedì, il governo venezuelano ha dichiarato di aver richiesto maggiori informazioni sul presunto complotto di omicidio delle autorità colombiane e che avrebbe fornito a Bogotá "la necessaria cooperazione di polizia e intelligence" per contribuire a indagare sulle accuse. Read the full article
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15 luglio … ricordiamo …
15 luglio … ricordiamo … #semprevivineiricordi #nomidaricordare #personaggiimportanti #perfettamentechic
2021: Libero De Rienzo, attore, regista e sceneggiatore italiano. Era il figlio di Fiore De Rienzo, attore e giornalista. (n. 1977) 2020: Sibylle Geiger, costumista e scenografa svizzera. (n. 1930) 2020: Carlotta Barilli, è stata un’attrice italiana, che fu attiva in cinema, in teatro e in televisione particolarmente fra gli anni sessanta e i settanta. (n. 1935) 2019: Barbara Valmorin, nome…
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Manuel “ Manolo ” Blahnik Rodríguez CBE, nato nel 1942 a Santa Cruz de la Palma – nelle isole Canarie (Spagna) – da madre spagnola e padre ceco, è uno stilista spagnolo, fondatore del omonimo marchio di calzature high-end. Il padre dello stilista, lascia Praga negli anni ’30 per evitare l’avanzamento del fascismo; la famiglia della madre possedeva una piantagione di banane nella città insulare di Santa Cruz de la Palma, dove era cresciuto insieme a sua sorella Evangelina. Dopo essere cresciuto, ha frequentato un collegio svizzero. Più tardi, i suoi genitori volevano che fosse un diplomatico e lo iscrisse all’Università di Ginevra laureando in Politica e Giurisprudenza. Tuttavia, Blahnik ha cambiato i suoi studi in letteratura e architettura. Nel 1965, laureato, si trasferisce a Parigi per studiare arte all’École des Beaux-Arts e Stage Set Design presso la Louvre Art School, mentre lavora in un negozio di abbigliamento vintage. Nel 1969, si trasferisce a Londra per lavorare come buyer presso la boutique di moda “Feathers” e scrive per L’Uomo Vogue, una versione maschile italiana di Vogue.
Nel 1969, stava studiando arte e scenografia a Parigi quando il suo amico intimo Paloma Picasso lo presentò all’allora direttore del Met Costume Institute, Diana Vreeland, il caporedattore di US Vogue, mentre era in viaggio a New York. Manolo mostrò il suo portfolio di mode “Sogno di una notte di mezza estate“; la Vreeland si concentrò sul sandalo con il tacco alto di Hippolyta decorato con edera e ciliegie a quel punto lei lo ha guardato dritto negli occhi e ha detto:
Giovane, crea oggetti, crea accessori, crea scarpe
La Vreeland è rimasta affascinata soprattutto dagli schizzi di scarpe e consiglio Blahnik di concentrarsi sulla progettazione di calzature; consiglio che lo stilista ha seguito.
Nel 1971, Ossie Clark, stilista inglese che è stato una figura importante nella scena Swinging Sixties a Londra, lo ha invitato realizzare le scarpe per la sua sfilata; come ha avuto richieste e ha disegnato scarpe per altri stilisti londinesi, come Jean Muir e Zandra Rhodes. Dal 1971 vi è, anche, la vendita Manolo Blahnik per Zapata. Con un prestito di £ 2.000, Blahnik acquistò la Zapata Shoe Company dal suo proprietario e aprì la sua boutique. Nel 1974, Blahnik divenne il secondo uomo ad apparire sulla copertina di UK Vogue (dopo l’attore Helmut Berger).
In quei primi giorni, Manolo non abbandonò mai il suo negozio. La sua personalità magnetica ha creato un’atmosfera di bellezza e fascino per clienti e amici come Bianca Jagger, Rupert Everett, David Hockney e Anna Wintour.
Nel 1977 ha creato la sua prima collezione americana, attraverso Bloomingdales. Manolo Blahnik apre la sua prima boutique negli Stati Uniti nel 1979 e da allora, è diventato un famoso designer di scarpe e un simbolo di puro stile classico per il 21 ° secolo.
Espandendo la sua influenza a New York nel 1983, Manolo aprì un negozio sulla West 54th Street. Con l’aiuto della sua amica, Anna Wintour, è diventato rapidamente il designer di scarpe da passeggio per la passerella, creando collezioni per Izaac Mizrahi, Oscar de la Renta e Calvin Klein, tra gli altri. Nel 1990, ha vinto il CFDA e il premio del Designer dell’Accademia dell’Anno del British Fashion Council. I suoi disegni regali sono apparsi sul grande schermo del film di Sofia Coppola, Maria Antonietta , che ha vinto l’Oscar come miglior costume nel 2007.
Nello stesso anno, Sua Maestà la Regina Elisabetta II ha presentato Manolo con un comandante onorario dell’Impero Britannico (CBE) per il suo contributo alla moda britannica.
Il flagship store di Manolo Blahnik rimane fino ad oggi in Old Church Street, l’elegante quartiere Chelsea di Londra .
Le boutique Blahnik si trovano a Londra, New York, Ginevra, Madrid, Barcellona, Mosca, Dubai, Abu Dhabi, Doha, Hong Kong, Kuala Lumpur, Seoul, Singapore, Tokyo e Taipei. Bloomingdales, Nordstrom, Neiman Marcus, Barneys, Bergdorf Goodman e Saks Fifth Avenue portano la sua linea negli Stati Uniti e sono stati recentemente aperti nel Dubai Mall. La società ha firmato un accordo a lungo termine con il rivenditore di calzature Kurt Geiger per gestire le boutique Manolo Blahnik.
Nel 2000, Blahnik, insieme a Neiman Marcus – una catena di grande distribuzione organizzata di lusso- ha lanciato il primo showroom commerciale online di realtà virtuale con modelli 3D delle sue scarpe.
Blahnik risiede attualmente a Bath, nel Regno Unito e nel luglio 2012 ha ricevuto una laurea ad honorem dalla Bath Spa University.
Una delle più grandi ispirazioni di Blahnik è stata sua madre. Ha studiato riviste di moda e ha interpretato l’ultima moda del suo abbigliamento. Blahnik e la sua famiglia viaggiavano spesso a Parigi e Madrid per ordinare vestiti. Sua madre era sempre insoddisfatta delle scarpe della loro città natale. Ha imparato i rudimenti della sua arte da un ciabattino delle Canarie e da ragazzo, Blahnik amava guardare sua madre quando faceva realizzava i disegni delle scarpe. Ha ereditato l’amore di sua madre per i tessuti di broccato e raso e ha raccontato di come, da ragazzo, abbia trovato un baule pieno di scarpe dei famosi yanturni russi tutti realizzati con sete, pizzo antico e broccati decorati con fibbie delicate. Tutti erano leggeri, eleganti e femminili; attributi Blahnik in seguito l’ha trasferito nei suoi disegni.
Quando Blahnik frequentava l’università, viveva con la zia e lo zio. Nel frattempo, sua zia ha influenzato profondamente il suo senso della moda. Ha raffinato i suoi gusti e imparato ad apprezzare la bellezza del lusso, dell’arte e della felicità. Blahnik ha ricordato che, secondo sua zia,
… la felicità è avere la borsa più elegante mai realizzata, in tutti i colori disponibili
Blahnik non ha mai studiato come realizzare le scarpe, ma ha imparato le abilità visitando le fabbriche di scarpe e parlando con modellisti, tecnici e operatori di macchine del settore. Inizialmente, disegnò calzature da uomo, ma immediatamente scoprì che il design di scarpe da uomo limitava la sua immaginazione e mancava dell’elemento della moda. Quando lo stile delle scarpe tradizionali era ancora dominato da piattaforme goffe negli anni ’70, ha fatto rivivere il tacco a spillo elegante, che da allora è diventato un classico. Inoltre, non ama le zeppe e crede nel potere dei tacchi e del sex appeal che trasmettono.
Blahnik ha lavorato con tutto il cuore sulle sue scarpe. Non solo disegna il modello di un paio di scarpe, ma anche a mano realizza le scarpe da solo. Ogni scarpa creata da Manolo inizia come uno schizzo a mano libera utilizzando pennelli di zibellino e inchiostro acquerello. Il suo uso stilistico di linee, luci e colori conferisce ai rendering una qualità impressionistica, rendendoli opere d’arte a pieno titolo. Una volta che ha abbozzato un’intera collezione, Manolo porta i suoi disegni nelle fabbriche in Italia per lavorare con i tecnici su come costruirli in tre dimensioni. Quando arriva il momento per la produzione di massa, supervisiona ogni fase per garantire che ogni scarpa sia una copia esatta della sua creazione originale. Conserva sempre tutti i suoi disegni: 25.000 scarpe sono disposte in ordine cronologico in armadi a pannelli che riempiono due case adiacenti in una terrazza georgiana a Bath.
Schizzo tutti i miei pensieri come una meditazione interiore con la mia mano. Non uso mai un computer.
Manolo è coinvolto in ogni fase del processo di costruzione delle sue scarpe, e crea ogni campione per assicurarsi che corrisponda alla sua visione originale. È noto per frullare a mano le forme di legno, tagliare i motivi della tomaia e assemblare le parti per soddisfare il suo rigoroso standard. Gli artigiani della fabbrica studiano quindi i prototipi per realizzare copie esatte per soddisfare gli ordini.
In una carriera durata oltre quattro decenni, Manolo è rimasto inesauribilmente creativo e senza sforzo originale. Nel 2015, ha pubblicato Fleeting Gestures and Obsessions , una trascrizione di conversazioni con altre icone come Pedro Almodóvar e Sofia Coppola sulle sue preziose influenze nell’arte, nel design e nella letteratura, insieme a foto selezionate del suo archivio di oltre 30.000 disegni. Nel 2017, un ritratto filmato della sua vita, MANOLO: Il ragazzo che ha fatto scarpe per lucertole , diretto da Michael Roberts, è stato distribuito nelle sale di tutto il mondo e su Netflix. Una mostra itinerante della durata di due anni del suo lavoro intitolato The Art of Shoes arriverà presto alla sua ultima tappa al BATA Shoe Museum di Toronto, in Canada.
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Come ogni grande couturier, gli stili di scarpe di Manolo Blahnik sono tenuti a piccoli numeri di produzione esclusivi e la sua firma di stile è facilmente riconoscibile.
Oggi, Manolo Blahnik lavora allo stesso ritmo dinamico che ha sempre avuto. Se non disegna disegni nel suo ufficio a Marylebone o nella sua casa di Bath, Manolo può essere trovato nelle fabbriche in Italia, sviluppando campioni a mano, vestito con il suo caratteristico camice bianco da laboratorio con un fazzoletto di seta infilato nel taschino – animato e meticoloso in tutto ciò che fa e tutto ciò che è.
Manolo Blahnik, azienda privata a conduzione familiare, è tuttora a capo del marchio come direttore creativo e presidente. Ha lavorato con sua sorella Evangelina Blahnik come Managing Director dal 1981 fino a quando la nipote Kristina Hulsebus Blahnik ha assunto il ruolo di CEO nel 2013. Kristina sta attualmente lavorando per espandere e ottimizzare il business in tutto il mondo e gestisce tutti gli aspetti dell’impresa familiare.
Attualmente il marchio detiene più di 300 punti vendita tra cui 17 negozi monomarca in tutto il mondo a New York, Hong Kong, Madrid e Ginevra per citarne alcuni. La società ha anche subito una trasformazione in Asia in partnership con il gruppo Bluebell per espandersi in Giappone, Malesia e, più recentemente, un nuovo flagship store nel cuore di Singapore.
Nel luglio 2018 Manolo Blahnik ha lanciato la sua prima boutique maschile dedicata a Londra, adiacente al negozio femminile di Burlington Arcade.
Con quattro collezioni femminili all’anno e borse e una collezione uomo, Manolo disegna ancora tutte le scarpe e lavora con la nipote per portare a compimento la collezione. Oltre a più di 150 pezzi stagionali creati attraverso le collezioni pre e principali, sono i classici permanenti e i preferiti duraturi tra cui l’iconico Hangisi, BB e Chaos.
Aggiornato al 27 maggio 2019
Autore: Lynda Di Natale Fonte: manoloblahnik.com, en.wikipedia.org, web
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