#Giulio Cesare (SS)
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Mario Fiorentini, un fiorentino nell’attentato di via Rasella a Roma
Faceva parte della Resistenza romana, conosciuto tra i partigiani con il nome di battaglia di Giovanni. I suoi antenati erano ebrei fiorentini che secoli prima avevano lasciato la Toscana per arrivare a Roma ed in seguito avevano adottato la religione cattolica. Mario viveva in una casa in affitto al centro di Roma, in via Capo le Case 18, di fronte a via Due Macelli. Per chi non conoscesse bene Roma, parliamo di una zona compresa tra piazza di Spagna, Fontana di Trevi e via Veneto. La madre era di Cittaducale, quando si trasferì a Roma sposò un professore e ragioniere ebreo. Durante il rastrellamento degli ebrei di Roma, anche la casa dei Fiorentini seppur distante dal ghetto venne perquisita. Mario si salvò riuscendo a fuggire sui tetti, la madre riuscendo a corrompere una guardia. In seguito Mario fu arrestato dalla polizia fascista, ma fu subito liberato, evidentemente non c’erano i presupposti per trattenerlo. Mario stava poco in casa, lavorava in una tipografia dove il Partito d’Azione stampava i suoi volantini e il giornale clandestino “Italia Libera”. Successivamente al suo rilascio, per ben tre volte i tedeschi erano venuti a cercarlo a casa, ma lui era riuscito sempre ad evitarli. Dunque cercava di stare in casa il meno possibile. Insieme ad altri partigiani infatti aveva attaccato la caserma di viale Giulio Cesare, ma nella fuga con i suoi compagni gli era caduto il berretto e uno dei tedeschi lo aveva visto bene in faccia. Allora si nascondeva con quella che sarebbe divenuta sua moglie Lucia Ottobrini, in una cantina sul colle Oppio vicino al Colosseo. Ma le condizioni poco salubri di quell’ambiente, avevano fatto ammalare la donna che per qualche giorno aveva deciso di tornare a casa. Mario dal suo appartamento aveva una buona visuale della zona, poteva vedere quello che accadeva fino a Piazza di Spagna e tenere sotto controllo le vicinanze.
A Roma vigeva il completo divieto di andare in bicicletta imposto dai tedeschi, questo perché i partigiani usavano questo mezzo per compiere velocemente i loro attentati e poter sparire poi velocemente tra i vicoli della città con una certa facilità. I romani allora erano costretti a prendere autobus e tram che più facilmente potevano essere fermati dai tedeschi per controllare o arrestare i passeggeri, spesso per trasferirli coattamente verso nord ed impegnarli nei lavori forzati.
Mario aveva 25 anni ed era uno studente di matematica. Un giorno vide passare dalla sua finestra circa 150 uomini tedeschi in divisa ben armati che provenivano da Piazza del Popolo e, percorrendo via del Babuino erano arrivati a via Capo le Case, proprio sotto casa sua. Poi il gruppo svoltava e andava verso via Rasella, una via che diventerà famosa per il famoso attentato. Fu proprio Mario a proporre l’idea dell’attentato, a cui poi parteciperà. Mario nascosto con la moglie vedeva passare ogni giorno questi militari, che poi si dirigevano a via Rasella. Erano gli uomini del Bozen, che si dirigevano verso Castro Pretorio, alla caserma Macao. Mario andò da Carlo Salinari detto Spartaco, il suo comandante, per proporre un’azione contro questi soldati, ma l’uomo pur ascoltandolo interessato non disse nulla. Parlò allora nel suo rifugio con i suoi compagni tra quali c’erano “Paolo ed Elena”, i nomi di battaglia di Rosario e Carla anche loro convolati a nozze. Carla Capponi aveva già fatto esplodere un' autocisterna tedesca con 10.000 litri di carburante in via Claudia. Ancora oggi sul luogo sono presenti i segni dell’ esplosione. Rosario Bentivegna invece, era quello che avrebbe acceso la miccia posta nel carretto della spazzatura in via Rasella. Decisero di appostarsi per seguire i movimenti delle 156 reclute dell' 11° compagnia del 3° battaglione SS Bozen, formato nel '43 con reclute del Sud Tirolo Alepenvorland, poste sotto il comando dell’Obergruppenführer Karl Wolff. Il loro compito era quello di polizia e di repressione partigiana.
Per l’occasione si formarono quattro squadre, perché di solito i partigiani si muovevano soli o in gruppi di due o tre al massimo. Via Rasella era perfetta per un attentato: stretta e lunga avrebbe costretto la colonna a marciare in ranghi serrati più facilmente colpibili. Avevano calcolato che ci sarebbero voluti 140 secondi per percorrerla tutta, perché la ripida salita avrebbe rallentato gli uomini in marcia. Si scelse di posizionare un carretto della nettezza urbana rubato da un deposito municipale da Roul Falcioni, dentro sarebbe stato nascosto un ordigno composto da 18 kg di esplosivo (12kg di tritolo, mescolato a 6kg di tritolo sciolto e pezzi di tubo riempiti di altro esplosivo), posizionati al civico 156 della via, davanti a Palazzo Tittoni, questo perché il caseggiato era semi abbandonato e ci sarebbe stato meno pericolo per i civili. L’edificio sorgeva ad un terzo della strada, poco prima dell’incrocio con via Quattro fontane.
Quando la colonna sarebbe stata all’altezza di via Boccaccio, la miccia della durata di 50 secondi sarebbe stata accesa. Dopo l’esplosione da questa stessa via sarebbero giunti altri partigiani per lanciare quattro bombe da mortaio da 45 mm, per poi fuggire verso via del Giardino. Altri partigiani provenienti da via del Traforo, avrebbero impedito un eventuale fuga con l’uso di armi. Salinari aveva escluso il nostro fiorentino dall’azione. Fiorentini aveva infatti in via Boccaccio uno zio e dunque rischiava di essere riconosciuto dalle persone del luogo. Fu però proprio lui e la compagna Carla a suggerire che Bentivegna si travestisse da netturbino e che celasse l’ordigno nel carretto della spazzatura. Rosario aveva maturato un certa esperienza in altri attentati, era infatti reduce da altre trenta incursioni tutte riuscite. Altri partigiani del GAP sarebbero stati coinvolti nell’attentato.
Il 23 marzo del 1944 alle 15.50 l’ordigno esplodeva lasciando 35 morti e 64 feriti sulla strada… Ventiquattrore dopo, 335 persone prelevate da vari luoghi di detenzione romani venivano fucilate per ritorsione alle Fosse Ardeatine… Mario Fiorentini è stato un partigiano, agente segreto, matematico italiano e professore di geometria all’Università di Ferrara. Partecipò a numerose azioni fra le quali l’assalto all’ingresso del carcere di Regina Coeli e all’organizzazione dell’attentato di via Rasella.
Riccardo Massaro Read the full article
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Italian Line / Advert by Oldimages Via Flickr: 1950-1960's
#1950-1960#Augustus (MS)#Cristoforo Colombo (SS)#Giulio Cesare (SS)#Italian Line#Saturnia (SS)#Vulcania (MS)#bal#croisiere#paquebot#service a bord#tenue de soiree#tourisme#voyage
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Il fascio-leghismo avanza ed è pericoloso ignorare i rischi per la democrazia di Claudio Visani A Predappio (Forlì) il sindaco civico-leghista, Roberto Canali, ha deciso nell'estate scorsa, dopo un incontro col pronipote di Benito Mussolini - Caio Giulio Cesare Mussolini - di dare l'assenso dell'amministrazione comunale alla riapertura permanente della cripta del Duce. Che, ha detto, "è una importante volano del turismo per la nostra città". Ad Acquasanta Terme, dove nazisti e fascisti l'11 marzo 1944 trucidarono 42 persone, il sindaco di Ascoli Piceno (città Medaglia d’oro al Valor Militare per Attività Partigiane), Marco Fioravanti, di Fratelli d'Italia, il 28 ottobre, anniversario della Marcia su Roma, partecipa a una cena promossa con depliant e menù in cui campeggiano il ritratto di Benito Mussolini, un'immagine del fascio littorio, un'aquila sovrastata dal logo di Fratelli D'Italia e la scritta "Dio, Patria e Famiglia". Poi, una volta finito nella bufera, si scusa dicendo che - povero - non aveva visto i menù, che se li avesse visti se ne sarebbe "andato via immediatamente”, perché la sua giunta di centrodestra "è distante da nostalgie antidemocratiche" A Brisighella (Ravenna) la giunta di centrodestra - ma più fascio-leghista che di centrodestra - del sindaco Massimiliano Pederzoli, il 2 novembre, giorno dei morti, ha voluto commemorare "tutti i Caduti per la Patria" depositando, come informa una trionfale nota di Fratelli d'Italia, "una corona d'alloro alla cappella degli Alpini della Famiglia Broggi ... dove sono sepolti 16 Caduti Alpini della Divisione Monterosa della Rsi" (la Repubblica di Salò, ovvero il governo fantoccio che Hitler impose nel tentativo di resuscitare Mussolini, il fascismo e per impadronirsi dell'Italia del Nord). Questo, continua la nota, "per rispondere a quei valori di Unità Nazionale, libertà e amore per la Patria in cui crediamo”. In precedenza la nuova giunta di Brisighella - città dei sette cardinali, dello strapotere Dc ma anche di una radicata e bella storia di sinistra e antifascismo - aveva debuttato disertando il 4 agosto scorso la commemorazione dei cinque Martiri di Casale (cinque giovani trucidati dal nazi-fascisti il 4 agosto 1944), negando il patrocinio alla commemorazione della battaglia di Purocielo (una cinquantina di partigiani caduti in un eroico scontro con i tedeschi), mandando solo un silente consigliere a ricordare l'eccidio di Santo Stefano di Zerfognano (cinque civili trucidati il 25 settembre 1944 dagli uomini della Brigata Nera e delle SS), e anche negando al Pd lo spazio pubblico dove da diversi anni organizzava la Festa dell'unità. In compenso, il 4 novembre, giornata delle Forze Armate, ha "imbandierato" con un Tricolore di luci la Torre dell'Orologio, uno dei Tre Colli che caratterizzano il bel borgo medievale romagnolo. Dite: "che sarà mai?". "Solo polemichette di paese!". Oppure: "I soliti comunisti e allarmisti!". "Il popolo sovrano li ha votati quindi hanno ragione!". Sarà, ma a me sembra che ci sia di che essere preoccupati. Questi tre episodi sono solo gli ultimi di una lunga serie di gesti, parole e scelte del fascioleghismo dilagante tese a dimenticare o riscrivere la storia e a sdoganare definitivamente l'estrema destra che si richiama ai simboli del fascismo e del nazismo. L'occhiolino e i favori a Casa Pound e Forza Nuova. Gli attacchi razzisti e xenofobi contro gli immigrati e i "diversi": omosessuali, zingari, ebrei, "comunisti", Laura Boldrini, Roberto Saviano. Gli slogan "prima gli italiani" e "pieni poteri". I continui richiami al Sovranismo, alla Patria e alla famiglia tradizionale ("Dio, patria e famiglia", ricordate?). E ancora: l'esibizione da parte del "Capitano" di rosari e vangeli, felpe della polizia e magliette della Pivert (la "linea dell'abbigliamento fascista"); le foto con i capi ultras e altri brutti ceffi della destra estrema; il silenzio sui cori razzisti delle Curve Sud degli stadi; la pubblicazione del suo libro intervista con l'editore di CasaPound; i "me ne frego" ricorrenti. Significa che se Salvini e Meloni si prendono anche l'Italia rischiamo di ritrovarci nel fascismo? Gli storici si affannano a spiegare che il fascismo come l'abbiamo conosciuto non tornerà. E probabilmente hanno ragione. Difficile pensare all’olio di ricino. E non mancano gli antidoti democratici alla deriva autoritaria. Resistere, resistere, resistere: certo. Ma bisognerà pur dirlo che anche le dittature si evolvono. Che possono presentarsi in abiti moderni e in forme che forse non riusciamo nemmeno a immaginare. Continuare ad ammiccare, banalizzare, sottovalutare è molto, molto pericoloso. Continuare a dire, come fanno anche autorevoli esponenti della sinistra, che la Lega "è un partito democratico". Scrivere, come fanno certi opinionisti, che "il popolo che li vota ha sempre ragione e questa è la migliore garanzia democratica", è ancor più pericoloso. Il popolo italiano a suo tempo ha votato convintamente anche per Mussolini. In massa. E' abituato ad innamorarsi dell'uomo forte. Ed è tristemente conosciuto per un orribile detto del passato ancora drammaticamente attuale: "Franza o Spagna purché se magna". L'empatia del popolo con i leader del fascioleghismo non è di per sé garanzia di tutela democratica. Anzi. A me preoccupa l'affinità ideologica, culturale, psicologica e di linguaggio che sembra accomunare gli elettori che li votano a Salvini e Meloni. Anche perché nel frattempo il vento Sovranista soffia forte in Europa, ci sono Paesi come l'Ungheria e la Polonia dove al potere si sono insediati i teorici della "democrazia illiberale", e in Germania avanzano ovunque partiti e movimenti che si richiamano apertamente al nazismo. Umberto Eco scriveva dell’Italia e del suo “fascismo eterno”. Antonio Scurati l'ha ribadito nel suo monumentale "M". Non vorrei che fossero stati profetici.
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I 30 borghi più belli di Italia - parte 6
Tremosine sul Garda (Brescia), il Borgo che ha ispirato Dante AlighieriNel cuore del Parco Alto Garda Bresciano sorge Tremosine sul Garda (Brescia) – Lombardia Dolceacqua (Imperia), il Borgo con il ponte romanticoRacchiuso in una delle valli liguri che dalle montagne si tuffano in mare, a pochi chilometri dalla Francia, si trova Dolceacqua (Imperia) in Liguria Offida (Ascoli Piceno), la Città del “merletto a tombolo”Tra le valli del fiume Tesino e del fiume Tronto c’è Offida (AP) nelle Marche, dove potrete imparare l’arte del merletto Marina Corricella Procida (Napoli): reti da pesca, barche di pescatori e storie che arrivano da lontanoA Procida, in Campania, si trova Marina Corricella, un anfiteatro naturale che si affaccia su uno specchio d’acqua cristallino Nusco (Avellino), il balcone dell’IrpiniaSu un monte tra Montella e Lioni, tra le valli dell’Ofanto e del Calore, si trova Nusco (Av), il balcone dell’Irpinia Caltabellotta (Agrigento), l’antica città Sicana di Camico sulle cui rovine sorse la greca TriocalaNel cuore della Sicilia si trova Caltabellotta, località antichissima nell’entroterra in provincia di Agrigento
Serralunga d’Alba (Cuneo), la Città del BaroloIn sommità di una collina si trova Serralunga d’Alba (CN), in Piemonte, dove è collocato uno tra i castelli trecenteschi più belli d’Italia Cividale del Friuli (Udine), la cittadina fondata da Giulio CesareFondata da Giulio Cesare, Cividale del Feiuli(UD) è la cittadina i cui abitanti riuscirono a ingannare il diavolo Monteriggioni (Siena): la città coronata di torri, ispirazione per DanteFonte di ispirazione per Dante, ecco Monteriggioni (SI) in Toscana, porta per il Medioevo e scrigno di tesori
Castelsardo (Sassari), il Borgo delle calette paradisiacheAl centro del golfo dell’Asinara, in un susseguirsi di coste rocciose trachitiche con piccole insenature, si affaccia Castelsardo (SS) in Sardegna Labro (Rieti), il paese della pietraArroccata su un colle col Castello che sovrasta le mura della rocca antica sorge Labro (RI) nel Lazio, il paese della pietra Orgosolo (Nuoro), la Città dei muralesSpettacolari paesaggi naturali, tradizioni e costumi di gran fascino: tutto questo è Orgosolo (NU) in Sardegna
Tremosine sul Garda (Brescia), il Borgo che ha ispirato Dante AlighieriNel cuore del Parco Alto Garda Bresciano sorge Tremosine sul Garda (Brescia) – Lombardia Dolceacqua (Imperia), il Borgo con il ponte romanticoRacchiuso in una delle valli liguri che dalle montagne si tuffano in mare, a pochi chilometri dalla Francia, si trova Dolceacqua (Imperia) in Liguria Offida (Ascoli Piceno), la Città del “merletto a tombolo”Tra le valli del fiume Tesino e del fiume Tronto c’è Offida (AP) nelle Marche, dove potrete imparare l’arte del merletto
Brisighella (Ravenna), le meraviglie della via degli AsiniNella bassa valle del Lamone si distende Brisighella, un bellissimo paese in provincia di Ravenna – Emilia Romagna Loreto Aprutino (Pescara), la Città dell’olioIn provincia di Pescara in Abruzzo si trova la città dell’olio: Loreto Aprutino, un paese dalla storia molto antica Colfosco – Corvara (Bolzano), il Borgo nel cuore delle Dolomiti e alle pendici del SellaNel cuore delle Dolomiti e alle pendici del Sella, in uno scenario paesaggistico mozzafiato, nasce Colfosco – Corvara (BZ) – Trentino Alto Adige
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A Padova il 14 agosto 1944, veniva ucciso insieme all’autista, in un attentato gappista del Partito d’Azione, il colonnello Bartolomeo Fronteddu, comandante fino a gennaio del 1944, del Battaglione “Volontari di Sardegna – Giovanni Maria Angioy”. L’attentato in realtà aveva per obiettivo il generale Umberto Piatti dal Pozzo, ex responsabile del Comando Militare Regionale veneto. Per rappresaglia all’attentato furono impiccati e fucilati dieci partigiani.
Il nostro post odierno è dedicato al Battaglione volontari di Sardegna “Giovanni Maria Angioy” unità della Repubblica Sociale Italiana composta da soli sardi che operò in Istria e Venezia Giulia nella Zona d’operazioni del Litorale adriatico. L’OZAK (acronimo di Operationszone Adriatisches Küstenland) fu una suddivisione territoriale istituita nel settembre del 1943 e comprendente le province italiane di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana, sottoposta alla diretta amministrazione militare tedesca e quindi di fatto sottratta al controllo della Repubblica Sociale Italiana.
Ritorniamo ai tragici giorni dell’8 settembre 1943, quando viene reso pubblico l’armistizio fra Regno d’Italia e potenze alleate firmato il precedente 3 settembre. Messi di fronte al cambiamento di fronte i tedeschi invasero in forze la penisola, travolgendo le unità italiane sia sul territorio nazionale che nei balcani e in Francia meridionale dove erano schierate con compiti di occupazione numerose divisioni italiane. Quasi settecentomila militari italiani che non vollero riprendere la guerra furono trasferiti come lavoratori coatti in Germania, ma ci furono anche numerosi reparti che decisero di continuare la guerra a fianco del “vecchio alleato”.
Fra questi reparti vi fu anche il battaglione oggetto del nostro post odierno. Figura di spicco di questa vicenda fu il padre saveriano Luciano Usai, cappellano militare del glorioso 31º Battaglione guastatori d’Africa del Genio. Nativo di San Gavino il religioso aveva combattuto per 28 mesi in Africa Settentrionale nel reparto di guastatori comandato da Paolo Caccia Dominioni. Sul fronte, oltre le decorazioni tedesche, una delle quali datagli personalmente da Rommel, si era guadagnato anche una medaglia d’argento e una di bronzo.
A seguito del disfacimento delle forze armate, padre Usai tentò di rientrare in Sardegna raggiungendo Civitavecchia, ma il rientro si rivelò impossibile sia per lui che per molti altri sardi che nel frattempo erano affluiti nel porto laziale. Vedendo altri sardi in difficoltà e impossibilitati al rientro il religioso incominciò a richiedere aiuto sia presso il Vaticano sia presso il comando tedesco. In virtù del suo glorioso passato militare, gli venne concesso un lasciapassare più alcuni autocarri e viveri con l’impegno di costituire presso Capranica un centro raccolta per sardi.
La notizia, diffusa anche via radio, fece affluire diversi volontari sardi, oltre a quelli che reclutò direttamente padre Usai sottraendoli alle carceri i cui erano stati reclusi per essersi opposti all’occupazione tedesca. Quelli che non possono muoversi, padre Usai li va a cercare; così infatti racconta, un po’ enfaticamente, nel memoriale scritto nel ’45 mentre è in carcere a Buoncammino (a Cagliari), pubblicato sul giornale “Il Quotidiano” in data 16 marzo del 1945:
«Fossero qui presenti tutti i militari da me salvati dalle carceri e dai campi di concentramento tedeschi… In particolare i 22 militari sardi della caserma dell’aeronautica di Viale Giulio Cesare a Roma, in attesa di essere severamente giudicati da un tribunale tedesco, e da me salvati dopo essermi reso garante per loro. I 117 militari sardi, rinchiusi nel forte di Bracciano e condannati a morte per spionaggio e sabotaggio, da me salvati dopo tante premure e suppliche, mettendo a rischio la mia stessa vita».
Con la costituzione della Repubblica Sociale Italiana il sardo Francesco Maria Barracu, invalido di guerra avendo perso un occhio durante un operazione di rastrellamento nel 1937 nell’Africa Orientale Italiana, fu nominato sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri. Padre Usai che aveva stretto con lui rapporti di profonda amicizia, fin dai tempi in cui Barracu era stato federale del PNF di Bengasi, ottenne da lui un incontro in cui gli sottopose la questione dei sardi presenti a Capranica.
Barracu decise pertanto di formare un’unità organica composta interamente da sardi volontari, in buona parte reduci dalla disciolta 12ª Divisione fanteria “Sassari”, così nel settembre del 1943 venne quindi aperto l’arruolamento con questo comunicato:
«Il Sottosegretario alla presidenza Barracu ha aperto nel collegio militare di Roma un ufficio di assistenza Sardi. Chiunque si presenta in età militare viene arruolato su due piedi nel Battaglione “Angioy”.»
Il Battaglione aveva come insegna il fascio littorio con i classici quattro mori bendati dello stemma della Sardegna. Per inciso, il gonfalone del Battaglione ha superato tutte le traversie della guerra e del dopoguerra ed attualmente è custodito da un noto penalista nuorese. Il fregio delle divise è costituito da un fascio su due “Guspinese” incrociate, il classico coltello sardo a serramanico divenuto famoso durante la Prima guerra mondiale, e sovrastate da un teschio.
Ai sardi già presenti furono sottoposte alcune soluzioni al loro status di sbandati: andare a lavorare in Germania o nelle fabbriche del nord, o comunque abbandonare Capranica dove sarebbero rimasti solo coloro che si sarebbero arruolati nelle forze armate della Repubblica Sociale Italiana. Per organizzare ed addestrare il nascente reparto venne inviato in loco un gruppo di ufficiali fra cui il tenente colonnello della Guardia Nazionale Repubblicana Bartolomeo Fronteddu.
Fronteddu, un anziano militare di carriera che era rimasto invalido durante la Grande Guerra , sarà il primo comandante dello stesso reparto a cui aderiranno circa un migliaio di uomini. Furono vestiti, addestrati e armati con fucili Carcano Mod. 91, mitra Beretta MAB 38 e mitragliatrici Breda-SAFAT e Breda Mod. 31 ed organizzati in un battaglione che venne intitolato a Giovanni Maria Angioy, rivoluzionario e politico sardo considerato un patriota dall’autonomismo ed indipendentismo isolano.
Il reparto, a novembre del 1943, si trasferì nella caserma “Lungara” di Roma, dove rimarrà sino al 12 dicembre. Durante il soggiorno romano, un gruppo di militari del reparto disertò e trovò rifugio nella stessa Capranica. Padre Usai accompagnato dal colonnello Fronteddu, si recò più volte sul posto tentando inutilmente di convincerli a fare rientro al reparto. Nel frattempo il partigiano Salvatore Alessi preso prigioniero dai tedeschi pochi giorni prima rivelò la presenza dei disertori, offrendosi di accompagnarli.
Il 17 novembre due autocarri delle SS giunsero a Capranica e bloccate le arterie principali rastrellarono diciotto disertori. Fra di essi, uno solo Francesco Zuddas, scampò fortunosamente alla morte e, ignaro della delazione dell’Alessi, accusò della strage Padre Usai quando questo, dopo la prigionia fu processato in Sardegna. Sempre durante il periodo romano due militari del battaglione, l’ufficiale Gavino Luna e il sergente Pasquale Cocco, furono arrestati con l’accusa aver compiuto atti di sabotaggio. Finirono entrambi fucilati nelle Fosse Ardeatine.
Il battaglione fu quindi trasferito a Cremona nel dicembre 1943 dove furono allontanati gli elementi non fidati. Nel gennaio del 1944 da Cremona il Battaglione fu trasferito a Opicina, località vicino a Trieste, mentre altri reparti dell’Angioy furono dislocati invece a Abbazia e a Pola. Nello stesso mese il colonnello Fronteddu, primo comandante del Battaglione, assunse un nuovo incarico, a Padova presso il Comando provinciale dove, come abbiamo visto ad inizio post il 14 agosto 1944, fu ucciso.
A quel punto il comando del battaglione venne assunto dal giovane capitano cagliaritano Achille Manso, che sino a quel momento aveva ricoperto l’incarico di comandante interinale. Trattando la prima parte del battaglione quello trasfetito a Opicina, nello stesso alla fine del mese di agosto, si verificò un grave atto di diserzione da parte di un gruppo di 28 soldati che , guidati da Luigi Podda si unì ai partigiani della brigata d’assalto Trieste. Ritroveremo il Podda nel dopoguerra, condannato a venticinque anni di reclusione per una rapina a un furgone porta valori avvenuta il 9 settembre 1950 in cui trovarono la morte tre carabinieri.
A seguito di queste ultime diserzioni il reparto fu sciolto e i militari trasferiti in un campo di concentramento presso Opicina. Coloro i quali riconfermarono il proprio giuramento di fedeltà alla Repubblica Sociale furono assegnati a vari reparti italiani. L’aliquota maggiore fu assorbita dal XIV Battaglione costiero da fortezza di stanza a Fiume che era costituito da 200 militi della Guardia Nazionale Repubblicana di Frontiera, già della Milizia Confinaria della MVSN. Il capitano Achille Manso assunse invece il comando del XVI Battaglione difesa costiera “Julia” di stanza a Gorizia.
Non esistono notizie certe ma con tutta probabilità non fu però sciolto tutto il battaglione. bensì solo il reparto che si trovava a Trieste, dal momento che la presenza del Battaglione fu accertata, in data successiva al febbraio 1944, sia a Fiume che a Pola. Si sa, molto genericamente, che i Sardi furono impiegati in operazioni di antiguerriglia contro le formazioni partigiane jugoslave sino alla fine del conflitto.
Passando ora a trattare la seconda sezione del reparto, quello acquartierato ad Abbazia in Istria non lontano da Fiume e Pola, su incarico di Barracu, il padre saveriano Luciano Usai trasse, nel marzo del 1944, un gruppo di volontari che si paracadutò con lui in Sardegna tra giugno e novembre dello stesso anno per compiervi azioni di spionaggio e di sabotaggio. Il gruppo, debitamente addestrato dai tedeschi, dopo essere stato imbarcato sugli aerei a Bergamo fu paracadutato in più riprese in Sardegna, con lo stesso padre Usai che toccò terra a Is Arutas, presso Cabras, il 23 giugno. Dopo varie vicende padre Usai fu arrestato dai carabinieri del controspionaggio in un ristorante di Alghero.
Gli altri otto paracadutati furono: il tenente Pischedda, il sergente maggiore Mario Corongiu di Laconi, il soldato Francesco Campus di Macomer, l’aviere Angelo Manca di Villanova Monteleone, il caporale Antonio Marchi di Zeddiani, l’aviere Virgilio Cotza di Orroli, il sergente Antonio Mastio di Orani, l’aviere Antonio Castia di Macomer. I militari toccarono terra in due notti successive, ma furono tutti catturati e rinchiusi in una specie di campo di concentramento situato nella periferia di Oristano, in attesa di essere tradotti nelle carceri della stessa cittadina.
Dal campo, temendo una condanna a morte per spionaggio, riuscì a evadere il tenente Pischedda ma, incappato in una pattuglia di carabinieri, rimase ucciso nel conflitto a fuoco. Un ultimo lancio lo effettuò il sergente cagliaritano Francesco Trincas, quattro mesi dopo, ma anche questi fu catturato. Furono tutti processati nel marzo del 1945 dal tribunale militare con l’accusa di alto tradimento per essersi arruolati nell’esercito della Repubblica Sociale; pubblico ministero fu il tenente Francesco Coco, che finirà ucciso dalle Brigate Rosse nel 1976.
Il pubblico ministero chiese la condanna a morte mediante fucilazione alla schiena per padre Usai e l’assoluzione per tutti gli altri imputati. Il tribunale invece inflisse al cappellano una condanna a trent’anni di carcere e dispose l’assoluzione per tutti gli altri. Padre Usai finì nel penitenziario dell’ Asinara, da dove uscì nel 1946 in virtù della cosiddetta “amnistia Togliatti”. I suoi commilitoni, seppure assolti dal tribunale militare, dovettero scontare due anni di confino erogati dall’Alto Commissariato per le Sanzioni contro il Fascismo.
Quale sia stato con precisione l’impiego operativo del battaglione, le perdite subite e soprattutto cosa è accaduto di loro (anche se purtroppo è facile immaginarlo), allorché il 3 maggio del 1945 i partigiani di Tito occuparono Fiume e l’Istria, è oggetto sconosciuto. Prima di chiudere il post ricordiamo che la vicenda del battaglione di volontari sardi della Repubblica Sociale, portò un giornalista della rivista Signal, forse il periodico illustrato più diffuso nella Germania nazista a fare una lunga intervista al colonnello Fronteddu in cui ricordandone i precedenti bellici della Prima guerra mondiale così lo presentò ai lettori:
«Il mio ospite aveva un solo braccio; l’altro, il destro, lo aveva perduto da giovane tenente nel 1915 in una battaglia dell’Isonzo. Appena guarito da questa ferita, raggiunse nuovamente il fronte quale comandante di una compagnia e combatté in prima linea, ove nel 1916 venne fatto prigioniero dagli Austriaci della “K.K. Edelweis – Division”. I nemici gli lasciarono la pistola e dopo alcuni mesi lo scambiarono»
Il “Signal” nel numero 4 del del 1944, dedicò ai volontari sardi la copertina oltre a numerose fotografie. Al giornalista tedesco che lo intervista, il comandante del Battaglione, dichiara:
«Avrete occasione di conoscere degli uomini veramente interessanti, come ad esempio un cappellano militare che é fregiato del distintivo germanico dei carristi d’assalto oltre che della croce di ferro di seconda classe.Nel mio Battaglione trovano accesso soltanto i Sardi perché io so che i miei conterranei sono combattenti nati […]. I miei uomini dovranno combattere esclusivamente in montagna. Saranno armati soltanto con la pistola automatica, le bombe a mano e il pugnale […]. Noi vogliamo combattere, combattere al più presto possibile”. ».
Grazie per aver letto con tanta pazienza il nostro post, con la speranza che vogliate continuare a seguirci anche in futuro Vi salutiamo e diamo appuntamento al prossimo.
Battaglione volontari di Sardegna “Giovanni Maria Angioy” A Padova il 14 agosto 1944, veniva ucciso insieme all'autista, in un attentato gappista del Partito d'Azione, il colonnello Bartolomeo Fronteddu, comandante fino a gennaio del 1944, del Battaglione "Volontari di Sardegna - Giovanni Maria Angioy".
#31° Battaglione Guastatatori d&039;Africa#Battaglione volontari di Sardegna "Giovanni Maria Angioy"#Esercito Nazionale Repubblicano#OZAK#Padre Luciano Usai#Paolo Caccia Dominioni#Repubblica Sociale Italiana
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I 30 borghi più belli di Italia
Torbole (Trento), la terra dove fioriscono i limoniAlla scoperta dei borghi d’Italia: alle pendici del Monte Altissimo, in riva al lago di Garda, si trova Torbole (TN) la terra dove fioriscono i limoni Scanno (Aquila), la Città dei fotografiCircondata dai Monti Marsicani ecco la città amata dai fotografi: il Comune di Scanno (AQ), in Abruzzo Fènis (Aosta), il paese con uno dei manieri medievali meglio conservati d’ItaliaNella pittoresca Valle d’Aosta si trova Fènis, un piccolo comune, molto famoso per il suo affascinante castello
Sorano (Grosseto), la Matera della ToscanaA strapiombo sulla valle del Lente, sorge un angolo di terra unico: Sorano (GR), la Matera della Toscana Sant’Agata (Foggia), la Città del buon vivereSui monti del Subappennino Dauno con vista panoramica sul Tavoliere e sul Golfo di Manfredonia è situata Sant’Agata (FG), in Puglia Castellamare del Golfo (Trapani), il paese della Madonna di l’assicursuAlle pendici del complesso montuoso di Monte Inici, sul Golfo di Trapani, nasce Castellamare del Golfo (TP) in Sicilia
Bogliasco (Genova), ove le spiagge si alternano alle scogliereIn una piccola insenatura alla foce del torrente omonimo sorge il primo comune della Riviera di Levante: Bogliasco (GE) in Liguria Vairano Patenora (Caserta), la Città dei fantasmiSi torna indietro nel tempo tra giostre, giullari e duelli nel piccolo Comune di Vairano Patenora (CE), in Campania Spello (Perugia), la cittadina chiamata da Cesare “Splendidissima Colonia Julia”Ai piedi del Monte Subasio, vicino Foligno e Perugia, si colloca Spello (PG) – Umbria
Montella, Bagnoli Irpino e Cassano Montella, Bagnoli Irpino e Cassano, tre meravigliosi “borghi” ricchi di storia che circondano la nuova sede di ACCA software Asolo (Treviso), la Città dei 100 orizzonti secondo il CarducciTra la pianura veneta e l’area collinare sovrastante che anticipa le prealpi bellunesi si trova Asolo (TV), la città dei 100 orizzonti Bagnoli Trigno (Isernia), straordinario Borgo che sembra un dipintoAlla scoperta dei borghi d’Italia: tra il fiume Trigno e il torrente Vella si trova Bagnoli Trigno (IS), in Molise, un paesino di viuzze pittoresche e tortuose Anghiari (Arezzo), la torre del campanile che fa da vedetta sulla valleArrampicata sul fianco della collina, con le case in pietra che si colorano di rossastro al tramonto, ecco Anghiari (AR), in Toscana
Guardia Perticara (Potenza), il Borgo dalle case in pietraIn Val d’Agri sorge a 750 m s.l.m. un borgo medioevale antichissimo: Guardia Perticara (PZ) in Basilicata Caprarola (Viterbo), la Città disegnata da Jacopo Barozzi (detto il Vignola)Arroccato su uno sperone tufaceo nella conca vulcanica del lago di Vico si trova il Borgo di Caprarola (VT), nel Lazio Morano Calabro (Cosenza), la Città delle pentole in rame, cesti di vimini e mobilio dalle linee rusticheNel cuore della Calabria, proprio ai confini con gli splendidi paesaggi del Parco Nazionale del Pollino, sorge Morano Calabro (CS)
Tremosine sul Garda (Brescia), il Borgo che ha ispirato Dante AlighieriNel cuore del Parco Alto Garda Bresciano sorge Tremosine sul Garda (Brescia) – Lombardia Dolceacqua (Imperia), il Borgo con il ponte romanticoRacchiuso in una delle valli liguri che dalle montagne si tuffano in mare, a pochi chilometri dalla Francia, si trova Dolceacqua (Imperia) in Liguria Offida (Ascoli Piceno), la Città del “merletto a tombolo”Tra le valli del fiume Tesino e del fiume Tronto c’è Offida (AP) nelle Marche, dove potrete imparare l’arte del merletto Marina Corricella Procida (Napoli): reti da pesca, barche di pescatori e storie che arrivano da lontanoA Procida, in Campania, si trova Marina Corricella, un anfiteatro naturale che si affaccia su uno specchio d’acqua cristallino Nusco (Avellino), il balcone dell’IrpiniaSu un monte tra Montella e Lioni, tra le valli dell’Ofanto e del Calore, si trova Nusco (Av), il balcone dell’Irpinia Caltabellotta (Agrigento), l’antica città Sicana di Camico sulle cui rovine sorse la greca TriocalaNel cuore della Sicilia si trova Caltabellotta, località antichissima nell’entroterra in provincia di Agrigento
Serralunga d’Alba (Cuneo), la Città del BaroloIn sommità di una collina si trova Serralunga d’Alba (CN), in Piemonte, dove è collocato uno tra i castelli trecenteschi più belli d’Italia
Cividale del Friuli (Udine), la cittadina fondata da Giulio CesareFondata da Giulio Cesare, Cividale del Feiuli(UD) è la cittadina i cui abitanti riuscirono a ingannare il diavolo Monteriggioni (Siena): la città coronata di torri, ispirazione per DanteFonte di ispirazione per Dante, ecco Monteriggioni (SI) in Toscana, porta per il Medioevo e scrigno di tesori
Castelsardo (Sassari), il Borgo delle calette paradisiacheAl centro del golfo dell’Asinara, in un susseguirsi di coste rocciose trachitiche con piccole insenature, si affaccia Castelsardo (SS) in Sardegna
Labro (Rieti), il paese della pietraArroccata su un colle col Castello che sovrasta le mura della rocca antica sorge Labro (RI) nel Lazio, il paese della pietra Orgosolo (Nuoro), la Città dei muralesSpettacolari paesaggi naturali, tradizioni e costumi di gran fascino: tutto questo è Orgosolo (NU) in Sardegna
Tremosine sul Garda (Brescia), il Borgo che ha ispirato Dante AlighieriNel cuore del Parco Alto Garda Bresciano sorge Tremosine sul Garda (Brescia) – Lombardia
Dolceacqua (Imperia), il Borgo con il ponte romanticoRacchiuso in una delle valli liguri che dalle montagne si tuffano in mare, a pochi chilometri dalla Francia, si trova Dolceacqua (Imperia) in Liguria
Offida (Ascoli Piceno), la Città del “merletto a tombolo”Tra le valli del fiume Tesino e del fiume Tronto c’è Offida (AP) nelle Marche, dove potrete imparare l’arte del merletto
Brisighella (Ravenna), le meraviglie della via degli AsiniNella bassa valle del Lamone si distende Brisighella, un bellissimo paese in provincia di Ravenna – Emilia Romagna Loreto Aprutino (Pescara), la Città dell’olioIn provincia di Pescara in Abruzzo si trova la città dell’olio: Loreto Aprutino, un paese dalla storia molto antica Colfosco – Corvara (Bolzano), il Borgo nel cuore delle Dolomiti e alle pendici del SellaNel cuore delle Dolomiti e alle pendici del Sella, in uno scenario paesaggistico mozzafiato, nasce Colfosco – Corvara (BZ) – Trentino Alto Adige
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