#Gigante Ercole
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[...] Stanno là, tutti ad ammirar
quel fustaccio che ha davvero un fisico da star.
Dategli un mostro, il peggiore,
e state a vedere quanto dura.
E non c'è drago che impegno dia
Herc è il più forte che ci sia.
Ieri era zero, e guarda qua!
[...] Non ce n'è per nessuno ormai
è arrivato.
Dove mai,
Nessun altro mai
potrà andare.
Ieri era zero
Zero, zero.
Oggi è il più forte
Dell'impero
Ed avrà sempre una marcia in più.
Se ieri era zero, oggi è un guerriero.
Oggi è il più grande che ci sia!
#pensieri per la testa#persa tra i miei pensieri#fotografia#foto#scatto fotografico#ercole#hercules#ieri era zero#statua#scultura#gigante#gigantesco#bosco#Bomarzo#mostro
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Ercole Gigante, "Il Vesuvio da Castellammare", 1857-58
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Sarà visibile ad occhio nudo una nuova stella
Una nuova stella sta per accendersi, ma brillerà pochi giorni. Esplode ogni 80 anni, diventerà luminosa quanto la stella polare. Una nuova stella è pronta ad accendersi entro settembre, ma brillerà soltanto per pochi giorni: entro settembre di quest’anno, la stella binaria nota come T Coronae Borealis produrrà una nuova esplosione che la renderà visibile ad occhio nudo, raggiungendo una luminosità pari a quella della stella polare.
T Coronae Borealis è una nova ricorrente, che produce esplosioni ogni 80 anni circa (fonte: NASA’s Goddard Space Flight Center) - Si tratta, infatti, di un astro molto particolare, chiamato ‘nova ricorrente’: la nana bianca strappa continuamente materia e gas alla sua compagna, una gigante rossa, che si accumula in un disco che ruota intorno alla prima stella; ogni 80 anni circa, il gas raggiunge una temperatura critica che innesca una reazione di fusione nucleare e dà origine alla brillante esplosione. L’ultimo evento per T Coronae Borealis, la più luminosa delle cinque novae ricorrenti conosciute nella Via Lattea, è avvenuto nel 1946 e ora, secondo gli astronomi, si prepara a risplendere nuovamente. Quando la sua luminosità raggiungerà il picco, diventerà visibile ad occhio nudo per diversi giorni e potrà essere ammirata con l’aiuto di un binocolo per poco più di una settimana, prima che si affievolisca nuovamente per altri 80 anni. “Questa potrebbe essere un’opportunità unica nella vita”, ha affermato la Nasa in una dichiarazione. La coppia di stelle si trova a circa 3.000 anni luce dalla Terra all’interno della Corona Boreale, una piccola costellazione dell'emisfero settentrionale che ha la forma di un arco semicircolare. Per individuare la Corona Boreale sarà sufficiente localizzare le costellazioni più grandi di Ercole (la quinta più grande del cielo) e del Boote: il nuovo astro spunterà proprio in mezzo a questi due gruppi di stelle. La costellazione è ben visibile nel cielo primaverile ed estivo: spunta ad Est a fine febbraio e si mostra poi alta nel cielo nei mesi di maggio e giugno, dunque le condizioni saranno ideali per ammirare la fugace esplosione.
L'esplosione si verifica quando il gas raggiunge una temperatura critica (fonte: NASA’s Goddard Space Flight Center) Read the full article
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Lo spezzatino delle imprese
Cadono uno dopo l’altro gli avamposti dell’Automotive. Anche quelli che ne hanno fatto la storia a partire dalla fine dell’800 quando Ercole Marelli fondò l’azienda che produceva motori per le automobili, diventata Magneti Marelli con l’entrata della Fiat nel capitale sociale. Un gigante nutrito con l’ingegno e la tecnologia, (s)venduto ai giapponesi, e ora praticamente al lumicino con gli operai…
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Detail: Vessels before Vesuvius at night, by Ercole Gigante (Italian, 1815-1860).
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#Ercole Gigante#Italian#1815-1860#Vessels before Vesuvius at night#oil on board#upper left#sky#night sky#night#moon#clouds#cloud#painting#paint
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the full moon in art.
painted by eduardo de martino, ercole gigante, adam elsheimer and joseph wright of derby. x
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Fatiche
Il racconto è un’operazione sulla durata, un incantesimo che agisce sullo scorrere del tempo, contraendolo o dilatandolo.
Italo Calvino
Questo post è dedicato a tutti quelli che stanno incessantemente lavorando per il bene di altri, nei modi che ormai conosciamo: sono alla prova di una fatica erculea. Proprio di questo voglio raccontarvi.
Le 12 fatiche di Eracle (che verrà equiparato nella tradizione successiva all’eroe etrusco-romano Ercole) sono uno dei miti più incredibili e famosi della mitologia greca. Le sue gesta secondo molti filologi, mitografi e studiosi erano raccolte in una saga, l’Eracleia, databile intorno al 6 secolo a.C., purtroppo perduta; è da varie altre fonti che si possono raccontare queste 12 fatiche. Eracle (Heraklês, composto da Ἥρα, Era, e κλέος, "gloria", quindi "gloria di Era") era figlio di Zeus e Alcmena. Zeus annunziò agli dei, riuniti sul Monte Olimpo in congresso, che sulla terra stava per nascere un uomo del suo sangue. Era, gelosa, fece in modo che invece di Eracle nascesse prima Euristeo: Zeus aveva stabilito che i troni di Tirinto e di Micene sarebbero stati destinati al primo nato della stirpe di Perseo, anticipando la nascita di Euristeo, questi divenne così il re delle due città.
Zeus mentre Era dormiva, attaccò al seno suo figlio Eracle, che solo così avrebbe potuto ottenere l'immortalità. Il piccolo agguantò un seno della dea con troppa forza, svegliando la dea e, facendo schizzare parte del latte verso il cielo, creò così la Via Lattea. Questa da allora divenne la strada percorsa dagli dei per raggiungere il palazzo del re e della regina degli dei.
Le vicende del nostro sono infinite, e riguardano imprese già epiche persino da neonato: Era mandò due grandi serpenti, raccapriccianti per spire neraste, per strangolare il piccolo che però scacciò senza nessun problema.
Il fulcro principale della leggenda è il suo ritorno presso Euristeo, che lo chiamò a suo servizio. Eracle consultò l’oracolo di Delfi, e la Pizia gli ordinò di ubbidire: Eracle rabbioso per il responso, uccise la moglie Megara, figlia del Re Creonte, sovrano di Tebe e i tre figli da lei avuti. Rinsavito, gli fu imposto di essere ai servigi del Re per 10 anni, e di compiere 10 fatiche (ricordatevi questo particolare). Un’altra versione racconta che Eracle si presentò spontaneamente a Euristeo perchè l’oracolo gli aveva predetto che al termine della servitù sarebbe divenuto immortale. Egli, quindi, sarebbe impazzito ed avrebbe ucciso i suoi familiari dopo aver compiuto le fatiche (Euripide per esempio nell’Eracle segue questa versione).
Sia come sia, Eracle per Euristeo compì dodici fatiche, dalle 10 pattuite, una per ogni anno di servigio, perchè due per motivi che spiegherò Euristeo non le volle conteggiare. Descriverle per filo e per segno è opera a cui dedicare molte pagine, ma per brevità le sintetizzerò, anche aiutato dal fatto che alcune sono patrimonio delle storie universali:
1 - la lotta con il leone Nemeo, mostruoso leone invulnerabile, che Eracle riuscì a vincere strangolandolo; lo scuoiò e usò i suoi denti per tagliare la pelle invulnerabile e farne la leontè, il mantello con testa leonina che lo raffigura in tutte le iconografie. Gli abitanti di Nemea istituirono i giochi nemei proprio in ricordo dell’impresa dell’eroe;
2 - l’uccisione dell’Idra di Lerna, drago dalle 8 teste mortali e una immortale, che infestava le paludi di Lerna, nell’Argolide. Eracle con l’aiuto del cugino Iolao, uccise l’Idra e intinse le sue frecce con il sangue dell’essere, cosicché le ferite risultassero insanabili; siccome Eracle ebbe l’aiuto di Iolao, Euristeo non volle conteggiare questa fatica;
3 - la caccia al cinghiale di Erimanto, che viveva sul monte Erimanto, in Arcadia;
4 - la cattura della cerva di Cerinea, meraviglioso animale dalle corna d’oro, inseguito per un anno sui monti dell’Arcadia prima di essere catturato dall’eroe;
5 - la caccia agli uccelli Stinfali, favolosi animali del lago Stinfalo, in Arcadia; avevano ali, rostri e artigli di bronzo. Lanciavano le loro penne di bronzo per uccidere gli uomini. Eracle li uccise con le frecce avvelenate del sangue dell’Idra;
6 - la conquista del cinto d’Ippolita, Regina delle Amazzoni. Ippolita possedeva una preziosa cinta donata da Ares, suo padre. Ippolita accolse amorevolmente Eracle e i suoi aiutanti, ma Era scatenò l’ira delle altre Amazzoni, che sospettavano che l’eroe volesse rapire la loro regina: ne scaturì una guerra, dove Eracle con l’aiuto di Teseo riuscì a rubare la cintura;
7 - la ripulitura delle stalle di Augia: il re dell’Elide possedeva migliaia di capi di bestiame, le cui stalle non erano pulite da anni (secondo Apollodoro da trenta anni). Eracle gli propose una ricompensa qualora ci fosse riuscito in un solo giorno: Augia gli propose la decima parte del bestiame. L’eroe pulì le stalle deviando il corso di due fiumi, l’Alfeo e il Peneo. Augia non volle però corrispondere la ricompensa, e secondo certi autori fu maledetto da Eracle, secondo altri fu ucciso; e nemmeno Euristeo concordò quest’impresa come fatica proprio perchè frutto dell’astuzia e non del lavoro fisico (da cui le 12 e non le dieci);
8 - la cattura del Toro di Creta, cioè il magnifico Toro bianco che Poseidone aveva inviato a Minosse, re di Creta, per sacrificio al dio del Mare. Minosse non lo fece, e il toro divenne furioso; Eracle domò l’animale, lo trasporto in una immensa rete e Euristeo lo liberò nella piana di Maratona;
9 - la cattura delle cavalle di Diomede, re dei Bistoni nella Tracia, che possedeva una mandria di cavalli spiranti fiamme dalla bocca, che nutriva con carne umana: lottò con Eracle e il suo sangue fu l’ultimo che tinse le fauci dei feroci corsieri (Stazio, Tebaide);
10 - la cattura dei buoi di Gerione, re di Eritea, presso Cadice. Aveva tre corpi dalla cintola in su secondo la maggioranza dei favolisti. Possedeva una mandria di meravigliosi buoi purpurei, perchè li nutriva del sangue degli uomini. L’armento era custodito da un gigante, Euritione, dal cane bicipite Orto e secondo altri favolisti da un drago, tutti sconfitti da Eracle. A dimostrazione di questa fatica, avvenuta al confini del mondo allora conosciuto, l’eroe issò due colonne, all’imbocco del mare sconosciuto (quelle che poi si chiameranno nell’immaginario le Colonne d’Ercole); durante il viaggio di ritorno, l’eroe passò anche per l’Italia, dove fondò due città, Ercolano e Crotone, e mentre tentava di passare lo Stretto tra Reggio e Messina, uno dei buoi si allontanò: cercandolo, seppe che gli indigeni chiamavano la bestia vitulus, così chiama Outalía tutta la regione, da cui Italia (ipotesi registrata anche dall’Accademia della Crusca);
11 - la raccolta dei pomi d’oro delle Esperidi, figlie di Atlante e Esperide: custodivano nell’antica Mauritania (che coincide con l’odierno Marocco) un bellissimo giardino, in cui cresceva la pianta dai pomi d’oro che Era aveva ricevuto da Gea per le sue nozze con Zeus. Eracle convinse le Ninfe a farsi dire il luogo segreto dove fosse il giardino, e si sostituì per un po’ ad Atlante nel sostenere la volta stellata, per acquisire tre pomi da portare a Euristeo;
12 - la cattura di Cerbero, il leggendario cane a tre teste a guardia del palazzo di Ades; Eracle si inoltrò nel boschi attorno Sparta, dove la leggenda pone la discesa negli inferi, e con una colossale catena riuscì a condurlo al palazzo di Euristeo.
Le vicende dell’Alcide (patronimico che deriva da Alceo, nonno materno dell’eroe) non finirono qui, ma le lasciamo ad un altro racconto. Quello che vale è il significato simbolico di queste gesta:
- per alcuni, una minoranza, le dodici fatiche rappresentano i dodici segni zodiacali, ma questa visione è molto debole;
- le imprese di Eracle, spesso compiute con un atteggiamento di sfida alla morte rappresentano una tradizione di mistica interiore e le Fatiche possono essere tranquillamente interpretate come una sorta di cammino spirituale;
- il ruolo dell’accordo, del reciproco rispetto dei patti, del valore della conoscenza, del do ut des;
- la forza magica del varcare i confini e trovare forze e aiuti quando si cammina oltre il limite delle concezioni, dei luoghi e delle fatiche.
Vi lascio con la raffigurazione più bella e straordinaria dell’eroe:
L’Ercole Farnese, conservato al MANN di Napoli: copia di un bronzo di Lisippo ad opera di Glicone di Atene (mette la firma sotto la pietra a cui si appoggia l’eroe), opera del II secolo: l’eroe è scolpito in un momento di pausa, appoggiato alla sua clava di ulivo (pianta sacra a Zeus) con il leontè; ma è il particolare della mano che va dietro la schiena davvero magnifico:
L’eroe infatti tiene nella gigantesca mano i tre pomi d’oro rubati nel giardino delle Esperidi.
Appena sarà possibile, andiamo a vederlo, o rivederlo, nel meraviglioso Museo napoletano, forse il più importante museo per l’archeologia greco-romana del mondo.
Un abbraccio e questo post è stato scritto con lo spirito di “serenizzazione” che una volta @kon-igi mi ha scritto in privato, come cosa da fare di questi tempi complicati.
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AGRIGENTO, VALLE DEI TEMPLI - Tempio dei Dioscuri, Tomba di Terone e tempio di Ercole, Ekklesiasterion, Gigante Telamone, pozzo vicino al tempio dei Dioscuri, Capitello Dorico, Necropoli Bizantina, e le catacombe.
VISITANDO LA SICILIA - Ora, quello che hai davanti è una distesa di ulivi e aranci dove sono distribuite, su una distesa enorme, i resti di diverse civiltà, da quella dorica, a quella romana fino ai bizantini e al medioevo. Un intercalare continuo di civiltà e diversità ognuna nutrita da quella che la precedeva: questa è la civiltà siciliana. Ma se per un minuto potessi raggomitolare il filo del tempo e vedere, nello stesso istante , quella stessa area nei diversi momenti in cui è stata vissuta resteremmo stupiti dalla bellezza che gli uomini hanno donato a tutta quell’area. Entreremmo così dalla nona porta della prosperosa Akragas , la porta vicino ai tempi dei Dioscuri, superando la grande cinta di mura che racchiudeva l’antica città che dal promontorio dominava il mare. Vedremmo l’Agorà e le botteghe intorno ad esse, i vasai, gli orefici, gli armaioli, i venditori di pesce e di frutta. Vedremmo i vecchi abitanti salire al tempio di Ercole ed i cittadini raccogliersi all’Ekklesiasterion per dibattere delle questioni del governo come in ogni vera democrazia. Vedremmo alcuni prigionieri cartaginesi issare i Telamoni sul grande tempio ed altri costruire la grande piscina ricca di acqua collocata proprio li dove adesso c’è un grande aranceto. Vedremo gli abitanti bizantini seppellire i loro morti e celebrare le messe cantate in greco nelle catacombe. Vedremmo anche i tanti stranieri venire ad ammirare i ruderi, i resti di un mondo dove la bellezza era il fine ed ogni tempio o casa o utensile, da quello più sacro a quello di ogni giorno, doveva avere questa bellezza, che nasceva dalla perfezione e dall’armonia con la natura e gli uomini.
VISITING SICILY - Now, what you have in front of you is an expanse of olive and orange trees where the remains of different civilizations are distributed over a huge expanse, from the Doric one, to the Roman one up to the Byzantines and the Middle Ages. A continuous interlayer of civilization and diversity, each nourished by the one that preceded it: this is the Sicilian civilization. But if for a minute I could curl up the thread of time and see, at the same instant, that same area in the different moments in which it was lived, we would be amazed by the beauty that men have given to the whole area. We would thus enter from the ninth gate of the prosperous Akragas, the gate close to the times of the Dioscuri, passing the large walled enclosure that enclosed the ancient city that dominated the sea from the promontory. We would see the Agora and the shops around them, the potters, goldsmiths, swordsmiths, fish and fruit sellers. We would see the old inhabitants going up to the temple of Hercules and the citizens gathering at the Ekklesiasterion to debate government issues as in any true democracy. We would see some Carthaginian prisoners hoist the Telamons on the great temple and others build the large pool full of water located right there where there is now a large orange grove. We will see the Byzantine inhabitants bury their dead and celebrate masses sung in Greek in the catacombs. We would also see the many foreigners coming to admire the ruins, the remains of a world where beauty was the goal and every temple or house or tool, from the most sacred to the everyday one, had to have this beauty, which was born from perfection and from harmony with nature and men.
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anonymous said : Add Gigantic O.T.N to modern ercoles playlist lol
me googling the lyrics for this song and seeing Not english like 👩💻❓
BUT I LISTENED AND READ THE ENGLISH LYRICS AND I VAGUELY GET WHAT THE SONG IS ABOUT FHDSJFNGN... true asf bro i would put it on normal ercole’s playlist
#...because i dont have a modern ercole playlist#also hot take modern erc would LOVE do//ja c//at#he'd listen to sm hiphop and just viral pop music in general#also bcuz i dont know anything about whatever music or artists are trending in italy HELLALA#ooc .#* 🛵 xii. ` . ☆ミ LEANIN’ ON YOUR VESPA ‚ DIRTY LITTLE WHISPERS ́ - ヽ asks .
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Οἱ ἥρωες: le sei generazioni di eroi dell’antica Grecia
Tutti noi abbiamo sentito parlare degli eroi greci. Achille, Ulisse, Perseo, Ercole, Giasone e tantissimi altri sono figure che fanno parte dell’immaginario collettivo anche di chi non ha mai provato a conoscere o studiare le loro gesta.
Eppure, penso che vi possa essere una sorta di confusione sulla collocazione temporale di queste imprese. Insomma, per gli antichi greci, tutte queste figure leggendarie hanno vissuto le une accanto alle altre?
In realtà, quella che Esiodo, nel dividere le Età dell’Uomo, chiama Età degli Eroi, è composta da circa sei generazioni, dall’arrivo dei greci in Tessaglia (una delle regioni al centro della penisola greca) fino al ritorno dalla guerra di Troia.
Non vi sono delle collocazioni temporali specifiche, ma si conosce la collocazione delle generazioni da alcuni elementi delle leggende. Ad esempio, si parla di come Ercole sia il pronipote di Perseo, per cui la sconfitta della gorgone Medusa sarà avvenuta tre generazioni prima delle dodici fatiche.
Adesso, nel mio umile tentativo, vi mostrerò queste sei generazioni, portandovi indietro ad un’età antica, in cui il confine tra dio ed umano non era ancora ben definito, e gli eroi camminavano sulla Terra compiendo imprese destinate ad essere decantate di generazione in generazione.
Prima di cominciare, però, dovrò sottolineare una cosa: per i nomi, cercherò di usare quelli più vicini al greco antico. Per esempio, anziché Ercole (che deriva dal latino Hercules, per cui è il nome con cui era chiamato dai romani), scriverò Eracle (visto che, per i greci, egli era Herakles).
Detto questo, diamo inizio alle danze.
PRIMA GENERAZIONE: GLI EROI FONDATORI
La caratteristica che accomuna molti degli eroi della prima generazione è che non solo discendono direttamente dagli dei, ma hanno anche fondato alcune delle città che hanno segnato la storia della Grecia nel corso del tempo.
Cadmo
Agenore (figlio di Poseidone), re della città fenicia di Tiro, ebbe numerosi figli: Cilice, Fenice, Europa (unica figlia femmina) e Cadmo.
Un giorno, Zeus, colpito dalla bellezza di Europa, decise di prendere le sembianze di un toro, per rapirla e portarla con sé. Agenore, adirato, inviò i suoi figli affinché la cercassero.
Tuttavia, mentre i suoi fratelli proseguivano nella ricerca, Cadmo consultò l’oracolo di Delfi, che lo invitò a non cercare sua sorella, dal momento che avrebbe fondato una città e avrebbe conosciuto una gloria immortale.
Così, sempre secondo suggerimento dell’oracolo, Cadmo ed i suoi uomini seguirono una vacca, attendendo che si riposasse, per poter eseguire un sacrificio e fondare la città in quel punto.
Vi era, però, un problema: la sorgente d’acqua necessaria per il sacrificio era custodita da un drago. Tale creatura uccise tutti quanti, tranne Cadmo, che, rimasto solo, l’annientò, e decise di proseguire nel rituale in loro memoria.
La città prese con il tempo il nome di Tebe, e Cadmo fu considerato come il primo eroe greco.
Cilice e Fenice diedero i loro nomi a delle regioni del Mediterraneo (la Cilicia si trovava nella parte sud-est dell’Anatolia, la moderna Turchia).
Europa finì a Creta, dove sposò il suo sovrano e divenne a tutti gli effetti la prima regina dell’isola. È dal suo nome che deriva quello dell’intero continente.
La discendenza di Cadmo mostra come i suoi eredi furono più che degni di proseguire la sua genealogia. Basti pensare, ad esempio, che è da sua figlia Semele che nacque il dio Dioniso, o che la linea di sovrani di Tebe incluse anche Edipo, di cui parlerò più in avanti.
Perseo
Acrisio, re di Argo, aveva avuto soltanto una figlia femmina, Danae. Timoroso su cosa avrebbe dovuto fare, essendo privo di eredi maschi, consultò l’oracolo di Delfi, che lo avvertì: Danae avrebbe generato un figlio che lo avrebbe ucciso.
Per tale ragione, Acrisio rinchiuse Danae in una torre fortificata, per impedirle di conoscere qualcuno e concepire questo figlio. Tuttavia, Zeus, apparso sotto forma di pioggia d’oro, la ingravidò, e Perseo venne alla luce.
Il re, quindi, rinchiuse Danae e il bambino in una cassa di legno in mezzo ad una nave lasciata alla deriva in mare, e questa raggiunse l’isola di Serifo, dove il fratello del suo sovrano, Polidette, li trovò.
Polidette s’innamorò col tempo di Danae, ma lei pensava soltanto a cresce ed accudire il giovane Perseo. Così, per poterlo togliere di mezzo, annunciò per finta le sue intenzioni di sposarsi con la principessa Ippodamia e di chiedere da tutti in dono un cavallo. Perseo non ne possedeva, e Polidette gli disse che avrebbe gradito ricevere la testa della gorgone Medusa.
La dea Atena gli fornì uno scudo lucido come uno specchiò, e lo informò di osservare Medusa soltanto dal riflesso, per non poter essere tramutato in pietra.
Dopo aver ottenuto dei sandali alati (per spostarsi a grande velocità), una sacca magica (per contenervi la testa), l’elmo di Ade (per diventare invisibile), Perseo affrontò Medusa, e la sconfisse, decapitandola con un falcetto. Dalla sua decapitazione, nacquero il cavallo alato Pegaso e il gigante Crisaore.
Perseo, quindi, raccolse anche del sangue della gorgone, sapendo che quello colato dalla vena sinistra era un potente veleno, mentre quello colato dalla vena destra era in grado di resuscitare i morti.
Nel corso del viaggio di ritorno, Perseo vide che, su uno scoglio, una donna priva di vestiti era stata incatenata.
Il suo nome era Andromeda, ed era figlia del re di Etiopia, e si trovava a dover essere divorata da un mostro marino perché sua madre peccò di tracotanza nell’affermare come sua figlia fosse più bella di tutte le nereidi (ninfe marine).
Perseo le salvò la vita, e chiese di poterla sposare. La madre di Andromeda, però, esortò dei rivali a sconfiggerlo in battaglia, e prendere la mano della principessa.
Egli, però, estrasse la testa di Medusa, li trasformò in pietra, e fuggì insieme alla sua sposa, tornando a Serifo.
La stessa sorte di pietrificazione toccò a Polidette quando Perseo trovò al suo ritorno sua madre che si nascondeva in un tempio perché il re non aveva cessato di insidiarla.
Infine, egli decise di voler incontrare suo nonno Acrisio, e fu allora che si compirono le parole dell’oracolo. Durante una serie di giochi, Perseo lanciò un disco, ma il forte vento lo fece cadere sul piede di Acrisio, che morì dopo poco.
Due dei discendenti di Perseo furono Eracle e Iolao, e tutt’ora esistono costellazioni che portano i nomi di Perseo, di Andromeda e di Cassiopea, la cui vanità aveva permesso ai due di incontrarsi.
Eaco
Zeus si trasformò in aquila per giacere con la ninfa Egina, e da questo rapporto nacque Eaco. Era, venuta a sapere della cosa, si adirò, per cui avvelenò i corsi d’acqua e ordinò ai venti di soffiare impetuosamente affinché l’isola di Enopia, dove si trovava, sprofondasse in una carestia e andasse in rovina.
Eaco, osservando tutto questo, pregò Zeus affinché potesse aiutarlo. Questi creò delle acque fresche, fermò i venti e trasformò le formiche dell’isola in esseri umani affinché la ripopolassero.
Tali esseri, chiamati mirmidoni (dalla parola greca per formica, μύρμηξ), avrebbero poi combattuto al fianco del nipote di Eaco, Achille, nella guerra di Troia. La cosa curiosa è che pare che a costruire le mura di Troia fu proprio Eaco.
Un uomo profondamente giusto, Eaco divenne il custode delle chiavi dell’Ade, e doveva occuparsi delle anime provenienti dall’Europa.
Bellerofonte
Ipponoo di Corinto si ritrovò involontariamente ad uccidere il suo re, Bellero, e fu costretto a fuggire in esilio. Da tale episodio, derivò il soprannome di Bellerofonte, o “uccisore di Bellero”, ma non fu questa la sua più grande impresa.
Ospitato dal re di Tirinto, Preto, egli rifiutò il corteggiamento della regina Stenebea, che, infuriata, chiese al suo consorte di ucciderlo.
Per le leggi greche sull’ospitalità, però, Preto non poteva uccidere Bellerofonte direttamente, per cui lo inviò presso il padre di Stenebea, il re di Licia. Questi, però, fu vincolato dalle stesse leggi, per cui invitò Bellerofonte ad uccidere un terrificante mostro: la Chimera, dalla testa di leone, il corpo di caprone e la coda di serpente.
Per affrontarla, Bellerofonte domò Pegaso, e la sconfisse gettandogli del piombo fuso in gola, il quale si solidificò e impedì alla Chimera di respirare.
Questa impresa, però, rese Bellerofonte colmo d’orgoglio, al punto che tentò di raggiungere l’Olimpo. Gli dei, quindi, inviarono un tafano perché lo pungesse, distraendolo abbastanza affinché Pegaso lo disarcionasse, rendendolo solo ed infermo per tutto il resto della vita.
Pelope
La regione più meridionale della penisola greca è denominata Peloponneso in memoria del leggendario re Pelope.
Tantalo, suo padre, volle mettere alla prova l’onniscienza degli dei dell’Olimpo, e li invitò ad un banchetto in cui provò a offrire loro le sue carni (essendo stato ucciso in quanto nato malformato).
Demetra non se ne curò, e divorò una spalla, mentre gli altri dei s’infuriarono e, dopo averlo condannato ad avere sempre una fame ed una sete implacabili, lo riportarono in vita.
Questi visse in un regno forte e prosperoso che, però, venne attaccato dai barbari, e quindi Pelope cercò in lungo e in largo una nuova terra da governare.
La già nominata Ippodamia era figlia di Enomao, re dell’antica città di Pisa (non è ancora noto se la città italiana sia collegata in qualche modo), nonché figlio di Ares.
Questi, sapendo della profezia per cui un suo genero lo avrebbe ucciso, decise di sfidare in un agone tutti coloro che avrebbero preteso la mano di sua figlia.
Il suo carro, però, era guidato da Mirtilo, figlio di Hermes, e quindi era di una velocità a dir poco inarrivabile. Per tale motivo, nessuno sembrava in grado di sconfiggerlo.
Tuttavia, arrivò un giorno il turno di Pelope.
Questi, sapendo che Mirtilo era innamorato della principessa, lo convinse ad aiutarlo ad imbrogliare sabotando il carro di Enomao, e gli avrebbe permesso in cambio di trascorrere una notte con lei.
Così, durante la loro sfida, il carro del re si distrusse, e questi morì, rendendo Pelope vincitore. Quando dovette ricambiare il favore, però, egli annegò Mirtilo, che invocò suo padre affinché lo maledisse.
La ricchezza ottenuta dal re fu la rovina dei suoi figli, e Pelope tentò con costanza di placare l’ira di Hermes, arrivando anche ad istituire dei giochi in onore degli dei dell’Olimpo. Tali giochi, che presero il nome di Olimpiadi, divennero talmente importanti che l’anno zero della storia greca coincide con la prima edizione.
A seguito del suo comportamento, venne lanciata una maledizione verso i suoi discendenti, tra i quali figura anche Agamennone, comandante degli achei, le cui vicende familiari furono oggetto di numerose tragedie e leggende.
SECONDA GENERAZIONE: GLI ARGONAUTI
Il re di Beozia Atamante l’Eolio era in procinto di sacrificare suo figlio Frisso, quando Eracle intervenne, e lo fermò, parlandogli di come Zeus odiasse i sacrifici umani. Così, il padre degli dei ordinò ad Hermes di inviare un ariete completamente d’oro, che Atamante cavalcò fino al punto in cui sarebbe stato sacrificato.
Il vello dell’ariete rimase intatto, e venne custodito come un tesoro dotato di grandi poteri.
Successivamente, il nonno del giovane Giasone vide il suo trono sottratto, ed il nuovo sovrano affidò a questi un’impresa titanica: navigare fino alla Colchide e prendere il vello. Se la missione fosse andata a compimento, l’usurpatore Pelias avrebbe rinunciato al trono.
Per ottenerlo, un gruppo formato dai più grandi eroi del tempo salpò sulla nave Argo, e da quel giorno furono noti come gli argonauti.
Comandati da Giasone, essi erano circa una cinquantina. I loro nomi erano:
Acasto, Admeto, Anceo, Anceo il piccolo, Anfirao, Argo di Tespi, Ascalafo, Asterio, Atalanta di Calidone, Attore, Augia, Bute, Calaide, Canto l’Eubeo, Castore, Cefeo, Ceneo, Corono, Echione, Eracle, Ergino, Eufemo, Eurialo, Euridamante, Falero, Fano, Idas, Idmone, Ificle, Ifito, Ila il Diope, Laerte, Linceo, Melampo, Meleagro, Mopso, Nauplio, Oileo il Locrese, Orfeo, Palemone, Peante, Peleo, Peneleo, Periclimeno, Piritoo, Polluce, Polifemo l’Arcade, Stafilo, Telamone, Teseo, Tifi, Zete.
Alcuni di questi eroi sono tutt’oggi più noti degli altri, anche per altri motivi. Ad esempio, Castore e Polluce sono maggiormente noti per essere i Dioscuri, Eracle è noto per le dodici fatiche e Teseo (la cui presenza è però dubbia) fu l’eroe fondatore di Atene. Persino Orfeo, la cui storia d’amore con Euridice è nota a moltissimi, partì per l’impresa.
Di questi eroi, Atalanta era l’unica donna, mentre vi sono anche dei genitori di futuri eroi della guerra di Troia, come Laerte, il padre di Odisseo (Ulisse).
Insieme, gli argonauti affrontarono le tentazioni di un’isola colma di donne (da cui fuggirono perché Eracle li castigò per non comportarsi come eroi), si ritrovarono a combattere al buio in territori insidiosi e navigarono attraverso terreni molti angusti per raggiungere la Colchide (che oggi è la costa della Georgia).
Lì, Giasone dovette superare tre prove da solo per poter ottenere il vello. Per ricevere un aiuto, Era ed Afrodite fecero in modo che la figlia del re, Medea, si innamorasse dell’eroe.
Nella prima (aggiogare due tori che emanavano fiamme per arare un campo), Medea fornì un unguento speciale. Nella seconda (piantare dei denti di drago su quel campo affinché potesse germogliare un’armata da sconfiggere), Medea suggerì di confonderli lanciando un sacco, e bastò quello perché si annientassero. Nella terza (affrontare il drago a guardia del vello), Giasone addormentò la bestia con una pozione preparata sempre da Medea.
Così, una volta ottenuto il vello, gli argonauti fuggirono. Medea salpò con loro, e, per distrarre suo padre, uccise suo fratello Apsirto e lo gettò in mare.
Zeus, per punizione, scatenò numerose tempeste che deviarono il corso della nave, e gli eroi furono costretti a raggiungere la maga Circe, che li purificò.
Un’altra tappa del viaggio di ritorno vide gli argonauti affrontare Talos, un gigantesco essere di metallo che proteggeva Creta. Efesto lo forgiò affinché distruggesse tutte le navi che arrivavano, ma Medea lo sconfisse con un inganno, facendo sì che gli argonauti svitassero una vite per indebolirlo. Per i greci, quella di Talos era una storia che trattava del confine tra uomo e macchina.
La missione fu compiuta, ma una tragedia era dietro l’angolo per Giasone. Questi, infatti, tradì la fedeltà di Medea (con cui aveva già avuto due figli), innamorandosi della bella Glauce. Per tale ragione, Medea le donò un vestito che prese fuoco, uccidendo lei, suo padre e anche i figli di Giasone. Apprendendo questa notizia, l’eroe, a bordo della nave Argo, morì di crepacuore. (Elementi di questa parte del mito furono poi adattati da Euripide nella famosa tragedia Medea)
Tuttavia, poiché non mi sembra una buona cosa relegare Eracle ad una semplice menzione, adesso farò una digressione su di lui e sulle dodici fatiche.
Eracle
Zeus stabilì che il primo a nascere dalla discendenza di Perseo avrebbe regnato su Tirinto e Micene.
Era, sapendo che il padre degli dei aveva ingravidato Alcmena, nipote del leggendario eroe, anticipò la nascita di Euristeo, dalla medesima stirpe. La cosa non andò tanto a genio a Zeus.
Molti anni dopo, un adulto Eracle si ritrovò al servizio di Euristeo per dodici anni, durante il quale avrebbe svolto un ugual numero di fatiche.
Le fatiche erano:
Uccidere il terrificante leone nemeo, portando in seguito la sua pelle come trofeo (è da questa prima fatica che deriva la famosa immagine di Eracle con la pelle di leone intorno).
Uccidere l’immortale Idra di Lerna, una creatura velenosa dotata di nove teste che, se decapitate, ricrescevano.
Catturare la cerva di Cerinea, dotata di corna d’oro e di zampe d’argento e bronzo.
Catturare il cinghiale di Erimanto, che devastava ogni cosa che incontrava.
Ripulire le stalle del re Augia (suo compagno argonauta), il cui fetore infestava le terre nei dintorni, in un solo giorno. (Poiché le ripulì deviando i corsi di due fiumi, la risoluzione della fatica era considerata controversa perché, tecnicamente, erano stati i fiumi)
Disperdere gli uccelli del lago Stinfalo, uno stormo dotato di becco e artigli di bronzo che si cibava di carne umana catturando ed uccidendo dei poveri malcapitati.
Catturare il gigantesco toro di Creta, padre del Minotauro, ed in grado di sputare fuoco. Esso è anche noto come toro di Maratona perché, dopo la sua cattura, Eracle lo lasciò andare in giro, e questi si fermò proprio nella città successivamente teatro della leggendaria battaglia.
Rubare le cavalle del gigante Diomede.
Impossessarsi della cintura di Ippolita, la regina delle Amazzoni.
Rubare i buoi di Gerione, un gigante dotato di tre teste, tre busti e sei braccia.
Rubare le mele d’oro del giardino delle Esperidi, le quali si diceva donassero l’eterna giovinezza.
Catturare Cerbero, il cane a tre teste a guardia dell’Ade, e portarlo vivo a Micene.
Queste furono le fatiche di Eracle.
TERZA GENERAZIONE: IL CINGHIALE DI CALIDONE
È tipico delle culture indoeuropee parlare di leggende che associno la figura del cinghiale a quella di un guerriero. Non dovrebbe quindi sorprendere che un’intera generazione di eroi greci sia legata all’episodio del cinghiale di Calidone.
A seguito di un eccellente raccolto nei campi di Calidone, la dea Artemide si aspettava che il suo re, Oineo, eseguisse dei riti in suo onore per ringraziarla.
Non essendo giunto alcun rito, la dea si infuriò, ed inviò un cinghiale affinché distrusse tutto. Oineo, quindi, inviò dei messaggeri affinché tutti gli eroi della Grecia prendessero parte alla caccia al cinghiale.
Lo scontro fu durissimo, e la belva causò anche alcune vittime, ma gli eroi riuscirono infine a prevalere vittoriosi.
Unendo le varie fonti della leggenda, pare che, a prendere parte alla caccia, siano stati ben quarantasei eroi, alcuni dei quali fecero anche parte della generazione precedente, quella degli argonauti.
Acasto: re di Iolco, argonauta e “famoso nel tiro al giavellotto”.
Admeto: figlio di Fere, re della città omonima, e anch’egli argonauta.
Alconte, Enesimo e Leucippo: tre fratelli, figli del re di Sparta Ippoconte.
Anfiarao: indovino della città di Argo che aveva ricevuto i suoi poteri da Apollo.
Anceo il piccolo: argonauta, fu uno di coloro che trovò la morte contro il cinghiale.
Asclepio: figlio di Apollo, divenne in seguito il dio della medicina.
Atalanta: unica donna a prendere parte alla spedizione degli argonauti, fu anche la prima a ferire il cinghiale, sfruttando le sue abilità di “vergine cacciatrice”. Fu a seguito di entrambi gli eventi che il padre, che l’aveva ripudiata, finalmente la riconobbe.
Ceneo: originariamente una donna, Cenis ricevette da Poseidone la possibilità di ottenere in dono qualunque cosa desiderasse. Così, lei chiese di diventare un uomo, e cambiò il nome in Ceneo, diventando un abilissimo guerriero. Ceneo generò anche un figlio, Corono, uno degli argonauti.
Castore e Polluce: i Dioscuri, figli di Zeus e Leda, erano anche principi di Sparta, e presero parte alla caccia, mettendo a disposizione le loro abilità con i cavalli e con la lotta.
Cefeo: guerriero dall’Arcadia.
Cteato ed Eurito: erano nipoti di Apollo, ed il secondo aveva ereditato le sue abilità di arciere.
Deucalione: era il figlio di Minosse e re di Creta.
Driante: figlio di Ares.
Echione: argonauta e figlio di Hermes.
Eufemo: figlio di Poseidone ed argonauta, fu tra coloro che contribuirono alla colonizzazione della Libia.
Euritione: che si ritrovò ferito da un giavellotto.
Ippotoo: egli nacque in gran segreto per non adirare il nonno Cercione, re di Eleusi. Inizialmente cresciuto da due contadini, essi litigarono su chi dovesse possedere il prezioso panno in cui la madre lo avvolse. Il re lo venne a sapere, e rinchiuse la figlia. Successivamente, Teseo uccise Cercione, e mise Ippotoo sul trono.
Ileo: una delle casualità del cinghiale.
Giasone: anche il comandante degli argonauti prese parte alla caccia.
Ida e Linceo: fratelli gemelli, argonauti e rivali dei Dioscuri.
Iolao: nipote ed amico di Eracle, anche lui prese parte alla caccia.
Ificlo: fratello gemello di Eracle.
Laerte: il padre di Odisseo era presente.
Meleagro: fu lui ad infliggere il colpo di grazia al cinghiale, donandolo poi ad Atalanta. Aveva una moglie di nome Cleopatra, ed una versione della sua leggenda fu narrata ad Achille durante la guerra di Troia.
Mopso: oracolo ed indovino.
Nestore: vecchio e saggio comandante nella guerra di Troia, era giovanissimo quando prese parte alla caccia al cinghiale.
Panopeo: sembra che sia stato anche colui che progettò il cavallo di Troia.
Peleo: il padre di Achille era presente, ma, per sbaglio, uccise Euritione, e per questo si ritrovò a fuggire. Fu nella sua fuga che conobbe la ninfa Teti, e se ne innamorò, generando un figlio.
Fenice: egli fu, successivamente, tra gli achei che tentarono di placare l’ira di Achille a Troia.
Fileo: principe di Elis, si rifugiò poi nell’isola di Dulichio.
Piritoo: re dei Lapiti.
Plessippo: trovò la morte per mano di Meleagro quando cercò di strappare il corpo del cinghiale dalle mani di Atalanta.
Protoo e Comete: figli di Testio e fratelli di Leda, regina di Sparta, nonché madre di Elena di Troia.
Telamone: figlio di Eaco e fratello di Peleo.
Teseo: egli divenne un eroe fondatore, e venne riconosciuto da Atene come padre della democrazia e grande riformatore della città. Probabilmente, la sua impresa più famosa è quella dell’uccisione del Minotauro, aiutato dal filo di Arianna (che poi piantò in Nasso), ma si ritrovò anche a combattere numerose creature, aiutato dal suo grande amico Piritoo. Egli, inoltre, era presente nelle battaglie contro le amazzoni e contro i centauri. Non è chiaro se sia stato anche un argonauta, perché, probabilmente, si trovava nel regno dei morti durante quell’avventura.
Tosseo: argonauta chiamato anche Ificlo, fu il primo che riuscì ad infilzare la sua lancia contro il cinghiale.
Vengono menzionati anche altri tre eroi, ossia Epoco, Euriplo e Lelex.
Questa caccia è leggendaria anche perché unisce molte delle generazioni di eroi. Come si potrebbe notare, alcuni di questi furono poi i genitori o i comandanti degli achei.
QUARTA GENERAZIONE: IL CICLO TEBANO
Il cosiddetto ciclo tebano è una serie di opere teatrali, create dai tre più grandi drammaturghi greci (Eschilo, Sofocle ed Euripide), incentrate sulle vicende legate alla città di Tebe e sulla famiglia del re Edipo, intorno a cui crebbe una generazione di eroi.
Alcuni di quegli eroi erano:
Atreo, padre di Agamennone e Menelao.
Tieste, gemello di Atreo, con cui scatena una sanguinosa faida per l’ascesa al trono.
Creonte, zio e cognato di Edipo, che combatté anche con Eracle per liberare Tebe dalla veloce volpe di Teumessa.
Edipo, quasi sicuramente il più noto eroe della generazione. Numerose opere sono intitolate a lui e alle sue vicende. Una profezia legata al re di Tebe Laio annunciò che un suo erede maschio lo avrebbe ucciso e, successivamente, avrebbe sposato sua madre, Giocasta, la quale concepì un figlio con lui dopo averlo ubriacato.
Il bambino venne ripudiato e mandato via, e dei contadini lo crebbero, chiamandolo Edipo, ossia “piede gonfio”, per le ferite che aveva ai piedi. Egli scoprì un giorno di non essere figlio di coloro che lo avevano allevato, e si trovò in viaggio verso Tebe, dove affrontò un carro, uccidendo sia il cocchiere sia l’uomo che era trasportato, ossia Laio.
A seguito del suo viaggio, egli s’imbatté nella sfinge, che pose due enigmi. Il primo era: “Qual è l’essere che cammina ora a quattro gambe, ora a due, ora a tre che, contrariamente alla legge generale, più gambe ha più mostra la propria debolezza?”
Edipo rispose subito che un umano, quando è infante, gattona, da adulto cammina con le proprie gambe, e, da anziano, necessita dell’utilizzo di un bastone.
Il secondo era: Esistono due sorelle, delle quali l’una genera l’altra, e delle quali la seconda, a sua volta, genera la prima. Chi sono?
La risposta di Edipo fu che si parlava del giorno e della notte.
Giunto a Tebe, Edipo si sposò quindi con Giocasta, non sapendo ancora di essere sua madre. Fu, infatti, soltanto dopo che i due ebbero figli che sentì parlare della morte di Laio e comprese non solo di esserne l’assassino, ma che si trattava del suo vero padre.
A seguito della rivelazione, Giocasta s’impiccò, mentre Edipo si trafisse gli occhi.
I due figli maschi, Eteocle e Polinice, chiesero che fosse esiliato, mentre le due femmine, Antigone e Ismene, lo seguirono nel suo esilio. Ormai vecchio e cieco, Edipo trovò rifugio presso la corte di Teseo.
Qui, egli accolse la morte quando, in un temporale, dei gradini che conducevano presso gli inferi spuntarono all’improvviso. I tuoni furono talmente spaventosi che Teseo si coprì con il mantello, e, quando osservò di nuovo, Edipo non c’era più.
I sette contro Tebe
Edipo maledisse i suoi figli Eteocle e Polinice. La leggenda dei “sette contro Tebe” fu essenzialmente il compimento di tale maledizione.
I due fratelli sembravano aver deciso di dividere il controllo della città, ma Eteocle si rifiutò di cederla a Polinice, e i due quindi si scontrarono con le loro armate.
Quando gli uomini di Polinice arrivano, questi fa piazzare un guerriero lungo ognuna delle sette porte della città, per cui Eteocle si trovò a fare altrettanto.
Gli scontri terrorizzarono Tebe, ma tutto ebbe fine quando, nella settima ed ultima porta, Eteocle e Polinice si uccisero a vicenda.
La pace giunse, e Creonte divenne il sovrano, seppellendo Eteocle, ma non Polinice.
Come è stato menzionato poco prima, inoltre, tutte queste figure discendevano dal primo leggendario eroe, Cadmo.
QUINTA GENERAZIONE: LA GUERRA DI TROIA
L’Iliade e l’Odissea di Omero hanno cantato della generazione di eroi che, per dieci anni, combatté contro la città di Ilio (nota anche come Troia).
Gli eventi di tale guerra sono noti a tutti, e ancora oggi si continuano a scoprire nove cose, come, ad esempio, che il famoso Cavallo di legno pare sia stato navigabile.
Questi sono solo dieci dei grandi eroi di quella guerra, quasi sicuramente i più famosi.
Agamennone
Quando Paride, principe di Troia, rapisce la bellissima Elena per portarla con sé, il suo sposo, Menelao, poté contare sull’accordo che i suoi alleati, sotto consiglio di Odisseo, stipularono, e tutti insieme salparono per aiutarlo a combattere contro Troia.
A comandare gli achei fu Agamennone, re dell’Argolide.
Questi si ritrovò fin da subito a dover compiere un grande sacrificio quando, per volontà della dea Artemide, egli è costretto a sacrificare sua figlia, Ifigenia. Tale sacrificio fu la causa dell’ira della sua sposa, Clitennestra, che lo uccise una volta tornato. A sua volta, il figlio Oreste volle vendicare il padre, uccidendo sua madre.
Achille
Cantami, o diva, del Pelide Achille
L’Iliade di Omero si apre con il re dei Mirmidoni, Achille, che, colmo d’ira funesta, decide di non combattere accanto agli altri achei perché Agamennone aveva preteso di ottenere la sua schiava Briseide.
L’importanza di Achille è data dal fatto che questi era un semidio la cui madre, Teti, immerse nel fiume Stige affinché diventasse invulnerabile, tenendolo ben saldo al tallone.
La sua abilità nel combattimento fu tale che affrontava schiere di troiani da solo, e fu anche lui stesso a sconfiggere ed uccidere il troiano Ettore in un duello.
La guerra di Troia fu per lui la sua fine quando, durante uno scontro, una freccia lo colpì proprio al tallone dove la madre lo teneva, e che quindi era l’unico punto del corpo vulnerabile.
Patroclo
Il rapporto tra Achille e il giovane Patroclo era talmente intimo che tutt’ora non è chiaro che tipo di rapporto fosse. Parentela stretta? Forte amicizia? Amore? Non è del tutto chiaro.
Quel che è certo è che Patroclo, in un vano tentativo di rimediare alla mancanza di Achille in battaglia, ne indossò l’armatura, e venne quindi ucciso da Ettore, e fu quello il motivo del ritorno del Pelide sul campo di battaglia.
Filottete
Egli era un abilissimo arciere, in possesso dell’arco appartenuto ad Eracle, le cui vittime cambiarono le sorti della guerra. Egli fu ferito gravemente, ma venne curato, ed il racconto di come venne curato (non prima che lo si facesse cadere in un lungo sonno) sembra quasi richiamare la moderna anestesia. Egli fu tra coloro che, dopo la guerra, tornò in pace nella sua patria.
Aiace Telamonio
Cugino di Achille, egli era il più alto fra gli achei, e fu educato dal centauro Chirone. Pare che Eracle, amico di suo padre, pregò affinché potesse diventare un grande guerriero.
Aiace Oileo
Principe della Locride, egli era noto per le abilità con l’arco e nella corsa, ma era anche ugualmente arrogante. Il padre, Oileo, fu un argonauta.
Egli combatté a Troia in modo assai brutale e violento, come quando troncò la testa di un guerriero troiano per poi lanciarla contro il suo esercito.
La sua arroganza fu tale da far infuriare gli dei, al punto che le varie versioni legate alla sua morte hanno tutte un comune un dio che tentò di punirlo.
Nestore
Come già menzionato, colui che fu tra i più giovani ad aver preso parte alla caccia al cinghiale fu uno dei più anziani comandanti della spedizione achea contro Troia. Egli fu un anziano talmente saggio e giusto da diventare sinonimo con la figura del “vecchio saggio”, e spesso Agamennone lo ascoltava per i suoi consigli.
Menelao
Re di Sparta e marito di Elena, fu quando Paride la portò con sé a Troia che questi decise di radunare tutti i comandanti greci ed andare ad attaccare la città.
Fratello di Agamennone, egli tornò in patria in compagnia di Elena e di Nestore, ma riuscì a mettere nuovamente piede a Sparta soltanto dopo otto anni.
Lui e la sua sposa non conobbero la morte, e furono invitati a vivere per sempre nei campi elisi, dove riposavano le anime di coloro adorati dagli dei.
Diomede
Egli non fu semplicemente una delle figure centrali dell’esercito acheo, ma fu anche parte dei cosiddetti “epigoni”. Dieci anni dopo gli eventi dei “sette contro Tebe”, infatti, i loro figli si riunirono per vendicarli, continuando quindi la serie di conflitti scaturiti da Edipo.
Particolare ironia potrebbe scaturire dall’episodio del violento scontro che ebbe con Enea, perché, come quest’ultimo fu il padre della civiltà romana, così Diomede, a seguito della guerra, salpò alla rotta dell’Adriatico, fondando e istruendo varie città, tra cui Ancona.
Si trovò anche spesso ad agire insieme ad Odisseo.
Odisseo
Il leggendario re di Itaca è al centro del secondo poema omerico, l’Odissea, per quanto sia generalmente più noto con la versione “romana” del nome, Ulisse.
Poiché un oracolo lo informò che, se fosse partito, il suo ritorno a casa sarebbe durato molto a lungo, egli inizialmente cercò di fingere di essere diventato folle, arando e falciando in modo casuale i suoi campi. Quando, però, gli posero suo figlio Telemaco, ancora infante, davanti, egli si fermò, rivelando le sue intenzioni.
La leggenda del suo ritorno è nota a tutti, come i luoghi e i personaggi incontrati, come Polifemo, la maga Circe (tra l’altro già incontrata dagli argonauti) l’isola di Ogigia e altro.
SESTA GENERAZIONE: L’ORESTEA
La guerra di Troia segnò l’ultima grande impresa dell’età degli eroi dell’antica Grecia, ma la generazione dei figli di coloro che la combatterono ha comunque portato a racconti e leggende. In particolar modo, le azioni e gli eventi dei figli di Agamennone fu oggetto di moltissimi adattamenti artistici in Grecia.
Neottolemo
Il figlio di Achille partì per Troia dopo aver saputo della morte del padre, e trovò sulla strada Filottete, lasciato ferito e abbandonato su un’isola. Insieme, i due permisero agli achei di trionfare utilizzando l’arco di Eracle.
A seguito della guerra, a Neottolemo spettò un ricco bottino, e portò con sé anche Andromaca, la sposa di Ettore, che venne sconfitto da suo padre.
Tuttavia, egli avrebbe anche dovuto sposare la figlia di Elena, Hermione, che però si accordò con Oreste, figlio di Agamennone, affinché questi lo uccidesse per permettere a loro due di convolare a nozze.
Telemaco
Il figlio di Odisseo, pur essendo appena un infante quando il padre partì per Troia, decise, una volta adulto, di andare a cercare informazioni su di lui, per scoprire che fine abbia fatto.
Stando ad alcune versioni del mito, anni dopo la morte di Odisseo, Telemaco partì, e raggiunse la maga Circe, che sposò.
Ascanio
Iulo Ascanio è parte di miti greci, ma il figlio di Enea è una figura molto più centrale nella mitologia romana, soprattutto in quanto antenato della “gens Iulia”.
Elettra
In psicologia, il complesso di Elettra è l’opposto di quello di Edipo, nel senso che si tratta di un figlio che ama il padre ed è geloso della madre. Questo perché, quando Clitennestra uccide Agamennone per via del sacrificio di Ifigenia, sua sorella Elettra convinse il fratello Oreste a vendicare il padre.
Oreste
Costui era appena nato quando la guerra di Troia ebbe inizio, per cui era soltanto un bambino di dieci anni quando il padre fu assassinato. Elettra lo protesse e nascose, e per sette anni questi crebbe nella speranza di vendicare Agamennone, mentre Egisto (amante di Clitennestra, nonché colui che attuò l’assassinio) regnava sulla città.
Una volta cresciuto, Oreste consultò l’oracolo di Delfi, che annunciò che questi sarebbe stato relegato ai margini della società se avesse attuato la vendetta.
Egli, tuttavia, uccise Clitennestra, e per questo si ritrovò ad essere assalito dalle Erinni.
Nel fuggire, egli si ritrovò in un tempio dedicato alla dea Artemide, dove stava per essere sacrificato. A salvarlo fu proprio colei il cui sacrificio diede inizio a tutto il dramma familiare.
Ifigenia
In una battuta di caccia, Agamennone si ritrovò in un boschetto sacro ad Artemide, ed uccise un cervo. La dea si offese a tal punto da lanciare dei venti che impedivano alla flotta achea di partire, e rivelò che sarebbero stati placati soltanto se Agamennone avesse sacrificato la sua figlia primogenita, Ifigenia.
Lei è portata all’altare con un inganno (è convinta dal padre che il rituale prevede delle nozze con un altro re), e non si accorge di cosa stia per accadere fino all’ultimo momento.
Vi sono versioni in cui questa è la fine di Ifigenia, ma, stando ad altre, Artemide scambiò la ragazza con un cervo (oppure con il dio Pan trasformato in capra), e questa si ritrovò a diventare una sua sacerdotessa a Tauris.
In questa versione, lei incontrò nuovamente un membro della sua famiglia quando Oreste, in fuga dalle Erinni, si ritrovò nel suo tempio.
In seguito, i due fratelli sarebbero poi tornati in Grecia, e lei sarebbe rimasta una sacerdotessa.
Ed è così che finisce questo lunghissimo articolo dedicato ai più grandi eroi delle leggende dell’antica Grecia. La mia speranza è che sia stato di vostro gradimento, e che potremmo rivederci la prossima volta.
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A più a Sud del Sud, dove un tempo i gelsomini crescevano più copiosi, inebriando l’aria tutto intorno, su un promontorio denominato Ercole perchè si narra che l’eroe figlio di Zeus e Alcmena riposò anche qui durante le sue fatiche.
Si erge su una torre bianca ad un’altezza di 64 m s.l.m.. Ogni 7 secondi e 7 decimi per l’esattezza un fascio di luce illumina fino a trenta miglia nautiche di distanza e in trentadue secondi il faro suggestivo di Capo Spartivento compie un giro completo, da punta Stilo fino a capo D’Armi, scandito da quattro bagliori. Esso, l’unico in Calabria ad avere un’ottica rotante.
Acceso per la prima volta il 10 settembre 1867, si legge nella lapide che sovrasta l’ingresso della torre.
Secondo un’antica leggenda, un tempo abitava all’interno di una grotta del medesimo promontorio un eremita, Sant’Elmo, che viveva di questua. Sant’Elmo aveva un fratello e sette nipoti. Un tragico giorno il fratello morì, e l’eremita prese con sé le sette figliuole del defunto. Ormai la questua, già appena sufficiente per lui, non bastava più. Una notte mentre meditava e pregava nel tentativo di trovare una soluzione, gli apparve un gigante con una lanterna accesa. Era San Cristoforo per dargli aiuto proprio con la lanterna. L’eremita, non capendo in che modo la lanterna potesse risolvere il suo problema, chiese informazioni. San Cristoforo rispose: “Tu sai che i contrabbandieri vanno per mare. Orbene, quando la notte e’ buia e i venti si scaricano sui flutti, accendi la lanterna, piantala sopra uno di questi scogli e fai lumi ai poveri contrabbandieri che corrono pericolo di rompere la barca”. Da quella sera, Sant’Elmo, fece come gli era stato detto e ricominciata la questua, non passò giorno che non tornasse nella grotta con le bisacce piene di ogni bene, dono dei contrabbandieri grati per l’aiuto, riuscendo così a sfamare le nipoti. Ancora oggi, dopo tanti secoli dalla sua morte, Sant’Elmo, scende dal cielo con la lanterna accesa e salva le navi.
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i cannot for the life of me remember the names of paintings I like and Google is now help so these are just some I reblogged recently that I like and yes they're all of ships I know what I'm about:
Ship in the Moonlight by Martin Aagaard
A Shipwreck in Stormy Seas by Claude Joseph Vernet
Vessels before Vesuvius at night by Ercole Gigante
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Ercole Gigante (1815-1860): Vessels before Vesuvius at night
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