#Gentile Milano
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‘90
Negli anni novanta ci si divertiva. Eravamo tutti più sereni. Saranno sereni i ragazzi di 20 anni oggi? Eravamo spensierati, ed ognuno con i suoi impegni, cose da fare, studio e lavoro, anche contemporaneamente, si rideva comunque di più. C’erano le compagnie, un gruppo di persone, sempre quelle, con cui si usciva, ogni tanto se ne aggiungeva uno, o uno se ne andava per altre strade da…
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#anni 90#c’era una volta#compagnia#festa#gentile#lavoro#leggere#libertà#mappa#mare#memoria#Milano col il mare#momento#mondiali#musica#paninari#Scarabocchiscritti#scarabocchiscrittiamano#scrittura#sfittìnzia#studio#tv#una volta#università#walkman
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SENTITE DI DOVERMI QUALCOSA E VOLETE SDEBITARVI?
Esiste un posto tra Milano e Brescia
un posto mal distinguibile se non si fa uno zoom decente con Google Maps
no... forse un po' di più
ecco così va meglio.
Si tratta di un piccolo paese che dal 2004 si fregia del titolo di città ed è SONCINO, un comune italiano di 7.486 abitanti della provincia di Cremona, in Lombardia.
Soncino, oltre che conosciuta per aver condiviso la sua rocca con quella del Castello di Torrechiara per alcune scene del film fantasy Ladyhawke, è famigerata per un prodotto che è il motivo di questo post e che andrò subito a illustrarvi
LE RADICI DI SONCINO
che sono una roba assolutamente disgustosa e immangiabile per la loro amarezza, peraltro simile a molte altre radici consumate masochisticamente in parecchie regioni italiane
SENONCHÉ
un giorno a casa di @surfer-osa abbiamo mangiato una conserva in agrodolce di tali radici sfilettate à la julienne e aromatizzate all'anice, acquistata in qualche sagra e ora la missione di vita della nostra famiglia è averle per il pranzo di Natale.
Consequenzialmente, la mia missione di vita è diventata la vostra e quindi dovete assolutamente procurarmi uno o più vasetti di tale conserva affinché io sia felice e spargere nel mondo tale felicità.
Hint: era una produzione locale di cui non ricordiamo nulla e quindi introvabile sull'internet... tranne che per persone esperte e motivate come voi.
Grazie dell'eventuale gentile reblog e dei numerosi invii multipli a DOTT. KON-IGI MURASAKI c/o TABACCHERIA ROSATI DI ROSATI MARIA Via Di Case Trombi, 5 CAP 43037, Lesignano de' Bagni, Parma.
<3
P.S. Se non trovate le Radici di Soncino e mi volete spedire altri prodotti tipici delle vostre terre mica ci sputo sopra, ecco.
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Come un cane sbandato
in cerca di pace
ho girato il mondo.
Molti cuori
hanno accompagnato
a tratti il mio cammino.
Quasi questa mia malinconia
fosse una calamita
e i miei occhi uno specchio
in cui ritrovarsi.
Non ho molto da lasciarvi
amici cari
qualche fotografia
qualche poesia...
L’eredità di un sognatore
cascato in un mondo che fatica a capire.
MILANO 2020
Giovanni Gastel
Muore un poeta
Un fotografo
Una persona meravigliosa
Un Uomo sensibile e gentile.
Profondamente increduli e addolorati.
Oltre la parola Fine
In ricordo di una Grande Persona ❤
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Sono trascorsi 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci e, per celebrare questo importante anniversario, torna alla ribalta uno dei suoi dipinti, La Dama in pelliccia, realizzato a Milano tra il 1495 e il 1499 e nascosto per quasi un secolo.
Si tratta di un'opera dal forte impatto emotivo, realizzata su un pannello di pioppo alto 61,5 cm e largo 54,5 cm. Molti sono gli elementi caratteristici dell'artista Leonardo: l'opera raffigura una giovane donna dallo sguardo malinconico e malizioso, con un accenno di sorriso, la cui ambiguità rimanda a quella della Gioconda. La posa delle mani è simile a quella della Dama con l'ermellino.
Sulla base della ricostruzione storica, è molto probabile che l'opera sia stata dipinta nel periodo milanese in cui Leonardo era al servizio di Ludovico il Moro e che il dipinto fosse ancora nelle mani di Leonardo durante il suo soggiorno a Roma e successivamente negli ultimi anni ad Amboise.
Dal 1691 al 1700, l'opera fece parte della collezione privata di Antonio Pignatelli, papa Innocenzo XII. In un successivo passaggio di proprietà, fu scoperta nella residenza di Domenico Morelli, vescovo di Strongoli, poi vescovo di Otranto.
Dal 1975, il dipinto è in possesso di una famiglia residente in Germania, ed è stato ora riportato alla luce da Silvano Vincetti, presidente del Comitato per la valorizzazione del patrimonio storico, culturale e ambientale.
Molti studiosi attribuiscono l'opera a Leonardo senza ombra di dubbio: in un suo scritto del 2 settembre 1921, Adolfo Venturi, uno dei più grandi storici dell'arte del secolo scorso, affermava: "Questo magistrale ritratto di giovane donna dal profilo delicato e gentile è sicuramente opera di Leonardo".
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Dare e ricevere
La persona gentile che dà è quasi ancora più timida di chi riceve, ed è contenta se chi riceve accetta con disinvoltura affinché lei, la persona che dà, possa dare con garbo e senza molti complimenti.
R. Walser, [Geschwister Tanner, 1907], I fratelli Tanner, Milano, Bompiani, 1982 [Trad. V. Rovelli Ruberl]
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Solo un cane
Lo scorso inverno ho deciso di prendere un cane.
Sono andato al canile comunale, che a Milano sta in via Corelli.
Per arrivarci bisogna passare davanti al centro di detenzione dei migranti, che è lì accanto.
Banale quanto inevitabile notare che persone e cani sono tenuti in cattività così simili e vicine. Peraltro, entrambi privi di alcuna colpa.
Amen.
Al canile di Milano sono molto seri, non è che vai lì e prendi il cane. Devi compilare moduli, sottoporti a interviste, indagini psicologiche, diverse visite perché possano decidere qual è il cane che va bene per te, o meglio il contrario.
Dopo la terza visita mi hanno fatto scegliere tra due. Ho scelto il più anziano, per solidarietà anagrafica.
Poi ho dovuto, giustamente, fare altre sei o sette visite per familiarizzare con lui, il cane dico.
Ogni volta passavo davanti al carcere per migranti. Ma questo si è già detto.
Ogni volta poi passavo tra le gabbie dei cani, a cui lì non manca nulla di concreto ma stanno tutto il giorno in gabbia da soli.
Il problema è la solitudine, mi spiegavano i ragazzi del canile. I cani, come gli esseri umani, hanno l'affettività alla base della loro piramide dei bisogni, al pari di cibo e acqua. Ma al canile, con più di 200 cani da curare, su quella cosa possono farci poco.
Dopo un po' di settimane mi hanno dato il cane, finalmente. La solitudine per lui era finita.
Ho chiesto, uscendo, se potevo avere informazioni sulla sua vita precedente, sui sette anni che gli avevano imbiancato il muso da bastardo. Mi hanno detto solo che stava al canile da qualche mese, che il proprietario precedente era morto, ma niente di più perché c'è la privacy.
Il cane e io, dopo, abbiamo fatto il nostro normale percorso di amicizia - e chi ha avuto un cane ne conosce l'assoluta bellezza. Ma io non ero ancora formalmente il suo padrone, c'è un periodo di solo affido, per essere sicuri che l'adozione funzioni.
Ha funzionato, quindi un po' di tempo fa mi è arrivata la carta del passaggio di proprietà. E c'era su scritto il nome del padrone precedente. Fine della privacy. Qui, chiamiamolo T.
Vado al pc e lo googlo, per innata curiosità.
Trovo solo due cose.
Una è la sua pagina Facebook abbandonata. Ma non abbandonata perché era morto, proprio abbandonata da sempre. L'aveva aperta nel 2017, zero "amici" e non ci aveva postato neanche una parola. Solo tre foto: del cane, il mio cane, quando era giovane e il muso era ancora tutto nero. Una era in montagna, il cane pareva contento.
Mi ha fatto piacere.
L'altra cosa che ho trovato su di lui, googlando, era una pagina recente della Gazzetta Ufficiale in cui si affidava a un tal avvocato la ricerca di suoi familiari, per "eredità giacente".
C'era anche la data di nascita di T., sulla Gazzetta Ufficiale, e la residenza a Milano (che buffo, stava vicino alla radio dove lavoro adesso) e il codice fiscale. Scopro così che siamo quasi coetanei, anzi lo eravamo.
Faccio il giornalista, per eccesso di curiosità.
E così telefono all'avvocato che deve gestire "l'eredità giacente". È gentile, mi spiega che lui non conosceva il defunto e che dalle indagini per trovare eredi non sta cavando un ragno dal buco: non risultava aver alcun parente, il vecchio padrone del mio cane. Né aveva fatto testamento.
Un giorno, uscendo dalla radio, per via della consueta curiosità decido di passare dalla casa dove abitava il mio cane.
Mi presento alla portinaia.
Gentilissima - e commossa quando le dico che il cane ora sta con me e sta bene.
T., mi dice, viveva per lui, anche perché non aveva nessuno.
Non lavorava: viveva o sopravviveva grazie all'eredità dei genitori, ma faceva esistenza modesta.
Non aveva amici, nessuno, dice la portinaia.
Usciva tutti i giorni a pascolare il cane, e basta.
È morto in casa, da solo, l'estate scorsa.
Cioè, non era proprio da solo: c'era anche il mio cane.
Dopo un po' di giorni che non lo vedeva uscire col cane, la portinaia è salita a bussare.
Ha risposto solo il cane, con un disperato guaito.
Lei allora ha chiamato la polizia.
Hanno sfondato la porta. T. era disteso accanto al letto con una confezione di medicine in mano.
Il cane tremava come una foglia, mi ha detto. Lei gli ha dato da bere e da mangiare, lui ha solo bevuto.
Poi lo hanno portato al canile.
Fine.
Già.
Il problema è la solitudine. La questione dell'affettività, che è alla base della piramide dei bisogni.
(Alessandro Gilioli)
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Balla Futurismo tra arte e moda
Opere della Fondazione Biagiotti Cigna
A cura di Fabio Benzi
Leonardo Arte, Milano 1998, 164 pagine, 24x28,2cm,
euro 50,00
email if you want to buy [email protected]
Catalogo mostra Roma Chiostro Bramante 30 ottobre 1998- 31 gennaio 1999
“La mia Balstoria cominciò nell’ottobre 1986 quando approdai in modo fortuito, ma con intuizione felice, in una piccola galleria d’arte di Roma, dove si teneva una mostra retrospettiva di opere della famiglia Balla. Nacque così il primo nucleo della raccolta e soprattutto sbocciò in quell’occasione la mia amicizia con Luce ed Elica Balla, le figlie del pittore. Furono loro a farmi conoscere in modo quasi tangibile il loro “papà”, non solo sotto il profilo di grande genio pittorico di questo secolo, ma anche e soprattutto come anima di artista gentile, poeta entusiasta dedicato totalmente alla sua ricerca di arte nella luce, di arte nel movimento, di arte nello stato d’animo."
Laura Biagiotti
20/10/24
#Balla#futurismo tra arte e moda#art exhibition catalogue#Roma Chiostro Bramante 1998#Laura Biagiotti#Fond.Biagiotti Cigna#art books#fashionbooksmilano
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Lautaro Martinez of FC Internazionale during the friendly match between FC Internazionale Milano and Lugano FC at Appiano Gentile on July 18, 2023 in Como, Italy. (Photo by Mattia Ozbot - Inter/Inter via Getty Images)
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Mia sorella mi ha raccontato di aver conosciuto Gina Lollobrigida nel 2009. Era andata a Milano nella redazione che fa capo al gruppo Sole 24 ore,dove lavora mia sorella,che pubblicava un libro con le sue sculture. Lei,la grande diva,era molto alla mano,umile,gentile e disponibile con tutti. Non si atteggiava come alcune star,niente capricci,niente superbia. Quando mia sorella e le sue colleghe sono entrate nella stanza dove si trovava lei,le ha accolte dicendo “ Quanto siete belle!”. Lei,attrice ammirata in tutto il mondo per la sua bellezza,faceva i complimenti a donne comuni.
Che grande donna!
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Puoi stare con me
🇮🇹 ("You can stay with Me" Italian Version)
Massimo beveva il suo caffè in piedi, nel mezzo del salotto, fissava gli oggetti che aveva appena acquistato per decorare il suo piccolo appartamento in centro a Milano. Quella casetta era costata un patrimonio, ma almeno ora abitava vicino alla banca dove lavorava. L'arredatore aveva fatto un ottimo lavoro, l'appartamento sembrava uscito da una foto in un catalogo di mobili, in più lo stile curato e l'ossessione per la pulizia di Massimo facevano si che l'appartamento restasse sempre perfetto, come nuovo. La vita di Massimo si divideva tra il lavoro e quel piccolo appartamento vuoto. Anche se lo spazio a disposizione era davvero poco, Massimo l'avrebbe condiviso molto volentieri, da tempo sognava una relazione, ma all'alba dei 45 anni il povero impiegato aveva smesso di fantasticare, anche perché le sue relazioni (nei rari casi in cui prendevano il via) non duravano più di qualche uscita. Massimo aveva qualche parente (che sentiva di rado) e un gruppetto di amici, al quale molto raramente si univa qualcun'altro.
Quel venerdì sera il piccolo gruppetto di amici di Massimo lo aveva invitato ad uscire per una pizza, ma era stata una giornata pesante e massimo non aveva voglia di uscire con le solite persone per sentire i soliti discorsi, men che meno davanti ad una fetta di pizza grassa e unta. Massimo digiunava spesso, aveva un rapporto complicato col cibo. Il suo fisico era gracile e sottile, talvolta la gente guardandolo si domandava come facesse un corpo così asciutto a reggere quel testone pieno di capelli neri. Massimo si sbarbava e si depilava: le strade di Milano pull lavano di ragazzi giovani, belli, magri, che godevano di ciò che la natura gli aveva donato. Massimo aveva rincorso per anni quell'ideale di bellezza, ma alla sua età ormai risultava quasi grottesco nell'incaponirsi a quel modo, limando e limitando la sua quel corpo minuto. Massimo era stato un ragazzino in carne ed aveva il terrore di tornare ad esserlo, il suo corpo avrebbe preso massa senza troppa fatica se lui non si fosse posto tutte quelle limitazioni; il suo corpo era come una quercia alla quale avevano riservato il trattamento di un bonsai, tagliando tutti i rami e senza dargli la possibilità di crescere.
All'una di notte una notifica interruppe la musica, che Massimo teneva come sottofondo da ore con la sua cassa Bluetooth. Nel gruppo di whatsapp "amici" Paride aveva scritto: "Ragazzi, ho perso l'ultimo treno, mi sa che devo vedere se passa un pullman sostitutivo o se riesco a chiamare un taxi". Paride non usciva sempre con Massimo e i suoi amici, perché abitava in provincia e doveva prendere il treno per raggiungere il centro di Milano. Era un ragazzo di 28 anni, non troppo alto, un po' in carne ma con un bel viso. Era un ragazzo educato e gentile, a Massimo piaceva molto ma sapeva di non avere chance con lui, perché Paride aveva una relazione con un altro ragazzo da alcuni anni, una relazione praticamente perfetta, se il matrimonio tra due uomini in Italia fosse stato legale quei due sicuramente sarebbero stati sposati.
Massimo era dispiaciuto di essersi perso un’uscita in cui c'era anche Paride, ma forse la fortuna quella sera gli aveva donato la rarissima possibilità di passare un po' di tempo da solo con lui. "Se vuoi puoi dormire qui da me" scrisse Massimo sul gruppo, arrossendo. Paride e Massimo, anche se ormai si conoscevano da anni, non avevano mai passato del tempo assieme da soli, c'era sempre anche il ragazzo di Paride o qualche altro amico. Oltre a questo Massimo era molto timido e raramente si inseriva nei discorsi degli amici, quindi se si era in gruppo Paride lo guardava a malapena.
"Magari! Grazie mille Massimo, sto arrivando"
Dopo 25 minuti, che a Massimo erano sembrati un’eternità, Paride suonò il campanello e Massimo aprì la porta. Paride entrando si sfilò le scarpe, era già stato a casa di Massimo e sapeva bene che quella era la regola a casa sua, perché Massimo detestava lo sporco. Entrare in casa di Massimo per Paride era sempre un po' come entrare in un santuario, aveva il terrore di rompere o sporcare qualcosa, il solo respirare lo faceva sentire fuori luogo. Dopo qualche tiepido convenevole Massimo invitò Paride a sedere sul divano, la conversazione si esaurì immediatamente e piombò un silenzio imbarazzante.
"Vuoi qualcosa da bere o da mangiare?"
"Solo un bicchiere d'acqua, grazie, la pizza mi ha messo sete"
Paride bevve lentamente, tentando di colmare quel silenzio che pareva sospeso nel tempo. "Dormo qui?" disse Paride indicando un materassino gonfiabile preparato a dovere con lenzuola, cuscini e coperte. Il ragazzo solitamente era spigliato quando chiacchierava a con gli amici, ora invece sembrava quasi in imbarazzo. Anziché i suoi occhi, Paride fissava i piedi sottili dell'amico, abbracciati da due calzini bianchi e rossi dal tessuto sottile. Paride aveva un debole per i piedi maschili, non era proprio un fetish, ma c'era una sorta di attrazione. Distogliendo lo sguardo dalle calze e ponendolo a caso sul televisore spento pensò: "Chissà se questa cosa di far levare le scarpe agli ospiti è una scusa per vederli senza scarpe", poi si sforzò di pensare ad altro. "Se preferisci ti lascio la camera da letto, ho già cambiato le lenzuola" disse Massimo. L'immagine di Paride nel suo letto era eccitante per Massimo, anche se sapeva bene che non avrebbe osato unirsi a lui.
-No, questo materasso andrà benissimo, non voglio essere invadente.
-Sicuro?
-Si, mi fai già un grande regalo a farmi restare qui.
Massimo nel suo letto si addormentò a fatica, non ricordava l'ultima volta in cui un ragazzo si era fermato da lui a dormire; Paride non si era fermato per trascorrere la notte con lui, eppure Massimo era emozionato che lui fosse lì, in casa sua. Verso le tre del mattino Massimo si svegliò di soprassalto: Paride si stava infilando nel suo letto. "Che succede?" Chiese Massimo, "Scusa, non volevo svegliarti, mi sa che il materasso è forato, ti da fastidio se dormo qui?" Rispose Paride.
-tranquillo, vieni, ti faccio spazio.
-grazie, scusami ancora, alla fine sono stato ancora più invadente di quanto pensassi
-scusami tu, non immaginavo che il materasso fosse forato.
Paride si infilò tremante nel letto, la sua pelle era gelata perché il pavimento era freddissimo, si accoccolò là dove il corpo di Massimo aveva scaldato le lenzuola. Il cuore di Massimo martellava come una grancassa nel suo gracile petto, era terrorizzato all'idea che Paride potesse sentirlo. Massimo non fece nemmeno in tempo a chiedersi perché il ragazzo non avesse scelto di spostarsi sul divano, il sangue lentamente abbandonava il cervello per colmare un'erezione pulsante, assai difficile da nascondere quando si divide il letto con un'altra persona.
Paride fingeva di avere già preso sonno, ma il fatto di dividere il letto con un uomo che non era il suo fidanzato non lasciava indifferente neanche lui. L'immagine dei piedi sottili di Massimo si ripresentava nella sua testa in continuazione, erano talmente perfetti, sembravano usciti da un disegno. Passavano i minuti, nella stanza regnava un silenzio tale da sembrare tangibile, vivo, come se il silenzio fosse una terza persona, che doveva prendersi il suo spazio e manifestare prepotentemente la sua presenza.
"Vorrei che non ci fosse questo imbarazzo, vorrei che il nostro rapporto fosse diverso" pensarono entrambi.
È nei momenti più impensabili che avvengono le cose più incredibili.
Mentre Massimo tentava di girarsi per nascondere l'erezione il suo piede sfiorò quello di Paride, che tentò di allontanarlo, ma muovendo la gamba per errore la infilò tra quelle di Massimo, accorgendosi che il padrone di casa era piuttosto eccitato. "Scusa" dissero in coro. "Ho tentato di trattenermi ma non posso farci nulla" aggiunse Massimo. "Lo prendo come un complimento" disse Paride trattenendo a stento una risata. "Chi l'avrebbe mai detto che eri così ben messo" disse Paride, "Un corpo così minuto abbinato a un pene così grande e invadente, bisognerebbe correggere le tue proporzioni". Da dove era uscita un'affermazione tanto assurda? Paride non poteva lasciare che il silenzio cadesse proprio in quel momento, l'imbarazzo sarebbe tornato e sarebbe stato molto più insopportabile di prima, quindi decise di continuare a parlare: "In realtà sei già abbastanza alto, ha senso che il tuo pene sia più grosso rispetto alla media". Massimo voleva sprofondare in quel letto, la vergogna lo stava divorando, non si accorse che il suo membro aveva iniziato a crescere più di quanto non facesse con una normale erezione, sembrava ubbidire alla fantasia di Paride come un soldato ben disciplinato. "Dovresti essere il tipo di persona che mangia in abbondanza e lavora per mettere su massa muscolare, perché quell'affare su un corpo tanto magro stona". Il corpo di Massimo si gonfiò; litri di sangue caldo e pulsante corsero lungo le fibre dei suoi muscoli, che moltiplicavano la loro dimensione di secondo in secondo. Massimo sembrava una persona diversa, non sembrava più un fuscello disidratato, ma era molto più simile alla quercia che la genetica gli avrebbe permesso di diventare, se solo non avesse saltato i pasti e si fosse iscritto in palestra. "Anche il tuo carattere andrebbe cambiato, dovresti essere un po' più audace, determinato, esigente e ambizioso".
Un improvviso desiderio di rivalsa si accese dentro di Massimo, che ebbe il coraggio di ribattere: "Parli troppo, guarda che nemmeno tu sei perfetto, inizia a perdere qualche chilo". Il corpo di Paride iniziò a fare l'opposto rispetto a quello di Massimo e mentre tutto il peso in eccesso svaniva, la pelle del suo corpo diventava tonica e soda. Paride sembrava sempre di più uno di quei ragazzini tanto invidiati da Massimo. "Parli senza riflettere, sembri un ragazzino tra i 19 e i 20 anni". Paride ringiovanì rapidamente, dimenticando la relazione che aveva da 6 anni. "Ti sei preso troppa confidenza, non accetto commenti del genere da un amico qualsiasi, puoi permetterti di dire cose simili solamente se sei il mio ragazzo".
Paride accese la luce sul comodino, nessuno dei due si sorprese di vedere l'altro totalmente trasformato. "Di che parlavamo?" Chiese Paride. Massimo ebbe l'impressione di aver discusso, ma non ricordava assolutamente ciò che aveva detto, poi abbassò gli occhi e vide l'erezione pulsante che, nonostante tutto, era ancora lì, più presente che mai. "Adesso ho capito perché mi hai svegliato" disse Paride infilando la mano nelle mutande di Massimo.
La mattina dopo Paride si svegliò e vide il suo ragazzo, Massimo, mentre si vestiva
-Vai a lavorare anche oggi?
-Vivere in due in centro a Milano non è economico, lo sai, per questo devo andare.
-Non puoi restare un po' qui con me a letto? Oggi è sabato...
-Ho già detto al mio capo che avrei finito un lavoro lasciato a metà.
-Sei proprio sexy in giacca e cravatta, sai?
Paride allungò le mani verso la cintura che Massimo aveva appena allacciato e iniziò a slacciarla, poi affondò la faccia sul suo pacco. "Non ti è basato quello che abbiamo fatto ieri sera?", disse Massimo mentre si eccitava nuovamente. "Anche tu hai ancora appetito" Rispose Paride con un sorriso malizioso.
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𝘓𝘦 𝘪𝘮𝘮𝘢𝘨𝘪𝘯𝘪 𝘪𝘯 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘰 𝘱𝘰𝘴𝘵 𝘴𝘰𝘯𝘰 𝘱𝘳𝘰𝘷𝘦𝘯𝘪𝘦𝘯𝘵𝘪 𝘥𝘢𝘭 𝘸𝘦𝘣 𝘦 𝘢𝘭𝘵𝘦𝘳𝘢𝘵𝘦 𝘨𝘳𝘢𝘻𝘪𝘦 𝘢𝘭𝘭'𝘪𝘯𝘵𝘦𝘭𝘭𝘪𝘨𝘦𝘯𝘻𝘢 𝘢𝘳𝘵𝘪𝘧𝘪𝘤𝘪𝘢𝘭𝘦. 𝘚𝘦 𝘴𝘦𝘪 𝘪𝘯𝘧𝘢𝘴𝘵𝘪𝘥𝘪𝘵𝘰 𝘥𝘢𝘭𝘭𝘢 𝘱𝘳𝘦𝘴𝘦𝘯𝘻𝘢 𝘥𝘪 𝘲𝘶𝘢𝘭𝘤𝘩𝘦 𝘤𝘰𝘯𝘵𝘦𝘯𝘶𝘵𝘰 𝘤𝘩𝘦 𝘳𝘪𝘵𝘪𝘦𝘯𝘪 𝘦𝘴𝘴𝘦𝘳𝘦 𝘥𝘪 𝘵𝘶𝘢 𝘱𝘳𝘰𝘱𝘳𝘪𝘦𝘵à, 𝘤𝘰𝘯𝘵𝘢𝘵𝘵𝘢𝘮𝘪 𝘱𝘦𝘳 𝘳𝘪𝘮𝘶𝘰𝘷𝘦𝘳𝘭𝘰. 𝘨𝘳𝘢𝘻𝘪𝘦.
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𝘛𝘩𝘦 𝘪𝘮𝘢𝘨𝘦𝘴 𝘪𝘯 𝘵𝘩𝘪𝘴 𝘱𝘰𝘴𝘵 𝘤𝘰𝘮𝘦 𝘧𝘳𝘰𝘮 𝘵𝘩𝘦 𝘸𝘦𝘣 𝘢𝘯𝘥 𝘢𝘳𝘦 𝘢𝘭𝘵𝘦𝘳𝘦𝘥 𝘵𝘩𝘢𝘯𝘬𝘴 𝘵𝘰 𝘢𝘳𝘵𝘪𝘧𝘪𝘤𝘪𝘢𝘭 𝘪𝘯𝘵𝘦𝘭𝘭𝘪𝘨𝘦𝘯𝘤𝘦. 𝘐𝘧 𝘺𝘰𝘶 𝘢𝘳𝘦 𝘣𝘰𝘵𝘩𝘦𝘳𝘦𝘥 𝘣𝘺 𝘵𝘩𝘦 𝘱𝘳𝘦𝘴𝘦𝘯𝘤𝘦 𝘰𝘧 𝘢𝘯𝘺 𝘤𝘰𝘯𝘵𝘦𝘯𝘵 𝘵𝘩𝘢𝘵 𝘺𝘰𝘶 𝘣𝘦𝘭𝘪𝘦𝘷𝘦 𝘵𝘰 𝘣𝘦 𝘺𝘰𝘶𝘳 𝘱𝘳𝘰𝘱𝘦𝘳𝘵𝘺, 𝘱𝘭𝘦𝘢𝘴𝘦 𝘤𝘰𝘯𝘵𝘢𝘤𝘵 𝘮𝘦 𝘵𝘰 𝘳𝘦𝘮𝘰𝘷𝘦 𝘪𝘵. 𝘛𝘩𝘢𝘯𝘬 𝘺𝘰𝘶.
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intel
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San Valentino 2022
[italiano: Ao3/EFP - English: Ao3]
OC FlashFic
Pairing: Salvatore/Niccolò
Tags: Angst, Canonical Character Death, Grief, Implied Character Death, Cemetery, Conversation with a Tomb
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Il freddo di febbraio gli ghiacciava le ossa.
Non faceva troppo freddo, ma Salvatore l'aveva sempre sentito molto, il freddo, sempre, sempre, e anche ora non riusciva a sopportarlo, si strinse nel misero giacchetto di pelle che indossava, tirò su a coprire il naso la sciarpa blu a scacchiera che gli avvolgeva il collo, continuò a camminare.
Non che ci fosse molto da camminare, il Cimitero Monumentale di Milano era giusto fuori la fermata della metro viola, lì, si salivano le scale e si entrava nella grande piazza vuota, negozietti di fiori sparsi al suo confine, poca gente circolava a piedi, il traffico era sempre lo stesso.
Tutto era sempre uguale.
Salvatore sospirò, camminando verso l’entrata, il mazzo di fiori che aveva in mano pesava in un modo impossibile, sette rose rosse, aveva letto online che serviva un numero dispari in un giorno come quello, lui non se ne intendeva, ma il sette era un bel numero.
Chissà.
Il Cimitero era vuoto, poche, poche persone, lui si muoveva in automatico, come se fosse andato lì chissà quante volte.
Una sola prima di quella, eppure, la strada alla sua tomba gli era rimasta impressa da quel momento.
C’erano dei bei fiori gialli, alcuni rosa, non li conosceva, gli dispiaceva toglierli.
Le rose ci sarebbero state bene, lì.
Si chinò a poggiare il suo mazzo vicino a questi, rimase chinato davanti alla tomba.
Niccolò Gentile.
Sorrise.
“Ciao,” parlò al vento che soffiava, al silenzio dei morti, “mi sei mancato.”
“Io tutto bene, so… non lo so, tutto un casino, ma tutto bene, le cose si sono calmate, credo, non mi ricordo il tempo, eppure, va tutto bene, o andrà tutto bene, non lo so.”
“Non so bene a cosa credere, tu che mi dici? Dici che riuscirò mai a far passare tutto?”
“Non lo so.”
“Mi manchi, mi manchi non sai quanto, ho paura di dimenticarti, così tanta paura che non lo so nemmeno io, sai? Ascolto quelle canzoni che mi hai fatto sentire e ti penso di continuo.”
“Non penso che sia passato un giorno senza piangere pensando a te, magari oggi è quello buono.”
Dal bruciore dei suoi occhi, dal tremore della sua voce, Salvatore non pensava davvero che quello sarebbe stato il giorno.
“Ho già detto che mi manchi? Perché mi manchi.”
“Penso di averti amato, o almeno mi piacevi, o almeno… almeno avrei voluto provare con te, no? Provare ad avere qualcosa di vero, no?”
“Tu invece?”
Sorrise. “Mi sa che non lo saprò mai davvero.”
Premette i palmi delle mani agli occhi, tirò su col naso, e scostò le lacrime dal suo viso.
Si alzò in piedi. “Ti amo, credo, forse no, ma mi piace pensarlo, mi aiuta a stare meglio e peggio, sai? Buon San Valentino, ci vediamo… la prossima volta che avrò coraggio.”
#l'anno è giusto non preoccupatevi#oc: salvatore#oc: niccolò#oc#original fanfic#fanfiction#writing#italiano#fanfic italiana#italian fanfiction#original character fanfiction#original character#tay's csm ocs#tay scrive
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Mai arrendersi.
Waters ha risposto su Twitter, metto lo screen in fondo, come dice sempre da anni e noi che lo seguiamo da anni sappiamo che questo è un attacco, ma lui continua la sua lotta contro le ingiustizie, io faccio quello che posso nel mio piccolo. Stamane ho ricevuto una risposta ad un post e discussione a seguito che avevo messo qualche giorno fa sul vino, l'Irlanda metterà sulle bottiglie di vino l'etichetta "nuoce gravemente alla salute"; un mio contatto di Milano mi racconta che suo nipote ha fatto il corso di enologo e varie cose su suo nipote che a me onestamente non fregano, ma la tipa è gentile e non mi andava di mandarla a fanculo così, non lo merita, allora le ho spiegato che probabilmente al corso non spiegano il fattore etanolo come un veleno potente e che dovrebbe chiedere a lui non a me, io posso darti le info per quelle che trovo online, anche perché sembra che le persone non sappiano fare ricerche su Google bah; poi le ho postato un video che avevo già messo qualche settimana fa e un link sull'etanolo di wikipiede. Non ci sono notizie eclatanti, almeno non come ieri.
Ho fatto un sogno strano, ma non lo ricordo ho qualche flash. La casa cantoniera all'angolo dell'abitazione dove ho passato 4 anni ad Aci Trezza, nel sogno, era diventata un ristorante; ero con una tipa che poi mi ha fatto incazzare ma non ho capito il perché, volevo prendere l'autobus con la bicicletta, ma mentre cercavo di infilarla dentro l'autista mi ha detto che non c'era più posto ma in spagnolo, poi becco la tipa che voleva prendere lo stesso bus ma le ho detto che non c'era posto, allora lei mi dice parliamo mentre aspettiamo il prossimo, il bus non era cittadino ma penso a lunga percorrenza, mentre cercavamo un posto dove sederci per parlare mi squilla il telefono, qua la parte più inquietante, al telefono c'era mio nonno (deceduto a metà anni 90) che mi diceva che non riusciva a prendere l'aereo e che stava andando a Castellammare di Stabia, ne sono sicuro la voce era la sua, cosa c'entra mio nonno? Mi voleva molto bene e io ne volevo a lui, come tutti i nonni, ma c'è già stato un episodio simile qualche mese dopo che morì, praticamente lo sognai che mi chiedeva un bicchier d'acqua che aveva sete, mi svegliai e in cucina c'erano mia madre e mia cugina e raccontai loro il sogno, in un primo momento mi chiesero se aveva detto qualche numero, e li mi corrugai tutto e dissi tipo "No ma che cazzo c'entra", poi andarono al cimitero e i fiori erano senz'acqua. Adesso non sono il tipo che pensa che mio nonno per quando mi volesse bene mi è sempre stato appiccicato, con tutti i nipoti che aveva, mi farebbe piacere sapere che è qua con me, anzi se potessi parlargli almeno una volta ancora sarebbe fantastico, ma se nel sogno di 25 e passa anni fa mi chiedeva l'acqua e aveva un senso, adesso cosa mi vuole dire?
Difficile decifrare un sogno che per quanto strano ha qualche elemento che si collega con la realtà, ho sempre pensato che i sogni sono metà immaginazione come un gioco che la nostra mente crea per confondere gli elementi della realtà e non farci impaurire ma farci vedere cosa sta accadendo o almeno quello che potrebbe accadere in proiezione al periodo che viviamo, è inutile che lo chiedo a Freud lui mi direbbe :"Non scopi abbastanza", che però cazzo sto giro ha ragione :/
Meglio non pensarci, metto la risposta di Roger e chiudo tutto. P.S. Ieri la prima giornata analogica è andata benissimo.
Vai Roger sono con te.
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2 Anni fa..💔
Come un cane sbandato
in cerca di pace
ho girato il mondo.
Molti cuori
hanno accompagnato
a tratti il mio cammino.
Quasi questa mia malinconia
fosse una calamita
e i miei occhi uno specchio
in cui ritrovarsi.
Non ho molto da lasciarvi
amici cari
qualche fotografia
qualche poesia...
L’eredità di un sognatore
cascato in un mondo che fatica a capire.
MILANO 2020
Giovanni Gastel
Muore un poeta
Un fotografo
Una persona meravigliosa
Un Uomo sensibile e gentile.
Profondamente increduli e addolorati.
Oltre la parola Fine
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La festa dell'uovo
Anche la Pasqua, come il Natale, era inizialmente una festa soprattutto religiosa, divenuta col tempo un’importante festa dedicata ai bambini. Come mostrano il suo nome in molte lingue e i riti a essa connessi, la Pasqua possiede profondi significati simbolici in relazione alla nascita, alla rinascita e alla fertilità. I termini tedesco e inglese derivano dal nome della divinità germanica Ostara, dea della primavera e della fecondità. Suo contrassegno era l’uovo e suo messaggero la lepre; fu questa l’origine dell’uovo di Pasqua e della Lepre di Pasqua. L’uovo occupa un posto di rilievo nei miti della creazione di tutto il mondo a significare la nascita e già a partire dal IV secolo ne è attestato il collegamento con le cerimonie pasquali. Nel XII secolo la chiesa cattolica diede la sua legittimazione a tale collegamento introducendo la Benedictio Ovarum (*), la benedizione delle uova, e autorizzandone un uso particolare nelle festività pasquali. Da allora l’uovo ha sempre occupato un posto centrale nella celebrazione della Pasqua, dalla tradizionale corsa delle uova, alla caccia alle uova da parte dei bambini, all’uso di regalare uova riccamente decorate. La lepre, come poi il coniglio, si prestava naturalmente a simboleggiare la fertilità, per la sua nota prolificità. Il primo riferimento in lingua tedesca alla lepre in rapporto all’uovo pasquale risale al 1572, quando peraltro l’usanza era da lungo tempo affermata.
(*) Libriaco: Propenderei per una Benedictio *Ovorum*!
B. Bettelheim, [A good enough parent, 1987] Un genitore quasi perfetto, Milano, Feltrinelli 2014 [Trad. A. Bottini]
Immagine: Petrit Halilaj e Álvaro Urbano, Ensemble lunare per mari in rivolta - Particolare. Dalla mostra Thus waves come in Pairs, Ocean Space. Venezia, Chiesa di san Lorenzo, 2023. Foto: per gentile concessione di Robyn Yeary.
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Penso a mamma Aghi e mi viene da piangere da giorni, mi scendono le lacrime al pensiero del suo sguardo buono, il suo accento che fa così ridere, l’amore che prova per te, che forse è un po’ quello che provo anch’io; al fatto che mi abbia “vista” davvero, credo, insieme a tuo papà. Lasciare loro e la tua casa in Puglia ha fatto più male a me che a te. Mi è sembrato di dover lasciare un pezzo di me che ancora non sapevo di avere, e certamente è rimasto lì. Mi chiedo sempre come possa non toccarti, come possa non mancarti quel posto e i tuoi genitori. Penso a ieri sera, quando eravamo già tornate a Milano e mamma Aghi al telefono ti ha chiesto di me, e insieme a tua zia ti ha detto “Aurora è molto dolce, sembra un’anima buona, gentile”. “Un’anima”. Mi hanno vista. Penso alla carezza che mi ha dato tuo papà, quel minuscolo istante in cui mi ha tenuto la mano, prima di salutarlo e andare ai controlli in aeroporto. Ci ha accompagnato fin dove poteva. Ho riconosciuto quel farsi vecchio che è lo stesso del mio papà e avrei voluto abbracciarlo, non lasciarlo mai. Chissà se provava lo stesso anche la tua ex, se si volevano bene allo stesso modo, o se lei era più simile a te. So per certo che non sarà mai me. Mi scendono tante lacrime. La vita è così fragile, ci penso in questi giorni più che mai, e mi si spezza il cuore al pensiero che non la amo come dovrei, che non riesco a capirne il senso come vorrei, per viverla e viver(e me) al massimo. Però in questi giorni, a tratti bui e dolorosi, mi sono riconosciuta per davvero, lì in Puglia, dopo tanto tempo, e mi sono voluta bene profondamente per il mio modo di vivere le cose. Non conosco nessuno come me. E a volte mi fa paura che tu non lo sia, come sono io, che non viviamo per niente con la stessa sensibilità. Chissà se l’hai letta davvero, se l’hai capita, la mia lettera. Non avrei voluto andare via. La vostra casa mi ha fatto sentire sempre in compagnia, mai sola, e mi ha fatto dormire ridere mangiare serenamente come non succedeva da tanto. I giardini, il terrazzo, tutte le cene con Very e Chiara e i tuoi genitori, le piante attorno, la luna che ci guardava piena dalla contentezza in mezzo al cielo, il vostro roseto. Tuo papà che dava l’acqua a ogni pianta, ogni sera. Tua mamma che, per sbaglio, una volta mi ha chiamata Eleonora, tutti che da allora mi chiamate così, e io, che lo sento come se fosse il mio vero nome. “Cresciuta nella luce”. La mia luce siete stata voi. E poi i giri notturni, il gelato alla Nutella del bar Marty, quello alla cassata per tua mamma, Vale e Federica, il bagno con loro, i bagni con te, amore mio, tutta la pazienza che hai, il modo in cui sopporti le mie paure e talvolta le accarezzi, i nostri baci. Il sole sulla pelle, il segno del costume a fine giornata, la nostra spiaggia. Quella cena in quella masseria speciale, Lecce, tutta Lecce, le polpette piccanti al formaggio del ristorante messicano, Otello, i pasticciotti. Ogni volta che mi hai guardata. Ma tu sei la più bella. La nostra cameretta con i nostri lettini, le nostre docce insieme, le scale per raggiungere ogni stanza, le polpette di uovo di tua mamma, i panzerotti, i cornetti alla mattina. Le dormite infinite, le notti insonni e dolorose, di quel dolore e di quella paura che non sentivo da tanto tempo, l’alba che arriva, il desiderio e la necessità di averti con me, che supera tutto. Ti amo. Spero ti ricorderai delle mie parole. Spero le rileggerai e le capirai. Spero di essere importante almeno la metà di quanto lo è stata lei. Di più non posso, lo so. Io non scorderò niente, ho le lacrime agli occhi ancora una volta al pensiero di quanto, ad ogni parola, tutto questo sia sempre più lontano, ma è nel mio cuore per sempre. Mi prometti che ci torniamo tutti gli anni? Me lo prometti? Per favore
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