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#Gellage no. 5
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Gellage No. 5, by Michal Macků
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fotopadova · 7 years
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Artefiera Bologna 2018
di Carlo Maccà
  --- L'ARTEFIERA  di Bologna, l'appuntamento annuale più importante in Italia per chi è interessato alla fascia alta del mercato dell'arte "figurativa" (lato sensu), da qualche anno concede specifica attenzione alla fotografia d'arte, prima ospitando le gallerie specializzate in un settore riservato, quest'anno (12 in tutto) distribuite fra gli altri stand, ma individuate con segnalazioni particolari. I cartelli erano visibili da lontano, ma non hanno evitato alle mie gambe, non più in grado di dilettarsi di maratone e gran fondo, di percorrere in lungo e in largo i due lunghissimi padiglioni che ospitano ARTEFIERA. Due le ragioni: l'una, autori di fotografia vengono presentati da molte gallerie generaliste; l'altra, è troppo facile rendersi conto che la fotografia è diventata per molti artisti un mezzo tecnico indispensabile per realizzare le proprie immagini. Una valutazione approssimata di quello che ho visto direbbe che almeno un terzo degli autori presenti ed attualmente operanti è ricorso in qualche modo alla fotografia. Ed è forse in questo settore che si trova la risposta al quesito: Dove sta andando la fotografia?, più chiaramente che nella fiera riservata al mercato della fotografia, il MIA di Milano, dove entra la fotografia d'avanguardia, ma non quella applicata ad altri fini artistici.
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Figura 1. ©Giacomo Costa: Rovina 13
Il catalogo delle gallerie e degli autori esposti si può consultare sul sito della fiera: http://www.artefiera.it/espositori/catalogobrespositori-2018/5547.html
Quasi sempre ci si trova una sola immagine per autore, e neppure per tutti, se numerosi. Per un' informazione mirata alle opere in mostra è preferibile il sito "aziendale" di ciascuna galleria (per ogni autore citato ne darò il nome) piuttosto che quello personale dell'autore, dove può essere difficile orientarsi .
Già abbiamo notato che la fotografia imperversava al di fuori dei "suoi" 12 stand. Il sito Artribune in un suo post del 4 Febbraio intitolato Il meglio di Arte Fiera Bologna. La top 10 delle opere d’arte che ci sono piaciute di più indicava al 9° posto un'installazione tutta fotografica di Pamela Diamante, al 4° scorci di Giacomo Costa (Guidi&Schoen, GE) su edifici di quartieri urbani che "restituiscono il senso di claustrofobia generato dallo spazio cittadino" (Figura 1), al 3° composizioni fotografiche di Armin Linke (Vistamare, PE) che "combina una vasta gamma di tecniche dell'immagine al fine di esplorare i confini fra finzione e realtà" e, nel caso, fa entrare intenzionalmente nell'opera gli spettatori (Figura 2, ci sono anch'io), ma anche, e troppo potentemente come spesso avviene per le opere sotto vetro, i punti luce.
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 Figura 2. ©Armin Linke
E, per non farci mancar niente, al 2° posto viene classificata una teoria di pannelli in cemento raffiguranti silhouette di  bimbi stanti in pose visibilmente attinte da scatti fotografici (Valerio Berruti, MARCOROSSI ARTECONTEMPORANEA, MI); all'8° posto un video d'una performance dotata come di regola della sua brava dose di sadismo. Nessuna delle  gallerie della sezione PHOTO figura nella selezione di Artribune; una fotografa, Silvia Camporesi ,viene soltanto citata come candidata alla selezione fra le Top 10 (per questa autrice veramente meritevole, che qui esponeva per MLB di Ferrara, la visita al sito privato è d'obbligo).
Fra i fotografi adottati dalle gallerie d'arte della Main Section d'Artefiera si impone per fama e successo mondano il cinese Liu Bolin (Boxart, VR) con immagini della serie Hiden in Italy, nelle quali letteralmente fagocita la propria persona, stante nella posa d'una figura dell'Esercito di terracotta, contro la veduta di monumenti della storia e/o dell'arte, come il Colosseo o la Reggia di Caserta. L'artista, messo a punto il gioco con immagini di protesta politica e sociale in Cina e altrove, ora lo applica per la soddisfazione delle esigenze d'immagine, pubblicità e commercio del gran mondo capitalista (e, legittimamente, delle esigenze proprie). Le opere qui esposte (piuttosto futili per forma e sostanza, a mio parere) si sono presto trasferite, assieme ad un'altra settantina, al complesso del Vittoriano di Roma per l'antologica dell'autore che chiuderà l'1 luglio.
Impossibile esaminare tutte le fogge in cui la fotografia viene usata per comporre opere da  parte di tanti autori, che si qualifichino o meno come fotografi. Peculiare è la Glass Gellage Technique con cui il ceko Michal Macku (presentato da Paci Contemporary (BS) come fotografo/scultore) ottiene le sue immagini tridimensionali (Figure 3 e 4).
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 Figure 3 e 4. ©Michal Macku
In molti altri casi si tratta di combinazioni o fusioni digitali di immagini diverse, con risultati non sempre brillanti come per quelle in cui eccelle Liu Bolin, o quelle che realizza con una certa dose di humor Giuseppe Mastromatteo (29 Arts in Progress, MI) nella serie Indepensense. Ammirando le immagini composite di Alberto Rinella (XXS Aperto al Contemporaneo, PA) che sintetizzano suggestivamente dettagli ambientali urbani (Figura 5) veniva voglia di toccar con dito per capire se "Intersezione analogica su stampe fotografiche" non significhi semplicemente Fotomontaggio, o Collage, o l'uno e l'altro.
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 Figura 5. ©Alberto Rinella
Più esplicito e senza timore di apparire antiquato, Davide Bramante (Fabbrica EOS, MI, main section) dichiara le proprie opere come esposizioni multiple non digitali (Figura 6) E c'è da complimentarsi, oggi che il dichiarare un'opera Fotografia la confina ad un livello commerciale inferiore a quello delle "vere Opere d'Arte". Tanto più che grazie agli smartuffoni siamo tutti fotografi !
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 Figura 6. ©Davide Bramante
Sempre a proposito di opere composite, ad Artefiera ho imparato che per promuovere il fotografo ad Artista basta inquadrare le stampe di ogni scatto in singole cornici e appenderle a parete tutte insieme, vuoi armoniosamente disposte con un ritmo preciso, vuoi  a caso ma in perfetto ordine geometrico. Come per l'opera Kitchen di Marcela Cernadas (Michela Rizzo, VE), che però dai 64 pezzi in catalogo (8x8 pezzi quadrati) nello stand espositivo passava a 36 (6x6) pezzi. Banalità e Kitsch sono due stigmate del Moderno: ma non sempre l'una si sublima nell'altro (come inteso da Gillo Dorfles, recentemente scomparso), e neppure il decorativo si sublima nell'arte.
In altra direzione si muove Edouard Taufenbach (1988, Parigi), che aderisce a quel trend (si può tradurre con andazzo?) di fotografia "sperimentale" consistente nel suddividere l'immagine di un soggetto in multipli scatti e ricomporla mediante collage materiali o digitali. La tecnica ha i suoi maestri: chi ha presente David Hockney? Ma perché parlare, come spesso sento dire per vari epigoni, di "scomposizione cubista" quando questa variava continuamente il punto di vista mentre quelli nemmeno muovono l'obiettivo rispetto al soggetto? ché poi, quando questo è il corpo umano, Jack lo Squartatore sapeva scomporre meglio.
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 Figura 7. ©Marco Maria Zanin.
Quanto ai fotografi che nella modernità si muovono nel flusso della tradizione, le gallerie sia della MAIN SECTION che del settore PHOTO (queste generalmente partecipanti anche al MIA) preferivano presentare autori già affermati in Italia e nel mondo e ben presenti sul nostro mercato. Al di fuori di quelli, nella mia personale classifica dei più degni di nota metto il veneto Marco Maria Zanin (Spazio Nuovo, RM), la cui opera è a mano a mano transitata dalla rarefazione delle nebbie nella bassa padovana alla evocativa finezza strutturale di oggetti inanimati (Figura 7).
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 Figura 8. ©Giuseppe Ripa
L'unico stand, e il più ampio di tutti, riservato alla personale (però adesso si deve dire Solo Show) di un fotografo era quello di Romberg Foto (LT) con la serie Seaside di Giuseppe Ripa, una revisione di qualità professionale d'un tema ormai abusato: rifiuti e rottami (Figura 8).
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 Figura 9. ©Hélène Veilleux, dalla serie 38mo Parallelo Nord.
Cito infine la francese Hélène Veilleux (VISIONQUEST 4ROSSO, GE) che nella serie 38mo Parallelo Nord ha fotografato attraverso un filtro rosato (reale o digitale?) monumenti del regime nord-coreano con i visitatori ad esso allineati, dando al tutto un aspetto smorto e mesto che ne spegne il trionfalismo. Uno dei pochi casi in cui l'alterazione dei valori cromatici (che molti operano in post-produzione con intenti estetici) ha un reale impatto sul significato dell'immagine.
 Non mi rimane che scusarmi cogli autori delle opere che ho rifotografato negli ambienti della Fiera con tutti gli inconvenienti del caso e le conseguenti infedeltà, spero non gravi.
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currentinspiration · 13 years
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