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#Franco Castan
mantaypeli · 8 years
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El fundador (The Founder)
El fundador (The Founder)
Tres años después de su anterior biopic, Saving Mr. Banks, el realizador John Lee Hancock regresa con un nuevo retrato biográfico imprescindible para comprender el triunfo del capitalismo más descarnado en plena tierra de las oportunidades. El fundador (The Founder) es un mero vehículo de lucimiento para un reiterativo Michael Keaton en busca de una nueva estatuilla. Sin embargo, al igual que le…
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tvnveracruz · 3 years
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Liberan al Ex Secretario de Gobierno Rogelio Franco Castan por orden de un juez federal...
Liberan al Ex Secretario de Gobierno Rogelio Franco Castan por orden de un juez federal…
Información y fotografías de Bernabé Vallejo Olvera TUXPAN, VER. 06 de agosto, 2021.- Tras considerar que fueron suficientes las pruebas aportadas por su defensa y las inconsistencias, que se desarrollaron desde su detención así como irregularidades durante el proceso judicial, fue liberado el ex Secretario de Gobierno, ex dirigente estatal del PRD y candidato a una diputación plurinominal,…
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oscarcoria · 3 years
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Liberan al Ex Secretario de Gobierno Rogelio Franco Castan por orden de un juez federal Información y fotografías de Bernabé Vallejo Olvera TUXPAN, VER. Tras considerar que fueron suficientes las pruebas aportadas por su defensa y las inconsistencias, que se desarrollaron desde su detención así como irregularidades durante el proceso judicial, fue liberado el ex Secretario de Gobierno, ex dirigente estatal del PRD y candidato a una diputación plurinominal, Rogelio Franco Castan. Siendo el Juez Séptimo de Distrito en Veracruz, Ricardo Mercado quién tras valorar todas las pruebas presentadas, emitió una orden de libertad para que el exsecretario de Gobierno, Rogelio Franco Castán fue liberado del penal donde estaba recluido. Para quedar sin efecto alguno, el auto de vinculación del proceso penal que consta en la causa penal 50/202; cuál estaba imputado. Cómo fuera informado oportunamente, Franco Castan estaba recluido desde el pasado mes marzo del presente año, dónde el impartidor de Justicia Federal, considero injustificado y excesivo los argumentos presentados, ordenando que continúe su proceso judicial en libertad. Dejando sin efecto la vinculación a proceso dictada contra Rogelio Franco y por consiguiente la medida cautelar de prisión preventiva también en su momento, le fue notificada. El juez Ricardo Mercado; señaló que dicha medida tomada en esos momentos por las autoridades judiciales; fueron “injustificada y excesiva” con ello se confirma que la jueza Alejandra Castellanos Priego, actuó de manera deliberada y sin argumentos sólidos durante dicho proceso judicial. Franco Castan, quedará libre en breve para que continúe su proceso fuera de la cárcel, al determinarlo dicho juez federal y se analicen nuevamente las pruebas presentadas por la Fiscalía de Veracruz; en caso de encontrársele culpable, se le dictará una nueva medida, pero no ingresar a algún centro penintenciario, debido a la determinación, que obtuvo a su favor, el ex dirigente estatal del Sol Azteca. https://www.instagram.com/p/CSQGpOnM4ji/?utm_medium=tumblr
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purpleavenuecupcake · 5 years
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Libia, il generale franco-russo Haftar marcia verso Tripoli
Il ministro dell'Interno Matteo Salvini ha avuto una conversazione telefonica con il vicepremier libico Ahmed Maitig. Lo rende noto il Viminale, secondo cui i due si sono confrontati sugli ultimi sviluppi in Libia. La situazione libica è stata affrontata anche nel corso del G7 di Parigi: Salvini ha chiesto agli altri ministri di operare per la stabilità di Tripoli. Sollecitazione che ha ribadito al suo omologo Castaner nel corso di un incontro bilaterale. Salvini ha fatto un appello per fermare l'avanzata delle truppe per trovare una soluzione condivisa ed evitare nuovi spargimenti di sangue. Tutt’altro che pacifica ed inclusiva la situazione sul terreno, dove il generale Kalifa Haftar, come noto aiutato da Francia e Russia, molti i dossier che ne dimostrano l'evidenza, sta marciando su Tripoli prima della conferenza nazionale di stabilizzazione. Prendere il potere ora significa consolidare i successi territoriali a sud del paese africano dove insistono  i più grandi e redditizi giacimenti di petrolio. Così come riporta La Stampa, il  generale Khalifa Haftar sfida l'«altra» Libia e la comunità internazionale annunciando la sua Operazione per la liberazione della capitale. Liberazione a tutti i costi anche con l’utilizzo delle armi.
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Un gesto prevedibile, secondo alcuni dato il fermento che ha animano le forze militari del generale negli ultimi tempi con le grandi manovre a sud e a ridosso dei pozzi petroliferi. Nessuno si è accorto, oppure ha fatto finta, che mercoledì scorso il generale dava ordine a trecento mezzi di muovere da Kufra alla volta della capitale, cogliendo impreparato lo stesso Sarraj. Il quale, su reiterata sollecitazione della cabina di regia militare di Misurata, ha proclamato l'allarme generale per tutte le forze di sicurezza in Tripolitania. Al Sarraj ha condannato l'escalation e chiede di porre fine al linguaggio di minacce e promesse per usare quello della saggezza. Non c'è nessuna soluzione con la guerra perché la guerra non porta che distruzione. Nel frattempo però Sarraj ha allertato anche le forze aeree del generale Ali Boudeya, il Capo dell'Aviazione del ministero della Difesa del Gna. I caccia sono infatti intervenuti colpendo un mezzo del convoglio dell'Esercito di Haftar. La mobilitazione ha riguardato anche «al Bunian al Marsus», la cabina di regia antiterrorismo di Misurata, mentre un gruppo di capi delle milizie della città-stato ha annunciato di essere pronto a «fermare l'avanzata di Haftar in Tripolitania», dando ordine a una mobilitazione generale verso Tajura poco fuori la capitale. Tutte le forze - spiegano fonti informate - sono ora in marcia verso Tripoli in una corsa contro il tempo rispetto all'esercito di Haftar. «A tè veniamo o Tripoli», ha tuonato il generale, apparso in video vestito in alta uniforme, evocando il canto dei pellegrini musulmani alla Mecca che intonano «a tè veniamo o Allah». Le forze del feldmaresciallo si sono mosse su tre direttive, la prima da Kufra verso Tripoli, con la mobilitazione, appunto, di almeno 300 mezzi. La seconda da Bengasi, dove il generale segue le operazioni, verso Sirte, la città di Gheddafi ed ex capitale del Califfato delle bandiere nere nel Maghreb, presidiata dopo la liberazione nel 2016 dalle forze di Misurata. La terza a sud di Tripoli, a Garian, meno di 100 km dalla capitale, dove forze allineate ad Haftar, con un colpo di mano, hanno preso il controllo della città nominando un nuovo sindaco e un nuovo capo della polizia. «Oggi facciamo tremare la terra sotto i piedi degli ingiusti», avverte il generale esortando alla resa le forze a presidio di Tripoli. Appello che cade nel vuoto: il capo delle milizie della città replica in un messaggio alla tv libica che i suoi battaglioni sono «pronti» a «respingere qualsiasi attacco» del generale. Anche i ribelli della Settima Brigata di Tarhuna, protagonisti della mobilitazione di settembre, si sono schierati a difesa della capitale in sintonia con gli alleati di Misurata. Stessa cosa vale per Zintan, altra «città-stato», militarmente strategica, che in passato era stata vicina al generale. Oltre alla forza di resistenza l'Esercito di Haftar si trova a dover fare i conti con le migliaia di unità mobili di Misurata, e con una linea di rifornimenti che potrebbe risultare troppo estesa. Un paese arabo ha dato il via libera a Khalifa Haftar, comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna), per lanciare l’operazione militare su Tripoli. Lo ha dichiarato il ministro dell’Interno del governo di Accordo nazionale libico, Fathi Bashagha, all’emittente televisiva “al Hurra”. “Ci sentiamo traditi dalla Comunità internazionale che non ha mantenuto le sue promesse”, ha affermato Bashaga. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, si è detto "profondamente preoccupato" per gli scontri tra milizie avvenute il 3 aprile a sud di Tripoli, in Libia, e del "rischio di un confronto". In un messaggio sul suo profilo Twitter Guterres ha dichiarato: "Non c'è una soluzione militare. Solo il dialogo intra-libico può risolvere i problemi libici". Per questo motivo, Guterres "invita alla calma e alla moderazione, mentre si prepara a incontrare i leader libici nel paese". Il 3 aprile, il comando generale dell’Lna ha annunciato l’avvio di un’offensiva militare che interessa la zona occidentale della Libia finalizzata a “ripulirla dalla presenza dei gruppi terroristici”. Secondo l’ufficio stampa del comando generale di Bengasi, “il movimento delle forze armate sta avvenendo sotto gli ordini e il controllo diretto del comandante supremo”, intendendo il generale Haftar. E’ stato inoltre pubblicato un filmato di otto minuti che mostra una lunga colonna di veicoli armati in movimento. Nella nota si spiega che “le unità dell’esercito si stanno muovendo verso occidente per ripulirlo di ciò che resta dei gruppi terroristici presenti nella loro ultima roccaforte nella regione occidentale”. Si precisa che “le unità militari avranno cura di preservare l'incolumità dei cittadini e dei beni pubblici libici”. In questi anni la Libia è stata anzitutto terreno di scontro in seno al Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg) tra Emirati e Qatar: Abu Dhabi ha sostenuto insieme all’Egitto la lotta del generale Haftar contro le milizie islamiste; Doha e la Turchia hanno appoggiato il governo di accordo nazionale di Tripoli e dei gruppi vicini all’ideologia dei Fratelli musulmani. Doha è insieme alla Turchia il principale rivale, oltre all’Iran, di Arabia Saudita ed Emirati, soprattutto dopo il boicottaggio contro Doha avviato nel giugno 2017 dai due paesi del Golfo insieme a Bahrein ed Egitto, principale sponsor di Haftar in Libia. La mossa di Haftar arriva peraltro dopo la prima visita del generale in Arabia Saudita avvenuta lo scorso 27 marzo. Una missione che ha alzato il livello del coinvolgimento dell’Arabia Saudita nella crisi libica. Finora, infatti, il regno aveva mantenuto un basso profilo sul dossier libico. La visita di Haftar ha segnato un cambio di passo dell’Arabia Saudita nella crisi libica, la cui risoluzione è divenuta per i paesi del Golfo un fatto non solo di stabilità regionale, ma anche di agenda ideologico-religiosa, al pari dello scontro con l’Iran in Yemen e in Siria. Con la visita a Riad, Haftar ha rafforzato ulteriormente la sua posizione a livello regionale, dopo che sul campo ha ormai preso il controllo di due terzi del territorio del paese e di tutti i valichi di frontiera tranne quello di Ras Jedir con la Tunisia, gestito dal governo di accordo nazionale di Tripoli. Sul campo le forze di Haftar da tempo si pongono come argine alle milizie e ai gruppi armati islamisti con una propria agenda politica. Già lo scorso 11 marzo era scattato l’allarme a Sirte - ex roccaforte del defunto colonnello Muhammar Gheddafi, caduta nel maggio del 2016 sotto il controllo dei jihadisti e liberata nel dicembre dello stesso anno dalla "città-Stato" di Misurata - per il timore che la Tripolitania possa subire un attacco da parte di Haftar.   Read the full article
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reseau-actu · 6 years
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Mediapart révèle les charges qui pèsent sur Benoît Quennedey, le haut fonctionnaire mis en examen pour « trahison » et « intelligence avec une puissance étrangère ». S'il a été en contact régulier avec les services de renseignement nord-coréens, sa défense conteste la version des faits présentée par le contre-espionnage français.
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Le samedi était à la pluie de pavés et à la moisson de barricades sur les Champs-Élysées. À Dijon, des gilets jaunes ont occupé des voies ferrées. Quand sa mère dépose Benoît Quennedey devant la gare de la capitale bourguignonne, ce dimanche 25 novembre 2018, les trains circulent de nouveau sans entrave. L’énarque de 42 ans s’apprête à rentrer à Paris après deux jours passés auprès de ses parents, loin de l’agitation insurrectionnelle. Une fois dans la gare, des inconnus l’interceptent. Ils sont de la DGSI. Les policiers lui signifient son placement en garde à vue. Il est suspecté de « recueil et de livraison d’informations à une puissance étrangère susceptibles de porter atteinte aux intérêts fondamentaux de la nation ».
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Lunettes de soleil sur le nez, Benoît Quennedey assiste tout sourires dans les gradins au défilé militaire lors des 70 ans du régime nord-coréen. © Capture d'écran.
Le lendemain, son appartement dans le Ve arrondissement de Paris et le domicile de ses parents à Dijon sont perquisitionnés. Ainsi que son bureau avec balcon donnant sur les jardins du palais du Luxembourg. Benoît Quennedey est un haut fonctionnaire du Sénat. Dans la soirée, « Quotidien », l’émission de Yann Barthès sur TMC, révèle l’identité et la fonction de celui qui est accusé d’être une taupe nord-coréenne. L’affaire Quennedey a démarré. Aussitôt, ses proches crient au complot.
*
En face du métro Pernety, Tropiques revendique son statut, autoproclamé, de « librairie indépendante ». À côté d'une sélection pointue des meilleurs ouvrages du moment, de nombreux livres d'histoire, dont plusieurs consacrés à Marx, Lénine, Staline et la critique du capitalisme. Sur un présentoir, des cartes postales éditées par Tropiques et pastichant avec un humour féroce Christophe Castaner, « AUX GRANDS HOMMES DE MAIN, LA BOURGEOISIE RECONNAISSANTE », ou encore Emmanuel Macron en voleur interpellé par la maréchaussée en une du Nouveau Détective. Derrière une porte, fermée, on peut entendre Dominique Mazuet, le propriétaire des lieux, disserter sur le maoïsme en France auprès de son interlocuteur.
Dans la soirée du vendredi 30 novembre, la librairie du XIVe arrondissement parisien accueille les soutiens de Benoît Quennedey. Une assemblée, rapporte le magazine Society, « de vieux combattants et d’anciens compagnons de voyage » qui dissertent « entre deux bouteilles de beaujolais ». Leur ami est forcément un faux coupable. Une victime expiatoire pour détourner l’attention des gilets jaunes qui s’apprêtent une nouvelle fois à déferler dans Paris. « C’est une accusation ridicule, un mensonge de Macron et des médias », peste Dominique Mazuet, alors interrogé par Society. Dans un communiqué annonçant sa création, le comité Quennedey dénonce des « charges invraisemblables et extravagantes », « une résurgence du délit d’opinion ». 
Avec ses lunettes ovales, sa voix douce, sa coupe de cheveux en perpétuelle bataille, ses vêtements – chemisette ou costard-cravate – toujours trop amples, ce quadragénaire à l’éternel air d’étudiant germanopratin ne peut pas être un espion.
Et puis les taupes les plus célèbres de l’histoire de France occupaient des postes sensibles : Francis Temperville, docteur en physique nucléaire, travaillait au Commissariat à l’énergie atomique lorsqu’à la fin des années 80 il vend au KGB des documents secret défense ; Georges Pâques, membre de tous les cabinets ministériels de la IVe République, trahissait au profit de l’URSS dans le but d’éviter une troisième guerre mondiale en rééquilibrant les forces en présence.
Benoît Quennedey est lui, depuis 2005, administrateur principal au Sénat, où il est affecté à la direction de l’architecture, du patrimoine et des jardins. Contactés par Mediapart au début de l’affaire, ses parents s’étonnaient : « Notre fils travaillait ces dernières semaines sur les appels d’offres concernant la construction d’un self-service. Il n’avait pas accès à des documents liés au secret défense… » Son job serait la preuve même de son innocence : quand bien même il aurait désiré le faire, Benoît Quennedey n’était pas en capacité de trahir.
Mieux, le haut fonctionnaire n’a jamais caché son attachement au régime de Pyongyang. Un ancien camarade de la promotion René-Cassin de l’ENA raconte à l’AFP que, vingt ans plus tôt, Quennedey « n’avait que des éloges à l'égard de la Corée du Nord et s’élevait avec vigueur contre ceux qui qualifiaient ce régime de liberticide. Il nous expliquait que ce n'était pas un système dictatorial et que cette image était le fruit d’un complot américain ». Dans l’enceinte même de l’ENA, il distribuait des ouvrages à la gloire du « juche », le socialisme nord-coréen élaboré dans les années 1950 afin de se distinguer au sein du bloc communiste.
Une fois au Sénat, Benoît Quennedey continue à distiller sa rhétorique. « Il était plus que borderline et connu comme le loup blanc, confiera au Monde le sénateur (LREM) André Gattolin. Il utilisait clairement le Sénat pour faire de l’influence pour un régime dictatorial ! » Parallèlement à son activité rémunérée au sein de la Chambre haute du Parlement, Benoît Quennedey consacre aussi tout son temps libre à promouvoir une autre idée de la Corée du Nord.
*
Deux gradés s’échangent des cigarettes qu’ils fument sans un mot et sous la neige tandis que leurs soldats se mettent en joue. Scène de la vie ordinaire des patrouilles nord et sud-coréennes chargées de faire respecter la sécurité de part et d'autre de la frontière.
Les lumières se rallument dans la salle Marylin-Monroe de la Filmothèque du Quartier latin. On est le 16 juillet 2018. Entre une lithographie de la star hollywoodienne et l’écran blanc, Benoît Quennedey, micro en main, expose devant un parterre d’une trentaine de spectateurs les raisons d’aimer le film qu’ils viennent de voir. Il s’agit de Joint Security Area, le premier chef-d’œuvre signé du metteur en scène coréen Park Chan-wook (on lui doit, entre autres, Old Boy, primé à Cannes).
Le lendemain, Benoît Quennedey écrira sur son blog que le réalisateur « s'est intéressé à la beauté de la fraternisation entre Coréens du Nord et du Sud, dans une ode à la réconciliation et à la réunification », soulignant « un tournant dans la représentation des Nord-Coréens […] qui se démarquent (enfin) des brutes épaisses, assommées par l'idéologie, que l'on retrouve dans tant d'autres films sud-coréens de l’époque ».
Ce faisant, le haut fonctionnaire, qui avait été invité à présenter le film par son diffuseur en manque de spécialistes de la péninsule coréenne, martèle là des thèmes qui sont chers à l’Association d'amitié franco-coréenne (AAFC) qu’il préside. Cette officine de propagande en faveur du régime de Pyongyang défend le rapprochement de Paris avec la Corée du Nord, la levée des sanctions qui pèsent sur le pays et la réunification avec son rival du Sud. C'est l’ancien sénateur communiste d’Antony, André Aubry, qui avait invité Quennedey à adhérer avant de lui en confier les rênes.
Le président qui en savait trop
Au titre de président de l’AAFC, le haut fonctionnaire a ses entrées à la délégation générale de la Corée du Nord à Paris (la France n’ayant jamais reconnu officiellement la République populaire démocratique de Corée, cette dernière n’a pas d’ambassade). Situé dans une rue parallèle à la librairie Tropiques, le bâtiment aux rideaux, stores et volets fermés affiche, sur quatre étages, sa discrétion. Y opèrent officiellement huit diplomates, quatre accrédités à l'Unesco, quatre accrédités au nom de ladite délégation générale.
S’il ne se rend pas à la délégation générale dans le XIVe arrondissement de Paris, Benoît Quennedey traverse les continents jusqu’à la lointaine Corée du Nord, objet de son obsession. Huit voyages depuis 2005. Il y était encore en septembre dernier, pour les 70 ans de la République populaire. Lunettes de soleil sur le nez, il assiste tout sourires dans les gradins au défilé militaire, apprécie la parade aux flambeaux, loge dans un hôtel aux côtés du comédien Gérard Depardieu et de l’écrivain Yann Moix.
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Benoît Quennedey, lors d'une rencontre avec des lecteurs, vante les bienfaits de l'économie nord-coréenne. © Capture d'écran.
Quand il lui reste du temps, le quadragénaire écrit. Son premier livre, L’Économie de la Corée du Nord en 2012. Naissance d’un nouveau dragon asiatique ?, a été publié aux Indes savantes en 2013. Le second, La Corée du Nord, cette inconnue, aux éditions Delga en 2017. Lors d’une rencontre avec des lecteurs, Benoît Quennedey prévient tout procès de diabolisation à son encontre : « Toute personne qui parle de la Corée du Nord s’expose, si elle ne prend pas les thèmes habituels, à se voir rétorquer qu’elle ne peut être qu’un suppôt du pire régime au monde… » Là où certains qualifient le pays de « dernier régime stalinien de la planète », lui évoque « un régime souple », vante les camps de travail pour les dirigeants ayant failli (« Ils reviennent ! », croit-il bon de préciser). Bref, le haut fonctionnaire ne fait pas mystère de son admiration pour la dynastie des Kim.
Ce qui fait dire à son éditeur chez Delga, Aymeric Monville, lorsque Mediapart le contacte au début de l’affaire : « Un espion se cache par définition et ne s’affiche pas à la tête d'une association de soutien au régime qu’il servirait ! » Imparable, en apparence.
*
À Levallois-Perret, à l’intérieur du paquebot de verre et d’acier, siège de la DGSI, un homme passe à table. Sans aucune difficulté. Oui, son association constitue bien un vecteur de promotion du régime de Pyongyang. Oui, il est attiré de longue date par la Corée du Nord. Oui, il est en admiration devant le juche. C’est de notoriété publique.
Admiratif mais, prévient-il, sans être « un partisan aveugle » du système politique nord-coréen. La nuance a son importance. Contactée au même moment, une source proche de l’enquête précisait que « les investigations ont pour finalité d’établir si Benoît Quennedey a, ou pas, franchi la ligne ou s’il s’agit seulement d’une admiration pour le régime non susceptible d’être sanctionnée. On est dans une phase d’établissement des responsabilités et de vérification ». Plus tard, Florian Lastelle, l'avocat de Benoît Quennedey, nous affirmera « réfuter les termes d’adhésion à une idéologie ou de fascination ».
L’attention de la DGSI avait été attirée sur ce militant associatif en raison de son soutien qualifié d’« indéfectible » au régime nord-coréen. Une discrète enquête administrative avait mis en évidence ses relations très régulières avec divers membres de la délégation générale à Paris. Surtout, le contre-espionnage français soupçonnait Benoît Quennedey de chercher, sous le prétexte des missions de son association, à mettre en relation avec les Nord-Coréens des scientifiques et ingénieurs de l’Hexagone, reconnus dans le domaine du nucléaire. Alerté, le parquet de Paris décidait l’ouverture d’une enquête préliminaire le 12 mars 2018.
Agissant cette fois dans un cadre juridique précis, les contre-espions de la DGSI constataient les rendez-vous du haut fonctionnaire avec des représentants officiels nord-coréens, y compris avec certains… officiers du Bureau général de reconnaissance (BGR), la principale agence d'espionnage du régime, que dirige le général Kim Yong-chol et que le FBI suspecte d’être responsable de plusieurs cyberattaques d’ampleur, notamment celle qui avait piraté le réseau interne de Sony Pictures Entertainment, juste avant le lancement du film The Interview, une comédie hollywoodienne ridiculisant Kim Jong-un, le jeune dictateur nord-coréen.
Qu’un haut fonctionnaire du Sénat rencontre des espions d’une dictature sans lien diplomatique avec la France est éminemment suspect. Seulement, l’enquête préliminaire n’a pas permis en neuf mois de déterminer le moindre échange d’informations compromettantes entre la potentielle taupe et ses officiers traitants… D’où la garde à vue. Dans l’espoir que perquisitions et auditions apportent les éléments matériels permettant d’établir judiciairement si Benoît Quennedey est ou non un renégat.
Un ancien camarade de l’ENA – dans des promotions successives, ils se sont côtoyés une année – s’enquiert du déroulé de l’audition. Le premier travaille au Sénat ; le second à l’Élysée. L’un officie à la direction de l’architecture, du patrimoine et des jardins ; l’autre a été élu à la présidence de la République. Pourtant, pendant quelques heures, Benoît Quennedey vole la vedette à Emmanuel Macron à la une du flot d’actualités.
Tandis que son identité, sa vie défilent sur les bandeaux des chaînes d’information en continue, l’énarque en garde à vue à Levallois reconnaît, selon la DGSI, « s’être beaucoup investi pour plaire » aux autorités nord-coréennes, avoir rédigé à plusieurs reprises à la demande d’un membre de la délégation générale des analyses de l’actualité politique française. Depuis, sa défense récuse qu'il ait employé l'expression « s’être beaucoup investi pour plaire ».
Benoît Quennedey l’ignore sans doute, mais ce qu’il décrit en garde à vue correspond au schéma très classique de compromission et de recrutement des sources. À l’automne 2018, Le Figaro avait révélé le programme d’espionnage chinois en France, en s'appuyant sur une note commune de la DGSI et de la DGSE. Cette note, dont avait été également destinataire Mediapart, pointe comment « en vue de pénétrer à des fins d’espionnage les plus hautes sphères de l’administration », plus de 1 700 employés avaient été ‘‘tamponnés’’. Comme Quennedey qui se rend souvent en Corée du Nord, les Chinois invitent « les cibles les plus prometteuses » à l’étranger, « pour participer à un séminaire, donner des conférences ». Ensuite, écrivent les services français, « de retour dans son pays, la cible reçoit des instructions de son correspondant chinois qui lui demande régulièrement la rédaction de notes d’analyse […] sur des sujets d’actualité » avant de passer aux choses sérieuses.
Lors d’une audition devant la commission de la défense nationale et des forces armées de l’Assemblée nationale, le 10 mai 2016, l’ancien patron de la DGSI, Patrick Calvar, avait tiré la sonnette d’alarme : « Nous sommes aujourd’hui polarisés sur la lutte antiterroriste et nous ne voyons plus les dégâts causés par l’espionnage. […] Il en va de notre souveraineté, de notre capacité industrielle et économique, de notre recherche. »
Comme Mediapart l’avait raconté dans un article consacré à l’espionnage russe, les sénateurs membres de la commission des affaires étrangères et de la défense ont été conviés, le 7 mars 2018, à une demi-journée de sensibilisation à la protection de certaines informations, qui a été dispensée au palais du Luxembourg par des officiers de la DGSI. Les fonctionnaires à la direction de l’architecture, du patrimoine et des jardins n’avaient pas été conviés à cette formation. 
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Tout à la course atomique et balistique à laquelle elle se livre pour assurer sa souveraineté militaire, la République populaire démocratique de Corée consacrerait un quart de son PIB aux dépenses militaires. Une avancée substantifique (et gratuite) de son programme nucléaire allégerait le poids que la surenchère guerrière de son Cher Dirigeant Kim Jong-un fait peser sur l’économie du pays. La France, puissance dotée de l’arme atomique, offre un terrain de jeu à fort potentiel pour les espions du BGR que rencontre Benoît Quennedey.
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Kim Jong-un lors d'une conférence à Pyongyang, le 19 septembre 2018. © Pyeongyang Press Corps/Pool via REUTERS
En garde à vue, le président de l’Association d’amitié franco-coréenne reconnaît ce que la DGSI subodorait : par son entremise, la délégation générale cherche à rencontrer des experts français aux profils variés. Notamment, selon le contre-espionnage français, des scientifiques et ingénieurs pouvant contribuer au développement du programme nucléaire nord-coréen. L’énarque veille toutefois à minimiser son rôle, dans ce domaine, au seul cas d’un mathématicien mis en relation avec des homologues nord-coréens. Un mathématicien dont le champ d’études contient, selon le contre-espionnage français, d’évidentes applications militaires.
Dans le très dense portrait qu’il consacre à Quennedey, le magazine Society évoquait le cas de Damien Jamet, chercheur en mathématiques et informatique à l’université de Lorraine, dont les autorités françaises avaient refusé en 2016 le déplacement à l’université Kim-Il-sung, après qu’il avait été orienté dans ses démarches par l’administrateur du Sénat.
« C’est moi qui avais contacté l’AAFC et suis tombé sur Benoît qui tenait la permanence, restitue le mathématicien lorrain, contacté par Mediapart. Il m’a expliqué les démarches à suivre pour se rendre en Corée du Nord. » Après un premier voyage avec un ordre de mission de son université, Damien Jamet se verra refuser un second, en septembre 2016, par le Quai d’Orsay. « Dès lors qu’on fait de la recherche en sciences formelles, tout le monde s’imagine qu’on se rend là-bas pour apprendre aux Nord-Coréens à faire la bombe nucléaire… » Mediapart n’a pas pu établir si Damien Jamet était bien le mathématicien qui, considérait la DGSI, travaille dans un domaine intéressant l'armement militaire. « Mon domaine de recherches porte sur la combinatoire des mots, sourit Damien Jamet. Il n’y a là aucune application sécuritaire… C’est pour cela que je n’avais aucun scrupule à aller en Corée du Nord. Nous avons des doctorats, nous savons tout de même ce que nous faisons… »
Au cours de sa garde à vue, Benoît Quennedey a également été interrogé sur le rôle qu’il aurait joué en mettant en relation un ingénieur travaillant dans le nucléaire militaire et un diplomate nord-coréen en poste à Paris : le haut fonctionnaire du Sénat a nié. Certes, il connaît bien l’ingénieur en question, mais cela s’arrêterait là. Benoît Quennedey a une excuse toute trouvée pour être en relation avec l’ingénieur, l’épouse de ce dernier milite au sein de l’Association d’amitié franco-coréenne.
De manière générale, au cours de ses auditions, Benoît Quennedey jure n’avoir transmis aucune information sensible à ses amis nord-coréens. L’exploitation de son ordinateur établit pourtant que, dans un mail adressé à un membre de la délégation générale, l’administrateur du Sénat rappelle sa volonté que « la Corée du Nord parle d’égal à égal avec les États-Unis », tout en transmettant des informations à propos de l’armement nucléaire français. Des informations provenant de sources qu’on qualifie d’ouvertes (accessibles à tous) et dont l’usage n’est donc pas pénalement répréhensible. Interrogé à propos du mail et de son contenu, son avocat nous a déclaré :  « J’estime que je n’ai pas à vous répondre ».
Plus gênant pour Benoît Quennedey, il aurait avoué, du bout des lèvres (sa défense le conteste), avoir surveillé une manifestation organisée par une association dénonçant les violations des droits de l’homme en Corée du Nord. Il y a pris des photos de différents opposants participant à l’événement et aurait ensuite remis lesdites photos à un officier du BGR, le redoutable service de renseignement coréen. Si elle est établie, la transmission des photos est un élément matériel qui caractérise juridiquement la trahison.
Enfin, les officiers de police judiciaire en train de l’interroger et Benoît Quennedey ont parlé de l’École nationale supérieure d’architecture de Paris-La Villette.
*
C’est une histoire sans nom, sans début et sans fin. Le 14 novembre 2014, des policiers se présentent d’abord à l’école d’architecture de La Villette, puis au Crous de Paris. Une enquête pour « disparition inquiétante » a été ouverte par le parquet de Paris à la suite du signalement par l’école de l’absence prolongée d’un élève qui, depuis une quinzaine de jours, ne donne plus signe de vie. L’agence de presse sud-coréenne révèle l’affaire : un étudiant de Corée du Nord « a été kidnappé par des agents secrets nord-coréens déployés dans la capitale française ». Des « agents de Pyongyang » qui seraient venus chercher l’apprenti architecte à la sortie de son école, selon la version de divers médias sud-coréens.
Le kidnappé, un jeune homme identifié sous un simple nom de famille, Han, serait, selon l’agence Yonhap, le fils « d’un collaborateur de Jang Song-taek », oncle et mentor du dictateur nord-coréen Kim Jong-un, fusillé en décembre 2013 histoire d’assoir l’autorité de son neveu depuis peu au pouvoir. Dans la foulée, s’était ensuivie une purge de dignitaires proches de l’oncle déchu, dont le propre père de Han qui avait été exécuté.
Début novembre 2014, cela aurait été au tour de Han, étudiant en France, d’être récupéré par des séides du régime qui le conduisent à l’aéroport de Roissy-Charles-de-Gaulle en vue de le rapatrier dans son pays d’origine. Pourtant, l’enquête judiciaire s’arrête là.  Rencontrée, une source judiciaire se souvient : « On nous avait expliqué de ne plus nous inquiéter. On nous avait dit : ‘‘Il a été retrouvé !’’ Nous n’avons pas eu le droit à plus d’explication… » Après quelques articles, la presse française se désintéresse de cette mystérieuse disparition. À l’époque, des membres des cabinets ministériels demandaient aux journalistes, dont l’auteur de ces lignes, de ne surtout pas écrire ce qu’était devenu Han, « pour ne pas le mettre en danger ».
Que cherchaient à cacher les autorités françaises ? Que Han, sur le point d’embarquer à Roissy, avait réussi à échapper à ses ravisseurs. Et surtout que les services de renseignement français avaient récupéré l’étudiant, qui avait demandé l'asile et était placé depuis sous protection dans un lieu tenu secret. 
Han étudiait en France depuis 2011, comme neuf camarades de l’université Kim-Il-sung envoyés par Pyongyang et répartis dans les écoles nationales d’architecture de Paris-La Villette et Paris-Belleville. Un programme lancé en toute discrétion en 2002 par le Quai d’Orsay, le ministère de la culture et les autorités nord-coréennes, et dont l’existence avait été révélée par le site Streetpress.
Les dix élèves des écoles d’architecture parisiennes, triés sur le volet, figuraient parmi les très rares ressortissants de leur pays à avoir obtenu le privilège d'étudier à l’étranger. Cela n’allait pas sans contrepartie. Un homme était là pour les accueillir. Benoît Quennedey. « C’était un peu le mentor des étudiants, se souvient un professeur interrogé dans le récent portrait de Society. Il était très paternaliste avec eux et suivait leurs études attentivement. »
En garde à vue, l’administrateur du Sénat reconnaît – « tout en minimisant ses actes », précise une source proche du dossier – qu’en 2014, il avait communiqué à un membre du BGR des informations pour l’aider « à localiser » Han après que celui-ci avait échappé aux agents à l’aéroport et ce, alors qu’il n’ignorait pas que l’étudiant nord-coréen « risquait la mort » dans son pays… Des propos contestés aujourd'hui par sa défense, qui annonce que « le sujet sera évoqué devant le juge d’instruction bientôt ».
La stratégie du pion
*
La garde à vue touche à sa fin et, après quatre jours d’auditions, Benoît Quennedey craque. Un peu. A minima. Les exemples de comportements troubles qui peuvent lui être reprochés ont ébranlé celui qui n’est pas un habitué des procédures judiciaires. L’administrateur du Sénat finit par concéder qu’il a pu être le jouet des services secrets nord-coréens. Un aveu tempéré aussitôt : l’opération se serait faite à son corps défendant. L’énarque soutient que jamais, ô grand jamais, il n’a livré volontairement des informations à la Corée du Nord.
Par la suite, son avocat martèlera dans les médias le message : « Monsieur Quennedey n’a trahi ni la France ni personne, dira Me Florian Lastelle au micro de France Info. C’est un homme qui aujourd'hui clame son innocence et sa mise en examen va être contestée fermement. Et nous aurons tous les moyens de prouver son innocence. […] C’est un homme respectable qui n’a rien à se reprocher. »
Quand il nous rencontre vendredi 25 janvier, l’avocat annonce d’emblée : « Je ne confirmerai aucun élément. Le secret de l’enquête a été tellement violé… Moi j’y suis attaché. Je peux simplement vous dire que pour tous les gens que Benoît Quennedey a rencontrés, cela s’est fait de manière officielle au vu et au su de tout le monde. Jamais dans des cafés sombres. Et, pour faire cesser le fantasme, il ne connaît personne travaillant dans le domaine nucléaire. » La défense fait remarquer que les activités de l’association que préside son client étaient détaillées sur le site de celle-ci, notamment les échanges avec la délégation nord-coréenne à Paris.
Il est vrai que, dans un billet sur le site de l’Association d’amitié franco-coréenne daté du 30 mars 2011, il est raconté comment Benoît Quennedey et un autre membre de l’association ont envoyé « de la documentation technique dans les domaines de l'architecture et des chemins de fer » transmises « via DHL » à Pyongyang pour permettre à la Corée du Nord « d’atteindre son objectif de bâtir un pays puissant et prospère ». Le colis est énuméré dans ses moindres détails : du rapport de l’Institut national de recherche sur les transports et leur sécurité (Inrets) sur la Dynamique ferroviaire en coordonnées curvilignes aux ouvrages « sur les matériaux de construction (acier, verre, bois), l'urbanisme (résultats des concours Europan 8 et Europan 10), la construction de logements collectifs et les espaces publics, comportant à la fois des données techniques et des plans ». Sont même précisés dans quels ouvrages se trouvaient en complément des CD, un luxe de détails un peu ridicule, sauf à ce que l’auteur du billet n’ait cherché là à se prémunir contre de futures accusations de compromission. Le billet s’achève d’ailleurs avec une très officielle demande d’espionnage à ciel ouvert : « L’AAFC invite toutes celles et tous ceux qui disposent d'une documentation technique, correspondant à leur secteur de compétences ou à leurs centres d'intérêts, à se rapprocher d’elle : les actions d'échanges de documentations même modestes, offrent aux Coréens les moyens d'assurer le développement et la modernisation de leur pays »…
Alors où se trouve la vérité de Benoît Quennedey ? Serait-il un idiot utile, comme il le laisse à penser en garde à vue, arguant de sa naïveté, modeste fonctionnaire balloté par des forces qui le dépassent, ou une taupe sans scrupule agissant par conviction politique ? Policiers et magistrats s’accordent à dire que l’énarque est tout sauf idiot. « C’est une personnalité complexe, avoue une source judiciaire. Il est difficile à établir s’il agit par aveuglement ou s’il cherche à manipuler… Son mobile reste à déterminer. »
Et malgré son intelligence, il ne faut pas écarter que Benoît Quennedey ait été dupé par plus roués que lui. Depuis plus d’un an, deux femmes comparaissent devant la justice malaisienne pour l’assassinat en plein aéroport de Kuala Lumpur de Kim Jong-nam, le demi-frère aîné et potentiel rival du dictateur nord-coréen Kim Jong-un. Le 13 février 2017, les caméras de surveillance montrent deux femmes en train d’asperger le visage de Kim Jong-nam d’une substance transparente et inodore, identifiée plus tard comme du VX, un puissant agent neurotoxique classé arme de destruction massive. Kim Jong-nam mourra vingt minutes plus tard, dans l'ambulance qui le conduit à l’hôpital. « Une farce du style caméra cachée », jurent, depuis leur interpellation, les deux tueuses qui racontent avoir été trompées par quatre Nord-Coréens. Ils leur auraient demandé d’administrer « une huile pour bébé » dans le cadre d’un jeu télévisé.
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Benoît Quennedey a été plusieurs fois invité sur le plateau de RT France. © Capture d'écran.
À la différence des deux tueuses du demi-frère déchu – l’une masseuse indonésienne et l’autre actrice vietnamienne –, Benoît Quennedey offre un profil qui correspond aux critères classiques pour recruter une source, le fameux « MICE » (acronyme mnémotechnique des quatre mobiles classiques pour manipuler une taupe : « Money, Ideology, Compromission, Ego »). Au-delà de son endoctrinement, de ses convictions anciennes et constantes, le haut fonctionnaire peine à cacher ses blessures à l’ego. Plusieurs médias ont fait état du fait qu’il rêvait d’être affecté à la commission des affaires étrangères et de la défense du Sénat. Au lieu de cela, il s’est retrouvé à la direction de l’architecture, du patrimoine et des jardins.
Au moins, avec l’Association d’amitié franco-coréenne, il est reconnu comme une référence en matière de questions nord-coréennes, est invité sur les plateaux de télévision, la chaîne RT France, émanation de Russia Today, le présentant comme « expert en relations internationales ». France 24 le reçoit aussi.
La présidence de son association lui assure une surface diplomatique que ne lui a pas offerte sa carrière. Lors de son dernier voyage au pays du Matin calme en septembre dernier, il arbore au revers de sa veste une épinglette (pin's) représentant Kim Il-sung. Un honneur : le droit de porter le badge représentant le fondateur de la dynastie rouge du cru se mérite aux yeux du régime. Cette distinction n’est décernée qu’aux étrangers jugés de confiance. De retour, il se gargarise d’avoir été assis « à une vingtaine de mètres » du Cher Dirigeant Kim Jong-un lors de son discours, souligne que, lors d'une marche pour la paix, la banderole de l’AAFC « était la première du cortège ».
Au début de l’affaire, un visiteur français ayant eu l'occasion de croiser Benoît Quennedey à Pyongyang voilà une dizaine d'années, décrivait à Mediapart un « illuminé cependant très intelligent ». « Je pense qu’au fond de lui, il était conscient des problèmes de la Corée du Nord, mais qu'il trouvait des excuses au régime. En raison d’un très fort anti-américanisme, d'un goût des causes perdues, du plaisir de prendre le contre-pied des autres. Être un loyaliste de la Corée du Nord, c'est une façon d'exister. Les gens comme Quennedey savent que leurs positions sont au fond indéfendables, mais au moins ils ont l'impression de compter. »
On songe à La Défection de A.J. Lewinter, le premier roman d’espionnage de Robert Littell, dans lequel un ingénieur américain passe à l’Est. De part et d'autre du rideau de fer, les services secrets n’arrivent pas à concevoir que Lewinter livre des secrets sur l’arsenal nucléaire des États-Unis parce qu’il est déçu de n’avoir pu obtenir les moyens de mettre au point… un système d’élimination des ordures de son invention.
Lire aussi
Corée du Nord: espion, es-tu là? Par Antoine Perraud et Matthieu Suc
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Le 29 novembre, à l’issue de sa garde à vue, Benoît Quennedey a été présenté devant le procureur de la République, puis mis en examen pour « trahison par livraison à une puissance étrangère d’informations susceptibles de porter atteinte aux intérêts fondamentaux de la Nation » et « intelligence avec une puissance étrangère ». Sa mise en examen est assortie d’un placement sous contrôle judiciaire lui interdisant de quitter le territoire, d’exercer sa profession et d’entrer en contact avec certains protagonistes de son affaire. Au titre de l’article 411-6 du code pénal, il encourt quinze ans de réclusion criminelle et 225 000 euros d’amende.
Une demande d'entretien avec Benoît Quennedey a été transmise par le biais de son avocat, il n'a pas donné suite. On s'est rendu jeudi 24 janvier à la Maison des associations, dans le XVIe arrondissement, où l’Association d’amitié franco-coréenne tient une permanence un soir par semaine. Dans l’espoir de le rencontrer. À sa place, Patrick Kuentzmann, le secrétaire général de l’AAFC. Il trie le courrier. « Les adhésions sont reparties, c’est essentiel avec tout le mal qu’a fait cette affaire à notre association, à Benoît et à sa famille. » Il refuse d’en dire plus et renvoie vers l’avocat de Quennedey. Je décline mon identité et indique travailler pour Mediapart. 
« Oui, je sais. Vous êtes sur le terrorisme mais vous vous trompez, il n’y a pas de terrorisme ici ! »
Je lui précise écrire à l’occasion sur le contre-espionnage.
« Il n’y a pas d'espionnage non plus. »
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Les actionnaires de Bouygues favorisés au détriment de l'intérêt national
Ma question s'adresse à M. le Premier ministre.
Dans le cadre du projet d'absorption d'Alstom par Siemens, le ministre de l'économie et des finances, M. Le Maire, a annoncé son intention de ne pas lever l'option d'achat des actions détenues par le groupe Bouygues dans le capital d'Alstom. L'argument invoqué par le ministre de l'économie est que « l'État a un rôle à jouer dans l'économie, mais ce rôle [...] n'est pas d'être assis sur un strapontin... ».
Cet argument désolant est irrecevable, car, en rachetant les actions détenues par Bouygues, l'État deviendrait le premier actionnaire d'Alstom avant son absorption par Siemens, ce qui lui permettrait de peser sur les choix stratégiques ultérieurs. M. Le Maire prétend que l'État serait plus efficace en se contentant de figurer dans un comité de suivi. Or, malgré la création d'un tel comité concernant le site de Belfort, les engagements pris sont loin d'être tenus.
Par ailleurs, lors de l'absorption d'Alstom-énergie par General Electric, des promesses avaient été faites par le groupe américain à M. Macron, alors ministre, de créer un millier d'emplois en France. À ce jour, General Electric en a, en fait, supprimé autant, comme à Grenoble dernièrement, où notre collègue Guillaume Gontard a apporté son soutien aux salariés de General Electric Hydro.
Une coopération étroite entre grands groupes industriels du ferroviaire est nécessaire, mais l'opération en cause n'est européenne que dans ses naïves intentions françaises, comme l'a écrit l'AGEFI. Il faut en finir avec ce dogme consistant à prétendre que, pour coopérer efficacement, il faut fusionner. Avec l'absorption d'Alstom par Siemens, près de 2 milliards d'euros, qui pourraient servir à autre chose, seront dilapidés en dividendes et primes de contrôle aux actionnaires, soit l'équivalent de huit années du budget de R&D d'Alstom.
Tout se passe comme si le Gouvernement favorisait les intérêts financiers des actionnaires de contrôle du groupe Bouygues au détriment de l'intérêt national. Monsieur le Premier ministre, ne dilapidez pas les atouts stratégiques d'Alstom ! Nous vous demandons instamment d'exercer l'option d'achat de l'État sur les titres détenus dans Alstom par le groupe Bouygues et de suspendre l'opération annoncée pour ouvrir un large débat démocratique sur les conditions d'une alliance effective entre égaux,…
M. le président. Il faut conclure !
M. Pierre Laurent. … sans exclure a priori, pour des raisons idéologiques, l'idée d'un contrôle public de dimension européenne sur la nouvelle entité qui serait créée. (Applaudissements sur les travées du groupe CRCE.)
M. le président. La parole est à M. le secrétaire d'État chargé des relations avec le Parlement, porte-parole du Gouvernement.
M. Christophe Castaner, secrétaire d'État auprès du Premier ministre, chargé des relations avec le Parlement, porte-parole du Gouvernement. Vous avez raison, voilà un dossier dans lequel l'idéologie n'a pas sa place. En effet, quand il s'agit de créer un champion industriel européen, de défendre cette ambition européenne et les emplois concernés, nous ne devons pas avoir d'approche idéologique.
Lorsque l'État a négocié avec Bouygues les titres et le portage, son objectif était de stabiliser le capital de l'entreprise tout en l'accompagnant dans la conduite et l'élaboration de ce projet stratégique. Il poursuivait un seul objectif : trouver une garantie pérenne pour l'emploi et pour notre économie. Ce sera désormais chose faite, monsieur le sénateur, avec le rapprochement d'Alstom et de Siemens Mobility. L'État actionnaire a donc joué son rôle d'accompagnement de l'entreprise dans cette phase de transition stratégique alors nécessaire pour une entreprise qui était menacée.
La nouvelle entreprise aura un actionnariat stable, avec un ancrage franco-allemand solide, un projet stratégique clair reposant sur des positions et des technologies reconnues. Notre objectif est en effet que l'État puisse rester un acteur majeur pour la nouvelle entreprise grâce à la commande publique et en s'adossant sur les régions, lesquelles seront, là encore, des acteurs majeurs. Dans ces conditions, la présence de l'État au capital en tant qu'actionnaire minoritaire n'aurait strictement aucun intérêt pour la gouvernance de cette entreprise. Nous avons préféré négocier des engagements clairs, qui permettent, dans le cadre de ce rapprochement, de faire émerger un champion européen, mais un champion européen qui s'engage.
L'accord avec Siemens reposait sur la condition que l'État ne lève pas cette option et ne soit pas au capital. C'est justement cette discussion qui a permis de dégager des garanties, qu'il s'agisse d'assurer la pérennité des emplois, de préserver l'équilibre de la gouvernance, de maintenir le siège en France ou de conserver une direction générale française.
M. le président. Il faut conclure !
M. Christophe Castaner, secrétaire d'État. C'est au nom de cette ambition que l'État ne pratique pas la spéculation sur les titres de Bouygues. Nous avons un État stratège, qui vise un seul objectif : la pérennité des sites et des emplois !
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zehub · 4 years
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Les frontières franco-allemandes vont ouvrir peu à peu jusqu’au 15 juin
Les ministres de l’Intérieur allemand et français, Horst Seehofer et Christophe Castaner, se sont entretenus ce mercredi au sujet des restrictions de circulation aux frontières mises en place pour contenir la circulation du coronavirus. S’agissant de la frontière franco-allemande, les deux ministres se sont entendus sur l’objectif d’un maintien des restrictions de circulation jusqu’au 15 juin.
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piranot · 5 years
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Vasco x Goiás: Onde Assistir e Escalações da 3ª fase da Copa do Brasil
O Vasco e o Goiás finalmente se enfrentam na noite desta quinta-feira, 12 de março de 2020, em jogo válido pela 3ª fase da Copa do Brasil. A partida tem início às 21h30 e acontece no São Januário, no Rio de Janeiro. Este é o primeiro duelo entre ambas as equipes. O próximo está marcado para a próxima quinta-feira, dia 19, em Goiânia.
Vasco x Goiás – 3ª fase da Copa do Brasil. Foto: GloboEsporte.
Vamos começar falando do Vasco. O time está sob bastante pressão, visto que tem feito uma campanha não tão boa no Carioca. Além disso, tanto o elenco quanto a comissão técnica estão sob cobrança.
Após tropeçar no início da temporada, perdendo para o Sol de América, do Paraguai, o Goiás vem com tudo na partida de hoje. Após vencer por 2 a 0 o Santo André, em um jogo fora de casa, o time do técnico Ney Franco promete vir com a mesma fórmula, e claro, com o mesmo elenco.
Provável escalação dos times
Vasco: Fernando Miguel; Leandro Castan; Werley; Henrique; Yago Pikachu; Andrey; Guarín; Raul; Vinícius; Marrony; Cano. Quem está fora: Talles Magno (lesionado). Técnico: Abel Braga.
Goiás: Tadeu; Rafael Vaz; Fábio Sanches; Pintado; Caju; Sandro; Léo Sena; Daniel Bessa; Keko; Victor Andrade; Rafael Moura. Quem está fora: O volante Gilberto. Técnico: Ney Franco.
Tabela de Classificação da Copa do Brasil
Arbitragem do jogo Vasco x Goiás
Árbitro: Thiago Duarte Peixoto (SP). Auxiliar 1 e 2: Miguel Cataneo Ribeiro da Costa (SP) e Luiz Alberto Andrini Nogueira (SP).
Ficha técnica de Vasco x Goiás
Campeonato: Copa do Brasil Rodada: 3ª Fase Local do jogo: São Januário, Rio de Janeiro (RJ) Data: 12 de março de 2020, quinta-feira, às 21h30 (Horário de Brasília)
Onde Assistir Vasco x Goiás AO VIVO
Para assistir ao vivo pela TV, é só sintonizar no canal SporTV. O jogo Vasco x Goiás será comentado por Jader Rocha e terá comentários de Pedrinho e Paulo Nunes.
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apostasonlinefc · 5 years
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Apostas: Flamengo vs Vasco: Caso o Rubro-Negro vença, ficará com as duas mãos na taça
Campeonato Brasileiro Série A – 33ª Rodada
Nesta quarta-feira, terá mais um grande clássico válido pelo Campeonato Brasileiro Série A, desta vez entre Flamengo e Vasco. O palco do confronto será o glorioso Estádio Maracanã, no Rio de Janeiro. No último embate disputado entre ambas, o Flamengo levou a melhor sob os domínios do adversário e venceu por 4×1. O Flamengo segue o líder isolado da competição, enquanto o time do Vasco é o 11º colocado.
Flamengo
O Rubro-Negro carioca irá a campo por mais uma partida válida pelo Brasileirão, desta vez no clássico contra o Vasco da Gama. O Flamengo segue cada vez mais líder da competição com 77 pontos somados em 32 jogos disputados, com 68 gols marcados e 26 gols sofridos. Além disso, o time de Jorge Jesus possui disparado o melhor ataque do Brasil no ano e no campeonato.
Nos últimos 12 jogos disputados até momento na temporada, o Rubro-Negro possui 10 vitórias e 2 derrotas. Somado a isso, não sofrem uma derrota há quase três meses. Em seu último e mais recente embate, venceu no Maracanã o time do Bahia por 3×1. Além disso, próximo ao término do confronto a torcida empurrava o time com o quântico de “é Campeão”. Jorge Jesus o experiente treinador irá a campo novamente com o que possuir de melhor em seu elenco. Arrascaeta é a possível dúvida.
Vasco
A equipe do Vasco irá para mais um grande e difícil duelo válido pelo Brasileirão, desta vez diante do líder e rival, Flamengo. A equipe visitante atualmente ocupa a 11ª colocação na tabela com 42 pontos somados em 32 partidas, 31 gols marcados e 37 gols sofridos. Caso vença, o Cruzmaltino garantirá sua permanência na Série A da competição e deixará para trás as chances de rebaixamento nessa temporada.
Nas últimas 12 partidas disputadas pelo Vasco até o momento na temporada, foram 3 empates, 4 derrotas e 5 vitórias. Em seu último e mais recente confronto venceu longe de seus domínios o time do CSA por 3×0. O treinador  Vanderlei Luxemburgo irá a campo com o que possuir de melhor em seu elenco. O zagueiro Leandro Castan será o principal desfalque e possivelmente o substituto Ricardo Graça também, será dúvida para o embate.
Sugestão de Aposta
O Flamengo está próximo de conquistar o título da competição, portanto nessa rodada tentará somar os três pontos ao lado de seu torcedor. O esperado é que o Flamengo tome a iniciativa da partida, assim indo com tudo para cima desde o pontapé inicial e tentando marcar um gol logo nos minutos iniciais. O Vasco da Gama quer uma vaga para a sul-americana, então nessa partida tentará se impor e assim aplicar uma forte marcação para segurar os donos da casa. Pelo fato de atuar dentro de casa, o time do Flamengo é franco favorito para o jogo e deverá mostrar isso desde o início do duelo. A minha sugestão de aposta será na vitória do Flamengo ao intervalo do jogo.
Aposta Recomendada
Flamengo para Vencer ao Intervalo @1.85 na Melbet Brasil
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tvnveracruz · 5 years
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Reaparecen los 400 pueblos en la capital del estado para manifestarse en contra de funcionarios de la pasada administración estatal
Reaparecen los 400 pueblos en la capital del estado para manifestarse en contra de funcionarios de la pasada administración estatal
Xalapa, Ver. 2 de julio.- De nueva cuenta reaparecen los 400 pueblos para manifestarse en contra de Miguel Ángel Yunes Linares, el Fiscal General de Veracruz Jorge Winkler Ortiz y Rogelio Franco Castan al igual que entornos funcionarios de la pasada administración, quienes permanecerán en un plantón indefinido en la Plaza Lerdo.
El líder del movimiento dio a conocer que después de haber estado…
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antikorg · 5 years
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Castaner, le pétrin et la pitié
Castaner, le pétrin et la pitié
LR: bye bye Castaner ! La curée a en effet commencé… C’est l’Express du groupe du sulfureux milliardaire franco-israélien (résidant en Suisse) Patrick Drahi (grand ami de la macronie) qui aura lancé, à la dynamite, l’entreprise de démolition. La manière est particulièrement vacharde…
https://blogs.lexpress.fr
 Hervé Karleskind, publié le 04/05/2019
Les paupières en capote de fiacre,…
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universallyladybear · 6 years
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Et de l’avenue george v a été incendiée en fin de contrat hors assurance(s et/ou prestation(s facultative(s sera de 29193,20 euros ttc dont des frais de dossiers de 716,40 euros…
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Castaner s'inquiète des «forts mouvements migratoires» à la frontière franco-espagnole
Castaner s’inquiète des «forts mouvements migratoires» à la frontière franco-espagnole
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reseau-actu · 6 years
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Le ministre de l'Intérieur a annoncé lundi un renfort d'effectifs sur les Pyrénées. Il envisage également la nomination d'un coordinateur dans la zone.
Les flux migratoires sont-ils en train de se déplacer? C'est le constat que font depuis plusieurs mois les spécialistes de la police aux frontières (PAF). Alors qu'ils se dirigeaient auparavant en Italie, les migrants se tournent désormais vers l'Espagne. Le phénomène a été observé «avant l'arrivée du nouveau gouvernent italien et de Matteo Salvini», a affirmé lundi à l'AFP le procureur de Perpignan, Jean-Jacques Fagni. Selon le magistrat, il y a ainsi «un fort développement des filières d'immigration clandestine dans les Pyrénées-Orientales».
» LIRE AUSSI - Migrants: l'Espagne dépasse l'Italie en nombre d'arrivées par mer
«Il y a des mouvements migratoires forts sur les Pyrénées, une montée en puissance sur les Pyrénées-Orientales»
En France, ces affaires semblent commencer à inquiéter le gouvernement. Le ministre de l'Intérieur, Christophe Castaner, s'est rendu lundi au centre de coopération franco-espagnole policière et douanière (CCPD) du Perthus. «Il y a des mouvements migratoires forts sur les Pyrénées, une montée en puissance sur les Pyrénées-Orientales. Ce qui est essentiel, c'est de travailler collectivement. Il y a ici une grande coopération des services espagnols et français», s'est-il inquiété.
Renforcer la frontière européenne
L'ancien porte-parole du gouvernement a annoncé son intention de «rendre plus efficace cette coopération» face à l'augmentation de la pression migratoire. «L'Espagne a vu augmenter ses entrées de 150 %», a-t-il précisé. Et d'ajouter: «L'enjeu pour la France est triple: travailler avec les pays d'origine des migrants, travailler avec les pays de transit dont le Maroc, et travailler sur la frontière européenne qu'il faut renforcer».
» LIRE AUSSI - Quel est le poids de l'immigration économique en France?
Conséquence, Christophe Castaner a annoncé lundi un renfort d'effectifs sur les Pyrénées. Il envisage également la nomination d'un «coordinateur» dans la zone. Fin octobre, le ministre avait déjà évoqué la création d'un «coordonnateur sécurité», dans une interview au JDD. Il s'agirait d'un haut fonctionnaire, chargé de «mieux organiser les contrôles et le dialogue avec les autorités espagnoles». «On a recensé en Espagne 48.000 entrées irrégulières en provenance du Maroc» et «les non-admissions à la frontière franco-espagnole ont augmenté de près de 60% dans les Pyrénées-Atlantiques par rapport à l'an passé», avait-il affirmé.
Exemple concret début octobre, lorsque deux Pakistanais qui convoyaient vingt-quatre compatriotes entre l'Italie et l'Espagne, «entassés dans un petit fourgon Iveco», ont écopé de trois ans de prison ferme en comparution immédiate. Des taxis avec «des chauffeurs d'origine vietnamienne», des trains, TGV ou petites lignes, des autocars, «aussi bien Euroline que de petites compagnies du Maghreb», les passeurs ont recours à tous les moyens de transport existants.
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charlesmartel732 · 6 years
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Collomb a décidé d’expulser un Algérien qui applaudit Merah, pas sûr que Castaner exécute la décision
48 ans passés en France grâce à l’accord franco-algérien et toujours pas intégré : enfin expulsé ! 48 ans. C’est ce qu’il aurait fallu pour qu’enfin soit expulsé un Algérien entré en France en 1970 et associé à des affaires de terrorisme. La CAA de Paris a rendu sa décision le 12 octobre 2018, alors […] from Résistance Républicaine https://ift.tt/2OxEsNg via IFTTT
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