#Filosofia in carcere
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gregor-samsung · 2 years ago
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Note di cultura italiana. La scienza e la cultura.
“ Le correnti filosofiche idealistiche (Croce e Gentile) hanno determinato un primo processo di isolamento degli scienziati (scienze naturali o esatte) dal mondo della cultura. La filosofia e la scienza si sono staccate e gli scienziati hanno perduto molto del loro prestigio. Un altro processo di isolamento si è avuto per il nuovo prestigio dato al cattolicesimo e per il formarsi del centro neoscolastico. Così gli scienziati «laici» hanno contro la religione e la filosofia più diffusa: non può non avvenire un loro imbozzolamento e una «denutrizione» dell’attività scientifica che non può svilupparsi isolata dal mondo della cultura generale. D’altronde: poiché l’attività scientifica è in Italia strettamente legata al bilancio dello Stato, che non è lauto, all’atrofizzarsi di uno sviluppo del «pensiero» scientifico, della teoria, non può per compenso neanche aversi uno sviluppo della «tecnica» strumentale e sperimentale, che domanda larghezza di mezzi e di dotazioni. Questo disgregarsi dell’unità scientifica, del pensiero generale, è sentito: si è cercato di rimediare elaborando, anche in questo campo, un «nazionalismo» scientifico, cioè sostenendo la tesi della «nazionalità» della scienza. Ma è evidente che si tratta di costruzioni esteriori estrinseche, buone per i Congressi e le celebrazioni oratorie, ma senza efficacia pratica. E tuttavia gli scienziati italiani sono valorosi e fanno, con pochi mezzi, sacrifici inauditi e ottengono risultati mirabili. Il pericolo più grande pare essere rappresentato dal gruppo neoscolastico, che minaccia di assorbire molta attività scientifica sterilizzandola, per reazione all’idealismo gentiliano. (�� da vedere l’attività organizzatrice del Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’efficacia che ha avuto per sviluppare l’attività scientifica e tecnologica, e quella delle sezioni scientifiche dell’Accademia d’Italia). “
Antonio Gramsci, Quaderni del carcere [Quaderno 14 - 1932-35; par. 38], Einaudi, 2007, pp. 1694-95; edizione critica dell’Istituto Gramsci, a cura di Valentino Gerratana.
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omarfor-orchestra · 1 year ago
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Finirà che alla peggio ci daranno manuel che si accolla la bionda con la mocciosa al seguito e simone rimane appeso perché mimmo alla fine tornerà in carcere, alla meglio ci daranno un finale aperto magari piazzandoci un bacio all'ultimo secondo giusto per darci il contentino e tanti saluti arrivederci alla 3 stagione Ovviamente sfanculando il percorso di accettazione di manuel e le mille altre questioni che hanno tralasciato perché non hanno la minima idea di come trattarle in maniera adeguata. E a sto punto se questi sono i presupposti possono fare a meno di scriverla un'altra stagione, perché non siamo qua per farci prendere in giro lo sappiamo noi e lo sanno benissimo anche loro che la serie ha avuto e continua ad avere questo successo solo grazie ai simuel e se davvero ci hanno marciato sopra per così tanto per poi darci solo briciole allora meritano di fallire. Scusa lo sfogo ma dopo le puntate di ieri sono molto amareggiata 💔 non è solo per la ship ma per quello che rappresenta e il fatto che venga negata la giusta rappresentazione di un personaggio bisessuale mi fa rimanere male
Infatti secondo me la terza stagione flopperà, perché se pensano veramente che vediamo la serie per la filosofia non hanno capito proprio un cazzo e devono assumere qualcuno che si occupi del marketing
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parmenida · 11 months ago
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Corrado Augias sulla prigione dell'ignoranza
«Ricordo ancora la domanda che fece il Professore di Filosofia il primo giorno di liceo: A CHE SERVE studiare? Chi sa rispondere?
Qualcuno osò rispostine educate: a crescer bene, a diventare brave persone…
Niente, scuoteva la testa.
Finché disse: Ad evadere dal carcere.
Ci guardammo stupiti.
L’ignoranza è un carcere. Perché là dentro non capisci e non sai che fare.
In questi cinque anni dobbiamo organizzare la più grande evasione del secolo. Non sarà facile, vi vogliono stupidi, ma se scavalcate il muro dell’ignoranza poi capirete senza dover chiedere aiuto. E sarà difficile ingannarvi. Chi ci sta?
Mi è tornato in mente quell’episodio indelebile, leggendo che solo un ragazzo su venti capisce un testo. E penso agli altri diciannove, che faticano ad evadere e rischiano l’ergastolo dell’ignoranza.
Uno Stato democratico deve salvarli perché è giusto. E perché il rischio poi è immenso: le menti deboli chiedono l’uomo forte.»
Corrado Augias, La Repubblica, 6 dicembre 2019
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edicoladelcarmine · 2 years ago
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LO SAPEVI CHE?
Oggi, 9 Agosto, si ricorda Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein), Vergine e Martire dell'Ordine delle Carmelitane Scalze ed oggi Patrona d'Europa.
Nata ed educata nella religione ebraica, dopo avere per alcuni anni tra grandi difficoltà insegnato filosofia, riuscendo a imporsi accanto ad uno dei grandi maestri della filosofia del Novecento, Edmund Husserl, intraprese con il battesimo una vita nuova in Cristo, proseguendola sotto il velo delle vergini consacrate, finché sotto un empio regime contrario alla dignità umana e cristiana (Nazismo) fu gettata in carcere lontana dalla sua terra e nel campo di sterminio di Auschwitz, vicino a Cracovia in Polonia, fu uccisa in una camera a gas.
Fino a 13 anni fu atea perché non riusciva a credere nell'esistenza di Dio, ma protesa in una ricerca incessante e radicale della verità, impegnata nella soluzione dei grandi problemi della vita, non poteva non imbattersi nella verità di Dio. Fu Beatificata il 1 maggio 1987 nel Duomo di Colonia e Canonizzata l'11 ottobre 1998 nella basilica di San Pietro a Roma sempre da papa Giovanni Paolo II, il quale l'ha dichiarata patrona d'Europa.
Per saperne di più: https://www.vaticannews.va/it/santo-del-giorno/08/09/santa-teresa-benedetta-della-croce--edith-stein---vergine-e-mart.html
Per aggiungere informazioni: [email protected]
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mypickleoperapeanut · 2 years ago
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"L'ignoranza è un carcere"
Studiare, serve ad evadere dal carcere dell' ignoranza, ma attenzione, si sarà in grado di raggiungere la libertà di pensiero se ciò che si è imparato sarà stato in grado di farci capire, comprendere ed elaborare, pensieri autonomi e comportamenti indipendenti, a respingere le ideologie confutandone le illogicità, a rifiutare e mai tollerare dottrine aberranti.
La studio non è l'acquisizione di dati e date, da classificare in buon ordine nella biblioteca della mente ed eventualmente sciorinare all'occorrenza, ma l'insieme di tante informazioni capaci di sviluppare la capacità critica individuale, che è l'unico processo utile per capire, il necessario strumento per non subire, indispensabile mezzo per non farci imprigionare.
Ci sono stati, ci sono e probabilmente continueranno ad esserci buoni insegnanti che insegnano, alcuni con una discreta capacità nozionistica, ma non in grado di sviluppare coscienze, per queste ci vogliono precettori capaci di educere, in grado di tirare fuori quelle peculiarità individuali che caratterizzano e identificano ognuno di noi, non renderci uguali nel sapere, ma unici nel mettere in pratica la conoscenza acquisita.
Riccardo Rescio I&f Arte Cultura Attualità
Firenze 29 luglio 2023
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effemeridiscettiche · 2 years ago
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yoopinosi · 5 years ago
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O espiritualista descarta o corpo e dá maior valoração a alma. Trazendo para si o que dizia Platão que o corpo é o cárcere da alma,
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donaruz · 2 years ago
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“Imparare a leggere e scrivere per conoscere tutto il resto dell'umanità”.
Quale augurio migliore di queste parole di Alberto Manzi per il primo giorno di scuola?
Alberto Manzi non è solo il maestro che ha insegnato a leggere e scrivere agli italiani, quando in un’Italia piena di belle speranze ma ancora poco alfabetizzata, condusse il programma “Non è mai troppo tardi”. Andato in onda dal 1960 al 1968, è sicuramente un capolavoro di pedagogia, premiato e imitato in altri settantadue paesi, espressione massima della Rai come servizio pubblico.
Alberto Manzi è molto di più.
È un maestro che ha la vocazione dell’insegnamento e non ha paura di iniziare dalle aule più difficili: dopo la guerra, nel 1946, accetta l’incarico, che altri prima di lui avevano rifiutato, di insegnare nel carcere minorile “Aristide Gabelli” di Roma. Non è semplice: in un enorme stanzone senza banchi, senza sedie, senza nemmeno libri, sono riuniti bambini e ragazzi tra i 9 e i 17 anni con storie terribili alle spalle. Ma Alberto Manzi non si perde d’animo e alla fine riesce a guadagnare la loro fiducia inventando e sperimentando metodi didattici innovativi. Racconta storie e le fa raccontare e recitare ai ragazzi. Insieme pubblicano “La tradotta”, il giornale del carcere, un modo per tirar fuori le emozioni di questi ragazzi che troppo presto hanno conosciuto la durezza della vita.
È un maestro che dal 1955 fino al 1977 trascorre le sue estati in Sud America. All’inizio nella foresta amazzonica con un incarico dell’università di Ginevra per studiare le formiche (Alberto Manzi era anche laureato in biologia oltre che in pedagogia e filosofia). Poi si sposta in Perù e in Bolivia, dove capisce che per gli indios è fondamentale l’istruzione per reagire alle ingiustizie e ai soprusi. Ma non si limita ad insegnare a leggere e scrivere. Li aiuta a costituirsi in piccole cooperative agricole, a organizzarsi per non essere sfruttati. Quindi si attira le antipatie delle autorità che lo dichiarano persona non gradita. Ma lui continuerà ad andarci lo stesso.
È un maestro che capisce le potenzialità dei mezzi di comunicazione e oltre al celebre “Non è mai troppo tardi” e altri programmi nel corso degli anni, usa anche la radio per raccontare storie, insegnare a grandi e piccoli, o meglio come disse lui: “Non insegnavo a leggere e scrivere: invogliavo la gente a leggere e a scrivere”.
È un maestro scrittore e poeta, e per le sue opere avrà molti premi e riconoscimenti.
È un maestro che insegna all’università, ma poi la lascia per dedicarsi alla scuola elementare “Fratelli Bandiera” di Roma, dove resterà fino alla pensione.
È un maestro che scrive alle istituzioni, per protestare contro una scuola considerata inadeguata, fredda, sorda alle esigenze dei bambini. Tanto insofferente alle categorie asettiche della scuola, che nel 1981 Manzi si rifiuta di compilare le schede di valutazione: “Non posso bollare un ragazzo con un giudizio, perché il ragazzo cambia, è in movimento; se il prossimo anno uno legge il giudizio che ho dato quest'anno, l'abbiamo bollato per i prossimi anni”. Davanti alle pressioni del Ministero della Pubblica Istruzione, l’anno successivo apporrà un timbro su ogni scheda: “fa quel che può, quel che non può non fa”.
È un maestro ormai anziano e in pensione, ma che sa sempre che l’istruzione è l’unico antidoto alla violenza e all’ingiustizia, e quindi nel 1992 realizza un programma per la RAI: “Impariamo insieme” per insegnare l’italiano agli extracomunitari.
È un maestro che non smette mai di credere nel potere dell’istruzione e nella forza dei bambini, ai quali diceva “Siete capaci di camminare da soli a testa alta, perché nessuno di voi è incapace di farlo”.
Non è mai troppo tardi per ricordare Alberto Manzi, maestro speciale.
Ed è di buon augurio ricordarlo oggi, ancora, all’inizio di un nuovo anno scolastico…
Buona scuola a tutti!
🦋 La farfalla della della gentilezza 🦋
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corallorosso · 3 years ago
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«Ricordo ancora la domanda che fece il professore di filosofia il primo giorno di liceo: 'A che serve studiare? Chi sa rispondere?". Qualcuno osò rispostine educate: "a crescer bene", "a diventare brave persone". Niente, scuoteva la testa. Finché disse: "Ad evadere dal carcere". Ci guardammo stupiti. "L’ignoranza è un carcere. Perché là dentro non capisci e non sai che fare. In questi cinque anni dobbiamo organizzare la più grande evasione del secolo. Non sarà facile, vi vogliono stupidi, ma se scavalcate il muro dell’ignoranza poi capirete senza dover chiedere aiuto. E sarà difficile ingannarvi. Chi ci sta?". Mi è tornato in mente quell’episodio indelebile leggendo che solo un ragazzo su venti capisce un testo. E penso agli altri diciannove, che faticano ad evadere e rischiano l’ergastolo dell’ignoranza. Uno Stato democratico deve salvarli perché è giusto. E perché il rischio poi è immenso: le menti deboli chiedono l’uomo forte». Mai come oggi attuali le parole di Corrado Augias. Un tempo l’Italia fuggiva dall’analfabetismo, vedeva l’ignoranza come un male, una vergogna. Oggi per tanti è quasi un vanto, un orgoglio. Risorgere come Italia significa paradossalmente ritornare indietro: a quando l’ignoranza veniva percepita come un carcere da cui evadere. Mostra meno Leonardo Cecchi
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zombola · 3 years ago
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Ricordo ancora la domanda che fece il professore di filosofia il primo giorno di liceo:
"A che serve studiare? Chi sa rispondere?".
Qualcuno osò rispostine educate: "a crescer bene", "a diventare brave persone". Niente, scuoteva la testa. Finchè disse: "Ad evadere dal carcere".
Ci guardammo stupiti. "L’ignoranza è un carcere. Perchè là dentro non capisci e non sai che fare.
In questi cinque anni dobbiamo organizzare la più grande evasione del secolo. Non sarà facile, vi vogliono stupidi, ma se scavalcate il muro dell’ignoranza poi capirete senza dover chiedere aiuto. E sarà difficile ingannarvi. Chi ci sta?".
Mi è tornato in mente quell’episodio indelebile leggendo che solo un ragazzo su venti capisce un testo. E penso agli altri diciannove, che faticano ad evadere e rischiano l’ergastolo dell’ignoranza.
Uno Stato democratico deve salvarli perchè è giusto. E perchè il rischio poi è immenso: le menti deboli chiedono l’uomo forte.
Corrado Augias
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rpallavicini · 3 years ago
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A che serve studiare?
A che serve studiare?
Caro Augias, ricordo ancora la domanda che ci fece il professore di Filosofia il primo giorno di liceo: «A che serve studiare? Chi sa rispondere?». Qualcuno osò rispostine educate («a crescere bene…», «a diventare brave persone…»). Niente, scuoteva la testa. Finché disse: «Ad evadere dal carcere». Ci guardammo stupiti. «L’ignoranza è un carcere — aggiunse —. Perché là dentro non capisci e non sai…
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superfuji · 4 years ago
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L’idea che i diritti siano qualcosa che ci si deve guadagnare con la buona condotta o, peggio ancora, con il proprio contributo alla società, risuona spesso nell’opinione pubblica. Il caso della cittadinanza è forse l’esempio più noto: ottenerla in Italia è un processo molto lungo e spesso inconcludente, ma a volte viene concessa in via semplificata a “immigrati modello” che hanno compiuto azioni eroiche di vario tipo. In casi del genere l’encomio è garantito, da destra ma anche da sinistra, e suona come un “Per stare nel nostro Paese come cittadino, devi meritartelo”. Questo succede perché l’idea che i diritti non siano qualcosa di scontato, ma di riservato solo a chi si comporta bene, è riuscita a insinuarsi con efficacia nella nostra società. Quando emerge la notizia dell’ennesima violazione dei diritti umani in carcere, per esempio, c’è sempre chi sostiene che bastava che il detenuto non ci finisse se non voleva subire abusi. L’attenzione si sposta così dall’assenza di diritti costituzionalmente garantiti al giudizio su ciò che la persona ha commesso. Questa visione del diritto come di una tensione costante tra il potere e il cittadino, un ciclico do ut des in cui la morale diventa la chiave di accesso a ciò che dovrebbe invece riguardare la dignità di ciascuno, è lo specchio di una sistema in cui l’utilità è l’unica variabile che conta.
Secondo Jessica Whyte, professoressa associata di Filosofia alla School of Humanities and Languages dell’Università del New South Wales, la visione “meritocratica” dei diritti umani ha anche una data di nascita. Nel 1947, mentre cominciava l’istituzionalizzazione della materia attraverso la creazione della Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, venne anche fondata la Mont Pelerin Society, espressione di una nuova scuola economica che prende il nome di neoliberismo. Questi due organi, all’apparenza inconciliabili, incrociarono spesso la loro storia: nel 1976, per esempio, venne assegnato il Nobel per l’Economia a Milton Friedman, tra i principali esponenti della Mont Pelerin Society; l’anno successivo quello per la pace ad Amnesty International. I pensatori neoliberisti capirono sin da subito l’importanza cruciale che aveva il tema dei diritti fondamentali per una visione della società che ha al suo centro la libertà, intesa come un diritto individuale e illimitato, nonché necessario e interdipendente alla libertà del mercato. Whyte sostiene che per portare avanti questo progetto economico si sia reso necessario “reinventare i diritti umani come il linguaggio morale della competizione dei mercati”. Questa riscrittura è servita sia a giustificare la libertà negli affari che a contenere i diritti stessi, legandoli indissolubilmente alla morale dominante.
La salute è un diritto fondamentale, vincolarla al merito è semplicemente disumano
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paoloxl · 4 years ago
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Appello per la liberazione immediata di Dana Lauriola firmato da oltre un centinaio di membri del corpo accademico, giuristi, intellettuali ed esponenti del mondo della cultura. Dana, attivista notav, è detenuta in carcere da ormai quasi sei mesi per aver parlato in un megafono durante una manifestazione contro il raddoppio della Torino-Lione
Alla Ministra della Giustizia
prof. Marta Cartabia
Al Garante nazionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale
Mauro Palma
Al Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale per il Piemonte
Bruno Mellano
e, per conoscenza
Al Tribunale di sorveglianza di Torino
Dana Lauriola, militante No Tav, è in carcere dal 17 settembre 2020 ‒ e, dunque, da quasi sei mesi ‒ in esecuzione di una condanna a due anni di reclusione per il reato di violenza privata (per il quale, con il bilanciamento tra aggravanti e attenuanti, la pena prevista dalla legge parte da 15 giorni).
I fatti per cui è stata condannata risalgono a nove anni fa e sono stati commessi nel corso di una manifestazione di protesta e di solidarietà con Luca Abbà, agricoltore valsusino in quei giorni in bilico tra la vita e la morte dopo essere rimasto folgorato su un traliccio dell’alta tensione su cui si stava arrampicando, inseguito da un agente di polizia, in un’azione dimostrativa contro l’apertura del cantiere della Nuova linea ferroviaria Torino-Lione. La manifestazione si concluse con il blocco, per alcuni minuti, delle sbarre dei caselli di accesso all’autostrada Torino-Bardonecchia. Il danno subito dalla società concessionaria dell’autostrada per il mancato pagamento del pedaggio da parte degli automobilisti in transito è stato quantificato dal tribunale in 777 euro e a Dana Lauriola è stato contestato «di avere, usando un megafono, intimato agli automobilisti di transitare ai caselli senza pagare il pedaggio, indicando le ragioni della protesta». Diventata definitiva la sentenza, Dana Lauriola ha chiesto di scontare la pena in misura alternativa, ma il Tribunale di sorveglianza di Torino ha respinto l’istanza, pur in assenza di precedenti condanne definitive e nonostante l’esistenza di un lavoro stabile di notevole responsabilità e le valutazioni ampiamente favorevoli dei servizi sociali dell’amministrazione della giustizia. La motivazione del rigetto è che Dana Lauriola «non ha preso le distanze» dal movimento No Tav e che il suo domicilio «coincide con il territorio scelto come teatro di azione dal movimento No Tav, il quale ha individuato il cantiere di Chiomonte per la realizzazione della futura linea dell’Alta Velocità come scenario per frequenti manifestazioni e scontri con le Forze dell’ordine».
La vicenda ci lascia sbigottiti/e e preoccupati/e, come cittadini e cittadine impegnati/e nell’associazionismo, nella politica, nell’informazione, nel mondo dell’arte e della cultura. Per la sorte di Dana e per il trattamento del dissenso nel nostro Paese.
Non entriamo, qui, nel merito della qualificazione giuridica dei fatti e di altri aspetti (pur inquietanti) inerenti la ritenuta responsabilità di Dana e la concezione del concorso di persone nel reato sottesa alla condanna, ma denunciamo, da un lato, l’evidente sproporzione tra i fatti (commessi senza violenza alle persone e con un danno patrimoniale di assoluta modestia) e la pena e, dall’altro, la sorprendete anomalia della mancata concessione di una misura alternativa al carcere (pur consentita dalla legge e coerente con le condizioni soggettive di Dana). Il nostro stupore e la nostra preoccupazione, poi, aumentano guardando alle motivazioni con cui l’istanza di misura alternativa è stata respinta: Dana non può beneficiare della pena alternativa e, quindi, merita il carcere per aver tenuto fermi i propri «ideali politici» e la propria opposizione al Tav e perché abita nella valle in cui ci sono i suoi affetti, i suoi interessi, i suoi compagni di vita e di militanza!
Percepiamo la carcerazione di Dana come una grave ingiustizia sul piano personale e come un pesante attacco alla libertà di tutti di manifestare ed esprimere le proprie idee e di dissentire da scelte politiche ritenute sbagliate e dannose. La nostra denuncia e la nostra preoccupazione sono condivise dalla grande maggioranza di una valle che da trent’anni chiede inutilmente di essere ascoltata e da molti cittadini e cittadine che non sono contrari alla Nuova linea ferroviaria ma hanno a cuore le libertà e i diritti fondamentali.
Per questo vi chiediamo, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, di adottare ogni iniziativa utile a favorire l’immediata scarcerazione di Dana: per porre rimedio a un’ingiustizia in atto, per dare un segnale di attenzione ai temi implicati dalla vicenda, per ripristinare condizioni di agibilità politica anche (e soprattutto) per chi dissente.
4 marzo 2021
FIRMATARI
1) Maria Luisa Boccia (Centro per la Riforma dello Stato)
2) Daniela Dioguardi (Udipalermo)
3) Ketty Giannilivigni (Udipalermo)
4) Franco Ippolito (Fondazione Basso)
5) Livio Pepino (Volere la luna, Edizioni Gruppo Abele)
6) Tamar Pitch (Università di Perugia)
7) Grazia Zuffa (Società della ragione)
8) Alessandra Algostino (Università di Torino)
9) Stefano Anastasia (Università di Perugia)
10) Gaetano Azzariti (Università di Roma La Sapienza)
11) Letizia Battaglia (fotografa)
12) Mauro Biani (vignettista)
13) Alessandra Bocchetti (saggista)
14) Luciana Castellina (politica e scrittrice)
15) Franco Corleone (già sottosegretario alla Giustizia)
16) Maura Cossutta (Casa internazionale delle donne)
17) Maria Rosa Cutrufelli (scrittrice)
18) Teresa Degenhardt (Queen’s University, Belfast, Studi sulla Questione criminale)
19) Giuseppe De Marzo (Libera – Rete dei Numeri Pari)
20) Ida Dominijanni (filosofa e giornalista)
21) Claudio Fava (presidente Commissione antimafia Regione Sicilia)
22) Lorenzo Fazio (direttore editoriale casa editrice Chiarelettere)
23) Luigi Ferrajoli (Università di Roma3)
24) Angelo Ficarra (Anpi, Palermo)
25) Marcello Fois (scrittore)
26) Maria Grazia Giammarinaro (magistrata)
27) Elisabetta Grande (Università del Piemonte orientale)
28) Sabina Guzzanti (attrice e regista)
29) Loredana Lipperini (giornalista, scrittrice e conduttrice radiofonica)
30) Luigi Manconi (A Buon Diritto)
31) Lea Melandri (saggista)
32) Luca Mercalli (climatologo e giornalista scientifico)
33) Paolo Mondani (giornalista)
34) Tomaso Montanari (Università per stranieri di Siena)
35) Michela Murgia (scrittrice)
36) Francesco Pallante (Università di Torino)
37) Giovanni Palombarini (già magistrato)
38) Valeria Parrella (scrittrice)
39) Mariella Pasinati (Udipalermo )
40) Valentina Pazé (Università di Torino)
41) Marco Revelli (Università del Piemonte orientale)
42) Maria Concetta Sala (Udipalermo, Palermo)
43) Giorgia Serughetti (filosofa politica)
44) Evelina Santangelo (scrittrice)
45) Vincenzo Scalia (Università di Winchester, Studi sulla Questione criminale)
46) Anita Sonego (presidente Casa delle donne Milano)
47) Armando Sorrentino (avvocato)
48) Sergio Staino (vignettista)
49) Vittorio Teresi (già magistrato)
50) Chiara Valerio (scrittrice)
51) Simone Furzi, ricercatore
52) Laura Cima, ecofemminista
53) Alberto Castiglione, regista
54) Alessandra Sarchi, scrittrice
55) Helena Janeczeck, scrittrice
56) Teresa Ciabatti, scrittrice
57) Rossella Milone, scrittrice
58) Caterina Bonvicini, scrittrice
59) Hamid Ziarati, scrittore
60) Elvira Seminara, scrittrice
61) Marta Bellingreri, reporter l’Espresso, Al-Jazeera English
62) Alessio Mamo, fotoreporter l’Espresso, Guardian
63) Vittoria Tola, UDI
64) Giulia Potenza, avvocata, responsabile nazionale UDI
65) Adriana Laudani, avvocata
66) Emma Dante, regista
67) Valentina Chinnici, insegnante, consigliera comunale Palermo
68) Lorenzo Teodonio, fisico climatologo
69) Lorenzo Coccoli, storico
70) Rita Di Leo, docente di relazioni internazionali
71) Giulio De Petra, docente di tecnologie digitali
72) Carmelo Caravella, sindacalista Cgil
73) Luisa Simonutti, ricercatrice di filosofia politica, Cnr
74) Alessandro Montebugnoli, economista
75) Bianca Pomeranzi, esperta di cooperazione e politiche di genere
76) Fulvia Bandoli, politica ecologista
77) Mario Dogliani, costituzionalista
78) Alberto Olivetti, filosofo di estetica
79) Caterina Botti,  filosofa morale
80) Laura Bazzicalupo, filosofa politica
81) Claudio De Fiores, costituzionalista
82) Chiara Giorgi, storica
83) Laura Ronchetti, costituzionalista
84) Nicola Genga, Ministero dei Beni culturali,
85) Rocco D’Ambrosio, sacerdote filosofo politico
86) Giuseppe Cotturri, docente di teoria del diritto e delle istituzioni
87) Stefania Vulterini, saggista
88) Emilio Giannelli avvocato
89) Gisella Modica Udipalermo
90) Giovanna Martelli, già parlamentare
91) Claudia Pedrotti, avvocata Udipalermo
92) Rita Barbera, già direttora istituti di pena
93) Elvira Rosa, coordinamento antiviolenza palermo
94) Gisella Costanzo, attrice
95) Sandra Rizza, giornalista
96) Laura Piretti, UDI
97) Alida Castelli, UDI
98) Liviana Zagagnoni, UDI
99) Pina Mandolfo, operatrice culturale
100) Francesca Traina, Udipalermo
101) Loredana Rosa, Il femminile è politico: potere alle donne
102) Rita Calabrese, Udipalermo
103) Marina Leopizzi, Udipalermo
104) Giovanna Minardi, docente Università Palermo
105) Mimma Grillo, Forum antirazzista Palermo
106) Ida La Porta, Udipalermo
107) Bice Grillo, Udipalermo
108) Toni Casano, redattore Pressenza
109) Alessandra Notarbartolo, coordinamento antiviolenza Palermo
110) Agata Schiera, Udipalermo
111) Beatrice Monroy, scrittrice
112) Emi Monteneri, Udipalermo
113) Angela Militello, Udipalermo
114) Etta Sgadari, Udipalermo
115) Elena Diliberto, Udipalermo
116) Mimma Argurio  (segretaria generale Fisac Sicilia)
117) Elvira Morana (CGIL Sicilia)
118) Anna Maria Tirreno (segretaria Camera del lavoro CGIL Palermo)
119) Rita D’Ippolito (insegnante in pensione)
120) Rosario Nicchitta (architetto)
121) Novella Nicchitta (formatrice)
122) Ornella Russo (insegnante)
123) Anna Di Salvo (Città Felice, Rete la Ragna-Tela)
124) Enza Longo (Coordinamento antiviolenza 21luglio Palermo)
125) Maria Rosa Turrisi (preside in pensione)
126) Angela Galici (Coordinamento antiviolenza 21 luglio Palermo)
127) Simona Sorrentino (medica)
128) Elvira Rosa (Il femminile è politico: potere alle donne)
129) Gemma Infurnari (UDIPalermo)
130) Elisa Romano (Università di Pavia)
131) Maddalena Giardina (avvocata, UDIPalermo)
132) Anna Marrone (docente, UDIPalermo)
133) Emilia Martorana (Coordinamento antiviolenza 21luglio Palermo)
134) Katia Orlando (insegnante, consigliera comunale Palermo)
135) Maria Concetta Pizzurro (UDIPalermo)
136) Silvia Miceli, docente (UDIPalermo)
137) Maria Grazia Patronaggio (Le Onde onlus)
138) Valeria Andò (docente Università di Palermo)
139) Benita Licata (dirigente Scolastica)
140) A. Maria Catalano (dirigente Scolastica)
141) Gaia Nicita (docente)
142) Valeria Ferrauto (docente)
143) Margherita La Porta (funzionaria MEF)
144) Giusi Vacca (agente pubblicitaria)
145) Flora Arcuri (docente)
146) Cetti Iovino (imprenditrice agricola)
147) Alessandra Jaforte (docente)
148) Claudia La Franca (architetta)
149) Virna Chessari (docente)
150) Gilda Messina (docente)
151) Valeria Adamo (docente)
152) Giorgia Calì (docente)
153) Nadia Saputo (docente)
154) Claudia Calzolari (docente)
155) Gabriella Pucci (imprenditrice agricola)
156) Daniela Gennaro (dirigente scolastica)
157) Cristina Fatta del Bosco (imprenditrice agricola)
158) Amelia Crisantino (docente/scrittrice)
159) Anna Maria Ruta (dirigente scolastica)
160) M. Antonietta Spadaro (storica dell’arte)
161) Anna Cottone (docente Università Palermo)
162) Tommaso Di Caccamo (redattore tecnico)
163) Agostina Passantino (bibliotecaria)
164) Licia Masi (pensionata, operatrice sociale volontaria)
165) Rossella Reyes (dipendente regionale)
166) Sabina Cannizzaro (pensionata regionale)
167) Cristina Pecoraro (pensionata regionale)
168) Rosalba Rinaudo (insegnante in pensione)
169) Carmelo Lucchesi (insegnante in pensione)
170) Francesca Citarrella (operatrice sociale)
171) Laura Zizzo (guida turistica)
172) Michela Fiore  (casalinga)
173) Antonia Cascio (pensionata)
174) Adriano Di Cara (ingegnere)
175) Antonino Di Cara (operatore sociale)
177) Sandra Giovanna Cascio (casalinga)
178) Alessandra Bruno (avvocata)
179) Emilia Esini (Maghweb)
180) Gabriele Tramontana (Maghweb)
189) Fabrizio Cacciatore (Maghweb)
190) Vincenzo Allotta (Maghweb)
191) Sofia Calderone (Maghweb)
192) Epifania Lo Presti (Maghweb)
193) Elisa Chillura (Maghweb)
194) Chiara Ercolani (Maghweb)
195) Marianna Castronovo (Maghweb)
196) Giuseppe Grado (Maghweb)
197) Marta Cutrò (docente)
198) Sebastiana Zangla (docente)
199) Maria Clara Provenzano (docente)
200) Maria Oliva Caldarella (docente)
201) Emanuela Bajardi (docente)
202) Candida Di Franco (docente)
203) Alessandra Martorana (docente)
204) Gabriella Costanzo (docente)
205) Teresa Burderi (docente)
206) Elvira Leone (pediatra)
207) Gisella Duci (docente)
208) Maria Di Chiara (docente)
209) Donatella Lombardo (docente)
210) Francesca Koch (storica)
211) Francesca Martino (musicista)
212) Ugo Mattei (Università di Torino, Generazioni Future)
Per adesioni:
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harshugs · 4 years ago
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morale della favola: se volete finire nei libri di storia, filosofia e letteratura dovete andare in carcere almeno una volta
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nooradeservedbetter · 8 years ago
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comunque, finché si persa al carcere come punizione e non come rieducazione, poi è ovvio che scoppiano certe polemiche
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levysoft · 5 years ago
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Quando si comincia ad affrontare lo studio della filosofia, uno dei primi testi in cui ci si imbatte è l’Apologia di Socrate scritta da Platone. Un libro piuttosto breve e semplice, che anche a scuola spesso si assegna agli studenti proprio perché permette di addentrarsi agilmente nel pensiero di Socrate.
Se ancora non l’avete letto e volete qualche notizia al riguardo, siete nel posto giusto. Nell’articolo qui sotto troverete infatti tutto quello che c’è da sapere su questo libro, che vi presenteremo legandolo anche al pensiero di Socrate.
Infine, in chiusura, troverete anche il testo completo da scaricare in diversi formati, in modo che possiate scegliere quello che vi fa più comodo e passare a scoprire il racconto dalla vivida voce di Platone. Iniziamo.
1. Di che libro stiamo parlando
Diamo prima di tutto una presentazione generale dell’opera. L’Apologia di Socrate venne composta da Platone all’incirca tra il 399 e il 388 a.C. ed è la prima opera del grande filosofo greco. Fu, anzi, l’opera che in un certo senso convinse Platone a darsi alla filosofia.
Quest’ultimo, infatti, era stato ad Atene allievo di Socrate, con lo scopo inizialmente di dedicarsi poi, una volta adulto, alla carriera politica. Gli eventi che capitarono però al suo maestro, ben descritti nell’Apologia e in alcuni dialoghi successivi, gli fecero presto cambiare idea.
Il titolo, infatti, rende chiaro che nel testo vengono raccontati eventi drammatici: il libro non è altro che una raccolta dei discorsi che Socrate tenne per difendersi dalle accuse che gli venivano rivolte nel tribunale democratico ateniese.
Fu proprio Platone a mettere per iscritto queste arringhe, compiendo un’impresa importante sotto diversi punti di vista. Da un lato, infatti, il testo costituisce un interessante documento storico, utile per capire la vicenda che portò alla morte di Socrate; dall’altro, ci permette di conoscerne anche il pensiero.
Socrate, infatti, non scrisse mai nulla, convinto che si potesse filosofare solo oralmente. Platone – pur conservando l’impianto del dialogo o, come in questo caso, del monologo in cui il protagonista si rivolge a interlocutori fittizi – decise però di lasciare ai posteri il racconto di quanto avvenne allora.
2. Il riassunto dell’opera
Il testo si apre con la prima difesa di Socrate, in cui il filosofo risponde a Meleto, che probabilmente aveva appena pronunciato la sua arringa d’accusa. Subito il pensatore si rivolge alla giuria, sfoderando la propria ironia e presentandosi come un uomo poco avvezzo alle dinamiche dei tribunali.
Detto questo, spiega – rivolgendosi ad interlocutori immaginari – di non essersi mai interessato a cose di scienza e quindi di non aver mai potuto insegnare nulla di empio. Lui infatti non è un sofista, anche perché non si abbassa a farsi pagare per gli insegnamenti.
Passa quindi a citare il celebre episodio di Cherefonte, suo amico, che si era recato dall’oracolo di Delfi chiedendo se vi fosse qualcuno di più sapiente di Socrate. E la risposta dell’oracolo era stata che nessuno era più sapiente di Socrate.
Il sapiente è chi sa di non sapere
Questo dà all’ateniese l’occasione per spiegare il suo percorso filosofico, che l’aveva portato a chiedersi come fosse possibile quel responso dell’oracolo, visto che Socrate stesso si riteneva ben poco sapiente. E così il filosofo aveva interrogato politici, poeti, oratori ed altri sapienti, accorgendosi però che la sapienza di queste persone era superficiale.
Nei dialoghi, infatti, Socrate aveva posto frequenti domande che avevano messo in difficoltà i suoi rispettivi interlocutori, fino a farli crollare. Questo gli aveva attirato molte inimicizie, ma l’aveva portato anche a comprendere la vera natura della risposta dell’oracolo.
Leggi anche: So di non sapere: cinque citazioni di Socrate (tramite Platone)
Socrate era davvero il più sapiente perché a differenza degli altri – che si credevano sapienti, pur non essendolo – sapeva di non sapere.
Le accuse
Il processo però verte su alcune accuse ben precise. Socrate è accusato di corrompere i giovani, di non riconoscere gli dei della città e di introdurne di nuovi.
Riguardo ai giovani, il filosofo sfrutta le stesse parole del suo accusatore Meleto, che sosteneva che le persone stanno solo con chi apporta loro dei beni e rifuggono da chi apporta dei mali. Pertanto, se Socrate è circondato da giovani dev’essere perché apporta loro dei beni.
Al massimo, potrebbe insegnar loro cose sbagliate senza volerlo (altrimenti si condannerebbe volontariamente alla solitudine), ma secondo le leggi ateniesi chi sbaglia senza saperlo non deve essere processato, ma casomai corretto.
Per quanto riguarda poi l’accusa di introdurre nuovi dei, Socrate spiega poi che se anche il suo dio fosse nuovo, non potrebbe non essere altro che il figlio di uno degli dei esistenti, e così non starebbe affatto rinnegando gli dei tradizionali, ma continuerebbe a credervi.
L’eventualità della morte
Socrate poi spiega di non aver paura della morte, perché bisogna temere solo ciò che è un male, mentre della morte non si sa cosa sia. Il male, in questo caso, sarebbe invece smettere di filosofare, visto che Socrate è chiamato a farlo dal Dio.
Come in battaglia il filosofo era rimasto fedele al suo posto, così deve rimanere fedele al suo compito ora, compito che è quello di ammonire gli ateniesi, costi quel che costi. Il suo dovere è quello di essere un tafano che punzecchia un cavallo nobile affinché non impigrisca.
D’altronde, spiega anche di sentire dentro un daimon che gli impedisce di compiere il male, e già in passato è rimasto fedele ai suoi insegnamenti. Ad esempio, quando fece parte del consiglio fu il solo a votare contro al processo dei comandanti che non avevano raccolto i naufraghi dopo la battaglia delle Arginuse, perché reputava quel processo illegale.
Inoltre, si rifiutò di uccidere Leonte di Salamina quando ne ricevette l’ordine dal governo dei Trenta Tiranni, ben consapevole che quel suo rifiuto gli sarebbe costato la vita. Fu solo per il rovesciamento del regime che non venne poi ucciso in quell’occasione.
Il verdetto e la pena
Si arriva dunque alla conclusione del processo e al verdetto. Verdetto che però è sfavorevole a Socrate, anche se di poco: di 500 votanti, 220 si esprimono per l’assoluzione e 280 per la condanna. I suoi amici gli prospettano subito di darsi alla fuga, ma Socrate rifiuta, perché non bisogna commettere ingiustizianeppure quando la si riceve.
A quel punto, il filosofo – secondo la legge – ha la possibilità di avanzare una proposta di pena. Socrate, però, sorprende tutti affermando che dovrebbe essere mantenuto dalla città, per il bene che sta facendo ad Atene. D’altronde, le altre opzioni – carcere o esilio – non gli paiono praticabili, perché «una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta».
Al limite, Socrate propone di pagare una piccola multa di una mina d’argento, cosa che indispettisce ulteriormente la giuria. Infatti il verdetto dei 500 per quanto riguarda la pena è ancora più netto del precedente e prevede, alla fine, la condanna a morte dell’imputato.
Il commento di Socrate
Socrate ha un’ultima occasione per esprimere il suo punto di vista. Mostra in primo luogo l’assurdità di un verdetto del genere, che lo trasformerà in una sorta di martire e produrrà vari altri tafani che, seguendo il suo esempio, andranno in giro a punzecchiare gli ateniesi potenti.
Esamina poi la morte, che presenta o come un sonno piacevole, profondo e senza sogni, oppure come un viaggio verso l’Ade, dove potrà incontrare i grandi dell’antichità e coi quali potrà filosofare. D’altronde, «a colui che è buono non può accadere nulla di male». E la morte, dunque, non può essere male.
3. Il significato del testo
Come abbiamo detto, l’Apologia di Socrate è un ottimo sunto non solo delle vicende storiche che colpirono il pensatore ateniese, ma anche dei tratti salienti del suo pensiero. In fondo, c’è tutto quello che è importante sapere: la sapienza, il demone interiore, la virtù.
Socrate è infatti prima di tutto un uomo in ricerca, consapevole che la filosofia può essere condotta solo in due, col confronto e col dialogo. Quando all’inizio si interroga sul significato della frase dell’oracolo di Delfi non fa altro che presentarci le basi del suo metodo, fondato sull’ironia e la maieutica.
Poi ci mostra anche come la sua morale, profondamente radicata nell’uomo, abbia però anche un che di divino, visto che a garantirne la validità c’è sempre la voce del demone, capace di riportare sulla retta via il filosofo quando questi sia propenso a sbagliare.
Infine, il testo è un emblema dell’estrema coerenza dell’ateniese: pur vedendosi condannato ingiustamente, Socrate accetta la condanna del tribunale e rimane fedele alle leggi della sua città, anche se questo comporta la sua morte.
D’altro canto, il saggio non deve temere affatto la fine della vita, perché nulla può effettivamente turbare il filosofo che segue il bene e la virtù.
4. La sua importanza nella storia
Come dicevamo nel primo punto della nostra presentazione, l’Apologia di Socrate è importante sia perché è un documento coevo – fu scritta poco dopo il processo –, sia perché ci permette di conoscere a fondo il pensiero di Socrate.
Questo grande pensatore ateniese, infatti, è stato a lungo piuttosto ostico da decifrare. Da un lato, perché non aveva scritto nulla, ma dall’altro perché le altre fonti che raccontavano il suo pensiero non erano sempre del tutto coerenti.
Ad esempio, a parlare di Socrate fu tra gli altri il celebre commediografo Aristofane, che lo rese protagonista della sua opera Le nuvole, dipingendolo però quasi come un sofista. Oppure ancora ci sono le notizie riportate da Aristotele, che però fu solo un testimone indiretto. Oppure i testi di Senofonte (che scrisse anch’egli una Apologia).
 Lo stesso Platone, poi, non è sempre un testimone attendibile delle vicende di Socrate. Come forse ricorderete se avete studiato un po’ di filosofia greca, infatti, Platone utilizza il personaggio Socrate in molti suoi dialoghi, facendone il portavoce dei suoi ragionamenti.
I problemi critici
Per questo motivo è spesso assai difficile riuscire a capire, leggendo un testo platonico, quali delle parole pronunciate da Socrate siano veramente frutto del pensiero di Socrate e quali invece siano da attribuire in toto a Platone.
Solitamente, i critici ritengono che i dialoghi platonici scritti prima, e quindi più ravvicinati al processo e alla morte di Socrate, siano i più fedeli al pensiero socratico, e quelli scritti dopo siano invece quelli che più si allontanano dalla reale filosofia del maestro.
Leggi anche: Cinque celebri miti di Platone
Per questo motivo, l’Apologia di Socrate di Platone diventa particolarmente rilevante: essendo il primo libro dell’ateniese, è anche quello che probabilmente meglio descrive la reale filosofia di Socrate e quindi quello più attendibile per studiarne il pensiero.
5. Il testo completo da scaricare in PDF e altri formati
Dopo tante parole nostre, forse vorrete anche – e giustamente – leggere direttamente l’opera di Platone, che tra l’altro è molto breve e di agile fruizione. Qui sotto la trovate in formato ePub (adatto a smartphone e tablet) e PDF, ma vi indichiamo anche i link per audiolibri gratuiti e altri formati particolari.
Queste versioni sono infatti quelle del progetto LiberLiber, che vi consigliamo di visitare1. La traduzione è quella di Francesco Acri, curata da Carlo Carena.
Versione PDF
Versione ePub
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