#Fallimento 5stelle
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Fuori dalla bolla, nella realtà, Renzi è un fallimento clamoroso e totale. Come politico non ne ha azzeccata una, mai.
Non è riuscito a diventare il nuovo Berlusconi, suo obiettivo di sempre. Non ci è riuscito snaturando il Pd e occhieggiando a Verdini.
Non ci è riuscito andando ad Arcore quando Berlusconi era vivo. Non ci è riuscito pensando di papparsi Tajani in un boccone quando Berlusconi è morto.
Renzi non è riuscito ad accreditarsi con la destra. Non ci è riuscito nonostante i voti a La Russa presidente del senato.
on ci è riuscito nonostante il sostegno alla destra in Basilicata e a Genova. Non ci è riuscito nonostante l’ignobile voto a favore della commissione di inchiesta sul Covid e tante altre strizzatine d’occhio parlamentari.
a destra, di Renzi, non sa cosa farsene e non ne vuole sapere.
Renzi non è in grado di costruire il centro. Non ci è riuscito con Calenda e non ci è riuscito da solo. L’operazione “Italia viva” è fallita, prima alle politiche e poi alle europee.
Renzi voleva cambiare la costituzione per fare il Macron italiano: non ci è riuscito.
Renzi ha governato male, facendo riforme che la Corte costituzionale ha smantellato a pezzi o che saranno spazzate via.
e ha fatte in modo arrogante e muscolare, inimicandosi una parte consistente dell’elettorato storico della sinistra.
Renzi da segretario ha perso tutte le elezioni amministrative, consegnando alla destra anche realtà in cui la destra non si era mai affacciata.
Renzi ha perso malamente le politiche. Poi ha sbagliato a mettere il veto (a proposito di veti) su un governo Pd 5Stelle che era pronto e mangiando allegramente popcorn ha fatto sì che nascesse il governo gialloverde che stava per consegnare i pieni poteri e l’Italia a Salvini, un errore da cui ci siamo salvati appena in tempo per la fortunata circostanza che Salvini è un politico scarsissimo, e che Renzi ha rimediato al suo errore togliendo il suo veto ai 5 Stelle, altro che far nascere il Conte 2 come racconta.
Renzi ha sbagliato a far cadere il Conte 2, distruggendo ancora il campo dell’alternativa di cui ora implora l’ospitalità e spalancando le porte alla vittoria di Meloni.
Renzi non ha più alcuna strategia politica. Renzi non ha alcun valore aggiunto e alcuna utilità marginale.
Non può andare da nessuna parte e non può fare niente, solo elemosinare qualche posto nella coalizione di Pd, 5 stelle e Avs. Per me gli si possono anche dare, soprattutto se in cambio sta un po’ zitto. Non sarà comunque decisivo.
Chiara Geloni su X
Nota mia : Se Schlein si azzarda ad accoglierlo nel "campo largo" perderà valanghe di voti
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Alle Europee vola la Lega, staccati i 5Stelle: i sondaggi I sondaggi premiano la linea dura di Salvini sul tema immigrazione, in un periodo in cui gli italiani sentono il bisogno di maggiore chiarezza e di una grande attenzione sul tema sicurezza: crollo del Pd e dei partiti europeisti
#5Stelle#allargamento spread bps#allargamento spread btp bund#allargamento spread decennale italiano#allargamento spread significato#allargamento spread titoli di stato italiani#alle#europee#fallimento debito pubblico italiano#La#Lega#sondaggi#Spread Btp#staccati#VOLA
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L'altra sera Conte era partito bene. Leggeva la proroga del lockdown fino a 3 maggio. Poi si è fatto prendere dai nervi, ha cominciato a parlare a braccio, caricando come un toro Salvini e Meloni. Non si fa polemica così isterica in una conferenza istituzionale. (...) Certo: lo schiavo di Casalino aveva alle spalle un pomeriggio di risse con i capidelegazione della maggioranza, con un nervosissimo Franceschini che lo pressava di firmare il ‘’Mes sanitario” senza condizionalità, in culo ai 5Stelle: meglio poco che niente. Mentre (...) Di Maio (...) lanciava la simpatica idea di fermare i lavori della Tav (...). Aggiungere l’uscita scema e intempestiva di Delrio che ha invocato la Corona-tax, una patrimonialina da scucire dalle tasche del già tartassato ceto medio (...). Prendete tutto quanto e shakerate: e avrete lo stato di “instabilità emotiva” del Conte Casalino alle 19.30 (...). Così, quella che secondo Mattarella doveva essere la sorpresa nell’uovo di Pasqua agli italiani, l’annuncio di Vittorio Colao, il supermanager che tutto il mondo ci invidia, a capo di una task force per la Ripartenza (Fase 2) e per la Ricostruzione (Fase 3) è finita sfocata, come una delle tante commissioni ministeriali, travolta da parole tipiche dei bar-sport. L’idea di chiamare il “Colao Meravigliao”, visto lo stato di inadeguatezza dell’esecutivo, è spuntata al Quirinale venerdì della scorsa settimana. Ma ogni volta che Mattarella la proponeva, l’ego di Conte si gonfiava e nicchiava. (...) Così (...) è dovuto reintervenire il Capo dello Stato. E’ finita con il sì di Colao (...). E adesso siamo curiosi tutti di vedere come andrà la “convivenza” dell’egolatrico Conte con un manager “carabiniere dentro”, abituato a comandare come l'ex boss di Vodafone. Ormai fuori controllo, il premier (per mancanza di provette) si è talmente esposto e incarognito (...) che è finito in un cul de sac. Se il 23 aprile alla riunione dei capi di Stato e di governo europei, l’avvocato di Padre Pio non firma il patto scodellato dall’Eurogruppo (...) Conte è fottuto. Chi lo può forse salvare, se gli passa l’incazzatura per la conferenza-rissa di ieri sera, è Mattarella (...) ha la capacità e l’autorevolezza di riallacciare i fili con la Francia (...). il vispo e napoleonico Macron è l’unico che può convincere la Merkel a dire sì ai Recovery bond (nome pol.corr. degli eurobond, ndr), disponibile a darsi da fare solo se, in cambio, l’Italia si dichiara ‘’alleato sicuro’’, cioè un paese prono alla grandeur de la France (...) Senza la sponda e l’”annessione” francese, Conte torna a casa a pettinare le bambole? Sì e no. La preoccupazione del Quirinale si può sintetizzare così: se butto nel cesso Conte, chi prende le decisioni? (...) Ecco perché, grazie all’emergenza del coronavirus, il combinato Conte-Casalino si sente forte. Certo, in caso di ennesima disfatta europea (...) dove li trova Conte i tanti, tanti miliardi per salvare il paese dal fallimento? A fine maggio, finito il lockdown, il nostro eroe non troverà più le chiavi di Palazzo Chigi. Ci penserà Colao a salvarci dal cataclisma? Tanto sarà già lì…
Un Dagoreport imho molto “à point”, https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/dago-retroscena-se-23-aprile-conte-non-firma-patto-otterra-233132.htm
Quindi alla faccia del Veneto che dalla fase uno ne esce da solo, meglio e prima di tutti, siamo in mano a esponenti della parte più sana del Paese, Murge e Trinacria; se vince Tamarro Gonde siamo fottuti sospesi a mezz���aria come salami per un altro po’, se vince Mummia Sicula Mattarello saremo definitivamente annessi à la France e governati dal Colao, un preformato Bocconi-Morgan Stanley-McKinsey calato dall’alto (ricorda qualcun altro? No dài ‘sto qui ha diretto davvero, Monti ha sempre prodotto solo chiacchiere).
“Ce la faremo anche stavolta”. No, non è ottimismo, è la frase che continuano a ripetersi Macron e la Merkel quando parlano dell’Italì.
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Perché gli spot delle auto, invece di parlarci dell’auto, parlano dell’importanza di credere in sé stessi, di sentirsi unici, liberi, ribelli o altre cose che con quell’auto non c’entrano una mazza? Perché lo spot del formaggio parla di ballo e di musica o lo spot del profumo racconta di uno che va nel deserto e scava una fossa? Perché? Semplicemente-perché-queste-cose-funzionano. Semplicemente perché impacchettare un prodotto con messaggi, parole e narrazioni che giocano sui sentimenti e le emozioni ha un impatto reale, scientificamente provato e spiegato, sulle scelte dei consumatori, a prescindere dal prodotto stesso. E li convince a comprare cose che non pensavano di voler comprare: tipo quell’auto che promette libertà e ribellione, anche se sai che - come qualunque altra auto - ti imprigionerà ogni mattina nel traffico, con 5 anni di rate da pagare, mentre vai in ufficio a ubbidire gioiosamente al tuo capo. Eppure funziona (basta vedere una qualsiasi pubblicità per rendersi conto che nessuno più racconta il prodotto, ma racconta storie, emozioni, sentimenti, valori). Ma perché funziona? Funziona perché l’uomo-consumatore, essendo appunto un uomo, ha nel suo cervello - oltre alla sfera razionale (la corteccia prefrontale) che lo porta a fare scelte ragionate e convenienti - una sfera emotiva, irrazionale, primitiva (il sistema limbico), che ci fa decidere sulla base delle emozioni: a prescindere dalle conseguenze e dalla bontà della scelta. Questa sfera emotiva non decide in base a ragionamenti logici: faccio questo perché mi conviene e perché è giusto. No. Decide in maniera istintiva, primitiva, animalesca, solo sulla base degli stimoli. In neuro-marketing, questa area del cervello, è definita “cervello primitivo”. E l’obiettivo dei pubblicitari è lavorarsi proprio il “cervello primitivo” - che è quello che poi decide - convincendolo con emozioni, narrazioni, parole, messaggi a farci fare scelte che razionalmente non faremmo mai. Un po’ come la luce attrae istintivamente le zanzare, anche se le fulminerà. Il fatto che io compri un prodotto perché sono stato inconsciamente condizionato dalle emozioni e le narrazioni che esperti di marketing hanno associato a quel prodotto, fa di quel prodotto un buon prodotto? No: fa semplicemente dei suoi pubblicitari, dei bravi (magari spregiudicati, ma bravi) pubblicitari. E allora perché in politica dovrebbe essere diverso? Credete che l’uomo-elettore sia diverso dall’uomo-consumatore? Che sia un uomo di pura razionalità e logica? Ma anche no: il cervello dell’uomo elettore è lo stesso dell’uomo consumatore. E si comporta allo stessissimo modo. Una prova? Prendiamo il politico attualmente più votato in Italia. E prendiamo il suo prodotto. Due anni fa quel politico è arrivato al 17% dei consensi promettendo nei mesi e negli anni precedenti: espulsione di 100.000 clandestini in un anno, tasse al 15%, abolizione della legge Fornero, abolizione delle accise sul carburante, uscita dall’euro, premier eletto dai cittadini, mai coi 5Stelle, mai Reddito di Cittadinanza, porti chiusi, ecc. Nell’anno in cui ha governato: non ha abolito la Fornero, ha espulso 9mila clandestini anziché 100mila (meno di qualunque altro governo precedente di sinistra), non ha abbassato le tasse al 15%, non ha abolito una sola accisa sul carburante, ha rinnegato l’uscita dall’Euro, ha nominato premier un tizio che nessuno aveva mai visto prima, si è alleato coi 5Stelle, ha varato il Reddito di cittadinanza, ha bloccato in 14 mesi solo 4 navi Ong lasciando attraccare le altre centinaia di barchini arrivati ogni giorno, ecc. Eppure, durante questo disastroso anno, anziché crollare nei consensi, li ha raddoppiati. Milioni di italiani hanno deciso di “comprare quel prodotto” pur essendosi rivelato, dati alla mano, un totale fallimento su tutta la linea. Perché? Perché. Quando Salvini indossa le felpe di ogni città, quando brandisce rosari e vangeli, quando indossa le divise dei lavoratori, quando pubblica notizie di cronaca nera sugli immigrati, o dice di guardare Temptation Island e il Grande Fratello, o invoca i lavori forzati che in Italia non esistono, quando si fotografa davanti a un telefono a gettoni, o fotografa i piatti tipici di ogni località che frequenta, o fa gli elenchi con le dita, quando parla di minacce esterne, di complotti, quando punta l’indice verso la telecamera, quando compone frasi semplici senza più usare nemmeno gli articoli e coniugando i verbi all’infinito, ecc. Quando fa tutto questo che con la politica non c’entra nulla, ma che negli elettori genera emozioni quali la paura, o il senso di appartenenza, o la nostalgia, o la fede, e lo fa in maniera compulsiva, quotidiana, ossessiva, studiata, scientifica, voi, a chi credete che stia parlando? Alla vostra sfera razionale o al vostro cervello primitivo? E perché, secondo voi, la sua macchina di propaganda (che non a caso si chiama "La Bestia") incentra la sua intera comunicazione sul nostro "cervello primitivo" (o come si chiama in politica "la pancia")? Perché se lasciasse alla nostra "sfera razionale" tempo e modo di giudicarlo in silenzio, togliendo tutta la "narrazione" in cui è impacchettato e nascosto, ciò che resterebbe sarebbe un politico di professione che da 25 anni vive sulle spalle dei contribuenti, che ha insultato e disprezzato per 20 anni l’Italia e il meridione che oggi lo vota, che non ha mai prodotto nulla, che ha tradito qualunque sua battaglia (dalla Padania all’Euro) e non ha mai mantenuto alcuna delle sue più importanti promesse. E sapete qual è il dramma? E' che, come nella pubblicità, quando il "cervello primitivo" decide, il "cervello razionale" si adegua, e passa il suo tempo non più a osservare con razionalità la scelta, ma a elaborare motivazioni razionali alla sua scelta irrazionale. Motivo per cui, fino al totale disastro, anche davanti alla più totale evidenza, continuerete come zanzare ad essere attratti dalla luce. Pur sapendo, ma non accettando, che quella bella luce, finirà solo per fulminarvi. Emilio Mola
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Squadrismo M5s per nascondere il successo PD nel taglio Vitalizi http://dlvr.it/Nj9Bgt
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Grazie soprattutto all’insistenza della Lega sul caso Bibbiano si è costituita la commissione regionale d’inchiesta. Cosa fanno i compagnucci? Si autonominano il presidente e le vice presidenze vanno a 5Stelle e Sinistra Italiana. Fuori Lega, FdI e Forza Italia, quelli che in pratica da settimane invocano trasparenza e chiarezza sulle procedure degli affidi in Regione. Evidentemente i compagnucci, viste le imminenti elezioni regionali, vogliono gestire questa fetenzia in modo da non danneggiare troppo il loro partito. Non hanno niente da dire i soliti giornaletti on line del cazzo sulla vicenda? E tutti quei giornalisti ossessionati (visto che non hanno una mazza da dire) dal truce Salvini? Attendiamo fiduciosi il fallimento dell’ennesima minchiata piddiota.
🙄
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(via Verso il 23M a Roma. La discarica globale – anarres-info)
Il cambiamento climatico e le conseguenze devastanti che ne derivano sono oggi saperi condivisi. Un tempo se ne occupavano solo gli esperti e gli attivisti ambientali, oggi investono in modo diretto le vite di tutti. Le conseguenze del cambiamento climatico e della mancata tutela del territorio fanno morti e feriti a ogni temporale, ad ogni mareggiata, ad ogni incendio. Cementificazione, deforestazione, inquinamento dell’aria e dell’acqua producono devastazioni su scala globale. Le chiamano “catastrofi naturali”, ma la loro origine è umana, sin troppo umana, ma non colpiscono tutti allo stesso modo. Un capitalismo cieco e sordo ci conduce diritto sino alla catastrofe. Chi governa e chi lucra sulle vite altrui ha uno sguardo ancorato al presente, con una progettualità che si limita ad una proiezione elettorale o ad un’indagine stagionale di marketing. Le questioni ambientali sono affrontate con interesse solo se possono essere fonte di business. La Green Economy è un lusso messo a disposizione di chi può e vuole pagare per alimenti più sani, acqua pulita, oasi privilegiate. Il prezzo del cambiamento climatico e dell’abbandono dei territori viene pagato soprattutto dai più poveri. I profughi climatici, quelli che fuggono da intere aree del pianeta, dove l’avanzare della desertificazione chiude ogni possibilità di sopravvivenza, sono in costante aumento. Non importa quanti muri verranno eretti, quanti militari armati saranno messi a guardia dei confini, quante vite verranno inghiottite dai deserti, dai mari, dalle montagne. Ci sarà sempre qualcuno che si metterà in viaggio. Quando la casa brucia si tenta il tutto per tutto. Oggi sta bruciando la casa di tutti, sta entrando in ebollizione il pianeta. Un pianeta dove miliardi di esseri umani vivono nelle discariche, sulle discariche, con le discariche. La montagna di rifiuti è l’emblema del nostro tempo, il monumento ad un’idea di progresso che ha ingoiato milioni di vite. Nel 2015 a Parigi tutti i “capi di governo” si fecero un selfie alla conferenza sul clima: serviva una spruzzata di verde sui loro curricola pubblici, ma poi, dopo tante chiacchiere, tutto restò come prima: la COP 21 fu un fallimento. L’emergere di istanze sovraniste e populiste a livello planetario ha innescato, anche su questo terreno, una chiusura identitaria, che rende impensabili persino misure palliative. Il presidente degli Stati Uniti, il paese che maggiormente ha contribuito e far franare la COP 21, ha costruito la propria immagine sul rigetto della dimensione universalista tipica della governance mondiale, facendosi paladino degli americani “rovinati dalla globalizzazione”, la gente della Rust Belt che sogna la vecchia Detroit come i melanesiani sognavano i loro Cargo della salvezza pieni di divinità. Poco importa che lo stesso Trump sia un Paperone come tanti, una via di mezzo tra Donald Duck e Silvio Berlusconi. Quello che importa è l’immaginario che rappresenta. Un immaginario che relega le questioni climatiche tra i passatempi dei ricchi sinistri, indifferenti alle sorti dei bianchi impoveriti e spaventati degli Stati Uniti. Una storia, che nella sua diversa declinazione peninsulare, conosciamo sin troppo bene. La persistenza del mito del progresso e della velocità, come motore dello sviluppo, del benessere e del saldo ancoraggio al treno del primo mondo, ci narra di una classe politica ed imprenditoriale che prova a vendere l’impossibile. L’impossibile ancoraggio tra i luoghi di produzione della ricchezza e la sua distribuzione territoriale. Impossibile perché i tempi delle fabbriche pesanti, che ridisegnavano intorno a se il territorio sono tramontati e non torneranno. Va da se che non è certo il caso di rimpiangerli. I miti del Novecento sono tuttavia la leva su cui spinge una media borghesia che teme per il proprio futuro come classe e prova ad ancorarsi all’illusione del progresso che consegna doni e sicurezza all’imprenditoria operosa e ai suoi intellettuali, professionisti, professori, giornalisti. Il loro partito di riferimento è il PD, il cui nuovo segretario ha inaugurato il proprio mandato a Torino, in nome del Tav e del progresso. Nel nostro paese dove la precarietà del lavoro e della vita danno fiato al vento populista, il mito del progresso si àncora di volta in volta al treno che buca le Alpi, alla pipeline che porta il gas, alle trivelle che sognano il petrolio, agli inceneritori, sino alle fabbriche di morte come l’acciaieria di Taranto. Le grandi opere inutili e devastanti sono il feticcio usato per promettere lavoro, prosperità, futuro. In passato il progresso veicolava il sogno folle che produrre di più, far girare le merci, fosse il motore del benessere. Oggi il mito del progresso è usato per arginare la paura, di chi, per effetto del capitalismo “leggero”, mobile, agile del nuovo secolo, rischia di essere relegato ai margini, di finire in una discarica sociale, la cui unica eloquenza è quella di muri, manganelli e polizia. Molti sono già sul margine del foglio: precari a vita, partite IVA, i laureati nati in periferia senza prospettive ma pieni di risentimento per le promesse mancate, per la mobilità sociale che non c’è, sono il cuore dell’elettorato leghista e pentastellato.
La trama è sottile e mostra l’ordito che la sottende. In questi anni si sono moltiplicati i movimenti di lotta contro un’idea di progresso che sta mettendo a repentaglio la vita degli umani, degli altri animali, delle piante. Un’idea di progresso contro cui si battono i movimenti contro il cambiamento climatico e contro le grandi opere, gli stessi che in mesi di incontri da Venaus a Roma a Napoli, hanno costruito un appuntamento nazionale a Roma, in cui confluiranno i movimenti, i gruppi e i singoli che lottano per difendere i territori dove vivono e l’intero pianeta, da una catastrofe che governi e padroni non provano neppure a rallentare. Sono movimenti che partono da questioni locali ma hanno respiro globale, perché sono consapevoli che la posta in gioco è molto alta. Il clima è solo uno dei tasselli di uno sguardo ambientalista che attraversa il pianeta. Non basteranno certo le sonde spedite su Marte ad alimentare l’illusione che vi sia una nuova frontiera da raggiungere e valicare, un nuovo orizzonte per la colonizzazione degli umani. Il cambiamento climatico prodotto dall’utilizzo indiscriminato di risorse deperibili e non rinnovabili, la folle corsa al profitto non ha un orizzonte, ma resta incardinata nell’eternità di un presente, che non ha neppure la esasperata nobiltà del cupio dissolvi, della grande abbuffata che precede la fine. Non c’è fine e non c’è limite. La logica quantitativa, del qui ed ora, è l’unico perno su cui tutto gira. Negli ultimi decenni lo sguardo ambientalista è divenuto uno cardini più robusti su cui si articola una critica radicale al capitalismo, la cui natura distruttiva porta alla catastrofe. I movimenti ambientalisti per la loro stessa natura riescono a coniugare radicalità degli obiettivi e radicamento sociale. In questi anni hanno contribuito potentemente a creare comunità di lotta, che hanno riteritorializzato il conflitto sociale, con uno sguardo ampio, intersezionale, estraneo a logiche localiste, separate dalla critica più complessiva alle relazioni sociali nelle quali simo tutti forzati a vivere. Le lotte contro il Tav, il Tap, il Muos, le trivelle, sono anche lotte contro la logica feroce del capitalismo, dello sfruttamento delle risorse e degli esseri umani. Uomini e donne che hanno assaporato il piacere dell’azione diretta, della politica come luogo di confronto e scelta fuori da ambiti gerarchici, radicata tra le persone. Un’aria di libertà. Di solidarietà con gli immigrati, con gli oppressi, con le fabbriche in lotta, con gli sfrattati, gli antifascisti. Su questa ricchezza di lotte, relazioni, spazi di libertà e autogestione il Movimento 5Stelle ha fatto un grosso bottino elettorale, assumendosi l’impegno della messa in sicurezza del territorio, dell’impiego di risorse per trasporti di prossimità, energia rinnovabile, scuole, sanità. Si sono schierati contro gli inceneritori, per il blocco del Tap, del Tav, per la chiusura dell’Ilva… Un lungo elenco di promesse non mantenute. Il ministro dei trasporti, il pentastellato Toninelli, ha chiuso i porti a profughi e migranti ma non ha bloccato né la linea ad alta velocità tra Torino e Lyon, né quella tra Genova e Tortona. Con il movimento No Tav Toninelli e soci stanno giocando al gatto con il topo: non hanno bloccato l’opera, baloccandosi sulle parole per prendere tempo ed arrivare alla prossima tornata elettorale senza perdere ulteriori consensi, contando sul fatto che settori del movimento No Tav, a Torino come in valle, hanno un rapporto molto stretto con l’amministrazione a 5Stelle del capoluogo subalpino, la cui ambiguità sul Tav è seconda solo alla violenza con cui fanno guerra ai poveri, agli anarchici, agli immigrati.
Stato e capitale, ciascuno nel proprio ambito, mirano al controllo globale, pervasivo, totalizzante delle nostre vite, messe al lavoro anche nel tempo dell’ozio e della libertà dalla schiavitù salariata. Stato e capitale sfruttano le risorse del pianeta e mercificano persino l’aria che respiriamo e l’acqua che beviamo. In questi anni gli anarchici sono sempre stati in prima fila nei movimenti di lotta, tra assemblee, presidi e barricate, nella consapevolezza che la partita che si sta giocando contro il mito del progresso, il cambiamento climatico e sull’opposizione alle lobby del cemento e del tondino, è cruciale in uno scontro sociale senza esclusione di colpi. Solo l’azione diretta, il rifiuto della delega e l’autogestione dei territori possono inceppare una macchina che macina le vite di tanti ed il futuro di tutti. Il 23 marzo al corteo che si svolgerà a Roma ci sarà uno spezzone anarchico. Partecipiamo numerosi!
Maria Matteo (quest’articolo è uscito sull’ultimo numero del settimanale anarchico Umanità Nova)
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“A Conte dico: evita di far perdere tempo agli italiani e al governo. Occupati del tuo caro Grillo
di Andrea Viola 19 Luglio 2021
Come era prevedibile, Beppe Grillo e Giuseppe Conte sono stati costretti a un armistizio, per me fittizio. A mio parere, infatti non lo hanno fatto per il bene del Paese ma per la loro smania di rimanere al potere e per altri motivi che poi analizzeremo.
Grillo qualche settimana fa parlava di Conte in questa maniera: “Può creare l’illusione collettiva di aver risolto il problema elettorale, ma non è il consenso elettorale il nostro vero problema. Vanno affrontate le cause per risolvere l’effetto ossia i problemi politici (idee, progetti, visione) e i problemi organizzativi (merito, competenza, valori e rimanere movimento decentralizzato ma efficiente)”. “E Conte, mi dispiace, non potrà risolverli perché non ha né visione politica, né capacità manageriali. Non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione”
Governo, un’ora di incontro Draghi-Conte. L’ex premier: “M5s sarà costruttivo, ma saremo vigili nello scongiurare soglie di impunità”
E continuava sempre contro Conte: “Non possiamo lasciare che un movimento nato per diffondere la democrazia diretta e partecipata si trasformi in un partito unipersonale governato da uno statuto seicentesco”. Insomma, un giudizio crudo e reale su Conte e le sue smanie da narcisista.
Conte, nuovo Napoleone eletto da Rocco Casalino, nonostante le minacce di farsi un nuovo partito non è stato capace di andare da nessuna parte. I motivi sono tanti e semplici. Per prima cosa, per le ragioni spiegate già dallo stesso Grillo e poi per l’evidente paura di non riuscire ad avere nulla di concreto nell’immediato.
Grillo, ormai ex comico, è vittima di se stesso. Un Nerone del nuovo millennio. Un’anomalia tutta italiana che ha sdoganato incompetenza e ignoranza, creando un’ondata populista che ha portato la politica del nostro Paese ai minimi storici di credibilità ed efficienza.
Grillo è sempre quell’uomo che ha fatto un video assurdo per minimizzare una accusa di violenza sessuale attribuita al figlio e ai suoi amici. Quindi, questo dovrebbe essere il “nuovo movimento”. Tutto prevedibile e tutto destinato al definitivo fallimento. La fortuna è che al governo ora c’è Mario Draghi e non Conte.
Conte che ha per garante Grillo. E tale ruolo l’ex premier vorrebbe subito usarlo per impedire al governo Draghi di fare riforme.
Sulla Giustizia, ad esempio l’ex avvocato del popolo in molti casi pare neanche conoscere bene la materia. Infatti, in un’intervista, Conte dice che non accetterà mai (smanie di onnipotenza residua) che il processo del ponte Morandi possa rischiare l’estinzione. Ecco bisogna ricordare al collega, che la riforma sulla prescrizione parte dai reati commessi dal 1 gennaio 2020.
Questo populismo giustizialista a corrente alternata deve finire e finirà con buona pace di certi moralisti che consideravano un avviso di garanzia una condanna definitiva.
Il contrappasso dei tempi su questo tema lo segna un recente episodio, ossia, l’indagine a carico di Piercamillo Davigo a Brescia per rilevazione di segreto di ufficio. Un tema che meriterebbe una grande attenzione. Naturalmente noi siamo garantisti, e al contrario del pensiero giustizialista di Davigo, aspettiamo le sentenza definitive prima di giudicare. La fuga di notizie prima delle Sentenza e prima ancora che gli indagati possano avere conoscenza degli atti dovrebbe finire una volta per sempre.
Bisogna avere il coraggio di una legge che impedisca una volta per tutte queste barbarie utili solo ad infangare l’immagine di una persona nell’immediato. Infatti, la stragrande maggioranza dei casi secondo me poi finisce con sentenze di assoluzione con formule ampie. Ultimo esempio l’assoluzione della mamma di Matteo Renzi. Insomma, su questo tema Conte cerca di ritornare un pochino visibile.
Ma forse il piccolo Conte non ricorda che proprio sulla Giustizia il suo governo è caduto. E forse non ricorda, soprattutto che i ministri 5Stelle la riforma Cartabia l’hanno già votata la scorsa settimana nel consiglio dei ministri. Secondo me, davanti alla perdita delle poltrone i grillini voterebbero tutto e il contrario di tutto.
Li abbiamo già visti alla prova con tre governi diversi. Quindi, caro Conte, evita di far perdere tempo agli italiani e al Governo. Occupati del tuo caro Grillo, che di problemi da risolvere ne ha molti.
In tutto questo, merita la solita medaglia dello stai sereno il caro Enrico Letta. Ogni tanto si sveglia e dice qualche cosa. Ora si è candidato per le suppletive per la Camera nel collegio di Siena. E dice: “se perdo trarrò le conseguenze”. Sarà da interpretare come un “se perdo mi ritiro”?
E per cercare i voti dei grillini che fa? Concede una piccola sponda a Conte sulla Giustizia. Ma che brutta fine, il Pd. Ormai da tempo in mano alla vecchia ditta si è completamente grillizzato. Non ha più una visione riformista ma cerca con ossessione di rimanere al potere in tutti i modi.
Ma la realtà è molto evidente. L’abbraccio fra Pd e Cinque stelle che prima era un vero è proprio ossimoro ora sarà mortale per entrambi. Non ci vedo nessuna visione e nessun progetto politico reale e serio: solo gestione del potere.
I tempi stanno cambiando e i vecchi scenari politici sono destinati a cambiare presto. Un bel trio Conte-Grillo e Letta. Meteore che per fortuna abbaiano ma non mordono.
Meno male che Draghi c’è”
Standing ovation,
pensare che il Churchill nostrano sia andato da Draghi a parlare tra le altre cose di piano vaccinale mi fa rabbrividire
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13 feb 2021 16:36
L’HA MES IN QUEL POSTO - ORA CHE NON C'È PIÙ CONTE, RENZI HA SMESSO DI CHIEDERE L’ATTIVAZIONE DEL MES (COSI’ COME IL PONTE SULLO STRETTO, IL CAMBIO DEI VERTICI INPS, ANPAL E LA TESTA DI ARCURI) - A DIMOSTRAZIONE CHE IL MES E TUTTE LE ALTRE CIANCE ERANO SOLO UN MODO PER ARRIVARE ALLA ROTTURA CON IL RESTO DELLA MAGGIORANZA - LA BEFFA PER “GIUSEPPI”? ITALIA VIVA CHIEDEVA L’ABOLIZIONE DEL REDDITO DI CITTADINANZA MA DRAGHI HA DETTO AI GRILLINI DI VOLERLO MIGLIORARE…
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Lavinia Rivara per “la Repubblica”
C' era una volta il Mes. Ma anche la riforma della prescrizione, l' abolizione del reddito di cittadinanza, la bicamerale per le riforme, il ponte sullo stretto di Messina, il cambio dei vertici all' Inps e all' Anpal, la testa di Arcuri. E naturalmente il Recovery plan. Erano i pilastri dell' offensiva renziana nella maggioranza giallorossa, le rivendicazioni al centro della trattativa. Gli scogli su cui si è infranto il tentativo del Conte ter. C' erano una volta appunto, ma ora come per incanto non ci sono più, spariti dal tavolo delle consultazioni di Mario Draghi.
Eppure il tweet con cui la sera del 2 febbraio Matteo Renzi fischia la fine della partita e mette fine, almeno nell' immediato, alle ambizioni dell' avvocato del popolo, è chiaro e circostanziato: «Bonafede, Mes, Scuola, Arcuri, vaccini, Alta Velocità, Anpal, reddito di cittadinanza. Su questo abbiamo registrato la rottura, non su altro. Prendiamo atto dei Niet dei colleghi della ex maggioranza. Ringraziamo il presidente Fico e ci affidiamo alla saggezza del capo dello Stato». Poco dopo il presidente della Camera sale al Quirinale e certifica il fallimento del suo mandato esplorativo. Conte ormai è spacciato, la parola passa a Mattarella e a Draghi.
Tre giorni dopo, venerdì 5 febbraio nel primo giro di tavolo dell' ex presidente della Bce con le forze politiche, a Montecitorio, la parola Mes sembra non venga neanche pronunciata. Ma la domanda in molti sorge spontanea: Italia viva ha chiesto a Draghi di attivare il fondo Salva- Stati? L' interrogativo viene girato a Ettore Rosato, presidente del partito, durante la trasmissione radiofonica Un giorno da pecora. Risposta: «No, sarebbe ridicolo parlare con Draghi dei problemi della finanza pubblica».
E Renzi, nell' elencare «i temi cruciali» parla di vaccinazioni, cultura, turismo e del Recovery (quello sì, resta) che deve essere «basato sugli investimenti e non sui bonus». Neanche un accenno alla prescrizione e al processo penale, anzi si sa che Draghi vuol mettere in agenda solo la riforma della giustizia civile. E il reddito di cittadinanza? L' ex presidente della Bce pare abbia rassicurato i 5Stelle che non intende abolirlo, semmai migliorarlo. Dei presidenti di Anpal e Inps, Parisi e Tridico nessuno parla più, almeno per ora possono stare sereni.
Secondo giro, lunedì 8 febbraio. I socialisti sono gli unici che, in questi tempi in cui è in voga la metamorfosi, ci tengono ancora alla coerenza. E chiedono al premier incaricato di accedere al Mes per far fronte alla vaccinazione di massa. Il giorno dopo però il reggente grillino Vito Crimi spiega che Draghi non ci pensa proprio: «Non l' ha elencato come punto dell' azione di governo».
Ma i giornalisti, si sa, non dimenticano facilmente. E così la domanda viene ripetuta a Maria Elena Boschi in una intervista a TgCom24 . E lei, citando anche l' andamento dello spread, spiega: «Se si possono ottenere più soldi per la sanità con un tasso migliore di quello del Mes è evidente che non siamo innamorati dei soldi del Mes». È la fine di un grande amore. Ma ne valeva la pena?.
A sentire il ministro uscente dell' Economia Roberto Gualtieri la crisi di governo ci ha fatto perdere un bel po' di soldi: solo il 14 gennaio, dopo le dimissioni delle ministre renziane e il conseguente rialzo dello spread, Gualtieri faceva notare che erano andati in fumo quasi 8 milioni. Ma Renzi resta convinto della sua linea. Perché il risultato - spiega in una intervista al Financial Times di ieri - è addirittura «un miracolo».
«La possibilità di essere governati da Draghi era una speranza incredibile. Così ho deciso di rischiare tutto, perché il fine giustifica il rischio ». Anche se, ammette, in questa operazione ha perso potere. Parecchio. «Un mese fa avevo la golden share nel governo, con Draghi no». Ecco spiegato il mistero della scomparsa del Mes.
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Ma quelli, soprattutto i 5stelle, che mandano privatamente, su Messenger, su WhatsApp, messaggi con video e slogan dei loro candidati preferiti, davvero pensano di far cambiare idea a qualcuno in questo modo? E poi che cos'è questa tifoseria da stadio? In cosa sperano? Davvero credono che la vittoria di un partito potrà avere ripercussioni concrete sulla loro vita? Non gli viene il dubbio che in caso di fallimento del loro sogno, i primi a farci la figura di merda non saranno nemmeno i politici che hanno sostenuto ma loro in primis che li hanno tanto idealizzati?
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Crisi di Governo, alla fine gli F-35 ci porteranno alle elezioni anticipate
"Non voglio neanche pensare a un ritorno al governo di Renzi, Lotti e Boschi, le calamità naturali. Ragioniamo di tutto, ma non di questo".
(di Andrea Pinto) In questa frase c'è la sintesi della strategia del leader del Carroccio che vuole scongiurare a tutti i costi il ritorno del PD al governo. Un governo M5S, PD, Leu e altri, decreterebbe il fallimento della crisi di ferragosto innescata da Salvini. Strano ma vero, il Capitano non avrebbe previsto "l'inimmaginabile", PD e M5S insieme. Quelle che sembravano voci di corridoio alla fine, con il passare dei giorni, sono diventate "orribili" realtà per la Lega. Di Maio, supportato da Grillo e Casaleggio fa capire che ormai la "frittata è fatta", non si torna indietro. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte non vuole sentir parlare di Matteo Salvini, che a suo dire sarebbe un "traditore". La verità la si conoscerà martedì 20 agosto quando al Senato parlerà Giuseppe Conte e a seguire ci sarà il voto sulla mozione di sfiducia al governo. Sicuramente al di là dell'esito delle votazioni della mozione Giuseppe Conte salirà al Quirinale per rassegnare le dimissioni e iniziare così ufficialmente la crisi di Governo con l'inizio delle consultazioni. Il presidente della Repubblica è rientrato in anticipo dalla breve vacanza a La Maddalena e ha fatto sapere che ora pretende chiarezza e soluzioni politiche accettabili, credibili e di lungo respiro, in alternativa ci saranno le urne, probabilmente il 27 ottobre. Ieri non poteva mancare all'appello degli insulti via social a Salvini, anche quello di Saviano: "Il destino di Salvini è il carcere, e questo lo sta capendo anche lui; basterà che si spengano le luci". La risposta del ministro dell'Interno su Facebook è: "II signor Saviano mi vuole vedere in galera. Che faccio amici, gli do retta e mi dimetto o tengo duro". Nelle prime quattro ore i commenti sono stati quasi 27 mila, una media di oltre uno al minuto. "La strategia, spiega un leghista, è quella di chiudere ogni contatto e concentrarsi. L'obiettivo, quello di stanare tutti quanti: un classico di Matteo, lui non parla, gli altri rosolano nel dubbio e fanno fughe in avanti". Sulle critiche interne alla Lega del momento scelto per la crisi, così Matteo Salvini avrebbe detto: "Se lo avessi fatto prima avrei dato agli inciucisti il tempo per organizzarsi. Se non lo avessi fatto in agosto, forse oggi avremmo già un governo diverso, il governo horror". Il problema è che molti leghisti si sentono sotto scacco. La nascita di un governo giallo rosso sarebbe comunque non di breve durata. Il PD, scrive Cremonesi sul Corriere della Sera, mirerebbe ad eleggere il Capo dello Stato nel 2022 e cambiare la legge elettorale (sistema proporzionale) per ostacolare l'avanzata delle Lega che con l'attuale sistema (con premio di maggioranza) sarebbe avvantaggiata nell'occupare i due terzi di entrambe le Aule parlamentari, uno strapotere mai avuto prima nella storia repubblicana italiana. La parola fine a questa "soap opera" di ferragosto la potrebbe mettere il presidente della Repubblica Sergio #Mattarella che considerati i suoi legami con gli Usa potrebbe protendere per elezioni anticipate ad ottobre per mandare all'opposizione il Movimento, poco gradito agli americani per aver favorito i rapporti dell'Italia con la Cina (via della Seta) e per aver ostacolato tanti programmi industriali militari, tipo l'F-35. Il ministro Trenta tardò addirittura il pagamento di una rata per velivoli già avuti pari a 389 milioni di euro, sollevando il risentimento degli Usa e dello stesso Presidente della Repubblica.
Il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, ospite di “Circo Massimo”, su Radio Capital ad aprile scorso, aveva anche detto che il programma F35 “sarebbe stato rivisto, ma le modalità per la revisione e le condizioni saranno trattate direttamente da Conte insieme a Trump. Ridimensionato? Può significare cambiare ritmo, acquisizione, o acquistarne di meno“. L'8 agosto scorso, in piena crisi di Governo, il sottosegretario alla Difesa, on. Volpi Raffaele così commentava la linea dei 5Stelle sull'F-35: "è sviluppo tecnologico-militare e rafforzamento del legame euro-atlantico.
Ritengo, precisa Volpi, che gli F35 non siano solo uno strumento militare ma anche una forma di ancoraggio, anche di prospettiva, ad un’alleanza storica con gli Stati Uniti. Da un punto di vista industriale scelte positive verso la nuova piattaforma omnifunzionale consentirebbero di rafforzare ed aumentare le opportunità produttive di Cameri e individuare ulteriori sviluppi industriali e tecnologici da portare in Italia. La vicenda F35 non deve essere vissuta come un problema ma come una grande opportunità politica e di sviluppo“. Read the full article
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TORINO. SFUMATA LA CANDIDATURA UNITARIA PER LE OLIMPIADI INVERNALI.
TORINO. SFUMATA LA CANDIDATURA UNITARIA PER LE OLIMPIADI INVERNALI.
Comunicato stampa
TORINO, 18 SETTEMBRE 2018 – “Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, non ha potuto far altro che certificare la impraticabilità della candidatura olimpica delle tre città. In questa amara comunicazione c’è il fallimento del movimento 5stelle che, prima con posizioni ambigue e poi ostinatamente rigide, hanno creato le condizioni ideali per far…
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Oggi Governo Lega 5Stelle – pompini e spread Ma chi sono sri caxxo di mercati! Ditemelo!
#5Stelle#allargamento spread bps#allargamento spread btp bund#allargamento spread decennale italiano#allargamento spread significato#allargamento spread titoli di stato italiani#fallimento debito pubblico italiano#governo#Lega#oggi#pompini#spread#Spread Btp
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I decreti-gazzarra che ci fanno naufragare
di Corrado giustiniani Mentre l’Italia è divisa in due sulla capitana di “Sea Watch 3” Carola Rackete (noi, naturalmente, siamo al suo fianco) la vera domanda da porsi è la seguente: ma per ogni nave che arriva con i suoi naufraghi a bordo, dovrà scoppiare un caso politico e mediatico di tal fatta, con la gazzarra scatenata dal ministro dell’Interno che chiede proprio a un governo come quello olandese, che è della sua stessa fatta, di prendersi i migranti? Non bisogna costruire un quadro di regole europee che decidano come comportarsi in questi casi, invece della suddivisione posticcia che anche stavolta avverrà: quindici a me, che così a poco prezzo faccio una gran belle figura sul piano internazionale, dieci a te, 8 a loro e così via? La notizia clamorosa è che quel quadro europeo già c’è, ma non è ancora operativo. Trattasi della riforma del Regolamento di Dublino, già approvata dal Parlamento europeo, il 16 novembre del 2017, con una maggioranza schiacciante: 390 sì, 175 no e 44 astenuti. Questa prevede che le domande non vengano più esaminate nel primo Paese d’ingresso: i richiedenti asilo andrebbero distribuiti obbligatoriamente in tutti i Paesi dell’Unione, in proporzione a popolazione, Pil, grado di sviluppo economico, legami familiari dei richiedenti asilo con uno specifico Paese. Esattamente quello che Lega e 5Stelle si sono posti come obiettivo nel loro contratto di governo. Dobbiamo ancora ripeterlo: è’ inspiegabile che la Lega si sia invece alleata con Orban e soci, che al contrario non vogliono nei loro confini nemmeno un migrante. Il nuovo Regolamento di Dublino, per diventare operativo, ha però bisogno del “sì” del Consiglio europeo, dove siedono i governi dell’Unione, e l’Italia non ha mai battuto i pugni sul tavolo perché questo avvenisse. E’ paradossale che all’epoca il Pd non si intitolò l’approvazione della riforma di Dublino come una sua vittoria personale, da spendere in campagna elettorale: un provvedimento oltretutto di matrice italianissima, ...E questo la dice lunga sulle gravi incertezze che questo partito ha palesato fino ad oggi sui temi delle migrazioni. Vale soltanto la pena di ricordare che all’antivigilia di Natale del 2017 fece mancare il numero legale al Senato, determinando il fallimento della riforma della cittadinanza non per i figli degli sbarchi, ma per bimbi italianissimi di fatto e non di diritto, che frequentano le nostre scuole, giocano con i nostri figli, tifano per le nostre squadre di calcio e che sono nati da noi da genitori con permesso di soggiorno permanente: lo stesso criterio che vige nel Regno Unito e in Germania per dare la cittadinanza ai figli degli immigrati. Certo, far valere oggi quella riforma, a due anni e sette mesi dalla sua approvazione, è molto più complicato perché le elezioni europee hanno cambiato gli umori dei singoli Stati. Vero, gentile ministro degli Esteri Enzo Moavero, già responsabile degli Affari europei con Monti e con Letta, e consigliere di Gentiloni? Che cosa ha fatto in tutti questi anni per porre all’attenzione dei nostri governi il problema? La verità è che non abbiamo una seria e coerente politica che faccia i nostri interessi a livello internazionale, ed è per questo che ci trattano a pesci in faccia. Carola Rackete ha violato un decreto legge (che, con l’Associazione giuristi dell’immigrazione, ci auguriamo non diventi mai legge) o ha completato un salvataggio di esseri umani allo stremo, dopo 17 giorni in mare? Quel decreto legge, poi, è coerente con le norme internazionali? Quella nave-ambulanza, non doveva essere scortata fino a terra, anziché ostacolata? C’è un modo legale, oggi, per poter entrare in Italia? Come si garantisce a chi vuole chiedere asilo politico, la possibilità di farlo: risbattendolo indietro nei lager libici? Il prossimo passo di Matteo Salvini, sarà quello di chiedere l’uscita dell’Italia dalla Convenzione di Ginevra del 1951, perché noi siamo decisamente contro i diritti dei rifugiati? E’ vero che il nostro Paese ne accoglie in realtà assai pochi rispetto alla consistenza della nostra popolazione? E vero che stiamo distruggendo ogni politica dell’integrazione, e che, secondo l’Ispi, solo il primo Decreto sicurezza provocherà 137 mila nuovi irregolari sulle strade italiane? Si spera che il governo dia risposte serie ad alcune di queste domande. E che l’opposizione sia almeno in grado di mettere finalmente in campo le linee guida di una autentica e coerente politica dell’immigrazione.
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Una sola calabrese nella “squadra” del Governo: è polemica
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/una-sola-calabrese-nella-squadra-del-governo-e-polemica/
Una sola calabrese nella “squadra” del Governo: è polemica
Una sola calabrese nella “squadra” del Governo: è polemica
La Calabria si risveglia nella polemica dopo che il nuovo governo Conte – dopo una lunga diatriba tra i grillini e i democratici – ha stilato nella giornata di ieri un elenco con ben 42 i sottosegretari e di questi solo una rappresenterà la nostra regione, Anna Laura Orrico.(LEGGI) Da fonti governativa si apprende che sanno 21 gli esponenti dei 5 stelle, 18 del Partito Democratico, 2 di di Leu, 1 del Maie. I 5Stelle serbano dunque una maggioranza di sottosegretari e anche di viceministri: ne avrà 6, mentre 4 saranno del Pd. Questo nuovo Governo però vede in modo evidente la Calabria restare indietro e subire una penalizzazione dalla maggioranza giallorossa. Due esponenti di primo piano del Movimento Cinquestelle calabrese sono infatti “rimasti al palo”. Si tratta del cosentino Nicola Morra e della vibonese Dalila Nesci, che – per scelta di altri – hanno perso la grande opportunità di rappresentare la Calabria nel Governo Conte bis. Il primo parere contrario su questo nuovo “piazzamento” è partito da Matteo Salvini, che ha detto: “Continua la vergognosa spartizione di posti e poltrone di Pd e M5s. Festeggiate e mangiate finché siete in tempo tanto prima o poi gli italiani vi manderanno a casa”. Non meno polemico il senatore forzista Marco Siclari.“Il Conte bis è di certo l’ennesimo fallimento per il Sud che non trova nuovamente spazio nella squadra di Governo. Ancora una volta dimostrano di non avere a cuore le sorti del Meridione al quale, invece, bisognerebbe dedicare molta attenzione considerando che ha il potenziale per fungere da traino per l’economia dell’intero paese”.Torna a tuonare dura la critica di Siclari. “Nessuna novità, dunque, per il Sud che anche in questo secondo tentativo viene lasciato ai margini. Reputo assurdo che un Governo di 64 persone dia spazio a un solo calabrese”, ha concluso il senatore azzurro.
La Calabria si risveglia nella polemica dopo che il nuovo governo Conte – dopo una lunga diatriba tra i grillini e i democratici – ha stilato nella giornata di ieri un elenco con ben 42 i sottosegretari e di questi solo una rappresenterà la nostra regione, Anna Laura Orrico.(LEGGI) Da fonti governativa si apprende che sanno 21 gli esponenti dei 5 stelle, 18 del Partito Democratico, 2 di di Leu, 1 del Maie. I 5Stelle serbano dunque una maggioranza di sottosegretari e anche di viceministri: ne avrà 6, mentre 4 saranno del Pd. Questo nuovo Governo però vede in modo evidente la Calabria restare indietro e subire una penalizzazione dalla maggioranza giallorossa. Due esponenti di primo piano del Movimento Cinquestelle calabrese sono infatti “rimasti al palo”. Si tratta del cosentino Nicola Morra e della vibonese Dalila Nesci, che – per scelta di altri – hanno perso la grande opportunità di rappresentare la Calabria nel Governo Conte bis. Il primo parere contrario su questo nuovo “piazzamento” è partito da Matteo Salvini, che ha detto: “Continua la vergognosa spartizione di posti e poltrone di Pd e M5s. Festeggiate e mangiate finché siete in tempo tanto prima o poi gli italiani vi manderanno a casa”. Non meno polemico il senatore forzista Marco Siclari.“Il Conte bis è di certo l’ennesimo fallimento per il Sud che non trova nuovamente spazio nella squadra di Governo. Ancora una volta dimostrano di non avere a cuore le sorti del Meridione al quale, invece, bisognerebbe dedicare molta attenzione considerando che ha il potenziale per fungere da traino per l’economia dell’intero paese”.Torna a tuonare dura la critica di Siclari. “Nessuna novità, dunque, per il Sud che anche in questo secondo tentativo viene lasciato ai margini. Reputo assurdo che un Governo di 64 persone dia spazio a un solo calabrese”, ha concluso il senatore azzurro.
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