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#Donn Aron
sesiondemadrugada · 2 years
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Another 48 Hrs. (Walter Hill, 1990).
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weirdesplinder · 1 year
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La mia top ten dei classici della letteratura americana
Eccoci a un nuovo post della serie dedicata ai Classici della letteratura e oggi tocca ai classici americani che io amo in particolare.
E intendo America come continente, non gli Sati Uniti solamente.
Naturalmente come sempre è una lista super soggettiva, non odiatemi se non nomino grandi della letteratura americana come Hemingway, Kerouac, Melville, Jack London, Francis Scott Fitzgerald, Faulkner o Harper Lee, vanno certamente letti e nominati, ma era una top ten e purtroppo ho dovuto escludere molti e lasciarmi guidare dai libri che io personalmente ho amato leggere.
Non vedo l'ora di scoprire invece i vostri preferiti di questa categoria, mi raccomando segnalatemeli in commento.
La mia top ten:
1. Radici, di Alex Haley
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Trama: Nella seconda metà del Settecento il giovane Kunta Kinte viene strappato dal suo villaggio africano e portato in America come schiavo. La sua vita cambierà, come quella dei suoi discendenti: Bell, Kizzy, Chicken George e tutti gli altri, fino a giungere ad Alex Haley, l'autore di queste pagine.
2. La valle del'Eden, di John Steinbeck
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Trama: Nel paese di Nod, a est del giardino dell'Eden, dove la progenie di Caino andò a vivere secondo la leggenda biblica e che nel romanzo di John Steinbeck corrisponde simbolicamente alla valle percorsa dal fiume Salinas nella California settentrionale, si intrecciano le storie di due famiglie, gli Hamilton e i Trask. Protagonisti della saga, che va dalla Guerra civile alla Prima guerra mondiale, da una parte il vecchio Samuel Hamilton, immigrato dall'Irlanda; e, dall'altra, Cyrus Trask insieme ai figli Adam e Charles, e ai nipoti Aron e Caleb, gemelli nati dalla misteriosa Cathy Ames.
3. Piccole donne, di Louisa May Alcott
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Trama: Meg, Jo, Beth e Amy, quattro sorelle dal carattere molto diverso, si trovano improvvisamente ad affrontare la guerra: devono cambiare la propria vita per sostenere la mamma, mentre il padre è nell'esercito. Decidono così di fronteggiare le difficoltà con allegria e spirito di iniziativa..
4. Ti ucciderò, di Mickey Spillane
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Trama: Quando Jack Williams viene trovato ucciso a colpi d’arma da fuoco, il detective Pat Chambers chiama il suo conoscente e amico più intimo di Jack, l’investigatore privato Mike Hammer. Ai tempi in cui avevano combattuto insieme, Jack era stato colpito da una baionetta giapponese per salvare Hammer, perdendo il braccio. Hammer giura di identificare l’assassino prima della polizia per compiere la sua vendetta personale. Il punto di partenza è l’elenco degli ospiti a una festa a casa di Jack la notte in cui è morto: la fidanzata di Jack, ex tossicodipendente, una bellissima psichiatra, due sorelle gemelle, uno studente universitario e un mafioso. Ma mentre li rintraccia, così fa anche l’assassino, e in poco tempo non sarà solo Jack a essere trovato morto. Ad attenderli, infatti, un’automatica calibro 45 munita di silenziatore. E anche Hammer è saldamente nel suo mirino...
5. Tarzan delle scimmie, di Edgar Rice Burroughs  
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Trama: Nel cuore della giungla più selvaggia il piccolo Lord Greystoke viene sottratto a un destino di morte certa dalla gorilla Kala, che lo adotta e lo alleva teneramente. Ma per quel suo corpo completamente privo di peli, il cucciolo d'uomo è osteggiato dagli altri membri della tribù. Determinato a non diventare cibo per Sabor, la leonessa, o per Sheeta, il leopardo, riesce a sopravvivere grazie alla sua forza fisica e alla sua intelligenza, che gli permettono di affrontare con audacia i pericoli della giungla, guadagnarsi il rispetto dei gorilla e diventare loro re. Da quel momento si farà chiamare Tarzan delle scimmie e il suo urlo selvaggio e terrificante riecheggerà nella foresta. Ma c'è una nuova e insolita sfida che Tarzan, ormai adulto, dovrà affrontare quando nella giungla arriveranno i suoi simili e con loro la bellissima Jane¿
6. La lettera scarlatta, di Nathaniel Hawthorne
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Trama: La giovane Ester Prynne, condannata per adulterio nella puritana Boston, sarà costretta a portare per sempre sul seno una fiammeggiante, scarlatta, lettera "A", da lei stessa ricamata. Ester non ha mai voluto rivelare il nome del suo "complice" che infine lacerato tra ansia di schiettezza e orgoglio, e perseguitato dal marito della giovane - cederà, confessando la sua colpa.
7. Il gabbiano Jonathan Livingstone, di Richard Bach
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Trama: Il gabbiano Jonathan Livingston non è come tutti gli altri. Là dove i suoi simili, schiavi di becco e pancia, si limitano a viaggetti per procurarsi il cibo inseguendo le barche da pesca, lui intuisce nel volo una bellezza e un valore assoluti. Tanto basta per meritargli il marchio dell'infamia e l'allontanamento dallo stormo Buonappetito. Solo, audace, sempre più libero, Jonathan il Reietto scopre l'ebbrezza del volo acrobatico e varca i confini di altri mondi, altre dimensioni abitate da gabbiani solitari simili a lui nella spasmodica fame e sete di perfezione. Ne diventa la guida, il maestro, il capo indiscusso, e tra i compagni incontrerà chi senza saperlo è pronto a raccogliere la sua eredità.
8. La casa degli spiriti, di Isabel allende (Cile)
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Trama: Alle Tre Marie, splendida tenuta di proprietà di Esteban Trueba, si intrecciano le passioni dei diversi protagonisti: Clara, la moglie del proprietario, trascorre un’esistenza avvolta nei ricordi; Férula, sorella di Esteban, dedica la sua vita agli altri; Blanca è innamorata di un servo del padre, Pedro, che avrà parte nella guerriglia della rivoluzione; Alba, la nipote, dovrà invece affrontare la dittatura mentre Esteban scoprirà, proprio a causa dei tragici eventi politici del suo paese, di amare innanzitutto la sua famiglia.
9. Cent'anni di solitudine, di Gabriel García Márquez (Colombia)
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Trama: Grandezza e decadenza della città di Macondo e della famiglia Buendia, in una successione appassionante di avvenimenti favolosi e grotteschi tra cronistoria e leggenda.
10. Anna dai capelli rossi, di Lucy Maud Montgomery (Canada)
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Trama: Matthew e Marilla conducono una vita abitudinaria nel pacifico paesino di Avonlea. Ormai anziani, decidono di adottare un orfano che li aiuti a mandare avanti la fattoria. Ma invece del ragazzo promesso dall’orfanotrofio, a casa Cuthbert arriva Anna, una bambina dotata di una inesauribile immaginazione che finirà per conquistare tutti.
Onorevoli menzioni:
Uno yankee alla corte di re Artù, di Mark Twaine
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Trama: il protagonista, Hank Morgan, lo yankee del Connecticut, un capo officina della fabbrica d'armi Colt di Hartford, a causa di un violento alterco con un operaio a lui sottoposto, riceve in testa un colpo sferrato con una spranga di ferro e quando si risveglia scopre che è finito in Inghilterra, esattamente nel giorno 20 giugno dell'anno 528… Da qui, la sfrenata girandola senza fine di situazioni che ne derivano, alle prese con re Artù, i cavalieri della Tavola Rotonda, Lancillotto, Ginevra, il mago Merlino, la fata Morgana ecc.
. L'ultimo dei Mohicani, di James Fenimore Cooper
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Trama: Ambientato nella colonia di New York durante la guerra franco-indiana, racconta la storia di un cacciatore bianco: Natty Bumpoo, soprannominato “Lungo Fucile” per la sua abilità con quest’arma. Bumpoo ha abbandonato la vita civile per vivere a contatto con la natura e rifugiarsi nella foresta con due suoi compagni, gli ultimi due pellerossa superstiti di una razza tra le più rispettate e antiche: i Mohicani. I tre personaggi si troveranno a dover aiutare le due figlie del generale inglese Munro, rapite dal nemico comune Magua, capo tribù degli Irochesi, alleati dei francesi, nemico giurato sia del generale Munro che di Occhio di Falco e dei suoi due amici: Cinghachgook e suo figlio Uncas. La storia ha come sfondo la guerra con frequenti battaglie tra gli eserciti francesi e inglesi che in guerriglie e scontri tra gli indiani schierati da una parte o dall’altra. La vittoria si deciderà con una tipica battaglia indiana, tra le tribù dei Mohicani e degli Irochesi con la morte del giovane Uncas, appunto l’ultimo dei Mohicani e di una delle figlie di Munro. Il racconto si chiude con il mesto presagio del capo dei Mohicani che sente avvicinarsi la fine del suo popolo.
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claudehenrion · 1 year
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Tout faux... au delà du possible !
 Comment faire pour parler d'autre chose que de l'effroyable chaos qui transforme la France en cauchemar ? Tous ceux qui annonçaient ''ça'' pour bientôt étaient (dis-)qualifésr de pessimistes, et combien d'entre vous, chers Amis-lecteurs, m'avez gentiment reproché de voir les choses en noir, de trop critiquer nos soi-disant élites --dont une petite goutte de trop a révélé la nullité absolue, et dont une victime (le fait qu'il ne soit pas fréquentable ne justifiait certes pas sa mort, mais lui n'entrevoyait comme issue à ses agissements répréhensibles que... rien, comme les autres fois !) a fait que la prise de conscience, souvent annoncée ici, est terrible !
Nous parlions l'autre jour de l'attitude dite ''catch 22'', nom que des américains réservent à des situations dont la solution est en même temps la cause. Il est difficile de trouver meilleure illustration de cette idée que l'état actuel de la France : un Pouvoir qui n'en est pas un se donne un mal de pitt-bull (= tous les coups sont permis) pour essayer de faire croire qu'il voudrait la paix civile, ''et en même temps'', il passe tout son temps à déverser sur des populations, déjà chauffées à blanc par ses comportements antérieurs, des tombereaux de contre-vérités énormes dont le seul résultat ne peut être que renforcer un sentiment de ''non-appartenance'', tendant à l'absolu. A force de semer le mensonge, on récolte évidemment la haine !
Il suffit de regarder avec soin et sans parti pris ce qui se passe, se dit, se raconte et se pratique autour de nous pour que crève les yeux cette faute inexplicable et injustifiable : de manière aussi irresponsable que le siècle précédent proclamait stupidement ''préférer avoir tort avec Sartre que raison avec Aron'', nous nous plongeons dans les délices mortels de Capoue en racontant qu'il vaudrait mieux avoir totalement tort avec Mélenchon, la nupès et l'extrême gauche assassine... que largement raison avec Zemmour et la Droite --vite qualifiée d'extrême lorsqu'elle ne se soumet pas aux diktats criminels de la Gauche...ce qui suffit pour rendre notre gouvernement sourd et aveugle à toute réalité et à toute évidence... comme il le démontre avec une persévérance qui lui fait... déshonneur !
Mais s'il n'y avait que ça ! C'est simple : toute idée saine, sage, bonne, susceptible d'améliorer le processus de mort lente (NB : mais au fond... pas si lente que ça, et de moins en moins : comme annoncé ici-même depuis 10 ans, le ''point de non-retour'' se rapproche inexorablement... et tout est fait pour qu'il devienne incontournable !) est interdite, raillée, condamnée, ostracisée, pendant que tout comportement susceptible d'augmenter la violence endémique, la rébellion chronique et la révolte institutionnalisée est encouragé, récompensé, porté aux nues sur les chaînes gauchisées des médias officiels (qui votent officiellement à Gauche ou à l'extrême gauche à 85 %, à l'inverse absolu de la population... à qui ils  distillent sans pudeur des idées qui ne sont pas les siennes, qui n'apportent que des problèmes et jamais un début de solution, et qui sont garantis –par les expériences du monde entier-- ne pouvoir offrir que des drames et des grincements de dents... sans parler des officines largement subventionnées qui distillent le mal, le mensonge et le faux... et récoltent la haine par wagons entiers, pour leur plus grande satisfaction : c'est le but poursuivi par nos hordes de prophètes de malheur.!
Car franchement,  comment voulez-vous que des populations qui s'invitent chez nous sans l'être (invitées) puissent réagir devant un discours –qu'ils n'ont nul moyen et nulle envie de vérifier-- qui affirme, réaffirme, répète et ressasse ad nauseam que la richesse apparente des français ''de souche'' (je dis bien : ''apparente'', car pour ce qui est de la ''richesse'' de gens dont la dette nationale dépasse largement, depuis la semaine dernière, les 3 000 milliards d'euros, et augmente six fois plus vite que les ''efforts-sic'' évoqués par un Sinistre des Finances évidemment dépourvu de tout bon sens), n'est due qu'au pillage en règle de leurs ancêtres et de leurs pays ''colonisés'', alors que la vérité historique –reconnue et admise partout-- est à l'exact opposé de ce mensonge ?
Et comme si ces racontars énormes ne suffisaient pas, nos élites déméritantes en rajoutent sans cesse de nouvelles couches –en mettant tous les moyens et toute la puissance de l'Etat au service de leurs non-solutions mortifères : nos jours sont bercés (dans un but évident d'endormissement)  par des séries de mensonges, formulés ou tacites, qui consistent à couvrir d'immondices toute personne qui oserait dire une ou la vérité... sur quelque sujet que ce soit : il faut -par exemple- que toute la presse hurle au loup dès que quelqu'un évoque le ''grand remplacement'' –qui est présent, en clair, dans toute une littérature islamodoule (du grec ancien δουλεία / douleia = être au service de ou être soumis à... Par exemple  ''iconodoulie'' = adoration des icônes) et est disponible partout sans problème. Eux peuvent librement dire que c'est ça qu'ils veulent, mais nous n'avons pas le droit de dire que nous nous en rendons compte ! Et dire qu’on en est là...
Cette politique de l'autruche est en fait appliquée sur tous les sujets de la lecture frelatée de l'histoire au quotidien que nous impose la Macronie (climat, CO et CO², covid, masques, confinement et vaccins, Ukraine et Russie, Algérie et immigration, ''migrants'' et violences...)- sans le moindre respect pour la grande Histoire, la vraie, la seule qui devrait être considérée. Pour imposer leurs contre-vérités, mortelles à terme, ils les répétent si souvent que les français –qui sont majoritairement de chic types, de braves gens et d'honnêtes citoyens-- finissent par y adhérer... ce que beaucoup font. Beaucoup trop. Et pour revenir sur un mot, la notion-même de ''français-de-souche'' –pourtant incontournable-- est niée par les tenants de la mort de toute civilisation, de toute société organisée, de toute humanité...
Au fond des choses, la caste de mauvais politiciens qui est actuellement aux commandes du pays est responsable de tous nos malheurs présents et... à venir, car nous n'avons rien vu, encore : le pire est en route et nous commençons à en voir les horribles prémisses. Ces archi-nuls sont d'authentiques ''responsables irresponsables'', et --sans aucun doute-- coupables (disons plutôt ''présumés coupables''' pour ne pas jouer aux mêmes jeux ignominieux qu'eux, qui condamnent sans justice… ou, pire encore, avec l'aide d'une une anti-justice qui appelle ''juste'' l'injuste, et qui dit ''Loi'' pour parler de ses préférences politiques --ce ''deux poids, deux mesures'' qui est en train de tout emporter comme un raz-de-marée qu'est majoritairement devenue la nôtre''). Et soyons lucides : si ça s'arrête, comme ça devrait le faire... c'est pour des temps-morts de plus en plus courts, avant des violences de plus en plus définitives : le ver est dans le fruit, et les discours ne l'en extrairont pas : il faut un changement de référentiel total, durable. 
Le remède ? Il est dans une phrase tirée du roman ''Le Shogun'' (James Clavell), ou l'héroïne, japonaise, explique à son amant américain, Angie (Angie-san, en japonais) : ''But it's all so simple, Angie-san : Just change your vision of the world'' (= C'est tout simple : il te suffit de changer ta vision du monde !). Plus facile à dire qu'à faire ? C'est d'accord. Mais d'un autre côté, l'alternative est terrible : poursuivre sans espoir notre chute vers un gouffre sans fond... Devant des années de couardise indigne et de lâchetés insignes, comment ne pas rappeler à nos ''leaders'' (enfin... On se comprend!) le célèbre ''Vous aviez à choisir entre la guerre et le déshonneur ; vous avez choisi le déshonneur et vous aurez la guerre'' de Winston Churchill après Munich : ils avaient peur de la guerre civile... ils auront –ils commencent déjà à avoir-- pire : nous voilà en présence d'une guerre extérieure menée sur notre sol national. Et ils auront aussi le déshonneur, peine mineure pour ces gens sans morale... et qui ont oublié jusqu’au sens du mot ‘’Honneur’’.
H-Cl.
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lamilanomagazine · 8 months
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Palermo, un pool di donne contro i reati di cui sono vittime gli animali
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Palermo, un pool di donne contro i reati di cui sono vittime gli animali. È un pool di donne quello che è nato alla Procura della Repubblica di Palermo per occuparsi dei reati di cui sono vittime gli animali. L'Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa) ringrazia il procuratore Maurizio de Lucia per la sensibilità dimostrata con questa sua iniziativa e auspica che altre Procure ne seguano l’esempio. I quattro sostituti procuratori che fanno parte del gruppo di lavoro sono Clio Di Guardo, Giulia Falchi, Maria Forti e Federica Scuderi. Le magistrate, che verranno coordinate dal procuratore aggiunto Ennio Petrigni, si occuperanno di un'ampia serie d'illeciti riguardanti gli animali: dai combattimenti clandestini tra cani alla macellazione abusiva, dalle corse clandestine di cavalli al commercio abusivo di animali da compagnia, fino allo sfruttamento dei cavalli delle carrozze turistiche. Le nomine arrivano a pochi giorni dall'interpello del procuratore capo pubblicato subito dopo la morte di Aron, il povero cane cui il suo stesso detentore ha dato fuoco nel capoluogo siciliano. A tal riguardo L'Oipa ha presentato denuncia alla Procura della Repubblica di Palermo per maltrattamento e uccisione di animali nei confronti dell'uomo. L'associazione si costituirà parte civile nel processo e il suo Ufficio legale ha inviato istanza al sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, affinché emetta un'ordinanza interdittiva che vieti al soggetto nonché ai suoi familiari e ai suoi conviventi di detenere animali. L'Oipa, nell'augurare buon lavoro al pool di Palermo, si rende disponibile per supportare questo prezioso lavoro. «Aspettiamo un inasprimento delle pene per i reati contro gli animali, come promesso da diverse parti politiche», dichiara il presidente dell'Oipa, Massimo Comparotto. «Soggetti che incrudeliscono contro gli animali sono soggetti pericolosi che possono tranquillamente passare dall'animale all'uomo. L'ordinamento dovrebbe considerare anche questo».... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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leoninefae · 2 years
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28.02.2023 ー a collection of songs to describe the facets of me; occasionally updated. (listen here)
tracks:  1. Monk’s Mood – Wynton Marsalis; 2. Only the Lonely – Lucy Yeghiazaryan; 3. Scheherazade, Op. 35: I. “The Sea and Sinbad’s Ship” – Nikolai Rimsky-Korsakov, New York Philharmonic; 4. In a Sentimental Mood – Ella Fitzgerald; 5. Bawling – Primary, OHHYUK; 6. Dear Soulmate - Live – Laufey; 7. ceilings – Lizzy McAlpine; 8. Upper East Side – Bren Joy; 9. All Night – SG Lewis, Dornik; 10. Situationship – Snoh Aalegra; 11. Donne-moi ton coeur – Louane; 12. The Peace Song – Aron, Derrick Hodge; 13. Breathe – Sam Wills; 14. ゆめうつつ – Lamp; 15. Windows – Chick Corea; 16. Misty – Ella Fitzgerald; 17. The Game –  Lucy Yeghiazaryan;  17. Flamenco Sketches – Bill Evans
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cinesludge · 2 years
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 Movie #20 of 2022: Geronimo: An American Legend
Al Sieber: “They kill any Indian and then claim they are Apache. I don’t see how any man can sink that low. Must be Texans... the lowest form of white man there is.” 
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gstqaobc · 3 years
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🇨🇦🇬🇧🇨🇦THE MONARCHIST LEAGUE OF CANADA🇬🇧🇨🇦🇬🇧
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PALACE RELEASES FUNERAL PLANS
https://www.cbc.ca/news/world/prince-philip-salutes-1.5982757
CHARLES’ SIMPLE & MOVING TRIBUTE TO HIS FATHER
https://www.youtube.com/watch?v=PMGktwe6Q9E
THE PRIME MINISTER’S TRIBUTE TO THE DUKE OF EDINBURGH - OTHER WORLD LEADERS' REMARKS
https://www.youtube.com/watch?v=oXu1eDqdn_
CANADIAN INDIGENOUS LEADERS REMEMBER THE WORK AND UNDERSTANDING OF THE DUKE
A fair piece rather than mischief-making, this is well worth a read
https://www.cbc.ca/news/canada/prince-philip-remembered-indigenous-canada-1.5982711
LEAGUE'S NATIONAL ZOOM CALL WILL GO AHEAD WITH
EMPHASIS ADJUSTED ON SUNDAY, APRIL 18: A FEW SPACES REMAIN FOR MEMBERS TO PARTICIPATE
Chairman Finch has decided that the Zoom call for all members of the League will go ahead as previously scheduled.  It will begin with a brief reflection on the life of The Duke of Edinburgh, and proceed to focus on our affection and support for The Queen as she approaches her 95th birthday later that week. As we celebrate the long and useful life of Prince Philip, so do we value and celebrate the same longevity, ardor of spirit and commitment to duty of our Sovereign. We will not sing Happy Birthday; but certainly we shall continue to feel deeply moved by the good works of the Royal Couple as we look both backwards and forwards.
It is not too late to request a place by return of email.
THE LEAGUE’S MEDIA TEAM
Our enormous thanks to those who speak on behalf of the League, frequently multiple times, during such occasions as the death of Prince Philip. Doing so often disrupts their work and their family routine - and occasionally they have to deal calmly with reporters bent on mischief making. So, the gratitude of all members to Chairman Finch, Aron Spidle, John Yogis, Karim Al-Dahdah, Marjorie Shephard, Darcie Axelstierna, Josh Traptow, and Keith Roy - we hope we are not omitting anyone - for their professionalism, knowledge and devotion to the Crown! They give the League significant credibility.    
Listen to Keith:  https://www.cbc.ca/listen/live-radio/1-91/clip/15836205
FOR PEOPLE OF FAITH AND THEIR LEADERS
The League is not a religious organization, such faith and practice being entirely a matter of personal belief. Unlike England, Wales and Scotland, Canada has no “established church.”  The Queen is a devout Christian, and lives her faith rather than talking about it, a rare exception being her Christmas Messages to the Commonwealth. At the same time, the Crown protects the right of all subjects to follow their conscience - to adopt any faith they wish, or none.
We have been asked by a number of people, some League members and others religious leaders, what might be an appropriate observance in their church, temple or mosque, or indeed within the family circle, to honour the late Duke.  It is for that reason only we supply prayers which include those in the tradition of the Abrahamic faiths  (Philip's mother, Princess Alice, is recognized as a "Righteous Among the Nations")  - and we hope they might form one element of the many different ways that each will hold in heart and voice as the obsequies of this good man unfold in the days ahead.  We prescribe nothing - when it comes to Faith we stick by the old Anglican formula, usually used in another context:  All may, some should, none must.
A PRAYER FOR OUR QUEEN & ALL WHO MOURN FOR PRINCE PHILIP
O Father of all mercy, and giver of all consolation, deal graciously, we pray, for those who mourn, especially Elizabeth our Queen and all the Royal Family; that casting every care on Thee, they may know the consolation of Thy love.
A PRAYER BY JOHN DONNE
Bring us, O Lord God, at our last awakening, into the house and gate of Heaven: to enter that gate and dwell in that house, where there shall be no darkness nor dazzling, but one equal light; No noise nor silence, but one equal music; No fears nor hopes, but one equal possession; No ends nor beginnings, but one equal eternity; In the habitation of thy glory and dominion,
World without end, Amen.
A PRAYER FROM THE BOOK OF COMMON PRAYER
O Father of all, we pray for those whom we love, but see no longer: Grant them Thy peace; let light perpetual shine upon them; and, in Thy loving wisdom and almighty power, work in them the good purpose of Thy perfect will.
EL MALEH RACHAMIM: Jewish Prayer of the Dead Oh God, full of compassion, who dwells on high, grant true rest upon the wings of the Divine Presence, in the exalted spheres of the holy and pure … Therefore, may the All-Merciful One shelter him with the cover of His wings forever, and bind his soul in the bond of life. The Lord is his heritage, may he rest in his resting-place in peace; and let us say: Amen.
A PRAYER IN THE ISLAMIC TRADITION
O Allah, forgive Philip and elevate his station among those who are guided. Send him along the path of those who came before, and forgive us and him, O Lord of the worlds. Enlarge for him his grave and shed light upon him in it.
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💜🙏🏻😔✝️💟PG✝️💟😔🙏🏻💜
GSTQAOBC 🇨🇦🇬🇧🇦🇺🇳🇿
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letsheresy · 4 years
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bonjouuur incroyable heresy qui embellit toujours mes profils jhgkgjh. je suis nulle pour faire le pas et demander une commande d'avatars sur tumblr (t'es ma toute première et d'ailleurs si c'est pas comme ça qu'il faut faire tape moi sur les doigts). anyway, je joue Ottis Heimann sur ILH hehe. Aron Piper a fait un nouveau shoot et hhjjj bref bref. je te donne la galerie au cas où tu voudrais bien imgbox(.)com/g/aypXgPffv3 contribuer à ma demande ** mile merci kiss
COUCOU TOI ! ❤️ trop mims omgggg et je feel pour les commandes sofhsd. je n’en prends plus du tout normalement, mais je voulais pas te faire faux bond alors en voilà 6 : https://letsheresy.tumblr.com/tagged/aron-piper (also je vais probablement continuer d’en faire régulièrement d’aron donc y’en aura de nouveaux soon) j’espère qu’ils te serviront 🥺
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qgdecvs · 4 years
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[LECTURE] L’Homme Révolté, A. Camus
Place de cet ouvrage au moment où ces lignes sont rédigées: un ouvrage qui propose de s’élever au delà du nihilisme, proposer une éthique et des lignes de conduites dans un monde où la vérité révélée – la base de la philosophie politique chrétienne – n’a plus sa place. Camus parle depuis 1950, une époque où l’Occident est certain que sa philosophie politique s’est à jamais débarrassée de toute référence au divin. Si l’on parle encore de cosmologie, de Dieu et des croyances, les théocraties semblent définitivement disqualifiées de l’histoire humaine (occidentale).
Il est intéressant de relire cet ouvrage dans notre contexte déboussolé où la lecture du monde, rassurante, proposée par les théologies politique menace de dénaturer la manière dont nous pensons nos institutions sécularisées (cf. Mark Lilla, le Dieu-Mort Né). Dans cet état de déni où nous nous trouvons, il est salvateur de se souvenir des raisons qui ont poussé les Hommes à se révolter, à faire face à Dieu, à affronter cet être aveuglant comme le soleil, et à enfin penser le politique en termes exclusivement humains.
Car si Camus pointe les dangers inhérents à l’attitude du révolté (le nihilisme, la sacralisation de l’histoire, la démesure), jamais sa légitimité n’est remise en cause. Au contraire. La révolte, c’est l’humanité par excellence. Oui, elle est légitime, émouvante et profondément émancipatrice. Camus défend ardemment ce cri porteur de tant d’espoir et de misère, et il ne pardonne pas son dévoiement au nom des révolutions historiques, des humains qui se font dieux, cruels et juges à la fois.
L’Homme Révolté parait en 1951 – et signe le début de la querelle avec les existentialistes. Dans le Mythe de Sisyphe, Camus théorise l’absurde, réfute l’absolu divin, la lecture finaliste du monde. Les existentialistes partent eux aussi de ce postulat. L’ennui, c’est ce que Camus déduit de la révolte: une nature humaine digne car toujours demandeuse de sens face à l’absurde; une nature humaine qu’il faut toujours respecter, d’où son aversion pour toute idéologie – pour se sauver elles-mêmes, elles justifient l’assassinat. La révolte Camusienne consiste à refuser l’injustice et le nihilisme, à affirmer l’homme. Sartre et les existentialistes, s’ils admettaient que la révolution était une notion limite qui ne s’accomplirait peut-être pas, considéraient que l’action devait donner un sens à l’existence, s’inscrire dans l’Histoire. Bref, ils y voyaient une fin et en cela retrouvaient un projet totalisant voire totalitaire. Pour Camus, la valeur de l’insurrection compte. Pour Sartre, c’est sa visée.
Signe la notion de théocratie totalitaire = orthodoxie de la pensée.
Cheminement intellectuel, plus de place aux idées qu’aux dynamiques socio-économiques. Il part du particulier pour arriver au général: accorde de l’importance au Monde, là où Sartre est centré sur le sujet « condamné à être libre ».
L’idée n’est pas de définir le totalitarisme, il ne joue pas dans la même cour que Aron et Arendt à la même période.
Parenté avec les Lettres à un Ami Allemand, publiées dans l’immédiat après-guerre. Le paysage intellectuel qu’il brosse se joue des frontières des états-nations. On retrouve l’idée Camusienne d’une Europe fraternelle, à l’heure où le mot Europe faisait horreur aux intellectuels issus de la Résistance (dont Sartre) puisqu’elle avait été abondamment usitée par la propagande nazie.
S’oppose par exemple à Humanisme et Terreur de Merleau-Ponty, où les assassinats sont justifiés par les l’idéologie (M-P n’était pas Sartrien non plus: opposition explicite dans la préface de Signes, 1960).
Fil directeur: conception « allemande » de la démesure =/= mesure méditéranéenne. (qui est une position fondamentale et radicale, ne pas confondre mesure et mollesse. Poser des limites demande du courage, de l’honneur, de l’intelligence).
Thèses principales:
« La révolution sans autre limite que l’efficacité historique signifie la servitude sans limites. »
Il part d’un constat: c’est le temps du meurtre logique, du crime raisonnable, de l’assassinat justifié. Se refusant à juger son époque – c’est la bannière de l’innocence qui protégeait les crimes qu’il faudrait juger, l’ouvrage est d’abord un effort « pour comprendre » le monde. Le meurtre, dans la révolte, est-il inéluctable?
Si l’on érige le sentiment de l’absurde en règle d’action, alors le meurtre est en tout cas indifférent, l’effet d’un pur hasard. La contingence fait de l’homme un saint ou un assassin. On peut ne pas agir, et si l’on se met en mouvement c’est vers la seule efficacité puisqu’en l’absence de sens, il n’est pas une valeur supérieure qui puisse servir de guide.
Mais l’absurde ne peut pas être autre chose qu’un passage. En effet, il est contradictoire: dans le Mythe de Sisyphe, il a été démontré que la conséquence du raisonnement absurde est le refus du suicide. La fuite consacrerait la fin de confrontation à l’absurde; il ne peut pas se nier lui-même. Dans le raisonnement absurde, il faut refuser la cohérence au meurtre et au suicide, les deux ensemble. La vie est le seul bien; elle permet la confrontation à l’absurde, qui par nature est contradiction. Il n’est, dans l’optique Camusienne, qu’un point de départ en effet. Il rend indifférent au meurtre mais, en refusant la négation absolue, en persistant dans la vie, affirme bien le début d’une valeur suprême. Sur le sentiment absurde:
Il exclut les jugements de valeur en voulant maintenir la vie, alors que vivre est en soi un jugement de valeur. (p21)
Penser l’absurde, tenter de donner une cohérence au temps par le langage, c’est déjà lutter. Vivre, même dans le silence, est un refus de la non-signification. Théoriser l’absence de sens, c’est lutter contre elle. En cela, l’absurde est avant tout une émotion, « un sentiment parmi d’autres » dont on ne peut pas tirer de règles universelles – le sentiment est une expérience individuelle. Dans l’absurde se cache un désespoir, le nihilisme, qui peut être le point de départ d’un raisonnement (comparaison avec le cogito cartésien: il fait table rase mais il doit être envisagé comme une destruction créatrice, pas une fin en soi).
Je crie que je ne crois en rien et que tout est absurde, mais je ne peux douter de mon cri et il me faut au moins croire à ma protestation (p 23)
Devant l’incompréhensible, la révolte est la seule évidence claire. Elle veut transformer le monde chaotique, injecter le sens, agir. Avec tous les dangers que cela comporte: rappelons-le, avec les termes de Camus: « elle ne sait pas si le meurtre est légitime ». Dans l’absurde, ce sentiment qui lui donne vie, elle ne trouve pas à la réponse.
Comment justifier l’action du révolté, alors? Il n’y a pas de transcendance qui puisse éclairer les raisons, pas de mythe auquel se raccrocher. Il n’y a plus rien que la révolte elle-même, qui devient alors sa propre justification.
Ce que propose Camus, c’est de disséquer les révoltes européennes – de trouver, peut-être, une éthique dans cette « histoire de l’orgueil européen », d’éclairer la nature de la révolte, née du refus de l’homme d’être ce qu’il est, de son désir destructeur de transcendance.
La révolte: une évidence humaine.
Définition de la révolte: une négation (« celui qui dit non ») et une affirmation tout à la fois. En refusant de subir un comportement, un état de fait, une domination, le révolté pose une limite et exprime un droit: celui de s’affirmer en tant que conscience refusant l’oppression (ou une expression de l’oppression). Se faisant, l’homme s’apprécie lui-même: on ne peut pas se révolter si l’on n’a pas conscience de soi, que l’on ne pense pas « valoir la peine de ». Dans ce mouvement, cette volte-face, l’homme prend conscience qu’il y a autre chose que l’ordre des choses, il peut se retrouver dans un autre, s’identifier dans une valeur. C’est cette identification à un autre ordre qui permet à la révolte de s’étendre: le révolté s’était retourné contre le coup de fouet de trop, il peut à présent nier la légitimité du régime dans son ensemble. Du refus, il passe à la révolte. L’affirmation d’un tout, reposant sur de nouvelles valeurs, permet à l’esclave de nier non seulement les coups de fouets mais aussi son état tout entier d’esclave.
Définition de la valeur: « passage du fait au droit, du désiré au désirable » (cite Lalande). C’est un bien, pour le révolté, qui dépasse sa propre destiné. Il peut se sacrifier pour ce Tout, si cela permet de faire advenir ce qu’il estime communément désirable. S’il demande le respect, c’est en tant qu’homme; il s’identifie donc à une communauté naturelle qui le dépasse. Au contraire du ressentiment, la révolte « fracture l’être ». L’envie et le ressentiment consistent à demander ce dont on estime être privé. La révolte repose, on l’a vu, sur une conscience de soi et sur l’exigence de la dignité commune à tous les hommes (pour cela, la révolte peut naître chez celui qui est témoin de l’humiliation d’un autre, voire même d’un adversaire)
Le ressentiment est toujours ressentiment contre soi. Le révolté, au contraire, dans son premier mouvement, refuse que l’on touche à ce qu’il est. (p 32)
-> Critique la position de Sheler (l’Homme du Ressentiment) quant à la notion de révolte. Il envisageait celle-ci en pensant à ceux qui ont défendu l’humanité et les idéaux en prétendant se défendre l’homme. Camus précise que le mouvement de révolte ne nait pas d’un idéal abstrait, mais de la partie de l’homme qui ne peut pas être niée, celle qui est envers et contre tout. La révolte n’est généralement pas utilitariste, elle ne crée rien, mais « révèle ce qui, en l’homme, est toujours à défendre ».
-> Jusque là, Camus évoque « la » révolte ce qui pourrait laisser penser qu’elle est universelle. Bien sûr, elle prend des formes différentes selon les cultures et les époques. La révolte en tant qu’elle est définie dans cet essai n’a de sens que dans les cultures occidentales. L’esprit de révolte s’exprime lorsqu’une « égalité théorique recouvre des inégalités de fait », donc difficile de la rapporter à une société de castes hindoue par exemple, où l’inégalité est légitimée. Elle est née, semble-t-il, du fossé entre la conscience de l’homme en tant qu’il fait partie d’une communauté humaine, et la liberté restreinte dont il jouit de fait.
Finalement, il définit l’homme révolté:
L’homme révolté est l’homme situé avant ou après le sacré, et appliqué à revendiquer un ordre humain où toutes les réponses soient humaines, c’est à dire raisonnablement formulées.
Dans un monde désacralisé, la révolte devient la réalité historique. C’est pourquoi il est vital de définir une éthique par rapport à elle, sans nier son existence, car à moins de revenir au monde de la grâce, la révolte est inévitable. La révolté nait d’une conscience humaine, elle est fondée sur  « la solidarité des hommes ». De cela, Camus déduit qu’une révolte qui nie la nature de l’homme et l’asservit de nouveau ne peut pas décemment arborer cette bannière. Pervertie ou non, la révolte a toujours ce mérite: faire passer l’Homme d’une souffrance égocentrée (l’absurde) à une libération ou à une misère collective. D’où l’affirmation que la révolte fonctionne comme le cogito: je me révolte, donc nous sommes.
« La logique du révolté (…) est de s’efforcer au langage clair pour ne pas épaissir le mensonge universel » = souci du langage et du dialogue, conditions d’une liberté conquise à plusieurs, par la communauté des hommes. A la Libération, il écrivait le devoir de donner au pays « le langage qui le ferait écouter« . La querelle qui l’oppose aux surréalistes – au premier chef à André Breton, repose sur une simplification de l’Homme Révolté, lu au prisme du mot d’ordre. A la déconstruction, à l’analyse méthodique et mesurée de Camus, on répliqua par la polémique et l’insulte (la marque du XXe siècle, selon Camus: « le XXe siècle est le siècle de la polémique et de l’insulte (…) Elle consiste à considérer l’adversaire en ennemi, à le simplifier par conséquent et à refuser de le voir » in « Le Témoin de la Liberté », Actuelles). Ironie d’être ainsi fustigé, pour celui qui défendait l’art comme le chant de la communauté humaine, du partage, l’oeuvre grande du désespoir universel. Tel est d’ailleurs l’horreur du meurtre nihiliste; au dialogue, il substitue la surdité tragique. Or, « à la scène comme à la ville, le monologue précède la mort ».
La Révolte Métaphysique (idées phares de la première partie).
-> Définition: un mouvement spontané de l’homme contre sa condition. Par essence, elle conteste la création (en cela qu’elle est métaphysique) et Dieu. -> Elle contient nécessairement une valeur; c’est au nom de celle-ci que l’esclave pose une limite à sa condition (cf. introduction). Elle ne nie pas l’homme, ne refuse pas au maître son statut d’homme, seulement son statut de maître. -> Au coeur de la valeur revendiquée par le révolté, on retrouve l’exigence d’unité, de clarté, d’explication propre à l’être humain. Une valeur universelle à tous les hommes est nécessaire pour vivre en paix. -> En se révoltant contre une force supérieure, on ramène celle-ci dans l’histoire des hommes. Dieu, les forces intangibles et intouchables, sont à terre comme les Hommes. On n’admet leur existence que pour les contester. L’athée nie Dieu, mais le révolté se ‘contente’ de le défier (l’athéisme ne se confond pas avec la révolte, il en est une conséquence mais pas l’essence). -> D’abord, la révolte métaphysique est un ‘paraître’, il s’agit de polémiquer avec Dieu d’égal à égal (les Dandys). -> Puis, on condamne ce Dieu à mort – les révolutionnaires.
Alors commencera un effort désespéré pour fonder, au prix du crime s’il le faut, l’empire des hommes (p44)
Exemples de révoltes analysées par Camus:
Prométhée: la « douloureuse et noble image du Rebelle » que n’ignorent pas les Anciens. Ses traits, éloignés de la modestie préconisée par les Grecs, se distinguent toujours aujourd’hui (nb: en 1950): messianisme, philanthropie, lutte contre la mort. Mais la mesure grecque n’échappe pas à ce mythe. Ce n’est pas l’ordre des choses que Prométhée récuse, mais l’autorité du seul Zeus (« qui n’est que l’un des Dieux »). Camus parle de « règlement de compte », car Prométhée n’était pas un humain révolté mais un demi-dieu rebelle et là se loge une différence critique avec nos révoltés. Les semblants de révoltes, chez les Anciens, sont limités, sans conséquences sur l’ordre naturel du monde. Même Antigone se révolte au nom de la tradition, ce n’est pas un cri libérateur, mais « réactionnaire ». Pourquoi cette révolte est-elle impensable pour les Grecs anciens: ils n’opposaient pas les hommes et les dieux, n’avaient pas une vue manichéenne de la divinité. Pour penser la révolte, il faut un Dieu personnel, créateur et responsable.
Epicure: l’angoisse de la mort conduit à espérer les paroles d’un Dieu; cela ne ferait qu’accentuer le malheur de l’Homme. Ils préconisent donc le « silence »: ne plus penser aux dieux. Ascèse qui étouffe la sensibilité (l’espérance), une révolte uniquement défensive, en fait.
Lucrèce: raisonnements similaires mais davantage dans la dénonciation des crimes divins (« cet esprit tremble (…) de l’injustice qui est faite à l’homme »). Pourquoi s’empêcher de faire le mal, si l’innocence ne protège pas de la mort injuste? Chez Lucrèce, donc, le meurtre humain est une réponse mécanique au meurtre divin.
=> prémices de la notion moderne de révolte: un dieu personnel est en train de se former dans les pensées de leurs contemporains.
Caïn: le Dieu de l’Ancien Testament fait naître notre révolte (nos révoltés sont donc des « enfants de Caïn.), qui coïncide puis le début avec le crime. Ce dieu qui préfère, sans motif légitime, Abel à Caïn – ce dieu capricieux, en somme, est l’objet de la haine de Sade.
N.B: le « rôle » du Nouveau Testament serait, alors, de donner à Dieu une forme humaine, celle d’un intercesseurs, afin de répondre aux angoisses des révoltés: le mal et la mort. Dieu souffre comme l’homme, et l’apaise en partageant ses doutes, sa douleur (toutes les douleurs devaient légitimes et supportables alors, pour honorer le sacrifice du Christ car:).
Si tout, sans exception, du ciel à la terre, est livré à la douleur, un étrange bonheur est alors possible (p54)
L’Ancien Testament achève l’histoire du Christ en pleine apogée du désespoir, sur la croix – « ainsi se trouvait maintenue la figure implacable d’un Dieu de haine ». Dostoïevski et Nietzsche les premiers oseront demander des comptes AUSSI à ce Dieu d’amour figuré par le Christ.
Sade: rassemble tous les arguments de la pensée libertine. Révolte absolue car enfermé vingt-sept ans…or, en prison, rien n’arrête la pensée, la réalité devient éloignée, seconde. Son rêve de liberté totale devient fantasme de destruction collective.
Si Dieu tue et nie l’homme, rien ne peut interdire que l’on tue et nie ses semblables. (p59)
Il refuse le crime légal mais sa haine de la peine de mort, note Camus, « n’est que celle d’hommes qui croient assez à leur vertu (…) pour oser punir, et définitivement, alors qu’ils sont eux mêmes criminels ».
Les Dandys: « pour combattre le mal, le révolté, parce qu’il se juge innocent, renonce au bien et enfante à nouveau le mal ». Admiration pour le Satan du Paradis Perdu en témoigne: la fatalité ignorant le bien et le mal, le seul coupable est le créateur, seul responsable de la situation. Ils reprennent à leur compte, provocateurs devant l’éternel, l’idée antique du poète démoniaque. Le héros nostalgique du bien commet le mal parce qu’il n’a pas d’autre choix. C’est le créateur qu’il y a forcé. Ainsi,
Le prince du mal n’a choisi cette voie que parce que le bien est une notion définie et utilisée par Dieu pour les desseins injustes (p72)
La seule cohérence de l’être sera esthétique: « dissipé en tant que personne privée de règle, [le dandy] sera cohérent en tant que personnage. » D’où une certaine dépendance vis à vis des autres, du public, qui fait exister le personnage. Cite ici longuement Baudelaire: il était malgré tout « trop théologien pour être révolté », alors même qu’il est un théoricien profond du dandysme. Leur goût du paraître, en effet, les condamne au conformisme.
Si le révolté romantique exalte l’individu et le mal, il ne prend donc pas le parti des hommes, mais seulement son propre parti (p79)
Dostoïevski: par le biais d’Ivan Karamazov, il prend le parti des hommes contre le créateur. Sans nier Dieu, il pointe l’injustice qui pèse sur les hommes innocents, et par-là remet en cause Sa morale. Bien plus que les romantiques, il conteste la place de la divinité (eux ne voulaient qu’être Son égal). Ivan choisit de s’en remettre à la justice, au lieu d’avoir confiance en un dessein mystérieux. Même si Dieu existait, la vérité qu’il promet ne vaut pas la souffrance perpétuelle des innocents. En fait, la vérité ne peut être « qu’inacceptable car elle est injuste ».
Les révoltes romantiques rompaient avec Dieu lui-même, en tant que principe de haine. Ivan refuse explicitement le mystère et, par conséquent, Dieu en tant que principe d’amour (p80)
Mais, au bout du compte, cette révolte métaphysique conduit à la négation de tout. « Tout est permis » si la vertu n’existe pas.
[Ivan] ne se permettra pas d’être bon (…) Le même homme qui prenait si farouchement le parti de l’innocence (…) à partir du moment où il refuse la cohérence divine et tente de trouver sa propre règle, reconnait la légitimité du meurtre. (p82)
Ce sont les mêmes contradictions qui habitait Sade, mais lui s’en accommodait. Dostoïevski introduit davantage d’angoisse existentielle dans la révolte: est-elle supportable pour celui qui veut rester Homme? L’Homme peut-il vivre en Dieu, selon sa propre loi? Ivan, lui, en devient fou…
Nietzsche: « la morale est le dernier visage de Dieu qu’il faut détruire, avant de reconstruire. Dieu alors n’est plus et ne garantit plus notre être; l’homme doit se déterminer à faire, pour être » La révolte passe véritablement du paraître (ou de l’attentisme de Karamazov), au faire. Parallèle avec Stirner qui fréquentait le cercle de la « Société des Affranchis » (jeunes hégéliens de gauche) et était profondément nihiliste – rejetant toutes les idoles nées de « la croyance en des idées éternelles » (Esprit de Hegel, Dieu…) qui ne sont que des moyens autres d’aliéner le moi à un principe supérieur. Rejet de toute « idéalisation » du réel. (« Nos athées, disait-t-il, sont vraiment de pieuses gens »). Ici aussi, la révolte débouchait sur un tout est permis, une négation de tout principe guidant l’action. Le bien, c’est tout ce qui peut me servir. Justifie toutes les puissances de vie, mais par là une « sorte de suicide collectif » des individus absolument libres.
Il n’y a donc qu’une liberté pour Stirner, « ma puissance », et qu’une vérité, « le splendide égoïsme des étoiles » (p89)
Dans ce « désert », fin du raisonnement des nihilistes, Nietzsche élabore la régénération. Si il constate la mort de Dieu et s’en réjouit, Nietzsche ne s’est jamais arrêté là – il pense l’avenir, voit par delà l’apocalypse exaltée par les nihilistes. Dieu est mort, certes, mais il demeure toujours des remplacements médiocres à la divinité disparue. Il s’agit de les détruire pour mieux reconstruire par-dessus, un paradigme entièrement neuf. Il a érigé une méthode de la révolte que Camus examine longuement (commentaire de la Volonté de Puissance).
La vraie morale, pour Nietzsche, ne se sépare pas de la lucidité. Il est sévère pour les « calomniateurs du monde », parce qu’il décèle, dans cette calomnie, le goût honteux de l’évasion. (p94)
La révolte, chez Nietzsche, aboutit encore à l’exaltation du mal. La différence est que le mal n’est plus alors une revanche. Il est accepté comme l’une des faces possibles du bien et (…) comme une fatalité. Il est donc pris pour être dépassé. (…) Il s’agissait seulement du fier consentement de l’âme devant ce qu’elle ne peut éviter. On connait pourtant sa postérité (p102).
Sur le dévoiement de la pensée Nietzschéenne:
On a tourné, en son nom, le courage contre l’intelligence; et cette vertu qui fut véritablement la sienne s’est ainsi transformée en son contraire: la violence aux yeux crevés. (p103)
Mais si l’aboutissement du grand mouvement de révolte du XIXe et XXe fut le national-socialisme, faut-il encore se révolter? se demande alors Camus. Il analyse ce qui, dans l’oeuvre de Nietzsche, nourrit les idéologies meurtrières. Ce n’est pas le refus des idoles, mais ‘l’adhésion forcenée’ car enfin, dire oui à tout suppose « que l’on dise oui au meurtre »…soit à l’esclavage et à la douleur des autres et de soi-même, soit à la domination totale des autres.
Une autre responsabilité de Nietzsche: celle d’avoir sécularisé l’idéal. L’Homme doit trouver le Salut sur terre.
Le grand rebelle crée alors de ses propres mains, et pour s’y enfermer, le règne implacable de la nécessité. Echappé à la prison de Dieu, son premier souci sera de construire la prison de l’histoire et de la raison, achevant ainsi le camouflage et la consécration de ce nihilisme que Nietzsche avait prétendu vaincre (p108)
La poésie révoltée (fin XIXe-début XXe): elle oscille entre les deux pôle du « paraître » (se borne à la négation de ce qui est) et du « faire » (ne conteste rien de la réalité). Cite les exemples de Lautréamont (les Chants de Maldoror) qu’il compare au Rimbaud adolescent des Illuminations.
[Maldoror] est comme Rimbaud, celui qui souffre et qui s’est révolté; mais, reculant mystérieusement à dire qu’il se révolte contre ce qu’il est, il met en avant l’éternel alibi de l’insurgé: l’amour des hommes (p111)
Contradiction: se révolte pour les hommes mais ne voit pas leur bonté (« montre-moi un homme qui soit bon »). L’homme seul ne peut se déclarer innocent, il est donc condamné à se haïr. « On peut au moins déclarer que tous sont innocents, quoique traités en coupables. Dieu, alors, est criminel ».  Il s’agit alors de faire tomber Dieu (qui a « une face de vipère ») et de louer le rebelle Luciférien, le Maudit (sic), le dandy métaphysique, comme le nomme Camus.  (« faire souffrir et, ce faisant, souffrir, tel est le programme »).
Les surréalistes: Rimbaud a la révolte dans ses oeuvres, mais le nihilisme dans sa vie. « Il faut dire que le génie seul suppose une vertu, non le renoncement au génie ». Il préfère donc le suivre « chez ses héritiers », les Surréalistes.
Il trouve ses racines dans le mouvement dada, donc le renoncement à tout, l’humour et l’insoumission. (Jarry était lui-même un « dandy métaphysique »). Cependant, le surréalisme n’abandonne pas toute espérance, toute idée d’ordre (héritage de Rimbaud). Chemin « classique » de la révolte d’abord qui affirme l’innocence des Hommes mais finit par exalter le suicide comme une solution (Crével, Vaché, Rigaut, se donnent la mort). Il a aussi osé dire « que l’acte surréaliste le plus simple consistait à descendre dans la rue (…) et à tirer au hasard dans la foule ». Revendication de liberté absolue, triomphe de l’irrationnel, etc. La société apparait comme ce frein à la sensibilité, au désir (proches ici de Sade). Pour détruire la société, ils s’en remettent donc au marxisme (même si, Camus le note: « on sent bien que ce n’est pas l’étude du marxisme qui les as menés à la révolution », ouch). Au contraire, ils s’efforcent de concilier le marxisme avec leurs propres angoisses.
Mais ces frénétiques voulaient une « révolution quelconque », n’importe quoi qui les sortît du monde de boutiquiers et de compromis où ils étaient forcés de vivre (p125)
La vraie destruction du langage, que le surréalisme a souhaitée avec tant d’obstination, ne réside pas dans l’incohérence ou l’automatisme. Elle réside dans le mot d’ordre. (p125)
Ils prenaient la révolution non pas pour une fin que l’on réalise chaque jour, mais pour « un mythe consolateur ». La plupart, dont Breton, rompent d’ailleurs avec le marxisme.
André Breton voulait, en même temps, la révolution et l’amour, qui sont incompatibles. La révolution consiste à aimer un être qui n’existe pas encore (p126)
La révolte historique: « Dieu mort, restent les hommes, c’est à dire l’histoire qu’il faut comprendre et bâtir.
La révolte invite à soit à écrire l’histoire, soit à faire l’histoire. Unité dans le désordre par l’action révolutionnaire ou la création artistique. Dans tous les cas, Camus considère que le monde finira toujours par vaincre l’histoire – l’art, l’amour, la nature sont a-historiques. Ils font partie de cette ‘part de joie’ que l’histoire oublie. La révolte, posant une valeur, limite le pouvoir de l’histoire. « L’homme n’est pas entièrement coupable, il n’a pas commencé l’histoire; ni tout à fait innocent puisqu’il la continue »
La mort de Dieu: l’homme s’exclut de la grâce et vit par ses propres moyens. On a poussé les frontières du royaume de l’homme. Forteresse contre dieu. Sa liberté était simplement celle de bâtir la prison de ses crimes…Le seul royaume qui s’oppose à celui de la grâce, c’est celui de la liberté (tuer Dieu et bâtir une église: mouvement paradoxal de la révolte)
Tu as pris dans un but sublime, une route hideuse (Lorenzaccio), voici ce que l’on pourrait opposer aux révolutionnaires. Eux rétorqueraient, comme le Caligula de Camus: « Qui oserait me condamner dans ce monde sans juge, où personne n’est innocent? », mais, au moins, le tyran dépeint par Camus n’a pas d’idéologie pour supporter son pouvoir absolu. Il est désespéré, rien de plus, rien de moins.
Définition de la révolution:
(…) une révolution est une tentative pour modeler l’acte sur une idée, pour façonner le monde dans un cadre théorique. C’est pourquoi la révolte tue des hommes, alors que la révolution détruit à la fois des hommes et des principes (…) (p140)
Remonte un fil de la révolte à partir de Spartacus à la fin du monde antique (70 000 insurgés marchant contre l’empire romain) = n’apporte cependant aucun principe nouveau à la société romaine. Elle se déroule et se termine dans le sang.
Les régicides. A partir de 1793, on s’attaque plus seulement à la personne du Roi, mais à son principe. Cela s’explique à partir de la pensée Rousseauiste. Soumis au droit naturel, en prison, la grâce divine qui habitait la personne du Roi de France ne cesse pas d’exister. Si on nie Dieu, il faut tuer son principe, le Roi. Rousseau ne l’aurait pas voulu, souligne Camus, mais c’est bien sa pensée qui précipite les événements, tels qu’ils sont incarnés par Saint-Just. La volonté générale est l’expression de la raison universelle et le seul souverain. Si le souverain l’ordonne, alors il faut consentir à mourir (cela explique, souligne Camus, le silence de Saint-Just en route vers l’échafaud). p 154-171: analyse la pensée des révolutionnaires en rappelant qu’ils ne vont pas encore au bout de la pensée révoltée puisqu’ils érigent en guide transcendant, supérieur des abstractions, des principes éternels que la bourgeoisie dévoiera plus tard…
Les déicides: tout principe transcendant est tué; l’homme ne peut se référer qu’à l’histoire. Camus l’associe à la pensée allemande du XIXe (Hegel).
A la révolution jacobine qui essayait d’instituer la religion de la vertu, afin d’y fonder l’unité, succéderont les révolutions cyniques, qu’elles soient de droite ou de gauche, qui vont tenter de conquérir l’unité du monde pour fonder enfin la religion de l’homme (p171)
Continuent la pensée de la révolution en la débarrassant de ce qui a causé son échec, selon eux: principes jacobins abstraits. A la raison universelle, Hegel préfère un universel concret. La raison n’est plus supérieure aux événements, elle est « incorporée au fleuve » de l’histoire qu’elle « éclaire en même temps qu’ils lui donnent un corps ». En rationalisant l’irrationnel, en donnant un mouvement perpétuel et dynamique à la pensée, la pensée allemande la jette dans un devenir historique. Les valeurs ne sont plus des repères mais des buts; il n’y a donc plus de valeur supérieure pour guider les hommes vers ces nouveaux buts. En ce sens, parce qu’il est un philosophe de l’efficacité, Hegel est « napoléonien ».
De Hegel, en tout cas, les révolutionnaires du XXe siècle ont tiré l’arsenal qui a détruit définitivement les principes formels de la vertu. Ils en ont gardé la vision d’une histoire sans transcendance, résumée à une contestation perpétuelle et à la lutte des volontés de puissance (p176)
La transcendance est vue, en effet, comme un reste du souvenir de Dieu (c’est par elle que l’absolutisme justifiait son arbitraire).
Tout le monde est vertueux pour le Jacobin. Le mouvement qui part de Hegel, et qui triomphe aujourd’hui, suppose au contraire que personne ne l’est, mais que tout le monde le sera. Au commencement, tout est idylle selon Saint-Just, tout est tragédie seon Hegel. Mais à la fin, cela revient au même. Il faut détruire ceux qui détruisent l’idylle ou détruire pour créer l’idylle (p177)
NB: Camus note que la philosophie de Hegel peut être contradictoire et qu’elle ne se résume pas à l’histoire comme lutte des volontés de puissances (idée tirée de la dialectique du maitre et de l’esclave: le vainqueur a toujours raison), mais comme Nietzsche, sa pensée a été plus ou moins dévoyée.
p178-191: commentaire sur la Phénoménologie de l’Esprit.
Le terrorisme individuel russe: à partir des Décembristes de 1820 (Bielinski, Pissarev, Bakounine, Netchaïev) et des « meurtriers délicats », pour lesquels la compassion de Camus transparaît (Kaliayev). Influence de l’idéologie allemande du XIXe via la germanisation de la Russie.
Révolution élevée en valeur absolue pour Bakounine et Netchaïev (Le Catéchisme du révolutionnaire): l’insurgé révolutionnaire a tous les droits. Cynisme politique. Justifie même la violence faite aux compagnons de lutte. Cite les Possédés de Dostoïevki, qui relate la condamnation à mort d’un des membres du groupe de Netchaïev par ce dernier. Au départ, la pensée hégelienne invite au quiétisme social; il suffit de prendre conscience de la rationalité du monde contre l’arbitraire et le hasard. Exemple de Bielinski, qui est prêt à supporter la souffrance dès lors qu’elle ne concerne que lui. S’insurge face à l’injustice faite aux autres:
Si l’on ne peut accepter la souffrance des autres, quelque chose au monde n’est pas justifié et l’histoire (…) ne coïncide plus avec la raison. Mais il faut qu’elle soit tout entière raisonnable ou elle ne l’est pas du tout. (p197)
Vient ainsi la pensée suivante: « l’individu ne peut accepter l’histoire telle qu’elle va. Il doit détruire la réalité pour affirmer ce qu’il est ». Bakounine fut hégélien dans sa jeunesse mais le rejette ardemment pour se tourner vers la révolution. Pour lui, l’histoire n’est régie que par deux principes, « l’Etat et la révolution sociale », qui sont absolument irréconciliables. (« L’état, c’est le crime »). On retrouve les motifs du rebelle Luciférien contre l’autorité divine.
La lutte contre la création sera donc sans merci et sans morale, le seul salut est dans l’extermination (…) En effet pour [Bakounine] comme pour tous les opprimés, la révolution est la fête, au sens sacré du mot. (p204)
Les meurtriers délicats: terrorisme russe inauguré en 1878 par le meurtre du général Trepov par Vera Zassoulitch. Culmine en 1905 par le meurtre du grand-duc Serge par Kaliayev. Camus analyse leurs motifs avec un certain respect – ces « martyrs » ont suivi leurs convictions, mais prouvent que la révolte est aussi créatrice de valeurs (amours qu’ils se portaient les uns les autres, refus de la négation et de la solitude). Kaliayev s’élève par delà le nihilisme: refus de jeter sa bombe lorsque le grand-duc est accompagné d’enfants. Affronte la mort pour son crime avec dignité.
Ces martyrs ont, selon Camus, été l’alibi des « prêtres et des bigots » de la révolution qui, eux, refuseront de sacrifier leur vie. « Ils consentiront au risque de la mort, mais accepteront aussi de se garder le plus possible pour la révolution et son service. Ils accepteront donc (…) la culpabilité totale ».
Le consentement à l’humiliation, telle est la vraie caractéristique des révolutionnaires du XXe siècle, qui placent la révolution et l’église des hommes au dessus deux-mêmes. Kaliayev prouve au contraire que la révolution, moyen nécessaire, n’est pas une fin suffisante. Du même coup, il élève l’homme au lieu de l’abaisser. (p221)
Le terrorisme d’état: la terreur irrationnelle
Exercée par les partis fascistes lorsqu’ils atteignent le pouvoir (surtout le nazisme dont il est question). La nature pour eux est le lieu de l’affrontement des epères, l’histoire celui de l’affrontement des races. C’est un mouvement perpétuel de conquête qu’incarne le nazisme: la culpabilité devient universelle (les victimes deviennent bourreaux dans les camps et le parti implique toutes les sphères de la société dans sa folie meurtrière, personne n’y échappe). Idée du suicide collectif.
Le terrorisme d’état: la terreur rationnelle.
Camus s’étend beaucoup plus, compte tenu de la force, en 1950, des idées communistes. Analyse de la pensée de Marx: nourrie du messianisme de la chrétienté, croyance au progrès typique de la bourgeoisie de la fin du XIXe mais est également révolutionnaire. L’histoire repose sur le le développement des moyens de production qui conditionnent ls institutions et l’existence des classes. L’évolution de ces moyens de production peut donc modifier la superstructure et le rapport des classes; un nouveau paradigme, en somme. Mais Marx se trompait en imaginant que le capitaliste créait un prolétariat de plus en plus nombreux, soumis à des capitalistes de moins en moins nombreux, le mouvement inverse s’est produit.
L’art et la révolte.
L’analyse de Camus semble aboutir à une disqualification de la révolte: trop vertueuse, elle tue, trop cynique, elle tue aussi. Comment définir une ligne de conduite universelle et pérenne dans la révolte? Est-ce seulement possible?
Dans l’art se retrouve le oui et le non de la révolte. Le consentement au monde et à sa beauté; le refus des injustices. L’artiste se dresse, rival du créateur, et stylise le réel. Il le dépeint comme une unité, il donne sa cohérence au chaos (il fait la synthèse de l’hétérogène, dirait Ricoeur). Il fabrique « un univers de remplacement », d’où la méfiance des révolutionnaires idéalistes à son égard. Meilleur exemple selon Camus: le roman.
Mesure et démesure
Maurice WEYEMEBERGH, dans le Dictionnaire Albert Camus: « Camus rappelle que nous vivons au temps des meurtriers, ce qui met le « nous sommes » qui résulte de la révolte en question: la communauté n’existe que si personne n’en est exclu. Qu’il faille tuer pour la réaliser, en supposant que « nous serons » un jour, explique la tristesse de Kaliayev et de Saint-Just. »
Une révolte camusienne doit se faire dans la reconnaissance mutuelle d’êtres qui partagent une condition similaire. Elle invite donc au dialogue (il donne une place très importante au langage, à la communication. Cf. Le Malentendu) et in fine, permet la complicité des Hommes. La révolte ne peut en aucun cas revendiquer la liberté totale – sa liberté connait une limite, celle du pouvoir de révolte inhérent aux Hommes. Elle est, en fait, sa propre limite. Il ne s’agit pas, contrairement à ce que les disciples d’Hegel ont cru, de revendiquer la place du maître (qui veut être roi?) mais d’assurer la liberté respectueuse de tous.
Le problème avec la révolte prise dans l’histoire: elle ne reconnait pas de principe supérieur et se fixe donc des moyens par rapport au moment présent. Les révoltés devenus cynique sont ceux qui ont oublié leurs origines. Si Camus a un certain respect pour Kaliayev, par exemple, c’est pour son refus de la liberté de tuer. Il ne refuse pas de tuer, il s’oppose à l’autodivinisation de son être à laquelle tendent les idéologies totalitaires.
Si la loi devient crime, elle punit la vertu cette arrogante qui « discute la loi » (Juge Casado, L’état de siège). Pour Camus, le droit est une limite au même titre que l’éthique, à la force. Il n’y a pas de justice sans un droit naturel ou civil qui le fonde. Si l’on veut que la justice apparaisse, il faut exprimer ce droit. (figure de Dora dans les Justes). l’institution judiciaire, en simple rouage de l’état, est utilisée contre le plus faible, l’homme seul, et universalise la culpabilité des hommes. (Faut-il rappeler qu’il était viscéralement opposé à la peine de mort, meurtre légal?  Olivier Todd dénombre 150 interventions en faveur de nationalistes Algériens – la vie des hommes est au dessus des querelles d’idées.)
La Peste, les Justes, l’Etat de Siège, puis l’Homme Révolté : ces ouvrages définissent la révolte, qui nait spontanément lorsque l’humain est nié, opprimé. Elle s’élève par exemple contre la tyrannie et la servitude. Pas un principe abstrait. C’est l’action nécessairement limitée d’un individu (cf. la Résistance : tissu de petites actions individuelles). La seule « valeur médiatrice » permettant de dépasser provisoirement l’absurde.
La pensée de Midi
Ce qui piqua Sartre fut certainement cette limite éthique que Camus ‘inflige’ à la liberté – mais n’est-ce pas elle qui précisément permet à la liberté de ne pas se mettre au service de la servitude la plus aliénante?
Qu’est-ce que cette pensée ‘solaire’ tant exaltée? Elle s’oppose à la pensée de minuit, celle de l’idéalisme Allemand. La pensée de midi est celle que chantaient les Antiques, celle des grecs, celle de la Méditerranée. Ce n’est pas, jamais, un renoncement. Camus rejette l’attentisme et le dilettantisme (cf. son indignation face à l’abandon des espagnols au franquisme…) que la négation des valeurs. Il n’aimait pas parler d’engagement de l’intellectuel, lui préférait un terme plus modeste: « l’embarquement ». Car l’intellectuel doit rester modeste, alerte, mais révolté? toujours.
Il y a liberté pour l’homme sans dieu, tel que l’imaginait Nietzsche, c’est-à-dire solitaire. Il y a liberté à midi quand la roue du monde s’arrêt et que l’homme dit oui à ce qui est. Mais ce qui est devient. Il faut dire oui au devenir. »
Le révolté fait d’abord l’expérience de l’obscurité (le temps du « non » de la révolte, solitaire). Puis son mouvement le mène à découvrir les raisons de cette révolte, les valeurs qui le poussent à se retourner contre la servitude, à ouvrir les yeux, enfin. C’est l’affirmation, le « oui » de la révolte, la réalisation que l’on vit là une expérience commune à d’autres Hommes.
Au bout de ces ténèbres, une lumière pourtant est inévitable que nous devinons déjà et dont nous avons seulement à lutter pour qu’elle soit. Par-delà le nihilisme, nous tous, parmi les ruines, préparons une renaissance. Mais peu le savent.
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corallorosso · 6 years
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La nascita meticcia degli Italiani TONI MARAINI Coloro che oggi parlano come se gli Italiani fossero da illo tempore di un’unica natura, stirpe e origine, forse non conoscono in che modo l’Italia si è formata. Come i genetisti Luca Cavalli-Sforza e Alberto Piazza hanno documentato, il popolo italiano possiede una «eterogeneità genetica di fondo» costituitasi nei secoli a partire dagli «apporti genetici di Piceni, Liguri, Veneti, Etruschi, Celti, Sardi, Greci, e Albanesi, Arabi, Normanni…», ma non solo. La “biodiversità”, essi ci ricordano, è proficua, salutare e necessaria, ed ha alimentato tutte le civiltà. Quanti evocano oggi i “veri Italiani” sembrano ignorare il continuo sedimentarsi di apporti confluiti nel costituirsi della “italianità”. A seguire il loro ragionamento, dovremmo omettere dalla nostra storia figure patriottiche quali Francesco Crispi, di antica famiglia arbëreshë, come lo erano Gramsci, il tenore Tito Schipa e altre e altri ancora. Dovremmo altresì ignorare la reggia di Caserta e il suo architetto, Luigi Vanvitelli, il cui vero cognome olandese era Van Wittel, artisti come Massimo Campigli (pseudonimo di Max Ihlenfeld), scrittori come Italo Svevo (pseudonimo di Aron Hector Schmitz), o, ancora, Pietro Vieusseux, Ulrico Hoepli, Elsa Merlini (nata Tschellesnig), Giorgio Strehler, Alida Valli (nata Altenburger), Leone Ginzburg, Anna Kuliscioff, Dino Buzzati, Hugo Pratt, Vittorio Gassman, Alexian Santino Spinelli, Moni Ovadia, Margherita Hack e tante altre figure dall’intreccio genealogico cosmopolita (incluso Alberto Moravia) che hanno contribuito al mondo della cultura, arti, scienze, politica, e così via. Nonché a quello dello sport e dell’atletica, del giornalismo, dell’impresa, dell’artigianato e del lavoro. E perfino, con un consistente numero di stranieri (alcuni sono raffigurati tra i garibaldini nelle Erme del Gianicolo a Roma), uomini e donne che parteciparono ai fervori risorgimentali per l’indipendenza d’Italia. ...
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devoirat · 2 years
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Devoir de Synthèse N°3 - Français - Bac Lettres
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L’écrivain doit-il s’engager?”   Élève: On dit que l’écrivain à notre époque doit s’engager vis-à-vis de la société. Est-ce que vous pensez qu’il faut s’engager pour dire non en écrivant, comme a dit Camus?   Annie Mignard: S'engager pour dire non en écrivant? Je ne sais pas si Camus disait exactement ça, mais c'est vrai qu'aujourd'hui il y a un paradoxe du mot engagé, qui suppose un élan, un don de soi, quelque chose de généreux. Or aujourd’hui, quand on dit engagé, cela ne signifie pas s’engager pour, ni bâtir ou inventer ou embrasser le monde, mais cela signifie s’engager contre, dans une posture défensive, écrire pour dire non, anti, contre. C’est une réduction, propre à notre époque, qui n’est pas féconde. Camus et Sartre ont été après la guerre les deux grandes figures de la conscience morale: Sartre avec sa théorie de la liberté, et Camus avec sa théorie de l’absurde et de l’homme révolté. Et tous les deux parlaient beaucoup d’engagement. Par rapport à l’époque où Sartre ou Camus parlaient, nous sommes dans une situation misérable. Je dis situation misérable parce qu’on est en train de sortir d’un deuil, et dans ce deuil, on a lâché toutes les armes qu’on tenait avant. Nous sommes nus. A l’époque de Sartre et de Camus, on pensait que les écrivains étaient des gens à révérer1, la France était le pays des professeurs. Il y avait des théories; les gens se disputaient sur des théories, le libéralisme, le marxisme. Il y avait des écoles littéraires. On pensait que la parole, le verbe, conduisaient le monde et éclairaient la vérité. Or on s’est rendu compte, et le coup de grâce a été en 1968, que les théories tuaient les gens, que les théories au départ libératrices comme le marxisme se transformaient en tanks2 qui passaient sur le corps des gens. Et qu’il fallait donc se méfier de la pensée. Et ça, qu'on se méfie de la pensée, qu'on ait l'horreur de la pensée, ça a été une grande misère, parce que si avant on pouvait facilement avoir envie d’embrasser le monde, de le comprendre dans son entier, ce qui donne de la force, ce qui donne de la générosité, ce qui donne de l’ambition intellectuelle, depuis qu’on a abandonné cette idée de la force de la théorie, de la primauté de la pensée et du verbe - et qu’on l’a abandonnée simplement par scrupule moral, pour ne pas écraser les gens, par humanité, par culpabilité, on s’est interdit en même temps d’avoir des moyens de comprendre le monde. On s’est interdit de penser. On a fait le deuil de la théorie et de l'ambition de comprendre le monde. On n'ose plus. On n’ose plus penser, et c'est une autocensure dramatique. On n’ose plus se servir de son cerveau. On a cessé de considérer les intellectuels et écrivains comme des demi-dieux. Depuis que Sartre, Aron, Foucault, Barthes sont morts, il n’y a plus de grandes figures morales. Dans l’écriture par exemple, certains n'ont plus pensé qu’à la forme; on a séparé le témoignage sur la société d’un côté et la forme de l’autre. On s'est interdit de penser par scrupule moral. C’est à la fois une misère et un deuil, et à la fois quelque chose de bien. Quelque chose de bien parce qu’on repart de zéro(…). On est tous dans un état de misère de la pensée: c’est vrai qu’on ne comprend pas. On a vécu dans ce siècle des choses inconcevables. Il est inconcevable que des êtres humains soient nazis. Il est inconcevable qu’on envoie des bombes atomiques sur des gens. Il est inconcevable que des frères parmi nous, on les envoie en camps et on les lâche. Il est inconcevable qu’une nation de citoyens s’enfuie dans l’exode devant des envahisseurs au lieu de se battre. Eh bien ça s’est fait. Toutes les choses les plus incroyables se sont faites.   Un écrivain c'est un être humain un peu plus humain que les autres   Donc, je ne peux pas accepter qu’on dise: “Le rôle de l’écrivain, c’est de s’engager.” Il est quand même étonnant que tout le monde ait envie d'instrumentaliser les écrivains. Mais si un écrivain n'est pas libre d'être lui-même, il n'existe  pas.   D’après : Annie Mignard  « Sur mon travail »         1 Révérer : à honorer, à célébrer. 2 Tanks : automitrailleuses, chars, citernes.     Questions de compréhension : (6pts) - Dans le texte, Annie Mignard pose deux problématiques. Relevez-les. (1pt) ……………………………………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………………………………….   - a- Quelle définition l’écrivaine donne-t-elle à la notion « engagement » en littérature dans l’époque (1pt) ……………………………………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………………………………..   b-Dites pourquoi Annie Mignard donne-t-elle cette définition, tout en relevant la phrase qui justifie votre réponse. (1pt) ……………………………………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………………………………   - Pour quelles raisons Annie Mignard affirme-t-elle qu’aujourd’hui, intellectuels et écrivains, « n’ose plus penser …n’ose plus se servir de son cerveau » ? (relevez au moins deux raisons) (1pt) ……………………………………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………………………………   - Vers la fin du dialogue, l’écrivaine voit que notre époque « intellectuelle d’aujourd’hui » vit à la fois « une misère et un deuil ». Relevez deux procédés d’écriture qui justifient pourquoi nous sommes arrivés à cette situation misérable. (2pts) ……………………………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………………………………     Langue : vocabulaire & grammaire : (4pts) Vocabulaire : - Identifiez la figure de style dans la phrase suivante et explicitez le sens visé : (0.75pt)   « On a cessé de considérer les intellectuels et écrivains comme des demi-dieux » ✎ Figure de style : ………………………………………………………………………… ✎ Sens visé : ………………………………………………………………………………………………………………….     - Relevez à partir du texte le synonyme ou l’antonyme des mots suivants : (0.75pt) ✎ La pensée =………………………………………… ✎ S’engager pour ≠………………………………........ ✎ La parole =…………………………………………... Grammaire : - « je dis situation misérable parce qu’on est en train de sortir d’un deuil, et dans ce deuil, on a lâché toutes les armes qu’on tenait » (0.75pt) Transposez cette phrase au discours indirect en commençant ainsi : Annie Mignard affirmait………………………………………………………………………………………………………..... ……………………………………………………………………………………………………………………………………………….. - « si un écrivain n’était pas libre d’être lui-même, il n’ (exister)…........................... - Quel est le rapport logique exprimé dans cette phrase........................................ (0.5pt) - Mettez le verbe entre (…) au mode et au temps qui conviennent : (0.25pt)   Essai : (10pts) Aux yeux d’Annie Mignard « Il n’ya des œuvres très belles qu’on dit simplement de divertissement, et qui apportent autant aux gens que des œuvres engagées. Il y’a des œuvres engagées qui sont pesantes emmerdantes… » Pensez-vous qu’une œuvre littéraire n’a pour fonction que dévoiler les vérités historiques ou qu’elle cherche à atteindre une émotion artistique ? Développez, à ce propos un point de vue argumenté illustré d’exemples précis.   …………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………………………………………………   ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………       Bon Travail   Read the full article
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claudehenrion · 2 years
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Dans un Panthéon secret...
  Il y a bien longtemps, j'avais été frappé par une idée du cinéaste américain Woody Allen. Dans son film ''Manhattan'', il devisait avec la ravissante Diane Keaton de l'existence d'une ''Académie personnelle '' où il conviendrait que soient archivés soigneusement les plus authentiques ''Nuls'' qu'ils avaient connus, une sorte de ''Dîner des cons'' répertorié. Ils avaient appelé cet anti-panthéon ''the over-rated Academy'' (l'académie des gens sur-cotés''). L'idée m'est alors venue d'une ''Under-rated Academy de mes choix à moi'', pour les auteurs que j'estimais sous-évalués, où entreraient les auteurs que j'aime, ce dernier facteur, anti-démocratique s’il en fût, étant la seule condition d'accès à ce Panthéon secret... et totalement inutile !
Les lecteurs de ce blog ont fini par connaître, le temps et les ''billets'' passant, bon nombre des gens qui y ont leurs petites entrées sans le savoir, ce qui n'a aucune importance, puisque c'est secret, c’est gratuit et, malheureusement, tout-à-fait inintéressant, puisque je ne suis que... ''qui je suis'', c'est-à-dire : personne ! Mais grâce à cette astuce, je retrouve là –sans qu'aucun ne s'en soit jamais douté ni plaint-- les auteurs que j'ai admirés et dont j'ai envié l'intelligence, le style, la ''vista'', la clairvoyance ou la capacité d'analyse et de compréhension des événements. J'ai eu l'honneur d'en ''croiser'' quelques uns (Raymond Aron et Jean Fourastié aux Hautes Etudes, ou mon regretté ami Jean Raspail), les autres, les plus nombreux, n'étant là qu'après lecture de leurs œuvres. Parmi ces derniers, deux ont une place de choix (près du poêle ?) : l'immense GK Chesterton –a qui nous consacrerons un ''billet'', c'est promis- et Georges Bernanos, qui y a droit aujourd'hui, le pauvre !
Tout ceci pour vous dire qu'un superbe livre vient de ''sortir''(mon statut d'ancien DG à Hachette  me permettant de recevoir bien des parutions avant leur mise en vente, ceci expliquant cela) : ''Vivre et mourir avec Georges Bernanos'', de Sébastien Lapaque (Ed. L'escargot), et que je l'ai dévoré, car, dans ce monde en décadence, les pseudo-indignés pullulent, les faux révoltés sont partout, et les juges sans jugement, les censeurs sans loi, les justiciers sans cause nous inondent de leurs certitudes douteuses, pendant qu'une Presse imbécile leur donne la parole surtout s'ils n'ont rien à dire. Partout, la fausse vertu et les fausses valeurs s'étalent et se répandent. Mais où sont les pamphlétaires, depuis que Philippe Murray s'en est allé ? Un exemple parfait de ''visionnaire'', cette figure si nécessaire et donc si reniée, était Bernanos, ce défenseur de la Liberté qui ''écrivait les vérités d'après demain''.
L'auteur du célèbre “Journal d'un curé de campagne” était un catholique convaincu, un peu royaliste sur les bords (deux mots qui suffisent aujourd'hui à le classer parmi les infréquentables officiels, ceux qui sentent mauvais), fruit d'une école politique contre-révolutionnaire qui opposait le concret, le local et l'innombrable à la pensée unique et à l'universalisme réducteur. Son univers de référence, plus proche de Saint Louis que de Macron, est celui de la chevalerie, de la noblesse de l'âme, de la courtoisie –on disait, autrefois, ''le respect humain''. L'homme, à ses yeux, est profondément libre, d'une vraie liberté que tout qualificatif ne peut que réduire –comme nous le vérifions chaque jour : à force de nous octroyer, en disant que c’est démocratiquement (tu parles !) des libertés de... et des droits à... sans aucune contrepartie, nous en avons perdu --''au nom de la liberté'', vous vous en doutiez !-- jusqu'au sens réel de ce que pouvaient vouloir signifier les mots : ''être libre''...
Bernanos condamne la tendance à l'envahissement de réglementations tous azimuts, chaque jour plus minutieuses et plus strictes (à en devenir tatillonnes), toutes élaborées au nom d'une espèce de socialisme d'Etat qui n'est en réalité que le dernier avatar en date d'une dictature qui préfère ne pas dire son nom, une tyrannie molle, un ''soft-absolutisme'' qui nous ratatine, et qui fait de nous des moutons... que quelqu'un finira bien par conduire à l'abattoir : Octave Mirbeau avait annoncé que ce destin était inévitable, et on sait que lorsque quelque chose existe, il ne se peut pas que ça ne serve pas un jour (ceci est un conseil de prudence à ceux qui affirment sans raison que la guerre nucléaire n’aura pas lieu --puisqu’ils n’en veulent pas ! : Même Xi JinPing et Biden, pourtant limités, l’ont compris, hier). 
 En 1945, la France enfin libérée se grise de progrès technique, et se prépare à abandonner le Dieu de ses Pères pour une foi qui va vite devenir quasi-religieuse dans le dieu-progrès, le dieu-technique et la réponse automatique. (NDLR -... faux dieux qu'elle perdra bientôt pour d'autres déités encore plus anthropophages : les droits de l'homme, le vivre ensemble, le ''social'', le climat, ou le ''et en même temps''... et autres fariboles prétendues ''sociétales'', en vérité toutes mortifères !). C'est le moment (1947) que choisit Bernanos pour publier son meilleur ouvrage (d'après moi...) : ''La France contre les robots'', dans lequel il nous avertit sagement que ''Ce que le monde gagne pour la technique est à jamais perdu pour la liberté'' !
L'accueil fut très loin d'être à la hauteur de cette œuvre formidable ! Le philosophe ‘’catholique de gauche’’ (?) Emmanuel Mounier se fendra même d'un ''La petite peur du XX ème siècle'' :  ''le Kodak éduque l'œil et la sensibilité de milliers de jeunes gens (…) la vitesse décantonnalise les mentalités et met le monde à portée de tous'', ce à quoi Bernanos répondra ''La termitière future m'épouvante, et je hais la vertu des robots. La civilisation moderne est une conspiration universelle contre toute vie intérieure''. On sait aujourd'hui lequel des deux fut prophétique ! ''De notre histoire de bâtisseurs, in ne restera bientôt plus que la manifestation débraillée, hurlante, de plus en plus violente de la grande peur de bien-pensants minuscules''.
Trois quarts de siècle plus tard, ces immenses querelles sur le devenir de l'Homme ne sont toujours pas tranchées définitivement, même si les dix dernières années semblent avoir sonné le glas de ce que fut –et de ce qu'aurait pu être l'Humanité.    A titre personnel (ce qui, ''moi'' étant ce que je suis, c’est-à-dire : rien, n'a pas la moindre importance autre qu'indicative, et encore...), je commence à comprendre que ce n'est pas l'intelligence qui a abandonné l'Humanité, c'est la communauté des vivants qui pouvait, seule, servir de terreau et de fondement fidèle à cette intelligence pour la faire ''fructifier'' (nous déclinions ce mot, dans un ''billet'' récent).
La conclusion que tire Bernanos (in-''Les grands cimetières sous la lune'') de ce qu'il prophétisait ou plutôt redoutait pour ''demain'' me semble dans la droite ligne de nos réflexions récentes sur ce que deviennent, ces temps derniers, la France, l'Europe … et le monde : ''Certes, ma vie est déjà pleine de morts. Mais le plus mort de tous est le petit garçon que je fus, qui a vu disparaître le monde qu'il aimait. Et pourtant, l'heure venue, c'est lui qui reprendra sa place, la première dans ma vie. Il sera le trait d'union entre toutes les pauvres années qui ont vu mon monde et le sien se séparer''. Peut-être, finalement, est-ce là qu'il faut chercher mon indulgence et ma pitié renouvelée pour cet ancien petit Moi bientôt nonagénaire, qui a vu peu à peu s'écrouler autour de lui tout ce qu'il aimait, tout ce en quoi il croyait que résidait le futur, et tout ce qu'il continue à trouver ''bon pour l'Homme et pour l'Humanité''... contre l'évolution actuelle d'un monde qu’il voit se perdre chaque jour un peu plus.
H-Cl
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lamilanomagazine · 1 year
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Piantedosi al concerto della banda musicale della Polizia al parco archeologico del Colosseo
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Piantedosi al concerto della banda musicale della Polizia al parco archeologico del Colosseo. Nella suggestiva cornice del Tempio di Venere presso il Parco Archeologico del Colosseo si rinnova la tradizione del concerto "I valori che ci uniscono" della Banda Musicale della Polizia di Stato, dedicato al Santo Patrono San Michele Arcangelo la cui figura rappresenta per tutti i poliziotti un richiamo ai valori e alle responsabilità connesse alle loro funzioni. All'evento hanno preso parte il Ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, il Capo della Polizia Vittorio Pisani e altre autorità. Ospite d'eccezione Renato Zero, che ha incantato il pubblico con una toccante interpretazione  de "I Migliori anni della nostra vita". La Banda Musicale della Polizia di Stato, diretta dal maestro Maurizio Billi, si è esibita in un ricco repertorio con l'intento di veicolare i valori della legalità, della solidarietà e della pacifica convivenza attraverso la musica, uno straordinario strumento di comunicazione in grado di avvicinare culture, lingue e generazioni diverse. L'evento è stato presentato da una madrina d'eccezione, Serena Rossi, che ha condotto gli ospiti in un viaggio emozionante arricchito da una presenza fortemente simbolica: infatti, a dimostrazione che la musica e l'arte rappresentano una luce anche nei momenti più difficili, arriva da Caivano Alessandro Kravchuk, un giovanissimo musicista, di soli 17 anni, di origini ucraine, che frequenta la classe terza dell'Istituto Superiore ''F. Morano'',  un talento innato, che si è unito ai musicisti della Banda nell'esecuzione di alcuni brani. Si sono susseguiti sul palco delle eccellenze del panorama dello spettacolo italiano ed internazionale: il presentatore e attore Pino Insegno; Aron Chiesa, primo clarinetto al Teatro alla Scala di Milano; il tenore Francesco Grollo e  il soprano Federica Caseti Balucani. Durante la cerimonia, il Capo della Polizia Pisani ha nominato "Poliziotto ad honorem" alcuni rappresentanti del mondo civile che si sono particolarmente distinti in azioni volte a rafforzare un'autentica cultura dell'inclusione sociale e della solidarietà: quest'anno il riconoscimento è stato conferito a Giovanni Berardi, figlio del Maresciallo di Polizia Rosario Berardi, assassinato dalle Brigate Rosse nel 1978 e Fondatore di ASEVIT (Associazione Europea Vittime del Terrorismo); Elisabetta Dami, scrittrice e autrice di libri per ragazzi, creatrice del personaggio Geronimo Stilton che dal 2015 collabora con la Polizia di Stato e a Marino Bartoletti, giornalista e scrittore che da anni ha prestato con passione e professionalità il suo autorevole contributo  a numerose iniziative, soprattutto sul tema della polizia stradale. Presenti in platea numerose Associazioni Onlus, con le quali le donne e gli uomini della Polizia di Stato coltivano nel corso dell'anno numerose attività di prossimità. Un pomeriggio di emozioni,  un omaggio all'arte, ai sentimenti veri e sinceri, ai valori più autentici, alla storia e alle tradizioni, al senso di appartenenza che è alla base delle unioni forti e durature, come il rapporto tra la Polizia di Stato e i cittadini.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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tpkoitv · 3 years
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Et toi? Tu postes koi ?! 😉
⬇️ Dis nous tout en commentaire ⬇️
Anderson Aron nous donnes ses réponses dans cet extrait.
Épisodes sur YouTube TPKOI TV.
Link : https://youtu.be/5e0GlQhHqts
youtube
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lefanclub1 · 3 years
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POURQUOI LES RAPTORS SONT-ILS AUSSI BONS AVEC LES INCONNUS?
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Avant-hier, dans la victoire des Raptors face au Magic d’Orlando, Paul Watson a réussi son meilleur match en carrière, réalisant 30 points sur une belle efficacité au tir. Outre Watson, on a aussi vu Yuta Watanabe éclore, lui qui enchaîne les performances impressionnantes depuis le début de la saison. Watson et Watanabe sont les derniers poulains d’une lignée de joueurs non repêchés ou repêchés très tard qui ont eu du succès avec les Raptors. De cette lignée, on compte Fred VanVleet et Pascal Siakam, deux joueurs qui représentent le cœur de l’équipe et qui étaient peu ou pas connus à leur année de repêchage. Mais pourquoi les Raptors sont-ils aussi bons avec les joueurs inconnus? C’est ce à quoi l’équipe du Fan-Club va essayer de répondre dans cet article.
 Un travail de maître du réseau de recruteurs
 Les Raptors de Toronto ont probablement le meilleur réseau de recruteurs de la NBA. En effet, depuis l’arrivée de Masai Ujiri à titre de vice-président et directeur général en 2013, l’équipe torontoise a adopté une philosophie de direction basée sur le repérage des jeunes talents au lieu de l’achat de gros joueurs sur le marché des agents libres. En effet, puisque Toronto n’a jamais été une destination prisée par les meilleurs agents libres du circuit (plusieurs joueurs américains ne veulent pas déménager leur famille au Canada), il fallait trouver une autre solution pour remplir son effectif, et c’est par le dépistage que l’on a trouvé cette solution.
 En premier lieu, il faut comprendre que le réseau de recruteurs des Raptors s’étend à l’international, contrairement à certaines autres équipes qui misent tous leurs efforts sur le dépistage des joueurs provenant de la NCAA et des ligues nord-américaines. En effet, Masai Ujiri lui-même agit à titre de vecteur important pour le recrutement, lui qui passe tous ses étés à aller regarder jouer des jeunes basketteurs dans des camps partout en Afrique, en plus d’avoir fondé certains de ces camps, appelés Giants of Africa. C’est grâce aux camps de basketball panafricains que Ujiri a pu voir évoluer des joueurs comme Serge Ibaka et Luc Mbah a Moute, tout en découvrant le jeune Pascal Siakam dans un camp d’Afrique du Sud en 2012, ce qui a amené Ujiri à le repêcher en fin de première ronde en 2016. On le sait, Siakam est par la suite devenu un rouage important de l’organisation des Raptors.
 Outre l’Afrique, les recruteurs des Raptors passent une bonne partie de leur temps à regarder jouer les ligues européennes. En effet, Patrick Engelbrecht, le directeur du recrutement global des Raptors, dit adorer les voyages en Europe pour aller regarder jouer les jeunes Européens à leur année de repêchage. En plus de regarder les jeunes talents à potentiellement repêcher, les recruteurs aiment regarder les joueurs qui n’ont pas trouvé preneur à leur année de repêchage et qui se sont tournés vers l’Europe pour retrouver la confiance et attirer le regard de la NBA. C’est de cette façon que les Raptors ont fini par signer Matt Thomas, qui jouait en Espagne et qui est devenu un joueur de rôle important pour l’équipe avant d’être échangé au Jazz lors de la date limite des échanges de 2021. Outre Thomas, on retrouve Paul Watson, qui jouait en Allemagne avant de faire le saut pour la G-League.
 Finalement, les Raptors sont l’équipe qui réalise le plus de dépistage en sol canadien, ce qui va de soi considérant le fait qu’elle est la seule équipe qui joue au Canada. Regardant beaucoup de matchs des grosses équipes secondaires canadiennes, comme Orangeville Prep, les recruteurs des Raptors sont capables de voir les pépites canadiennes du basketball, comme Jamal Murray, avant toutes les équipes américaines. De plus, ayant un rôle dans la formation de l’équipe canadienne de basketball (Nick Nurse en étant l’entraîneur-chef), l’organisation des Raptors peut cibler des joueurs canadiens de la NBA qui pourraient faire partie de l’effectif de Toronto dans le futur, comme Khem Birch, qui a été signé récemment, car Nick Nurse l’avait vu jouer pour Équipe Canada.
 Une équipe de G-League qui a réellement son utilité
 En parlant de G-League, la filiale des Raptors dans cette ligue est reconnue comme une des meilleures dans le développement. En effet, le Raptors 905, club-école des Raptors depuis 2015, a un personnel d’entraîneurs qui a instauré un plan précis au niveau du développement des jeunes joueurs. Premièrement, quasiment tous les joueurs repêchés par les Raptors ont l’obligation d’aller passer du temps auprès du Raptors 905 et de dominer avant de monter dans la grande ligue. C’est donc ce qui explique qu’on ait vu passer dans la G-League des joueurs comme Malachi Flynn, Delon Wright, Jakob Poeltl, Norman Powell et Pascal Siakam, tous des anciens choix des Raptors qui sont devenus des joueurs réguliers dans la NBA ou sont en voie de le devenir. Deuxièmement, la grande partie des joueurs signés comme agents libres non repêchés par Toronto doivent aussi aller se développer en G-League avant d’être jetés dans la gueule du loup chez les Raptors. C’est donc la raison pour laquelle on a vu Fred VanVleet et Chris Boucher (qui a été couronné MVP et joueur défensif de la G-League en 2019) dominer au Raptors 905 avant de devenir des vedettes chez les Raptors. Finalement, ce mélange de bons espoirs des Raptors, de joueurs non repêchés talentueux et d’un personnel d’entraîneurs qualifiés qui suivent un plan précis donne une équipe de la G-League qui a du succès année après année, elle qui a été couronnée championne de la feu D-League en 2017, sous Jerry Stackhouse, qui est par la suite devenu coach des Grizzlies de Memphis. Ce succès en G-League peut amener beaucoup de confiance aux jeunes joueurs qui attendent leur tour dans la NBA, confiance qui est primordiale pour avoir du succès dans la grande ligue.
 La promesse d’un rôle important chez les Raptors
 Pour un basketteur professionnel, les Raptors de Toronto sont probablement l’équipe la plus alléchante pour se développer comme joueur dans la NBA. En effet, nous n’avons qu’à prendre l’exemple de Fred VanVleet, qui a souvent remercié Nick Nurse de lui avoir laissé le temps de se développer, même si le processus a été long. VanVleet dit de Nurse qu’il est le genre de coach qui le laissait avoir beaucoup de temps de jeu même dans les matchs où il jouait très mal, car Nurse croyait réellement au talent du garde de 27 ans et savait qu’il allait se développer en grand joueur pour les Raptors. Donc, avoir un coach qui croit réellement au développement des joueurs peut être un facteur très important dans la balance pour un jeune joueur non repêché qui ne sait pas avec quelle équipe signer après le repêchage. C’est pourquoi, année après année, les Raptors signent des agents libres non repêchés qui finissent par avoir des rôles considérables dans l’équipe, comme Terence Davis et Fred VanVleet, pour ne nommer que ces derniers. De plus, au niveau du développement des joueurs dans l’équipe, les Raptors suivent un plan défini qui amène plusieurs nouveaux joueurs à avoir leur utilité. Il est très rare qu’un joueur qui a signé avec Toronto ait beaucoup de difficulté à se trouver un rôle dans l’équipe. Le seul qui nous vient en tête est Aron Baynes, qui a beaucoup de difficulté à s’imposer depuis sa signature l’été passé. Par contre, presque tous les autres joueurs signés par l’organisation trouvent leur place dans l’effectif, en commençant souvent comme joueur de rôle sur le fameux banc des Raptors, appelé le Bench Mob, et en se taillant tranquillement une place dans le cinq partant. L’exemple parfait de cette philosophie de développement est le Slim Duck, Chris Boucher, qui a signé avec les Raptors en 2018, après un passage avec les Warriors où il n’a jamais trouvé son rôle. Par la suite, il a passé un an (2018-2019) avec le Raptors 905, où il a complètement dominé la ligue, est monté sur le banc des Raptors en 2019-2020 et a tranquillement fait sa place sur le cinq de départ des Raptors en enchaînant les solides performances, si bien qu’il est maintenant indélogeable de l’effectif de départ de Toronto et va surement être dans la course pour gagner le titre du joueur qui s’est le plus amélioré en 2021.
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christophe76460 · 4 years
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Votre santé est l'une des meilleures choses que Dieu desir pour vous...
-Dieu se souci,prend à cœur votre santé, vous ne pouvez pas l'imaginé...!!
-quand vous êtes malade,vous ne pouvez pas savoir combien de destinés espèrent votre guérison...
En quel sens?
La vie de plusieurs personnes sont liés à vous,vous êtes leur Moïse et leur Aron qui vont les accompagner dans leur terre promise...(autrement dans leur destiné..)
-voyez vous,si vous êtes malade imaginez se qui se passera....???
Peut être pendant que je parle,vous souffrez d'un mal....
"Jesus" veut vous guérir maintenant!!
Mc 16:17 Voici les miracles qui accompagneront ceux qui auront cru: en mon nom, ils chasseront les démons; ils parleront de nouvelles langues;
Mc 16:18 ils saisiront des serpents; s'ils boivent quelque breuvage mortel, il ne leur feront point de mal; ils imposeront les mains aux malades, et les malades, seront guéris.
Permettez moi dans la foi de vous toucher...!!!
«toutes semences que mon père n'a pas planté,et que l'ennemi a planté qui affectent votre santé soient déraciner par le sang de Jesus...,tout étranger qui circule dans votre corps,je le commande de mourir au nom de Jesus...,tout nom que la maladie vous donne,cancer,diabète,A V C,maladie dans le sang,visibilité floue,tension...etc se change en sang de Christ dans votre corps,recevez votre guérison au nom de Jesus....»
Croyez et faite des parts de foi que vous êtes vraiment guéri...et dite merci à Dieu...
Restez benis!!!
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