#Destabilizzazione
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Sentimenti antioccidentali e populismo internazionale
Ogni scusa è buona per dare addosso all'Occidente. Il mito antioccidentale aggiunge al classico campionario delle accuse anche quella climatica. Il tribunale green e woke persuade personaggi sempre più autorevoli e sbarca fino in Vaticano. «Se invoco il giudizio finale del Signore è solo per rispetto delle vittime, sapendo bene che – in quanto occidentale privilegiato – io appartengo ai carnefici». Così sentenziava nel 2004 Enzo Bianchi, all’epoca priore della comunità di Bose, allineandosi alla schiera dei cattolici italiani che già allora condannavano senza possibilità di remissione l’Occidente, militanti in prima linea nella quinta colonna, nel fronte interno che dal secondo dopoguerra ha scelto di descrivere l’Occidente come la peggiore delle civiltà, di far credere che sia responsabile – per avidità, egoismo, assenza di valori umani – di tutti i danni e le sofferenze dell’umanità nei secoli. L’intenzione è che chi nasce in Occidente si vergogni, si senta in colpa, disprezzi se stesso e le generazioni che lo hanno preceduto e chi vive oltre i suoi confini nutra sentimenti sempre più ostili, di rivalsa nei suoi confronti e si senta legittimato a combatterlo. Molti oggi sono convinti delle “colpe” storiche che gli vengono attribuite: tratta transatlantica degli schiavi africani, invasione e colonizzazione degli altri continenti, sfruttamento e depredazione delle loro risorse, imposizione di inaudite discriminazioni di genere. Nel frattempo a queste è stata aggiunta l’accusa, che in un certo senso le riassume tutte, di inquinare irrimediabilmente il pianeta e di provocare cambiamenti climatici gli irreparabili effetti avversi dei quali ricadrebbero su popolazioni innocenti. Gli argomenti degli attivisti antioccidentali hanno via via persuaso personaggi sempre più autorevoli per carica, ruolo e posizione sociale. «Sono profondamente consapevole dei miei limiti personali. Sono anziano, bianco, occidentale e uomo! Non so che cosa sia peggio! Tutti questi aspetti della mia identità limitano la mia comprensione. Vi chiedo quindi perdono per l’inadeguatezza delle mie parole». Pronunciate sul serio o per rompere il ghiaccio, è con queste frasi inopportune che il frate domenicano Timothy Radcliffe ha introdotto la sua prima meditazione il 1° ottobre rivolgendosi ai partecipanti all’Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi.
Su temi di importanza cruciale persino il Papa, suprema autorità morale, dimostra quanto profondamente le ideologie antioccidentali abbiano cambiato la rappresentazione dei fatti. In Laudate Deum, l’esortazione apostolica sulle questioni ambientali rivolta «a tutte le persone di buona volontà», dopo aver liquidato come «sprezzanti e irragionevoli» le opinioni di chi dà credito agli innumerevoli scienziati che ritengono mera congettura la teoria del riscaldamento globale di origine antropica e, dati alla mano, respingono quella secondo cui i fenomeni atmosferici estremi si siano moltiplicati, afferma: «un ambiente sano è anche il prodotto dell’interazione dell’uomo con l’ambiente, come avviene nelle culture indigene e come è avvenuto per secoli in diverse regioni della Terra. I gruppi umani hanno spesso creato l’ambiente, rimodellandolo in qualche modo senza distruggerlo e metterlo in pericolo». Invece, prosegue, sono un «fatto innegabile» le conseguenze negative dello «sfrenato intervento umano sulla natura negli ultimi due secoli». Laudate Deum termina con la denuncia esplicita dello «stile di vita irresponsabile legato al modello occidentale». La capacità delle società indigene di vivere in armonia con la natura è un mito usato per denunciare quello occidentale come un modello di sviluppo che produce ricchezza violando la natura. L'usura delle terre africane, ad esempio, la loro fragilità sono il risultato di un processo millenario. Derivano dal loro sfruttamento senza apporti di fertilizzanti, senza effettuare opere di bonifica, di raccolta e canalizzazione delle acque piovane, quasi senza aiuti animali e meccanici, utilizzando attrezzi rudimentali. Una delle conseguenze più evidenti è l'estensione del deserto del Sahara formatosi circa 10.000 anni fa a causa di variazioni climatiche che l'uomo, nei secoli, ha assecondato invece di contrastare. Nella sua visita a Marsiglia il 22 e 23 settembre, parlando con il presidente francese Emmanuel Macron e con il ministro dell’interno Gèrald Darmanin, il Papa invece ha affrontato il problema dell’emigrazione. La chiusura del porti, l’indisponibilità ad accogliere, ha detto, è la naturale conseguenza del ricorso a un lessico emergenziale, all’uso di espressioni come «invasione» ed «emergenza» che «alimentano le paure della gente»; non quindi del fatto che si tratti di ingressi illegali che solo in minima parte si giustificano per condizioni disperate. Ma soprattutto hanno colpito le sue parole contro l’Europa sulla quale – ha detto – ricade la colpa dell’immigrazione illegale perché «il mare nostrum grida giustizia, con le sue sponde che da un lato trasudano opulenza, consumismo e spreco, mentre dall’altro vi sono povertà e precarietà». Non considera il Papa, sopraffatto dalle rappresentazioni parziali dell’attuale assetto mondiale, quanta povertà affligge l’Europa, quanti europei si ingegnano con crescente difficoltà a far bastare il denaro di cui dispongono, quanti ogni mattina consultano le app che aggiornano sulle offerte nei supermercati dei prodotti di prima necessità, senza però che arrivino a soccorrerli migliaia di organizzazioni non governative e di dipendenti delle agenzie Onu e anzi raggiunti da continue richieste di aiuti per quelle che operano in altri continenti. Né considera quanta opulenza ostentata, per giunta frutto di ricchezze mal guadagnate, e quanto spreco di risorse gridano giustizia sull’altra sponda, quella africana. Tutto concorre a far credere che solo l’insicurezza dell’Occidente, la sua destabilizzazione possano portare giustizia, mentre il modello occidentale così tanto criticato, per i suoi valori fondanti dovrebbe essere invece indicato a esempio perché proprio negli ultimi due secoli è riuscito a lottare contro la povertà, a prolungare la vita, a consentire di viverla in condizioni migliori. Ma soprattutto – cosa che nessuno dice o rivendica mai – perché è l’unico modello di società che afferma come principio irrinunciabile il diritto di ognuno a contribuire con il suo lavoro e i suoi talenti alla creazione della ricchezza e a goderne i frutti. Read the full article
#cambiamentoclimatico#ccidente#desertodelsahara#destabilizzazione#ideologieantioccidentali#marenostrum#mitoantioccidentale#padreradcliffe#PapaFrancesco
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Operazioni di destabilizzazione russa in Moldova
Chisinau si avvicina alla Nato anche a causa delle tensioni in Transnistria
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Quando muore una persona, ci vuole del tempo per abituarsi a quella assenza. Non entrerà più dalla porta, non sentiremo più la sua voce. Bisogna darsi il tempo di accettarlo, affinché quel buco vuoto venga riempito da altre cose. Quando muore un amore è la stessa cosa. Quei sorrisi, quei baci, quella complicità, non fanno più parte della nostra vita. È straziante. Se ti sparano a una mano, non puoi pensare di impastare il pane il giorno dopo. Ma un giorno tornerai a farlo. Perché il tempo cura tutte le ferite. Prenditi cura di te stesso. Fatti dei regali come a una persona a cui si vuole bene, cioè fai le cose che ti piacciono, che ti fanno stare bene. La gente che ci usa e ci umilia crea una destabilizzazione emotiva, è una cosa deleteria per la mente e per il corpo. Esiste poi il rimorso, i ricordi belli soppiantano quelli negativi e si manifesta una certa nostalgia, o magari si comincia a star male da soli e si cerca di recuperare al meglio qualcuno che si conosce già. Non siamo macchine, ogni nostra decisione lascia tracce nel nostro spettro emotivo, e quest'ultimo influenza il nostro modo di agire. ❤️
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Elena Basile
Vorrei che i cantori della propaganda occidentale, coloro che affermano che “la guerra in Ucraina l’ha creata Putin”, che inneggiano all’Occidente perché da sempre in grado di “aiutare i Paesi a combattere per la libertà”, che recitano il catechismo neoliberale senza mostrare alcun ripensamento: tutti questi vorrei fossero deportati a Gaza o in Cisgiordania o in Ucraina a combattere al fronte e rimanessero lì inermi ad osservare la realtà del massacro, vorrei che vedessero i corpi dilaniati o bruciati dei bimbi palestinesi, che assaporassero la verità alla quale sono tanto indifferenti. Ho un‘impronta cristiana e come ho imparato sui libri di Dostoevskij, c’è una umanità che ci accomuna, una pietas che trionfa. I Giuda odierni, dinnanzi all’orrore della guerra, cadrebbero in ginocchio e finalmente smetterebbero di fare sviolinature all’Occidente bellicista: una macchina mostruosa di abusi e di crimini impuniti. Ascolterebbero l’urlo delle vittime e cadrebbero in ginocchio di fronte ai bambini palestinesi, iracheni, afghani, libici, libanesi, di fronte alle vittime dei bombardamenti di Belgrado, di fronte ai diciottenni ucraini sterminati o mutilati.
Usciamo dal moralismo e dai commoventi miti cristiani. Torniamo alla politica internazionale. Le Nazioni Unite sono state distrutte dall’Occidente. Le risoluzioni relative ai soprusi israeliani avrebbero potuto essere imposte da una mediazione tra i membri del Consiglio di Sicurezza se gli Stati Uniti non avessero voluto assicurare l’impunità a Israele. Oggi il Segretario di Stato Blinken ha la faccia tosta di affermare in pubblico che le alture del Golan (terre considerate occupate dall’ONU) possono essere utilizzate per la difesa di Israele. Il Governo criminale di Netanyahu spinge per un conflitto allargato contro Libano e Iran, e con l’esplosione di “cerca persone” semina morte tra civili e non solo tra miliziani. Il conflitto non è ancora scoppiato in virtù della saggezza diplomatica iraniana, ma i titoli dei giornali più letti si limitano a descrivere l’escalation tra Hezbollah e Israele come se fosse un evento voluto dalla provvidenza e non determinato dai comportamenti concreti di uno Stato terrorista.
I Dem Usa non hanno voglia di farsi trascinare nel conflitto a due mesi dalle elezioni. Sono impotenti di fronte alla lobby di Israele che decide di fatto la politica statunitense, molte volte contro gli interessi americani e del popolo di Israele.
In Ucraina la superiorità russa sul campo militare è un fatto che non sarà sovvertito dall’utilizzo degli Storm Shadow. Zelenski, l’ex comico assassino del suo popolo e distruttore del suo Paese, chiamato dai giornali mainstream, eroico, intrepido e via dicendo, tenta di portare la NATO in guerra. Con un gioco delle parti e una divisione dei compiti il Parlamento europeo, guidato da donne senza cultura e senza memoria del dolore, dichiara nei fatti guerra alla Russia autorizzando l’uso di armi letali, manovrabili soltanto da militari NATO, per un attacco in profondità nel territorio russo. Washington rimane dietro le quinte e prepara la destabilizzazione nel Pacifico. BlackRock e gli altri fondi speculativi che detengono l’80% della ricchezza mondiale attendono le nuove avventure, in vista di ingenti profitti futuri.
La guerra in Ucraina non è iniziata con l’attacco russo del 2022. I signori dei maggiori giornali oscurano le voci del dissenso e strombazzano slogan senza fondamento. Signor Ezio Mauro, possibile che non conosca la Storia, che voglia distruggere i libri e la cultura? Perché non racconta ai suoi elettori della dicotomia OSCE NATO? Della strategia USA iniziata nel lontano 1997 che provocò le accorate parole di G. Kennan? Perché non racconta della guerra civile in Ucraina e della mancata applicazione degli accordi di Minsk? Perché non afferma che il principio caro all’OSCE e all’ONU di “non ingerenza negli affari interni di un altro Paese” è stato violato infinite volte da Washington e dagli Stati colonialisti europei? Possibile che sia così strabico da vedere solo l’aggressione russa, pure da considerare secondo diversi studiosi alla stregua, quella sì, di guerra preventiva (“preemptive”), per impedire l’ennesima spedizione punitiva contro le popolazioni russofone e l’assalto al Donbass da parte di un esercito che aveva incluso tra le sue fila il famigerato battaglione neonazista AZOV? Come mai a suo avviso sui giornali di maggiore impatto non vi sono voci radicali di dissenso che possano informare i lettori su una narrativa alternativa basata sui fatti documentati e non su slogan ideologici? Condivide anche lei il trionfalismo col quale Molinari ha celebrato l’assassinio di civili libanesi grazie all’esplosione dei “cerca persona”, un atto terroristico considerato dal giornalista un avanzamento tecnologico in grado di rafforzare Tel Aviv?
Mentre poniamo queste domande, i cantori dell’Occidente alla Mauro, alla Mieli, e persino alla Quirico, tanto per indicare i nomi più autorevoli, restano silenti. Alimentando nel cittadino più consapevole la percezione che esista un “quarto potere” sempre più separato, complice e autoreferenziale.
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Il Giudizio
"La Chiamata del Destino"
Un'ondata di Nuovi Codici sta attraversando la Struttura Interiore.
Stiamo rilasciando strati antichissimi di Dolore e contestualmente integrando una inaudita quantità di informazioni di Riattivazione.
E' una fatica fisica davvero intensa.
Ma non è straziante.
Non fa male, come qualche tempo fa.
Semplicemente richiede maggior riposo, più attenzione ai tempi di recupero, meno contatto con elementi di destabilizzazione.
Potremmo sentirci più "raccolti", concentrati in un dialogo interiore più solitario e meno condiviso.
Questo perché nostra Chiamata sta spingendo per una veloce risoluzione dei conflitti latenti, quelli ancora trattenuti nella antica struttura di Dolore.
Questo Rilascio, così intimo e così ancestrale, ci sta traghettando nella condizione di aderire al nostro prossimo passo con "coscienza partecipata", con lucidità di Direzione, con posata consapevolezza.
Stiamo per salutare tanti Archetipi del Passato, tanti schemi di disfunzione e di irretimento, tante dinamiche di dissociazione e di immaturità.
Questo ci crea una condizione di sottile nostalgia, mista, però, ad una estrema emergenza di chiusura.
Sappiamo che nulla di ciò che contornava il nostro "quotidiano paesaggio" potrà ritornare.
Già in molti non ci riconoscono più, già in tanti si sono sentiti traditi dal nostro Cambiamento. Non hanno accettato la nostra "uscita dal teatro", non l'hanno compresa.
Come potevano?
Le loro strutture erano intente a bloccare e negare la loro Trasformazione interiore. Ed interpretavano il nostro allontanamento, attraverso le loro Ferite interiori.
Altre Anime terrene, invece, hanno accolto a braccia aperte e con sentita commozione il nostro ritrovato contatto con l'Autenticità e l'Origine.
Esse resteranno al nostro fianco anche nel prossimo passaggio. Saranno la nostra nuova Famiglia d'Anima, pronta ad allargarsi e a creare nuovi cerchi di relazione e progettualità.
Ora che pian pianino stiamo sistemando i "file interiori" e pacificando le relazioni, i luoghi e i ruoli del Passato, forse potremmo anche incorrere nella tentazione di "restare", goderci i frutti del nostro lavoro di rappacificazione, ma non funzionerebbe.
La Vita chiama.
E certo, "non si poteva andare senza risolvere".
Ma questo non significa bloccare per l'ennesima volta la spinta all'Evoluzione.
Nuovi Strumenti, nuovi Scenari di Manifestazione.
Non possiamo fermare ciò che ci sta magneticamente attirando a sé.
Nemmeno per affetto o attaccamento.
Ciò che deve cambiare, non guarderà in faccia nessuno.
Il suo compito è portarci a vivere una nuova Esperienza di noi stessi, diversa, più matura, più allineata con i nostri Doni, con i nostri desideri, con i nostri battiti del Cuore.
La Vita ci vuole di nuovo innamorati di noi stessi, della nostra "Missione Interiore", del nostro ritrovato e profondo dialogo con la Manifestazione Terrena.
Stiamo lasciando definitivamente il Vecchio.
Una folata di Vento sta per trascinare via da noi ogni simbolo dell'Antica Alleanza Umana.
Per ricongiungerci allo Spirito, alla potente connessione con l'Origine.
Dove tutto è armonico. Dove le melodie del Cuore sono sintonizzate con il Diapason Universale. Dove ciò che si crea nella Realtà percepita, è assolutamente in linea con i nostri Sogni Animici.
Sarà un Autunno di commossi addii... preparate i fazzolettini. Qualche lacrima di nostalgia scenderà.
Il Vecchio Sé prenderà il largo. Ci saluterà definitivamente.
Lasciamolo andare. E' tempo.
Mirtilla Esmeralda
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La sede dei corpi speciali russi si trova a cinque minuti di distanza dal teatro. Questo è il luogo in cui operano le forze speciali russe, noto come Spetsnaz. Queste unità sono altamente addestrate e coinvolte in una vasta gamma di operazioni, tra cui spionaggio, uccisioni mirate, disinformazione e misure attive di destabilizzazione in territorio ostile. La loro reputazione è tale che sono considerate uno dei migliori reparti di forze speciali al mondo
Come mai ci hanno messo quasi un'ora per intervenire?
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(...) Mosca ha iniziato a preoccuparsi del sostegno occidentale all’Ucraina già nel 2022. Il Cremlino, mal informato dai suoi servizi di sicurezza, non aveva colto la portata della solidarietà che Kyiv avrebbe potuto ottenere. Mosca non aveva colto neppure la simpatia che l’esercito ucraino, combattendo come Davide contro Golia, avrebbe suscitato nei primi mesi dell’invasione presso le opinioni pubbliche soprattutto europee. Più che le disfatte sul campo di battaglia, più che il crollo della certezza di catturare Kyiv in tre giorni, a preoccupare Mosca sarebbero stati la simpatia, l’aiuto e la solidarietà che l’Ucraina stava raccogliendo e che erano i principali avversari del tipo di guerra che il Cremlino, dopo aprile del 2022, ha iniziato a impostare: la guerra lunga, adatta a generare un senso di fatica e frustrazione nella politica e nelle opinioni pubbliche. Mentre studiava i suoi errori sul campo di battaglia, Mosca si rendeva conto che anche le sue operazione di disinformazione erano da rifare.
Gli organi come Sputnik e Rt, le testate russe propagandistiche destinate a un pubblico internazionale, così il 23 maggio del 2022, un ufficiale russo dell’Svr, i servizi di sicurezza esterni, preparò un documento intitolato “Propaganda” e tre giorni dopo lo portò con sé per esporlo al Senato. L’ufficiale si chiama Mikhail Kolesov, ha lavorato per la maggior parte della sua carriera a Kabul, in Afghanistan, ed è diventato l’architetto di una nuova campagna per iniettare forza rigenerata nella macchina di propaganda del Cremlino attraverso un approccio che nel suo documento definisce “sistematico, mirato e attivo, di natura offensiva”. Se il documento è noto è grazie a un’inchiesta realizzata dalla testata russa The Insider e dallo Spiegel. La proposta di Kolesov mira alla produzione di contenuti adatti a stimolare in modo crescente la paura di un conflitto sconfinato, e la rabbia nei confronti dei rifugiati ucraini. L’idea di Kolesov è stata condensata nel Progetto Kylo, che mescola guerra informatica e operazioni di destabilizzazione come manifestazioni e proteste soprattutto in Francia e Germania: pochi mesi fa tre uomini sono andati davanti alla Tour Eiffel a Parigi, hanno posizionato delle bare con sopra la scritta “soldati francesi in Ucraina”, per farlo sarebbero stati pagati circa quattrocento euro a testa, e l’azione era parte del progetto Kylo. L’attenzione di Kolesov nel formulare la nuova offensiva di propaganda si è concentrata anche sui dissidenti russi. Assieme a un altro ufficiale dell’Svr, Mikhail Kulemin, ha progettato un’operazione denominata Ledorub (piccozza) per screditare gli oppositori russi del Cremlino e spaventare chi li finanzia all’estero. Il nome dell’operazione è un riferimento all’arma usata per uccidere Lev Trotsky in Messico nel 1940 (...)
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- di Malek Dudakov
Sullo sfondo dei problemi sul fronte ucraino, gli Stati Uniti stanno cercando di cambiare frettolosamente il tema del prossimo vertice NATO di Vilnius.
Di fatto, il contrattacco è in stallo e nessuno promette all'Ucraina l'adesione alla NATO. E ora c'è una vera e propria spaccatura all'interno dell'alleanza sulla fornitura di munizioni a grappolo, con Germania, Gran Bretagna e Spagna che si oppongono a Biden.
Washington fa ora un'inversione di marcia, spostando l'attenzione del vertice dall'Ucraina alla regione indo-pacifica. A Vilnius sono stati invitati "osservatori" da Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud e Giappone. Il loro compito è quello di convincere gli europei a entrare in conflitto con la Cina.
Francia e Germania sono chiaramente contrarie ma anche loro saranno costrette ad aumentare la loro presenza militare intorno a Taiwan. La Gran Bretagna è già stata costretta a inviare il prossimo anno una delle sue due portaerei sulle coste della Corea del Sud. Washington spera di utilizzare le flotte degli europei come prima linea di difesa contro la Cina, poco importa se si perdono.
Questo rischia solo di esacerbare la spaccatura all'interno della NATO, che sta già vivendo momenti difficili. Si moltiplicano le polemiche sull'Ucraina, a causa degli insuccessi sul fronte. La questione dell'ammissione della Svezia è ancora in sospeso. I membri dell'Alleanza sono stati molto lenti e riluttanti ad aumentare le spese militari. E molti europei non vogliono far crollare le loro economie in nome della guerra con la Cina.
Non è chiaro quale sarà il fattore scatenante della destabilizzazione all'interno della NATO: una crisi economica, un fallimento del contrattacco o le elezioni. O, più probabilmente, la possibile vittoria elettorale di Trump, che ha promesso un secondo mandato per affrontare la decostruzione della NATO. Una cosa è chiara: l'alleanza potrebbe semplicemente non sopravvivere all'attuale confronto tra Stati Uniti e Cina.
Esame di Realtà
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La bella lettera di un insegnante... “ IO VI ACCUSO " ...
Barbara D’Urso, Maria De Filippi, Alfonso Signorini, Alessia Marcuzzi e tutta la schiera della vostra bolgia infernale… io vi accuso.
Vi accuso di essere tra i principali responsabili del decadimento culturale del nostro Paese, del suo imbarbarimento sociale, della sua corruzione e corrosione morale, della destabilizzazione mentale delle nuove generazioni, dell’impoverimento etico dei nostri giovani, della distorsione educativa dei nostri ragazzi.
Voi, con la vostra televisione trash, i vostri programmi spazzatura, i vostri pseudo spettacoli artefatti, falsi, ingannevoli, meschini, avete contribuito in prima persona e senza scrupoli al Decadentismo del terzo millennio che stavolta, purtroppo, non porta con sé alcun valore ma solo il nulla cosmico.
Siete complici e consapevoli promotori di quel perverso processo mediatico che ha inculcato la convinzione di una realizzazione di sé stessi basata esclusivamente sull’apparenza, sull’ostentazione della fama, del successo e della bellezza, sulla costante ricerca dell’applauso, sull’approvazione del pubblico, sulla costruzione di ciò che gli altri vogliono e non di ciò che siamo.
Avete sdoganato la maleducazione, l’ignoranza, la povertà morale e culturale come modelli di relazioni e riconoscimento sociale, perché i vostri programmi abbondano con il vostro consenso di cafoni, ignoranti e maleducati. Avete regalato fama e trasformato in modelli da imitare personaggi che non hanno valori, non hanno cultura, non hanno alcuno spessore morale.
Rappresentate l’umiliazione dei laureati, la mortificazione di chi studia, di chi investe tempo e risorse nella cultura, di chi frustrato abbandona infine l’Italia perché la ribalta e l’attenzione sono per i teatranti dei vostri programmi.
Parlo da insegnante,
che vede i propri alunni emulare esasperatamente gli atteggiamenti di boria, di falsità, di apparenza, di provocazione, di ostentazione, di maleducazione che diffondono i personaggi della vostra televisione;
che vede replicare nelle proprie aule le stesse tristi e squallide dinamiche da reality, nella convinzione che sia questo e solo questo il modo di relazionarsi con i propri coetanei e di guadagnarsi la loro accettazione e la loro stima;
che vede lo smarrimento, la paura, l’isolamento negli occhi di quei ragazzi che invece non si adeguano, non cedono alla seduzione di questo orribile mondo, ma per questo vengono ripagati con l’emarginazione e la derisione.
Ho visto nei miei anni di insegnamento prima con perplessità, poi con preoccupazione, ora con terrore centinaia di alunni comportarsi come replicanti degli imbarazzanti personaggi che popolano le vostre trasmissioni, per cercare di essere come loro. E provo orrore per il compiacimento che trasudano le vostre conduzioni al cospetto di certi personaggi.
Io vi accuso, dunque, perché di tutto ciò siete responsabili in prima persona.
Spero nella vostra fine professionale e nella vostra estinzione mediatica, perché solo queste potranno essere le giuste pene per gli irreparabili danni causati al Paese.”
Marco Galice
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Uno sguardo sintetico e quanto possibile de-ideologizzato ci mostra quanto segue:
• una presenza pervasiva di basi militari statunitensi, motivata da ragioni economiche (petrolio e gas), politiche (contenere l’influenza delle altre Grandi Potenze e tener a bada le nazioni ostili o giudicate tali da Israele), imperialistiche (tutelare i profitti delle corporations/industria militare e il ruolo egemonico del dollaro), geostrategiche (l’ostilità verso ogni nazione resistente alla sottomissione). Tali finalità interagiscono tra loro sommandosi agli obiettivi della teoria del caos (dividere amici e nemici, alimentare ovunque tensioni e conflitti, neutralizzare i contender states e via dicendo, allo scopo di perpetuare il dominio unilaterale sul mondo); tale ipertrofia espansionista (generata da quel messianismo neotestamentario che dato vita alla sola nazione indispensabile al mondo, secondo la patologia lessicale di W. Clinton, 1999) costituisce uno dei principali fattori di instabilità nella regione;
• l’irrisolta questione palestinese resta centrale. Con diversa modulazione, per tutti quei paesi e popoli, arabi, turchi, curdi, iraniani e altri ancora, essa è motivo di cupo risentimento verso l’Occidente (soprattutto gli Stati Uniti, grandi protettori di Israele, e in misura minore le nazioni ex-coloniali, Francia e Regno Unito, complici attive o silenti, a seconda dei momenti);
• Israele, innesto storico imposto nel XX secolo dalle grandi potenze, è oggi una realtà politica imprescindibile. Circondato da nazioni diffidenti e ostili, lo Stato Ebraico è tema di politica interna non solo estera negli Usa, e attraverso le potenti lobby pro-israeliane esercita una forte influenza negli Stati Uniti sul piano politico, economico, mediatico, accademico e via dicendo. In conflitto sistemico con il mondo arabo, Israele guarda alla questione palestinese solo in termini di rapporti di forza, avendo da tempo abbandonato l’opzione dei due stati, la sola che potrebbe aprire qualche spiraglio. Inadempiente verso numerose Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nei riguardi dei palestinesi, Israele è il solo paese della regione in possesso di armi nucleari (persino con capacità di secondo colpo, tramite i sottomarini armati di testate) e non aderente al Trattato di Non Proliferazione Nucleare. Israele è inoltre tra i pochissimi paesi al mondo a non aver ratificato né la Convenzione Internazionale sulle Armi Chimiche né quella sulle Armi Biologiche;
• le ricorrenti esplosioni di rabbia (Gaza una prigione a cielo aperto, espropriazioni, soprusi e discriminazioni nel resto del paese) costituiscono fattori di perenne instabilità. Un’ipotetica apertura verso la soluzione dei due stati presuppone l’avvio di un percorso di riappacificazione storica con il mondo arabo-mussulmano, che per ora non è alle viste;
• solo l’intervento russo iniziato nell’autunno 2015 ha consentito di sconfiggere lo Stato Islamico (Isis), seppure non del tutto. Si fa fatica a immaginare che il più grande esercito del mondo non sia stato in grado di farlo per suo conto. Del resto, non era quello il principale obiettivo degli Stati Uniti, che miravano alla destabilizzazione della Siria e alla cacciata di Bashar al-Assad, per le ragioni sopra indicate, pur essendo costui nemico di Israele, ma come suo padre Hafiz un nemico ideale, quieto e rassegnato;
• tutti sulla carta hanno combattuto l’Isis (Iraq-Siria Islamic State), figlio della guerra illegittima Usa-UK contro Saddam, ma insieme agli Stati Uniti, anche Turchia, Arabia Saudita/monarchie del Golfo hanno mirato soprattutto a distruggere la Siria, indebolire Hezbollah e contenere la cosiddetta espansione iraniana, sebbene la presenza iraniana in Siria sia invero limitata in mezzi e uomini. Seguaci e armi dell’Isis sono una derivata dell’esercito di Saddam allo sbando, cui si è associata la cosiddetta opposizione siriana moderata, sin dall’inizio finanziata e armata dagli Stati Uniti. La disfatta del Califfato inizia con l’arrivo delle truppe russe, legittimamente chiamate dal presidente siriano al-Assad, come del resto quelle iraniane e di Hezbollah;
• per la Turchia la lotta contro l’Isis è stata sempre subordinata alle sue priorità, la disfatta dei curdi siriani, giudicati una minaccia esistenziale per il panturchismo neo-ottomano in ritardo con la storia, alla luce dell’arretratezza politica e culturale di una dirigenza, quella turca, incapace di riconoscere agibilità politica ai propri cittadini di etnia curda, che superano il 25 per cento della popolazione;
• la Siria è stata invasa ed è tuttora occupata da soldati turchi e statunitensi (mercenari o regolari cambia poco), in plateale violazione del diritto internazionale. Il suo presidente (il giudizio etico sulla persona, che resta un dittatore, non ha qui alcuna rilevanza) è pienamente legittimato secondo il diritto internazionale a recuperare il controllo del territorio nazionale contro invasori e rivoltosi: Isis, turchi, statunitensi (britannici, francesi e altri, comunque camuffati), ciascuno con una propria agenda;
• l’Unione Europea (Ue) – costola afona dell’impero Usa, governata da una tecnocrazia non elettiva al servizio delle oligarchie globaliste – non è un soggetto politico indipendente, ma solo un protettorato statunitense, e dunque svolge un ruolo irrilevante. L’Italia, eterno vaso di coccio, per dirla con il grande scrittore milanese, e anch’essa da tempo desovranizzata, è sistematicamente asservita a interessi altrui, nonostante la sua centralità mediterranea di straordinario valore strategico;
• una lunga lista di endemiche violazioni di diritti umani e/o del diritto internazionale da parte statunitense (tra le recenti, la vicenda Assange, le prigioni extragiudiziarie di Guantánamo e Abu Ghraib, extraordinary renditions, le guerre illegittime in Iraq, Libia, Serbia, etc.) e la pratica del doppio standard (i dittatori si dividono tra amici e nemici) hanno da tempo tolto alla potenza egemone ogni credibilità;
• diversi popoli sono privi di patria: palestinesi e curdi certo, ma anche baluci (divisi tra Iran e Pakistan), Lori e Qashqai (in Iran) e altri ancora. Tutti insieme formano un’insidiosa pentola a pressione, un fuoco che arde sotto la cenere e causa ovunque instabilità in un contesto di repressione e povertà diffuse;
• il fattore R-Religione (sunniti, sciiti, zaiditi, ismaeliti, alawiti, aleviti, drusi cristiani, ebrei e altri) è ovunque centrale (Libano, Siria, Iran, Arabia Saudita, Bahrein, Egitto e … Israele). Contrasti e privilegi delle gerarchie religiose si sommano a quelli dei ceti laici dominanti. Sia nel mondo islamico (in misura minore anche in Israele) la separazione tra Stato e Religione è tuttora un tema irrisolto;
• mentre non è immaginabile un attacco dell’Iran contro Israele o Stati Uniti (il divario di fuoco è incolmabile e gli iraniani saranno radicali ma non suicidi), non si può invece escludere il contrario, un evento che sarebbe illegittimo per il diritto internazionale e foriero di conseguenze devastanti per il mondo intero.
Iran e Vicino Oriente: rompicapo regionale e grandi potenze
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⚠️ NOVITÀ IN LIBRERIA ⚠️
Copertina e descrizione originali su: www.passaggioalbosco.it
Hanieh Tarkian
CORAGGIO E FEDE
L’esempio del generale Q. S. nella lotta contro il terrorismo internazionale
Il Generale Q. S. – ucciso da un raid americano – è stato uno degli uomini più influenti del Medio Oriente. Eroe di guerra, comandante delle forze speciali e riferimento dell’Islam sciita, ha offerto il più concreto sostegno operativo alla lotta contro il terrorismo, tanto da risultare determinante per la sconfitta dell’ISIS.
Questo libro – che unisce storia, geopolitica e narrazione biografica, riportando materiali inediti che nessuno aveva mai tradotto in italiano – rappresenta un contributo straordinario alla comprensione di una personalità che ha saputo unire mistica e politica, fede e pragmatismo, lucidità e coraggio, solidarietà e martirio.
Dalle umili origini all’educazione religiosa, passando per la rivoluzione khomeinista, per la guerra contro l’Iraq e per la successiva affermazione quale uomo chiave della Repubblica Islamica: un “soldato di Dio” in servizio permanente, la cui azione ha spaziato dall’Iran al Libano, dall’Iraq all’Afghanistan e dalla Palestina alla Siria, nel solco di quell’Asse della Resistenza che si batte contro la destabilizzazione di quelle terre, rivendicando sovranità e libertà.
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Con un Pil pro capite di cinquecentotrentotto dollari all’anno, di cui metà sequestrati dalla casta militare, il regime di Pyongyang non è soltanto un incubo totalitario, ma uno dei paesi più poveri del pianeta.
La Corea del Nord è stata usata storicamente da Pechino come un “cavallo pazzo” da mettere in libertà a seconda delle convenienze, rappresentando un utile strumento di destabilizzazione, tuttavia mai troppo pericoloso. Ora, però, l’invio di truppe nordcoreane in Europa rappresenta un salto di qualità che l’Occidente non può tollerare e che certifica l’interoperabilità delle peggiori dittature del pianeta.
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Gli oltre sette mesi di massacri nella Striscia di Gaza hanno il volto di un intero territorio cancellato, di più di 35mila persone uccise di cui oltre un terzo minorenni, di quasi 80mila feriti e di oltre un milione e mezzo di sfollati. Il volto di un genocidio consumato sotto gli occhi di tutti e che nessuno, tra chi ne avrebbe l’autorità, può o vuole interrompere. Anche se l’operazione israeliana sta generando ripercussioni profondissime su tutto il Medio Oriente.
Vista attraverso gli occhi dei paesi dell’area l’immagine si allarga e rende un quadro intricatissimo dalle mille sfaccettature. Dal rafforzamento delle formazioni che rappresentano il cosiddetto «Asse della Resistenza» al rischio di un’implosione di paesi come Libano ed Egitto, dalla destabilizzazione delle rotte commerciali in uno dei principali snodi marittimi mondiali ai mutamenti politici in seno a quella che viene definita la «Mezzaluna sciita». Il 7 ottobre del 2023 non ha cambiato soltanto il volto di Gaza o della Palestina, ma dell’intera regione.
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È evidente che, escluso l’elefante nella stanza rappresentato dall’Iran, Libano, Siria, Yemen ed Egitto sono i paesi su cui la crisi in atto ha maggiori ripercussioni e al contempo quelli che hanno un impatto maggiore sulle dinamiche mediorientali. Tuttavia, non sono i soli. Soprattutto non è scontato che le cose rimarranno così. La volatilità degli avvenimenti a cui stiamo assistendo, infatti, è estrema: prova ne sia la morte pochi giorni fa del presidente della Repubblica iraniana Ebrahim Raisi e del ministro degli esteri Hossein Amir-Abdollahian, che porterà l’Iran al voto di qui a poche settimane.
Ciò a cui stiamo assistendo è l’apertura (o meglio, la conferma sul campo) di una nuova fase per il Medio Oriente. Una fase che arriva dopo il tentativo di «normalizazione» a suon di guerre made in Usa di inizio secolo, dopo l’epoca delle primavere arabe, dopo quella della «pax israeliana» attraverso l’ombrello militare di Abramo. Una fase che certifica la morte di ogni prospettiva per così dire concertativa, basata cioè sulle relazioni e sul diritto internazionale. Una fase che al momento vede l’ascesa del cosiddetto «Asse della resistenza» sciita come unica forza in grado di portare una visione un minimo più larga dell’interesse singolo di ciascuno Stato, nell’incapacità dell’Unione europea di smarcarsi da una politica atlantica che da decenni allontana inesorabilmente le tre sponde del Mediterraneo.
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La Wagner Group in Venezuela
Le truppe Wagner in Venezuela sono un esempio dell'ingerenza della Russia negli affari di altri paesi
De Ficchy Giovanni Preoccupanti segnalazioni di mercenari russi Wagner avvistati in Venezuela insieme alle forze governative. Ovunque vadano questi delinquenti, portano morte e destabilizzazione. Le proteste nella capitale venezuelana, Caracas, si sono intensificate dopo che il presidente in carica Nicolas Maduro ha dichiarato la vittoria alle elezioni. Secondo il Consiglio elettorale…
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Politica spagnola: il paese attende le scelte di Pedro Sánchez
La politica spagnola è in attesa ansiosa della decisione di Pedro Sánchez, il capo del governo, che lunedì deciderà se lasciare o meno la sua carica dopo l'apertura di un'inchiesta sulla sua moglie, Begona Gòmez, accusata di traffico di influenze illecite. In una comunicazione ai cittadini, Sánchez ha annunciato che sospende le sue attività istituzionali fino al 29 aprile e entro quella data valuterà se rimanere al suo posto o no. "Ho bisogno di fare una pausa e riflettere", ha dichiarato Sánchez, "devo rispondere urgentemente alla domanda se è ancora giusto rimanere al governo, nonostante la situazione complicata in cui la destra e l'estrema destra stanno cercando di trascinare la politica". La "Mani Pulite" spagnola L'indagine sulla moglie di Sánchez è stata avviata a seguito di una denuncia presentata dall'associazione "Manos limpias" (Mani Pulite), un collettivo vicino all'estrema destra. Secondo quanto riportato da El Confidencial, l'inchiesta riguarda i legami di Begona Gòmez con il gruppo Globalia, sponsor della fondazione in cui lavorava, al momento in cui Air Europa, una compagnia aerea appartenente a Globalia, stava negoziando con il governo di Sánchez per ottenere aiuti pubblici. La Procura di Madrid ha chiesto la chiusura delle indagini, ma il giudice incaricato non ha ancora reso note le proprie intenzioni. Scontri tra le parti politiche Il PSOE e la sinistra spagnola accusano la destra e l'estrema destra di orchestrare una campagna di destabilizzazione, di cui questa denuncia sarebbe l'ultimo episodio. I socialisti hanno annunciato una manifestazione di sostegno a Pedro Sánchez a Madrid. Nel frattempo, il periodo di riflessione annunciato mercoledì dal capo del governo spagnolo ha lasciato il paese, il governo e il PSOE in uno stato di completa paralisi. Sia il PSOE che i membri dell'esecutivo stanno esercitando pressione su Sánchez affinché non si dimetta. La politica spagnola si interroga sul proprio futuro Al momento, nessuno in Spagna osa fare previsioni sulla decisione che prenderà l'inquilino della Moncloa. Se decidesse di rimanere al suo posto, potrebbe scegliere di sottoporre il governo a una mozione di fiducia in Parlamento per dimostrare il sostegno della maggioranza. In caso di dimissioni, potrebbero essere indette elezioni legislative anticipate un anno dopo quelle precedenti, alla fine di luglio. Se sarà ancora Sánchez a guidare il PSOE e a candidarsi per la carica di primo ministro, è ancora tutto da decidere. Foto di M W da Pixabay Read the full article
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