#Come funziona la storia
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falcemartello · 5 months ago
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LA CENSURA AI TEMPI DEI REGIMI DEMOCRATICI
Di Ivan Surace
In perfetto stile orwelliano la neolingua ha coniato un nuovo termine per la censura tanto di moda nei secoli passati: standard della community.
Suona bene vero?
Un termine inc(u)l(o)sivo, comunitario, che ci fa sentire tutti membri dello stesso gregge in maniera allegra e positiva, contro un non meglio precisato nemico che non rispetta gli standard.
D’altronde un secolo di studi e applicazioni di public relations alla Bernays ha portato i suoi frutti, soprattutto da parte di chi ha capito come funziona la massa e che quindi, senza troppi scrupoli, utilizza tutti i mezzi che ha a disposizione per manipolarla a suo piacimento censurando, o meglio facendo scomparire, chiunque e qualunque cosa possa mettere In dubbio la propaganda di regime, la narrazione dominante.
Come ultimo esempio in questi giorni abbiamo la questione climatica.
Vi sarete resi conto di come la propaganda su questo argomento sia cresciuta in maniera esponenziale in questi ultimi anni, parallelamente alla cosiddetta transizione green, che porta con se il passaggio al “tutto elettrico” in ogni campo e alla sostituzione con l’IA, di gran parte della gestione sociale, politica economica e sanitaria della popolazione.
Stiamo assistendo alla conversione coatta della società in un grande allevamento intensivo di ultima generazione, in cui ogni singolo capo di bestiame, trasformato in un pezzo di carne senza personalità né anima, viene controllato in maniera totale e continuativa.
Comunque la si pensi, questo è il futuro che immaginano per l'umanità e che si sta progressivamente attuando in maniera totalitaria, a cominciare dai grandi centri urbani, trasmormati in vere e proprie aziende zootecniche per umani.
Ma torniamo alla questione climatica, l’intesificarsi della propaganda su questo argomento serve a giustificare e a far accettare all’opinione pubblica l’entrata in vigore di leggi e restrizioni normalmente inaccettabili in qualsiasi società democratica.
Quindi la questione climatica é il pretesto, lo storytelling, la fiction, su cui si basa la ricerca di consenso da parte del potere, per imporre il cambiamento antropologico necessario, per realizzare i loro piani di controllo totale della popolazione.
Affinché la fiction sia credibile e possa essere sostituita alla realtà, occorre eliminare tutte le eventuali prove, critiche, controversie, che contrastano, anche minimamente, con la narrazione dominante.
È in ossequio a questa logica che negli ultimi mesi su FB, in maniera discreta e disinvolta, con vera tecnica da desaparecidos, sono stati rimossi diverse pagine e profili che facevano informazione sul clima in maniera non allineata al pensiero unico e dove venivano condivisi studi, grafici e informazioni scientifiche di fondazioni come Clintel o di scienziati come Prestininzi, Scafetta, Prodi, Curry, Lindzen, Spencer, ecc.
La pagina 'Klima e scienza', solo per fare un esempio recente, é stata fatta evaporare non appena raggiunti i 10mila iscritti.
Stessa sorte a profili di privati cittadini e di gestori dei profili sopra menzionati, anch’essi fatti sparire da un giorno all’altro con estrema discrezione, al punto che se uno non ci fa caso, neanche se ne rende conto e tutto continua come se niente fosse accaduto.
La situazione é estremamente pericolosa perche da un lato si procede con le epurazioni senza sosta e dall’altro non vi è nessuna presa di coscienza di quanto stia succedendo.
Se e quando la massa si renderà conto di tutto ciò, sarà già troppo tardi.
Al limite avverrà quando l’identità digitale, il portafoglio digitale e tutte le restrizioni ad essi legate, saranno già legge e routine quotidiana e non penso si dovrà attendere molto.
Se non ci sarà un totale cambio di passo da parte della minoranza non allineata nel lottare contro questo regime, tra i più subdoli e raffinati della storia, la fine della società e dell’umanità per come l’abbiamo sempre vissuta percepita e immaginata sarà certa come la morte.
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ma-pi-ma · 2 years ago
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Io quando parlano di adozione-gay mi sento derubata nel mio ventre di donna. Anche se non sono riuscita a far nascere i miei bambini mi sento usata, sfruttata, come una mucca che partorisce vitelli destinati al mattatoio. E nell'immagine di due uomini o di due donne che col neonato in mezzo recitano la commedia di Maria e Giuseppe vedo qualcosa di mostruosamente sbagliato. Qualcosa che mi offende anzi mi umilia come donna, come mamma mancata, mamma sfortunata, e come cittadina.
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Sicché offesa e umiliata dico: mi indigna il silenzio, l'ipocrisia, la vigliaccheria, che circonda questa faccenda. Mi infuria la gente che tace, che ha paura di parlarne, di dire la verità. E la verità è che le leggi dello Stato non possono ignorare le leggi della Natura. Non possono falsare con l'ambiguità delle parole "genitori" e "coniugi" le leggi della Vita.
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Lo Stato non può consegnare un bambino, cioè una creatura indifesa e ignara, a genitori coi quali egli vivrà credendo che si nasce da due babbi o due mamme non da un babbo e una mamma. E a chi ricatta con la storia dei bambini senza cibo e senza casa (storia che oltretutto non regge in quanto la nostra società abbonda di coppie normali e pronte ad adottarli) rispondo: un bambino non è un cane o un gatto da nutrire e basta, alloggiare e basta. È un essere umano, un cittadino, con diritti inalienabili. Ben più inalienabili dei diritti o presunti diritti di due omosessuali con smanie materne o paterne. E il primo di questi diritti è sapere come si nasce sul nostro pianeta, come funziona la Vita sul nostro pianeta. Cosa più che possibile con una madre senza marito, del tutto impossibile con due "genitori" del medesimo sesso. Punto e basta.
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Oriana Fallaci
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diceriadelluntore · 3 months ago
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Storia Di Musica #345 - Buzzcocks, Spiral Scratch, 1977
L'Extended Play ha avuto un momento di grande successo durante la stagione del punk. Nell'era d'oro del movimento (1976-1980) la facilità e i minori costi di produzione resero il formato piuttosto amato dalle giovani band punk, che così, in pieno stilema del movimento, potevamo mettere sul banco quel poco che erano capaci di suonare all'inizio: lo spirito ultimo del punk era, soprattutto all'inizio, la ribellione (fittizia a volte, ma è un altro discorso) ai canoni del musicista preparato, per virare in una sorta di spontanea espressione personale, a volte al limite del dilettantismo (principio che se allora poteva apparire rivoluzionario, ai giorni nostri ha tutt'altro significato). La storia musicale di oggi riguarda una band che non solo esordì con un Ep, ma, cosa davvero storica, fu la prima ad autoprodurselo, dando il via alla strada delle etichette indipendenti in Gran Bretagna.
Tutto nasce nel 1975 quando due ragazzi di Bolton, vicino Manchester, Peter McNeish e Howard Trafford, appassionati di musica, decidono che vogliono fondare una band. Si cambiano il nome in Pete Shelley e Howard Devoto, Shelley suona la chitarra e canta, Devoto canta soltanto, e chiedono in giro chi vorrebbe unirsi a loro. Hanno un accordo con un batterista, e leggendo sul New Musical Express che i Sex Pistols stanno iniziando un Tour in Inghilterra vanno a Londra per incontrare la band. Prendono accordi con il manager Malcom McLaren per aprire la data di Manchester, ma malauguratamente tutti i batteristi che contattano sono indisponibili. Ci riescono alla seconda data, nel luglio del 1976, quando vennero reclutati il bassista Steve Diggle e il batterista John Maher, e la loro esibizione d'apertura è possibile rivederla in un documentario su quel primo tour dei Sex Pistols, nel documentario Punk: Attitude diretto da Don Letts.
Quella sera si presentarono al pubblico con un nome decisamente punk: Buzzcocks, che è un misto tra il nome dialettale di quelle zone per chiamare i ragazzi (cocks) e una battuta di un celebre telefilm molto famoso in quei tempi, Rock Follies, che aveva una sorta di battuta tormentone in "that's the buzz, cocks" che vale più o meno "è la voce che gira, ragazzi". Tra l'altro Pete Shelley come lavoretto era commesso in un sexy shop a Bolton, particolare che dava una vena ironica alla scelta.
Decidono, con una mossa che farà scuola, di autoprodursi il primo lavoro, che è l'Ep di oggi. Fondano una propria casa discografica, la New Hormones, che è stata la prima etichetta indipendente di punk in Gran Bretagna. Producono, insieme al mitico produttore Martin Hannet (il capo produttore della Factory di Manchester, fido collaboratore dei Joy Division e di altre storiche band del periodo) questo Ep, che sin dal titolo, Spiral Scratch (a ricordo del suono della puntina sul vinile quando non funziona bene) è un inno al loro punk che sin da subito prende una strada diversa: abbandona i toni "politici" che in parte avevano i Sex Pistols e in seguito i Clash, per scegliere una vena ironica ma non meno devastante, parlando, per primi, dei problemi di droga dei giovani del tempo, della loro solitudine, del sesso. Chiesti 500 sterline a parenti ed amici, affittano con Hannett il 28 Dicembre del 1976 gli Indigo Sound Studios di Manchester, e in tre ore registrano 4 brani, che diventeranno loro icone e piccole perle del primo punk. Breakdown apre il lavoro, con il suo ritmo sostenuto e la chiara devastazione di essere non ancora formato in nulla di una generazione per la prima volta allo sbando (Whatever makes me tick it takes away my concentration\sets my hands a-trembling, gives me frustration\I'm gonna breakdown, I'm gonna breakdown yes). La nervosa Time's Up ha un piccolo refrain che è una dichiarazione d'intenti (Your time's up and me too\I'm out on account of you) prima che si apra la prima canzone icona del gruppo: Boredom prende alla lettera il titolo sviluppandosi in una canzone che in pratica utilizza solo due note, ed è il manifesto di una generazione apatica che ripete come un mantra "noia, noia noia" e, per la prima volta nella musica, ha paura nel futuro. Devoto, che lascerà la band dopo questo Ep dicendosi stanco del già sentirsi "definito e stereotipato" cambierà idea poco dopo fondando una nuova band, i Magazine. Friends Of Mine, con la voce diabolica di Devoto, è molto più estrema del resto, e rimarrà una sorta di unicum del gruppo, he nei lavori successivi amplierà il lato pop-punk, molto ironico, diventando la risposta europea ai Ramones.
Il disco, che fu stampato in sole 1000 copie, divenne una sorta di piccolo culto, e con il passaparola e con l'aiuto decisivo del manager del Virgin Records Store di Manchester, che lo consigliò ad altri negozi del gruppo, fu ristampato tantissime volte, fino a vendere nelle edizioni New Hormones oltre 16 mila copie. La casa discografica, che ebbe tra le mani i primi lavori di band poi eccezionali come The Fall, Cabaret Voltaire, Gang Of Four, in un primo momento non poté produrre nulla per mancanza di soldi. Solo dopo che la band, nel 1980, ebbe dissidi e non produsse niente l'etichetta iniziò a realizzare lavori, in tutto 21 dischi, ma a Manchester lo scettro era arrivato nelle mani della Factory, che produsse i dischi più innovativi e belli del periodo. Devoto una volta uscito, verrà sostituito spostando Steve Diggle alla chitarra, al basso Garth Smith, che venne ben presto rimpiazzato da Steve Garvey. Pur essendo stati i fondatori della prima piccola etichetta DIY (Do It by Yourself, termine coniato dal critico Simon Reynolds in un capitale saggio sul punk) la band siglerà un accordo con la United Artist per distribuire gli ultimi dischi della band. Con una formazione a 4 pubblicheranno nel 1978 Another Music In A Different Kitchen, uno dei migliori lavori del biennio punk '77-'78, decidendo di curare molto di più la produzione e a brani come Fast Cars, You Tear Me Up e I Don't Mind. Nello stesso anno pubblicano Love Bites, che doveva essere il nome del loro secondo Ep, che contiene la loro canzone più famosa, Ever Fallen In Love?, 2 minuti e 39 di chitarre e cori che sono un'apice del pop-punk, e vi consiglio di ascoltare anche la cover che anni dopo fanno del pezzo i Five Young Cannibals. Poi si sciolgono, e si riuniscono nel 1993, senza lasciare granchè. Una band punk ma non troppo questi Buzzcocks.
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raccontidialiantis · 1 month ago
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Eccoti il premio: sono tua
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Ci sei riuscito, alla fine. Mi sbavi dietro da quando andavamo a scuola. Non ti posso respingere più. È il momento della resa dei conti e tu vinci su tutta la linea: ti aggiudichi me e il mio corpo. Hai giocato bene le tue carte, nella vita: sei diventato un vincente. Un dannato, affascinante maschio alfa. E questa è una storia semplice ma vecchia come il mondo. Non l'avrei mai pensato possibile, ma il nostro albergo di famiglia sta andando a rotoli e tu ti sei offerto di aiutarci. Hai un sacco di denaro da investire. Ma me l'hai detto chiaramente: “io vi aiuto. Rilevo l'albergo, voi diventerete miei dipendenti e non vi mancherà nulla. Però poi tu scoperai con me. Ogni volta che vorrò.” In fondo, è una storia vecchia come il mondo.
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Sai: francamente alla fine mi va benissimo così; tanto a mio marito oramai, a causa del diabete è da molto tempo che non gli funziona neppure più. E neanche gli va di usare la lingua o di giocare con me in qualsiasi altra maniera. Altri pensieri gli occupano la testa. Poi, parliamoci chiaro: gli scrupoli morali tutto sommato sono di chi se li può permettere. Onestamente, a questo punto della mia vita neanche me ne frega più una ceppa. Altrimenti, se la morale integra e irreprensibile fosse gratuita, non esisterebbero le puttane. Ci vogliono impegno, sacrificio e anche fortuna. Si: proprio una bella puttana è quello che sono diventata io da stasera, presuppongo. Comunque, per dirla tutta, personalmente le mie voglie con qualche straniero di passaggio in albergo, ogni tanto e alla chetichella, me le sono tolte, negli anni passati.
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Si, si: mio marito sa dell'accordo. Ma non gli interessa nulla, purché riusciamo a pagare i creditori e a scrollarci di dosso il fisco. E questo me lo sta rendendo ogni giorno più odioso: dovrebbe sentirsi ferito, dovrebbe avere a cuore l'onore della sua donna. Davanti a una profferta del genere, avrebbe dovuto reagire, in qualche modo. Anche se oramai parole come amore, complicità, affetto, rispetto, tra noi non hanno più senso da tempo. Lui preferisce far finta di niente. Cornuto, idiota e impotente. Una nullità. Ma come ho fatto… avrei dovuto scegliere te, anni fa… ma è andata così. Alla fine comunque scoperemo lo stesso io e te, no? Allora eccomi qui stasera nel tuo nuovo ufficio in albergo, al sicuro e lontani da tua moglie.
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Sono bellissima, profumatissima. Con due gocce di Chanel nr. 5 direttamente nella fica. Inizio la mia carriera da troia e pago la prima di infinite rate erotiche. Dai, allora: caccia fuori il tuo cazzo che lo voglio in mano. Ficcamelo in bocca subito e senza riguardi, che onestamente non vedo l'ora di ciucciartelo. Fammi vedere che cosa sai fare, con quel bell'arnese. Sfondami la fica e l'ano; prendimi, vienimi dentro come ti pare. Però poi fai il gentiluomo: fammi venire. Permettimi di non pensare ai problemi per un po’ e mandami in paradiso. Leccami, succhiami e portami a godere. Fammi tornare quella ragazza da te a lungo desiderata. Iniziamo intanto con me che abbasso lo sguardo e con le mani te lo tiro fuori dai calzoni. Oh... quanto mi piace questo tuo cazzo!
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Lascia che mi illuda per un momento di essere io a decidere se farti scopare o no, di essere quella che ha il potere dell'attrazione sessuale su di te. Aiutami a raggiungere le vette del piacere: quelle cime tempestose che da anni non mi vedono più scalatrice appassionata. Per finire, come dessert avrai nuovamente a completa disposizione la mia bocca e la mia lingua: come e dove vuoi. E a giudicare dalle dimensioni della tua virilità, direi proprio che si prospettano tempi abbastanza allegri, per noi due. Uniti dopo vent'anni e più da un destino incredibile! Dai: adesso datti da fare. Eccoti le mie mutandine. Annusale pure: chissà da quanto tempo desideravi farlo… vieni qui… leccami... fottimi...
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RDA
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anchesetuttinoino · 1 month ago
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IMPERDIBILE
Intervista a Putin che spiega le peculiarità delle bombe Oreshnik, tradotta in esclusiva per voi.
Putin: “Abbiamo ingredienti segreti nel menù, che faranno felice il cliente”
Domanda: Oggi ha già parlato molto dell'Oreshnik, ma i media occidentali scrivono che la testata dell'Oreshnik non conteneva esplosivi. E se questo è vero, allora cosa significa? E può dirci qualche altro nuovo dettaglio su Oreshnik? E quanti segreti di questo tipo abbiamo, come ha detto “nel menù, che faranno felice il cliente”? Grazie.
V. Putin: Vede, se dicessi che stiamo effettuando lanci di prova, ciò significa che questo lavoro mira, tra le altre cose, a migliorare queste armi. Questo è vero.
Per quanto riguarda la capacità di colpire, ho già detto la stessa cosa. E se utilizzi diversi sistemi di questo tipo in un colpo contemporaneamente, utilizzando due, tre, quattro complessi, ciò sarà paragonabile in forza all'uso di armi nucleari. Ma non è nucleare, perché è: a) ad alta precisione; b) non è dotato di un ordigno esplosivo nucleare e non contamina l'ambiente. Ma la forza sarà paragonabile.
Per quanto riguarda la questione se ci fosse o meno un esplosivo lì. Lo ripeto ancora una volta: ecco perché è in fase di test, per capire cosa bisogna fare in più. E qui non c’è nessun grande segreto; gli esperti capiranno immediatamente di cosa sto parlando. Quando parlo di miglioramento significa innanzitutto giocare tra gittata e testata.
Maggiore è la portata, più piccola è la testata; minore è la portata, più potente è la testata. Perché questo sistema solleva più peso che è utile in questo caso, tutto qui. E per obiettivi a distanze diverse, a quanto pare, sono necessari diversi tipi di missili, ma, in ogni caso, equipaggiamenti diversi per questi missili, equipaggiamento per questo missile, la sua testata. Dobbiamo lavorare qui. Questo non è un lavoro facile, anche questo è disturbo ossessivo compulsivo, probabilmente aggiuntivo, e così via.
Per quanto riguarda questo missile che abbiamo utilizzato, gli elementi corrispondenti sono stati utilizzati come elementi distruttivi, sono anch'essi elementi distruttivi. Ho già detto che si tratta di elementi piuttosto potenti che si riscaldano fino a una temperatura di 4000 gradi. Non lo so, puoi cercarlo su Internet, ma sulla superficie del Sole, secondo me, ci sono 5,6–6mila gradi. Paragonabile alla temperatura sulla superficie del Sole.
Colpo cinetico: un colpo potente, come la caduta di un meteorite. Sappiamo nella storia come e quali meteoriti caddero, dove e quali furono le conseguenze. Questo bastò a formare interi laghi, giusto? A cosa ha portato il meteorite di Tunguska? È noto.
È lo stesso qui. I danni sono molto gravi: tutto ciò che si trova al centro viene ridotto in cenere, si decompone nei suoi elementi componenti e vengono colpiti gli oggetti che si trovano a una profondità di tre o quattro piani, forse anche più in basso. Inoltre, questi non sono solo pavimenti, ma strutture fortificate. La forza d'impatto è colossale. Ovviamente puoi aggiungerne altri e sarà ancora più potente. La cosa principale è che il modello fondamentale è stato creato, funziona e funziona come previsto dai suoi creatori. Questa è un'arma precisa e ad alta potenza.
Domanda: È in fase di sviluppo qualcos'altro di questo tipo?
Abbiamo parlato di "Oreshnik" solo dopo i suoi test. Abbiamo resistito fino al momento in cui abbiamo effettuato questo test e, a dire il vero, abbiamo visto il risultato. Dopodiché hanno detto. Questo è il caso in cui il clamore è inappropriato.
Spiega meglio di Tajani, ammettiamolo.
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angelap3 · 8 months ago
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Questa storia fa riflettere ... vi consiglio di leggerla ☺️
Le lenzuola sporche
Una coppia di sposi novelli andò ad abitare in una bella zona molto tranquilla della città. Una mattina, mentre bevevano il caffè insieme, il giovane marito si accorse, guardando attraverso la finestra aperta, che una vicina stendeva il bucato sullo stendibiancheria dal terrazzo e disse: "Ma guarda com'è sporca la biancheria di quella vicina! Non è capace di lavare? O forse, ha la lavatrice vecchia che non funziona bene? Oppure dovrebbe cambiare detersivo!... Ma qualcuno dovrebbe dirle di lavare meglio! O dovrebbe insegnarli come si lavano i panni!". La giovane moglie guardò e rimase zitta.
La stessa scena e lo stesso commento si ripeterono varie volte, mentre la vicina stendeva il suo bucato al sole e al vento perché si asciugasse.
Dopo qualche tempo, una mattina l'uomo si meravigliò nel vedere che la vicina stendeva la sua biancheria pulitissima e disse alla giovane moglie: "Guarda, la nostra vicina ha imparato a fare il bucato! Chi le avrà detto come si fa?".
La giovane moglie gli rispose: "Caro, nessuno le ha detto e le ha fatto vedere, semplicemente questa mattina, io mi sono alzata presto come sempre per prepararti la colazione e ho preso i tuoi occhiali e ho pulito le lenti!".
...Ed è proprio così anche nella vita... Tutto dipende dalla pulizia delle "lenti dei tuoi occhiali" attraverso cui si osservano i fatti. Prima di criticare, sarebbe meglio guardare bene se il nostro cuore e la nostra coscienza sono "pulite" per vedere meglio. Allora vedremo più nitidamente la pulizia del cuore del vicino...
😊Web
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tizianacerralovetrainer · 1 year ago
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Stamattina salgo sull’ennesimo treno, trovo un posto libero e mi siedo.
Poco dopo arriva il controllore per vedere i biglietti. Il ragazzo nella foto, sui sedili alla mia sinistra, non ce l’ha. Dice di esser salito all’ultimo, sta andando a lavorare, non è riuscito a farlo. Non ha contanti ma solo un bancomat. Prova a pagare con quello ma non funziona. Il controllore è comprensivo ma deve fargli la multa. 50 euro, che il ragazzo può pagare entro una settimana. È affranto ma non ha alternative e mentre il controllore inizia a stilare la multa penso che l’importo corrisponde ad almeno un giorno di lavoro del ragazzo (bene che vada).
Chiedo: “Scusi, quanto costa il biglietto”. 15 euro. Andata e ritorno. “Ok lo pago io”.
Il ragazzo mi guarda e dice “Grazie”. Rispondo “Prego”.
“Praticate gentilezza a casaccio” diceva qualcuno.
Non mi frega di venirvi a raccontare del mio gesto. Il punto è un altro: a me 15 euro non cambiano la vita, non cambiano niente. E non perché 15 euro per me siano pochi, hanno un valore che conosco bene e che per me non cambierà mai. In questo momento però servono molto di più a quel ragazzo che a me. E non mi interessa che lavoro fa, la sua vita, la sua storia. Non devo per forza conoscerlo per aiutarlo. Ho sentito che era giusto e così ho fatto.
Magari allo stesso modo lui domani aiuterà uno sconosciuto e uno sconosciuto domani spero aiuterà me se ne avrò bisogno. Perché alla fine, la vita è po’ come un viaggio in treno. Andata e ritorno.
(Matteo Gracis)
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filorunsultra · 14 days ago
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Forma, apparenza, racconto
Le due o tre persone che leggono questo blog da anni si saranno accorte, ma probabilmente no, che è un po' di tempo che non mi sfogo contro qualche editore, e questo principalmente perché ho smesso di perderci il fegato. In ogni caso un breve aggiornamento: ho sentito che c'è qualcuno che sta pensando di scopiazzare Pionieri, o quantomeno di riprenderne gli argomenti, di cui però nessuno si era mai interessato prima che lo facessi io.
Dunque, come direbbe Sam Jackson nel mio secondo film preferito, normalmente le vostre budella si troverebbero sparpagliate nel locale, ma per caso mi avete trovato in un periodo di transizione per cui non voglio uccidervi. Partiamo da questo: questa persona è nell'ambiente del trail dall'altro ieri, ma chi prima o chi dopo siamo stati tutti nell'ambiente dall'altro ieri, a un certo punto, quindi non è un buon argomento. L'unica considerazione che posso fare sulla persona (se non constatare che ha provato a copiare tante cose fino ad ora, con mediocri risultati) è che non è nella condizione di poterci nemmeno provare. Non perché non sia abbastanza bravo, ma perché in generale scopiazzare Pionieri è difficile per questioni, diciamo così, ontologiche: o sei ricco o lo fai di mestiere.
Mi spiego. Puoi anche provare a raccontare la stessa storia, ma farlo con quel format è molto difficile se non puoi dedicarci un anno intero, e il problema è che la cosa che funziona di Pionieri non è tanto l'argomento (se solo in giro ci fosse gente minimamente sveglia ci avrebbe già pensato qualcun altro) ma il format. Non è neanche che per farlo bisogna essere bravi, non è detto che io lo sia particolarmente, ma è proprio che per farlo in quel modo serve tanto tempo, e il tempo, appunto, ce l'hai se sei ricco o se fai questo di lavoro.
Un esempio. Le uniche due persone in grado di fare qualcosa di altrettanto efficacie sullo stesso argomento, in Italia, potevano essere Ale e Marcello. Lo avrebbero fatto molto diverso da come lo ho fatto io, perché il loro stile, in generale, è diverso, ma avrebbero potuto farlo altrettanto bene. Potenzialmente. Ma Ale e Marcello non avrebbero mai potuto farlo semplicemente perché non hanno una disponibilità di tempo tale da potersi dedicare a una cosa del genere.
Non si tratta solo di soldi. Quasi chiunque attualmente può trovare qualcuno che finanzi un progetto del genere, e se sei un paraculo ce la fai sicuramente con più facilità di me, ma ammesso anche che qualcuno ti dia dei soldi, resta che non avrai abbastanza ore da dedicarci. Certo, puoi fare tutte le interviste a distanza, ma ci impiegherai comunque molto per scrivere, per fare ricerca, per montare. Figurarsi se non si è abituati a farlo. Se hai vissuto in quegli anni e conosci gli argomenti potresti risparmiare tempo sulla ricerca, ma devi comunque scrivere e montare, che non sono cose che fai la sera dopo lavoro.
Ammesso che tu riesca a risolvere tutte queste cose e a trovare il tempo per farlo, devi anche esserne in grado. Io forse non sono particolarmente sveglio, e quindi ci ho messo molti anni prima di riuscire a scrivere qualcosa di vagamente convincente, ma resta comunque una cosa che non ti inventi dalla sera alla mattina. Non è questione di intelligenza o di doti particolari, è solo che io faccio questa cosa da diversi anni e in questo tempo ho imparato delle cose, come chiunque nel proprio lavoro. Per fare Pionieri non basta fare due chiacchiere con qualcuno e dire due monate: se non altro bisogna sapere impostare una ricerca storica, e per saper impostare una ricerca storica bisogna aver fatto un corso di laurea umanistico, e aver scritto una tesi, o quantomeno bisogna avere letto qualcosa di più di Murakami. Bisogna anche avere un minimo di basi su come si racconta una storia, e magari sapere due cose su come si scrive un articolo di giornale. Bisogna conoscere i meccanismi dell'intreccio, e bisogna sapere quanto tempo dedicare alle informazioni nozionistiche, al racconto, ai pensieri personali, alla caciara, che sono elementi che richiedono un po' di missaggio e che vanno bilanciati. Non è difficilissimo, ma bisogna saperlo fare. Tutto qua.
Ora come ora nella scena trail italiana non penso ci sia nessuno che dispone sia di tempo sufficiente sia di competenze per fare qualcosa di simile. Non certo perché non ci sia gente brava, anzi è pieno, figurarsi, ma perché la gente brava normalmente non si occupa di trail (io non sono così bravo, è che sono rimasto l'unico).
Scrivere un racconto e chiacchierare con un amico sono due cose diverse. Anche fare delle domande a qualcuno e fargli un'intervista sono due cose diverse. Poniamo che io vada in America per scrivere un articolo. Faccio ricerca, studio, guardo le cose con uno sguardo interessato - lo sguardo di chi sa che poi quella cosa dovrà raccontarla a parole - e parlo con la gente, faccio delle interviste. Poi torno a casa e per due o tre settimane scrivo. Scrivo e non faccio altro. Se è un documentario scrivo qualcosa che deve essere guardato, se è un articolo scrivo qualcosa che deve essere letto, se è un podcast scrivo qualcosa che deve essere letto ad alta voce, e così via. Ora, supponiamo che dopo essere tornato dall'America vada a bermi una birra con un amico, e che gli racconti qualcosa del viaggio. Con ogni probabilità gli racconterò cose non molto diverse da quelle che scriverò nell'articolo, ma questo non è sufficiente a renderle un racconto. Parlare con un amico non è un racconto, è parlare con un amico, appunto. E non è che se sostituisco la birra con un microfono diventa qualcosa di più di questo: una chiacchierata è, e una chiacchierata rimane. Eh ma il contenuto!
Siamo cresciuti convinti che il contenuto sia più importante della forma: non è così. Il contenuto è più importante dell'apparenza (che è un aspetto superficiale) ma la forma non è apparenza, è invece una cosa molto concreta: la forma è quella cosa che dà struttura al racconto, che lo compie, che lo rende ciò che è. In generale è molto difficile dire qualcosa di davvero nuovo, che non sia già stato detto, e l'unica cosa che può renderlo interessante è dirlo con altre parole, in modo nuovo, o semplicemente meglio. Mi pare invece che nel nostro ambiente ci si stia concentrando molto sui contenuti e gran poco sulla forma, e poiché gli argomenti sono più o meno sempre gli stessi, tutto è abbastanza noioso. C'è tanta gente che copia? No, solo qualcuno. Mi infastidisce? Un po', ma molto poco, in ogni caso alla lunga non ripaga, quindi bene così.
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canesenzafissadimora · 2 months ago
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Mi manchi
ma non te lo faccio più sapere,
dirigo le mie nostalgie altrove adesso,
uso la musica come cerotto,
ho scoperto che le canzoni
sono in grado di bloccare un'emorragia
che la poesia funziona come garza
nasconde a tutti la ferita coprendola di bianco,
come ad insegnare che da lì in avanti
presto ci sarà spazio per scrivere sopra un'altra storia,
la poesia è una garza che fa' da scudo
ai colpi di chi vive una vita in prosa
mi manchi
ma non te lo faccio più sapere ora,
mi sono aperto al mondo invisibile
mi confido con il bosco, mi apro agli insetti,
le api ora non mi pungono più
conoscono le mie frequenze
e mi trattano come fossi un fiore,
un fiore con alle spalle
più autunni che pollini
uso il mare come disinfettante adesso,
ho scoperto che il mare d'inverno
ha una laurea in psicologia,
le onde sono specializzate in ascolto,
gli scogli sono l'attestato,
adesso il mio diario segreto è l'alta marea,
ah, se solo questi tramonti potessero parlare
e tu mi manchi
ma non te lo faccio più sapere,
che la tua assenza
non porti più via il mio presente.
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Gio Evan
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soldan56 · 1 year ago
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- Zia Giorgia?
- Sì?
- È vero che tu governi il Paese?
- Io e altre persone, sì.
- È difficile?
- Molto. Certi giorni però è anche bello. Per esempio domani inauguro a Roma una mostra su Tolkien.
- Chi?
- Non conosci Tolkien? Ma, tesoro mio, è uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi. L’autore del Signore degli Anelli, il mio romanzo preferito. Un libro che mi ha cambiato la vita.
- Perché?
- Perché ha influenzato la mia persona e definito quelli che oggi sono i miei ideali politici.
- E di che parla?
- È una grande storia. Un’epica fatta di onore, coraggio, fratellanza e cameratismo. Vedi, c’è questo piccolo gruppo di impavidi che deve sconfiggere un esercito molto più numeroso e attrezzato.
- Come i partigiani?
- Eh no! No cazzo! Non come i partigiani!
- …
- Scusa, io… scusami, non so che m’è preso. Mi spiego meglio: c’è questo manipolo di combattenti che muovendosi fra i boschi…
- Come i partigiani.
- No! Non sono come i partigiani! Sono diversi! Sono una compagnia, un pugno d’uomini, una… una…
- Brigata?
- Una squadra! Una squadraccia! La squadraccia dell’anello. Tosti, gagliardi, virili! Aragorno, Gimlio, Legolazzo!
- E che fanno?
- Fanno la marcia su Rohan.
- La che?
- Non importa. Ti basti sapere che questi sono uomini d’altri tempi, individui tutti d’un pezzo, come non se ne scrivono più. E insieme uniscono le forze per…
- Resistere?
- Assolutamente no! Semmai per difendere i confini della Terra di Mezzo. Pensa che nella squadraccia c’è un nano, un elfo, un umano, un…
- Che bello, sono inclusivi.
- Non sono inclusivi! Porca mignotta non possono essere inclusivi! Loro cercano l’omogeneità culturale. Via gli orchi, via i goblin, via pure gli elfi. Si tollerano i nani giusto perché ce li abbiamo in coalizione.
- Ma tu hai detto…
- Silenzio. C’è Aragorno, destinato a diventare re…
- Re?
- Reazionario. Il leader forte di cui la Terra di Mezzo ha disperato bisogno. E poi ci sono gli hobbit.
- Cosa sono gli hobbit?
- Sono i veri protagonisti della storia. Un popolo fiero e genuino che vive isolato dal mondo in una magica terra incontaminata chiamata Contea. E nella Contea trascorrono liete giornate in comunità bevendo e fumando erba rilassante.
- Come un centro sociale.
- Col cazzo! Un centro sociale! Come t’è venuto in mente?! È una comune hobbit!
- E che differenza c’è?
- Che questi stanno a piedi nudi e ballano e cazzo è un centro sociale.
- Te l’avevo detto.
- Ma non è neanche la Contea il punto. Il punto del libro è… è la guerra, il conflitto, le battaglie.
- Le battaglie contro chi?
- Contro Sauron e il suo malvagio regime. No, aspetta. Non regime, mi correggo: regno. Regno di Mordor che si trova dietro a un cancello di colore opposto al bianco…
- Cioè nero.
- Per cortesia, è solo un colore, non strumentalizziamolo. Si rischia di farlo diventare la solita coperta di Linus della sinistra. Insomma, questo Sauron ha creato una specie di stato autonomo dentro la Terra di Mezzo…
- Tipo la Repubblica di Salò?
- C’hai dodici anni! Dove cazzo hai imparato cos’è la Repubblica di Salò?
- A scuola.
- Devo assolutamente parlare con Valditara… Insieme a Sauron, che per quanto ne sappiamo potrebbe pure venir fuori da certi ambienti contestatori e sovversivi, ci sono i suoi cavalieri del colore non rilevante. Si chiamano Nazghul.
- Sembra nazisti.
- E invece no. E se volesse dire studenti? Se volesse dire zecche buoniste a cavallo di mostri alati? Mo conosci pure la lingua di Tolkien! Arrogante! Comunque non vorrei che adesso passasse l'idea sbagliatissima che i neri son tutti i cattivi e gli altri tutti buoni. Per dire, Saruman è bianco ma è anche cattivo.
- Okay. Chi è Saruman?
- Un tizio che parla da un balcone.
- E quando non parla dal balcone?
- Bonifica.
- Zia…
- …
- Perché fai così?
- Così come?
- Ti affanni nel tentativo disperato di accostare questo libro alla destra radicale?
- Be’, non ne abbiamo tanti.
- D’accordo, ma evidentemente questo non funziona.
- A noi piace questo.
- Perché proprio questo?
- Perché se riusciamo a trovare un modo per farci associare ad Aragorn e Frodo, in questa Storia vinciamo noi.
Non è successo niente
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multiverseofseries · 4 months ago
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Beetlejuice Beetlejuice: il ritorno del cult di Tim Burton è un sentito omaggio
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Il classico di Tim Burton degli anni '80 torna con parte del cast originale, da Michael Keaton a Winona Ryder, oltre alla new entry Jenna Ortega. Presentato al Festival di Venezia 2024.
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La musica incalzante di Danny Elfman, la camera che scivola sulla cittadina di Winter River. È con un brivido che si accoglie l'apertura di Beetlejuice Beetlejuice, da fan di vecchia data del cult di Tim Burton e da amanti della filmografia del regista. Perché si capisce subito che è proprio ai fan di vecchia data che parlerà in prima battuta il film, questo ritorno che si affida a buona parte del cast originale, da Michael Keaton a Winona Ryder, con delle new entry d'eccezione come Willem Dafoe, Jenna Ortega e, ovviamente, Monica Bellucci.
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Winona Ryder torna nel sequel
Una trama (troppo?) elaborata per Beetlejuice Beetlejuice
Partiamo dallo spunto e l'intreccio, che ci hanno lasciato sensazioni contrastanti: ci è piaciuto lo spunto iniziale di tornare ai personaggi iconici di Beetlejuice a distanza di tanti anni, per ritrovare i Deetz e vedere come sono diventate le loro vite, dalla madre Delia che ancora insegue le sue pulsioni artistiche alla figlia Lydia la cui esistenza è ancora avvolta in quell'alone oscuro che avevamo amato negli anni '80, convogliato nella sua attività professionale. A loro si aggiunge una terza generazione di Deetz, rappresentata dalla figlia di Lydia, Astrid, tutte raccolta nuovamente a Winter River.
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Una sequenza di Beetlejuice Beetleuice
Lì la ragazza scopre il plastico dei Maitland ed entra in contatto con il mondo del soprannaturale in modi inaspettati, aprendo le porte al ritorno di Beetlejuice che è intanto alle prese con l'unico essere che riesce a spaventarlo: la sua ex moglie Delores. Più linee narrative che a tratti non trovano lo spazio e l'equilibrio necessario, come se la voglia di aggiungere idee e spunti avesse preso il sopravvento sulla compattezza narrativa. Un difetto che emerge soprattutto nel secondo atto, per poi sfociare con energia in un gran finale che rende giustizia alla potenza iconica dell'originale.
Un sequel tra evoluzione e omaggio
Abbiamo subito accennato a quello che ci è sembrato l'unico difetto di un film che nel complesso funziona: lo fa in quanto commedia macabra, con il gusto dark di Tim Burton che riemerge come in passato; lo fa in quanto omaggio in grado di parlare ai fan dell'originale, con richiami continui e sensati che i conoscitori sapranno identificare e amare; lo fa, ancora, come evoluzione di quei personaggi a cui ci sentiamo legati e che ritroviamo con emozione. In Beetlejuice Beetlejuice si nota, più che in altre produzioni recenti del regista, la voglia di costruire sequenze di grande impatto e nel divertimento che proviamo scorgiamo quello dello stesso Burton.
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Jenna Ortega è una delle new entry del film di Tim Burton
Parallelamente și percepisce la riflessione di un autore più maturo alle prese con personaggi che hanno abituato il suo passato e che esplora con curiosità a distanza di anni. Una riflessione che riguarda loro, ma in parallelo anche se stesso, un modo per ripensare alla sua vita e la sua carriera dal punto di vista privilegiato dell'autore più maturo.
La forza iconografica di Beetlejuice
È indubbio che il primo film abbia una forza iconografica incredibile, che abbia proposto al pubblico una sequenza da storia del cinema (la celebre, impagabile, cena/ballo) e il timore era che il sequel di Beetlejuice non riuscisse a rivaleggiare col suo predecessore su questo fronte. Seppur ovvio che qualcosa di quella potenza sia inarrivabile, non mancano i grandi momenti in questo nuovo film: una sequenza vede protagonista Monica Bellucci, un regalo di Burton all'attuale compagna, un altro è il gran finale, una cerimonia a ritmo di musica.
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Beetlejuice Beetlejuice: un'apparizione di Danny DeVito
Insomma un'operazione riuscita, un film compiuto al di là di qualche problema di gestione delle diverse linee narrative, ma soprattutto un film che i fan di Tim Burton e del primo Beetlejuice - Spiritello porcello apprezzeranno. Da estimatori non possiamo che esserne felici!
Conclusioni
In conclusione Beetlejuice Beetlejuice è un sentito omaggio di Tim Burton al suo film degli anni ’80 e a quel pubblico che l’ha seguito sin dagli esordi. Il cast originale conferma il lavoro fatto sui personaggi e ne evolve la portata, le new entry completano il quadro in termini di evoluzione della storia. Qualche incertezza di scrittura, soprattutto nella parte centrale della storia, non rovina un film che diverte ed evoca quelle sensazioni che dal sequel di Beetlejuice ci saremmo aspettati.
👍🏻
L’estetica di Tim Burton, che ritroviamo con piacere.
Quel gusto per la commedia dark, tipica dell’autore.
Michael Keaton, Winona Ryder e il cast originale.
Un paio di sequenze potenzialmente cult.
👎🏻
Alcune storyline meno sfruttate.
Qualche problema di equilibrio tra vecchi e nuovi personaggi.
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falcemartello · 3 months ago
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+++Breaking News+++
Non sono gli enormi rincari di gas/energia e materie prime, non è il crollo delle esportazioni verso la Cina, né tanto meno il fatto di essere il governo più incapace della storia tedesca.
Il problema, anzi, la colpa è del cambiamento climatico.
Tanto ormai funziona con tutto.
Eventualmente fate come in Norvegia e riempite il mare di pale eoliche, funzionano da dio... :D
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diceriadelluntore · 5 months ago
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Storia Di Musica #337 - The Fixx, Reach The Beach, 1983
La spiaggia del secondo disco di questa serie agostana di copertina che ritraggono un tratto di spiaggia è piuttosto particolare: un uomo, sembra faticosamente, cerca di raggiungere la corata spiaggia quando ancora è semi immerso nelle acque. Il disegno è opera di uno dei più grandi designer di cover inglese, George Underwood, famoso per i suoi lavori con i T.Rex, per David Bowie (di cui era grandissimo amico, e fu lui a ritrarlo nella posa leggendaria di Ziggy Stardust) e della band di oggi, i The Fixx.
La band nacque con il nome The Portraits nel 1979 quando il cantante Cy Curnin e il batterista Adam Woods formarono la band mentre erano al college a Londra. Insieme al tastierista Rupert Greenall, i Portraits ebbero un piccolo successo, pubblicando un paio di singoli prima di sciogliersi alla fine del 1980 e presto riformarsi come The Fix con il chitarrista Jamie West-Oram e il bassista Charlie Barrett. Il gruppo pubblicò in modo indipendente il singolo Lost Planes nel febbraio 1981, che attirò l'attenzione della MCA Records che offrì un contratto al gruppo. Tuttavia, preoccupata per le allusioni e le implicazioni alle droghe del nome, impone di cambiarlo, e la band decide di aggiungere un’altra x, The Fixx. Il loro album di debutto di successo del 1982, Shuttered Room, conteneva due brani che ottennero un notevole successo nelle classifiche, e che qualche volta capita anche di risentire in qualche emittente radio più attenta e curata nelle scelte musicali, Stand Or Fall e Red Skies.
La registrazione per Reach the Beach iniziò più tardi nel 1982 con il produttore Rupert Hine. Barrett era stato sostituito nel tour precedente da Alfie Agius, che iniziò le sessioni di registrazione come bassista del gruppo ma lasciò il gruppo prima che l'album fosse completato. Il disco è il picco musicale di un gruppo che parte con l’intento di inserirsi nel predominante filone post punk del periodo, ma lo fa con idee molti interessanti e un uso direi innovativo e singolare dei campionamenti e dell’elettronica. L’album inizia con il loro più grande successo più grande successo, il riff funky di chitarra e basso, di One Thing Leads To Another, una delle Hit dei primi anni ’80: accompagnato da un video di successo di MTV, One Thing Leads To Another ha raggiunto il quarto posto nelle classifiche pop statunitensi e la vetta delle classifiche in Canada. The Sign Of Fire segue sulla scia di questo interessante funk/dance, dai toni nient’affatto cupi come il nascente e contemporaneo Synth-Pop, brano caratterizzato da un movimento ascendente/discendente tra i suoi due accordi predominanti per un piacevole effetto ipnotico. Ci sono alcuni passaggi creativi mentre attraversiamo la sezione centrale della canzone, che è l'unica con la partecipazione del futuro membro della band Dan K. Brown al basso. Segue la spastica e sconnessa Running, tra new wave e alcuni passaggi più melodici. La futuristica Saved By Zero ha ambizioni più grandi e profonde sia dal punto di vista sonoro che dei testi: effetti di synth strategici che si fondono con gli abbellimenti vocali di Curnin insieme ai nervosi riff di chitarra di West-Oram. Dal punto di vista dei testi, la canzone parla della ricerca della semplicità con la perdita delle cose materiali "della liberazione che ottieni quando non hai più nulla da perdere". Opinions chiude il bel primo lato del disco, costruito sulla voce quasi a cappella di Curnin nella strofa introduttiva e su un arrangiamento musicale che emerge lentamente fino a quando la canzone finalmente si materializza completamente. Il secondo lato originale dell'album contiene brani più cupi e malinconici. La title track Reach The Beach è una canzone synth/pop guidata dal semplice riff di tastiera e basso synth di Greenall insieme a diverse sezioni sonore elettroniche. Liner funziona come una rappresentazione elettronica di funk e soul con Agius che aggiunge qualche abile basso slap e Greenall che replica una sezione di fiati sul synth. Privilege si ispira chiaramente al rock elettronico tedesco di qualche anno prima, Outside è guidata dal ritmo costante alla batteria di Woods. Questo funge da spina dorsale per il riff di chitarra lento di Jamie West-Oram e la voce solista piena di sentimento di Curnin.
Reach the Beach ha raggiunto il picco nella Top 10 delle classifiche degli album di Billboard e alla fine è stato certificato multi-platino con vendite milionarie. Il gruppo continuò con un modesto successo fino alla fine degli anni '80 e fino agli anni '90, ma non raggiunse mai più le vette commerciali di questo album. Curnin e West-Oram suoneranno nelle canzoni I Might Have Been Queen e Better Be Good To Me nel disco di Tina Turner del 1984 Private Dancer. Nello stesso anno nel videoclip di una loro canzone, Are We Ourselves?, dal disco Phantoms, apparirà per la prima volta in assoluto un telefono cellulare (una versione modificata di un Motorola KR999). Un loro brano, Deeper And Deeper, farà parte della colonna sonora del film Streets Of Fire del 1985. Sono stati un interessante gruppo, di quelli poco conosciuti ma musicalmente molto stimolanti (che è categoria tra le mie preferite, ormai lo sapete) e che in questo disco hanno dato prova eccellente delle caratteristiche di un genere musicale.
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spettriedemoni · 1 year ago
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Dentino
Da ieri sera Tigrotto ha questo dente che dondola, incisivo superiore. Gli dà fastidio, non riesce a masticare bene e si lamenta come poche altre volte ha fatto in vita sua.
Ieri a letto si è messo a piangere perché teme che i compagni di classe possano prenderlo in giro. Gli ho detto che i suoi genitori saranno sempre dalla sua parte e lui ha risposto: «A scuola no, però» gli abbiamo risposto che sarebbe stupido se lo prendessero in giro per i denti caduti e poi chi altri è stato preso in giro a scuola perché senza denti? Ci ha risposto nessuno. Chissà da dove gli viene questa paura di essere preso in giro.
Però la tristezza, dovuta probabilmente anche alla stanchezza, non gli passava così gli ho raccontato ancora una volta la storia della Rana dalla Bocca Larga. Quella a quanto pare funziona sempre.
È bello sentire ridere dopo le lacrime.
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chouncazzodicasino · 9 months ago
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Ancora con la storia che il Salone del mobile fa schifo? Eppure detta le tendenze. That's it!
Ma chi te lo tocca l'amore tuo.
Però tu lo sai vero che quello che viene presentato come "innovativo" a Milano viene presentato anche in tutte (o quasi) le altre fiere di design d'Europa e del mondo? Tipo a settembre e gennaio a Parigi o a febbraio a Stoccolma o in parte a Cersaie e così via?
Dai, essi bono.
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Inoltre, le "tendenze" le dettano i marchi non la fiera o dove viene fatta.
Tendenze dettate dai marchi che, a mio modesto parere e nel mio settore, valgono pochi spicci. C'è una grandissima differenza tra quello che viene proposto come tendenza e quello che effettivamente poi funziona sul mercato. O almeno adesso è così, non è più come prima.
POI ci tengo a dire che a me il Salone del Mobile di Milano non piace proprio come viene organizzato. Dispersivo. Evanescente. Poca sostanza. Attenzione all'apparenza e ai vernissage e poco al vero fulcro che dovrebbe essere il design. Ovviamente queste patinature ci sono anche nelle altre fiere ma lì ho trovato tutto ciò ridicolo e insostenibile.
Milano ha un po' questo modo di vivere il design che va su un binario diametralmente opposto al mio. Questo però è un mio limite ed è un vero peccato.
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arcobalengo · 1 year ago
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La storia del Comitato Terapie Precoci meriterebbe di essere raccontata in uno di quei grandi film alla Steven Spielberg, dove persone comuni vengono scosse da una consapevolezza improvvisa e qualcosa le spinge a trasformare le loro esistenze, fino a quel momento perfettamente normali, in vite rivoluzionarie. (Altro che il film sull'inventore della bomba atomica). Comincia con i bollettini dei morti, le lugubri conferenze stampa che blindano le persone in casa, le immagini di Bergamo, i camion militari che trasportano le bare di gente morta per una malattia gravissima e sconosciuta. Fin da subito, però, alcuni medici si accorgono dell'assurdità di affrontare una patologia che viene definita mortale con l'attesa, in fondo lo sanno anche i bambini che ogni malattia prima si cura e meglio è. Allora visitano come hanno sempre fatto, provano con dei farmaci di uso comune, ignorano il clima di terrore. Nelle loro teste risuonano i principi a cui hanno prestato giuramento il giorno in cui sono diventati medici. Un avvocato, noto per delle cause calcistiche di rilievo nazionale, si propone di organizzarli, li raccoglie insieme, elabora un meccanismo per smistare le richieste attraverso un gruppo Facebook. Intanto viene formalizzato un protocollo, lo discutono con luminari di tutto il mondo, lo sottopongono a degli studi. L'influenza è più pesante di quelle stagionali, ma la cura funziona, i medici e i volontari ricevono continue conferme di guarigione, anche da persone di 80, 90 anni. Da decine diventano centinaia, da centinia migliaia. Salvare vite fa scorrere l'adrenalina, medici e volontari lavorano di notte, rinunciano al proprio tempo libero. Ma in televisione continua il bollettino dei morti e gli annunci delle istutuzioni, che dovrebbero evitare il panico, sembrano sempre più una strategia di manipolazione psicologica per generare allarme: "rinunciamo all'autunno per salvare il Natale, rinunciamo al Natale per salvare la Pasqua..." I medici vogliono spiegare al ministro che il modo di curare esiste, ma il ministro si rifiuta di incontrarli. Allora il noto avvocato passa alle manifere forti: ricorre al TAR per abolire il protocollo Tachipirina e vigile attesa, il TAR gli dà ragione, ma il consiglio di Stato impugna la sentenza. Ormai è chiaro che quel protocollo non è solo un errore. E' qualcosa di indicibile, che fa paura solo pensare. Per smuovere le istituzioni vengono organizzate due manifestazioni: una a Roma e una Milano. Le piazze si riempiono, partecipano decine di migliaia di persone. Dalle piazze sale spontaneo un grido rivolto al governo: "criminali". I media ignorano, oppure minimizzano. Un sito di fact checking, diretto da un noto giornalista televisivo, arriva a dire che si tratta della "solita manifestazione". Eppure mai, nella storia repubblicana, si era vista una piazza con migliaia di medici che, invece di aumenti di stupendio o diritti sindacali, chiedono di poter curare le persone efficacemente. Il ministero continua ad ignorare le richieste di confronto, anche quando una terza manifestazione viene organizzata proprio davanti al suo portone. Quando inizia la vaccinazione è impossibile allontanare il sospetto che negare le cure serviva proprio a giustificare la violenta campagna di inoculazioni. Ma questo non si può dire perché si rischia di essere etichettati come complottisti.
Purtroppo l'unica cosa che manca a questa storia è un lieto fine. Le dichiarazioni del presidente di AIFA, che a Porta a Porta lo scorso maggio ha candidamente ammesso che "non serviva certo tachipirina e vigile attesa bensì gli antinfiammatori", lascia un sapore ancora più amaro, molto lontano dal bisogno di giustizia che prova chi ha vissuto questa storia.
Sono stato onorato di aver partecipato alla loro festa, dopo mesi e anni di battaglie e di fatica. Non mi aspetto certo che qualche produttore rinunci alla sua commedia della rimpatriata tra cinquantenni per fare un film su di loro, ma per tutti noi, spero che abbiano il loro lieto fine.
Adalberto Gianuario.
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