#Collage Artistico
Explore tagged Tumblr posts
Text
Andy Warhol: Pop Art e Cultura di Massa
La Pop Art è nata negli anni ’50 in Gran Bretagna e poi è arrivata in USA e Europa. Significa “arte popolare”, che riflette l’immaginario collettivo e l’uomo come consumatore. Gli artisti usano immagini di TV, cinema e pubblicità per creare opere uniche. Andy Warhol è famoso per le sue opere di Pop Art. Ha usato la serigrafia per rendere famose lattine di the Campbell’s e Marilyn Monroe. Queste…
#Arte Contemporanea#Arte e Consumo di Massa#Celebrità e Fascino#Collage Artistico#Consumismo Artistico#Cultura di Massa#Icona Pop#Pittura Pop#Rappresentazione Mediatica#Rivoluzione Estetica
0 notes
Text
Lichtenstein Sculptor
Germano Celant
Texts Clare Bell & Ian Wallace
Skira, Milano 2013, 294 pagine, 24,5x28,6cm, ISBN 9788857218892
euro 35,00
email if you want to buy [email protected]
Pubblicata in occasione dell'esposizione alla Fondazione Emilio e Annabianca Vedova durante la Biennale di Venezia 2013, la monografia illustra in maniera esaustiva la produzione scultorea di Lichtenstein dal 1968 al 1997, anno della sua morte. Dai primi lavori in ceramica alle opere pubbliche di grandi dimensioni, il volume vuole documentare non solo il processo artistico che parte dagli schizzi e dai disegni per approdare ai collage, alle maquette e alle sculture in metallo fino agli interventi su larga scala in contesti urbani, ma intende anche affrontare il lavoro di Lichtenstein sui metodi di fabbricazione e delle tecniche industriali, con importanti informazioni sui laboratori con cui l'artista collaborò nel corso della sua carriera. Il libro vuole presentare una panoramica esaustiva sulle sperimentazioni dell'artista con i metodi di fabbricazione industriale, inframmezzate da interviste e testi su una scultura bidimensionale.
10/11/24
#Lichtenstein#art exhibition catalogue#Fondazione Vedova Venezia 2013#art books#Germano Celant#fashionbooksmilano
4 notes
·
View notes
Text
Hannah Höch
Hannah Höch è stata l’artista che ha dato voce e immagine alla critica sociale e femminista durante la Repubblica di Weimar.
Pioniera del fotomontaggio e della tecnica del collage, ha sperimentato stili e correnti artistiche diverse.
I suoi fotomontaggi, a differenza di quelli dei surrealisti, che mantenevano un aspetto reale, grazie alla continuità di scala o di colore, erano estremamente frammentari, per lo più di proporzioni e colori diversi, e minavano costantemente la percezione iniziale di chi li guardava, rappresentarono l’estetica della liberazione, della rivoluzione, della protesta.
Ha fatto parte del gruppo Dada di Berlino, sebbene spesso sia stata lasciata in secondo piano dalla critica e dalla ricostruzione storica del movimento.
La sua vasta produzione artistica si è dipanata dalla Prima Guerra Mondiale fino agli anni Settanta del Novecento.
Attraverso l’utilizzo di diverse tecniche, ha attraversato una varietà di temi, come il militarismo, l’industrializzazione e la tecnologia, le relazioni di genere, l’etnografia, decostruendo le immagini e gli stereotipi femminili ed esplorando le contraddittorie rappresentazioni della donna nuova diffuse nei mass media.
Hannah Hoch è il nome d’arte di Anna Therese Johanne Höch, nata il primo novembre 1889 a Gotha, in Germania. Cresciuta in una famiglia della media borghesia, l’amore per l’arte le era stato trasmesso dalla madre, pittrice per diletto. Dopo aver abbandonato gli studi per accudire la sorella minore e aver lavorato per un anno nell’ufficio di assicurazioni del padre, nel 1912, si è trasferita a Berlino per frequentare la scuola di arti applicate di Charlottenburg, dove ha studiato lavorazione del vetro e design artistico del libro, con una pausa forzata durante la guerra, quando si è impegnata con la Croce Rossa
Nel 1915 ha cominciato una relazione con l’artista Raoul Hausmann che l’aveva introdotta nell’ambiente culturale berlinese. Una storia d’amore turbolenta e conflittuale durata sette anni mentre l’uomo aveva moglie e figli. A lui, nel 1920, aveva dedicato “una breve storia caustica” intitolata Der Maler (Il pittore), in cui prendeva di mira il sessismo alla base del radicalismo dada e l’atteggiamento del compagno, da lei ritenuto ipocrita nei confronti dell’emancipazione femminile.
Mentre era iniziato il suo coinvolgimento col gruppo Dada, lavorava presso l’editore di riviste illustrate Ullstein come designer di modelli per tessuti ricamati e in pizzo, pubblicati in libri o riviste femminili di moda, utilizzando spesso come base ritagli di giornali. Le tecniche apprese da questa esperienza saranno utilizzate in diverse opere satiriche e politiche successive.
Agli inizi della sua carriera ha utilizzato la pittura, senza mai disdegnare la sperimentazione con vari materiali. Dal 1918 cominciarono a circolare i suoi primi fotomontaggi, la forma di espressione che l’ha resa famosa e che ha maggiormente connotato la sua carriera artistica.
L’inizio della sua partecipazione pubblica agli eventi dada è databile nel 1919, quando ha partecipato alla prima mostra collettiva nello studio del mercante d’arte ed editore Israel Ber Neumann, in cui ha esposto alcuni acquerelli astratti e nella serata di chiusura, ha suonato con coperchi di pentole un’antisinfonia composta da Golyscheff.
Dagli anni Venti, si è dedicata ai fotomontaggi che combinavano immagini di pubblicazioni popolari, tecniche di collage, pittura e fotografia. Un tripudio di immagini sovrapposte così diverse che, spesso, apparivano caotiche e impossibili da analizzare. Un’estetica perfetta per un’artista interessata al rumore senza senso della vita moderna.
Ha presentato nove opere alla prima Fiera Internazionale Dada del 1920.
Sebbene il movimento avesse un profilo anarchico e anti-conformista, era composto principalmente da uomini, e la figura di una donna costituiva un’eccezione al suo interno. Per questo motivo, ha proclamato a gran voce la propria emancipazione dalla figura maschile.
Mettendo in discussione l’idea di bellezza femminile, ha fatto emergere temi legati al genere e al ruolo della donna nella società, ponendo al centro del suo lavoro la costruzione dell’identità. I suoi montaggi offrono visioni caleidoscopiche della cultura tedesca tra le due guerre, da una prospettiva femminista e spiccatamente queer.
Ha evidenziato un mondo frammentato, sconvolto da guerre e crisi economiche.
La sua prima mostra personale si è tenuta nel 1929 a l’Aia, dove si era trasferita per stare vicino alla sua compagna, la scrittrice olandese Til Brugman.
Quando i nazisti salirono al potere all’inizio degli anni trenta, al contrario di molti colleghi, decise di non lasciare il paese, nonostante fosse invisa per la sua libertà sessuale e la provocazione delle sue opere. Il governo considerava il suo lavoro “degenerato” e il suo nome comparve fra gli artisti del Novembergruppe dichiarati “bolscevichi culturali”.
Quando venne cancellata la sua mostra, prevista a Dessau nel maggio 1932, perché i nazisti imposero la chiusura della sede Bauhaus in cui doveva svolgersi, decise di di trasferirsi fuori Berlino, come disse, per “sprofondare nell’oblio” viaggiando spesso col marito Heinz Kurt Matthies, sposato nel 1938 che l’aveva lasciata, qualche anno dopo, per mettersi con una sua amica.
Nella sua produzione dal 1933 al 1945 si affermarono i temi della natura e del paesaggio, mentre diventarono sempre meno presenti le figure umane, disegnate come sagome, maschere teatrali o apparizioni; l’intento era principalmente quello di poter trovare degli acquirenti e di evitare censure politiche, tuttavia, questa nuova prospettiva le aveva aperto la via verso nuove forme di sperimentazione, anche nei fotomontaggi.
Nel 1946 ha preso parte a un’esposizione sostenuta dagli artisti surrealisti a Berlino e promosso la mostra Fotomontaggio da Dada a oggi. Due anni dopo ha partecipato a una mostra al MoMA di New York. In questo periodo ha collaborato alla rivista antifascista di letteratura, arte e satira Ulenspiegel, dove pubblicava acquerelli e diversi fotomontaggi, fra cui Stivali delle sette leghe, del 1934.
Nel 1949, a Berlino, si è tenuta la sua prima personale del dopoguerra, dal titolo Hannah Höch und Dada, ma ha continuato a esporre, principalmente all’estero.
Dopo il lancio dello Sputnik, la prima capsula spaziale in orbita intorno alla terra, è iniziato il suo interesse per l’esplorazione spaziale, di cui ha scritto ampiamente nei suoi diari e, dieci anni dopo, ha realizzato un collage dedicato allo sbarco sulla luna, Dedicato agli uomini che conquistarono la luna, 1969, nel quale era assente la critica alla tecnologia che aveva caratterizzato la sua produzione degli anni venti.
Nel 1964, in onore del suo settantacinquesimo compleanno, si è svolta, alla Galerie Nierendorf di Berlino, un’ampia retrospettiva, seguita negli anni settanta da altre importanti mostre realizzate a Parigi, Berlino e New York.
Le sue opere sono state esposte anche alla famosa mostra Women Artists: 1550-1950 realizzata nel 1977 al Museo d’arte di Los Angeles.
Ha lasciato la terra il 31 maggio 1978 a Berlino all’età di 88 anni.
Hannah Höch ha messo l’accento sul complicato rapporto tra arte e politica, la sua ferrea volontà l’ha portata a emergere in un contesto che escludeva le donne e le loro voci, è una figura che merita di essere ricordata.
2 notes
·
View notes
Photo
Clara García “Mi casa es tu casa” dal 20 al 28 Marzo 2023 Apertura vetrina ore 19.00 Condivisione in piena libertà è l’opera pittorica di Clara García che, avvalendosi di una tavolozza ampia e brillante di colori audaci, predispone l’osservatore ad entrare negli spaccati quotidiani di un mondo dall’ospitalità innata, capace di comunicare con vivacità l’espressività delle figure ritratte, in prevalenza umane. Specializzata nella pittura ad olio, García lavora per piani, spazio privilegiato di un dialogo continuo tra mestiere e ispirazione, genesi di forme autentiche e luogo d’incontro di esperienze plurime vissute durante i percorsi artistici intrapresi. In Aracena (Huelva), sua città natale, ha frequentato il liceo artistico, iscrivendosi poi all’Accademia di Belle Arti a Granada e proseguendo gli studi a Napoli. Da circa un anno la giovane artista andalusa è, infatti, approdata nella città partenopea perché congeniale alla sua terra di provenienza: la definisce accattivante, calda e frenetica al punto da spingerla al costante adattamento e confronto, arricchendone la persona e l’arte. Il deciso gioco di luci e contrasti si sviluppa nell’incessante sperimentazione tecnica a cui ricorre: graffiti, vernice raschiata, matita o carboncino adoperati sulla stessa vernice, cere o collage concorrono a creare uno stile scoppiettante. Nella serie pittorica “Mi casa es tu casa” Clara García dipinge con colori ad olio su uno strato di acrilico rosa preparato in precedenza sull’intera tela, al fine di conferire plasticità e vibrazione, in maniera decisa, ai lavori realizzati. La nuance emozionale, lasciata volutamente scoperta in alcuni punti dei quadri, unifica; riesce a influenzare positivamente lo stato d’animo di chi guarda, trasmettendo energia, protezione e accoglienza, così come accade quando ci si trova a casa, nella propria zona di comfort. Claudia Del Giudice
7 notes
·
View notes
Photo
Nelle storie avete votato per Super Tits oggi e quindi ecco alcuni sketch della nostra super eroina per i lettori dei miei fumetti. 🌟 In questo periodo in cui sono molto preoccupata e schifata per la questione dell'AI (se bazzicate nel mondo artistico avrete notato una forma di protesta) volevo ringraziare coloro che supportano e sostengono i disegnatori veri, quelli umani. Disegnare, creare un fumetto non è vomitare immagini in pochi secondi facendo collage rubati da altre fonti o autori veri che non hanno mai dato il consenso. Per gli ignoranti può essere un lavoro "frivolo", persino facile. Non lo è. Richiede tantissimo lavoro, impegno, dedizione, sacrifici. Il mio prezzo da pagare per fare ciò che faccio è alto, ma non potrei vivere senza disegnare, senza fare fumetti, è il mio modo di essere e di comunicare. Le ore di lavoro, le rinunce, le difficoltà in un campo già complicato di suo si affrontano perché si ama il proprio lavoro. Ogni disegno è frutto di passione e cura. Un generatore di immagini senza regolamentazione non può sapere niente di tutto questo. Forse ad alcuni non interessa niente dell'artista, gli importa solo il risultato e se immediato e gratis tanto meglio. Ma oggi siamo noi disegnatori, domani magari altri campi, forse il vostro. No, non va tutto bene così. #supporthumanartists #artstation #trendingonartstation #sketchbook #fumettoitaliano #fumetto #disegnoamano #disegnare #disegno https://www.instagram.com/p/CmL3MwSsl6D/?igshid=NGJjMDIxMWI=
#supporthumanartists#artstation#trendingonartstation#sketchbook#fumettoitaliano#fumetto#disegnoamano#disegnare#disegno
3 notes
·
View notes
Text
vimeo
“The Gonz" ha presentato lo skating come un progetto artistico, un modo per interagire con la città in cui vivi, come un pezzo di espressione personale, e ora ogni giovane skater sembra aver preso quella strada. Skateboard con umorismo, creatività e divertimento.
Ha anche stabilito il percorso per le persone che invecchiano nella scena, enfatizzando lo skating per divertimento quando i set di scale non sono più un'opzione, ma si diramano anche nel design e nell'arte come estensione dello spirito fai-da-te.
Avremmo le incredibili foto di Ed Templeton o gli strani collage di Jason Dill se Mark non tracciasse il percorso? Ne dubito.
0 notes
Text
Modena: "No Name. Il carcere negli occhi delle donne"
Modena: "No Name. Il carcere negli occhi delle donne". La detenzione femminile in Italia è quasi invisibile, sia per le dimensioni numeriche sia per la scarsa pericolosità sociale. Alla fine del 2023 le donne detenute nelle carceri italiane erano 2.541 a fronte di 60 mila 166 uomini; in Emilia Romagna sono 151 (mentre gli uomini sono 3.572) e a Modena sono 32 le donne rinchiuse nella sezione femminile del carcere maschile di Sant'Anna. Numeri e situazioni che contribuiscono a far "sparire" le donne detenute, i loro specifici bisogni e le loro sofferenze. Parte anche dall'idea di rendere visibile questa realtà "No Name. Il carcere negli occhi delle donne", il libro che racconta il progetto "(Ri)comincio da me", realizzato all'interno del carcere modenese nel 2023, e la mostra di opere delle detenute "(In)curabile bellezza. "Donne che fanno comunità". Curato da Caterina Liotti, del Centro documentazione donna di Modena, il volume è al centro dell'iniziativa che il Consiglio comunale dedica alla Giornata internazionale della donna nella seduta di giovedì 7 marzo, con inizio alle 17.30, nella quale Liotti esporrà le esperienze che hanno portato alla realizzazione del libro stesso. "No Name" è il nome che le detenute del Sant'Anna hanno scelto per il loro Collettivo, "autore" delle opere con le quali hanno voluto raccontare la detenzione femminile insieme alle volontarie e alle operatrici del Centro documentazione donna, della Casa delle donne contro la violenza, del Gruppo carcere città. La mostra, come i laboratori realizzati all'interno del carcere e la pubblicazione conclusiva, è il risultato del progetto "(Ri)comincio da me. Percorsi di consapevolezza e sostegno, da donna a donna, per il benessere psicofisico e il reintegro lavorativo e sociale delle donne detenute" che, a partire dalla primavera 2023, ha coinvolto circa 25 detenute e una decina di volontarie e operatrici che si sono incontrate nella biblioteca della sezione femminile raccogliendo bisogni disattesi, voglia di libertà, paure, sofferenze e cercando di costruire momenti di consapevolezza e sostegno incanalati nel laboratorio di educazione all'arte di cui la mostra è il risultato. La mostra, esposta dal 7 marzo nella sede dell'Assemblea legislativa regionale dopo essere già stata allestita lo scorso novembre alla Casa delle donne e, di seguito, all'interno del carcere, restituisce l'esperienza del laboratorio artistico nel corso del quale le detenute hanno incontrato la comunità delle pescatrici del Delta del Po: un incontro nel quale le donne che vivono il carcere si sono messe in gioco facendo nascere una comunità basata sui valori della cura e della sorellanza come emerge dai collage che hanno realizzato (su fotografie di Marianna Toscani). Una narrazione nuova, come spiega Liotti, "che racconta qualcosa di apparentemente inconciliabile con la durezza del luogo in cui tutto ciò è avvenuto: la nascita di uno spazio di inaspettata bellezza". La pubblicazione "No Name", realizzata in forma di catalogo, nella prima parte accompagna il visitatore nel percorso laboratoriale mentre nella seconda offre un contributo di Grazia Zuffa, autrice di diverse ricerche e pubblicazioni sulla realtà delle donne dentro al carcere. L'obiettivo è ridurre la distanza tra la città e il carcere affinché la società civile possa aiutare a sostenere percorsi di uscita dal reato e di reinserimento lavorativo e sociale delle donne detenute. Il progetto "(Ri)comincio da me" è stato promosso dal Centro documentazione donna, Casa delle donne contro la violenza, Csv Terre Estensi in collaborazione con il Comune di Modena e dal Direzione della Casa circondariale Sant'Anna, ed è stato sostenuto con il contributo dell'8 per mille della Chiesa Valdese.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
Text
I ribelli del Dadaismo: un viaggio tra ironia e nichilismo
Il Dadaismo, nato durante la Prima Guerra Mondiale come reazione all'orrore e all'assurdità del conflitto, sconvolse il panorama artistico del XX secolo. Artisti provenienti da diverse discipline si unirono sotto l'egida di un'unica parola, "Dada", che in romeno significa "si", "no" e "bambino". Un'ironia intrinseca che permeava ogni loro opera, volta a sovvertire le convenzioni artistiche e a mettere in discussione il concetto stesso di arte. Zurigo, Cabaret Voltaire e la nascita del movimento Nel 1916, a Zurigo, un gruppo di artisti e intellettuali, tra cui Hugo Ball, Emmy Hennings, Tristan Tzara, Hans Arp e Marcel Janco, si rifugiò dalla guerra. Incontrandosi al Cabaret Voltaire, diedero vita al Dadaismo. Le loro serate erano un mix di performance caotiche, poesia fonetica, musica atonale e arte visiva provocatoria. L'obiettivo era quello di creare un'arte anti-arte, che distruggesse i valori borghesi e celebrasse l'irrazionalità. Dada a New York e Parigi Il movimento si diffuse rapidamente in altre città, come New York e Parigi. A New York, Marcel Duchamp scandalizzò il mondo dell'arte con i suoi "ready-made", oggetti quotidiani elevati a opere d'arte per il semplice fatto di essere stati scelti dall'artista. Man Ray, con i suoi fotogrammi e le sue opere surrealiste, contribuì a dare al Dadaismo americano una sua identità specifica. A Parigi, Francis Picabia con le sue riviste e i suoi dipinti satirici, e Sophie Taeuber-Arp con le sue opere astratte e i suoi dada-textiles, alimentarono la vena polemica e iconoclasta del movimento. Tecniche e linguaggi del Dadaismo I dadaisti utilizzarono una varietà di tecniche e linguaggi per esprimere la loro disillusione e il loro nichilismo. Il collage, il fotomontaggio, l'assemblaggio di oggetti trovati e l'utilizzo di materiali inusuali erano all'ordine del giorno. La poesia dadaista era spesso nonsense, fatta di suoni e parole senza senso, che rifletteva il caos e l'assurdità del mondo circostante. Eredità del Dadaismo Il Dadaismo, pur essendo durato solo un decennio, ha avuto un'influenza enorme sull'arte moderna. Il suo spirito di ribellione e di sperimentazione ha aperto la strada a movimenti successivi come il Surrealismo e l'Arte Concettuale. L'ironia dissacrante e il rifiuto delle convenzioni borghesi continuano a ispirare artisti e creativi ancora oggi. Oltre ai nomi già citati, altri artisti dadaisti di rilievo includono: - Hans Richter (Germania) - Kurt Schwitters (Germania) - Hannah Höch (Germania) - Beatriz Hastings (Inghilterra) - Marcel Janco (Romania) - Francis Picabia (Francia) - Man Ray (Stati Uniti) Foto di Robert Nilsson da Pixabay Read the full article
0 notes
Text
Rob Zombie (monografia) speciale cinema Pt. 2
Sempre nel 2009, si mette alla prova con l’animazione di The Haunted World of El Superbeasto, mentre nel 2012 realizza Le streghe di Salem, il primo film con una trama originale non facente parte della saga dei reietti. È questo un film abbastanza complesso, sicuramente ispirato dall’horror psicologico nello stile di Rosemary’s Baby, e che infatti tratta la storia di una donna e del suo compagno, scelta dalle streghe per dare alla luce l’anticristo. 31, del 2016, altrettanto inquietante ma più divertente e violento, esplora invece le possibilità di un gioco mortale a eliminazione, tra la follia e la volgarità di fondo che da sempre fanno parte del suo cinema (un atteggiamento molto coraggioso, e che gli conferisce personalità all’interno di una scena mainstream spesso monotona e senza grandi guizzi, soprattutto nei film dell’orrore). 3 from Hell, come accennato prima è il terzo e conclusivo capitolo della saga iniziata con La casa dei 1000 corpi, e portata avanti con La casa del diavolo, che vede i reietti del diavolo essere in realtà sopravvissuti alla sparatoria che avveniva alla fine del secondo film, per costruire una nuova ascesa al potere criminale. Vengono osteggiati da delle forze dell’ordine corrotte, e riescono a fare breccia nella mente debole della massa (due esempi del modo di Rob Zombie di raccontare la società criminologica). The Munsters, infine è una commedia horror del 2022, che riprende i personaggi della serie televisiva omonima degli anni 60. In definitiva questo curioso e affascinante regista non nuovo al mondo artistico per via della sua precedente militanza in ambito discografico, tra alti e bassi ha saputo imporsi anche in ambito cinematografico riuscendo soprattutto nel reboot di Halloween a non rendere vana questa sua seconda carriera. Il suo citazionismo (non dissimile da quello già messo in atto in musica grazie all’uso dei campionamenti), ha dato vita a una sorta di meta-cinematografia che piuttosto che nutrirsi di qualcosa di naturale e arioso, rappresenta l’equivalente di un collage filmico di incubi tagliati e appiccicati qua e là e corroborati da nuove storie. Il risultato talvolta è poderoso, altre volte poco originale, ma in tutti i casi sorprendente e innovativo. La filmografia di Rob Zombie è insomma un complemento non trascurabile della sua arte musicale e creativa tutta.
~~~
youtube
0 notes
Photo
Mapeo Artistico Rivereño Libro de artista Alejandra Piovano / Rocio Mio Un collage y bordado que une los campos de la cuenca de Epuyen desde el lago, el rio y sus humedales, pasando por las obras de los artistas que lo habitan y protegen. “Desde el lago nace un rio, fluye y alimenta. Conecta expresiones rurales, arte, permacultura, huertas, casas de bosque, y oficios en naturaleza”
#permaculture#permacultura#epuyen#patagonia#piovano#stitch#art#stitch art#collage#naturaleza#nature#intervention
1 note
·
View note
Text
Joan Miro, tutti i colori della Spagna
Il pittore che raccontò il lato luminoso di una terra meravigliosa… Joan Miro i Ferrà nacque a Barcellona, il 20 aprile 1893, suo padre e un orologiaio e la madre era figlia di un ebanista di Maiorca. La predisposizione artistica si manifestò in Joan fin da piccolo, grazie anche all'influenza della famiglia, ma il padre lo indirizzò verso la carriera di contabile, per cui non era portato. Dopo aver lavorato in una ditta specializzata in prodotti coloniali e da drogheria, Joan venne colto da febbre tifoidea e decise di dedicarsi completamente alla sua passione artistica. Nel 1912 entrò nella Scuola d'arte di Barcellona diretta da Francesco Galì e si avvicina alla corrente artistica del fauvisme, con al centro delle proprie rappresentazioni il colore, preferendo abbandonare la pittura tonale tradizionale. Miro tenne la sua prima personale nel 1918 nella Galeries Dalmau e nel 1920 si trasferì a Parigi, dove entrò nel circolo artistico dei pittori di Mont Martre con Pablo Picasso e il dadaista Tristan Tzara. Nel 1923, con la realizzazione a Montroig del dipinto Terra arata, cominciò l'avvicinamento definitivo al surrealismo, con una pittura priva di effetto prospettico e forme in piena libertà. La ricerca artistica di Mirò nel 1928 lo spinse a voler reinterpretare le opere dei grandi pittori del XVI secolo utilizzando le forme della pubblicità, oltre a una serie di lavori di decostruzione tramite i collages. In questo periodo passava gli inverni a Parigi e le estati nella fattoria di Montroig, oltre a convincersi del ruolo sociale dell'arte e della sua capacità di raggiungere le masse e, con la sua arguzia e uno spiccato senso dell'umorismo, dipinse sulla tela le sue iscrizioni poetiche. Nel 1929 sposò Pilar Juncosa a Palma de Maiorca da cui ebbe una figlia, Maria Dolores, oltre a continuare la sua sperimentazione realizzando opere litografiche, acquaforti e sculture. La guerra civile appena scoppiata in Spagna colpì profondamente Miro, che cercò di aiutare i suoi connazionali raccogliendo dei fondi a sostegno della repubblica. Nel 1937 dipinse anche un murale per richiamare l'attenzione sulla Spagna nel padiglione spagnolo dell'Esposizione internazionale di Parigi. Tornato in Spagna il pittore visse tra Maiorca e Montroig, nel 1954 vinse il premio per la grafica alla Biennale di Venezia e nel 1958 il Premio Internazionale Guggenheim. All'inizio degli anni Sessanta fu influenzato dalla pittura americana che lo portò verso un astrattismo sempre più insistito e un vero e proprio dominio del colore puro. Nel 1972 creò a Barcellona la fondazione Joan Miró dedicandosi contemporaneamente alla scenografia e alla scultura, oltre alla monumentale statua Dona i coeli che si trova nel parco Joan Miró a Barcellona. Solo dopo la caduta del franchismo Miro ebbe in patria i meritati onori per la sua intensa attività artistica come la Medala d'Or de la Generalitat de Catalunya, nel 1978, e la laurea honoris causa all'Università di Barcellona. Nell'ultimo periodo della sua vita si dedicò anche alla ceramica realizzando per il palazzo dell'Unesco di Parigi due opere, il Muro della luna e il Muro del sole, oltre a delle sperimentazioni di scultura gassosa e pittura quadridimensionale. Joan Miro morì a Palma de Maiorca il 25 dicembre 1983, all'età di novant'anni. Read the full article
1 note
·
View note
Photo
Aria d’Italia
Contemporary Italian Lifestyle
a cura di Micaela Sessa & Stefano Tonchi
Fotografie Guido Taroni, Testi Paola Jacobbi, Collage Roberta e Brambilla, Illustrazioni Franco Raggi, Aforismi Pietro Terzini
Rizzoli, Milano 2022, 231 pagine, 26,5 x 33,5 cm, ISBN 978-88-918-3522-2
euro 85,00
email if you want to buy :[email protected]
Aria d'Italia è un progetto originale di Tod's che celebra il lifestyle italiano contemporaneo e i suoi valori: talento e passione per la qualità in ogni aspetto del vivere, dai piaceri della tavola all'arte, dal gusto per il convivio alla cura amorevole delle tradizioni. Ne nasce un'armonia del fare e del pensare che trascende la nazionalità e che può essere abbracciata a tutte le latitudini. Come dice Costanza Chia, artista coinvolta in questa ricerca, "C'è poesia nel fare le cose con calma e cura: è il warm Italian touch". Declinando otto parole chiave fra le quali Joy, Boldness, Passion e Heritage, Aria d'Italia racconta le storie personali e professionali di giovani artisti, imprenditori e artigiani che rappresentano il cuore dell'identità italiana, animata da una continua ricerca della bellezza. I protagonisti dei racconti sono fotografati da Guido Taroni nelle loro case e nei luoghi che meglio raccontano le loro origini. Il titolo Aria d'Italia prende ispirazione dall'omonima rivista pubblicata tra 1939 e il 1941 dalla collezionista Daria Guarnati, che radunò diversi collaboratori illustri, tra i quali Gio Ponti. Con gusto all'avanguardia, la rivista valorizzò il nostro patrimonio artistico in ogni sua espressione, dalla grafica alla letteratura, dall'arte al design, e lanciò il concetto di Italian style.
02/12/22
orders to: [email protected]
ordini a: [email protected]
twitter: @fashionbooksmi
instagram: fashionbooksmilano, designbooksmilano tumblr: fashionbooksmilano, designbooksmilano
#Aria d'Italia#Micaela Sessa#Stefano Tonchi#Guido Taroni#Franco Raggi#Tod's#lifestyle italiano contemporaneo#design books#designbooksmilano#fashionbooksmilano
11 notes
·
View notes
Text
Moshtari Hilal
Moshtari Hilal, artista visiva e scrittrice che opera tra Berlino e Amburgo, nella sua ricerca riflette sulla molteplicità delle culture e dell’identità collettiva, sfidando i concetti di bellezza tradizionale e gli stereotipi mediorientali.
La sua pratica artistica è una riconciliazione con la vergogna e la bellezza negata, per comprendere e criticare il potere e le continuità coloniali nella cultura visiva.
Utilizzando soprattutto disegno analogico e collage su foto, mette in discussione pregiudizi culturali e ideali estetici, raffigurando donne con peli sul viso e uomini che indossano veli, aprendo percorsi di riflessione e dibattito.
Partendo da autoritratti e immagini dall’archivio di famiglia, che utilizza in maniera eclettica, tratta motivi ricorrenti, come il naso prominente, i capelli neri, la figura della madre e i ricordi d’infanzia.
È cofondatrice del collettivo Afghan visual arts and history e del progetto di ricerca Curating Through Conflict with Care.
Nata a Kabul nel 1993, a due anni è emigrata in Germania assieme alla sua famiglia in fuga dall’Afghanistan.
Ha studiato Scienze Islamiche ad Amburgo, Berlino e Londra specializzandosi su Studi decoloniali e di genere.
Nel 2022, ha pubblicato, insieme al geografo politico Sinthujan Varatharajah, il libro English in Berlin – Exclusions in a Cosmopolitan Society che ha ricevuto il premio di sostegno per la critica dall’Accademia Lessing Wolfenbüttel.
Nel suo saggio Bruttezza che ha vinto il prestigioso Hamburg Literature Prize 2023, avvalendosi della forma scritta, ma anche attraverso disegni, fotografie e stranianti autoritratti, indaga sugli aspetti sociali e politici delle categorie estetiche.
Sostiene che la bruttezza, così come la razza, non esista sul piano della realtà, ma sia una categoria politico-economica utile a veicolare l’odio nei confronti di corpi e identità non conformi, da cui il capitalismo non riesce a produrre immediatamente valore e di cui deve quindi giustificare l’esclusione – in ultima istanza, la disumanizzazione – per renderne possibile lo sfruttamento.
Il fondamento teorico da cui parte non è tanto la ricerca di parole e termini nuovi per definire il bello o il brutto, quanto la radicale messa in discussione delle cause della bruttezza, quindi della società che la produce come categoria, oggi come ieri.
Ispirandosi a pensatori come Frantz Fanon e attingendo al femminismo nero e ai Disability Studies, infrange ogni stereotipo e chiarisce quanto persino un senso come la vista, all’apparenza “naturale”, sia costruito ed educato da standard che rafforzano rigide gerarchie sociali.
Unendo pensiero teorico a pagine più intime, liriche e familiari, conduce in un viaggio attraverso la vergogna e le paure che non siamo consapevoli di aver introiettato.
Tornata in Afghanistan una sola volta, per trovare i familiari rimasti lì, sogna di riuscire a crearci uno spazio culturale assieme al collettivo artistico Avah di cui fa parte.
0 notes
Photo
No sé qué alcance tiene esto y quién lo verá...
2 notes
·
View notes
Text
🌻
#art#arte#artist#digital art#love#my art#artwork#flores#museo#van gogh#amarillo#azul#black and white#vintage#collage#lovely#vincent price#vincentvangogh#archillect#artistico#beutiful#beuty girl#flowers#st vincent#yellow#musicvideo#musica#music#music video
26 notes
·
View notes
Text
Aveces dibujo, aveces reciclo.
1 note
·
View note